MIXTAPE: Paesaggi delle Periferie

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PERIFERIE URBANE

IUAV Novembre 2015

ArchitetturaAdesso è una pubblicazione di architettura che opera come organo indipendente a carattere critico. Ogni numero è diretto da un editore invitato.

EDITORIALE #7

Di Miguel Gálvez S.

MIXTAPE: PAESAGGI DELLE PERIFERIE Le periferie —come ben descrive Joan Nogué— “Attuano come fasce, come interfacce tra differenti realtà geografiche e configurazioni paesaggistiche. Non sono solo il risultato —a volte imprevisto e indesiderato— di un centro che cresce e necessita espandersi in cerca di altro spazio. La periferia è più del perimetro di un centro: è anche —e soprattutto— un limite tra diverse realtà territoriali caratterizzate da un protagonismo ogni volta più esplicito”1.

periferia si scorgevano i primi indizi di un cambiamento —tanto a livello di paesaggio, quanto nell’identità culturale dei suoi abitanti— in questo primo spazio possiamo incontrare zone agricole, fiumi, prati e un’equilibrata presenza di industrie che finiscono per consolidare un’armonica proporzione tra le parti.

COMMENTI

Lettori di ArchitetturaAdesso

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Architetto, Master Territorio e Paesaggio, UDP.

Un mixtape è una raccolta di distinte canzoni nel quale ogni canzone —nonostante la presenza di numerosi autori— risulta come un unico elemento: un pezzo in cui le transizioni e le progressioni generano istanze di continuità armoniche tra le parti, in una specie di collage guidato da un unico criterio estetico e sonoro. Ma che ha a che vedere questa idea di mixtape con le periferie urbane? Bene, se stabiliamo l’analogia tra canzone e paesaggio, potremmo intendere le periferie delle grandi capitali come un compendio di diversi paesaggi (industriale, residenziale, agricolo e naturale) i quali, al momento di miscelarli, non riescono a trasformarsi all’unisono, generando così frammenti lungo i confini urbani, quasi fossero un mixtape dissonante e senza senso ai bordi delle nostre città.

Questa analogia cerca di portare la riflessione intorno alle potenziali conseguenze dei modelli di crescita urbana —ora basati sul capitale del suolo— rispetto ai valori culturali, locali e naturali dei paesaggi della periferia. Questa edizione della rivista mira a proporre una visione ulteriore rispetto alla serie di studi intorno al paesaggio delle periferie, tra cui si distinguono quelli dell’Osservatorio del Paesaggio Catalano, il quale pone enfasi sull’integrazione delle politiche pubbliche con i territori delle periferie urbane con lo scopo di stabilire criteri armonici di crescita ed evoluzione tra i distinti paesaggi che lo compongono.

Come ben spiega Nogué, questo territorio parrebbe comportarsi non come limite o confine, bensì come un intermediario tra scenari distinti: fiumi, zone pedemontane, sistemi agricoli, abitazioni, industrie e strade, (per citarne alcuni). Questo ruolo delle periferie urbane non è strano e, in parte, è il prodotto dei modelli di crescita urbana sperimentati a partire dalla seconda metà del XX secolo, durante il quale l’esplosione demografica, la migrazione dalle campagne alla città e il consolidamento di beni e servizi, a partire dall’avvento delle automobili, hanno contribuito a costruire un nuovo territorio lungo i confini delle nostre città.

Al contrario —tornando al presente— la realtà attuale fa sí che tutti quei campi, vigne e prati divengano terreno fertile per nuovi centri industriali, distretti imprenditoriali e agglomerati residenziali che promettono standard di vita lontani dal centro e a contatto con la natura, ma rifiutandola in certo modo: rinchiudendola, cioè, negli interni di condomini privati, generando una profonda contraddizione. Ciò determina un cambiamento nel nostro comportamento e nella nostra relazione con i confini della nostra città: in altre parole, quel luogo in cui sentivamo quel “cambio d’aria” si incontra ogni volta sempre più lontano dalla nostra comprensione; così, la città si disperde e diventa diffusa (Indovina.1990). “ Sometimes I wonder if the world’s so small

Nonostante la periferia sia servita storicamente per la fonitura dei centri urbani — grazie alle campagne e all’industria— oggi più che mai esige un approccio sostenibile e coerente verso il suo territorio. Per questo, sarebbe pertinente pensarla e progettarla non più seguendo modelli orientati allo sfruttamento del suolo (da agricolo a industriale o urbano) e nemmeno seguendo una pianificazione al servizio di progetti immobiliari privati, ma piuttosto investendo in una pianificazione orientata al miglioramento della vita dei suoi abitanti. Qualità della vita che può elevare i suoi standard grazie alla generazione di spazi pubblici intesi come ammortizzatori, zone di permanenza, di ricreazione e —soprattutto— come connettori di distinte realtà paesaggistiche e urbane, secondo il modello dei corridoi verdi (Ahern.1995). Per definire come intervenire in questi territori, però, Sebastián Marot ben dice che “qui, qualunque progetto deve adattarsi alla realtà territoriale e paesaggistica... l’architettura deve servire a questi territori come strumento di memoria e interpretare questo luogo attraverso l’analisi dei diversi strati esistenti” 2. Facciamo quindi un esercizio di memoria e torniamo a quel momento in cui nella

That we can never get away from the sprawl Living in the sprawl

Dead shopping malls rise like mountains beyond mountains

And there’s no end in sight

I need the darkness, someone please cut the lights...” 3

Come afferma Régine degli Arcade Fire, vivere nelle periferie è una condizione di continua trasformazione influenzata profondamente dall’espansione di un centro che porta i suoi modelli di crescita, i suoi costumi e le sue logiche economiche verso il perimetro.

Un gran progetto, in riferimento a buone pratiche di gestione delle periferie, è quello dell’Anello Verde di Vitoria Gasteiz (Spagna). Un progetto che riesce a integrare i paesaggi naturali adiacenti ai limiti urbani come una forma di rispondere a quella memoria preesistente (Marot, 2006) con lo scopo di generare beneficio agli abitanti di questi territori: un buon esempio di connessione tra i diversi usi di questo territorio; un esempio di armonia tra i diversi paesaggi e un punto di riferimento per la creazione di un mixtape armonico di paesaggi nelle periferie. Gálvez, Miguel. 2015. Mixtape: Paesaggi delle periferie. Giornale Architettura Adesso nº7.

Joan Nogué, Laura Puigbert, Gemma Bretcha, Àgata Losantos. (2012). Franges. Els paisatges de la perifèria. Cataluña: Observatori del Paisatge de Catalunya. 2 Marot, Sébastien. Suburbanismo y el arte de la memoria. Barcelona: G.G, 2006. V.6, 151p. :il. 1

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Arcade Fire. Sprawl II. The suburbs. Merge Records. 2010. Pedraza, Pedro (2014). “Ciudad y Territorio. Patrones del Urbanismo Ecológico. Santiago: Universidad Diego Portales. 3 4

Tema attuale #PeriferieUrbane

“Oltre ad essere un paesaggio, le periferie delle città sono il deposito di suolo urbano più economico nel quale le famiglie possono pagare meno per luoghi più spaziosi e costruire le proprie abitazioni seguendo schemi suburbani impensabili in zone più centrali; nel quale attività produttive che richiedono manodopera urbana possono trovar spazio con più ampiezza. Soprattutto, però, nelle periferie è possibile costruire abitazioni per la popolazione più vulnerabile, dal momento che i governi trovano lì suolo utilizzabile nel quale le società immobiliarie possono sviluppare lotti di case popolari ottimizzando le proprie previsioni di guadagno. Questa condizione economica è fondamentale per comprendere il paesaggio costruito nelle periferie: si tratta di un paesaggio sociale che è stato un motore storico nella costruzione delle città; ciò che oggi definiamo peri-centro, fino a qualche decade fa era la periferia, era territorio di confine, sfruttabile da molti mentre pochi potevano vivere entro i confini della città consolidata. Ciò che oggi è periferia, presto sarà città. I margini, accogliendo emarginati, hanno prodotto e producono gran parte del paesaggio urbano contemporaneo”. Camila Cociña

Arquitecta, MSc Building & Urban Design in Development, y Candidata a PhD en Development Planning; DPU, University College London.

“Concordo con la definizione di Nogué: la periferia è soprattutto il concretarsi di una zona limite tra differenti realtà territoriali. Senza dubbio è superfluo precisare che la periferia non si trova necessariamente lungo il perimetro della città. Essa può trovarsi, infatti, anche al suo interno. La periferia è una condizione territoriale complessa generata a partire dal conflitto urbano quando i fattori economici prevalgono sull’utilità collettiva nella produzione fisica della città (Kapstein, 2009). Nella complessa città, il paesaggio e la scena urbana, entrambi componenti dell’immagine della città, non possono (né devono) configurarsi solamente a partire dai valori economici... Possiamo (o dobbiamo) dare un prezzo al paesaggio urbano? Dobbiamo estetizzare (per vendere) l’irrisolto conflitto spaziale e paesaggistico delle periferie urbane perimetrali o interne alla città? Domande aperte, queste... come le periferie.” Mario del Castillo Dottore Architetto Laureato in Arte. Ricercatore CEDEUS PUC e docente del Master di Territorio e Paesaggio UDP.

“1. Le limitazioni del lavorare sulla città secondo l’idea di “centri urbani”. 2. Così, la periferia verso la quale andiamo non sono i confini esterni del centro, ma piuttosto un altro luogo dal quale osservare dove abitiamo. 3. Lontani dall’ordinamento della città, ma con il desiderio di operare urbanisticamente in essa, cioè attraverso il controllo territoriale, dovremmo stabilire un altro modello di organizzazione. 4. Nello specifico ciò significa: esplorare le tipologie di strade, di terreni e di edifici. 5. In relazione alle differenze di dominio delle stesse, ridefinire il pubblico e il privato. 6. Progettare il pubblico significa pensare come e dove trovarci per “convivere insieme”. 7. Questo insieme di cose richiede una pianificazione ma anche un’immagine. 8. Mentre la pianificazione determina le varie possibilità nella misura in cui limita, l’immagine riflette i sogni a cui si aspira. 9. Nessuno sogna un piano d’azione: esso è un mero strumento per poter raggiungere l’immagine sognata. 10. Questo è ciò che chiamiamo paesaggio (immaginario).” 4

Pedro Pedraza

Architetto; Master Territorio e Paesaggio UDP. Docente Scuola di Architettura e MTP UDP.

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