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Il 6 di gennaio, l’Epifania, rappresenta il culmine del periodo festoso e vale il detto che “tutte le feste si porta via”. Il giorno dopo inizia nelle case lo smontaggio dell’albero di Natale e l’inserimento nei cartoni di tutti gli addobbi natalizi facendo molta attenzione a non rompere nulla. Ma coloro che hanno realizzato un presepe, quando è il momento di smantellare tutto? Secondo il rito cristiano il giorno previsto per lo smontaggio è il 2 febbraio, ricorrenza della Candelora in cui Gesù viene presentato al Tempio e giornata anche della purificazione di Maria. Secondo la tradizione ebraica, infatti, all’epoca chi partoriva un maschio dopo 40 giorni doveva recarsi al tempio di Gerusalemme per purificarsi. Il numero 40 è ricorrente nella tradizione cristiana. Secondo la legge di Mosè i primogeniti del popolo ebraico erano considerati offerti al Signore, per questo motivo i genitori li presentavano al Tempio ed offrendoli in sacrificio come forma di riscatto. Inoltre la madre era considerata impura del sangue mestruale e la purificazione avveniva solo dopo 40 giorni per i figli maschi e 66 per le figlie femmine. Questa è la ragione per cui la festa cade 40 giorni dopo il 25 dicembre. In questa giornata avviene nelle chiese anche la benedizione di ceri e candele, un rito che simboleggia la luce e l'uscita dalle tenebre cioè dall’inverno, passaggio molto importante soprattutto nelle civiltà rurali. E proprio per questo sono nati molti proverbi che festeggiano l’avvicinarsi dell’attesissima stagione più mite. In Veneto, ad esempio, si dice: “Quando vien la Candelora de l'inverno semo fora, ma se piove o tira vento ne l'inverno semo drento". Il presepio, dicevamo, può restare ancora esposto nelle nostre case anche dopo l’arrivo dei Re Magi e se non ci facciamo prendere dalla frenesia di far tornare l’angolo della nostra casa dedicato al presepio come era prima, abbiamo tutto il tempo di riflettere sul significato e sui ricordi personali di ogni singolo pezzo che lo compone. Sono in molti che nel realizzarlo hanno coinvolto figli e nipoti utilizzando magari anche materiale ereditato da genitori e nonni, altri ancora se lo sono costruito pezzo per pezzo, frequentando anche corsi specifici, mettendo in essere dei veri e propri capolavori. Ed allora perché affrettarsi a rimettere tutto nei cartoni. I personaggi tipici del presepe sono molti e variano da regione a regione a seconda delle tradizioni ed in base ai materiali in cui sono realizzati (legno, stoffa, carta). Un presepe può essere osservato e letto in base ad un livello puramente estetico, che riguarda l’armonia della rappresentazione con i personaggi e gli edifici che lo compongono, ma c’è anche quello simbolico, che attribuisce ad ognuno di questi elementi un significato specifico. Un po' come quando abbiamo davanti un bel mazzo di rose, la prima cosa che ci colpisce sono i colori e la sua bellezza ma gli esperti di linguaggio dei fiori ci leggeranno amore e passione se ci sono rose rosse, dolcezza se ci sono rose rosa, gelosia se ci sono rose gialle, e così via. Ebbene chi ha posto in essere un presepe che si avvicina, ad esempio, a quello della tradizione napoletana, tipicamente molto affollato, questo non si limita alla ricostruzione della sola Natività, ma propone un ambiente settecentesco partenopeo dove si muovono tanti personaggi ognuno con il proprio significato. Secondo tradizione le figure che lo compongono sono 72 in uno scenario che ha sempre un’atmosfera notturna con un cielo sereno trapuntato di stelle. Ci sono le tre montagne all’interno delle quali si aprono altrettante grotte ed in una di queste grotte c’è la Sacra Famiglia che rappresenta la povertà e l’umiltà, ma anche la forza e la purezza di spirito di chi non si arrende. Sono il simbolo che incarna tutti i valori della famiglia cristiana. Non può mancare il ponte che sta a simboleggiare il passaggio verso l’ignoto così come ci sarà il fiume che scorre, riprodotto facendo uso anche della carta stagnola, allegoria del tempo che non si ferma ma anche della vita stessa. Sempre legati al tema dell’acqua un’altra rappresentazione magica è quella della fontana luogo tipico delle apparizioni e degli incontri amorosi. Secondo i Vangeli apocrifi, fu presso una fontana che Maria ebbe l’Annunciazione. E poi il pozzo che occupa un posto importante nella simbologia del presepio. Spesso il pozzo è accostato alla Madonna ed in Campania non sono poche le chiese intitolate alla Madonna del pozzo. Tuttavia, il suo sprofondare nelle viscere della terra, ha fatto sorgere intorno ad esso non poche leggende con valenza negativa. In ogni presepe che si rispetti, i

Re Magi non mancano mai. Simboleggiano il mondo e il tempo che si fermano per la nascita di Gesù. Normalmente li vediamo accompagnati da cavalli, non mancano cammelli o elefanti, Baldassarre è quello più vecchio in sella al cavallo nero, Gasparre è giovane che monta un cavallo bianco mentre Melchiorre è il moro con il cavallo fulvo. I tre cavalli sono l’allegoria dei tre momenti del giorno; notte, mezzogiorno e alba. Oltre a queste figure più caratteristiche, ci sono poi i “venditori” del presepe napoletano, ossia le statuine che rappresentano gli altri mestieri, ad ognuna delle quali è assegnato un preciso mese dell’anno in base al prodotto che tratta. Spesso compaiono personaggi curiosi tra questi Benino il pastorello addormentato da posizionare alla fine della discesa delle montagne. C’è chi sostiene sia proprio lui a sognare tutta la scena del presepe e nel caso in cui dovesse svegliarsi, non esisterebbe più nemmeno la Natività il che vorrebbe dire l’istantanea estinzione del presepe. Anche il sonno di Benino possiede un significato allegorico. Testimonia che una visione liberante, come quella del presepe, può nascere solo dalla fantasia del bambino e dal pensiero magico dei semplici. Se Benino si sveglia il presepe andrà in frantumi, lasciando il posto alla convinzione che esso è solo un sogno, non funzionale alla cultura della razionalità produttiva. Il primo presepe nel senso moderno si fa comunemente risalire a quello inscenato da San Francesco d’Assisi a Greccio, vicino Rieti, il giorno di Natale del 1223. Nel corso del XV secolo il presepe raggiunse la città di Napoli e nelle decadi successive, soprattutto in seguito all’invito che Papa Paolo III rivolse ai fedeli attraverso il Concilio di Trento (1545-1563), conquistò un posto anche nelle case nobiliari, sotto forma di soprammobile o nelle vesti di cappella in miniatura. Fu però il Settecento il periodo più fiorente per il presepe, che ormai aveva raggiunto gran parte d’Italia e veniva proposto nelle differenti tradizioni popolari (napoletano, genovese, bolognese, etc). Nato come strumento di comunicazione con la popolazione, il presepe entrò nelle case popolari solo dopo aver trovato posto nelle chiese e nelle residenze nobiliari e si dovette attendere il XVIII e XIX secolo per assistere all’ingresso del presepe nelle abitazioni delle persone comuni. Ed allora, quando sarà il momento, riponiamo il nostro presepe nei cartoni facendo molta attenzione affinchè Benino non si svegli pronti ad accompagnarlo nel suo sogno il prossimo Natale.

Errata Corrige

Nell’articolo apparso sull’Erker dello scorso mese dal titolo “Il Coro Cima Bianca: ampi e meritati consensi dopo la pausa forzata dovuta dalla pandemia”, siamo incorsi in un errore nello scrivere “Dopo la scomparsa di Gianfranco Bogana…”. In realtà volevamo riferirci, da quanto letto nella storia del coro, alla persona che lo ha sostituito per un breve periodo, il Maestro Ilario del Piccolo, che ha collaborato con il coro, persona molto stimata ed apprezzata. Chiediamo scusa ed augurariamo lunga vita a Gianfranco Bogana preghiamo di leggere “ Dopo Gianfranco Bogana….”

La redazione

solidarietà concreta della Caritas Vipiteno raccontata

da Gianfranco Ferri e Loredana Gazzini Marazzo

Dall’istituzione dell'Unità Pastora le, che riunisce tutte le parrocchie del Decanato di Vipiteno, il centro d'ascolto Caritas dell’oratorio è il punto di riferimento per le per sone bisognose dell’intero com prensorio dell’Alta Val d’Isarco. Il progetto, per come è strutturato, è stato poi un modello pilota per il resto della diocesi di Bolzano, ricevendo anche diversi riconosci menti istituzionali.

Le famiglie registrate presso l'or ganizzazione sono 215, per un totale di circa 500 persone, e ogni settimana vengono distribuiti in media 115 pacchi di generi ali mentari e di beni di prima neces sità a chi ne fa richiesta.

“La Caritas, così come la concepia mo noi, non è un semplice eroga tore di cibo e di merci. Noi non ci riteniamo somministratori di cari tà: la nostra è un'attività che mira soprattutto a stabilire relazioni. Non a caso, il progetto è nato ini zialmente come un centro di con sulenza e di supporto morale, poi però ci siamo resi conto che non erano sufficienti e che era necessario incrementare l'attività con aiuti materiali”, spiega Gianfranco Ferri.

Signor Ferri, chi sono le persone che si rivolgono a voi?

“Molte sono le famiglie numerose con un solo reddito che non riescono a far fronte a tutte le spese.

Il 38% delle famiglie che si rivolgono a noi è autoctono, perciò i nostri utenti non sono solo stranieri, come si potrebbe ritenere.” Come fate a finanziare gli approvvigionamenti?

“La rete di solidarietà che ruota attorno al punto Caritas di Vipiteno è ampia e molto generosa: abbiamo donazioni dai supermercati locali, dalle catene della grande distribuzione ai piccoli negozi soprattutto dalle filiali locali Reiffeissen e Cassa di Risparmio: le donazioni in denaro per noi sono fondamentali per far fronte alle spese correnti della nostra sede.”

A quanto ammontano le vostre spese correnti?

“Nel 2022, solo per l'acquisto di pannolini, medicinali, alimenti per neonati e di prodotti freschi abbiamo speso circa 15.000 euro; per i costi di trasporto, ovvero di noleggio del camion e di mantenimento del nostro furgoncino, abbiamo calcolato circa 10.000 euro. Bisogna dire che abbiamo coperto queste spese anche grazie alla solidarietà di molte associazioni vipitenesi, di molti benefattori privati e dei Comuni del comprensorio, soprattutto del nostro: il sindaco Volgger ci ha infatti sostenuti in varie occasioni.” tre al supporto materiale, avrete anche bisogno di manodopera nelle fasi operative... o abbiamo avuto il sostegno spirituale e la disponibilità ogistica da parte di Don Giorgio Carli, senza i quali non sarebbe stato possibile portare avanti il centro d’ascolto. Abbiamo poi la fortuna di avere 32 volontari attivi, che si spartiscono i turni di preparazione e di distribuzione dei pacchi. Sono coinvolte 16 occhie del nostro Decanato più la parrocchia di Fortezza, dalle quali riceviamo un aiuto costante, a seconda delle possibilità di cuna. Abbiamo una bella collaborazione con lo Jugenddiest eno, con la partecipazione anche dei giovani.”

Signor Ferri, ha detto che il vostro scopo primario è stabilire elazione con le persone, come attuate questo principio?

“Quello che per noi è fondamentale, e che ci ripetiamo sempre tra volontari, è fornire un servizio della miglior qualità possibile. Proprio per l'ispirazione ideologica della nostra organizzazione, il nostro atteggiamento deve essere sempre un messaggio di generosità, di amore e di positività, anche nei momenti in cui risulta difficile. Il circolo virtuoso della catena di solidarietà in cui sono coinvolti tutti gli attori di questo processo, dai benefattori, ai volontari, agli utenti, genera di per sé relazioni importanti e positive.”

La disponibilità incondizionata è dunque una vostra prerogativa?

“Questo è vero fino a un certo punto: spesso dobbiamo rispondere alle esigenze estemporanee delle famiglie, ma miriamo a fornire aiuti effettivi che siano destinati solo a buon fine. Soprattutto in questo periodo, ci siamo trovati a dover versare acconti per il pagamento delle bollette, almeno perché non venisse interrotta l'erogazione delle forniture. Non distribuiamo mai soldi direttamente e vagliamo sempre caso per caso.” Loredana, Lei in quali attività si è sentita più coinvolta nell’anno appena trascorso?

“A febbraio 2022 abbiamo subito risposto all'emergenza della guerra in Ucraina e tutt'ora forniamo sostegno a una quindicina di famiglie ucraine. Inoltre, a Vipiteno per Natale abbiamo preparato 130 pacchi per gli anziani.”

Dal punto di vista pratico Le torna utile la Sua esperienza di commerciante?

“Il coordinamento pratico è fondamentale, abbiamo un servizio telefonico per la prenotazione e il ritiro a orari precisi e abbiamo anche la consegna a domicilio per le persone che non hanno la possibilità di uscire di casa. Ogni martedì e venerdì, prima della distribuzione, noi volontari dobbiamo mondare frutta e verdura e preparare i pacchi. Io poi faccio la contabilità e l’inventario delle merci con l’aiuto di mio marito Alfio, il lavoro è molto e richiede una certa cura.”

Cosa vi auspicate per il 2023?

“Il signor Ferri ed io abbiamo una certa età, perciò speriamo sempre che si facciano avanti persone più giovani che abbiano la tenacia per portare avanti questa iniziativa con continuità. Noi facciamo quello che possiamo con quello che riceviamo: più otteniamo e più riusciamo a donare. Ci auspichiamo quindi che la catena di generosità possa incrementare, perché alla Caritas vediamo bene come è in aumento il bisogno concreto di molte famiglie.”

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