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Perseo e Medusa
from A spasso tra i Miti
Acrisio, re di Argo, era un uomo felice. Amava teneramente la moglie e la figlia Danae e da loro era ricambiato con lo stesso affetto. Il regno prosperava: i contadini raccoglievano messi abbondanti; i commercianti divenivano ogni giorno sempre più ricchi: a corte si davano tante feste, in cui tutti si divertivano.
Ma un giorno, un brutto giorno, capitò da quelle parti un indovino. E giunse come ospite al palazzo reale.
Nel salone delle feste, la musica venne interrotta a un cenno del re. Le danze vennero sospese e gli invitati volsero lo sguardo verso il nuovo arrivato. – Mi hanno detto che nulla ti sfugge della sorte degli uomini, vecchio saggio – disse Acrisio. – Vero, mio signore – rispose l’anziano, abbozzando un inchino. – Svelami il mio destino! – ordinò il re.
Nella sala si sparse un mormorio di sorpresa. Ora l’attenzione dei presenti era concentrata sulla bocca del vecchio. Quali parole stavano per pronunciare quelle labbra raggrinzite?
L’indovino aveva già letto nel viso del re la triste sorte che
l’attendeva. Perciò si schermì: – Non è bene voler indagare oltre il momento presente, mio sire. L’uomo saggio gode degli attimi felici e di altro non chiede. – Ehi, mi hai forse preso per uno sciocco? – chiese in tono irato il re. E aggiunse: – Non lo sai che compito di un eccellente sovrano è proteggere i propri cari e soprattutto il suo popolo? Deve essere accorto e prevedere, se possibile, il futuro per governare con saggezza. Quindi, ora tu mi risponderai, oppure…
L’indovino si affrettò a dire: – Sarà come tu vuoi, magnanimo sovrano, però quale che sia il mio responso, lasciami salva la vita. – Sarà fatto – disse il re. Incrociò le braccia e attese.
L’indovino si avvicinò alla porta della grande sala. Calcolò quanto ci avrebbe messo a scappare e adocchiò le guardie che, dall’altra parte della sala, affiancavano il trono del re. – Maestà, sta’ in guardia: sappi che tuo nipote un giorno ti ucciderà – gridò, precipitandosi per le scale.
L’incidente venne dimenticato quasi da tutti. Tutti tranne uno: il re Acrisio. Poco alla volta un tarlo iniziò a rodergli la mente: quale espediente doveva adottare per non essere ucciso dal nipote, il figlio della sua amatissima figlia Danae?
Alla fine, non trovò che una soluzione crudele. Avrebbe fatto imprigionare Danae in una torre, nella quale nessuno poteva entrare. Danae, così, non si sarebbe sposata e non avrebbe avuto figli e, quindi, lui non avrebbe avuto nipoti decisi a toglierlo di mezzo.
Quanto si disperò Danae rinchiusa nella torre!
Di lei ebbe pietà Zeus. Le tenne compagnia e le regalò un figlio, Perseo, per dimostrarle il suo amore.
Qualcuno, comunque, fece la spia al re che seppe del bimbo.
Acrisio, livido di collera, ordinò allora che madre e figlio fossero rinchiusi in una cassa e che questa venisse gettata in mare. Voleva farli annegare, ma Zeus non lo permise. Fece galleggiare la cassa fino all’isola di Serifo. Le onde gentili la spinsero a riva, dove la trovarono alcuni pescatori. – Apritela adagio! – ordinò il più anziano.
I pescatori spostarono, così, la cassa con dolcezza e s’accor-
sero che dall’interno giungevano dei rumori. – Ci sarà forse una belva feroce? – disse qualcuno. – E chi sarebbe lo sciocco che spedisce per il mondo tigri o leoni? – fece un altro. – Apriamola e facciamola finita! – gridarono in cinque o sei.
Il coperchio venne sollevato con molta cautela e… meraviglia! Spuntarono i capelli, i visi, le spalle, le braccia di due creature umane: una donna e un bimbo.
Il re Polidette, alla cui reggia i pescatori avevano condotto i naufraghi, accolse Danae e il figlio.
Col tempo si innamorò della bella principessa e, poi, la sposò.
Perseo crebbe nella reggia di Polidette e divenne un giovane valoroso.
Comunque, Polidette mal sopportava la sua presenza a corte. Era geloso perché Danae mostrava un grande affetto per il figlio. Non vedeva l’ora di liberarsi di Perseo e quel momento giunse fin troppo presto.
Era il compleanno del re. Tutti gli recavano doni. Anche Perseo gli si avvicinò, ma non reggeva nulla fra le mani. Così disse il prode giovane: – Voglio recarti omaggio anch’io, o re. Cosa desideri?
Polidette mille e mille volte aveva pensato di cacciare dalla reggia Perseo e ora era giunta finalmente l’occasione per sbarazzarsene. Perciò rispose: – Voglio mettere alla prova il tuo coraggio, nobile principe. Desidero che tu mi porti la testa di Medusa!
Ai cortigiani si piegarono le gambe: si trattava di un’impresa impossibile. Chiunque sapeva che Medusa era un orrendo mostro che viveva con le sorelle, Steno ed Euriale nelle Terre della Notte. Inoltre, era risaputo che Medusa pietrificava all’istante chi la guardava negli occhi. – Partirò oggi stesso – annunciò Perseo. Vagando di paese in paese, il giovane valoroso chiedeva informazioni su Medusa. – Rinuncia a trovarla, a centinaia sono periti i guerrieri che l’hanno incontrata sul loro cammino – rispondeva chiunque interrogasse.
A poco a poco, il timore si fece strada nell’animo di Perseo e
spesso si chiedeva: “Come farò a tornare vivo?”. – Ce la farai – gli disse un giorno il dio Ermes. Atena e io ti aiuteremo perché proteggiamo gli eroi coraggiosi.
Perseo si rallegrò molto.
Continuò il dio: – Prendi il mio elmo che ti renderà invisibile. E i miei calzari che ti permetteranno di volare.
Poi gli tese lo scudo, lucido come uno specchio. – Non guardare mai Medusa, ma cogline l’immagine qui riflessa. Così non rimarrai pietrificato.
Quindi, gli porse anche una spada: – Te la manda Atena, questa. Andiamo, ora sei invincibile!
In un battibaleno i due giunsero alle Terre della Notte, vicine a quelle della Morte.
Scesero sulla triste spiaggia, su cui si affacciava la caverna di Medusa e delle sue sorelle.
Dormivano le tre mostruose creature, ma ben sveglie erano le serpi che Medusa aveva in testa al posto dei capelli. Si misero a sibilare minacciose, ma Perseo non si perse d’animo. Fissava nello scudo l’immagine di Medusa, camminando all’indietro. Fulmineo la raggiunse e le troncò di netto la testa, che mise in un sacco. Il pericolo era tuttavia in agguato; le altre due sorelle si destarono e s’accorsero di lui. Provvidenziali furono l’elmo e i calzari del dio Ermes: appena se li mise divenne invisibile e così Perseo sfuggì ad un atroce destino.
Certo, Polidette non lo accolse come si conveniva. – Sei un bugiardo! – gridò. – Non puoi aver ucciso Medusa. – Guarda! – disse Perseo e trasse dal sacco la sua testa.
Non appena Polidette fissò gli occhi sul groviglio di serpenti
e sulle pupille dilatate di Medusa, si trasformò in una statua pietrificata, dalla cui bocca usciva un urlo strozzato.
Giunse Atena e inserì la testa di Medusa al centro dello scudo di Perseo che, da allora in poi, fece strage di nemici.
•Rispondi.
• Quali e quanti sono i personaggi? • Di che cosa parla il mito? • Che cosa ci vuol spiegare?