5 minute read
Teseo, Arianna e il Minotauro
from A spasso tra i Miti
Un tempo, vi fu una guerra terribile fra Atene e Creta. Alla fine Minosse, il re di Creta, costrinse gli Ateniesi a mandargli ogni anno sette giovani e sette fanciulle. – Cosa c’è di strano? – ti domanderai.
In effetti, nei tempi antichi, non era affatto strano che venissero inviati doni a potenti re. In questo caso, comunque, c’era davvero da mettersi a piangere. Perché quei giovani ragazzi servivano da pasto a un mostro terribile: il Minotauro, che era una bestia per metà uomo e per metà toro.
Advertisement
Tutte le volte che i giovani dovevano partire, un profondo silenzio cadeva su Atene e nel palazzo reale il re Egeo sprofondava nella tristezza più cupa. Di quella disperazione si accorse Teseo, il valoroso figlio del re. – Padre, perché sei così abbattuto? – chiese Teseo. – Figliolo, come si può non essere tristi in un giorno come questo? – Cosa succede di così terribile?– domandò pronto Teseo. – Ti sei scordato che sette ragazzi e sette ragazze devono partire alla volta di Creta e che il Minotauro li divorerà? – spie-
gò il re. – Questa storia deve finire! – dichiarò Teseo, e aggiunse: – Partirò con loro, arriverò a Creta e ucciderò il mostro. – Non posso impedirtelo, caro figlio, anche se so che è un’impresa disperata: sono scarse le probabilità che tu riesca ad uccidere il Minotauro. Aspetterò il tuo ritorno col cuore inquieto. E spesso starò alla finestra ad attenderti. Promettimi che, se vincerai, farai mettere una vela bianca alla tua nave e, invece, nera se morirai, così saprò se gioire o disperarmi.
Con la benedizione del padre, Teseo partì. Il vento era favorevole e il mare calmo.
Giunto a Creta, venne ospitato nella reggia di Minosse. E subito lo notò la bellissima figlia del re, Arianna, che se ne innamorò perdutamente.
“Poverino” si diceva Arianna “così giovane e bello e destinato a una fine così tremenda! Deve esserci un modo per aiutarlo!”
Arianna finalmente lo trovò. – Teseo, sei troppo nobile e fiero perché il mostro ti uccida, permettimi di darti dei preziosi consigli – disse la principessa al giovane ateniese.
– Bellissima Arianna, le tue parole sono dolci come il miele e mi danno il coraggio per affrontare il Minotauro – le rispose Teseo.
E la principessa ribadì: – Il coraggio non basta. Troppo feroce è la bestia. E, anche se tu riuscissi a ucciderla, non potresti mai venir fuori dal labirinto di stanze, sale, corridoi, sotterranei, in cui si trova.
Così dicendo, porse a Teseo un gomitolo di filo e un pugnale dalla lama avvelenata. – Appena entri nel labirinto, srotola il filo; solo così riuscirai
a tornare indietro – aggiunse Arianna.
Il giorno seguente, Teseo entrò nel luogo orribile dove stava il Minotauro. Se all’inizio Teseo era stato baldanzoso, poco alla volta si sentì invadere dall’inquietudine. Da un corridoio all’altro nulla cambiava, e su tutto regnava il silenzio.
Poi ci fu un muggito spaventoso. Si udirono sul pavimento gli zoccoli, che producevano il fracasso di una mandria. All’improvviso, apparve un bestione con le narici dilatate, le fauci spalancate, gli occhi fiammeggianti. Il Minotauro si av-
ventò contro Teseo, che aveva sguainato il pugnale.
Fu questione di attimi: la lama avvelenata penetrò nel collo del mostro. Colpito a morte, il Minotauro urlò e sollevò le braccia per mantenere l’equilibrio. Poi stramazzò a terra, lanciando un’occhiata d’odio a Teseo. Dopo un paio di convulsioni, il veleno fece pieno effetto: il mostro rimase lungo disteso sul pavimento, che si colorava di rosso. – Evviva! – gridò Teseo. Si terse il sudore dalla fronte e iniziò a riavvolgere il filo: passo dopo passo riuscì a raggiungere
l’uscita del labirinto.
Due giorni dopo, il sole splendeva e il mare era solcato da mille scintillii. Si gonfiava la vela della nave di Teseo, i marinai erano allegri e allegrissimi i sette giovani e le sette giovinette che tornavano ad Atene sani e salvi. Tutti erano felici, tranne Arianna.
Perché? ti chiederai.
Perché Teseo l’aveva ingannata, abbandonandola sull’isola di Nasso. E a bordo qualcuno mormorava... – Non vorrei che Teseo venisse punito per la sua crudeltà e ingratitudine… – sussurrò una ragazza.
Un’altra aggiunse: – Se non l’amava avrebbe dovuto impedirle di salpare con noi… sento che verrà punito.
In effetti, all’orizzonte si profilava una nube scura, scura come la pece. Chi la spingeva verso la piccola barca in mezzo ai flutti? Qualche dio vendicativo, cui si era rivolto il Minotauro? Di sicuro si sa che la sorte stava per colpire Teseo e punirlo in un modo atroce.
Il vento si mise a spazzare il mare e onde gigantesche si abbatterono sulle fiancate della nave. Il ponte era un fiume d’acqua e i marinai gridavano in preda al terrore. La vela si squarciò e la tempesta si portò via i brandelli. Quindi, la pioggia si riversò a torrenti sull’imbarcazione e ci furono lampi e tuoni a non finire.
La tempesta durò giorni e giorni. Quando ormai tutti a bordo credevano in un imminente naufragio, giunse la bonaccia: calma piatta sul mare.
Allora, si contarono i danni e il timoniere fece rapporto a
Teseo. – Il guaio più grosso è la vela. Praticamente non c’è più. La tela rimasta può servire per far stracci – disse quest’ultimo. – Non ne abbiamo un’altra? – chiese Teseo. – Una ci sarebbe, ma è nera, molto vecchia – riferì il marinaio. – Non importa, useremo quella – decise Teseo, non ricordandosi della promessa fatta al padre.
Come vide sul mare la vela scura, Egeo pensò che il figlio fosse morto. Disperato, si gettò da una roccia in quel mare, che da lui prese il nome di Egeo. Così Arianna, che tanto aveva pianto e tanto aveva maledetto Teseo, venne vendicata.
•Rispondi.
• Che cosa scopre Teseo, rivolgendosi al padre? • Che cosa decide di fare? • Che cosa gli raccomanda il padre? • Da chi viene aiutato il coraggioso Teseo? • Come si conclude la vicenda?