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Come Zeus punì Prometeo

Un tempo, gli uomini abitavano nelle caverne e spesso pativano il freddo e la fame.

Zeus, in visita sulla Terra, si impietosì di loro.

“Come fanno, poverini, a vivere in queste condizioni?” si chiedeva. “Deve essere ben duro stare in queste grotte umide e dover cacciare per procurarsi un po’ di cibo”. Il padre degli dei si impietosì anche degli animali.

Per porre rimedio alla situazione, chiamò Prometeo, che non muoveva un passo senza il fratello Epimeteo, un gran pasticcione. – Per gli uomini e gli animali è troppo dura la vita, aiutali in qualche modo – ordinò Zeus. – Sarà fatto – annunciarono Prometeo ed Epimeteo.

Zeus li guardò e aggiunse: – Prometeo, sta’ attento che tuo fratello non combini guai.

Appena Zeus se ne fu andato, Prometeo disse: – Non c’è giorno che Zeus non mi dia un incarico. Sono tanto stanco. Quanto vorrei addormentarmi sotto una quercia con la testa all’ombra e il corpo al sole! – Non hai che da farlo – gli suggerì Epimeteo.

– Già, e poi cosa racconto a Zeus? – sottolineò Prometeo. – Non gli dici niente, perché tutto sarà fatto e per benino – annunciò sicuro il fratello. – Ah, davvero? – chiese Prometeo incredulo.

Epimeteo gli strinse la guancia tra pollice e indice e lo guardò fisso negli occhi. – Che ci vuole? Una mezza giornata di lavoro e uomini e animali saranno sistemati. Lascia fare a me e schiaccia un pisolino dove più ti piace – e scomparve alla velocità del fulmine.

Arrivato sulla Terra, Epimeteo chiamò gli animali e si mise a

distribuire i doni che aveva portato con sé. Fu così che a molti diede la forza, ad altri l’astuzia, ad altri ancora la velocità, l’odorato e la vista acuta. Poi, regalò la grazia, zanne e artigli per difendersi, ali per fuggire, piume e pellicce per proteggersi dal freddo, gusci duri.

D’un tratto, da dietro un grosso masso fecero capolino gli uomini. – E a noi cosa dai? – chiesero timorosi.

Epimeteo sollevò il sacco che aveva contenuto i doni. Rovesciatolo, ne venne fuori solo un pulviscolo dorato. E il dio battendo le mani in preda alla disperazione disse: – Ho finito tutto. Non c’è più niente per voi! Gli uomini avevano levato le lance e l’avrebbero colpito, se Prometeo non l’avesse trascinato in fretta e furia in cielo. – Quando la smetterai di fare pasticci? – gli disse. Passarono alcuni mesi. Inutile dire che gli uomini stavano sempre peggio. Quando incontrava Prometeo, il grande Zeus fingeva di non vederlo. Il povero Prometeo non solo era addolorato per il modo con cui il padre degli dei lo

trattava, ma anche per la condizione degli uomini.

“Che posso fare per loro?” si chiedeva amareggiato, camminando lungo la riva del mare. “Cosa può scaldarli, come i raggi del sole che sento sulla pelle?”

L’acqua andava e veniva sulla sabbia e i gabbiani stridevano. – Ho trovato! – urlò felice Prometeo. – Il fuoco aiuterà gli uomini! Il fuoco darà loro il calore negli inverni gelidi, servirà per cuocere il cibo, terrà lontane le belve feroci, e poi potranno fondere metalli, fabbricare armi e attrezzi per coltivare i campi e diventeranno i padroni della Terra – diceva ad alta voce.

Questi pensieri li riferì a Zeus che si mostrò piuttosto dubbioso: – Forse è un po’ troppo. Non vorrei che gli uomini diventassero potenti, quasi quanto noi dei.

Tanto fece e tanto pregò Prometeo che alla fine Zeus acconsentì: gli uomini avrebbero avuto il fuoco.

Prometeo fu molto soddisfatto. Ovunque sulla Terra, le creature si inchinavano e l’omaggiavano: – Grazie, potente dio – dicevano le donne al fiume. – Grazie! – urlavano i fieri cacciatori nelle foreste. – Grazie – esclamavano i bimbi che giocavano al sole, gli correvano incontro e gli abbracciavano le ginocchia.

Prometeo si inorgoglì a dismisura. Si sentiva forte, intelligente, bello, furbo. “Sì, sono senz’altro meglio di Zeus” si disse un giorno. “In fin dei conti è solo un vecchio brontolone, io sono molto più in gamba” mormorò. Ma a Epimeteo, che gli stava sempre vicino, quella frase non sfuggì. – Di chi sei più in gamba e chi è il vecchio brontolone? –

chiese.

Prometeo, allora, rispose: – Zeus è un vecchio brontolone e io sono più astuto di lui.

Epimeteo si piegò in due dalle risate. Poi, affrontò deciso il fratello: – Dimostralo, se ne sei capace!

Fu così che Prometeo si preparò un destino crudele con le sue mani. Avrebbe giocato un tiro a Zeus: era l’unico modo per

dimostrare di essere più bravo di lui.

Pensa e ripensa, decise di sottrarre al padre degli dei la parte migliore della carne di un bue che gli uomini gli avevano offerto. Dopo la scelta di Zeus, la carne restante sarebbe rimasta agli uomini.

Cosa fece, dunque, Prometeo per beffare il grande Zeus?

Avvolse ossa e grasso nella pelle dell’animale e nascose sotto le budella la carne migliore. Le parti erano disuguali e Zeus scelse quella più grossa. Portò via, quindi, ossa e grasso.

Non appena il padre degli dei se ne accorse, montò su tutte le furie: – Me la pagherà! Prima però sistemo gli uomini!

In men che non si dica, fece sparire dalla Terra il fuoco: le notti ritornarono fredde e buie e gli uomini ripresero a patire freddo e fame.

Prometeo, comunque, non si dette per vinto. Se il potente Zeus si mostrava meschino e vendicativo, lui invece sarebbe stato generoso.

Salì sulla cima dell’Olimpo e rubò al fiammeggiante carro del Sole qualche scintilla. Le portò sulla Terra e ridiede il fuoco agli uomini.

Naturalmente Zeus se ne accorse quasi subito. Ogni sera aveva l’abitudine di affacciarsi dalla soglia del suo palazzo e gettare uno sguardo sulla Terra. Come la vide cosparsa di tremule luci, si arrabbiò davvero. E ancor più ira gli salì al cuore quando scorse gli uomini danzare felici attorno al fuoco. Chiamate a raduno le nubi, spense con una pioggia torrenziale i fuochi. Non ancora soddisfatto, fece incatenare Prometeo su un’alta roccia.

Ogni giorno, un’aquila gli squarciava l’addome e gli divorava il fegato, che di notte ricresceva. Poi la ferita si rimarginava, ma di giorno ricominciava il martirio: tornava l’aquila e gli divorava di nuovo il fegato.

Forse sarebbe durato in eterno quel martirio, se Ercole non avesse avuto pietà di Prometeo. Senza un attimo di esitazione, scoccò una freccia contro l’orribile aquila. Prometeo fu liberato e Zeus fece finta di niente: Ercole era uno dei suoi figli e aveva dimostrato di essere molto valoroso. Comunque, un ricordo di quella punizione Prometeo doveva conservarlo: avrebbe sempre portato un anello fatto con il ferro delle sue catene e con un pezzetto della roccia alla quale era stato legato.

•Rispondi. Epimeteo, il fratello di Prometeo, è un gran pasticcione: • Che cosa regala agli animali? In che cosa sbaglia? • Che cosa decide Prometeo di regalare agli uomini? • Perché Zeus non vorrebbe regalare il fuoco agli uomini? • Quale azione di Prometeo scatena l’ira di Zeus? • Quale circostanza induce Zeus a perdonare Prometeo? • Qual è la morale di questo mito?

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