Poste Italiane S.p.A. - Sped. abb. postale - D.L. 353/2003 - (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) - art. 1 comma 1, DCB Padova
RICETTE PIZZA AL KAMUT CON FUNGHI E TARTUFO / 10 QUI LOMBARDIA 66 NUOVI NEGOZI STORICI / 14 PROVINCE ALESSANDRIA, AL LAVORO PER RIACCENDERE IL FORNO DEL ’700 / 13 fornaioamico.it – L’Arte Bianca online Settimanale informativo della
Anno LXVIII
FEDERAZIONE ITALIANA
LUNEDÌ 28 GENNAIO
PANIFICATORI, PANIFICATORI
2013
L a
p a n i f i c a z i o n e
i t a l i a n a
PASTICCERI E AFFINI
Incrementi record per le farine Aumentate del doppio rispetto al pane secondo l’analisi Istat sulla filiera. La Sorsa: “Dimostrazione che i nostri rincari non sono stati ingiustificati”
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a prova dei fatti arriva in ritardo. Ma, come si dice in questi casi, meglio tardi che mai. La scorsa settimana l’Istat ha diffuso il suo studio La dinamica dei prezzi per la filiera dei cereali. Il report prende in considerazione un preciso arco temporale, da gennaio 2007 a settembre 2012, e tre prodotti: pane, frumento e farine. E, leggendolo, si capisce come a discapito di quanto detto dai media negli ultimi anni, il prezzo del pane ha subito aumenti costanti e giustificati. Semplice ciò che dice il rapporto: a settembre 2012, rispetto a gennaio 2007, il prezzo al consumo del pane fresco è aumentato del 22,1 percento. A PAGINA 2
L’EDITORIALE di Franco La Sorsa
Sul caro pane
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opo cinque anni si è fatta un po’ di chiarezza sulle dinamiche dei prezzi della filiera del pane. L’analisi realizzata dall’Istat mostra evidentemente come grano e farine siano aumentate in maniera più che significativa nel corso di questo periodo. Non me ne vogliano i mulini: il loro prodotto è legato alle quotazioni del grano ed è ovvio che rifletta le loro dinamiche. Le colpe di questi rincari sono dovute a ben altri fattori su cui tornerò più avanti. L’aspetto sul quale intendo concentrarmi immediatamente è il prezzo del pane. L’Istituto di Statistica ha evidenziato come questo non sia legato all’andamento delle materie prime. Credo, forse sarebbe più corretto dire che è legato in maniera minore a questo andamento, ma la sostanza non cambia di molto:
segue a pagina 2
Il Ministero vigila sull’apprendistato
Lavoro accessorio, mai superare il limite
e aziende di panificazione che ancora non sono in regola con l’adesione all’Ebipan devono prestare particolare attenzione. Se gli ispettori del Lavoro accertano irregolarità nella disciplina contrattuale o trovano lavoratori irregolari in azienda, devono sempre emettere la diffida accertativa. A PAGINA 4
Tavoli e sedie: Sviluppo Economico e Antitrust affermano cose diverse
panificatori che utilizzano i buoni lavoro devono stare molto attenti a non dare più di 2 mila euro di compensi per singolo lavoratore. Altrimenti il rapporto si trasforma immediatamente in “a tempo indeterminato”.
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elle attività in cui è concesso il consumo immediato possono essere inseriti tavolini e sedie? Al quesito, che interessa da vicino i panificatori, sembra non esserci una risposta chiara. A PAGINA 6
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panificatori che hanno alle proprie dipendenze uno o più apprendisti devono attivare sempre i percorsi formativi. A meno che non vogliano trovarsi a pagare sanzioni e, nel caso peggiore, veder trasformato il rapporto di lavoro in “a tempo indeterminato”.
La Gdo punta al self service E’ nato il Marchio Abruzzo:
garantirà anche il buon pane
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panificatori lo sapranno di certo: le nostre abitudini alimentari sono mutate nel corso degli ultimi vent’anni. Magari, però, non immagineranno quanto. A dircelo è l’Istat che nel rapporto sugli stili di vita degli italiani ha scattato la fotografia di questi ultimi vent’anni. A PAGINA 8
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La rivoluzione parte dalla tavola
“Diffidato” chi non aderisce agli enti
Nasce in un villaggio disabitato il pane più buono della Sicilia
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a Grande distribuzione organizzata è sempre più indirizzata verso l’automazione e il self service. Dopo la sperimentazione delle casse fai-da-te, sono sempre di più i supermercati che ricercano soluzioni in grado di eliminare personale e garantire il medesimo servizio al cliente. Magari ponendo l’accento sulla velocità di acquisto e scelta.
nche i panificatori potranno accedere al Marchio Abruzzo, voluto dal Governo regionale per promuovere le eccellenze agricole e agroalimentari locali e dare maggior tutela ai consumatori. Lo ha confermato all’Arte Bianca l’assessore Mauro Febbo, delegato alle Politiche agricole e di Sviluppo rurale e forestale. “Con l’Associazione panificatori della provincia di Chieti, che si è sempre battuta per la promozione del nostro ottimo pane”, ha ricordato Febbo, “abbiamo da tempo un rapporto assai cordiale e costruttivo.
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uardando la foto che correda questo articolo, vi verrebbe mai da pensare che da quella porticina escono ogni giorno 150 chili del miglior pane della Sicilia? Eppure è proprio così. A PAGINA 13
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L’A RTE B IANCA - L A PANIFICAZIONE I TALIANA
Lunedì 28 gennaio
2013
Primo Piano
Incrementi record per le farine Aumentate del doppio rispetto al pane secondo l’analisi Istat sulla filiera. La Sorsa: “Dimostrazione che i nostri rincari non sono stati ingiustificati”
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a prova dei fatti arriva in ritardo. Ma, come si dice in questi casi, meglio tardi che mai. La scorsa settimana l’Istat ha diffuso il suo studio La dinamica dei prezzi per la filiera dei cereali. Il report prende in considerazione un preciso arco temporale, da gennaio 2007 a settembre 2012, e tre prodotti: pane, frumento e farine. E, leggendolo, si capisce come a discapito di quanto detto dai media negli ultimi anni, il prezzo del pane ha subito aumenti costanti e giustificati. Semplice ciò che dice il rapporto: a settembre 2012, rispetto a gennaio 2007, il prezzo al consumo del pane fresco è aumentato del 22,1 percento. Un valore più alto di quello dell’inflazione (+ 14 percento), ma nettamente inferiore a quello del frumento tenero o delle farine. Gli indici dei prezzi alla produzione agricola del frumento tenero aumentano a partire dalla seconda metà del 2007, con una crescita media annua del 44 percento. Dopo la repentina discesa nel 2009 (-31,5%), i prezzi risalgono nel 2010 (+19,3 percento e nel 2011 (+37,6 percento). Nei primi due trimestri del 2012, i prezzi alla produzione del frumento tenero calano di nuovo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, recuperando completamente gli aumenti avuti nel 2011. Tutto questo ha avuto ripercussioni sui prezzi delle farine? Chiaro che sì. Come si può vedere dal grafico pubblicato in pagina, gli sfarinati di frumento tenero hanno più o meno seguito gli andamenti delle quotazioni del grano: a luglio 2012 i prezzi alla produzione della farina sono superiori del 40,1 percento rispetto a quelli di gennaio 2007. Discorso diverso per il pane, come lo stesso rapporto evidenzia: l’andamento dei prezzi al consumo del pane fresco mostra un leggero ma costante aumento e non sembra aver risentito delle forti oscillazioni delle materie prime. “Si può affermare che rispetto al prezzo di gennaio 2007 il prezzo di vendita alla produzione delle farine è aumentato di circa il doppio (+40,1 percento a luglio 2012)
Indici dei valori medi unitari alle importazioni, dei prezzi agricoli, alla produzione al consumo dei principali prodotti delle filiere del pane. Gennaio 2007-settembre 2012 (gennaio 2007=100) IPP=Indice Prezzi Produzione, IPC=Indice Prezzi al Consumo, VMU=Valori Medi Unitari importazione, IPA= Indice Prezzi prodotti Acquistati dagli agricoltori
rispetto al prezzo di vendita al consumo del pane fresco (+22,1 percento a settembre 2012)”, ha affermato all’Arte Bianca Franco Mostacci, responsabile dei prezzi presso l’Istat. Basta questo per sfatare il mito dei fornai “affamatori del popolo”, come i media li dipinsero fra il 2007-2008, quando i rincari del prezzo del pane si fecero maggiori
(in netta concomitanza con un significativo aumento del prezzo delle farine). Da quel momento in poi, il prezzo del pane ha continuato ad aumentare, ma in misura costante. Il dato potrebbe essere letto un’altra volta a sfavore della categoria, in quanto gli incrementi sono comunque superiori al 14 percento dell’inflazione. Ma sarebbe
un’altra volta una lettura parziale. Negli ultimi anni hanno registrato significativi aumenti tutte le componenti che vanno a incidere sul prezzo del pane. Dal 2002 al 2012 le bollette elettriche sono aumentate del 48,1 percento; il gas del 59,2 percento; l’acqua del 71,8 percento; i rifiuti del 56,3 percento (dati Cgia di Mestre). A cui vanno aggiunti i due rin-
LA DINAMICA DEL GRANO E DELLA FARINA li indici dei prezzi alla produzione agricola del glio 2010. Nella seconda metà del 2010 la creG frumento tenero sono aumentati a partire dal- scita è stata repentina ed è proseguita per tutto il la seconda metà del 2007, con una crescita me- 2011 (+35,5%). Nel primo trimestre del 2012 andia annua del 44%. Dopo la repentina discesa nel 2009 (-31,5%), i prezzi sono risaliti nel 2010 (+19,3%) e nel 2011 (+37,6%). Nei primi due trimestri del 2012, i prezzi alla produzione del frumento tenero sono calati di nuovo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, recuperando completamente gli aumenti avuti nel 2011. I valori medi unitari all’importazione di frumento tenero e segalato hanno invece registrato nel 2008 picchi di crescita superiori a quelli della produzione agricola e si mantengono su livelli più elevati, anche nella fase di discesa, terminata a lu-
L’EDITORIALE di Franco La Sorsa
Sul caro pane segue dalla prima
ognuno di noi sa benissimo quanto incide il costo delle farine sulla propria produzione. È invece molto più interessante osservare il grafico degli aumenti del pane: più o meno costante nel tempo. C’è stato un lieve picco nel 2007, ma è avvenuto in concomitanza con i massicci incrementi dei prezzi del grano e dei suoi derivati che, inevitabilmente, hanno fatto lievitare i costi azienda-
che i valori medi unitari all’importazione segnano una flessione, ma in misura più limitata rispetto ai prezzi agricoli. Nell’indice dei prezzi alla produzione delle farine di frumento tenero e frumento segalato, ai valori massimi registrati nei primi mesi del 2008 è seguita una fase discendente che si è conclusa a luglio 2010. Anche in questo caso, nei mesi finali del 2010 e fino a marzo 2011 gli aumenti risultano piuttosto accentuati. Nei primi due trimestri del 2012, nonostante le diminuzioni, l’indice dei prezzi si mantiene su livelli elevati. <
li. Dopodiché, la situazione si è completamente stabilizzata. Qualche “esperto” analista, all’indomani della pubblicazione dell’analisi Istat, ha evidenziato subito un aspetto del rapporto: il pane è aumentato più dell’inflazione. Lasciando trapelare l’immagine di una categoria, quella dei fornai che, come può e quando vuole, aumenta il prezzo dei suoi prodotti. Peccato che questi “esperti” forse conoscano poco l’economia reale. Se è vero che il prezzo delle farine non incide in misura eccezionale sui costi aziendali, è altret-
tanto vero che ben altri fattori lo fanno. Affitti, bollette energetiche, costo del lavoro, imposte locali, tasse eccetera, sono tutti costi importanti che hanno fatto lievitare nel corso degli ultimi cinque anni. Solo le bollette del gas, per dirne una, dal 2011 sono aumentate del 23,7 percento. Sarebbe assurdo immaginare che tutti questi aumenti siano interamente sobbarcati da noi. Per di più in un momento in cui i consumi sono fermi e i nostri bilanci non certo fiorenti. Per cui sì, il pane è aumentato più dell’inflazione. Ma solo perché anche le
novi contrattuali che hanno interessato la parte economica nel corso dell’ultimo quinquennio e l’aumento della pressione fiscale che, solo nell’ultimo anno, è aumentata del 2,2 percento. E tralasciando, quindi, i rincari che hanno registrato i canoni di locazione degli esercizi commerciali e il vero boom che ha interessato le imposte locali. “Questi dati”, ha commentato il presidente della Federazione italiana panificatori, Franco La Sorsa, “sono la dimostrazione di quanto abbiamo sempre sostenuto: i fornai hanno agito e agiscono sempre con responsabilità. Non aumentiamo il prezzo del pane sfruttando l’“occasione” degli aumenti delle materie prime. Ritocchiamo i nostri listini soltanto quando i costi aziendali si incrementano così tanto da non poterne fare a meno”. < sue componenti di costo lo hanno fatto. Tornando all’inizio del mio discorso, credo sia intollerabile che grano e farine subiscano tali oscillazioni. Se fossero dovute a penuria o scarsità, lo potrei accettare. Ma quando la colpa prima è da imputare alle speculazioni finanziarie che avvengono sui mercati agricoli, no. È ora che i governi inizino a farsi carico di queste problematiche, fissando regole chiare in materia. In gioco non c’è il prezzo del pane, ma la sopravvivenza di milioni di persone. pesidenza@fippa.it
CEREALI: SI TEMONO NUOVI AUMENTI elle ultime settimane il merN cato dei cereali, grano in primis, ha vissuto un momento di quiete. La prima e la seconda settimana di gennaio le quotazioni di mais e grano hanno raggiunto i livelli minimi da sei mesi a questa parte, ma ora la rotta sembra aver invertito la tendenza. Appena il Dipartimento di Stato Usa (Usda) ha pubblicato le proprie stime, i listini sono tornati a correre. E adesso gli analisti temono che la spinta al rialzo sia destinata a non fermarsi. Secondo l’Usda, le semine di grano anche per questa stagione non andranno bene. La siccità, che la scorsa estate ha colpito le coltivazioni, ha causato un’eccesiva aridità nei terreni, riducendo le superfici coltivabili. Più grave la situazione del mais le cui scorte sono nettamente diminuite: a dicembre le scorte Usa erano inferiori del 17 percento rispetto a quelle di un anno prima. Il Dipartimento di Stato ha così avvertito che bisognerà aspettarsi «prezzi alti e volatili fino a estate inoltrata, specie sul mercato domestico». Previsione che, nel caso si avverasse, avrà ripercussioni anche sulle quotazioni del frumento (sempre più spesso utilizzato come sostituito del mais per l’alimentazione animale, in caso di quotazioni eccessive del cereale). A tutto ciò si aggiunge la situazione della Cina, primo consumatore mondiale di cereali. Secondo i dati diffusi dall’Amministrazione generale delle dogane, nel 2012 le importazioni di mais sono cresciute del 197 percento, raggiungendo i 5.2 milioni di tonnellate, quelle di grano del 195 percento, raggiungendo i 3.69 milioni di tonnellate, e quelle di riso del 305 percento, raggiungendo i 2.34 milioni di tonnellate. Il Paese del Dragone, come ha spiegato il ministero dell’Agricoltura cinese, sarà sempre più dipendente dall’estero per la fornitura di grano, a causa di una produzione domestica insufficiente. Ecco quindi spiegati i timori degli analisti. La possibilità che il prezzo del grano ritorni a scendere, e così il prezzo delle farine a cui è strettamente legato, è giudicata improbabile. Ma la certezza si avrà soltanto nei prossimi mesi, quando arriveranno i primi dati sui raccolti. <
L’Arte Bianca La Panificazione Italiana Settimanale informativo della Federazione Italiana Panificatori, Panificatori-Pasticceri e Affini FONDATORE: Savino Bracco DIRETTORE RESPONSABILE: Francesco La Sorsa CAPO REDATTORE: Jgor Jan Occelli artebianca@fippa.it COLLABORATORI: Bruno Stella, Rosanna Iacovino, Graziano Monetti IMPAGINAZIONE: Annamaria Carlone PUBBLICITÀ: artebianca.com@fippa.it RESPONSABILE DEL TRATTAMENTO DEI DATI (D.LGS. 196/2003): Francesco La Sorsa DIREZIONE, REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ
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Associato all’Unione Italiana Stampa Periodica
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L’A RTE B IANCA - L A PANIFICAZIONE I TALIANA
Lunedì 28 gennaio
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EBIPAN Ente Bilaterale Nazionale della Panificazione e attività Affini
“Diffidato” chi non aderisce agli enti Il ministero del Lavoro detta le istruzioni agli ispettori sulla diffida accertativa. I panificatori che non rispettano il contratto rischiano l’esecuzione forzata
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e aziende di panificazione che ancora non sono in regola con l’adesione all’Ebipan devono prestare particolare attenzione. Se gli ispettori del Lavoro accertano irregolarità nella disciplina contrattuale o trovano lavoratori irregolari in azienda, devono sempre emettere la diffida accertativa. In questo modo, se i datori di lavoro non salderanno quanto dovuto, scatterà l’esecuzione forzata. A chiarire il punto – di estremo interesse per tutte le aziende – è stato il ministero del Lavoro
SCHEDA DI ADESIONE AZIENDA AGLI ENTI BILATERALI NAZIONALI DELLA PANIFICAZIONE E ATTIVITÀ AFFINI E.BI.PAN E FON.SA.P. Spett.le E.BI.PAN. Ente Bilaterale Nazionale della Panificazione e Attività Affini Spett.le FON.SA.P. Fondo Assistenza sanitaria integrativa Panificazione e Attività Affini Via Alessandria, 159/D – 00198 ROMA – Tel 06/8549559 – Fax 06/85351968 e-mail: info@ebipan.org / pec: ebipan@pec.it ANAGRAFICA L’Azienda .................................................................................................................................................................... Indirizzo: ............................................................ Comune: ................................. Prov ................... C.A.P ................... C.F./ P.IVA: ............................. n° INPS ................ Codice ATECO ................. Tel. .......................... Fax: ..................... mail/pec ..................................................................................................................................................................... ORGANIZZAZIONE Totale addetti ............. di cui: Titolare/Soci n° .............; Collaboratori n° ...........; Dipendenti n° ............. di cui: A tempo indeterminato n° .............; A tempo determinato superiore a 9 mesi n° .............; A tempo determinato inferiore a 9 mesi n° .............; ASSISTENZA PAGHE Associazione/Studio consulenza lavoro: ........................................................................................................................ Indirizzo: ........................................................... C.A.P: .......................... Comune ................................ Prov ............. Tel. .......................... Fax: .......................... mail/pec ................................................................................................... CHIEDE l’iscrizione a far data dal ................... e dichiara di applicare a favore dei propri dipendenti il CCNL - PANIFICAZIONE di data 01.12.2009. La sottoscritta azienda si impegna, inoltre, ad assolvere nei confronti di E.BI.PAN e FON.SA.P. tutti gli adempimenti previsti dal CCNL - PANIFICAZIONE Nazionale e relativi Accordi territoriali, dagli Statuti e Regolamenti dei suddetti Enti. ............................. (Data)
................................................. (legale rappresentante) (timbro e firma)
INFORMATIVA SULLA PRIVACY AUTORIZZAZIONE: il sottoscritto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 23 D. Lgs. 196/2003 sulla tutela dei dati personali, autorizza E.BI.PAN e FON.SA.P al trattamento dei propri dati, compresi quelli sensibili, e in particolare a inserire e conservare nei loro archivi / banche dati elettroniche tutti i dati contenuti nella presente scheda; autorizza inoltre E.BI.PAN e FON.SA.P ad inviargli comunicazioni scritte/telefoniche relative ad iniziative e servizi proposti dagli Enti. L’azienda potrà far valere i propri diritti così come espressi dagli artt. 7, 8, 9, 10 del D.Lgs. 196/2003 rivolgendosi al titolare del trattamento nella persona del Presidente di ciascun Ente. ............................. (Data)
................................................. (legale rappresentante) (timbro e firma)
NB: la presente scheda deve essere trasmessa agli indirizzi indicati tramite posta, fax, e-mail.
con la circolare n.1/2013. Nella stessa, il dicastero ha voluto fornire indicazione ai propri ispettori proprio sullo strumento della diffida accertativa, spiegandone natura, finalità e, soprattutto, chiarendone l’applicazione. Che non è più rimessa alla loro discrezione, ma deve essere sempre emessa in precisi casi. La legge al riguardo, ha infatti chiarito il ministero, parla chiaro: quando gli ispettori accertino violazioni alla disciplina contrattuale, devono diffidare il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore gli importi dovuti. Ed è proprio il verbale in cui le violazioni sono state riportate che diventa il titolo dell’esecuzione forzata nel caso in cui non si sia adempiuto alla diffida. Il ministero ha quindi passato in rassegna i crediti che possono essere oggetto della diffida: crediti retributivi da omesso pagamento; crediti di tipo indennitario, da maggiorazioni, tfr eccetera; retribuzioni di risultato, premi di produzione eccetera; crediti retributivi per un non corretto inquadramento del contratto di lavoro; crediti da demansionamento o da mancata applicazione dei minimi retributivi, in ossequio all’articolo 36 della Costituzione, ovvero derivanti dall’accertamento di lavoro sommerso. Se per il terzo e il quarto caso, il ministero spiega come sia preferibile non emettere la diffida, in quanto l’ispettore per quantificare gli importi dovrebbe effettuare una valutazione discrezionale, negli altri casi la situazione è al contrario. Specialmente riguardo ai
lavoratori in nero, ha spiegato il ministero, «il verbale di accertamento, oltre a contenere la diffida ex art. 13 D.Lgs. n.124/2004 a regolarizzare tali posizioni sul piano amministrativo e previdenziale, andrà anche completato dalla diffida ex art. 12 a corrispondere le somme accertate ai lavoratori». Allo stesso modo, la diffida dovrà essere emessa nel caso gli ispettori accertino che il lavoratore può vantare dei crediti retributivi da omesso pagamento o dei crediti di tipo indennitario. Fra questi ultimi rientrano anche i versamenti legati alla bilateralità. Come ha infatti spiegato Pierluigi Rausei, direttore della Direzione provinciale del Lavoro di Macerata, nel suo testo Ispezioni sul lavoro, questi sono «crediti pecuniari che i lavoratori vantano in conseguenza delle prestazioni lavorative rese, non essendo impediente che tali quote di retribuzione, anche con finalità precipuamente previdenziali e assistenziali, vengano accantonate presso i predetti enti bilaterali oppure no (p. 379). Ecco perché in questi casi, sottolinea Rausei, la diffida accertativa trova applicazione. Tutto questo ha conseguenze dirette sulle aziende di panificazione. Con l’ultimo rinnovo del contratto nazionale si è dato vita alla bilateralità - istituendo l’Ebipan e il Fonsap (i due enti bilaterali del comparto) - che, così, è divenuta un obbligo contrattuale. Ecco perché le aziende che non sono in regola l’adesione, nel caso di controlli, rischiano di essere “diffidate”. <
COS’È LA DIFFIDA ACCERTATIVA uno strumento a disposizione del persone ispettivo delle Direzioni provinciali del Lavoro per garantire al lavoratore la rapida soddisfazione dei crediti pecuniari vantati nei confronti del datore di lavoro in conseguenza di un rapporto di lavoro
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Per chiarimenti e informazioni per EBIPAN e FONSAP si invita a consultare i seguenti siti web: www.fornaioamico.it; www.ebipan.org; o a contattare direttamente gli uffici siti sede in Roma, Via Alessandria 159/D. (dott. Claudio Fierro, tel. 06/8549559; fax; 06/85351968; mail: sindacale@fippa.it; info@ebipan.org, ebipan@pec.it).
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Lunedì 28 gennaio
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Imprese e Lavoro
Tavoli e sedie: Sviluppo Economico e Antitrust affermano cose diverse Il primo nega la possibilità di inserirli a chi non ha la licenza di somministrazione. Il secondo cancella di fatto i divieti
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elle attività in cui è concesso il consumo immediato possono essere inseriti tavolini e sedie? Al quesito, che interessa da vicino i panificatori, sembra non esserci una risposta chiara. Da un lato il ministero dello Sviluppo Economico nega tale possibilità. Dall’altro, l’Autorità per la concorrenza e il mercato boccia i regolamenti comunali che impediscono tale facoltà. Il parere del Mise La questione è tornata al centro del dibattito nelle ultime settimane. Al ministero dello Sviluppo Economico è stato chiesto di esprimersi proprio sull’introduzione di tavolini e sedie nelle attività dove è consentito il consumo sul posto (panifici e attività simili). Nella risoluzione n. 230596 dell’8 novembre 2012, il Mise ha dato nuovamente parere negativo, richiamando la sua precedente circolare esplicativa (3603/C del 28 settembre 2006), in cui si chiarivano alcuni aspetti legati all’estensione del consumo immediato a seguito dell’emanazione del Decreto Bersani. Nel testo citato, lo Sviluppo Economico ha spiegato che a tutte queste attività è consentita «l’attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie». Chiaro il punto riguardante le attrezzature. In questi locali, «gli arredi richiamati dalla disposizione non possono coincidere con le attrezzature tradizionalmente utilizzate negli esercizi di somministrazione ovvero tavoli e sedie. Per garantire le condizioni minime di fruizione è stato infatti ritenuto ammissibile solo l’utilizzo di piani di appoggio di dimensioni congrue all’ampiezza e alla capacità ricettiva del locale nonché la fornitura di stoviglie e posate a perdere».
L’Antitrust Il Mise con la sua risoluzione sembra non aver tenuto minimamen-
te conto dei cambiamenti legislativi intervenuti nel corso degli anni. Interventi che, inve-
SOMMINISTRAZIONE: I FORNAI HANNO I REQUISITI n attesa di conoscere se nei panifici si possono inserire tavoli e sedie all’interno dei propri locali, i fornai possono procedere in maniera alternativa: richiedendo la licenza di somministrazione di alimenti e bevande. La liberalizzazione Monti ha infatti cancellato i vecchi vincoli, lasciandone soltanto uno: il possesso dei requisiti professionali. Requisiti che, ha chiarito il ministero dello Sviluppo Economico (risoluzione n.236038 del 15 novembre 2012), i panificatori possiedono. Il decreto legislativo 147 del 2012 ha infatti modificato la precedente disciplina. Oggi, ha spiegato il ministero, l’attività svolta svolto per almeno due anni negli ultimi 5 in qualità di titolare di impresa artigiana operante nel settore alimentare con vendita al pubblico costituisce requisito valido per avviare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande.
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ce, sono stati più che considerati dall’Antitrust nel risolvere una pendenza che vedeva contrapposti un Comune e il titolare di un’attività in cui era consentito il consumo immediato. Centro del contendere, proprio la possibilità di utilizzare tavolini e sedie al’interno del proprio locale, negata dal Comune, ma invece poi concessa dall’Autorità. E non che l’Antitrust non abbia preso in considerazione la circolare del ministero. Tutt’altro. Nella sua decisione (AS900 del 4 gennaio 2012, pubblicata sul Bollettino 51/2011) ha infatti illustrato chiaramente come proprio tale testo «se da un lato ha escluso che negli esercizi di vicinato possa essere ammesso il servizio assistito, dall’altro non ha espressamente vietato che il consumo sul posto possa svolgersi attraverso l’utilizzo di sedute». La Circolare – ha proseguito – non ha introdotto il divieto esplicito di utilizzare una qualsiasi tipologia di seduta, quanto meno in ausilio al consumo sui
piani d’appoggio. Ma, indipendentemente da ciò, il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, e il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, all’art. 34, comma 2, hanno dato un nuovo slancio alla concorrenza, garantendo una maggiore operosità alle attività economiche. Ecco perché l’Antitrust ha ritenuto che: «Agli esercizi di vicinato non deve essere preclusa la possibilità di utilizzare i propri arredi, ivi compresi tavoli e sedute, ai fini del consumo immediato dei prodotti di gastronomia da parte della propria clientela». Principio più volte ribadito dalla Federazione italiana panificatori. Allo stato attuale, per cui, non c’è un’interpretazione unica in merito. Nel caso in cui il comune negasse la possibilità di inserire tavoli e sedie, basterebbe il ricorso all’Antitrust per vedere ripristinato tale diritto. La Federazione ha comunque deciso di interpellare nuovamente il Mise per avere ulteriori delucidazioni in merito, anche in virtù della decisione presa dall’Autorità. <
Il Ministero vigila sull’apprendistato Previsti controlli sulla formazione e i limiti numerici
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panificatori che hanno alle proprie dipendenze uno o più apprendisti devono attivare sempre i percorsi formativi. A meno che non vogliano trovarsi a pagare sanzioni e, nel caso peggiore, vedere trasformato il rapporto di lavoro “a tempo indeterminato”. Sul punto è intervenuto il ministero del Lavoro, con la circolare n. 5/2013. Il testo, in vista dei nuovi controlli da effettuare, ha effettuato un resoconto delle sanzioni a carico dei datori di lavoro che non fanno effettuare la formazione ai propri apprendisti. Come stabilisce la legge, questi sono torvamente responsabili nel
caso in cui: le Regioni abbiamo attivato percorsi formativi a cui gli apprendisti non sono stati iscritti o non hanno partecipato; nell’ap-
prendistato professionalizzante, non abbiano attivato il piano formativo indiv iduale. In entrambe le ipotesi, quando non è possibile recu-
perare la formazione persa (si veda la tabella), i datori di lavoro saranno condannati a pagare il doppio della differenza tra la contribu-
Assunzioni: “svantaggiati” con il bonus
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l bonus per le assunzioni previsto dalla Riforma Fornero è diventato operativo dall’inizio dell’anno. L’incentivo riguarda le assunzioni di lavoratori svantaggiati e prevede la riduzione del 50 percento dei contributi previdenziali, assistenziali e dei premi assicurativi dovuti dal datore di lavoro. Si intendono svantaggiati: - lavoratori che abbiano un’età di almeno 50 anni, disoccupati da almeno 12 mesi; - donne prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, residenti nelle aree svantaggiate individuate con apposito decreto ministeriale da adottarsi annualmente con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; - donne, ovunque residenti, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. L’incentivo scatta sia per assunzione con contratto a tempo determinato che indeterminato. Nel primo caso il bonus verrà erogato per 12 mesi, nel secondo per 18. <
zione versata (in misura agevolata) e quella dovuta in relazione al livello di inquadramento contrattuale che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine dell’apprendistato. Oltre alla sanzione contributiva, il datore di lavoro vedrà avviarsi le consuete sanzioni amministrative legate al «disconoscimento» del rapporto di apprendistato e la sua riconduzione a quella che costituisce «la forma comune di rapporto di lavoro». Medesima trasformazione avverrà in caso gli apprendisti assunti superino i limiti numerici stabiliti dalla legge. Linea più soft, invece, per le violazioni relative alla presenza del tutor aziendale: le sanzioni saranno solamente amministrative e oscilleranno fra un importo di 100 e 600 euro (che sale dai 300 ai 1.500 in caso di recidiva). <
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Imprese e Lavoro
Lavoro accessorio, mai superare il limite Sopra la soglia dei 2 mila euro si trasforma in contratto a tempo indeterminato
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panificatori che utilizzano i buoni lavoro devono stare molto attenti a non dare più di 2 mila euro di compensi per singolo lavoratore. Altrimenti il rapporto si trasforma immediatamente “a tempo indeterminato”. A chiarirlo è stato il ministero del Lavoro (circolare n. 4 del 18 gennaio), dettando le istruzioni operative ai propri ispettori. Lavoro accessorio Nel testo, il dicastero ha fatto il punto su questa tipologia di prestazione lavorativa, alla luce delle novità introdotte dalla legge n.92/2012. Tale legge, ha spiegato, ha fatto sì che rientrino in questa sfera tutte le attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, nel corso dell’anno solare, a compensi superiori ai 5 mila euro. Questa la somma che, in totale, il
lavoratore può ricevere per questa prestazione lavorativa da più datori. Da uno soltanto, il limite è stato stabilito in 2 mila euro l’anno. Stando così le cose, è sempre e comunque possibile utilizzare il lavoro accesso-
rio, tenendo ben presente il limite di carattere economico. Non fa nessuna differenza, ha precisato il ministero, il fatto che sia stata introdotta la denominazione di “impresa commerciale” nel definire i soggetti
che possono avvalersi di questa prestazione lavorativa. Tale denominazione, infatti, deve essere riferita a qualsiasi soggetto, sia esso persona fisica o impresa, che operi su un determinato mercato.
Buoni orario La grande novità introdotta dalla legge è stata quella di dare un valore orario ai voucher. Rispetto a quanto avvenuto in passato, dove la contrattazione del corrispettivo era lasciata alla discrezione delle parti, adesso un buono lavoro corrisponde alla paga di un’ora. Attualmente il costo di un singolo voucher è di 10 euro, ma spetterà a un apposito decreto (in fase di emanazione) definirne la maniera adeguata. Altra caratteristica che è stata modificata è quella relativa alla durata dei buoni: gli stessi potranno essere utilizzati entro 30 giorni dalla data riportata sopra di essi. Limiti da non superare L’aspetto su cui si deve prestare la massima attenzione è quello relativo alla sanzioni. Il ministero ha evidenziato come le violazioni in mate-
ria di lavoro accessorio attengono esclusivamente al superamento dei limiti quantitativi. In particolar modo, il superamento dei compensi massimi consentiti “non potrà non determinare – si legge nella circolare – una trasformazione del rapporto in quella che costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, ossia in un rapporto di natura subordinata a tempo indeterminato”. Ecco quindi che diventa fondamentale farsi fare una dichiarazione scritta dal lavoratore in cui affermi di non aver ricevuto compensi superiori ai 5 mila euro nel corso dell’anno. Identica trasformazione si avrà anche nel caso in cui i buoni vengano utilizzati dopo i 30 giorni previsti (ad eccezione di quelli già acquistati prima dell’emanazione della legge che “scadono” il 31 maggio 2013). <
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Attualità
La Gdo punta al self service
La rivoluzione parte dalla tavola
Le nuove panetterie ideate per non avere personale. E per i fornai artigiani l’arma vincente diventa la cortesia
Istat: In un ventennio cambiate le abitudini alimentari degli italiani
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a Grande distribuzione organizzata è sempre più indirizzata verso l’automazione e il self service. Dopo la sperimentazione delle casse fai-da-te, sono sempre di più i supermercati che ricercano soluzioni in grado di eliminare personale e garantire il medesimo servizio al cliente. Magari ponendo l’accento sulla velocità di acquisto e di scelta. Questa strada sembra essere quella decisa anche da molti supermercati riguardo al banco panetteria. Ormai considerato irrinunciabile dai più, non è detto che debba essere per forza dotato di addetti alla vendita. Il mensile Gdoweek, nel numero di dicembre, dà conto di questa evoluzione, mostrando l’esempio di Carrefour e di Unes (Gruppo Finiper). Catene che hanno deciso di costruire, nei centri urbani, supermercati banchi per il pane self service. A quanto pare, anche ottenendo incrementi delle vendite. Ed è forse questa la strada che potrebbe favorire proprio i forni artigiani. Può sembrare assurdo tutto questo, ma non è altro che una realtà. Come è emerso con preponderanza dalla ricerca Swg (commissionata da Veronafiere e Fippa), i consumatori all’interno dei panifici chiedono di vivere un’esperienza di acquisto. Chiedono di essere informati sui prodotti e indirizzati verso la scelta più congrua. Le loro richieste si basano sull’idea di un servizio costruito su misura, quasi ad hoc. Servizio che, ovviamente, la gdo non è in grado di offrire. Tanto più se la strada scelta si preannuncia essere quella del self service totale. In virtù del fatto che la qualità del pane venduto presso super e iper non è detto che sia diversa da quella dei forni artigiani, in molti casi essi stessi sono fornitori della gdo (come avviene per Unes), diventa allora fondamentale che i panificatori inizino a porre maggiormente l’accento sulle modalità di vendita dei loro prodotti. Punto toccato più volte durante la Conferenza nazionale della panificazione dello scorso novembre. «Noi possiamo stare sul mercato diversificando su prodotti che la gdo non può dare, prodotti di
alta qualità offerti in ambienti nei quali il consumatore provi piacere ad entrare», così Maurizio Porato, presidente dei panificatori di Treviso. «In questo confronto ha una funzione essenziale l’accoglienza al cliente, che va curato, seguito e informato da personale
di vendita ben preparato e professionale. E allarghiamo l’offerta, ma solo su prodotti freschi». Dello stesso avviso Massimo Gorghetto, leader dei fornai veneziani. «Dobbiamo curare la qualità, diversificare i prodotti e affinare il rapporto con il cliente
che deve sentirsi in famiglia, a casa sua. In sostanza dobbiamo dare al consumatore ciò che la gdo non gli può dare, sia in termini di prodotti sia in termini di rapporto umano». Questa soltanto può essere la strada che i panificatori devono seguire. <
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panificatori lo sapranno di certo, visto che hanno accompagnato questo percorso: le nostre abitudini alimentari sono mutate nel corso degli ultimi vent’anni. Magari, però, non immagineranno quanto. A dircelo è l’Istat che nel rapporto sugli stili di vita degli italiani ha scattato la fotografia di questi ultimi vent’anni. Sfogliando i dati, la prima cosa che salta all’occhio è il grosso cambio di scena che ha subito il pasto. A fronte di un netto aumento delle persone che fanno colazione (si è passati dal 66,8 percento del 1993 all’82 percento del 2012), il pasto di metà giornata sta vivendo un inesorabile declino: soltanto il 68 percento degli italiani lo considera il pasto principale della giornata (prima era il 78,2 percento). Farlo a casa è diventato quasi un lusso e non a caso il numero di chi lo fa fuori è in costante aumento. Interessanti i dati sulle fasce di età: mangiano a casa soprattutto gli anziani (il 95 percento dai 65 anni in su), mentre il ristorante, salito dall’1,8 percento al 2,8 percento, è scelto soprattutto dalla fascia d’età 35-44 anni (5,5 percento), dai maschi (4,7 percento), e il bar (2,5 percento contro l’1,4 percento del ‘93) dalla fascia più giovane tra i 20 e 24 anni (5,2 percento) e dai maschi (3,2 percento). Altro cambio di scena: per molti italiani è diventata la cena il pasto principale (23,4 percento contro il 17,3 percento del 93). <
ERDOGAN CONTRO GLI SPRECHI DEL PANE gli sprechi del pane in Turchia è sceso in campo Ascorsafermare nientemeno che il primo ministro Recep Tayyip Erdogan. La settimana, il premier ha lanciato la sua campagna per fermare questo “scempio”. Erdogan ha spiegato che in un mondo dove sempre più persone muoiono di fame è impensabile gettare il pane. Il premier ha dichiarato che sprecare il pane equivale ad essere avidi, un peccato che è alla radice delle crisi economiche e delle guerre. E di certo, in un momento come quello attuale, la Turchia non può permettersi di gettare nei rifiuti milioni di pagnotte ogni anno. «D’ora in poi», ha spiegato Erdogan, «dobbiamo creare un nuovo modello per il business del pane. Dobbiamo eliminare il cosiddetto “pane bianco” dalle nostre tavole, cercando di mangiare pane genuino, con un elevato quantitativo di crusca». Sul sito del ministero dell’Agricoltura è così stata avviata la campagna per la riduzione degli sprechi. Per ora c’è soltanto un libro che spiega come riutilizzare il pane del giorno prima. A breve seguiranno altre iniziative. <
Arrestati i “trafficanti del pane” Siria: oltre 80 gli attacchi ai panifici A Roma due operai di un forno vendevano pagnotte sottobanco
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l bombardamento dei panifici in Siria è una vera e propria strategia di guerra messa in atto dal regime di Assad. Non potrebbe essere altrimenti: ne sono stati colpiti oltre 80 da quando è scoppiato il conflitto, stando all’accurata indagine condotta dal McClatchy Newspapers. Se gli attivisti hanno parlato di oltre 100 attacchi condotti dall’e-
sercito siriano, il resoconto di Roy Gutman e Paul Raymond li ridimensiona di poco, ma li documenta con certezza. Testimonianze oculari e video hanno dato conto della barbarie in atto. Almeno 14 panifici sono stati presi di mira: in alcuni casi sono stati bombardati anche 4-5 volte. Secondo un gruppo per i diritti umani attivo nel Paese, sono 360 le persone uccise in piedi mentre facevano la fila per il pane oppure all’interno dei panifici e oltre 500 quelle rimaste ferite. Il McClatchy non ha potuto verificare questo dato, ma sulla base di resoconti dettagliati ha concluso che oltre 200 persone sono state uccise in questi attacchi. <
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orpresa amara per un panificatore di Monteverde Vecchio, a Roma che purtroppo ha visto confermati i propri sospetti: i due operai che da tempo lavoravano per lui lo derubavano costantemente. Più o meno una trentina
di chili di pane al giorno venivano, infatti, rivenduti a commercianti e ristoratori. I due operai agivano con il favore della notte, quando il titolare dell’attività non c’era, certo di potersi fidare di loro. I continui ammanchi lo
hanno però allarmato e ha deciso di rivolgersi ai Carabinieri della stazione di Roma Gianicolense. Questi ultimi hanno così potuto documentare tutta l’attività illecita e far scattare le manette, cogliendoli con le mani in sacco. <
Si ringraziano per il sostegno all’attività del Gruppo Giovani le aziende
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Interviste ai Panificatori
Un’azienda sana grazie alle tipicità della montagna F
ernando Malvicini, 65 anni, è panificatore a Pallanzeno, paese collinare di circa 1200 abitanti della provincia del VCO (Verbano-Cusio-Ossola), a una trentina di chilometri dal Lago Maggiore. Ha creato la propria azienda nel 1947 e oggi, tra produzione e gestione, vi è impegnata tutta la famiglia: la moglie, Tina, e i figli Katia e Danilo. Il panificio si compone di un laboratorio di 200 mq, a Pallanzeno, e due rivendite nella vicina Villadossola, dove sono impegnati anche alcuni dipendenti. Chiediamo a Fernando un bilancio del lavoro e degli affari. “Per molti anni, la produzione è sempre stata piuttosto costante”, spiega Fernando, “con un andamento buono e soddisfacente. Dal 2008, tuttavia il lavoro è diminuito di circa il 20
per cento, anche se il numero dei clienti è rimasto invariato. In assoluto posso dire che si compra meno per varie ragioni, tra cui anche quella che si mangia meno pane; ovviamente, si sente la concorrenza dei supermercati come luoghi di opportuna comodità per acquistare tutto, anche il pane. Per ora, nonostante il calo, riusciamo ad avere comunque un ricavo che ci permette di vivere sereni. E, comunque, ci accontentiamo. Cerchiamo di fare sempre prodotti nuovi, di diversificare la nostra offerta, con un’infinità di prodotti: dal pane alla pizzeria, alla focacceria e fino alla pasticceria. La gastronomia, in un ambito di mercato come il nostro, non trova spazio. Si tratta di piccoli paesi con poche migliaia di abitanti”.
Ogni azienda ha una filosofia a cui si ispira e alla quale fa riferimento nelle scelte quotidiane e a lungo termine. “Il criterio che noi seguiamo”, puntualizza Fernando, è quello di valorizzare al massimo i prodotti tipici del territorio, seguendo la qualità della tradizione del passato e recuperando la cultura degli ingredienti e dei cibi della montagna. È molto importante che un’azienda artigianale segua un simile filo conduttore, che deve essere percepito e riconosciuto dalla clientela che sceglie certi prodotti per motivi precisi”. Ci sono anche problematiche da segnalare. “Sicuramente l’assillo della burocrazia, che è comune a tutti e molto difficile da gestire”, sottolinea. “Riguardo al territorio, va detto che le caratteristiche geo-
grafiche della montagna non permettono un dilagare massiccio della grande distribuzione, però si registra il dato di una concorrenza sul prezzo che va al ribasso e a volte la differenza è anche di 1 euro al chilogrammo. Dovremmo avere tutti una deontologia tale da valorizzare moralmente e materialmente il nostro lavoro attraverso un prezzo adeguato. Se è vero che alcuni non sono in grado di fare il calcolo di quanto deve costare il prodotto, e qui c’è a disposizione l’associazione di categoria, è vero pure che altri non guardano alle cose che ci riguardano nello spirito della compattezza della categoria, che anche sul prezzo dovrebbe essere più solidale, senza mettere in crisi i colleghi”. Rosanna Iacovino (ro.iacovino@tiscali.it) <
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Ricette a cura di Rosanna Iacovino
Pizza ricercata nell’impasto e nel ripieno R
ealizzata con farina di Kamut e frumento, viene farcita con un ripieno molto ricercato e decisamente gustoso a base di tartufo, funghi e mascarpone.
Pizza al kamut con funghi e tartufo INGREDIENTI Per la pasta farina di frumento farina di Kamut lievito acqua olio extra vergine di oliva sale Per il ripieno crema di tartufo burro funghi prezzemolo mascarpone grana grattugiato Per condire olio, sale e pepe
300 g 200 g 16 g 250 ml 80 g 15 g 200 g 80 g 300 g 1 rametto 250 g 50 g
Procedimento In un tegame cuocere i funghi lavati e affettati con il burro, aggiungere il prezzemolo e i condimenti. Far raffreddare e aggiungere il mascarpone, mischiare bene. Stendere la pasta in una teglia da forno, spalmarvi la crema di tartufo e poi il composto di funghi e mascarpone. Spolverare con il grana grattugiato e infornare a 220° C per 25 - 30 minuti.
Un rustico salato con la pasta del pane Pane dal sapore corposo e particolare P rendendo della pasta di pane di media elasticità, si può ottenere un prodotto molto soddisfacente per il palato e dal sapore diverso rispetto ai rustici fatti con pasta sfoglia o brisée.
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alla tradizione contadina, nasce l’idea di questo pane che potrebbe essere fatto anche senza cipolle, ma con questo mix di ingredienti raggiunge la completezza del gusto.
Pane con farina di ceci
Torta di pane ripiena INGREDIENTI pasta di pane salsiccia cipolla alloro marsala secco patate scamorza formaggio grattugiato Per condire
500 g 600 g 1 2 foglie 50 ml 500 g 100 g olio, sale, pepe
Procedimento In un tegame cuocere le salsicce a pezzettini con l’alloro, la cipolla, il marsala e l’olio. A parte lessare le patate e farle a pezzetti e aggiungerle al tegame con la salsiccia e far insaporire per un paio di minuti. A fuoco spento, aggiungere la scamorza a pezzetti e il formaggio grattugiato e mescolare bene. In una tortiera con il bordo alto, stendere la pasta di pane dopo averne lasciata da parte la quantità necessaria per fare il disco di chiusura. Riempire la tortiera con il ripieno e chiudere con il secondo disco di pasta. Bucherellare la superficie, spennellare con acqua e cospargere con granelli di sale grosso. Cuocere in forno a 220° C per 45 minuti.
INGREDIENTI Primo impasto farina di ceci lievito acqua Secondo impasto farina Manitoba acqua olio extra vergine di oliva sale ceci lessati pepe verde tritato cipolle rosse Procedimento Impastare gli ingredienti del primo impasto e far riposare per 30 minuti. Nel frattempo far stufare le cipolle sottilissime con l’olio per pochi minuti, aggiungere i ceci frullati e il pepe, mettere il primo impasto in impastatrice, aggiungere le cipolle e i ceci e tutti gli altri ingredienti e impastare per 4 minuti in 1° e per 4 in 2° velocità. Far lievitare la pasta per 100 minuti, poi preparare le pezzature da 100 grammi l’una e far lievitare ancora per 40 minuti, poi infornare con vapore a 210°C per 10 minuti, poi altri 15 minuti senza vapore.
200 g 10 g 50 g 300 g 150 g 20 g 12 g 130 g 15 g 100 g
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Ricette a cura di Rosanna Iacovino
Un pane che arriva da tempi lontani Q
uesto pane ha il sapore delle castagne e sa di antico, di tradizione, di genuina semplicità. Ottimo per accompagnare salumi e formaggi.
Pane di castagne INGREDIENTI Biga farina 350 W acqua lievito Impasto farina di castagne farina di Manitoba lievito acqua olio sale
85 g 60 g 3g 300 g 250 g 20 g 320 g 20 g 10 g
Procedimento Impastare gli ingredienti della biga e farla lievitare per 12 ore. Mettere la biga in macchina, aggiungervi gli ingredienti dell’impasto e impastare per 8 minuti circa. Far riposare la pasta per 1 ora, formare il pane e far lievitare per 30 minuti. Incidere il pane sulla superficie e infornare per 30 minuti a 200° C.
Una torta di mele diversa D
avvero diversa nella lavorazione e nell’esecuzione, questa torta di mele che si distingue per il sapore e per l’originalità.
Strudel di pasta frolla con ripieno alla ricotta U
n dolce facile dal sapore ineguagliabile soprattutto per chi ama la ricotta. Uno strudel rivisitato con pasta frolla, quindi fragrante e decisamente particolare.
Strudel di frolla alla ricotta INGREDIENTI per 1 dolce pasta frolla ricotta uova burro panna uva passa buccia di limone grattugiata
500 g 300 g 2 30 g 1,5 dl 50 g 1
Procedimento Stendere la pasta frolla a forma rettangolare. Mescolare il burro con le uova, aggiungere la ricotta passata al setaccio, l'uva passa, la buccia di limone e la panna liquida. Cospargere con il composto la pasta frolla e arrotolarla nel senso della lunghezza. Se si vuole, si possono aggiungere gocce di cioccolata da spargere sulla crema di ricotta. Dorare con tuorlo, infornare per 15 minuti a 170° C. Dopo la cottura, spolverizzare con lo zucchero a velo.
Torta di mele e ricotta INGREDIENTI mele renette mascarpone ricotta di mucca pangrattato burro corn flakes zucchero acqua cannella in polvere buccia di limone grattugiata stecca di cannella
1 kg 250 g 200 g 200 g 150 g 50 g 110 g 50 g 10 g 1 1
Procedimento In una padella dorare il burro con il pangrattato, i corn flakes, la cannella in polvere e 50 g di zucchero. Tagliare le mele a fette sottili e metterle a bollire con l’acqua, 30 grammi di zucchero e 1 stecca di cannella. Cuocere per 30 minuti. In una ciotola amalgamare la ricotta con il mascarpone, aggiungere 30 grammi di zucchero e la scorza di limone grattugiata. In una tortiera da 18 cm versare il composto con il pan grattato e formare uno strato da 1 cm, coprire con la crema di mascarpone e uno strato di purea di mele, quindi ripetere i tre stati. Cuocere in forno a 180°C per 30 minuti.
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E’ nato il Marchio Abruzzo: garantirà anche il buon pane A
nche i panificatori potranno accedere al Marchio Abruzzo, voluto dal Governo regionale per promuovere le eccellenze agricole e agroalimentari locali e dare maggior tutela ai consumatori. Lo ha confermato all’Arte Bianca l’assessore Mauro Febbo, delegato alle Politiche agricole e di Sviluppo rurale e forestale. “Con l’Associazione panificatori della provincia di Chieti, che si è sempre battuta per la promozione del nostro ottimo pane”, ha ricordato Febbo, “abbiamo da tempo un rapporto assai cordiale e costruttivo. Così, quando mi hanno chiesto se anche i panificatori potranno fregiarsi del Marchio Abruzzo, ovviamente rispettandone tutte le prescrizioni, ho trasferito la domanda al Comitato tecnico, che ha dato risposta positiva. Ora tocca a loro, ai fornai, predisporre documentazione e disciplinare di produzione, come chiede la legge regionale”. Il Governo regionale abruzzese ha prodotto con molta celerità la nuova normativa, per favorire la competitività delle imprese del comparto agroalimentare e meglio garantire i consumatori. Nel gennaio dello scorso anno ha varato la legge che istituisce un marchio collettivo di qualità (L.R. 2012/6); a meno di un anno di distanza, cioè alla vigilia dello scorso natale, sono stati approvati il regolamento e il logo del “Marchio Abruzzo”. Con questo, sottolinea
Mauro Febbo. A sinistra il Marchio Abrzzo.
una nota, “il Governo regionale ha segnato un altro importante risultato nel percorso di potenziamento dei prodotti agroalimentari”. Il Marchio Abruzzo, spie-
ga la nota, può essere concesso solo a prodotti di qualità, intendendo per tali, quei prodotti che possiedono ‘caratteristiche qualitative minime’ superiori a quelle
imposte dalla normativa vigente per i prodotti alimentari. Per ogni prodotto o servizio è necessario, dunque, stabilire quali siano le caratteristiche ‘minime’
RUCCOLO: QUESTA LEGGE CI PORTERÀ IMPORTANTI BENEFICI
Il polemico
tivo ha l’obiettivo di favorire la modernizzazione del sistema agricolo e l’individuazione di nuovi modelli di sviluppo che contribuiscano a rendere il sistema produttivo abruzzese sano, forte, competitivo e capace di cogliere le opportunità che l’allargamento del mercato rende possibili”. Il marchio regionale, dunque, vuole promuovere e valorizzare i prodotti agroalimentari abruzzesi di qualità per sostenere comportamenti virtuosi da parte degli operatori agricoli e tutelare, al contempo, i consumatori finali. <
Solidarietà
Un ricettario... prezioso
emanazione del regolamento attuativo e del logo del Marchio Abruzzo, ha completato l’iter di una legge regionale (la L’ 2012/6) che dà nuove speranze al comparto agroalimentare. La sua tutela si estende anche ai prodotti della panificazione artigianale che ne accetteranno gli obblighi. Per quanto riguarda questo comparto, due sono stati i sindacalisti che si sono particolarmente impegnati nel portare avanti le ragioni della categoria: il consigliere della Federazione italiana panificatori, Vinceslao Ruccolo, per molti anni presidente dell’associazione provinciale di Chieti, e attualmente presidente della Fiesa-Confesercenti regionale, che raggruppa varie organizzazioni dell’agroalimentare, e Giuseppe Ciavalini, attuale presidente dell’attivissima associazione provinciale di Chieti. A Vinceslao Ruccolo abbiamo chiesto un commento sulla nuova legge e sulle prospettive che essa apre ai panificatori. “Noi siamo convinti che questa nuova legge porterà importanti benefici. La qualità è diventata vitale nel nostro rapporto con il consumatore e chi vorrà e potrà esibire il Marchio Abruzzo avrà una carta in più, e assai importante, da giocare. Per questo abbiamo seguito da vicino l’iter della legge, rilevando anche una anomalia: il testo originario non prevedeva l’inserimento, nel quadro normativo, dei trasformatori: era soprattutto diretto agli agricoltori. Abbiamo fatto presente la cosa all’assessore Febbo che, con la sensibilità di sempre, ha riconosciuto la giustezza dell’osservazione”. Una legge importante, dunque, per l’agroalimentare abruzzese? “Si, ma non solo. Essa può rappresentare un viatico per richiedere e ottenere nuovi riconoscimenti per i nostri prodotti (IGP, DOP o DOPC), visto che l’iter del QC, cioè della qualità controllata, è garantito dalla Regione. <
che esso deve possedere”. Solo dopo aver operato tale scelta, tutte le aziende con le caratteristiche stabilite potranno richiedere l’uso del Marchio. Sarà questo, dunque, un impegno primario dei panificatori d’Abruzzo nei prossimi mesi. Per l’assessore Febbo, è oggi più che mai necessario sostenere e incentivare la qualità, la tracciabilità e i relativi sistemi di certificazione, i sistemi di qualificazione e visibilità delle produzioni agroalimentari. “In tale senso”, spiega, “la concessione di un Marchio comunitario collet-
on l’iniziativa “La tua ricetta contro gli sprechi”, attuata in occasione della Festa del Pane 2012, l’Associazione panificatori di Roma e provincia è riuscita a raccogliere 5.000 euro che sono stati consegnati alla Caritas per le sue attività di solidarietà sociale. I fornai avevano “inventato”, in collaborazione con la stessa Caritas, un metodo originale per stimolare le offerte: un ricettario in cui due noti chef della provincia, i fratelli Cacciani, illustrano come utilizzare il pane raf-
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fermo per piatti appetitosi. Offerto nelle panetterie a 1,50 euro, si è rivelato strumento vincente. Nella foto, il presidente dell’Associazione panificatori di Roma
e provincia, Bernardino Bartocci, consegna al direttore diocesano della Caritas, mons. Enrico Feroci, una abnorme riproduzione dell’assegno utilizzato. <
di Bruno Stella
Tutto parte dal negozio
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ari amici panificatori, in queste giornate fredde, confuse e di rilevante incertezza politica, non ho molto da dirvi. Quello che servirebbe sapere, sul piano generale, lo trovate in TV o sui giornali. Sempre, naturalmente, che riusciate a farvi largo in una messe di notizie e pseudo-notizie, che annegano i problemi veri nel pettegolezzo politico, nelle vicende di un fotografo in fuga e nell’asfissiante informazione sulle vicende da camera da letto di tanti personaggi. Una buona notizia, tuttavia, la possiamo ricavare dalle cronache quotidiane. Le quali ci dicono che la strada indicata dalla 2a Conferenza nazionale della panificazione, per il confronto con la gdo, è proprio quella giusta: dobbiamo puntare sul rapporto umano oltreché, ovviamente, sulla qualità. Nei giorni scorsi, un autorevole organo di informazione della grande distribuzione organizzata (vedi questo stesso giornale, in altra pagina), ha annunciato che la gdo punta sempre di più sull’automazione e sul self service, ormai già sperimentato anche per le casse. E, dunque, se si tratta di quattrini, la strada deve essere certo sicura. Questa evoluzione coin-
volge anche i banchi della panetteria, dai quali stanno scomparendo e sono destinati a scomparire del tutto gli addetti in camice bianco. Finisce, in questo modo, la possibilità di contatto tra chi vende e chi compra; mutatis mutandis, il consumatore in cerca di informazioni diventa come quel tizio che stava annegando, chiedeva aiuto e si sentiva rispondere: “Ma insomma, che vuole? C’è il 118...”. Solo che, in questo caso, non avrebbe neppure un’indicazione su chi aggrapparsi. Torniamo a noi. Che cosa distingue il servizio che danno al consumatore i forni artigiani, da quello offerto dalla gdo? Smettiamola di dire che il pane dei supermercati non è buono. Talvolta è così, proviene da paste surgelate importate da chissadove, senza indicazioni di contenuti, senza tracciabilità. Ma, sempre più spesso, il pane dei supermercati è più che accettabile, anche perché i fornitori si trovano tra quegli stessi panificatori artigiani, gente nostra insomma, che poi denunciano lo sconcio delle vendite gdo a basso costo. Beh, è logico: per loro il pane non è un reale business, è un indispensabile complemento e, talvolta, anche un richiamo per gen-
te che deve poi spendere. Gli affari sono affari. E allora, senza piangerci addosso, rivediamo quale possa essere la reale differenza tra il servizio che dà il fornaio e quello della gdo. Lo stato delle cose dice che è il rapporto con il cliente. Certo, le paste surgelate vanno (ma ancora molti consumatori non capiscono la differenza con il pane vero), dietro ai banchi perdura la presenza di sempre più rari camici bianchi (ma provate a chiedergli che cosa sanno del pane che vendono). Ma si va, nella gdo, verso il self service del pane senza se e senza ma. E questo è lo spazio che il fornaio artigiano deve occupare. Rinnoviamo il rapporto con il consumatore, rimettiamo in vetrina la cortesia, la gentilezza, la disponibilità. Educhiamo il nostro personale sul piano del contato umano, ma anche su quello della conoscenza del prodotto con il quale lavora, il pane. Apriamo i forni per far vedere che cos’è questo mestiere. Insomma: ricordiamo che il pane si spezza in famiglia e che di questa famiglia, che è anche la nostra, fanno parte anche coloro che entrano nel nostro negozio. <
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Nasce in un villaggio disabitato il pane più buono della Sicilia G
uardando la foto che correda questo articolo, vi verrebbe mai da pensare che da quella porticina escono ogni giorno 150 chili del miglior pane della Sicilia? Eppure è proprio così. Lo produce un fornaio di 35 anni, Maurizio Spinelli, che lavora in un villaggio disabitato e già noto alle cronache per le sue scelte professionali. Ora è stato anche gratificato con il premio “Best in Sicily”, assegnato dal portale “Cronache di gusto”, che vuole esaltare le eccellenze siciliane. “Tra legioni di scintillanti rivendite di città e di ottime botteghe di paese, i gourmet hanno deciso che il migliore fornaio dell’isola è proprio Maurizio Spinello”, ha scritto Laura Anello, sul quotidiano La Stampa, di Torino. Quella che Maurizio racconta è una storia lineare, fatta di logiche decisioni consequenziali e di molto coraggio. Il borgo di Santa Rita, dove abita e lavora, è un paese quasi fantasma nato nel 1920 per iniziativa del barone Ignazio La Lomia e destinato ai contadini del suo feudo che, nel tempo, hanno acquisito la proprietà delle case, su cui svetta la chiesa intitolata alla patrona, appunto
Santa Rita. Era un borgo, a 11 chilometri da Caltanissetta, dove vivevano tante famiglie di contadini e pastori. Poi, negli anni ’60, imboccò la china della decadenza: la gente cominciò ad andarsene, le attività a morire. Se ne andarono tutti, meno la famiglia di Maurizio. “Mio padre restò, con le sue 40 mucche”, racconta, “ma ci dava da vivere sempre più a fatica. Finché mia madre, per arrotondare un po’, si mise a
fare il pane e a venderlo alla gente di passaggio, con un po’ di latte e qualche uovo. Quel pane è diventato la mia vita». Nel 1999 Maurizio ottiene la licenza di panificatore è riesce a ottenere un prestito di cento milioni di lire dalla filiale provinciale della Banca Toniolo. Così è iniziata l’avventura di questo fornaio artigiano, intraprendente e dalla testa dura, che non ha voluto lasciare il borgo dove vive:
«Questa è casa mia», dice. Con lui vivono madre, padre, i figli Salvatore di 11 anni e Marco di 8. A chiedergli se abbiano intenzione di lasciare il borgo rispondono semplicemente: “Mai”. Anche se i disagi ci sono. La scuola, per esempio: un tempo la scuola era qui, come la stazione dei carabinieri, lo spaccio alimentare e la rivendita tabacchi. Oggi, a borgo Santa Rita, oltre a Maurizio e ai suoi, vive soltanto un’altra famiglia (ma
non ha la residenza), che abita di fronte al forno. Il resto del paese è deserto e Marco e Salvatore devono andare a scuola a Delia, un quarto d’ora di strada dal borgo. Ma non gli pesa né d’inverno né d’estate. A questo punto, è necessario sapere che dà al pane di Maurizio la bontà che gli ha guadagnato i riconoscimenti che vanta. “Il biologico”, risponde. Il fornaio di Santa Rita lavora con un laboratorio di 140 metri quadrati. La produzione si sviluppa dalle 5 del pomeriggio alle 4 del mattino e lui lavora quasi sempre da solo, saltuariamente aiutato, a turno, dai genitori. Il forno è alimentato dal legno di mandorlo e di ulivo. «All’inizio”, racconta, “rifornivo una catena di supermercati e le botteghe dei paesi del circondario. Ero diventato quasi un monopolista e producevo sui 250 chili al giorno, che consegnavo girando come un pazzo con il mio furgone. Ma ce la facevo appena, perché vendevo a prezzi bassi. Dopo 7 anni ho incontrato gente che lavorava con il biologico. Si è aperto un mondo, il mio mondo». Il quale mondo è quello
dei grani antichi siciliani, e non solo: «Russello, Tumminia, Perciasacchi, Senatore Cappelli. Rendono meno delle varietà convenzionali, ma la qualità è incomparabile». E poi c’è il mulino, a pietra. “Ho girato mezza Sicilia per trovarne uno; tutti mi facevano vedere quelli moderni, che surriscaldano il grano durante la molitura” E poi, per restare aderente il più possibile alla tradizione, ha cercato un mulino adatto. Così, dice, “ho incontrato un altro pazzo come me, Filippo Drago, e il suo mulino del ponte, alle porte del paese di Castelvetrano. Ho chiuso il cerchio». Maurizio mostra orgoglioso le pagnotte, pronte per essere infornate: «Non c’è lievito di birra. Ci sono solo farina, acqua, sale e crescente, cioè la pasta madre ricavata dal pane già lievitato. E il pane resta fresco per 15 giorni”. Con la qualità, sono arrivate la certificazione dell’Aiab (l’associazione italiana di agricoltura biologica) e le richieste da spacci e mercati qualificati di tutta Italia. “Ho ridotto la produzione: 150 chili al giorno e sono orgoglioso di ogni boccone”, conclude Maurizio. <
Alessandria, si lavora per riaccendere un forno settecentesco della Cittadella S
ta per essere riacceso un antico forno della Cittadella, l’antica fortezza sul Tanaro, alle porte di Alessandria. L’evento è stato fissato per i giorni 22 e 23 febbraio e in questi giorni si stanno completando gli accertamenti che devono confermare l’agibilità del manufatto settecentesco. “I preparativi sono praticamente ultimati”, spiega Roberto Actis, presidente dell’Associazione artigiana panificatori della provincia di Alessandria, “in pratica aspettiamo solo il verdetto degli spazzacamini, il cui ok è indispensabile”. Se a qualcuno è venuta a mente l’immagine classica dell’uomo nero, armato di spazzole, scovoli e peso, la cancelli. Gli spazzacamini di oggi lavorano prima di tutto con la tecnologia. Così l’ispezione
sarà eseguita con telecamere e computer. “Nella fortezza”, spiega ancora Roberto Actis, “ci sono tre forni: in tempi
lontani, producevano pane per una guarnigione una guarnigione che poteva arrivare anche a 2700 uomini. Sono ab-
bandonati da tempo, ma possono dare ancora un contributo alla panificazione artigianale, soprattutto sul piano della pro-
mozione d’immagine del prodotto, dell’arte bianca e di chi la pratica”. La Cittadella si trova a nord-ovest della città di Alessandria ed è la zona più bassa della Regione Piemonte, a circa 90 metri sul livello del mare. Ha servito come fortezza i Savoia, la Repubblica di Genova e Milano. Venne costruita sulle rovine del preesistente quartiere di Borgoglio (o Bergoglio), dopo il trattato di Utrecht del 1713, quando Alessandria passò dal dominio spagnolo a quello di Casa Savoia. Voluta da Vittorio Amedeo II per soddisfare le esigenze di difesa del nuovo stato sabaudo, la fortezza è di pianta esagonale e occupa un’area di 20 ettari, il cui lato più lungo è parallelo all’asse del fiume. Si compone di sei bastioni ed è circondata da fossati che in passato
venivano inondati dalle acque del fiume. Durante l’occupazione napoleonica la Cittadella divenne una delle fortezze più spettacolari dell’impero e il più ricco arsenale di tutta Europa. <
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L’A RTE B IANCA - L A PANIFICAZIONE I TALIANA
Lunedì 28 gennaio
2013
Qui Lombardia Pagina a cura di Graziano Monetti
Con riconoscimento regionale
66 nuovi negozi storici L
a Regione Lombardia, con apposito decreto del 7 gennaio scorso, ha ufficializzato 66 nuovi riconoscimenti con la prestigiosa qualifica di “negozio storico”. Ricordiamo che per ottenere l’ambìta qualifica si devono poter vantare 50 anni di attività anche non continuativa, ma con la conservazione della medesima merceologia ed insegna. Meglio se con il mantenimento della stessa gestione e sede. Inoltre il negozio deve avere una collocazione architettonica, artistica e
decorativa di pregio, nonché attrezzature storiche con la conservazione almeno parziale degli elementi di arredo origi-
nali. La localizzazione, infine, in un edificio e in un contesto urbano di interesse storico. Come si vede, condizio-
PREMIATO IL PANIFICIO RONCAREGGI DI ERBA l’èlite che ha conseguito il traguardo di negozio storico ridalla Regione Lombardia, il noto panificio RoncaTreggiraconosciuto di Erba (Como) che risale al 1929 e per più generazioni ha proseguito l’attività senza mai cambiare gestione. Nato come forno al panificio nel tempo si sono aggiunti i reparti di alimentare e prodotti di prima necessità. Il primo è stato nonno Antonio. Poi il figlio Angelo e successivamente i suoi figli: Antonio, che ha infornato pane fino alla pensione, e Mario. Oggi ci sono la figlia di Mario Roncareggi, Elisabetta, con la mamma Felicita Mauri. Il forno dei Roncareggi è un punto di riferimento per Erba e il riconoscimento regionale ne premia l’impegno incessante di più generazioni della stessa famiglia Roncareggi.
ni “pesanti” ma che identificano le migliori botteghe del vasto apparato distributivo lombardo. Un blasone meritato è stato ora conferito ad altri 66 nuovi “decorati”. 2 per la provincia di Bergamo, 2 per Brescia, 13 per Como, 4 per Cremona, 2 per Lecco, 1 per Lodi, 1 per Mantova, 34 per Milano, 2 per la provincia di Monza e Brianza, 4 per Pavia e 1 per Sondrio. Complimenti a tutti loro per il riconoscimento ottenuto, ma anche perché mantengono alta l’ottima qualità del commercio lombardo. <
Tares sostituisce Tarsu e Tia
Pesante aggravio economico dalla nuova tassa rifiuti L a Tares, nuova tassa sui rifiuti che sostituirà la Tarsu (tassa asporto rifiuti solidi urbani) e la Tia (tariffa igiene ambientale), costerà ai cittadini italiani quasi 2 miliardi di euro in più. Il gettito totale a carico dei contribuenti sarà di almeno 8 miliardi. La stima è stata effettuata sottraendo alle spese di cui le amministrazioni comunali si sono fatte carico per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (7 miliardi di euro) le entrate provenienti dall’applicazione di Tarsu e Tia (6,1 miliardi di euro). Il risultato è 0,9 miliardi di euro, cifra a cui va aggiunto circa 1 miliardo di euro che deriva dall’applicazione della maggiorazione di 30 centesimi a metro quadrato prevista dalla Tares a carico del contribuente. Questo miliardo è ipotizzato nella Relazione tecnica allegata al DL “Salva Italia” del 2011. Il legislatore ha stabilito che la Tares dovrà finanziare i “servizi indivisibili” erogati dagli enti locali, ovvero i servizi comunali per l’intera collettività e per i quali non è possibile una ripartizione in base all’utilizzo individuale. L’illuminazione pubblica o la manutenzione delle strade pubbliche, a esempio, rappresentano un servizio indivisibile con risvolti benefici sull’intera cittadinanza, ma difficilmente ripartibili sulla base della quantificazione a chi ne tragga bene-
fici maggiormente. Per garantire la copertura dei servizi indivisibili i Comuni dovranno applicare con la Tares un costo supplementare di 30 centesimi a mq a carico del contribuente, corrispondente a un gettito complessivo di 1 miliardo di euro. Il costo aggiuntivo può essere elevabile dai Comuni fino alla soglia dei 40 centesimi per metro quadrato. La Tares costa decisa-
mente di più rispetto a Tarsu e Tia: tra l’altro il legislatore ha stabilito che ciascun comune, con le entrate dell’imposta, dovrà coprire integralmente la spesa sostenuta per la realizzazione del servizio. Complessivamente, perciò, la Tares costerà almeno 8 miliardi di euro (7 come costo totale del servizio più 1 miliardo dall’applicazione della maggiorazione). Cifra considearata da
molti approssimativa per difetto, dal momento che i dati finora disponibili non comprendono i costi dei comuni che hanno esternalizzato il servizio. Negli ultimi 10 anni la spesa media per le famiglie italiane è cresciuta di quasi il 61%. Se nel 2002 si spendevano 124 euro, nel 2012 l’importo medio ha toccato i 327 euro. Con la Tares la situazione è destinata a peggiorare ulteriormente. <
RAPPORTO SALUTE o stato di salute degli italiani mette in eviLdevole denzia e rende di estrema attualità la loiniziativa dei panificatori di ridurre la quantità di sale nel pane. Infatti, secondo il predetto rapporto salute: oltre 4 italiani su 10 hanno problemi di peso, sono grassi. L’11 % degli adulti è obeso, il 32% soprappeso, il 42% è extralarge. Anche l’ 11% dei bambini è obeso e il 23% è soprappeso. Problema più frequente tra gli uomini. La pri-
ma causa di morte è rappresentata dalle malattie cardiocircolatorie (il 38,2% dei decessi), seguita dai tumori (il 29,7%). Aumenta l’incidenza del diabete (3 milioni di italiani sono diabetici). Terza causa di causa morte sono le malattie del sistema respiraratorio. Il fumo causa dai 70mila agli 83mila decessi in un anno. Intanto i giovani, dagli 11 ai 25 anni, soffrono di dipendenze: da alcol, sostanze, gioco d’azzardo e chat-on-line. <
Ridurre gli sprechi alimentari
“S
top Food Waste” è un decalogo di consigli per ridurre i rifiuti alimentari nella vita di tutti i giorni con suggerimenti per limitare gli sprechi, risparmiare denaro e proteggere l’ambiente. Quali sono le cause dei rifiuti alimentari? Sovrapproduzione, danneggiamento dei prodotti e delle confezioni, sia nella produzione all’origine sia nell’industria alimentare. Poi: inefficienza degli stoccaggi o delle strategie di marketing, mancanza di consapevolezza e pianificazione commerciale, confusione nella lettura delle date di scadenza. Ancora: le dimensioni delle porzioni standard e l’inadeguata conservazione durante la catena di approvvigionamento alimentare. Tutti gli attori della catena alimentare sono invitati a contrastare le varie cause allo scopo di ridurrre il più possibile i rifiuti alimentari. Il cibo che viene buttato è uno spreco di risorse preziose, è costoso da acquistare e smaltire. Cosa fare? La brochure CE consiglia: di acquistare in modo intelligente, pianificando i pasti settimanali; di controllare le date di scadenza (conusumare entro .... significa che il cibo è sicuro da mangiare fino alla data indicata; consumare preferibilmente entro .... mostra la data fino a quando il prodotto mantiene le sue qualità, ma può essere consumato anche dopo quella data). Occorre verificare la “salute” del frigorifero controllandone regolarmente gradazioni e temperatura (tra 1 e 5 gradi). Gli alimenti vanno conservati secondo le istruzioni riportate sulla confezione di imballaggio. Consigliato far ruotare gli elementi nella dispensa e nel frigorifero. La CE evidenzia come il cibo è sprecato prima, durante e dopo la preparzione dei pasti nelle famiglie ed è scartato durante la produzione, la distribuzione, la vendita al dettaglio e la ristorazione. Circa 90 milioni di tonnellate di cibo è sprecato ogni anno (180 kg pro capite nella sola Europa). Un terzo degli alimenti destinati al consumo umano viene sprecato a livello mondiale (si tratta di 1,3 miliardi di tonnellate l’anno). La sostenibilità della catena alimentare è decisiva per affrontare i cambiamenti climatici, la scarsità di risorse e la sicurezza alimentare globale. La Commissione Europea sta analizzando come ridurre al minimo i rifiuti alimentari senza compromettere la sicurezza alimentare. La comunicazione CE “Road-map to a Resource Efficient Europe” è una tabella di marcia per un uso efficiente e migliore delle risorse in Europa. E’ in previsione una nuova Comunicazione sul cibo sostenibile da adottare quest’anno nei Paesi componenti l’UE. <
Iniziativa di solidarietà
Cibi per i nuovi poveri
L
a grave recessione economica che, a causa di una insostenibile tassazione, ha investito le famiglie, facendo crescere in maniera esponenziale le situazioni di vera e propria povertà, ha indotto Confcommercio Como a promuovere e sostenere una campagna di sensibilizzazione per il recupero di surplus di alimenti freschi e cucinati delle varie categorie alimentari e della ristorazione. La povertà ha assunto sfumature diverse: non sono più solo i senzatetto che hanno bisogno di aiuti alimentari essendoci molte famiglie in condizioni precarie per le suddette gravi difficoltà economiche. La richiesta di aiuto aumenta e Confcommercio Como ha sensibilizzato le attività associate per destinare le eccedenze alimentari, con spirito di solidarietà e beneficenza, con la collaborazione di “Siticibo” – “Banco Alimentare della Lombardia”. Panificatori, commercianti e alimentaristi di Como che vogliono partecipare a tale iniziativa benefica, che consiste nel donare prodotti/alimenti invenduti che, in caso contrario, verrebbero eliminati possono contattare Monica Molteni, coordinatrice Siticibo Como allo 335.6770219 e visitare il sito www.bancoalimentare.it <