Arte Bianca n.21/2011

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TECNICHE RICETTE

SALE E PANE

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PLUM KAKE AL TÉ VERDE E CIOCCOLATO

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QUI LOMBARDIA SOSTEGNO DELLE AZIENDE NEONATE / 14 fornaioamico.it – L’Arte Bianca online Anno LXVI

Contiene I.P.

NUMERO 21 LUNEDÌ

Settimanale informativo della

30 MAGGIO 2011

IL PUNTO di Luca Vecchiato

Le conseguenze di una scelta Ue

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l Gruppo Lieviti dell’Assitol, l’Associazione italiana delle industrie olearie, ha lanciato un grido d’allarme che i panificatori non possono ignorare, perché prospetta nuove ipotesi di aumenti di materia prima, dopo quelli del grano e della farina, che abbiamo assorbito senza coinvolgere i consumatori. La nuova Organizzazione Comune di Mercato del settore bieticolo-saccarifero, avviata dalla UE nel 2006, sta generando effetti perfidi in tutta l’area comunitaria. I tagli imposti alla produzione di zucchero, che per l’Italia sono stati del 50 per cento, con la conseguente chiusura o riconversione di 13 zuccherifici su 19, hanno ridotto l’offerta e stimolato l’incremento dei prezzi. C’è, dunque, carenza di zucchero sul mercato, dove si fa sentire anche la concorrenza dei produttori di bioenergia. Tutto questo mette in forti difficoltà anche il com-

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FEDERAZIONE ITALIANA PANIFICATORI, PANIFICATORI

L a

p a n i f i c a z i o n e

Al Congresso di Verona, i rappresentanti territoriali esprimono la necessità di nuovi modelli di rappresentanza sindacale Il Congresso di Verona

INTERVENTI DI: CECCOLINI, CAPELLO, D’ACCARDI, RUCCOLO, SALVAGNO E SCARLATTA. da PAGINA 2 a PAGINA 5

La politica della Ue minaccia il lievito Assitol lancia un grido d’allarme: L’ le difficoltà di approvvigionamento

industria italiana del lievito è in difficoltà: non perché la domanda sia entrata in crisi ma perché è diventata scarsa sul mercato la materia prima, che ora deve essere reperita anche in paesi extraeuropei, con conseguenti aggravi di prezzi. A PAGINA 6

dello zucchero rischiano di far aumentare i costi del prodotto

La scelta della Regione Abruzzo per la formazione professionale

I

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PASTICCERI E AFFINI

Nuove proposte per il futuro della panificazione italiana

Normativa ferie, il punto dei consulenti del lavoro rrinunciabilità delle ferie e fruizione delle stesse in tempi ben definiti. Seppur concordati fra le parti, infatti, i periodi di ferie sono sottoposti a regole precise: entro il 30 giugno i datori di lavoro devono concedere ai lavoratori dipendenti l’effettiva fruizione dei periodi di ferie maturati e non ancora goduti relativi ai 18 mesi precedenti. Della complessa normativa che regola le ferie, si occupa la Fondazione Studi.

i t a l i a n a

C LECCE

Assemblea provinciale

Domenica 5 giugno, ore 9,00 Sala Conferenze della Camera di Commercio

on la delibera n.306, approvata nella seduta del 9 maggio scorso, la Giunta regionale dell’Abruzzo ha provveduto a definire la figura professionale di Operatore di panificio e pastificio, “ai fini dell’organizzazione e dell’attivazione di appositi corsi di formazione professionale” e ha “altresì approvato gli indirizzi per i contenuti minimi del corso di formazione per il conseguimento di tale qualifica”.

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Congresso nazionale / Interventi

Un codice per i panificatori italiani Per il presidente di Chieti è necessaria una maggiore valorizzazione della professione

C

ome avviene da molto tempo, anche in questa sede, dove ci troviamo a discutere e a cercare soluzioni per dare un futuro e un cambiamento radicale alla struttura federale, gli interventi sono stati centrati tutti, o quasi, sul sindacato e sul ruolo della Federazione in questo campo, ma non si e toccato per niente il ruolo principe del panificatore e del pane e di come valorizzarlo. Certo, il ruolo delle politiche sindacali è importante e non bisogna mai trascurare tutte le normative che oggi la comunità europea ci impone e che noi panificatori siamo costretti a subire. Del resto, siamo una categoria che ha sempre subito e sempre è riuscita a venirne fuori. Per me è fondamentale partire da un principio: il ruolo del pane e del panificatore artigiano, le sue esigenze sul territorio e il suo contributo per l’economia nazionale; un ruiolo che oggi si sta sempre più deteriorando, vista la crisi del commercio e le normative per agevolare grossa distribuzione e agricoltori. Ma questo, secondo me, non deve far paura perché se noi, insieme, facciamo programmi condivisi e studiamo adeguate strategie, grazie alla nostra professionalità riusciamo certamente e venirne fuori. Ma a volte, e spesso ultimamente, si è orientati solo su un ruolo di apparentamenti, come se la Federazione non fosse in grado di stare da sola. Eppure, negli anni passati si é visto come eravamo rappresentativi in tutto, come è stata sostenuta la valorizzazione del pane; e si era presenti sui media e presso le istituzioni ministeriali e territoriali. Basti pensare a quante volte siamo intervenuti in trasmissioni rai e quelle normative a favore della categoria che abbiamo portato a casa. E’ da questo che vorrei partire con la mia proposta. Ad oggi, in Italia, i panificatori sono circa 25.000, ma in questo calderone ci

Vinceslao Ruccolo

sona anche panificatori scorretti che, con slealtà, vendono pane a basso prezzo, praticano il reso, spacciano il loro prodotto chiamandolo pane a lievitazione naturale mentre non lo è, fanno pani con un forte eccesso di lievito di birra. Con tutto ciò creando un vero e proprio utile alla grande distribuzione e fungendo anche da volano per dare un futuro prospero ai panificatori-agricoli. E allora, proviamo a immaginare una categoria “selezionata”, con un ruolo ben preciso di valorizzazione da parte della Federazione. Puntiamo a sviluppare meglio la conoscenza delle fasi di lavorazione, come la lievitazione naturale, la biga, il polisc; il ruolo delle fibre e gli alimenti funzionali; i marketing aziendali di promozione. E ancora: spieghiamo come gestire meglio i costi di panificazione, come aiutare il panificatore che realizza prodotti tipici territoriali che hanno le loro difficoltà, utilizzando, con specifica formazio-

ne, il processo di innovazione tecnologica per abbattere i costi di produzione legati alla manodopera; spieghiamo come sfruttare e promuovere la normativa sul consumo al minuto all’interno dei nostri punti vendita e quali possono essere le strategie da attivare ecc. Questa mia interpretazione del ruolo federale viene dal fatto che, come osservatore, vedo il Gruppo Giovani che lavora sul territorio e riesce sempre ad avere consensi. Secondo me, bisogna assolutamente creare un regolamento interno federale che faccia da volano per i panificatori, con un capitolato da rispettare, e realizzare una sede federale nazionale dove si possano affrontare temi formativi di tutto rispetto, come quelli citati, in modo da ridare fiducia a tanti. Chi seguirà tale programma, rispettando anche le normative socio-politiche e sindacali potrà essere denominato “Panificatore italiano”. Questa mia proposta certamente troverà l’opposizioni di molti a livello nazionale e anche di associazioni che hanno loro strutture formative, ma il mio intento è quella di realizzare una continuità del ruolo federale, sempre apprezzata dai panificatori italiani. Perché anch’io, come molti al-

tri panificatori, non voglio più sedermi accanto a colleghi sprovveduti ,che danneggiano l’immagine del buon panificatore italiano. Ancora alcune parole sulla Federazione. A tutt’ oggi la nostra struttura è prevalentemente legata alla presidenza e al suo ruolo presso le istituzioni. Negli ultimi tre anni ci sono state lacune nella rappresentatività in questa direzione. Non voglio certo parlare di cause e di colpe ma, secondo me, è il bilancio è fallimentare, con tutte le problematiche che ci sono, sia a livello nazionale sia a livello regionale. Se consideriamo che la nostra è una struttura gestita da panificatori e non da direttori o segretari, come tante altre organizzazioni, e che spesso, nelle nostre riunioni, siamo costretti a discutere e perdiamo tanto tempo; se ricordiamo che anche chi regge la presidenza deve gestire la propria azienda, perché di questo vive, bisogna assolutamente decentrare i ruoli dando al presidente l’appoggio di delegati (diciamo assessori, come quelli regionali) che possano intervenire su temi importanti presso i ministeri e programmare iniziative e rendicontare alla presidenza. Questa proposta vuole dare più forza alla

Federazione con più soggetti che ne rappresentino il ruolo istituzionale. E’ poi necessario, a mio avviso, costituire un osservatorio per la realizzazione di strutture regionali, sempre più orientato verso il federalismo. E allora, ripeto: il ruolo della Fippa deve, in un futuro breve, concentrarsi sui temi più importanti. Siamo alla svolta finale e bisogna assolutamente prendere decisioni. Con questo programma andiamo anche a potenziare il nostro giornale, con interventi mirati e specifici che i panificatori si aspettano e anche gli inserzionisti. Una critica, infine, ai

colleghi del Nord. Visti i tempi ristretti per l’organizzazione della conferenza, avrebbero potuto sensibilizzare i propri associati anche telefonicamente, sollecitandoli a partecipare, visto che anche da loro ci si attendevano interventi. Perciò sono rimasto sconcertato per la scarsa presenza, dovendo constatare, oltretutto, che eravamo solo presidenti di associazione, persone che poi si vedono anche a Roma. Al Nord le associazioni vincolano il panificatore con contabilità, contratti, ecc. Ma ricordiamo che i problemi sono gli stessi, sia al Sud sia al Nord.

“la questione potrebbe davvero diventare spinosa”. Quali i possibili rimedi? I produttori di lievito ne indicano uno: rivedere verso l’alto le quote di produzione fissate dalla UE. E chiedono alle istituzioni italiane di farsi portavoce del malessere del comparto. Che è anche un malessere nostro, poiché questa dinamica del mercato dello zucchero minaccia davvero di riflettersi negativamente anche sulle nostre politiche commerciali e di prezzo. presidenza@fippa.it

L’Arte Bianca

in questa situazione, un fattore di forte preoccupazione anche per il comparto della panificazione artigiana. Le aziende associate ad Assitol rappresentano oltre il 90 per cento della produzione nazionale di lievito e, in questa proporzione, riforniscono quotidianamente le nostre imprese. Ma la stessa situa-

zione colpisce anche tutte le altre aziende del comparto. Le prospettive non sono incoraggianti. Poiché l’UE ha aumentato il “fuori quota” per le esportazioni di zucchero, è prevedibile, avverte l’Assitol, che gli stock di zucchero, in Europa, subiscano una ulteriore diminuzione. Un ulteriore aumento delle quotazioni di questa materia prima e, quindi, del lievito potrebbe avere conseguenze anche per il comparto della panificazione. A settembre, hanno sottolineato i responsabili Assitol,

IL PUNTO di Luca Vecchiato

segue dalla prima

parto industriale del lievito, la cui materia prima, il melasso, è un sottoprodotto della lavorazione dello zucchero. Tutto ciò ha costretto gli industriali del lievito a cercare la materia prima sui mercati di paesi terzi, con aggravio dei prezzi e anche dei costi di lavorazione, per i maggiori controlli necessari a garantire il livello qualitativo del prodotto finale. Non c’è chi non veda,

Vinceslao Ruccolo

La Panificazione Italiana Settimanale informativo della Federazione Italiana Panificatori, Panificatori-Pasticceri e Affini FONDATORE: Savino Bracco DIRETTORE RESPONSABILE: Igor Jan Occelli COLLABORATORI: Bruno Stella, Rosanna Iacovino, Carlo Gronchi, Claudio Zendroni, Graziano Monetti artebianca@fippa.it IMPAGINAZIONE: Annamaria Carlone PUBBLICITÀ: artebianca.com@fippa.it RESPONSABILE DEL TRATTAMENTO DEI DATI (D.LGS. 196/2003): Igor Jan Occelli DIREZIONE, REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ

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Associato all’Unione Italiana Stampa Periodica


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Congresso nazionale / Interventi

Un team al fianco del presidente Ceccolini propone una soluzione per dare più forza alle politiche federali Q uale Federazione nel 2020? Credo che questo argomento, uno dei temi forti del Congresso, sia stato del tutto provocatorio. La vera domanda da porsi è un’altra: «Quale Federazione domani?». Mi è stato chiesto di scrivere un articolo a questo proposito - cosa del tutto ardua per me che non sono abituato a farlo - e tenterò, quindi, di esprimere il mio pensiero a proposito, senza dilungarmi troppo e con la concretezza che mi contraddistingue. L’attuale condizione della struttura federale non è delle migliori: il numero dei dipendenti è irrisorio rispetto alle problematiche che la Federazione dovrebbe affrontare ogni giorno. Non voglio perdermi in spiegazioni sul perché si è arrivati a questo: è evidente che il minor gettito delle associazioni provinciali ha provocato questo stato di cose. È altresì evidente che, con una struttura così “debole”, nessun presidente può portare dei risultati degni di nota. Vi faccio

notare che il Presidente Federale non è una professione: i nostri Presidenti NON sono pagati, ma mettono a disposizione di tutti noi il loro tempo gratuitamente, così come tutti i consiglieri. Ancora una volta vi sottolineo che la nostra è una Federazione di panificatori, gestita da panificatori per i panificatori! E quindi il Presidente è e sarà titolare di un’azienda di panificazione che deve mandare avanti come tutti noi. La soluzione alle difficoltà che ci si trovano ogni giorno dinanzi, sarebbe facile se si individuassero delle risorse e si potesse avere più personale a disposizione; poiché questo non è così immediatamente fattibile e, soprattutto, anche lavorando per reperire un gettito maggiore servono dei tempi che questa federazione non può permettersi di aspettare, sarebbe opportuno che il presidente si creasse una squadra con la quale condividere gli incarichi e gli obiettivi. Questo, a parole, era un impegno preso,

Giancarlo Ceccolinni

ma adesso serve un impegno concreto da parte di tutto il Consiglio o, per lo meno, da quelli che hanno competenza , tempo e volontà per farlo. Il futuro presidente, chiunque esso sia, dovrà farsi carico di guidare la Federazione, sapendo sfruttare le risorse umane presenti e vi posso assicurare che per competenza e capacità non siamo secondi a nessuno. Serve sicuramente una dose di umiltà e di perseveranza da parte di tutti per ritornare ad essere una Federazione efficiente, in grado di raggiungere quegli obbiettivi che sono necessari per dare un servizio ai panificatori

italiani che ancora credono come me nell’importanza di appartenere ad una associazione di categoria. Potrebbe sembrare una soluzione banale ma non lo è. Come spesso accade, cerchiamo fuori quello che invece è portata di mano proprio perché troppo facile. Non voglio dire che la Federazione risolverà così tutti i suoi problemi, ma potrebbe essere un modo per cercare quelle soluzioni che da tempo non hanno risposta. Quindi immagino una squadra dirigente con un Presidente coordinatore, capace di unire attorno a sé tutti coloro che vorranno dare un vero contributo alla Federazione . Solo in questo modo, dirigendo la Fippa come una delle nostre aziende, potremo sopperire alla carenza strutturale in attesa di tempi migliori . Non è tempo di personalismi ma di persone disposte a lavorare. Forse allora potremo chiederci quale Federazione nel 2020. Giancarlo Ceccolini

Un ruolo più attivo per le province e i dirigenti Salvagno lancia le proprie proposte per una Federazione più vicina ai fornai

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l presidente Salvagno, durante il congresso veronese, ha elencato una serie di proposte per dare nuovo slancio alla Federazione e ha posto all’attenzione della stessa, una serie di argomenti su cui lavorare. Riproponiamo lo schema del suo intervento così come è stato presentato al Congresso. Ecco su cosa, credo, la Federazione debba lavorare. 1) Bisogni delle imprese È fondamentale che il Pane Artigianale sia valorizzato, sia dal punto di vista organolettico che dal punto di vista lavorativo; desideriamo meno aggressività fiscale (controlli meno concentrati sul settore e meno adempimenti fiscali, un dare/avere con lo stato più equilibrato); bisogna spingere per avere leggi sul lavoro domenicale e, dove ci sono, far sì che siano fatte rispettare; avere un rapporto con le banche meno vessatorio e ricevere più fiducia; fare qualcosa per far sì che il pane ai bar, ai ristoranti, nelle rivendite, nei supermercati e altro, sia portato ad un prezzo adeguato, (far leva sui costi di produzione potrebbe aiutare).

Antonio Salvagno

2) Tutela degli interessi Serve che l’Associazione Provinciale sia visibile con eventi e marketing, per valorizzare il territorio, che sia vigile e si muova per far rispettare le regole che vigono nella provincia, cercando di proporre consigli, opportunità e alternative ai propri soci su cose da fare per incrementare la loro visibilità, professionalità ed economia. Offrire servizi a 360 gradi ai soci e non: “Un numero di telefono per risolvere i tuoi problemi dovrebbe essere lo spot”. Le Unioni regionali e la Federazione nazionale, oltre a seguire i contratti di lavoro, le leggi che devono tutelare la categoria e il confronto con i vari ministeri, sia della finanza o della sanità, per meno adempimenti e soluzio-

ni per i panificatori, devono raccogliere quanto di buono fatto nelle singole provincie e trasferirlo alle altre, come il nazionale deve fare con le regioni. 3) Nuovi modelli e strutture di organizzazione sindacale I costi per gestire le associazioni locali oggi sono importanti e solo chi si è strutturato da anni o chi ha un gruppo dirigente con grosse capacità imprenditoriali riesce a tenere il passo con le incombenze economiche e fiscali, visto che molto lavoro oggi si fa con telefono, mail, sms. Le province che non sono in grado di fronteggiare il momento, potrebbero aggregarsi a province della stessa regione per quel che riguarda la gestione del primo momento, con i problemi del territorio, per poi seguire il problema locale, anche senza una sede o con un ufficio ridotto, sia in metratura che in personale. Così mi aspetterei che il settore si amalgamasse in un unico gruppo. Proposte per il 2020 Provincia per Provincia, all’interno della Regione

devono confrontarsi sul ruolo del gruppo dirigente. Io, come presidente, mi devo chiedere se sono in grado di gestire con successo ed energia nella mia provincia e se no, vi sono colleghi che possono avere le capacità per fare meglio di me, cosa posso fare per la regione con le capacità che mi sono più congeniali. Altri lo sono per capacità oratorie e altri per idee, non importa se questi colleghi non sono il top; abbiamo bisogno di gente che lavora e che faccia team. Confrontarsi con altre regioni è fondamentale per spingere nella stessa direzione e la Federazione deve coordinare le questioni urgenti da risolvere, sia a livello regionale che a livello nazionale: la legge sul pane fresco e la valorizzazione del lavoro del fornaio. Dobbiamo cercare anche la piazza: i colleghi devono sentire che ci siamo, non dobbiamo aspettare le promesse dei politici, dobbiamo creare momenti dove vengono loro, perché con la piazza capiscono che su quella cosa abbiamo raggiunto il limite. Cercare di riunificare le

provincie divise, deve essere opera di tutti i componenti della regione con la collaborazione del nazionale. Per far sindacato a tutti i livelli servono fondi, quindi fare una lista di tutte le esperienze che hanno portato e portano economia, mettere a disposizione di ogni situazione utile allo scopo, un referente che possa seguire da vicino quella provincia, che ritiene sia possibile seguire quell’idea. La Federazione ha bisogno di un allenatore. Si deve sostituire la democrazia arrogante, gestita da pochi, con una democrazia dell’ascolto, della condivisione, del Team (chi c’è, per fare che). Ogni problema deve avere una persona che può avere le capacità per risolverlo. Arte Bianca può essere ancora uno strumento per portare fondi, ma deve cambiare. Più democrazia dell’ascolto serve in Consiglio per discutere argomenti e arrivare a soluzioni: i consiglieri devono essere prima informati per tempo e con documentazione, per portare il loro contributo e le loro pro-

poste. Devono formarsi gruppi attivi, non solo di giovani, a diposizione di province e regioni per feste, dove vengono valorizzati i prodotti locali e il comparto pane. È necessario creare collegamenti con le Camere di Commercio per valorizzare il Pane, il nostro lavoro e i progetti sul pane e derivati, sia dolci che salati. Preferisco adottare una provincia e quindi aiutala economicamente, e per farla crescere perché possa sostenersi da sola, piuttosto che proporre la “solidarietà”. Vanno bene gli obiettivi a breve e lungo termine, ma in questo momento storico, neppure le aziende più menzionate riescono nella programmazione triennale, quindi non dobbiamo pensare a chi saremo nel 2020, ma cosa potremo fare a partire da domani. Condivido quanto ha detto ieri Capello: facciamo prevenzione, quindi ipotizziamo cosa accadrà e prepariamo le proposte: «A, se va tutto come pensiamo», «B, altrimenti», «C, semmai», «D, come paracadute», ed «E, cosa faremo se va tutto ad escort». Antonio Salvagno


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Congresso nazionale / Interventi

È necessario ripartire dal territorio La ricetta di D’Accardi, responsabile per il Sud Italia del Gruppo Giovani

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ncora una volta, la Federazione ha fatto incontrare i panificatori di tutta Italia, questa volta in una due giorni a Verona, ospitati in modo egregio dall’ente fiera veronese, al quale va un grazie da parte mia e sicuramente di tutti i panificatori. Il tema dell’incontro era di delicatezza estrema: il futuro della NOSTRA Federazione, come questa debba evolversi, alla luce dei cambiamenti economici e sociali repentini ai quali stiamo assistendo. Tanti gli interventi, tutti sentiti, dai quali traspariva, prima di ogni altra cosa, la ferma volontà di esserci, di poter contare ancora in un mondo, come quello mo-

Nicola D’Accardi

derno, coscienti del fatto che, per poterlo fare, si ha più che mai bisogno di un mezzo come la Federazione, unico e solo, a mio avviso, a disposizione dei panificatori. È chiaro a tutti che, per andare avanti nel progetto sindacale, si ha bisogno di cambiare il “look” e, prima il presidente, poi il consiglio, hanno avvertito l’esigenza di portare all’attenzione di tutti la questione, dando, com’è giusto che sia, la possibilità ai panificatori di dire come vorrebbero che la Federazione rispondesse alle esigenze che le contingenze del momento impongono. È venuto fuori un panorama variopinto, ognuno ha portato il suo contributo alla discussione, offrendo spunti, analisi, e avvolte soluzioni. Forse non mi sento di condividere molto il modo in cui è venuto fuori dalla discussione il divario fra imprese del nord e del sud, che certamente hanno delle differenze, ma sostanzialmente combattono lo stesso mostro a più teste. Tra le proposte che sono state avanzate, alcune, a mio avviso, sono degne di attenzione. Dal mio modestissimo canto, anch’io ho posto all’attenzione dell’assemblea, quello che andrebbe rivisto. Le difficoltà che oggi incontrano i panificatori, non hanno una matrice strettamente legata al settore, è un fatto di congiuntura di livello internazionale, ogni angolo di mondo è interessato dalla

crisi. Sia chiaro, non voglio aprire, qui, questioni di politica economica internazionale, ma questo serve a capire quanto sia necessaria, oggi più di qualsiasi altro periodo storico, una forte rappresentanza, la quale può essere acquisita solo con i famigerati numeri. È con questi ultimi che noi potremmo, se dovessimo, alzare la voce, o meglio, sbattere i pugni su qualche tavolo di turno, ed è da qui che ha origine la mia proposta. Si dovrebbe cercare, a tutti i costi, di fornire questi benedetti numeri alla Federazione, e quando dico a tutti i costi, voglio significare che dovremmo essere disposti veramente a tutto per salvare, e anzi rafforzare sempre più, la FIPPA, perché chiunque, anche chi si sente forte in casa sua, deve capire che se si va

avanti tutti insieme si potrà quantomeno sperare di poter contare qualcosa in questo scenario che assomiglia sempre di più ad una giungla, dove è in atto una guerra senza quartiere e senza esclusione di colpi. Ma la cosa peggiore è che il nemico è invisibile, o forse irraggiungibile. Tutto ciò significa che se non ci impegniamo con tutte le nostre forze a sostenerci a vicenda, il rischio reale è la scomparsa di un gran numero di aziende di panificazione. Detto questo, ed era doveroso farlo, entro nel dettaglio della mia proposta. La ricchezza di un’associazione, prima ancora che i soldi, sono i consensi e soprattutto le adesioni che questa riesce a raccogliere intorno a sé. Quanti più panificatori decideranno di delegare la nostra Fede-

razione ad essere rappresentati, dal punto di vista sindacale, tanto più assicureremo il futuro alla nostra. Quindi bisogna trovare il modo di rimuovere gli ostacoli, che oggi ci sono, che impediscono di lavorare, sul territorio, in questa direzione. Qualche tempo fa, dalla segreteria nazionale, arrivò la richiesta di fornire, da parte delle associazioni provinciali, gli elenchi delle imprese iscritte. Non vi sembra strano che una federazione faccia una richiesta simile? Possibile che la Federazione non conosca chi la deleghi a rappresentarlo? Questo accade perché la cellula più piccola della FIPPA è l’associazione provinciale, la quale, per tante ragioni che non sto qui ad elencare, avrà motivazioni a suo modo, per

essere renitente. Potrebbe essere una soluzione quella di far diventare il singolo panificatore sostenitore direttamente della Federazione nazionale, ed invertire il circuito con le federazioni provinciali. A questo punto mi si chiederà che fine farebbero quelle realtà che oggi operano e hanno operato bene anche in passato, tanto da aver raggiunto un grado di autonomia congruo a giustificarne l’esistenza? Il nodo è proprio questo, ma il rischio che queste belle realtà correrebbero, se non troviamo il modo di dare ossigeno alla Federazione, è che di qui a poco, sparirebbero anch’esse, altrimenti vuol dire che non abbiamo bisogno della Federazione e che qui ci stiamo arrovellando il cervello in

discorsi inutili, come inutile sarebbe la due giorni di Verona. Ma così non è. A questo mi riferivo in precedenza, quando dicevo a tutti i costi. Poi si trova il modo, insieme, per non disperdere e anzi valorizzare il patrimonio esistente, ma questo bisogna farlo mettendosi intorno ad un tavolo, motivati prima di tutto dal fatto che la Federazione serve, anzi è indispensabile a tutti; inoltre ognuno, portando le sue ragioni e i suoi contributi alla discussione, scevri da ogni discorso ”campanilistico”, coscienti del fatto che il particolare serve, ed anche tanto, soprattutto quando questo porta a elevarsi in modo degno al generale, altrimenti è da nocumento al particolare stesso. Nicola D’Accardi

Associare direttamente i fornai La proposta di Scarlatta, presidente dei panificatori della Valle D’Aosta

L’

attuale situazione della Federazione richiede una profonda riflessione, sopratutto se pensiamo a una organizzazione per il futuro. L’attuale statuto prevede una Federazione che associa ed è costituita dalla partecipazione delle associazioni provinciali, con le quali interagisce e ha tutti i rapporti in modo particolare per quanto riguarda il procurare i soldi necessari alla normale attività delle attività sindacali. Ad incrementare questi fondi (anche a causa delle aumentate necessità) si cerca di attingere ai pro-

Luciano Scarlatta

venti della pubblicità di Arte Bianca Alcuni anni or sono, la Federazione, anche nell’intento di contrastare una fase di stanchezza da parte delle provincie, decise di allargare la propria base di adesione. E questo venne fatto con la possibilità che le aziende dessero un contributo direttamente alla

Federazione. Questa fu un’esperienza che diede risultati lusinghieri e tenne alcuni anni fino però a spegnersi anche perché non ben sopportata da un certo numero di associazioni provinciali che avevano paura di perdere il ruolo di unico interlocutore con i panificatori ed essere scavalcati. Ci fu poi - ed è ancora in corso - l’esperienza “Gruppo Giovani” che aveva tra le sue mire anche “l’evangelizzazione” delle provincie dove la federazione non aveva interlocutori e la costituzione dei GRUPPI di aziende da associare

alla federazione. Questo un poco è stato fatto, ma poco. Allora visto che quando sono chiamati a partecipare direttamente e personalmente i fornai rispondono in maniera soddisfacente e in buon numeri non sarebbe il caso di cambiare e fare in maniera che siano essi direttamente i soci di FIPPA e non più le associazioni provinciali? Praticamente in ogni provincia il singolo fornaio si associa alla Federazione della quale diventa socio effettivo, e nella provincia - assieme agli altri fornai della zona - nomina un

rappresentante alla assise regionale che avrebbe più importanza in federazione. I rappresentanti regionali (uno per regione?) costituirebbero il nuovo consiglio, o altro nome da trovare. La Federazione dovrebbe avere un Presidente, da sei a un massimo di otto persone con un titolo da trovare, ma che con mandato preciso lavorino coadiuvando il presidente e su indicazioni espresse dall’insieme dei rappresentanti regionali secondo le necessità e i problemi più urgenti. Luciano Scarlatta

CONFERENZA ORGANIZZATIVA NAZIONALE La Federazione italiana panificatori ringrazia per avere sostenuto concretamente l’iniziativa:


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pesse volte mi domando perché grandi aziende che potrebbero da sole intrattenere relazioni con le istituzioni, comunque facciano parte di un sistema organizzativo: parlo di Fiat, Brembo, Dalmine, Italcementi ecc.aziende che mettono nel campo dell’ organizzazione anche le loro risorse umane. Noto invece che molte aziende piccole tendono a restare volutamente isolate da un sistema organizzativo. Continuo a sostenere che appartenere ad un sistema associativo CHE FUNZIONI, sia una grossa opportunità imprenditoriale, una “leva di competitività” : lo si vede in termini di informazioni generali, in tema di contratto di lavoro “su misura”, di strumenti di bilateralità, di strumenti atti a gestire meglio le risorse umane come la detassazione delle maggiorazioni, in tema di comunicazione del prodotto pane, e dell’ immagine verso il consumatore del relativo “sistema” che sta dietro a questo prodotto. Specularmente ritengo che la disaffezione associativa è preambolo alla

Una rete di panifici Capello indica la strada per rilanciare le imprese Roberto Caoello

“morte aziendale”. Tuttavia non bisogna essere associati perché lo era il proprio padre o nonno o bisnonno o per compiacere a qualcuno, occorre essere associati perché…. CONVIENE. Per quanto mi riguarda, sul territorio non ho mai sposato il “sindacalismo delle feste” ma si festeggia se c’ è da festeggiare, né il sindacalismo fatto di proclami sulle questioni “di pancia” che sicuramente, pur ricevendo un consenso popolare immediato non po-

tranno ricevere una risposta che ci si aspetta: preferisco un sindacalismo di “cultura” forse (sicuramente) impopolare ma efficace nei risultati. Cosa si aspettano i panificatori? - Capire il profilo delle cose che verranno; - Un continuo intervento ad operare una manutenzione della legislazione che li riguarda, possibilmente in via preventiva; - Una manutenzione correttiva e preventiva delle relazioni industriali (dicesi contratto di lavoro) con tutto ciò che questo comporta; - Una promozione di prodotto e di comparto in termini di immagine; - Una serie di riferimenti di settore, ovvero gli “indici di bilancio” sia quelli medi, sia quelli ideali che quelli tendenziali; - Una continua attenzione alle norme operative

con un intervento da parte delle organizzazioni, non per cancellarle ma per renderle a “misura di panificio”; (dicesi linee guida); - Competitivi contratti commerciali collettivi. Quindi la definizione di Associazione come l’ ho acquisita anni addietro non va più bene: oggi, per fortuna c’ è qualcosa di diverso e mi pare che su certi territori questa evoluzione sia stata capita e resa concreta. Dovremmo, secondo me parlare di rete di panifici dove tutti contribuiscono alla buona immagine del pane delle imprese oltre che a fare ricchezza, (che è un dovere morale): e come in una rete devono esistere i diversi NODI (hub): - il nodo territoriale provinciale che assiste direttamente il panificatore anche con servizi a valore (e qualità) aggiunto

anche con il presidio delle scuole, delle relazioni con le istituzioni territoriali; - il nodo regionale che presiede la legiferazione territoriale che grazie al federalismo diviene più “prolifica”, la contrattazione e bilateralità di secondo livello, linee guida di territorio e accordi di regione; - il nodo nazionale: studi di settore, contratto e bilateralità nazionali, presidiare gli indirizzi legislativi nazionali, rapporti con tutta la filiera, scenari economici nazionali; - il nodo europeo : presidiare i luoghi dove si generano gli indirizzi che poi calano ai diversi sottolivelli fino alle nostre imprese con la “norma”. Comunque tutti questi livelli rappresentati da panificatori e non da altri perché è solo facendo in prima persona che certe cose si capiscono. In una

rete, un nodo che non funziona mette al buio tutte le imprese ad esso collegate con una serie di conseguenze sicuramente non positive quindi le imprese debbono sempre interessarsi affinché questi nodi funzionino nel modo più efficiente possibile. Non intendo portare dei “case history”, anche se ci sono, che come al solito, ma contro lo spirito di chi le porta, vengono sempre interpretate come lezioni, quindi mal accettate, voglio solo sottolineare che il buon funzionamento della rete parte dalle persone che “amministrano” i nodi provinciali: cultura e formazione dei dirigenti è chiave strategica. In assenza di questo elemento tutto il “sistema” cade: sta alle aziende di panificazione, proprio perché a loro conviene, lavorare per costruire “la rete” dove essa è assente, mantenerla quando esiste ed esigere che essa funzioni adeguatamente plasmandola ai nuovi scenari. Questo conviene a tutti, anche alla filiera. Roberto Capello Presidente dell’Unione Regionale Emilia Romagna


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Materie prime

La politica della Ue minaccia il lievito Assitol lancia un grido d’allarme: le difficoltà di approvvigionamento dello zucchero rischiano di far aumentare i costi del prodotto Uno stabilimento di lievito

© copyright Antonia Cesareo

L’

industria italiana del lievito è in difficoltà: non perché la domanda sia entrata in crisi ma perché è diventata scarsa sul mercato la materia prima, che ora deve essere reperita anche in paesi extraeuropei, con conseguenti aggravi di prezzi e di costi industriali. Una situazione che pone giustificate incognite circa le dinamiche delle quotazioni di mercato di questo prodotto. Il grido d’allarme è stato lanciato, a Roma, dai dirigenti del Gruppo Lieviti di Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia che rappresenta le imprese industriali attive nel settore delle materie grasse e dei prodotti derivati. L’occasione è stata la conferenza stampa di presentazione di un originale opuscolo (che trovate allegato al giornale), in cui esperti della nutrizione e della panificazione illustrano le qualità del lievito e il suo ruolo fondamentale nel definire le qualità organolettiche e nutrizionali del pane. Intitolato: “Il lievito, di origine naturale”, sarà distribuito in tutta Italia, soprattutto attraverso i panifici artigiani, con l’obiettivo di far meglio conoscere ai consumatori questo prodotto, definito “un tesoro nutrizionale che dà vita al pane, alimento cardine della tradizione italiana”. Nella prima parte della conferenza stampa il direttore generale di Assitol, Claudio Ranzani, e il presidente del Gruppo lieviti, Paolo Rossi, hanno illustrato le finalità e i contenuti dell’opuscolo, affiancati da Giovanni Battista Quaglia, vicepresidente della Fondazione per lo studio degli alimenti e della nutrizione, e da Domenico Brunamonti, in rappresentanza dei panificatori. Poi, però, Ranzani e Rossi hanno spostato l’attenzione sulla situazione dell’industria del lievito e sui problemi con cui deve confrontarsi da quando, nel 2006, è entrato in vigore il cosiddetto OCM zucchero (cioè: l’Organizzazione Comune di Mercato del settore bieticolo-saccarifero). L’industria del lievito L’industria italiana del lievito è ai primi posti in Europa, anche dal punto di vista qualitativo. Nel 2010 le vendite in Italia si sono attestate sulle 59 mila tonnellate di lievito fresco e un migliaio di tonnellate di lievito secco. L’export è stato di circa 30 mila tonnellate di lievito fre-

Paolo Rossi

Claudio Ranzani

sco e di 2800 tonnellate di lievito secco. Gli acquirenti più importanti dei nostri prodotti sono Francia, Grecia, Spagna e Paesi dell’Est. Fuori dall’Europa, è il lievito secco a essere più richiesto: nel 2010 ne sono state esportate, in paesi terzi, quasi 6 mila tonnellate. La produzione mondiale di lievito fresco ammonta a circa 2 milioni di tonnellate, contro 800 mila tonnellate di lievito secco. Un terzo dell’intera produzione mondiale proviene dai 36 stabilimenti dell’Europa, che ha conquistato la leadership del settore con circa 980 mila tonnellate di prodotto tra fresco e secco. Delle circa 700 mila tonnellate di lievito fresco, 265 mila sono destinate all’esportazione. Le difficoltà di approvvigionamento La materia prima dalla quale viene ricavato il lievito è il melasso, un sottoprodotto dell’industria saccarifera che proviene dalla lavorazione della barbabietola o dalla canna da zucchero. Il melasso, però, da qualche anno è in costante diminuzione sul mercato italiano e su quello europeo, dopo la riforma dell’OCM Zucchero, che ha ridimensionato il settore bieticolo-saccarifero. La produzione italiana di zucchero ha dovuto subire un taglio pari al 50 per cento e questa riduzione ha determinato la chiusura o la riconversione, in chiave bioenergetica, di 13 zuccherifici sui 19 in attività nel nostro Paese. In ambito UE, la produzione di zucchero ha subìto un decremento pari a un milione di tonnellate. I prezzi internazionali della materia prima hanno raggiunto livelli record. Non bastasse tutto questo - sottolinea Assitol - la riduzione della disponibilità di melasso e di zucchero industriale, si è registrata negli stessi anni in cui è aumentata la loro richie-

sta per la produzione di elettricità da biomassa e di bioetanolo, favorita da forti aiuti economici pubblici. Questo ha introdotto un elemento di notevole concorrenza per il comparto del lievito “che ora si vede sottrarre quote crescenti di materia prima per la produzione di energia alternativa ed assiste a forti incrementi di costo del melasso”, che non si trova più facilmente in Italia e neppure in Europa. Perciò, gli industriali del lievito devono andare a cercare la materia prima

anche in Medio Oriente e in Asia, pagando prezzi più alti ai quali si aggiungono i costi dei maggiori controlli necessari su prodotti non nazionali né comunitari, per poter continuare a garantire la qualità del prodotto finito. “Non bisogna dimenticare”, ricorda Assitol, “che il lievito non si limita a “gonfiare” il pane ma ne determina la fragranza, il colore e il gusto. I panificatori devono poter contare su un lievito altamente selezionato, in grado di offrire prestazioni inalterate nel

tempo. La stabilità del lievito è dunque una caratteristica fondamentale”. Le prospettive La decisione UE di accrescere il “fuori quota” per le esportazioni di zucchero, passando a un milione di tonnellate dal 1° gennaio 2012, lascia intravedere un peggioramento del mercato poiché gli stock di zucchero europei subiranno una ulteriore diminuzione. E a settembre, la situazione potrebbe diventare davvero spinosa: si prevedono, infatti ulteriori aumenti del costo del melas-

so, che avrebbero come conseguenza una crescita del prezzo finale del lievito. Per questo, gli industriali del lievito, che non intendono chiedere aiuti finanziari, hanno ritenuto sia arrivato il momento di lanciare un grido d’allarme, avvertendo le istituzioni italiane ed europee delle difficoltà del comparto e delle conseguenze che ne potrebbero derivare. Mantenere la produzione di zucchero al disotto della domanda europea appare sempre più insostenibile anche per la concorrenza del bioetanolo. Le quote di produzione, pertanto, vanno ritoccate verso l’alto. La stessa Corte dei Conti europea, analizzando gli effetti dell’OCM zucchero ha ribadito la necessità di un adeguamento dei quantitativi di produzione nei singoli stati, allo scopo di ridare competitività ai produttori agricoli e alle industrie. Per tutto questo, “il Gruppo Lievito chiede alle autorità italiane di farsi portavoce delle difficoltà del comparto presso la UE. E di farlo presto”. <

Nuovi rialzi sui listini del grano La siccità che sta colpendo l’Europa si riflette sulle quotazioni del cereale

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l caldo inizia a farsi sentire e i suoi riflessi colpiscono le quotazioni del grano. La siccità che si sta abbattendo sull’Europa sta compromettendo le coltivazioni. E così il prezzo del frumento è tornato a salire. Dopo una ventina di giorni di tranquillità, in cui le quotazioni erano tornate ad assestarsi sotto i sette dollari per bushel (come si può vedere dal grafico in pagina), la scorsa settimana sono tornati i rialzi: il grano ha superato nuovamente la soglia degli otto dollari per bushel. A gettare scompiglio nei mercati è stata la situazione climatica di Germania e Francia: i principali esportatori di frumento del Vecchio Continente. Nei due Paesi, è probabile che non pioverà fino a giugno e questo avrà delle serie ripercussioni sulla produzione cerealicola. Non a caso la Francia è stata costretta a correre ai ripari, razionalizzando l’acqua in alcuni dipartimenti. Come sottolineava il Sole 24 ore, gli speculatori hanno “drizzato le orecchie” sentendo queste

Le quotazioni del grano negli ultimi sei mesi

notizie e hanno iniziato a fare man bassa di commodities agricole. Il rischio di un nuovo rialzo è quindi dietro l’angolo. Conseguenze sui mercati delle farine, almeno in Italia, ancora non ci sono stati. Le quotazioni della Granaria di Milano sono infatti rimaste stabili negli ultimi due mesi. L’assenza di incrementi, però, non deve essere letta per forza come un’ottima notizia. I prezzi degli sfarinati di frumento tenero, ad oggi, sono molto superiori a quelli registrati a giugno dello scorso anno: il tipo “00” W 380-430 del +24,76 percento, mentre il tipo “00” W 180-200 del + 40

percento. La situazione è quindi ancora incerta. Tant’è vero che la stessa Fao, nel divulgare l’indice mensile dei prezzi alimentari, non ha mancato di sottolineare questo aspetto. Se ad aprile i prezzi sono rimasti pressoché infatti rispetto a marzo, c’è da dire che sono ancora più alti del 36 percento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un po’ come avviene per gli sfarinati. E il fattore “cereali” rivestirà un ruolo importante in futuro. «Il calo del dollaro e l’incremento del prezzo del petrolio stanno contribuendo a mantenere alti i prezzi delle derrate, in

particolare dei cereali», ha spiegato David Hallam, Direttore della Divisione FAO Commercio e Mercati. «Con una domanda che continua ad essere sostenuta, le prospettive di un ritorno a prezzi più normali dipenderà principalmente da quanto la produzione aumenterà nel 2011 e in che misura nella prossima stagione verranno ricostituite le scorte cerealicole». Le ultime indicazioni fanno pensare ad una ripresa della produzione cerealicola nel 2011, partendo dal presupposto che ci saranno condizioni meteorologiche normali. In questo caso, le previsioni parlano di un aumento della produzione mondiale di grano intorno al 3,5 percento. Ma le incognite, come ha fatto notare Abdolreza Abbassian, esperto FAO del mercato del grano, sono dietro l’angolo. «Le prospettive della produzione per il 2010 erano estremamente favorevoli un anno fa in questo stesso periodo», ha dichiarato, «ma poi condizioni meteorologiche avverse tra luglio ed ottobre hanno cambiato drasticamente le previsioni». <


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Info alle aziende

Ferie, un diritto irrinunciabile Dalla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro il riepilogo di regole e scadenze A Cura della Fondazione studi Consulenti del lavoro

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rrinunciabilità delle ferie e fruizione delle stesse in tempi ben definiti. Seppur concordati fra le parti, infatti, i periodi di ferie sono sottoposti a regole precise: entro il 30 giugno i datori di lavoro devono concedere ai lavoratori dipendenti l’effettiva fruizione dei periodi di ferie maturati e non ancora goduti relativi ai 18 mesi precedenti. La normativa intervenuta nel tempo ha modificato notevolmente sia i criteri di scelta dei periodi, sia gli obblighi contributivi legati alla mancata fruizione. Numerose sentenze, circolari ministeriali ed interpelli ministeriali, inoltre, hanno reso più chiare le linee sulle quali si devono orientare datori e lavoratori per questi periodi di recupero delle energie. Numerosi contratti collettivi, infine, intervengono in modo sostanziale sia sulla durata e sia sulle regole di fruibilità. Di questo e della complessa normativa che regola le ferie, si occupa la Fondazione Studi con un e book, che contiene riepiloghi, tabelle di sintesi e fac simili per la corretta gestione dell’istituto, nonché le risposte ai quesiti più frequenti. Maturazione collegata all’effettiva prestazione di lavoro I giorni di ferie spettanti si calcolano considerando due variabili: la maturazione del diritto al momento del godimento delle ferie; la durata stabilita dai contratti collettivi o, in alcuni casi particolari, dalla legge. La maturazione delle ferie è collegata all’effettiva prestazione di lavoro. Esse, infatti, maturano, durante un periodo di dodici mesi stabilito dalla legge, in presenza della prestazione lavorativa o di un’assenza che, dalla legge o dai contratti collettivi, è equiparata al servizio effettivo. Le ferie maturano anche durante il periodo di prova. Il dipendente che non lavora per l’intero periodo di maturazione – come di frequente accade nei contratti a tempo determinato o in caso di assunzione o cessazione in corso d’anno – ha diritto ad un numero di giorni di ferie proporzionale al servizio effettivamente prestato. Durata minima di 4 settimane, possibile ampliamento dai contratti collettivi La durata minima delle ferie prevista dalla legge è di quattro settimane per un anno di servizio equivalenti, nel caso di fruizione di un periodo consecutivo, a 28 giorni di calendario. I contrati collettivi (cc) nazionali, territoriali, ed aziendali possono prevedere una durata minima superiore, i criteri di calcolo dei giorni (di calendario o lavorativi) o le regole da seguire in caso di concomitanza dei giorni festivi. I cc stabiliscono la durata delle ferie generalmente in base alla qualifica contrattuale e all’anzianità di servizio del lavoratore. Le ferie possono essere espresse in settimane, giorni di calendario, oppure in giorni lavorativi. Se un cc fa riferimento ai giorni lavorativi considerando la settimana lavorativa di sei giorni, nel calcolo delle ferie si deve conteggiare anche il sabato, anche se in azienda si adotta la settimana corta (5 giorni lavorativi). Fruizione irrinunciabile, i patti contrari sono nulli La fruizione delle ferie è un diritto irrinunciabile;

qualsiasi patto contrario, sia esso contenuto in un cc o in un contratto individuale, è nullo e da ciò ne consegue l’automatica sostituzione della clausola nulla con la disposizione attributiva del diritto stesso. Le ferie non godute non possono essere sostituite dalla relativa indennità, salvi i casi tassativamente indicati dalla legge. Salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla disciplina riferita a specifiche categorie il periodo minimo annuale legale di ferie retribuite va goduto: - per almeno due settimane nel corso del periodo di maturazione - per le restanti due settimane, entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione, salvo i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrazione collettiva. I giorni eccedenti il periodo minimo legale eventualmente previsti dalla contrazione collettiva o dal contratto individuale possono essere fruiti nel termine stabilito dagli accordi stessi o, in mancanza, dagli usi aziendali. La scelta del periodo feriale richiede accordo fra le parti La scelta di fruizione del periodo irrinunciabile di riposo è lasciata al datore di lavoro che opererà contemperando le esigenze e gli interessi del lavoratore con le necessità di servizio. Su questo aspetto la giurisprudenza è intervenuta abbastanza spesso per dettare regole in merito alla collocazione in ferie messa in atto unilateralmente dal datore o alla sospensione lavorativa decisa dal lavoratore in modo arbitrario. Il consolidato orientamento della Cassazione prevede che il potere di determinare il periodo di fruizione spetta al datore, in virtù del potere organizzativo e direttivo attribuitogli. Ferie intere o ridotte, la CIG richiede una rideterminazione Il periodo di crisi economica, a causa dell’aumento del ricorso alla cassa integrazione guadagni a zero ore, riduce i giorni di ferie dei lavoratori dipendenti. I rapporti tra le ferie e gli altri istituti che possono

UN PORTALE PER VALUTARE LO STRESS na soluzione per la valutazione dello stress lavoro-correlato arriva dall’Inail. L’istituto assicuratore ha messo a disposizione di tutti i datori di lavoro un apposito portale, dove si potranno trovare risorse e strumenti per adempiere all’obbligo previsto dal Testo Unico sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. L’obiettivo principale del portale è semplice: supportare, con strumenti scientificamente validati, le aziende nel processo di valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-corre-

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lato, nel rispetto della normativa vigente. Nello stesso, i datori di lavoro potranno trovare tutta la documentazione di approfondimento sulla tematica e, previa registrazione, saranno disponibili strumenti per effettuare la valutazione e la conseguente gestione del rischio da stress lavoro-correlato attraverso un percorso scientificamente cor-

interromperne il godimento sono regolati dalle norme sui singoli istituti, ma anche da giurisprudenza e prassi amministrativa. Per quanto riguarda la CIG c’è da distinguere tra lavoratore soggetto a CIG che presta la propria opera a orario ridotto e il lavoratore CIG a “zero ore” che non presta alcuna attività lavorativa. Il principio generale sulla natura delle ferie si fonda sull’obiettivo di reintegrare le energie psicofisiche consumate in relazione al servizio prestato o da prestare in un anno intero. Per il lavoratore in CIG a “zero ore”, proprio per il fatto che non si verifica la necessità di reintegrare tali energie, di norma non c’è maturazione del diritto alle ferie. Diverso, invece, il caso di un lavoratore in CIG con prestazione lavorativa ridotta. Per tale soggetto matura il diritto alle ferie, in considerazione del fatto che si tratta sempre di periodi lavorativi effettuati anche se in forma ridotta. Stesso principio si applica ai contratti di solidarietà. Ferie non godute obbligano a contributi entro il 22 agosto Il 16 agosto, termine spostato quest’anno al 22 agosto per effetto degli slittamenti fiscali, scade il termine per pagare i contributi sulle ferie non godute relative al 2009. L’Inps ha stabilito i criteri per l’individuazione del momento in cui sorge l’obbligo contributivo sui compensi maturati dal lavoratore per ferie ancora da godere. Nel caso di una previsione legale o contrattuale che prevede un termine per la fruizione delle stesse, tale termine diventa il termine entro il quale versare la contribuzione. Regolamenti aziendali e/o patti individuali possono spostare il termine di fruizione con conseguente spostamento anche dell’obbligo contributivo. In assenza di norme contrattuali, regolamenti aziendali, ecc. la scadenza della obbligazione contributiva è fissata al 18° mese successivo al termine dell’a delle ferie. In caso di ferie maturate del 2009 e non godute alla data del 30.06.2011 la procedura, in riferimento è contenuta nella circolare Inps n° 136/07.nno solare di maturazione. L’e book è disponibile sul sito della Fondazione studi all’indirizzo www.consulentidellavoro.it <

Si ringraziano per il sostegno all’attività del Gruppo Giovani le aziende retto, con il coinvolgimento coordinato, partecipato ed integrato dei lavoratori e delle figure della prevenzione presenti in azienda. In più, sul portale è possibile scaricare il pdf del manuale «Valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato. Per accedere alla risorsa: http://www.ispesl.it/focusstresslavorocorrelato/index.asp.


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Tecniche di panificazione

Sale: benedizione o veleno? Il lato oscuro dell’“oro bianco” di Carlo Gronchi

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tiamo parlando del sale, la gemma di perfetti cristalli cubici che arricchisce di sapore il cibo, pane compreso. Oggi meno del 5% del sale prodotto al mondo è consumato (più o meno direttamente) a scopi alimentari, come alimento per l’uomo o come integratore nell’allevamento del bestiame. Il prodotto ha subito una forte svalutazione imputabile al basso costo di estrazione da miniere (salgemma), da giacimenti sotterranei nei quali si pompa acqua e da cui si estrae salamoia, da giacimenti in superficie (alvei di laghi salati prosciugatisi nel tempo), da fonti termali e da saline e, infine, in quantità non trascurabile, anche da reazioni chimiche di neutralizzazione con Soda, Soda Solvay o Bicarbonato di Sodio, di soluzioni di Acido Cloridrico. Nella produzione dei cosiddetti preparati per brodo o degli aromatizzanti in polvere, grosse molecole proteiche di origine vegetale come quelle del glutine o proteine animali di basso costo vengono idrolizzate a caldo con Acido Cloridrico per ottenerne la scissione in peptidi ed aminoacidi. Raggiunto lo scopo si aggiunge Soda per riportare alla neutralità lo “sciroppo” ottenuto, formando così del Cloruro di Sodio. A questo punto si concentra lo sciroppo si ottiene una pasta o una polvere o un granulato che, integrati opportunamente con grassi, piante aromatiche, spezie o loro estratti ed addizionati di MonoSodioGlutamato e di altri esaltatori del sapore (e dell’odore), serviranno per ottenere dadi da brodo, o polveri o granulati a spiccata valenza aromatizzante. Usati nel liquido di cottura delle verdure ne migliorano notevolmente il sapore e riducono di parecchio il sale necessario per condirle e renderle più appetibili, sopratutto ai bambini. Possono aromatizzare un sugo piuttosto che un contorno o un piatto a base di carne o pesce; da anni sono impiegati per patatine e pop-corn. Tutti questi preparati veicolano la quinta sensazione gustativa: l’UMAMI, essenzialmente riconducibile alla carne trattata con MSG (MonoSodioGlutamato) e non adeguatamente descrivibile in termini di dolce, salato, amaro e acido. Apro una parentesi dovuta: il MSG è il sale di Sodio di uno degli aminoacidi più diffusi in natura: l’Acido Glutamico. Questo aminoacido è una sostanza jolly, che, nel nostro organismo, si presta ad essere utilizzata come intermedio metabolico in diverse trasformazioni biochimiche. È ampiamente rappresentato anche nelle proteine del frumento, NON PROVOCA IL CANCRO, non è velenoso e solo se usato in grandissimo eccesso può forse indurre, in soggetti particolarmente sensibili, quella che una volta era chiamata “SINDROME DA CUCINA CINESE”: un leggero ma abbastanza persistente giramento di testa, peraltro privo di conseguenze. Il MSG, che è sostituibile con il MPG (MonoPotassioGlutamato), ha ancora oggi il grande merito di riuscire a ridurre in modo sostanziale la quantità di sale da cucina necessaria per esaltare opportunamente il sapore ed il profumo del cibo (un’Arte ed una Scienza coltivate dai grandi cuochi e pasticceri, arte che oggi può aiutare un’umanità poco saggia a sanare le conseguenze di abusi reiterati di Cloruro di Sodio). Anche i panificatori possono dare un grande contributo in merito, non fosse altro per il fatto che LA QUALITÀ DEL PANE, PER QUANTO POCO OGGI SE NE MANGI, DETERMINA IL LIVELLO DI SODDISFAZIONE RAGGIUNGIBILE CON LA DEGUSTAZIONE DI UN GRANDE PIATTO DELLA CUCINA ITALIANA. Il pane, prima che bello e sviluppato, deve essere molto buono e deve riuscire a far venire l’acquolina in bocca con il suo solo profumo; il suo essere naturalmente saporito (e mai salato) deve aiutare il cibo che accompagna a sprigionare tutta la sua bontà, senza mortificarlo. Chi non fosse d’accordo con queste affermazioni volutamente provocatorie è pregato per qualche giorno di portare in tavola, al posto dei pani freschi delle tante tradizioni italiane, solo crackers e pane in cassetta. Con tutto il rispetto dovuto per questi meritori prodotti dell’industria si accorgerà presto che ad alcuni piatti un po’ speciali manca un degno compagno di avventura. A proposito di prodotti dell’industria: occorre ricordare che già da qualche anno, ben prima che si muovessero i panificatori, alcune multinazionali hanno iniziato a tener conto dell’invito, da parte delle Autorità responsabili della tutela della pubblica salute nei Paesi sviluppati, a ridurre le concentrazioni di Sodio almeno in alcuni alimenti di grande e generalizzato con-

sumo come il pane. Ho detto intenzionalmente SODIO e non SALE perché il consumo eccessivo tanto temuto per le innegabili conseguenze che può avere sulla stato di salute e sulla qualità della vita delle persone nella fase più critica della vita (terza età) riguarda solo lo ione metallico alcalino Na+ recante una carica positiva e non l’anione Cloruro, Cl- , con la sua carica negativa. In effetti è più corretto parlare di riduzione del contenuto di Sodio presente nella dieta, piuttosto che di riduzione del Sale, anche perché il sale da cucina, a ben vedere, non è l’unico veicolo alimentare di Sodio. Questo elemento è poco rappresentato nei prodotti vegetali ed in quelli animali non ancora trasformati; la sua presenza è relativamente alta solo in alcuni latti, come, ad esempio, quello di capra; questo perché i cuccioli di molti mammiferi hanno, nella fase di crescita, un discreto fabbisogno di Sodio. Anche i cuccioli d’uomo, dopo il quarto mese di vita, dimostrano una certa istintiva predilezione per cibi moderatamente insaporiti con il sale. Verso il terzo anno di vita si fa invece netto il rifiuto dell’acqua anche minimamente salata, mentre rimane la preferenza per i cibi poco salati rispetto a quelli insipidi o eccessivamente salati, forse con l’unica eccezione della patatine fritte che vengono ingurgitate anche se troppo ricche di sale. Del resto il Sodio è un nutriente indispensabile, assolutamente essenziale, come ben sa chi ha avuto un collasso per eccessiva perdita di sale con la sudorazione. Perché solo oggi ci troviamo a fare i conti con questo eccesso alimentare onestamente di non facile con-

tenimento? Perché in passato non si è mai verificata,almeno nei termini attuali, una emergenza del genere? A che cosa il sale deve il suo storico successo presso quasi tutte le culture ed anche il grande valore attribuitogli in passato, quando era la paga ambita (salario) dei soldati romani? Cominciando proprio da quest’ultima domanda le risposte sono: - è un ottimo e per tanti versi insostituibile conservante (carne, pesce, capperi, olive); - è l’indispensabile ingrediente di alcuni condimenti “storici” come il GARUM, la COLATURA DI ALICI, il TAMARI; - serve nella fase preliminare della concia delle pelli - entra nel meccanismo di fissazione dei coloranti naturali; - bovini ed ovini ne richiedono rispettivamente 25-30 kg e 3 kg per capo, all’anno; - in miscela con il ghiaccio ha consentito, assai prima della invenzione del frigorifero, di produrre sorbetti - è il più antico e versatile “miglioratore” per la panificazione; - l’acqua al 1% di sale consente di ottenere la perfetta cottura della pasta; - è un’aromatizzante universale che, se puro, è privo di retrogusti e riesce a rendere più invitanti i cibi (anche quelli di qualità scadente) compresi i dolci; - incrementa la percezione della “pienezza” e dello “spessore” di un alimento, dando la sensazione che esso contenga meno acqua di quanta in realtà ne possegga; - non esiste alcun’altra sostanza chimica che, da sola, lo possa sostituire integralmente; - non è deperibile e, se non si scioglie in acqua, dura almeno per ere geologiche; - il sale marino, anche sotto forma di pesce salato, è stato storicamente il più efficiente mezzo di prevenzione del gozzo (e del conseguente cretinismo endemico) nelle valli alpine; è un ottimo veicolo per lo Io-

dio, microelemento indispensabile per la regolazione del nostro metabolismo. In passato, ed in sostanza fino a quando sono durati i Monopoli che per conto degli Stati commercializzavano quello alimentare e quello pastorizio, il sale costava relativamente caro, era guardato con rispetto, se ne assumeva assai meno perché i cibi che ne contenevano molto erano cari (salumi, insaccati, formaggi, alici, capperi, merluzzo, aringhe, saracche e salmone, pomodori essiccati...) e le carni, che notoriamente ne richiedono parecchio per insaporirsi, raramente comparivano sulle tavole. Sul sale gravavano gabelle pesantissime che erano, probabilmente, le uniche a poter essere riscosse integralmente da tutte le classi sociali: un vero e proprio ricatto. A Siena il Libero Comune conservava il suo “ORO BIANCO” nei sotterranei del Palazzo Comunale ed era questo l’unico sale, dal costo esorbitante per le gabelle che lo gravavano, che potesse essere commercializzato sul territorio; le pene per i contrabbandieri erano, allora, veramente terrificanti....... Prima in molti Comuni toscani e qualche secolo più tardi anche nella Perugia papalina, la popolazione decise che era stufa di essere vessata da cotale perversa gabella e si dette a richiedere e consumare, in spregio dell’Autorità così rapace, pane “sciocco”, “sciapo”, senza sale, come “sciocca” era stato chi aveva imposto una così ripugnante ed esosa tassa. Il pane, per lo più bigio o scuro, era, in effetti, l’unico alimento dal quale potesse essere eliminato totalmente (e senza gravi rischi per la salute) il già basso contenuto in sale. Allora si poteva, dato che le pezzature erano tra il grande e l’enorme e lo sviluppo delle forme, sempre piuttosto aleatorio, non era certo ricercato ad ogni costo, come spesso accade oggi. Risultato: da allora in poi il sale sarebbe stato veicolato dai soliti alimenti assai salati, sia per sapore che per costo ed il pane, assai spesso l’unico nutrimento per i meno abbienti, non sarebbe più stato assoggettato ad un’ulteriore gabella, oltre a quelle già gravanti sui grani, sulla macinazione e suoi forni. Se si fosse trattato di pane preparato con sfarinati di segale ed acqua di nevaio, non sarebbe stato possibile, nella sua lavorazione, fare a meno del sale, come ben sanno i panificatori delle zone alpine (che sono anche quelli che hanno espresso qualche perplessità nei confronti della campagna per la riduzione del Sodio nel pane). Il fatto è che anche nelle valli alpine i consumi alimentari sono molto cambiati e la “perversione del gusto” per reiterato consumo di alimenti eccessivamente salati ha colpito duramente anche lassù. Risultato, anche nei pretzels è necessario ridurre il sale e la cosa è possibile, come vedremo più avanti, senza che il consumatore se ne accorga ed abbia a lamentarsene. Siamo arrivati a questa dolorosa presa di coscienza dopo che la spesa per l’alimentazione è diventata marginale rispetto ad altri consumi, dopo che ci siamo rimpinzati davanti al televisore, o durante gli aperitivi e gli spuntini, di: salatini, patatine, pop-corn, stuzzichini, crackers, soft-drinks ed anche dolciumi che forse non avrebbero dovuto contenere quantità così elevate (e non necessarie) di sale. Abbiamo abusato di salumi e formaggi troppo salati perché di scarsa qualità, minimamente stagionati ma molto a buon mercato. Una cosa analoga, diciamolo con il simpatico sogghigno mefistofelico dell’Ignazio Nazionale, è successa con l’acquisto frettoloso, acritico e poco saggio di pani ai quali non si poteva chiedere altro che il sapore del sale: un gusto un po’ amaro, come dice il poeta cantautore, anche perché il sale, oltre che in eccesso, non era, spesso, neppure quello giusto. Queste scelte, oggi, rischiamo di pagarle carissime, ma è inutile disperarsi, perché, con un po’ di impegno, è nelle nostre possibilità ridurre gli eccessi alimentari e passare dal “semplice mangiare” all’arte del nutrire il corpo e la mente, risparmiare sulle cure mediche presenti e future e continuare a godere al meglio la vita, ricominciando per prima cosa a scegliere pane fresco di qualità, fatto apposta per noi dal nostro panettiere di fiducia che ha a cuore la lunga vita dei suoi buoni clienti. Nel seguito del discorso saranno affrontati, assieme a curiosità di interesse storico, anche importanti argomenti sull’uso tecnologico del sale, sulla sua scelta e su quella dei suoi possibili sostituti in panificazione e pasticceria. <


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Interviste ai panificatori

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iuseppe Butera, 37 anni, è panificatore a Sambuca Di Sicilia, ameno paese di oltre 6 mila abitanti, adagiato a 350 metri di quota, nella Valle del Belice. Dista una novantina di chilometri da Agrigento, capoluogo di provincia e a circa 80 da Palermo. Giuseppe, che è iscritto al Gruppo Giovani, ha iniziato da ragazzo a praticare l’arte bianca. Un orientamento spontaneo, spiega, nato dal fascino di questo mestiere: nessuno prima di lui, in famiglia, si era dedicato alla panificazione. Oggi lavora con la moglie Girolama e due dipendenti. Gli chiediamo di raccontarci la sua esperienza. “La mattina, da ragazzo, quando andavo a comprare il pane, rimanevo un quarto d’ora ad ammirare come veniva fatto”, racconta. “Così, quando avevo appena quattordici anni, ho iniziato come apprendista. Nel ’92 ho acquistato il mio primo forno, in una zona di campagna, e dopo poco mi sono trasferito in paese. Qui mi sono accorto che le esigenze già cominciavano a cambiare: c’era domanda per qualche prodotto per la colazione,

Butera: un fornaio che non rinuncia al confronto

poi si chiedeva un po’ di rosticceria per spuntini e pranzi veloci. Ho cercato quindi di imparare a lavorare anche con questi prodotti e li ho aggiunti alla mia offerta. Nel 2000, ho aperto il mio nuovo panificio, grazie anche a un amico che mi ha dato consigli validissimi sul tipo di forno da adope-

rare”. Chiediamo, quindi, quali scelte ha praticato in merito al forno. “Avevo un forno a legna che poi ho lasciato per un forno elettrico”, spiega, “ e ho visto che, lavorando con molta passione e riportando la metodologia di lavorazione alle origini della tradizione, la cottura elettrica è

ottimale. Soprattutto visto che noi puntiamo su prodotti di qualità, con scelta ampia e variabile a seconda delle esigenze: dal pane piccolo a quello più tradizionale di pezzatura grande come si faceva nel passato”. L’azienda di Giuseppe si sviluppa su circa 110 mq ed il negozio ha anche un banco di salumeria.

Il lavoro, la mattina, inizia con la colazione, “poi procediamo con tutte le forme del pane; verso mezzogiorno iniziamo con gli stuzzichini per i pranzi veloci. Nel pomeriggio, l’azienda funziona come una pizzeria e, con focacce, rustici e pizze al suolo riesce a soddisfare tutte le esigenze”. Chiediamo infine a Giuseppe un commento sul suo percorso professionale. “Sono molto contento”, dice, perché sono partito da zero e oggi ho una mia azienda con dipendenti che in estate aumentano; mi rende molto orgoglioso il poter dare lavoro ad altri. Penso di aver preso la strada giusta, anche grazie al collega Tudisco, che mi ha inserito in questa grande famiglia che è il Gruppo Giovani, attraverso il quale io voglio crescere ancora, lavorare con serenità fa-

cendo vedere ai miei clienti quanto sia affascinante quest’arte. Non mi sento solo, perché so che posso confrontarmi con altri anche semplicemente al telefono con scambi veloci di suggerimenti. Tra i miei progetti”, conclude, “c’è anche quello di allargare il locale per dare più spazio ai banconi della sala vendita e migliorare così l’immagine all’azienda. E’ un progetto che vorrei realizzare a breve. La vera difficoltà è che se aumentiamo la scelta dei prodotti, si allungano le ore di lavoro con aumento delle spese di gestione nonché una vita completamente vissuta nel panificio. La presenza del titolare in azienda è però davvero molto importante per il cliente e per ora mi dà più serenità seguire l’azienda che staccarmi dal lavoro”. Rosanna Iacovino (ro.iacovino@tiscali.it)


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Ricette a cura di Rosanna Iacovino

Un plum cake gustoso e bicolore T

ra i dolci da forno, le paste lievitate come i plum cake trovano un’ottima collocazione. Questa ricetta è straordinaria per l’innovazione negli ingredienti. Il tè verde accoppiato al cioccolato bianco crea un leggero contrasto assai piacevole da assaporare.

Plum cake al tè verde e cioccolato INGREDIENTI farina mandorle in polvere uova zucchero burro tè verde cioccolato bianco lievito secco per dolci sale

100 g 80 g 3 170 g 170 g 30 g 75 g 18 g 1 presa

Procedimento Tenendo da parte il cioccolato e il tè verde, realizzare in planetaria con tutti gli altri ingredienti un composto omogeneo da dividere in due parti: in una aggiungere il tè verde e amalgamare bene,; nell’altra aggiungere il cioccolato bianco precedentemente sciolto. Imburrare ed infarinare uno stampo da plum cake e versarvi il composto, alternando quello verde con quello bianco per ottenere un effetto marmorizzato. Cuocere in forno a 180° C per 40 minuti.

Cioccolato e mandorle, passione unica Rustico appetitoso per un pranzo veloce L a forma dei prodotti dolciari o panari non è un elemento da sottovalutare, poiché contribuisce in maniera determinante all’effetto “colpo d’occhio”. Il profumo e la fragranza del prodotto, unitamente alla capacità dell’addetto alle vendite. fanno il resto. Questa ricetta presenta un tronchetto, cioè un dolce dalla forma assai accattivante, realizzato con ingredienti classici.

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n questa ricetta gli spinaci, un classico del ripieno rustico, vengono abbinati all’affettato di tacchino che, nei pasti veloci, sta prendendo piede per la sua digeribilità e versatilità.

Rustico con spinaci INGREDIENTI pasta sfoglia Per il ripieno spinaci lessati affettato di tacchino grana grattugiato ricotta Per condire sale pepe

300 g 300 g 500 g 50 g 200 g

Procedimento Divedere la pasta frolla in due parte da 2/3 e 1/3. Frullare l’affettato di tacchino con la ricotta, condire con sale e pepe e amalgamare insieme agli spinaci e il grana. Con la pasta più abbondante ricoprire una tortiera e riempire con il ripieno. Con la pasta rimanente, una volta stesa, fare il disco di copertura. Cuocere in forno a 200° C per 30 minuti.

Tronchetto cioccolato e mandorle INGREDIENTI farina uova zucchero burro mandorle a scaglie cioccolato fondente latte cacao amaro lievito per dolci sale

180 g 3 170 g 150 g 50 g 75 g 5 cl 40 g 18 g 1

Procedimento Impastare la farina, le uova., lo zucchero, il latte, il sale e il lievito ed ottenere un composto omogeneo. Dividere l’impasto in due: nel primo aggiungere mandorle a scaglie, nel secondo aggiungere il cacao e la cioccolata grattugiata. Imburrare uno stampo da plum cake e versare alternandoli, i due composti nello stampo. Cuocere in forno a 180° C per 40 minuti.


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Ricette a cura di Rosanna Iacovino

Torta salata con pesto e prosciutto U

n incrocio tra una quiche e una torta rustica. Questa ricetta risulta molto gustosa, piuttosto appetitosa e originale nell’ingredientistica.

Torta salata al pesto INGREDIENTI pasta sfoglia Per il ripieno uova prosciutto crudo a dadini sale panna da cucina pesto di basilico

500 g 2 100 g 100 g 120 g

Procedimento Stendere la pasta sfoglia in una tortiera; sbattere le uova, salare e unire la panna e il prosciutto a dadini e il pesto e versare il composto sulla pasta sfoglia. Cuocere in forno a 200° per 30 minuti.

Le classiche pizzette di sfoglia arricchite di olive

Un’idea nuova per la piccola pasticceria da forno

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on c’è aperitivo, festa, rinfresco e buffet che non veda protagoniste le pizzette sfoglia. Ecco un classico proposto in versione mediterranea con gli ingredienti propri dei sapori del nostro Paese.

uesta ricetta di crostatine dolci con giuncata e miele merita una particolare attenzione per i suoi ingredienti, non certo usuali La giuncata è un formaggio fresco molle di latte caprino o vaccino. Ha forma cilindrica o fusiforme, dovuta al contenitore di giunco in cui viene inserita la cagliata. Non è salato, quindi è un formaggio tendenzialmente dolce. Il miele di acacia è molto conosciuto ed apprezzato per il sapore delicato, con un sentore leggermente vanigliato e retrogusto di mandorle amare.

Crostatine con giuncata e miele INGREDIENTI per 12 pezzi giuncata farina zucchero panna liquida burro uova limone aromi: miele di acacia

250 g 150 g 200 g 1,3 dl 125 g 3 1 vaniglia in polvere 60 g

Procedimento Preparare la pasta per le crostatine amalgamando il burro con 100 grammi di zucchero, la farina, 1 uovo, la vaniglia e la buccia grattugiata del limone. Far riposare la pasta in frigorifero per 1 ora. Stendere la pasta allo spessore di 3 mm e ricoprirne 12 stampi da crostatina e cuocere in forno per 8 minuti circa a 180° C. A parte preparare la crema del ripieno, amalgamando la giuncata con gli altri ingredienti rimanenti, dopo aver montato a neve gli albumi delle uova. Riempire gli stampi con pasta cotta e tiepida e rimettere in forno per altri 10 minuti a 180° C.

Pizzette sfoglia mediterranee INGREDIENTI pasta sfoglia passata di pomodoro mozzarella foglie di basilico olive snocciolate verdi o nere Per condire olio origano sale

250 g 2,5 dl 100 g 30 g 50 g

Procedimento Stendere la pasta sfoglia a 3 mm di spessore e realizzarne dei dischetti di 6 cm di diametro. Mettervi sopra un cucchiaio abbondante di pomodoro, dei pezzetti di mozzarella, del basilico e le olive in abbondanza. Condire con origano olio e sale e cuocere in forno a 220° C per 10-12 minuti.


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Province

La scelta della Regione Abruzzo per la formazione professionale C

on la delibera n.306, approvata nella seduta del 9 maggio scorso, la Giunta regionale dell’Abruzzo ha provveduto a definire la figura professionale di Operatore di panificio e pastificio, “ai fini dell’organizzazione e dell’attivazione di appositi corsi di formazione professionale” e ha “altresì approvato gli indirizzi per i contenuti minimi del corso di formazione per il conseguimento di tale qualifica”. Con questo atto la Giunta abruzzese ha compiuto un sostanziale passo avanti verso l’attivazione di moderni programmi di formazione professionale per i due comparti interessati. Le caratteristiche che dovranno avere i corsi e i loro contenuti sono

definiti con grande precisione nell’allegato A della delibera che, all’art. 1 stabilisce che cosa è un “operatore di panificio e pastificio”: una professionalità che opera “prevalentemente nel settore della produzione di prodotti pastifici freschi e prodotti di panificazione. Esegue e controlla tutto il processo di lavorazione, sia attraverso lavorazioni di tipo manuale (modellamento dei prodotti), che attraverso l’utilizzo di macchinari e strumentazioni (impasto), nel rispetto delle norme alimentari e di igiene”. Questa figura professionale, stabilisce ancora il documento, può essere considerata “sia come qualifica di accesso all’area professionale che co-

me qualifica di approfondimento tecnico e specializzazione”. Gli standard professionali possono essere raggiunti sia da persone non in possesso di conoscenze o capacità pregresse, “che attraverso il corso si inseriscono in quest’area professionale”, sia da persone “in possesso di conoscenze e capacità di base rispetto all’area, che attraverso il corso vengono sviluppate e approfondite”. Le durate dei differenti corsi “derivano pertanto dalle diverse finalità legate alle diverse tipologie di utenti”. I contenuti formativi contemplano: lavorazione impasti, lavorazione sfoglia e formatura semilavorati, lievitazione se-

milavorati, cottura prodotti di panificazione. Per ciascuna di queste “Unità di competenza” il documento stabilisce le capacità e le conoscenze cui gli allievi dovranno pervenire. Sono previsti due diversi percorsi formativi: corsi di 600 ore, “finalizzati alla professionalizzazione di giovani/adulti inoccupati, che hanno assolto il diritto dovere all’istruzione e alla formazione, non in possesso di conoscenze-capacità pregresse rispetto all’area professionale”; corsi di 400 ore “finalizzati alla professionalizzazione di giovani/adulti occupati o disoccupati in possesso di conoscenze e capacità di base rispetto all’area professionale”.

A Gonnosfanadiga si festeggia il Pane

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abato 21 a domenica 22 maggio si è svolta a Gonnosfanadiga, nella provincia del Medio Campidano, l’8a edizione della Festa del Pane Tipico Gonnese. La manifestazione è diventata un punto fisso nel panorama delle manifestazioni stagionali di questo attivo borgo, di circa 7 mila abitanti. Per due giorni, la centrale via Porru Bonelli ha ospitato gli stand espositivi dei pani tradizionali della Sardegna, mentre nella piazza Vittorio Emanuele punto focale è stato il laboratorio allestito dai panificatori, e dei gazebo in cui erano esposti prodotti del forno. “E’ stato anche quest’anno un bel successo

di pubblico”, dice Gianfranco Porta, presidente dell’associazione provinciale di Cagliari, cui fanno capo anche i fornai del Medio Campidano. “Sabato mattina il nostro laboratorio è stato riservato all’attività didattica: abbiamo invitato una decina di classi delle vicine scuole elementari, gli abbiamo illustrato le caratteristiche del pane e le sue valenze nutrizionali. Oltre ai panificatori, a seguire i bambini e rispondere alle loro tante curiosità, si sono impegnati anche due esperti. Poi abbiamo panificato, perché questi giovanissimi potessero vedere dal vivo come nasce il nostro pane più tipico, su coccoi”.

Nel corso delle due giornate sono state offerte degustazioni di piatti tipici, secondo antiche ricette a base di pane. Domenica sera, in chiusura della manifestazione, i panificatori hanno offerto pane

abbrustolito condito con olio: la versione gonnese della bruschetta. “Ed è stato un vero successo”, commenta Porta, mettendo l’accento sulla partecipazione del pubblico: “Un flusso continuo”. <

LECCE, CONVOCATA L’ASSEMBLEA GENERALE Il presidente dell’associazione dei panificatori di Lecce, Franco Muci, chiama a raccolta i suoi. L’Assemblea generale si terrà il 5 giugno alle ore 9,00 presso il salone delle conferenze della Camera di commercio di Lecce, in via Gallipoli. All’Assemblea interverranno il presidente nazionale della Federazione, Luca Vecchiato, e il vicepresidente nazionale Franco la Sorsa. Tutti i panificatori sono invitati a partecipare per deliberare sul seguente ordine del giorno: Comunicazione del presidente provinciale; Intervento del presidente federale; Discussione dell’andamento del mercato delle materie prime; Bilancio 2011/2011 e prospettive per il 2012; Varie ed eventuali

Il polemico

Parte del percorso formativo “è costituito da esperienza pratiche (stage) e/o visite guidate in collegamento con i servizi della rete, da svolgersi in strutture protette di piccole dimensioni. Al termine del percorso

formativo gli allievi dovranno affrontare un esame finale “di fronte alla Commissione istituita dalla Regione Abruzzo/Province”. Posta in palio: l’attestato di qualifica di operatore di panificio. <

Latina, il 5 giugno la Festa del Panificatore

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l prossimo 5 giugno si svolgerà a Latina la Festa del Panificatore, organizzata dal Sindacato panificatori della provincia, guidato da Aldo Mazzocchi. L’appuntamento è per le ore 11, presso il Ristorante Bellamio, in via S.R. 148 Pontina. La festa sarà aperta dal benvenuto agli ospiti del presidente Mazzocchi, e dai saluti delle autorità: gli assessori regionali Stefano Zappalà (Turismo) e Pietro di Paolantonio (Attività produttive), l’assessore provinciale (Attività produttive) Domenico Capitani, il prefetto di Latina, Antonio D’Acunto, e il presidente della CCIAA di Latina, Vincenzo Zottola. E’ prevista anche la partecipazione del presidente della Federazione italiana Panificatori, Luca Vecchiato, che interverrà sui temi più attuali che interessano il comparto. Porterà il proprio contributo anche Marilena Rocchi. responsabile di Igiene Pubblica presso l’ ASL di Latina. A conclusione degli interventi la Festa del Panificatore continuerà con il tradizionale banchetto sociale.

Asti, per capire la differenza tra pane fresco e pane congelato

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i ripeterà anche quest’anno, nel quartiere Cattedrale di Asti, la passeggiata enogastronomica per giardini, cortili e piazze del centro storico della città, denominata Gustadom. La manifestazione si svolgerà tra le 19 e le 24 di sabato, 4 giugno e vi parteciperanno anche i fornai del Gruppo astigiano panificatori e pasticceri artigiani. Nel cortile della sede di Confartigianato Asti, sarà allestito un laboratorio completo di forno, dove i panificatori daranno dimostrazione pratica di che cosa sia la panificazione artigianale, in modo da far meglio conoscere al pubblico la reale differenza tra pane fresco e pane congelato. <

di Bruno Stella

Pubblicità e comunicazione

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on so se capita anche a voi, ma ogni volta che apro la posta elettronica devo dedicare svariati minuti al controllo di un numero rilevante di messaggi pubblicitari. Mi propongono repliche di orologi di prestigio a quattro soldi, scarpe di marca a prezzi ridotti, libri, viaggi, prestazioni professionali, lezioni per migliorare la mia resa nel lavoro e tanto altro. I più costanti e ripetitivi nell’offerta (oltre ai venditori di viagra e simili), sono quelli che propongono prestiti e mutui. Comodi, a tassi favorevoli, a rate contenute, fatti apposta per voi, da rimborsare in tempi lunghi, non fatevi sfuggire l’occasione... In questi anni di crisi l’offerta è aumentata di molto: vorresti quella certa cosa ma oggi non la puoi pagare? Nessun problema: grazie a noi la pagherai domani. O anche dopodomani. Insomma: un invito al debito che mi pare preoccupante, soprattutto alla luce dei dati Istat che si riferiscono ai bilanci famigliari. La crisi economica che stiamo ancora vivendo ha avuto effetti meno pesanti in Italia, rispetto ad altre na-

zioni europee, anche per la consistenza del risparmio delle famiglie. Ma ora, dice l’Istat, il risparmio è in sensibile calo, si è ridotta la spesa alimentare delle famiglie, gli acquisti si sono fatti più selettivi, il rischio di povertà riguarda un buon numero di italiani. Tutto questo ha scatenato la pubblicità, soprattutto quella che serve i beni di consumo. La pubblicità serve soprattutto quando le vendite vanno male e allora... Dimagranti, ammorbidenti, merendine, deodoranti, dietetici, abbronzanti (beh, arriva l’estate, no?), cianfrusaglie elettroniche di tutti i tipi e un’infinità di altre cose che alle nostre nonne e ai nostri nonni non servivano ma che, oggi sono indispensabili, per la comodità di ciascuno e anche per la sua immagine. Come in TV. Centinaia di spot, ripetitivi e spesso noiosi perché formulati sulla base di canoni pubblicitari vecchi di cinquant’anni, anche se i consumatori sono oggi diversi. Comunque, contribuiscono a reggere il nostro sistema economico, a far circolare il denaro, a dare lavoro a molti. E ad aumentare i debiti di molti nostri concittadini. Una “macchina”, quella pubblicitaria dedicata ai beni di consumo,

che mi ricorda tanto al storiella del cane che si morde la coda: stringo la borsa perché i redditi sono sempre quelli e il costo della vita è aumentato; però a certe cose non posso più rinunciare e poi costano poco; e anche i soldi costano poco, così chiedo un prestito: che saranno mai 100 o 150 euro al mese da sottrarre allo stipendio per la rata mensile? E il mutuo casa? e la macchina da finire di pagare? Bah, si vedrà... Accanto a questo comparto pubblicitario, che dimostra di reggere bene anche nella crisi prolungata che ci travaglia, c’è il panorama assai più sbiadito che riguarda il comparto dedicato ai beni di investimento, dove la pubblicità diventa comunicazione: non spot ma informazione. E’ un ciclo che si ripete da sempre: la congiuntura negativa investe anche il mio settore produttivo? Bene: i primi tagli da fare sono alle attività di comunicazione verso la clientela. Proprio nel momento in cui sia clienti sia produttori avrebbero più bisogno di migliorare lo scambio di informazioni e di mezzi, per superare prima e meglio le difficoltà contingenti. <


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Commenti

Critiche, complimenti e molto altro Gli ultimi commenti agli articoli pubblicati su Fornaio Amico e su Facebook RE: GAI: DOBBIAMO TORNARE A LAVORARE COME UNA VOLTA Caro presidente, personalmente sono 15 anni che perseguo questa politica di lavoro e, nonostante la concorrenza, sono tuttora operativo. I guadagni sono risicati, ma i nostri clienti sono soddisfatti dei nostri prodotti. Il tutto per confermare la sua opinione sul riscatto di noi artigiani con ossequi LUIGI MIGALE, via Facebook

RE: MUCI: DOBBIAMO LOTTARE CON PIÙ FORZA Sì, ma all’atto pratico presidente? Le farine aumentano e non si vede nessuna riunione all’orizzonte..”..verbam volant..scripta manent!” I panificatori di Lecce citta con la loro fantomatica associazione praticamente inesistente non aspettano altro che una mossa della vera ed unica associazione,forza presidente piu forza piu polso! Io sto a lecce ed aspettano che la provincia si muova non ti fare prendere in giro da fantasmi..sii forte!! Di questo c’e’ bisogno ALESSANDRO TARANTINO via Facebook

Caro presidente di Lecce,va bene inca..arsi, ma proprio per il ruolo che occupi a livello della federazione dovresti sapere che le lotte non si fanno denunciando quello che avrebbero dovuto fare altri,ma partendo da quello che ognuno di noi ...potrebbe fare, ad esempio: fare più iscritti impegnandosi sul territorio, in modo da poter dare alla Fippa una rappresentatività maggiore da avere più peso politico. Ci vuole poco a dire: scendiamo in piazza, sapendo che poi in piazza non ci andrà nemmeno un panificatore. La politica si fa con i numeri, quelli che ha la Coldiretti per capirci, NICOLA D’ACCARDI, via Facebook

Troppe parole e non fatti, voi dove state? NICOLA GUARIGLIA, via Facebook

Noi chi? Se ti riferisci a noi, be’ caro amico, non siamo noi il direttivo dell’associazione, altrimenti a che serve stesso? Noi siamo pronti ma bisogna che qualcuno ci coordini o no?! A me sembra così, se poi dobbiamo fare una rivolta popolare non so.

ALESSANDRO TARANTINO, via Facebook

Caro Muci lei è un grande, finalmente sento parole sante proclamate al giusto livello. Continui così e se possibile diventi davvero presidente nazionale detronizzando tutti i Bla Bla. DOMENICO DE MARIA, Fornaio Amico

Muci presidente nazionale GIUSEPPE, Fornaio Amico

RE: ETICHETTE: LA UE PENSA IN PICCOLO Già, una buona notizia.... :-| Resta tutto come prima: i più ligi e attenti alla qualità dei propri prodotti continueranno ad apporre le etichette con tutte le indicazioni legislative, gli altri...... continueranno a non mettere niente o peggio a indicare parzialmente le informazioni perchè “tanto la gente mangia lo stesso” (questo è quello che ti rispondono quando gli chiedi perchè non ci sono le etichette) GIUSY BARATTIN, Via Facebook

Condivido perfettamente... VINCENZO PAOLILLO, via Facebook

RE: C’È LA CRISI MA ANCHE PER COLPA NOSTRA Tutto questo è pura demagogia ! per poter vendere dolci artigianali e di qualità ad un prezzo remunerativo serve un bacino d'utenza di almeno 20.000 abitanti e forse più perchè si andrebbe in concorrenza con le pasticcerie pure. Se solo la metà dei panifici seguisse il consiglio, non farebbe più niente nessuno. Ovviamente nei centri cittadini i potenziali clienti sono di più, ma è anche vero che è maggiore l'offerta di qualità e di immagine. Ormai anche i benestanti frequentano in modo assiduo i super e gli iper. ELIO PELISSERO, via Fornaio Amico

Scusa se ti contraddico, Elio, ma parlando strettamente della mia esperienza lavorativa, ho il panificio in un paesino di 2500 abitanti, non cè bisogno di 20000 persone per poter vendere più di 100 colombe ad un prezzo pieno e tanti altri prodotti tipici pasquali, bisogna solo far capire alla clientela che tipo di lavoro e prodotto si fà. Ha ragione Claudio, bisogna saper parlare con il cliente, saper spiegare cos’è il nostro lavoro, e poi, mica devo preoccu-

parmi io se le pasticcerie non lavorano più da quando ho integrato nel mio banco la pasticceria secca (anche paste di mandorla). Ognuno faccia ciò che sa fare e lo faccia nei migliori dei modi, sarà poi il cliente a decidere, se il vero artigiano o la grande distribuzione. MARIO DI MUNNO, via Fornaio Amico

RE: IL MEZZOSALE, UN PRODOTTO CHE NASCE DA UN CONCETTO Se partite dal presupposto che il mezzoSale sia la soluzione dei problemi buon per voi...: allora perchè non dire chiaramente che il lavoro lo si porta avanti selezionando la qualità delle materie prime, dalla farina sino al sale e perchè no anche l’acqua e dei processi produttivi? Uno con un po’ di esperienza queste cose le sa. Questione di fiducia: che se uno ce l’ha in se stesso e in quello che fa, poi la trasmette anche agli altri (clienti?) senza troppi palliativi. Secondo me il discorso MezzoSale non è sbagliato, è solo secondario e fuorviante perchè dato da un impulso centralistico. Io vedo meglio una visione regionale se non provinciale di un prodotto (qualsiasi), che sia,

se volete, portatore di tutte quelle belle intenzioni (troppo personale... d’altronde voglio fare il personaggio). Valorizziamo (e miglioriamole se possibile) le tradizioni locali invece che inventarne e cavalcarne di nuove, che poi le sfruttano pure alla gdo da tanto che sono rincoglioniti i consumatori. (col rovescio della medaglia che tutto il resto è da buttare!) Il mio discorso era un po più profondo, ma se volete considerare solo l’aspetto polemico: pace (è stato bravo il direttore dell’Arte Bianca a tagliare la mia lettera ad “arte” appunto). C’è sempre da imparare anche in questo. Io ho i miei problemi e non voglio di certo risolvere anche quelli di tutti voi. Certo che delle volte serve anche discutere con chi non si conforma al pensiero dominante. Faccio un esempio (l’ultimo) per i paladini del mezzoSale: ma poi il sale è marino? quanto è integrale? è arricchito di chimica come gli antiaddensanti al cianuro? e cosa dico agli abitanti di certe valli del Nord (Valtellina per esempio) dove sorgono malattie come il gozzo o la tiroide date da scarso apporto di iodio nella dieta? Io proporrei un pane tipo il GIUSTOSALEMARINO con la GIUSTAFARINA, l’ACQUAPU-

RAGIUSTA, il GIUSTOTEMPO per la lievitazione, il GIUSTOLAVORO con il GIUSTOGUADAGNO, ma allora sarei un panettiere GIUSTO o giusto un panettiere, mah.... Quello che mi dava del presuntuoso aveva ragione: qui i panettieri giusti sono solo quelli che dite voi. AUGURI! DOMENICO DE MARIA, via Fornaio Amico

RE: IL PROBLEMA NON È IL SALE NEL PANE Sono pienamente d’accordo sull’articolo del sig. De Maria: siamo tutti coinvolti a non fare più il nostro mestiere ma a seguire tutte le burocrazie varie tanto più che io, che le seguo tutte, se mi fanno una domanda a freddo sul prezzo del pane non so neppure rispondere. Il problema più grave è che non esistono più bravi panificatori e per cui molti sono costretti ad usare additivi chimici per colmare le loro lacune. MARIA PIA CONTI Mail

E voi cosa ne pensate? Dite la vostra andando su Fornaio Amico o aggiungendo «Arte Bianca» fra i vostri amici Facebook. Per lettere e commenti: artebianca@fippa.it


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Qui Lombardia Pagina a cura di Graziano Monetti

Illustrato a Como il Bando regionale

Piano Regionale 2011-2013

Sostegno delle aziende neonate

Promozione della sicurezza

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on un apposito seminario divulgativo, l’Unione Commercio di Como ha illustrato ad una numerosa platea di partecipanti, il Bando regionale che stanzia un sostanzioso contributo per favorire la nuova creazione o il difficile momento d’inizio di attività aziendale. Infatti, con un apposito Bando che può contare su una dotazione finanziaria complessiva pari a 30.000.000 di euro, Regione Lombardia ha avviato un programma di interventi integrati per lo Start Up di impresa sul Fondo di Rotazione per l’imprenditorialità FRIM. L’iniziativa intende sostenere, favorire ed incentivare l’avvio di nuove attività imprenditoriali di giovani (18-35 anni), donne (senza limite di età) e soggetti svantaggiati. Possono presentare domanda di contributo anche tutte le Micro, Piccole e Medie imprese individuali, familiari e società di persone o di capitali del Commercio, Turismo e Servizi. L’intervento regionale prevede di finanziare investimenti con soglia minima di 15.000 euro e massima compresa tra 40.000 o 200.000 euro (a seconda delle dimensioni dell’impresa richiedente il contributo). Considerata la validità e

l’interesse sull’argomento, ricordiamo che il Bando prevede uno stanziamento di 30 milioni di euro rivolti a un programma di interventi destinato a sostenere lo start-up di imprese di giovani (18-35 anni), donne e soggetti svantaggiati. I soggetti che possono beneficiare sono le micro, piccole e medie imprese individuali, familiari, società di persone e capitali con titolari giovani, donne e soggetti svantaggiati, iscritti da non più di 12 mesi alle CCIAA ed eventualmente imprese che completino l’iscrizione entro e non oltre 90gg dalla data di presentazione della domanda. I beneficiari devono essere residenti da almeno cinque anni nel territorio regionale. Sono ammissibili le spese, al netto di IVA, sostenute successivamente alla presentazione della domanda on-line e riguardanti: i costi per adeguamenti tecnici ed impiantistici per l’immobile sede dell’attività; l’acquisto di beni strumentali; le licenze di sfruttamento economico, brevetti industriali, software. Anche l’acquisizione di attività preesistente condotta da impresa familiare già in attività da almeno cinque anni é

considerata ammissibile al bando. L’agevolazione avrà la forma del finanziamento a medio termine pari al 100% del programma di investimento ammissibile di cui il 70% a valere sul fondo regionale ad un tasso pari al 0,5% e con durata non superiore a 7 anni, con un periodo di preammortamento massimo di 2 anni. Il rimborso del finan-

ziamento avverrà mediante rate semestrali costanti di capitali e interessi. È inoltre previsto il leasing ma esclusivamente per i beni strumentali. L’importo concedibile minimo sarà pari a 15.000,00 euro e massimo fino a 40.000,00 euro per le imprese individuali e familiari e 200.000,00 euro per le società. <

Un giovanissimo neoimprenditore comasco

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l nuovo Piano triennale sulla Sicurezza si pone l’obiettivo di ridurre del 15% il numero di infortuni mortali o con esiti invalidanti, la riduzione del 10% del tasso di incidenza degli infortuni gravi, attraverso la promozione di azioni di sistema, l’incremento del numero dei controlli, la promozione della cultura della sicurezza, premiando i comportamenti virtuosi. Questo anche alla luce della precedente Programmazione 2006/2009 che ha visto la riduzione del 13,7% degli infortuni sul lavoro denunciati, del 44,3% di infortuni mortali.

Nel settore commercio

L’occupazione in Lombardia

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econdo i dati elaborati dall’Agenzia Regionale per l’Istruzione, la Formazione e il Lavoro, il settore del Commercio ha registrato in Lombardia un incremento in un anno pari al 5% rispetto al numero degli avviamenti contrattuali. Sul totale degli avviamenti di tutti i settori economici in Lombardia nel primo trimestre del 2011, la crescita che avviene a favore dei contratti di natura flessibile è cresciuta al 71,9%. La quota di avviamenti in contratti permanenti, (che comprendono anche l’apprendistato), nel 2011 è invece scesa al 28,1% rispetto al 33,2% del 2010.

Stato di avanzamento

Semplificazione delle procedure

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egione Lombardia ha comunicato lo stato di avanzamento della semplificazione delle procedure e degli strumenti per le attività di impresa rispetto all’agenda “Lombardia Semplice”. Si ricorda che dal 30 settembre 2011 tutte le richieste oggetto di autorizzazione, certificazione o nullaosta per le imprese, dovranno essere indirizzate unicamente in forma telematica ed attraverso il SUAP; resta comunque possibile, anche dopo la data del 29 marzo 2011, la presentazione della SCIA su supporto cartaceo, così come precisato nella Circolare interministeriale. Nel processo di semplificazione circa 500 comuni lombardi, che rappresentano un territorio pari a oltre il 60% della popolazione e delle imprese lombarde, hanno già provveduto all’accreditamento del SUAP telematico in forma singola o associata. <

Politecnico del Commercio di Milano

Visita delle autorità ai nuovi laboratori Capac

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inquant’anni per un’eccellenza formativa milanese: il sindaco di Milano Letizia Moratti si è recato al Ca-

pac Politecnico del Commercio di viale Murillo 17 visitando – con il presidente del Capac Simonpaolo Buongiardino – i

nuovi laboratori usati dagli allievi: panetteria, pizzeria, pasticceria, gastronomia, gelateria, cucine, bar caffetteria.

I nuovi laboratori coprono, su due livelli, un’area di circa 1.000 metri quadrati e il Capac è anche molto attento al

Il presidente del CAPAC, Simonpaolo Buongiardino con il direttore e gli allievi, mostra i nuovi laboratori al Sindaco di Milano

risparmio energetico: sono stati infatti installati pannelli fotovoltaici che garantiscono il 30% del fabbisogno di energia. Il sindaco ha incontrato allievi e insegnanti (e, per l’occasione, è stato organizzato un buffet con prodotti alimentari preparati a cura dei corsisti Capac). Il Capac-Politecnico del Commercio (fanno parte della Fondazione Capac: Comune di Milano, Provincia di Milano, Regione Lombardia, Camera di Commercio di Milano, Fondazione Cariplo, Fondazione Fiera e Unione Confcommercio Milano cui è affidata la gestione) è stato costituito nel 1961

ed oggi svolge – in viale Murillo e nelle altre tre sedi accreditate (a Milano in via Amoretti, a Lodi e Varese) – circa 800 corsi all’anno per quasi 11.000 allievi e più di 1.200 aziende coinvolte. <

La sede del CAPAC




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