la reggia di caserta
Il ricordo del giornalista Raffaele Polo e il segno dell’artista Giancarlo Montelli
In viaggio alla scoperta dlla bellezza dei luoghi del Belpaese
Anno XIV - n 4-12 dicembre 2019 -
gianni rodari
anno 143 numero 4 dicembre 201 9
leonardo viola
il bicentenario dell’infinito
i luoghi del cinema
Si chiudono le celebrazioni per il componimento tra i piĂš famosi del poeta di Recanati con un video prodotto da Rai e Mibac
Sui luoghi dei film del ragionier Fantozzi: alla scoperta di Capri e di Courmayeur passando per il lago di Bracciano....
primo piano
le novitĂ della casa
IL RAGGIO VERDE EDIZIONI
ilraggioverdesrl.it
EDITORIALE
Leonardo Viola, In cerca di altri lidi ©
Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l.
E rieccoci, con un omaggio al pittore foggiano d’adozione bresciana Leonardo Viola, un artista contemporaneo che ama dipingere la natura declinando paesaggi e atmosfere che annota dal reale nei viaggi che definisce di transumanza da Nord a Sud. E riprendendo il filo del nostro girovagare, siamo andati sui luoghi dei set del mitico Fantozzi alias Paolo Villaggio grazie al racconto dello scrittore Stefano Cambò. Siamo entrati poi nella Reggia di Caserta, la Versailles italiana grazie a Sara Foti Sciavaliere e scoperto l’isola delle pazze nei misteriosi luoghi del Salento raccontati dallo scrittore Raffaele Polo. Suo anche il ricordo di Gianni Rodari il nostro più noto scrittore per l'infanzia del XX secolo, ad oggi l’unico autore italiano ad aver ricevuto il Premio Hans Christian Handersen, mirabilmente illustrato dall’artista Giancarlo Montelli che ringraziamo per la gentile collaborazione. E se in letteratura sarà l’anno rodariano, il 2020 ricorerranno i cinquecento anni dalla morte di Raffaello geniale artista rinascimentale che verrà celebrato con una grande mostra alle Scuderie del Quirinale in programma dal prossimo 5 marzo. Un numero di raccordo, dunque, tra il 2019 che ormai ha le ore contate e il 2020 che si preannuncia un anno nel segno dell’arte ancora e sempre per noi che proviamo e proveremo a raccontarvi la bellezza. Quella dei luoghi, dei grandi eventi espositivi come delle piccole perle che è possibile scoprire, ad esempio, entrando la sera di Natale in una piccola chiesa di Lequile, nel Salento, per imbattersi in un presepe originale che fa riflettere sul senso della precarietà cui stiamo condannando il nostro pianeta e noi stessi con comportamenti irresponsabili e della rinascita che viene solo in nome dell’amore e dell’accoglienza come da oltre duemila anni ci mostra il bambinello di Betlemme che scelse di nascere in una grotta, povera e inospitale, tra gli ultimi... Buon anno e buona lettura! (an.fu.)
SOMMARIO
Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic
Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Raffaele Polo
Hanno collaborato a questo numero: Lucia Accoto, Maria Neve Arcuti, Stefano Cambò, Mario Cazzato, Sara Di Caprio, Daniela Maselli, Sara Foti Sciavaliere, Dario Ferreri, Peppe Guida, Giusy Petracca, Raffaele Polo, Stefano Quarta, Cosimo Renna, Francesco Sticchi Redazione: via del Luppolo,6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it
luoghi|eventi| itinerari: girovagando i la via d’acqua della reggia di caserta 32 | luoghi del mistero l’isola delle pazze 54| natale a tuglie 57 | itinerarte 73 | dall’amazzonia al salento un presepe che fa rifettere 60 ! salento segreto 94 arte: la pittura di leonardo viola 4| massimo Pasca in canada 18| emozioni e dopamina 22 |aspettando raffaello al Quirinale 51| coronese al museo castromediano 67| etruschi viaggio nelle terre dei rasna 83 musica: trentamila notti il singolo di gianpiero della torre 72 | il natale in chiave jazz 98 i luoghi della parola: l’anno rodariano 14 | fans la fondazione che coniuga arte e neuroscienze 26 curiosar(t)e scacco d’arte all’arte domeniconi 42 | se ami qualcuno dillo il libro di marco bonini 69 cinema: | le rocambolesche vacanze del ragionier ugo fantozzi 85 il mare in una stanza, al via il Premio di narrativa 12
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libri | luoghi del sapere 74-80 #ladevotalettrice 81 i luoghi nella rete|interviste| on line sul sito della bnn gli autografi più noti di leopardi 52 Numero 4_12- anno XIV - dicembre 2019
Leonardo Viola, L’alba del giorno dopo
visioni tra l’onirico e il reale la Pittura di leonardo viola Antonietta Fulvio
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In mostra a Lecce fino al 31 dicembre nella Galleria Maccagnani l’artista foggiano d’adozione bergamasca si racconta. Sua l’immagine guida del concorso Nazionale di narrativa “Il mare in una stanza”
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«Tutto ciò che dipingo come le onde del Gargano, gli alberi, i lecci, i mandorli rappresentano anche il legame con la mia terra. Le proprie origini non si possono dimenticare». Sintetizza così la sua arte, Leonardo Viola artista pugliese - è nato a San Giovanni Rotondo nel 1949 - ma d’adozione bergamasca dove vive ormai dal 1975. «Il Gargano, la Puglia e il Salento, in particolare, sono la coperta di Linus, me li porto dentro sempre e volentieri
ci ritorno periodicamente.» confessa. E dopo la mostra allestita dal 1 all'8 dicembre 2019 nelle sale del Palazzo municipale di Cisano Bergamasco rieccolo nuovamente in Puglia, in questi giorni alla Galleria Maccagnani ad esporre i suoi “Acrilici Narranti “(Dal 21 al 31 dicembre in Corso Vittorio Emanuele con orario 1013/16.30-22.30) E sono narrazioni che affabulano e trasportano in dimensioni tra l’onirico e la realtà. Sono opere che nascono
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Pagina a lato: Immagine guida del Concorso Nazionale di Narrativa “Il mare in una stanza” edizioni Il Raggio Verde, media parner Arte e Luoghi Sotto il maestro Leonardo Viola al lavoro, in basso con l’artista Tonino Caputo
dai suoi appunti di viaggio in quella che l’artista definisce “transumanza”da Nord a Sud, mentre il paesaggio corre da dietro i vetri del finestrino del treno che lo porta da Bergamo a Lecce. «Mi bastano pochi tratti da annotare sui miei quaderni bianchi mentre viaggio per fissare un’atmosfera che poi traduco sul supporto pittorico, tela o legno. I miei paesaggi sono reali nel senso che nascono dall’osservazione della realtà ma poi i riferimenti si perdono tra le misture del colore». Colore steso a colpi di grandi o piccoli pennelli, ma sempre protagonista principale, mezzo inequivocabile con il quale Leonardo Viola si esprime. E racconta. «Quale è il mio rapporto con il colore? Prediligo i colori freddi, il blu è il mio preferito in assoluto non so come però lavorandoli diventano come caldi», “Sequenze cromatiche in movimento capaci di dar corpo a visioni romantiche. E se gli si dice
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Leonardo Viola, il mare all’imbrunire
che è un pittore romantico nell’accezione più bella e vera del termine, come artista capace di declinare i mille aspetti della Natura, Leonardo ne è felice e ricorda le parole di Seneca «Tutta l'arte è imitazione della natura.» E nella natura dipinta da Viola ci si immerge per trovarci serenità, un senso di pace che sa rinfrancare lo spirito dai tormenti della quotidianità. E i paesaggi che inquadra sulle tele o che scolpisce su pannelli lignei, con una particolare tecnica che lascia emergere gli acrilici da ipotetiche grate non sono che i paesaggi dell’anima, luoghi che evocano immagini familiari perché visioni che
appartengono all’inconscio collettivo. Chi non si perde tra le nuvole di un cielo plumbeo che si prepara al temporale o ci si rasserena tra le onde di un mare che accoglie come il grembo materno? Anche quando soli si è in balia delle onde alla ricerca di altri lidi? Ecco cosa suggeriscono le opere di Leonardo Viola, il senso e il segreto della vita stessa. Sorride all’idea di quando gli si dice che già nel nome aveva tracciata la sua strada, la sua vera vocazione. «Da piccolo adoravo dipingere e disegnare bicchieri e bottiglie ispirandomi agli oggetti che trovavo in
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casa e ho così coltivato il mio amore per i dipinti, fino a che, nel 1974 ho esordito col la mia prima personale a Molfetta». Laureato in sociologia ad Urbino, giornalista pubblicista - ha collaborato tra l’altro a l’Eco di Bergamo - decide di seguire la passione per l’arte e si scrive all’Accademia di Brera. «Ho frequentato la scuola Artefici dove studiavo figura avanzata». Ma nei suoi dipinti non c’è traccia di figura umana. «Me ne sono liberato, per me la presenza umana è la vivacità del colore stesso. Nelle mie opere non ci sono piani dimensionali ma tutto si svolge su un unico piano e terra e cielo si confondono».
Sulla sua sua arte, riconosciuta e apprezzata a livello nazionale e internazionale, hanno scritto numerose testate tra cui il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Stampa Romana, il Confronto culturale, Nuovoquotidiano di Puglia, Seilatv e gli piace ricordare il suo mentore qui nel Salento, il giornalista Raffaele Polo che ha firmato “Rapsodie di memorie… in acrilico” (edizioni Lupo) in cui racconta la storia di Nardino (Leo-Nardino, come lo chiamava la sua mamma) appassionato colorista e poeta spirituale. «Tutto nacque da un incontro nel 2002 alla fiera del libro di Campi Salentina. E quando Raffaele mi ha parlato del titolo del con-
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In basso Leonardo Viola, Memorie garganiche; a lato Terra salentina
corso di narrativa, il tema mi ha ispirato l’opera che son felice sia stata scelta come immagine guida del Premio “Il mare in una stanza”. Un mare che ingloba e poi scarica la sua vivacità al di là dei vincoli architettonici (figurativamente quelli umani)». E la metaforica stanza non poteva che richiamare le volte antiche delle case tipiche salentine... ancora una volta il rimando è alla propria terra, alla luce e ai colo-
ri con i quali è possibile scrivere innumerevoli narrazioni. Con gli acrilici narranti. Appunto. Acrilici Narranti Leonardo Vila dal 21 al 31 dicembre Galleria Maccagnani Lecce, Corso Vitorio Emanuele II orario 10-13/16.30-22.30
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il mare in una stanza al via il Premio di narrativa Giusy Petracca
Pronti a salpare con il Concorso nazionale in collaborazione con ANMI e patrocinato dalla Marina Militare, Scuola navale militare “F. Morosini” e Associazione Nazionale Scuola navale militare “F. Morosini” Tutti noi ci portiamo il mare dentro e chi lo ha vissuto non può dimenticare la sensazione di assoluta libertà che regala quando è calmo, ma anche quando è in tempesta e di come segua il ritmo del nostro cuore a seconda del nostro stato d'animo. Cerchiamo il mare per calmare l'animo travagliato, guardiamo quella riga di separazione tra cielo e mare per misurare l'infinito. Basta portare all’orecchio una conchiglia per ritornare indietro negli anni o vivere il presente, anche se siamo in una stanza. Ognuno di noi si sente Marinaio e vive dentro di sé avventure di mare e vascelli che solcano mari sconosciuti alla ricerca di nuove sponde su cui attraccare. Navigare per trovare e ritrovarsi. Da queste riflessioni, e non solo, nasce l'idea di questo Concorso Nazionale “Il mare in una stanza”: una rassegna di narrativa che vuole coinvolgere gli amanti del mare a qualsiasi titolo: personale in servizio o che ha prestato servizio sul mare e per il mare, amanti nostalgici e ferventi appassionati del mare. La Casa Editrice “Il Raggio Verde” da anni persegue lo scopo, attraverso specifici progetti, di recupero della memoria storica e del “valore della Patria e dell'orgoglio
nazionale”, soffermandosi sul significato e sul ruolo della memoria nella costruzione della nostra percezione del mondo. A tale scopo si precisa che, il primo racconto compreso nell’Antologia, sarà dedicato ad un Eroe del mare (fuori concorso) desunto da fonti ufficiali di attività marinare. Inoltre la Casa editrice Il Raggio Verde analizza il modo in cui la narrazione riesce a farsi filtro nel formalizzare concetti come identità e memoria, con un occhio attento alla contemporaneità, nella convinzione che promuovere il senso di appartenenza, sia necessario per lo sviluppo sano dei nostri giovani. Conoscere fulgidi esempi di eroi in anni lontani e in giorni vicini ne fortifica la coscienza. L'Italia è terra di navigatori: andare oltre i confini del conosciuto per scoprire nuove terre fa parte della nostra storia!
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1.I partecipanti dovranno inviare una prova di narrativa, racconto o novella, con il mare protagonista “in una stanza”. Il limite massimo di scrittura è di quattro cartelle, spazio due (2), con rigo di cinquanta battute, tipo di carattere Times New Roman, dimensione 12, entro e non oltre la data del 10 giugno 2020. Non è consentito l’invio del cartaceo, con qualsiasi mezzo. 2.Alla domanda di partecipazione, ogni concorrente allegherà una scheda, max 10 righe, con le note biografiche. 3.Il lavoro deve risultare inedito e mai premiato (e tale deve restare fino alla prima presentazione pubblica). 4.Possono partecipare al Concorso Nazionale di narrativa “Il mare in una stanza” i cittadini italiani, civili e militari, che abbiano compiuto la maggiore età alla data della pubblicazione del presente bando. 5.Tutti i racconti in concorso dovranno pervenire entro la data stabilita tramite una mail che sarà di seguito indicata. 6.I racconti selezionati saranno pubblicati su apposita pubblicazione. 7.La partecipazione al Concorso non prevede quota di iscrizione. Sarà cura di ogni concorrente, provvedere all’acquisto di un minimo di 3 (tre) copie, senza obbligo di collaborazione futura. 8.I premi consistono in: coppe, targhe e pergamene, oltre alla pubblicazione come già
indicato. Sono previsti premi speciali e segnalazioni. 9.Il giorno e il luogo della presentazione ufficiale dei vincitori sarà tempestivamente comunicato tramite mail a ciascun concorrente. 10. La giuria sarà formata da appartenenti al mondo della cultura, del giornalismo, dell’ANMI, della Lega Navale, della Scuola Navale Militare "F. Morosini” e dell’Associazione Nazionale Scuola Navale Militare “F. Morosini”. I loro nomi saranno resi pubblici durante la cerimonia di premiazione. Il giudizio della giuria è insindacabile. 11. La partecipazione al concorso comporta la piena accettazione del presente Regolamento; l’inosservanza di una qualsiasi norma qui espressamente indicata, comporta l’esclusione dalla graduatoria. 12. La cerimonia di premiazione si svolgerà il 26 settembre in una location istituzionale di prestigio che verrà comunicata in occasione della conferenza di presentazione della manifestazione. Info e contatti Segreteria organizzativa Associazione culturale ICARUS e-mail ilmareinunastanza@ilraggioverdesrl.it mobile. +39.3495791200
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Illustrazione di Giancarlo Montelli ©
cento anni fa nasceva a omegna gianni rodari. storia di un mito Raffaele Polo
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Il 2020 sarà l’anno rodariano. Il ricordo del giornalista Raffaele Polo e il ritratto realizzato dall’illustratore Giancarlo Montelli per celebrare il centenario della nascita del più celebre poeta e scrittore per la letteratura dell’infanzia del XX secolo, ad oggi il primo e l’unico ad aver ricevuto il Premio Hans Christian Andersen
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er quelli della mia età, Rodari è un mito. Lo seguivamo su L’Unità, poi nei libri che pubblicava, quei libri minuscoli e facilmente maneggevoli, ne avevamo sempre uno sottomano, aprivamo una pagina a caso, e c’era sempre qualche accenno, un’immagine, un guizzo letterario che ci affascinava. Ci chiedevamo, spesso, come potesse
spiegarsi il suo successo, fatto di semplicità e fantasia, in un mondo sempre più cupo e grigio. E lo abbinavamo al Calvino di Marcovaldo ma, soprattutto, all’immortale Collodi che, crediamo, con ‘Pinocchio’ ci ha insegnato tutto quello che la pedagogia contemporanea non è riuscita a completare... Rodari, Gianni Rodari, riusciva a farci digerire anche le rime un po’ scombi-
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nate, quel non voler rispettare le immutabili successioni di ABAB e similia, imparate nelle scuole più tradizionali e che mai ci saremmo presi la briga di mettere in discussione. E, a proposito di scuola, sentivamo appieno e condividevamo in toto quando scriveva nella prefazione a ‘Un anno a Pietralata’ di Albino Bernardini: «Un muro poco meno che razzistico divide quegli insegnanti dagli esseri umani -bambini, donne, uomini - tra i quali hanno la sensazione di essere capitati per castigo. Sognano, supponiamo,
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la bella scuola in centro: bambini docili, puliti, accompagnati fin sul cancello da signore ben vestite o magari, toh, da quel tipo di gente che definirebbero «povera ma onesta». Il sotto proletariato turbolento, gli immigrati che la città tiene nel ghetto della sua cintura miserabile, i loro figli cresciuti nella strada e nei terreni da costruzione, precocemente esperti e allenati a metodi da giungla sociale, fanno loro paura. Imporre comunque una «disciplina» è la loro unica preoccupazione: un modo, anche, per difendersi da contatti uma-
Gianni Rodari Premio Hans Christian Andersen 1970
ni che stimerebbero degradanti. (…) Si può essere, mettiamo, «progressivi in politica e reazionari, se si è insegnanti, a scuola. Si può credere nella necessità che le classi lavoratrici si elevino fino alla direzione dello Stato, nella necessità di educare in un certo modo il sottoproletariato; e poi, trovandosi di fronte i figli dei lavoratori e i figli dei sottoproletari, trattarti con gli schemi tradizionali della disciplina, del dogmatismo, eccetera. Trasformare il proprio lavoro per riuscire a svolgerlo in modo coerente con i propri principi richiede sforzi». Tanti sforzi che niente hanno a che vedere con la tecnica, l’apprendimento «implica un tipo di vita interiore che non si crea a comando, che, invece, ha bisogno di altre e più complesse stimolazioni. Una tecnica si può imparare a scapaccioni: così la tecnica della lettura. Ma l’amore per la lettura non è una tecnica, è qualcosa di assai più interiore e legato alla vita, e a scapaccioni (veri o metaforici) non s’impara». Rodari era così, capacissimo di impartirci una lezione sul come essere maestri ‘di sinistra’ e, subito dopo, di incantarci con le sue rime malinconiche e birichine: Quest’anno mi voglio fare/ un albero di Natale/ di tipo speciale,/ ma bello veramente./ Non lo farò in tinello, lo farò nella mente,/ con centomila rami,/ e un miliardo di lampadine/ e tutti i doni/ che non stanno nelle vetrine./ Un raggio di sole/ per passero che trema,/ un ciuffo di viole/ per il prato gelato,/ un aumento
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di pensione/ per il vecchio pensionato./ E poi giochi,/ giocattoli, balocchi/ quanti ne puoi contare/ a spalancare gli occhi:/ un milione, cento milioni/ di bellissimi doni/ per quei bambini/ che non ebbero mai/ un regalo di Natale,/ e per loro un giorno/ all’altro è uguale,/ e non è mai festa./ Perché se un bimbo/ resta senza niente,/ anche un solo, piccolo,/ che piangere non si sente/ Natale è tutto sbagliato. Ora, proviamo uno spontaneo raffronto con una composizione sullo stesso argomento di Giovanni Pascoli e vediamo come la cupa amarezza, la commozione, lo stimolo a cambiare le cose siano gli stessi, aggiornati ai tempi ed al modo di fare poesia: La Befana vede e sente;/fugge al monte, ch’è l’aurora./Quella mamma piange ancora/su quei bimbi senza niente./La Befana vede e sente./ La Befana va sul monte./ Ciò che vede e ciò che vide:/c’è chi piange e c’è chi ride;/ essa ha nuvoli alla fronte,/ mentre sta sul bianco monte. Solo un esempio, certo. Ma nelle innumerevoli poesie di Rodari, si ritrovano tutti, ma proprio tutti, i poeti delle nostre infanzie, con i buoni sentimenti e le fragranze della semplicità che parlano direttamente al cuore. Solo che Gianni Rodari è un monello, che riesce, allo sgorgare della lacrimuccia di commozione, a suscitare, con uno sberleffo, l’ironica condanna per la società dei benpensanti e dei luoghi comuni, lasciando interdetti con quelle sue chiusure imprevedibili che paiono amari singhiozzi ma che sono la vera essenza del suo fare poetico. Rodari, poi, è ‘comunista’. Ovvero, un idealista deluso dalle sovente incredibili caratteristiche di ipocrisia e trasformismo che allignano nel mondo cattolico. E l’odore del suo incenso, la purezza dei suoi
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versi, non possono piacere certo a chi tiene le liturgie e la tradizione a far da guida esclusiva al proprio procedere: ci vuole altro, dice Rodari: il Messaggio, quello vero, è molto difficile da praticare e testimoniare. In questo, il Nostro si avvicina a certi interventi di don Tonino Bello, anch’egli reputato un prete difficile, scomodo. Perché si sforzava di entrare nel nocciolo delle situazioni, penetrando con occhio esperto e costruttivo nei nonsense della vita di ogni giorno, dove tutto è semplificato, i cattivi sono anche brutti e ignoranti, i buoni sono invece proprio il contrario. Ogni giorno, nel mio paese, passo davanti alla via Rodari, ricordato con la targa posta all’inizio della strada. Alzo gli occhi e lo ricordo. Rivedo la mia giovinezza, sento il suo stimolo quando mi dice: C’era una volta un uomo che andava per terra e per mare / in cerca del Paese Senza Errori./ Cammina e cammina,/ non faceva che camminare,/ paesi ne vedeva di tutti i colori,/ di lunghi, di larghi, di freddi, di caldi,/ di così così:/ e se trovava un errore là, ne trovava due qui./ Scoperto l’errore, ripigliava il fagotto/ e ripartiva in quattro e quattr’otto./ C’erano paesi senza acqua,/ paesi senza vino,/ paesi senza paesi, perfino,/ ma il Paese Senza Errori dove stava, dove stava?/ Voi direte: Era un brav’uomo. Uno che cercava/ una bella cosa. Scusate, però,/ non era meglio se si fermava/ in un posto qualunque,/ e di tutti quegli errori/ ne correggeva un po’? E un po’ mi sento come quell’uomo. Mac, con un sorriso e con Gianni, Gianni Rodari nel cuore, continuo per la mia strada.
Massimo Pasca, Sogno
massimo Pasca in canada “che la diritta linea era smarrita”
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L’artista salentino ha esposto in Canada grazie al progetto Quèbec mon Amour
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approdata in Canada lo scorso novembre l’arte di Massimo Pasca. "Che la diritta LINEA era smarrita" con un chiaro rimando alla Divina Commedia il titolo della mostra che ha conquistato il pubblico canadese. Dipinti e illustrazioni ispirate dalla musica a firma dell'artista salentino hanno trovato posto dal 1 al 20 novembre negli spazi della Gallery Gora (279 Sherbrooke St W) nel quartiere dedicato all’arte contemporanea, nel centro di Montre ́al. Una mostra oltreoceano per Massimo Pasca grazie al progetto internazionale Québec Mon Amour nato per gettare un ponte tra l’Italia e il Québec e unire grazie alla musica, l'arte, la storia e le tradizioni due culture apparentemente lontane. Que ́bec Mon Amour ̀ e un progetto di Associazione Aeffe, in collaborazione con Todo
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Media e Casa Nostra, sostenuto da Istituto Italiano di Cultura a Montre ́al e Consolato Generale d’Italia a Montre ́al e dal 2011 è riuscito a portare oltreoceano numerosi artisti italiani e ha aperto le porte del Belpaese ad altrettanti artisti québécois. La collaborazione con l’Istituto Italiano di cultura di Montréal si è rinnovata nell’autunno 2019 con il tour della band napoletana Foja (ospiti dal 1 al 4 novembre che ha aperto con il live l’evento espositivo) e la prima mostra canadese del pittore e illustratore Massimo Pasca considerato uno degli eredi di Keith Haring. In segno di omaggio al paese che lo ha ospitato Pasca ha realizzato una serie di lavori con il suo inconfondibile stile ispirandosi a personaggi iconici quali Leonard Cohen, poeta e cantautore originario proprio di
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Massimo Pasca, Neil Young nella pagina alcune immagini dell’allestimento nella Gallery Gora in Canada
Montre ́al, rappresentato come l’angelus novus di Paul Klee. Un angelo che «vorrebbe redimere la storia ma che, suo malgrado, si trova a sua volta avviluppato nelle maglie tentatrici e devastatrici del progresso come ha commentato il critico Andrea D’Urso. Nella interessantissima e singolare galleria di personaggi anche Neil Young e Joni Mitchell non semplici ritratti ma interpretazioni che lasciano spazio non solo ad una rievocazione del passato ma come ha precisato lo stesso D’Urso l’arte di Massimo Pasca “non si riduce ad un risveglio sul passato , è semmai una sveglia che ci riporta nell’incubo delle paure e delle speranze del presente». Un presente che è sempre al centro dell’attività artistica di Massimo Pasca tra i fondatori (con Giuseppe Apollonio, bRIZZO, Stefano Palma, Chiara Rescio, Paola Rollo) di un originalissimo magazine, Lamantice, una rivista indipendente, nata con l’intento di raccontare con le immagini l’attualità, la politica, la società, per metterle a fuoco attraverso il segno di ognuno dei redattori e fare ecologia delle parole, che mai come di questi tempi sono troppe, abusate, svuotate di senso. Il nome della rivista è preso dal mantice, lo strumento che, producendo un soffio d’aria, alimenta il fuoco del camino o la combustione delle fucine e che nel caso specifico dà fiato ai disegni. E per il mese di dicembre pronto per essere sfogliato il numero quattro con 41 illustratori per oltre 30 notizie! an.fu.
Direttore istututo italiano di cultura e Foja gruppo
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In queste pagine alcune opere di Puierluca Cetera
emozioni e doPamina convegno e mostra Francesco Sticchi
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Alla FANS di Maglie in mostra le opere di Pierluca Cetera
MAGLIE (LECCE). Con un doppio evento (conferenza "EMOZIONI I° parte – la RICERCA" e la personale d'arte "DOPAMINA" di Pierluca Cetera) a partire dal 6 dicembre 2019 la FANS (Fondazione per l’arte e le neuroscienze F. Sticchi) di MAGLIE (LE) prosegue le attività di comunicazione delle neuroscienze, approfondendo il settore della mente emotiva, con i suoi intensi
sentimenti che originano dalle attività inferiori del cervello (il sistema limbico), organizzato in modo tale che gli stati affettivi prevalgano in ogni momento, inducendo l’apparato cognitivo a seguirli. I sentimenti ci consentono di “porre mente al corpo”, rappresentano in un certo qual modo l’accompagnamento musicale della nostra vita, ciò che A. Damasio chiama "il marcatore
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somatico". Nulla assomiglia agli affetti, le parole non possono descriverli esattamente, come dice Jaak Panksepp, non si può spiegare come ci si sente ad essere arrabbiati, spaventati, bramosi, affettuosi, soli, giocosi o eccitati, se non indirettamente attraverso metafore; in quanto gli affetti scaturiscono dalle antiche capacità prelinguistiche del nostro cervello.
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L'evento del 6 dicembre è il primo di 7 incontri (ed altrettante mostre d'arte) che analizzano i 7 sistemi cardine delle emozioni: Ricerca, Paura, Collera, Desiderio sessuale, Cura,
Panico/sofferenza, Gioco, con le loro rispettive sfumature secondarie. Come giĂ detto, si inizia con il sistema della ricerca, sistema multiuso gestito dalla dopa-
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mina che concede la bramosia anticipatoria del desiderio, dell’euforia e della ricerca di ogni cosa (questo sistema neuronale consente agli animali, compreso l’uomo, di cercare, trovare ed acquisire tutte le risorse necessarie per la sopravvivenza e fa sentire bene in modo speciale, per esempio fa sperimentare soddisfazione in attesa di un pasto gustoso, fornisce cioè quel genere di anticipazione eccitata ed euforica che si presenta nell’attesa di mangiare quel pasto). Accompagna la prima tappa di questo percorso la personale d'arte “DOPAMINA” di
Pierluca Cetera, in grado di scandagliare le più svariate sfumature emozionali dell’essere umano. Tutta l’arte di Pierluca Cetera racconta paesaggi interiori, familiari e sociali di vita quotidiana ed attualità in cui l’essere umano viene scrutato fin nella più intima dimensione dell’esistenza. Persone di vasta umanità sospese nella propria vita giornaliera che si lasciano trasportare, quasi, in un gioco di stati motivazionali che influenzano il comportamento finalizzato ed agito da affetti e sentimenti; persone in bilico tra il vivere ed il divenire del vivere, quasi stupefatte dalle proprie possibilità cognitive, emotive e comportamentali e pronte a rincorrere i propri stati emotivi, vivendo pienamente la tensione dell’ambiguità dei comportamenti umani. “Siamo della stessa sostanza dei sogni e la nostra breve vita è circondata da un sonno”, dice Shakespeare in “ The Tempest” atto IV, scena I. Così i personaggi di Cetera sembrano quasi sospesi in un sogno ed emergono dalla dimensione dello stato di riposo del cervello, il “default mode network” delle neuroscienze, l'attività cerebrale di quando non si è impegnati in un compito specifico, altrimenti nota come “mondo interiore del cervello”. Sappiamo che la mente è essenzialmente il corpo vissuto, radicato ed incorporato nell’ambiente esterno; e questa relazione mondo-cervello è sostenuta proprio dai nostri affetti e dai nostri sentimenti emotivi che mantengono l’identità di ciascuno nel tempo. Sebbene il corpo cambi continuamente, ciascuno resta comunque sempre la stessa persona nella propria esperienza cosciente; ed è grazie all’attività cerebrale che si è nel proprio “Tempo del Mondo” e si può sperimentare la continuità del proprio SE’ e della propria Identità. Così l'opera di Pierluca Cetera scorre, talora violenta ed inattesa, talora lineare e morbida, nel tempo del mondo attraversando tutte le sfaccettature sia dell'anatomia, della fisiolo-
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gia e della meccanica del corpo umano (con l'intenzione di oltrepassare le potenzialità espressive consuete) sia dello stesso vivere umano, focalizzando, ed esorcizzando al contempo, le contraddizioni ed ossessioni quotidiane che gli sono connaturate. I personaggi dell'artista sono pronti alla ricerca di una percezione emotiva, oppure sono sospesi nel tempo, in spazi mentali della memoria, alla ricerca della motivazione del loro agire, talvolta in ozio e vagabondaggio, in attesa della scintilla della creatività e del cambiamento. Il lavoro di Cetera è ancora più convincente perché nelle sue opere i protagonisti sono persone, alter ego o avatar dello stesso artista, dei suoi parenti e conoscenti o nomi che appartengono al background storico, geografico e sociale della storia umana antica, moderna e contemporanea. è proprio degli esseri umani il poter pensare
e comprendere le proprie emozioni nella coscienza riflessiva; così pure i personaggi di Cetera, soggiogati dagli stimoli fisiologici o artificiali che producono motivazione e ricompensa e che originano il rilascio della dopamina, appaiono soffermarsi a riflettere e comprendere i loro affetti, comportamenti, stati cognitivi, movimenti, apprendimenti e finalità, pronti a seguirli sotto l’azione della straordinaria dopamina. L'appuntamento dunque è presso la Fansinaptico a Maglie (Lecce) in via Thaon de Revel 25 per le Serate di Arte e Neuroscienze, con la conferenza "Emozioni I° parte – la Ricerca" e la personale d'arte "Dopamina" di Pierluca Cetera ogni sera dal 6 al 15 dicembre 2019, dalle 19,00 alle 22,00 (la conferenza sarà replicata ogni giorno alle 19.30) e, dal 15 al 30 dicembre per visitare, solo su appuntamento, la mostra di Pierluca Cetera.
rivista di arte cultura turismo curiosità
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fans. la fondazione che coniuga arte e neuroscienze Dario Ferreri
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A Maglie un luogo di incontro e di dialogo interculturale
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uando si pensa al Sistema dell’Arte contemporanea il pensiero corre veloce alle gallerie d'arte, ai musei, alle case d'asta ed ovviamente agli artisti ed ai collezionisti; esiste però una realtà meno roboante ma ugualmente significativa, rappresentata dalle Fondazioni che, spesso con fondi privati, comunicano e promuovono l'arte, acquistano ed espongono opere d'arte, bandiscono concorsi tematici, promuovono attività di mecenatismo territoriale, ecc. Alla luce del fatto che nonostante il mercato dell’arte cresca, di anno in anno, recenti dati confermano che 4 gallerie su 5 chiudono entro 5 anni e, ogni anno, chiude il 10% delle gallerie con più di 5 anni: rebus sic stantibus è evidente il ruolo strategico
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delle Fondazioni per lo sviluppo e la tenuta del Sistema dell’Arte. Quando si parla di Fondazioni d'arte in Puglia, vengono alla mente la Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano a Mare (BA), la Fondazione Ettore Pomarici Santomasi a Gravina in Puglia (BA), la Fondazione Banca del Monte di Foggia, la Fondazione Noesi Studio Carrieri di Martina Franca (TA), ecc. Una interessante novità nel settore è rappresentata dal fatto che, proprio nella provincia di Lecce, dal giugno 2017, a Maglie, in via Thaon de Revel 25, in una location dall'accattivante design dedicato alla comunicazione delle neuroscienze ed adibito anche a spazio espositivo d'arte ed abitazione, ha iniziato ad operare la FANS, Fon-
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dazione per l'Arte e le Neuroscienze Francesco Sticchi. Obiettivo primario della Fondazione, ideata, voluta ed istituita da Francesco Sticchi, anestesista e rianimatore presso l'Ospedale Vito Fazzi di Lecce, già collezionista d'arte, è la promozione delle neuroscienze attraverso l'insolito ed originale connubio con l'arte. Le neuroscienze (o neurobiologia) sono l'insieme degli studi scientificamente condotti sul sistema nervoso: essendo un ramo della biologia, le neuroscienze richiedono conoscenze di fisiologia, biologia molecolare, biologia cellulare, biologia dello sviluppo, biochimica, anatomia, genetica, biologia evoluzionistica, chimica, fisica, matematica e statistica, ma a differenza di altre discipline biologiche attingono anche da ambiti di studio quali psicologia e linguistica e, nelle aree di indagine della FANS, anche dall'arte. La Fondazione infatti si propone di essere un centro per l’Arte e le Neuroscienze e un luogo di incontro e di dialogo interculturale per le giovani generazioni, per costituire un laboratorio di sperimentazione e di ibridazione di nuovi linguaggi espressivi artistici, soprattutto della creatività salentina e pugliese. La Fondazione ospita già una ricca collezione di opere d'arte contemporanea che annovera, solo per citarne alcuni, artisti quali Nicola Samorì, Omar Galliani, Omar Ronda, Eduard Habicher, Marco Veronese, Maggy Jacot, Eugenio Carmi, Alex Angi, Giorgio Laveri, Marcello Malandugno, Giuseppe Zilli, Giancarlo Moscara, Romano Sambati, Giuseppe Chiari, Massimo Attardi, Rita Guido, etc. La FANS si propone di veicolare un’educazione estetica attraverso l’arte in un nuovo rapporto arte-cervello che stimoli l’interesse per la conoscenza del funzionamento della mente umana e della sua dinamica
relazione con il corpo e l’ambiente, sviluppando il tema del perché il cervello umano è stimolato dall'arte: arte che è una delle possibilità, a disposizione dell'essere umano, per rompere l’isolamento ed il conformismo. La filosofia di Francesco Sticchi, promotore e presidente della Fondazione, prende le mosse dal concetto aristotelico dei "vascelli vagabondi": nella filosofia aristotelica, la mente umana, attratta dalla conoscenza, è rappresentata come una nave che ha a poppa la memoria e a prua la fantasia e l'immaginazione; la mente umana è pertanto alla base della creatività; infatti la connettività dinamica delle reti neuronali guida il processo cognitivo attraverso lo studio e la perseveranza, ma quando questo fallisce, subentra un altro processo chiamato "vagabondaggio pilotato", che ne assume il controllo e produce la scintilla della creatività ed è per questo, secondo Sticchi, che è un imperativo, per tutti, essere "vascelli vagabondi". La FANS diffonde e promuove conoscenza di tematiche afferenti le neuroscienze attraverso materiale documentario e conferen-
ze tematiche su argomenti che hanno chiari collegamenti ad elementi ispiratori o estetici riferibili ad un artista, prevalentemente locale, che, di volta in volta, viene ospitato in mostra presso la Fondazione. Sinora le tematiche affrontate hanno riguardato: "Elaborazione cerebrale e delle immagini visive", "Alla ricerca della memoria", "La sinfonia del cervello", "Cervello e creatività", "Percezione e bellezza", ecc; e gli artisti ospitati nella Fondazione (che ha anche acquisito alcune loro opere nella propria collezione permanente) sono stati Fernando Spano, Andrea De Simeis, Gianfranco Basso, Alessandro Passaro e Raffaele Quida. Il prossimo 6 dicembre l'appuntamento al FANS è con il tema della Mente emotiva e la conferenza "Emozioni I parte - la ricerca" e le opere dell'artista Pierluca Cetera, con la personale d'arte "Dopamina" visitabile su appuntamento fino al 30 dicembre. Per saperne di più ed essere aggiornati sulle inziative della FANS visitate il sito web https://www.fansinaptico.com/ o la recentissima pagina Facebook https://www.facebook.com/Fansinaptico-108780157176772/
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La Reggia di Caserta, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
la “via d’acQua” della reggia di caserta Sara Foti Sciavaliere
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Storie l’uomo e il territorio
Il progetto di Vanvitelli nel Parco della Versailles d’Italia
CASERTA. La Reggia di Caserta è uno tra i più grandiosi palazzi monumentali d’Europa e del mondo, che insieme al Belvedere Reale di San Leucio e all'Acquedotto Carolino, è inserita dal 1997 nel patrimonio dell'umanità dell'Unesco. Nel 1743 il diciannovenne Carlo III di Borbone, a capo delle armate spagnole, liberò Napoli e la Sicilia dagli Austriaci, instaurando al dinastia borbonica. Il nuovo re avviò subito importanti riforme, politiche e amministrative, promuovendo anche grandi opere architettoniche che sarebbero rimaste nella storia, come il Real Teatro di San
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Carlo, la Reggia di Portici (spesso residenza dei sovrani) e quella di Capodimonte, destinata invece ad accogliere la ricca collezione d’arte Farnese. La storia della Reggia borbonica, definita anche la Versailles d’Italia, ha inizio il 28 agosto del 1750, quando Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie da sedici anni, acquista dagli eredi della famiglia Caetani Acquaviva il territorio pianeggiante, ai piedi dei Monti Tifatini, dove si trovavano un piccolo villaggio e una torre con l’intento di edificarvi non semplicemente una reggia che competesse per splendore con quella
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La Reggia di Caserta, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
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dei fasti reali francesi, ma con l’idea di dare al regno una nuova capitale, lontana dal mare e dalle offese che da questo potevano venire, come era stato dimostrato dalla flotta inglese nel 1742, quando questa aveva minacciato di bombardare Napoli. La Reggia si poneva come cuore pulsante della nuova capitale vagheggiata da Re Carlo, una città-corte che competesse con Versailles e costituisse simbolo di prestigio della Casa Borbonica per magnificenza e monumentalità. Un progetto ambizioso, per il quale si rendeva necessario assumere un architetto all’altezza dell’impresa. E fu da Papa Benedetto XIV che il re ricevette il consenso e l’autorizzazione ad assumere un architetto napoletano, di origine
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olandese, che stava lavorando alla preparazione del Giubileo del 1750: Luigi Vanvitelli. Così il 20 gennaio del 1752 – giorno del 36esimo compleanno del re – veniva posata la prima pietra dell’opera alla presenza del sovrano e della moglie Amalia di Sassonia, del ministro Tanucci, il Nunzio Apostolico e numerosi dignitari. Fulcro del complesso monumentale di Caserta è il Palazzo Reale progettato dall’architetto Vanvitelli. Due bracci ortogonali suddividono il grande blocco rettangolare della pianta della Reggia in quattro cortili interni. Dall’ingresso principale del Palazzo Reale, una lunga Galleria a tre navate – la centrale per le carrozze e le laterali per i pedoni – attraversa la costruzione e costitui-
Storie l’uomo e il territorio
sce un vero e proprio “cannocchiale prospettico” che inquadra la “via d’acqua”, ovvero tutta la serie di fontane e vasche monumentali che conducono alla cascata principale, situata ai piedi del monte Briano. Sicuramente una delle maggiori attrazioni del monumento borbonico e pertanto soprassiederò alla visita degli appartamenti storici, per fare una passeggiata all’aria aperta lungo quest’opera che combina natura e arte in un suggestivo sodalizio. Il Parco della Reggia si estende su circa centoventi ettari e si sviluppa per una lunghezza di oltre tre chilometri. Il disegno, fondamentalmente, è quello di Luigi Vanvitelli, seppure nel 1773, anno della sua
morte, l’ideatore non aveva visto realizzata una sola delle fontane progettate, sicché dovette essere il figlio Carlo a far eseguire da una folta schiera di scultori le statue che dovevano ornarle, incastonandole nella geometria dei prati verdi e delle vasche, dei filari di alberi e dei boschetti di lecci. Ben sei sono le monumentali fontane che costituiscono la “via d’acqua”. Partendo dal Palazzo, il viale centrale conduce alla Fontana Margherita, a forma circolare, decorata con semplici giochi floreali e dalla quale si dipartono due rampe laterali semiellittiche, che assecondano l’andamento della collina, dominata dall’imponente
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Storie l’uomo e il territorio
cascata e corona il viale centrale che si prolunga idealmente nella celebre Via d’Acqua, una scenografica sequenza di fontane – ispirate a temi della mitologia classica – e di vasche degradanti, che formano altrettante cascatelle. La prima che si incontra è la Fontana dei Delfini, con due delfini che affiancano un mostro marino con zampe e artigli e alla quale seguono le altre, sempre più complesse e monumentali. La Fontana di Eolo ha un impianto scenografico imponente, ma è l’unica fontana del Parco a non essere mai stata completata: nel suo specchio d’acqua infatti non fu mai collocato il colossale gruppo di Eolo e
Giunone che il re aveva commissionato. Secondo il progetto originario, di fatto, avrebbe dovuto contare cinquanta statue, che raffiguravano i venti, sistemati nelle varie cavità. L’idea si ispirava al racconto di Virgilio che nell’Eneide narra di Eolo che scatena i venti contro Enea, istigato da Giunone. Sulla balaustra sono scolpiti schiavi, alcuni dei quali incatenati a due a due – secondo alcune ipotesi, forse il ricordo di quelli che lavorarono al Palazzo – che lottano sotto il peso di massicce conchiglie. Proseguendo la Fontana di Cerere vede in testa alla vasca la “Zampilliera”: delfini e tritoni che lanciano potenti getti, Nereidi che soffiano
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Storie l’uomo e il territorio
nelle buccine (conchiglie usate come strumenti musicali), la Dea Cerere circondata da Ninfe e con un medaglione della Trinacria nelle mani. La Fontana di Venere e Adone rievoca il mito del giovane figlio del re di Cipro, che fece invaghire della sua straordinaria bellezza perfino Venere, la dea dell’amore, e che durante la caccia finì sbranato da Marte, che aveva assunto le sembianze di un cinghiale. La fontana, scolpita in marmo di Carrara, raffigura la scena in cui Venere, nel disperato tentativo di scongiurarne il tragico destino, implora Adone di non andare a caccia. La Fontana di Diana e Atteone conclude, a tre chilometri dall’ingresso al Parco, “la grande architettura formata da spalliere di lecci, dai filari di alberi di canfora e dagli specchi d'acqua”. è di forma semiellittica e, dietro il laghetto formato dal salto d’acqua, ha i due gruppi di Diana – a destra – e di Atteone – a sinistra –, mentre questi, dopo aver visto la dea nuda, viene sbranato dai suoi stessi cani e trasformato in cervo, come vuole il mito. La fontana è preceduta da balaustre ornate da quattordici statue di cacciatori e Ninfe. Proprio in questo bacino si riversava l’Acquedotto Carolino, sgorgando da una grotta a ottanta metri più in alto e precipitando di balza in balza. Va specificato che oggi l’acqua non giunge più dall’Acquedotto vanvitelliano,
bensì da un impianto di ricircolo. Alle geometrie del Giardino all’Italiana, con i vasti prati e le aiuole squadrate, scandite dai viali e i giochi d’acqua, vede aggiungersi, sul versante sinistro, il cosiddetto Bosco vecchio, la parte più antica del feudo casertano appartenuto agli Acquaviva, dove sorgono la Castelluccia e la grande Peschiera inizialmente progettate per i “giochi militari” del giovane Ferdinando IV, ma finite poi per diventare degli ameni luoghi di diletto, e più in alto, sul versante destro invece, il rigoglioso Giardino Inglese voluto dalla regina Maria Carolina.
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Nel riquadro Dario Ferreri; al centro Simone Domeniconi, Schlosser Vs Cosulich, Alassio 1970
scacco matto all'arte: simone domeniconi Dario Ferreri
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Un viaggio tra i luoghi e nonluoghi fisici ed emozionali dell'arte contemporanea
CURIOSAR(T)E
«Gli scacchi sono molto più vicini degli altri giochi all’arte e alla scienza» Reuben Fine
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azionalità, progettualità, determinazione, problem solving, concentrazione, autocontrollo fisico, gestione dell’ansia, autostima, creatività, ma anche regole precise, metafora sociale, strategia, tattiche ed un piacevole passatempo: tutto questo ed altro sono il gioco degli scacchi; tale premessa è prodromica alla narrazione della poetica e del processo creativo di un capace artista che seguo da tempo: italianissimo, cifra artistica originale, creazioni esteticamente e concettualmente molto accattivanti, carriera costruita in graduale costante pro-
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gressione anche con significative mostre museali e sponsorship artistiche e curatoriali di peso, classe 1972: lui è Simone Domeniconi, poeta ed artista, carpigiano di nascita e versiliese di adozione; segni particolari: gli scacchi nel DNA artistico. Il gioco degli scacchi o gli scacchi, nel corso della storia dell'arte, sono stati rappresentati, interpretati o realizzati da molti artisti: tra quelli del secolo scorso, ad esempio, ricordo Marcel Duchamp, eccellente ed ossessionato scacchista (si narra che la moglie, nottetempo, disturbata dalla mole di tem-
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CURIOSAR(T)E
Da sinistra:Simone Domeniconi, Galkin vs Bartel, USA 2007 a lato: Breyer - Foldes 1912
po che l'artista, a causa della propria passione per il gioco degli scacchi, sottraesse al suo lavoro, gli abbia incollato gli scacchi alla scacchiera, poco prima del divorzio), per il quale "c’è un fine mentale implicito quando si guarda l’ordine dei pezzi sulla scacchiera. La trasformazione dell’aspetto visivo in materia grigia è una cosa che avviene sempre negli scacchi e che dovrebbe avvenire nell’arte" ed altri artisti del calibro di Vasily Kandinsky,
Sonia Delaunay, René Magritte, Max Ernst, Paul Klee, Karl Truppe, Alexander Calder, Isamu Noguchi, Salvator Dalì, Arman Fernandez, Man Ray ed Enrico Baj solo per citarne alcuni. Con gli scacchi, a differenza dei suoi predecessori, Simone Domeniconi crea un nuovo linguaggio artistico, che incorpora nell'opera d'arte stessa la scacchiera e gli scacchi, ricostruendo, per ogni singola opera, una partita
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di scacchi realmente giocata in un determinato momento storico e contesto geografico, il tutto a pretesto ed asservito alle immaginifiche rappresentazioni estetico-concettuali molto contemporanee dell'artista, che apre portali dimensionali e temporali tra passato, presente e futuro di affascinante interpretazione per l'osservatore che si relaziona con le sue creazioni e tenta un mirroring gnoseologico dall'esito mai scontato e definitivo. Le partite di scacchi rappresentano dunque per Domeniconi il suo personale modo di fare arte e raccontare il proprio complesso, articolato ed interessante universo di riferimento, che spazia dalla storia alla geografia,
dall'immaginario pop a quello classico, dalla storia dell'arte alla letteratura ed all'attualità, il tutto con una poesia, un garbo ed una delicatezza che coinvolgono emotivamente anche quando le urgenze emozionali delle sue opere sono forti e violente. Per comprendere appieno l'animo poliedrico ed il processo creativo dell'artista riporto, dal suo sito web, che vi invito a visitare (http://www.simonedomeniconi.it/) la descrizione, a cura dell'artista stesso, della propria poetica ispiratrice: "Se dovessi raccontare la mia iniziazione all’arte, potrei citare l’incipit de “La Poesia” di Pablo Neruda: “E fu a quell’età… venne la Poesia a cercarmi” La Poe-
She Entwined
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Sotto: Simone Domeniconi, Foltys vs Solombek, London, 1947 a lato: Ragozin vs Kan, URSS, 1936
canto, il canto della Poesia. Abbandonare la penna per brandire il pennello fu doloroso, ma il desiderio di sfidare me stesso nelle arti figurative era troppo forte. Decisi di fare un percorso anacronistico, “andando a bottega” da qualche pittore o docente d’accademia. Il cammino battuto fu differente da molti altri artisti. Percorsi strade impervie, bruciato dal fuoco della passione. Studiai molto la storia dell’arte, perché ritenevo che fosse importan-
CURIOSAR(T)E
sia entrò nella mia vita in punta di piedi fin da molto piccolo. Ancora prima di scrivere il primo verso, già sapevo di essere un Poeta. Era come un brivido, un tremore che nasceva a contatto con la notte, col suo profumo di bucato vagamente affumicato. Scoprii molto presto che la Poesia aveva radici nel suono. Quando il respiro dell’anima si espandeva empiendo il suono delle parole, facendo cioè “risuonare” i versi, è allora che nasceva il
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te conoscere ciò che era stato fatto prima di me. Fortunatamente non fui mai “tentato” dal desiderio della provocazione fine a se stessa, così tanto di moda oggi, perché ritenevo e ritengo che spesso mascheri l’assenza di un autentico talento. Attraversai il periodo figurativo, quindi quello delle sperimentazioni, fino alla particolare ricerca nel gioco degli scacchi, che amai fin dall’infanzia. Quello che faccio consiste nel "ricostruire" un momento, un preciso istante di una partita di scacchi, realmente disputata dai grandi campioni di ogni tempo, inserendola all'interno di immagini, icone, mappe e altro ancora, incollando direttamente i "pezzi" su scacchiere che dipingo manualmente. Dovendo riassumere il mio lavoro direi che può essere sche-
matizzato e ridotto a tre elementi. Il primo è di ordine "concettuale", nel senso che il gioco degli scacchi è una perfetta metafora della società contemporanea. In ogni ambito, che va dalla politica alla vita sociale, fino alle relazioni sentimentali, tutto sembra essere guidato da egoistiche strategie al fine di ottenere vantaggi personali, indifferenti al bene comune, e quindi, del prossimo. Il secondo elemento lo definirei "storico": le date delle partite che ripropongo hanno un legame, a volte facilmente intuibile, altre volte più complesso, con le figure che si trovano all'interno dell'opera. Il terzo elemento, che trovo particolarmente affascinante, è invece di ordine "estetico-concettuale". Ritengo che nell'apparente fredda matematica che regola que-
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CURIOSAR(T)E
In basso di Simone Domeniconi: Thomas - Yates, Hastings 1928
sto straordinario gioco, esista un fattore estetico, una sorta di bellezza compositiva, fatta sì di numeri e geometrie, ma anche e soprattutto di poesia e creatività. Per farmi comprendere meglio vorrei fare riferimento alla pittura informale. Prendiamo ad esempio un pittore come Vedova. E' possibile che davanti ad un suo quadro il visitatore estraneo a questo tipo di espressione resti confuso, interdetto, disorientato, tuttavia, per un appassionato, avvezzo a questo linguaggio, sarà meno difficile saper “andare oltre”, individuare cioè una sorta di "equilibrio" presente anche tra apparenti macchie di colore. Oppure penso ad un artista che amo molto come Paul Jenkins, capace di far "suonare" i colori accostandoli con una delicatezza e sensibilità uniche. In un certo senso è quello che cerco di fare ricostruendo e scegliendo un preciso momento di una partita di scacchi, cercando di cogliere l'armonia, l'equilibrio, quasi la danza che compiono gli scacchi durante la partita. Un elemento che non ha
quindi quasi più alcun legame con le mere regole del gioco, ma che vive di un'anima propria. E tutto questo avviene in una sorta di radiografia, di "istantanea" di due pensieri tra i più alti dell'umanità che, in quel preciso attimo, si affrontano e quasi si fondono l'uno nell'altro, dando vita, persino a loro insaputa, ad un canto poetico sullo spartito della scacchiera." E' stimolante scorgere le analogie tra il gioco degli scacchi e l'interpretazione delle opere di Domeniconi attraverso aforismi di famosi scacchisti e maestri di scacchi. Garry Kimovič Kasparov disse che “al livello più alto, gli scacchi sono un talento per controllare cose prive di relazione. è come controllare il caos”: similmente, il risultato della poetica di Domeniconi, unita ad una ottima tecnica che spazia dai medium tradizionali alle tecniche miste, si traduce in opere che, sempre varie, spesso colorate, pullulanti di riferimenti colti e meno colti, danno un senso ed una armonia di connessione ad elementi in apparenza
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CURIOSAR(T)E
Simone Domeniconi, Schlosser Vs Cosulich, Alassio 1970 (particolare dal basso)
disomogenei ed, ad una analisi superficiale, privi di legami logici e mentali; il piacere della scoperta di questi legami, spesso non immediata ed in costante e sorprendente progressione, ricompone l'apparente caos dell'opera e fa apprezzare ancora di più le creazioni dell'artista. H. Knoch ebbe a dire che " la battaglia per l'ultima verità non sarà mai vinta, ecco perché gli scacchi sono così affascinanti": questo fascino lo hanno anche le opere di Domeniconi che spesso non rivela gli specifici elementi ispiratori che lo hanno condotto all'opera e lascia che siano gli spettatori della stessa ad impreziosirla con le proprie verità. Bruce Pandolfini scriveva che “gli scacchi sono un processo creativo. Il suo scopo è di trovare la verità. Per scoprire la verità, non devi scendere a compromessi. Devi essere coraggioso”; e questo stesso coraggio chiedono le opere di Domeniconi a colui o colei si trovi dinanzi a loro, un coraggio reso gradevole dall'accattivante estetica della creazione che richiede al contempo il coraggio della scoperta dei fenomeni e degli epifenomeni rappresentati, unitamente ai nessi storici, geografici, culturali ed emozionali. Per seguire l'artista sui social, ecco i riferimenti Facebook (https://www.facebook.com/SimoneDomeniconiArtista/) ed Instagram (https://www.instagram.com/simonedomeniconiartist/). Simone Dominconi ha sinora esposto in Italia, Germania, Austria, Argentina, Indonesia e, tra le sue recenti mostre museali, ricordo quelle al Chiostro del Bramante, al Museo Marino Marini di Pistoia, al Commenda di Pré di Genova, al Lu.C.C.A. Contemporary, al Madì Museum in Argentina, ecc. La sua galleria di riferimento è la Galleria Paoli di Prato e Pietrasanta. Thomas Henry Huxley, biologo e filosofo britannico scrisse che " la scacchiera è il mondo, i pezzi sono i fenomeni dell'universo. Le regole del gioco sono quelle che noi chiamia-
mo le leggi della natura. L'altro giocatore è nascosto a noi; sappiamo che il suo gioco è sempre corretto e paziente. Ma sappiamo anche, a spese nostre, che egli non perdona mai uno sbaglio né fa mai la più piccola concessione alla ignoranza": gli scacchi sono dunque una metafora della società e della vita e, per rendere entrambe migliori, la conoscenza è un prerequisito indispensabile; mi auguro che la conoscenza di questo artista, per chi ancora non avesse la fortuna di conoscerlo, e la curiosità di approfondire il macrocosmo gnoseologico ed esperienziale che si cela nelle sue opere, servano a migliorare l'interesse e l'apprezzamento verso l'arte italiana contemporanea in grado di competere nel mercato internazionale e di quegli artisti che hanno ed esprimono, in forma innovativa ed esteticamente gradevole, interessanti concetti e contenuti.
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asPettando “raffaello” alle scuderie del Quirinale A Roma l’apice delle celebrazioni per i 500 anni dalla morte del genio rinascimentale ROMA. Sarà la mostra evento del 2020. L'apice delle celebrazioni mondiali per i 500 anni dalla scomparsa dell'Urbinate e rappresenta l’evento di punta del programma approvato dal Comitato Nazionale appositamente istituito dal Ministro Dario Franceschini e presieduto da Antonio Paolucci. Intitolata semplicemente “Raffaello” la mostra sarà allestita a Roma dal 5 marzo (con inaugurazione il 3 marzo) alle Scuderie del Quirinale con oltre cento opere di mano dell'Urbinate mai riunite tutte insieme prima d’ora. Una grande mostra monografica, con oltre duecento capolavori tra dipinti, disegni ed opere di confronto, dedicata a Raffaello Sanzio, superstar del Rinascimento, nel cinquecentenario della sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520 all'età di appena 37 anni. Realizzata dalle Scuderie del Quirinale (appartenenti alla Presidenza della Repubblica e gestite dal Mibact attraverso la società in-house ALES), in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, la mostra è curata da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro. Un autorevole comitato scientifico presieduto da Sylvia Ferino ha affiancato e approfondito il lavoro del team curatoriale, stimolando un dialogo fruttuoso tra gli specialisti del settore più accreditati al mondo, come Nicholas Penny (già direttore National Gallery di Londra), Barbara Jatta (direttore Musei Vaticani), Dominique Cordellier (Musée du Louvre), Achim Gnann (Albertina, Vienna), Ales-
sandro Nova (Kunsthistorisches Institut, Firenze).“Le Gallerie degli Uffizi, dove si concentra il più grande numero di dipinti e disegni di Raffaello al mondo, - spiega il direttore Schmidt - partecipano con entusiasmo all’organizzazione di questa ricorrenza epocale, per offrire una nuova, approfondita visione di Raffaello, specialmente per il periodo in cui l’artista visse a Roma. La mostra, frutto di una collaborazione senza precedenti tra le Gallerie degli Uffizi e le Scuderie del Quirinale, si svolge non a caso nella capitale: Roma non è solo una tappa biografica dell’artista, ma il simbolo della dimensione nazionale della sua arte e del suo pensiero”.
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A lato l’autografo de l’Infinito conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli Il link rimanda al sito on line della stessa biblioteca per la consultazione Cliccando sull’immagine in basso, link ipertestuale al video Rai Cultura per celebrare i 200 anni de L’Infinito
on line sul sito della bnn gli autografi dei Più noti canti leoPardiani
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Concluse le celebrazioni dei 200 anni de l’Infinito Sul sito della Biblioteca Nazionale di Napoli erede e custode del patrimonio leopardiano
I LUOGHI NELLA RETE
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ono state le voci degli studenti, sull’“ermo colle” di Recanati, e poi in tutta Italia, nelle scuole e nelle piazze con i flash mob, nelle molteplici versioni dialettali divenute virali sul web ad aprire le celebrazioni dei 200 anni de l’Infinito del poeta Giacomo Leopardi il cui primo autografo è esposto nella sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli per tutto l’anno del bicentenario che ormai volge al termine. E a corollario delle numerose iniziative, nel video targato Rai e Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, ventidue cantautori italiani recitano un verso de l’Infinito dando vita ad una lettura corale e affascinante che si sovrappone alle immagini. Il in onda dal 19 al 31 dicembre su tutti i canali Rai e su RaiPlay, si presenta come un vero e proprio viaggio sonoro e visivo in cui le voci degli artisti, che hanno offerto gratuitamente e con entusiasmo il proprio contributo, si uniscono all’animazione del manoscritto di Leopardi. La stesura autografa degli Idilli utilizzata per realizzare il video RAI è conservata dal Comune di Visso in provincia di Macerata, dove attualmente è tornata dopo la mostra a Recanati ed è
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custodita in cassetta di sicurezza in attesa della ricostruzione del museo fortemente danneggiato dal sisma del Centro Italia. Si chiudono, dunque, con l’iniziativa della Rai e del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo le manifestazioni per le celebrazioni dei 200 anni de l’Infinito di Giacomo Leopardi, nelle quali ha avuto un ruolo fondamentale la Biblioteca Nazionale di Napoli, luogo simbolo che custodisce gelosamente il prezioso autografo dell’Infinito esemplato dal poeta quasi certamente nel 1819, che il grande poeta tenne con sé fino alla morte apportandovi via via i suoi ripensamenti e correzioni. La Biblioteca Nazionale di Napoli, erede e custode dell’eredità leopardiana, insieme alla prima stesura autografa della celebre lirica conserva nella sua quasi totalità il corpus delle opere letterarie, filosofiche e saggistiche leopardiane, lasciato da Giacomo all’amico Antonio Ranieri e pervenute nel 1907, dopo diverse dispute giudiziarie, alla biblioteca napoletana, divenendo patrimonio dello stato italiano. La Nazionale di Napoli da tempo è impegnata, - ricorda il direttore Francesco Mercurio -, col sostegno della Direzione genera-
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le Biblioteche e Istituti culturali, in un’intensa azione di valorizzazione dell’ opera del poeta e di tutela della memoria attraverso una costante attività di ricerca e studio del patrimonio leopardiano. Le iniziative curate ed organizzate dalla Biblioteca Napoletana e non solo per i 200 anni dell’Infinito, come precisa il direttore Francesco Mercurio, continueranno nei prossimi mesi. Intento della Biblioteca è, infatti, avvicinare il pubblico al pensiero di Giacomo Leopardi in grado di fornire risposte attuali ai grandi temi della società contemporanea, valorizzando e rendendo fruibile al tempo stesso il patrimonio scientifico posseduto da questa biblioteca che in quest’ottica cura e coordina il progetto di digitalizzazione del vasto corpo di autografi leopardiani conservati a Napoli. Gli autografi dei più famosi can-
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ti leopardiani sono già visibili e fruibile da un pubblico di diversa composizione on line sul sito della Biblioteca Nazionale di Napoli al link L’autografo del 1819, conservato a Napoli, è vergato con penna a ductus fine e inchiostro scuro, ed è di fondamentale importanza letteraria e filologica, perché permette di esaminare gli interventi correttori di Giacomo Leopardi e di ripercorrere la cronistoria delle scelte e dei ripensamenti del poeta recanatese. Ad eccezione del termine ‘Immensità’ che comparirà al posto di ‘Infinità’ soltanto nel 1831 nell'edizione fiorentina dei Canti, pubblicati da Guglielmo Piatti, e poi definitivamente nell'edizione pubblicata a Napoli da Saverio Starita nel 1835, l'ultima curata da Leopardi prima della morte.
Nel riquadro Raffaele Polo, al centro l’isola delle pazze fotografata da Cosimo Renna
l’isola delle Pazze ricca di mistero vito Raffaele Polo
“ I LUOGHI DEL MISTERO
Girovagando nel Salento
è
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del giugno 2006 la pubblicazione del breve romanzo 'Il segreto dello scoglio', con sottotitolo 'L'Isola delle Pazze', ripreso poi, in ulteriori edizioni e con l'aggiunta de 'Il manoscritto Palmieri', negli anni successivi. Questo libretto, con bella copertina curata da Giuliano D'Elena, è a oggi praticamente introvabile. Ma è l'unica testimonianza, parzialmente romanzata, che riguarda quel lembo di terra compreso tra Ugento e Torre San Giovanni, che comprende, all'interno, il Santuario della Madonna dell'Alto e che nomina posti ric-
chi di fascino e mistero: la Torre Mammalie e Sinfonò, il Posto Rossi, il Centro Colonico... E finalmente focalizza l'attenzione sullo scoglio piatto denominato Isola Pazzi, inizialmente. Ma, dopo la pubblicazione e la diffusione dell'originale testo di cui sopra, riconosciuto unanimemente come Isola delle Pazze. I misteri sono parecchi, a proposito di questo isolotto. Dalle poche, pochissime notizie che affiorano dall'antichità più remota, si sa che l'isolotto è circondato da relitti che le famigerate 'Secche di Ugento' hanno costretto al naufragio.
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I LUOGHI DEL MISTERO
E la denominazione ha, più credibilmente, origine dalla presenza delle 'pacce', che nel dialetto locale sono le gazze. Esiste, però, una suggestiva carta geografica che risale al Seicento che indica proprio sul luogo dell'attuale isolotto, una scritta esplicativa: 'Pax'. Ora, accantonata l'ipotesi di una chiesa o tempio che sorgesse proprio lì, resta ciò che qualcuno tramanda, con un pizzico di fantasia: pare che, nel periodo delle guerre tra gli abitanti del Sud Salento, ovvero i Messapi, e i tarantini
della Magna Grecia, si addivenne ad un trattato di non belligeranza. Trattato che fu sottoscritto proprio su quell'isolotto, considerato terra neutrale e lontana da imboscate e tradimenti. La storia, come detto, si mescola con la leggenda: e non è il solo caso di questa Isola, basterebbe ricordare il misterioso 'Parietone' per comprendere quante cose ancora NON sappiamo, della realtà che, pure, abbiamo sotto gli occhi. Fatto sta che l'isolotto misterioso è sempre lì, meta di
Addì, 4 luglio 1547, sabato mattina una manica di 400 turchi sbarcati da 22 galee su l'acque di Ugento innanzi l'isola dei pazzi arrivarono alla torre, a tempo che li massari mungevano le pecore, s'impadronirono della porta e la gente si pose a fuggire sopra la torre, e quando uno vellano tirava le porte, un turco li tirò una archibugiata da una taula che dal ponte era rotta e lo buttò in terra per il chè, il ponte si abbasso e li turchi presero con la torre tutta la gente che furono tra donne e figliole un nove, e si caricarono delle robbe che si trovarono e andarosene a mare senza che li cavallai né torrieri l'avessero avvisto a niente....
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qualche avventuroso nuotatore o di gruppi di appassionati radioamatori che hanno, da sempre, notato una particolare conformazione delle onde radio proprio nell'area dell'Isola... Suggestione, immaginazione, leggenda metropolitana? Forse... Ma l'invito è quello di conoscere meglio questa interessante zona salentina, ricchissima di suggestioni e leggende, come questo raro documento che risale al sedicesimo secolo:
natale a tuglie il PresePe vivente te li furneddhi
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Girovagando nel Salento Andar per presepi
TUGLIE (LECCE). Quattordici diverse ambientazioni su un percorso di 1 chilometro, più di 100 figuranti, il tutto accompagnato da degustazioni di prodotti tipici. Dopo il sorprendente successo della prima edizione si replica con la seconda edizione de il "Presepe Vivente te li furneddhi", in un sito del tutto inedito nel panorama delle rappresentazioni presepiali
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salentine, con l'ubicazione nel caratteristico paesaggio rupestre delle serre. Il Presepe Vivente di Tuglie il 26 Dicembre 2019, e in seguito l’1 e il 5 gennaio 2020, accenderà i riflettori sui furneddhi, costruzioni tipiche di Tuglie, del tutto simili alle pajare. Dalle 17 alle 22 saranno proprio i furneddhi a conferire suggestione alla rappresentazione della Natività in
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quel di Tuglie, su un suggestivo percorso di un chilometro, sviluppato tra ben cinque furneddhi con quattordici ambientazioni diverse e piĂš di cento figuranti, durante il quale si potranno incontrare musicanti, pastori e soldati, ma anche osservare il certosino lavoro del fabbro, del falegname e dei tessitori, fare
capolino durante una lezione della scuola ebraica o curiosare nella casa di Erode e tra gli scribi. Delizieranno il palato e la vista degli avventori le rinomate leccornie natalizie tugliesi, degustazioni tipiche e meravigliose istallazioni.
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L'Associazione Culturale 'Tuglie Cultura', inoltre, per l'occasione offrirà il trenino Angelo Azzurro che porterà famiglie e bambini in giro per il paese in visita agli altri numerosi eventi dislocati per l'abitato. Tra i tanti, i tradizionali “Racconti sotto l'albero" nei rioni a cura della Biblioteca Comunale e del S. C. N. , ilVillaggio di Natale 'Holiday on ICE, con mascotte per i bambini, pista di ghiaccio e Mercatini di Natale presso il Piazzale Matteotti, organizzato dall'Associazione L462 e dal Comitato Festa Madonna dell'Annunziata.Ancora presso il Parco di Montegrappa “Christmas in Won-
derland”, grazie ai meravigliosi allestimenti a cura dell'associazione Flow,avventori grandi e piccini vivranno un atmofera magica e incantata per un Natale di emozioni. Apertura: 26 dicembre 1 gennaio 5 gennaio Orari: 17:00 – 22:00 Dove: Strada prov.le Tuglie-Neviano (accanto al campo sportivo comunale)
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Foto di Stefano Quarta
dall’amazzonia al salento un PresePe che fa riflettere Antonietta Fulvio
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Nella Chiesa di San Vito a Lequile
LEQUILE (LECCE). Natale è anche questo. Imbattersi in una chiesa e trovarsi davanti ad un insolito presepe. Insolito perché a parte la Natività, nel presepe allestito nella chiesetta di San Vito Martire e realizzato con materie povere - carta, polistirolo, tela di sacco e gesso - da Antonio Calò, Fabrizio Colla e Luciano Surano legati alla Deputazione di San Vito non vi sono figuranti né sono riproposte scene di
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ambientazione tipica del presepe a cui siamo abituati da quando San Francesco ideò la prima rappresentazione della Natività in quel di Greccio nel lontano 1223. Il paesaggio è d’impatto e unisce in un unicum senza soluzione di continuità la campagna salentina con le caratteristiche pajare, i muretti a secco, uliveti rigogliosi e quelli spettrali degli ulivi colpiti dalla xylella. In maniera, quasi speculare, si
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passa dalla rigogliosità della foresta amazzonica al paesaggio altrettanto spettrale e agghiacciante della più grande foresta pluviale in fiamme. L’acqua fonte di vita unisce e nello stesso tempo separa i due paesaggi. Particolarmente ben riuscito e vivido sembra il fuoco, il rimando è chiaramente agli incendi che
recentemente hanno distrutto parte considerevole del più grande polmone verde del pianeta e meraviglioso concentrato di biodiversità. Un fuoco che divampa e fa annerire il cielo come suggerisce la grande nube di fumo che avvolge ogni cosa lasciando sul suolo carcasse di animali e una terra inaridita e incenerita che non può più dare frutti.
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Tra i resti di tale scempio spuntano residui di bottiglie di plastiche e una lattina di coca cola espressione di un consumismo sfrenato che sta portando ad un progressivo consumo delle risorse e condanna il genere umano all’autodistruzione. La natura è sempre espressione di vita. L’incuria, l’abbandono e il degrado sono invece i segni nefasti dell’opera dell’uomo, purtroppo. Posta su un tronco malato, realizzato anche questo con carta e gesso, in primo piano e distaccata dal contesto del paesaggio è stata collocata la natività con la Sacra famiglia. «Abbiamo inteso così rappresentare un’isola di riflessione, di fede e di tradizione. Non a caso è posta su una base di ulivo secolare a testimoniare la tragedia che la nostra terra sta vivendo e rappresenta un augurio di ravvedimento e di rinascita. Per il paesaggio ci siamo ispirati alle parole di Papa Francesco», racconta Antonio Calò tra i componenti del trio, ormai a tutti gli effetti un sodalizio artistico, impegnato ogni anno nella realizzazione del presepe per la deputazione di San Vito. Osservando il
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presepe le parole pronunciate dal Papa nell’omelia della messa in apertura del Sinodo sull’Amazzonia, lo scorso ottobre, tornano alla mente con il loro potente carico di verità: «Il fuoco appiccato da interessi che distruggono, come quello che recentemente ha devastato l'Amazzonia, non è quello del Vangelo". Il fuoco di Dio è calore che attira e raccoglie in unità. Si alimenta con la condivisione, non coi guadagni. Il fuoco divoratore, invece, divampa quando si vogliono portare avanti solo le proprie idee, fare il proprio gruppo, bruciare le diversità per omologare tutti e tutto». Il fuoco di Dio è l’amore. Il miracolo della vita che si rinnova. La nascita di Gesù Bambino che è più forte del male. Sempre. Buon Natale e se vi capita andate ad ammirarlo questo presepe che parla di riscatto e di rinascita attraverso la fede! Chiesa di san Vito Martire Via Solano, 14, Lequile LE
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coronese al museo castromediano collezione d’arte a cielo aPerto
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Con Campo, opera di Rocco Coronese realizzata nel 1976, si avvia la collezione di scultura contemporanea all’aperto nel Museo Castromediano di Lecce
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LECCE. Una scultura del 1976 di Rocco Coronese, realizzata assemblando elementi modulari in ferro, con un approccio costruttivista e un’estetica minimalista, entra a far parte delle collezioni storico-artistiche del Museo Castromediano. Donata dagli eredi, su volontà della moglie Miriam, l’opera si intito-
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la “Campo” e sarà installata in permanenza nel cortile esterno del Museo, avviando uno dei nuovi progetti del Polo biblio-museale di Lecce, ovvero una collezione in progress di scultura contemporanea, anche in linea con la grande mostra dedicata alle “Opere costruite” di Pietro Guida allestita lo scorso
Foto in basso l’artista Rocco Coronese
anno nel cortile del museo. Il progetto rientra in un processo di valorizzazione degli spazi esterni del museo, anche in attesa dell’apertura della caffetteria che consentirà ulteriori modalità di fruizione dell’area all’aperto. L’artista, nato a Parabita nel 1931, tra i protagonisti del rinnovamento della scultura negli anni Settanta, impegnato anche in una lunga attività didattica nelle accademie di belle arti (tra cui quella di Frosinone, che ha anche diretto), è morto a Ferentino nel 2002. Curioso e dinamico, Coronese nel 1951 si trasferisce a Roma, dove si iscrive dapprima alla Facoltà di Ingegneria Mineraria e poi a Geologia, abbandonando successivamente gli studi a un passo dalla laurea. Intorno alla metà degli anni Sessanta realizza un ciclo di lavori serigrafici, legati a forme primarie e alle tendenze neo-gestaltiche, e si impegna nella comunicazione visiva per istituzioni ed enti. Tra le prime mostre significative va annoverata la partecipazione a “Nuovi materiali. Nuove tecniche”, a Caorle, a cura di Andrea Emiliani, Luigi Mallè, Garibaldo Marussi, Franco Passoni e Lorenza Trucchi, insieme a grandi protagonisti dell’arte italiana, tra cui Fausto Melotti e Lucio Fontana. Siamo nel
1969, l’anno in cui avvia un lavoro rigoroso sulla scultura costruttivista. Cinque anni dopo allestisce una mostra di sculture in Piazza Margana a Roma, all’interno di un ciclo espositivo in cui furono coinvolti anche Aldo Calò, Pasquale (Ninì) Santoro e Carlo Lorenzetti. Molto intensa anche l’attività dei decenni successivi. Tra le mostre da segnalare, la personale del 1976 a Parabita, con opere di grandi dimensioni (tra cui “Campo”) allestite nello spazio pubblico, a conferma di una delle prerogative di questo tipo di indagine, ovvero il rapporto dialettico tra la forma, lo spazio architettonico e lo spazio urbanistico. Profondo anche il rapporto con la sua terra d’origine, testimoniato dall’impegno generoso verso la sua Parabita (a cui donò una straordinaria collezione di manifesti), dove oltre a realizzare opere pubbliche curò l’organizzazione di mostre d’arte contemporanea, in cui coinvolse, tra gli altri, l’artista Ezechiele Leandro. A conclusione delle iniziative del 150° anniversario del Museo Castromediano, un’ospite straordinaria, la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, accompagnerà fino al 31 marzo 2020 i visitatori alla scoperta dei rinnovati percorsi della collezione archeologica. Per tutte le festività natalizie, il Museo Castromediano sarà visitabile con ingresso gratuito dal martedì alla domenica dalle ore 9 alle ore 20 (ultimo ingresso ore 19). Lunedì chiuso. Inoltre visite guidate gratuite alla scoperta della raccolta archeologica (per gruppi di almeno 10 persone, su prenotazione, telefonando al numero 380.75.53.812). E dopo aver accolto un cantiere di restauro aperto (ancora in corso e visitabile) dei polittici medievali della collezione permanente con Art Bonus, grazie alla collaborazione con la Banca Popolare Pugliese, adesso il Museo torna ad ospitare le proprie collezioni archeologiche, in attesa dell’allestimento della Pinacoteca (collezioni storico-artistiche) che avverrà nei primi mesi del 2020.
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In queste pagine alcunei momenti della presentazione: foto Daniele Dax Paladini
se ami Qualcuno dillo il libro di marco bonini Maria Neve Arcuti
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Il romanzo d’esordio del noto attore romano
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“Se ami qualcuno dillo”, basterebbe fermarsi al titolo di questo romanzo e mettere in atto questa esortazione per dire quanto possa risultare interessante la lettura del libro. Ma il titolo altro non è se non un buon presupposto per abbandonarsi al viaggio. Siamo a Roma, negli anni Ottanta. E lì parte un percorso che ci conduce a passi ora lenti ora veloci ora frugando nei ricordi ora tornando nella realtà, mescolando bene ironia e riflessione, fino all’estate del 2000 quando Sergio, protagonista insieme a Marco del romanzo, in seguito ad un infarto, si
trova in rianimazione dove, a dirla con le parole dell’autore, “perde l’anima per ricostituirla”. Se il tema potrebbe indurvi ad uno scoramento, provate a leggerlo: lo troverete leggero e ilare, prima, per poi scoprire passaggi di una profondità disarmante che vi indurranno a pensare a tutte quelle volte che nella vostra vita avete fatto esattamente le stesse identiche riflessioni. Un viaggio tra fragilità e celate debolezze, difficili ammissioni e improvvise scoperte, nel tentativo di infrangere quel “patto
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maschilista perpetrato da millenni”. Farsi delle domande, riflettere, divincolarsi, disubbidire: tutti atteggiamenti, questi, che parlano già di un concetto preciso, quello di voler cambiare le cose. Ed è proprio questo che si propone di fare il nostro Marco, protagonista del romanzo d’esordio di Marco Bonini, che vorrebbe a tutti i costi non reiterare un destino, quello di maschio alfa, che sembrerebbe inevitabile. O, almeno, questo gli raccontano i fatti: un nonno, prima, un padre dopo che per incarnare il maschio “vero”, quello che “non deve chiedere mai” non hanno fatto altro che denigrare i sentimenti, generando quella tremenda frustrazione che le donne per generazioni hanno dovuto subire. E, dunque, ora toccherebbe a lui, Marco, e, chissà, forse dopo a suo figlio. Ma il nostro protagonista ha tutte le intenzione di rompere questa catena fatta di
maschi che vedono il mondo da maschi: le donne, quelle, lasciale “so’ solo ‘na perdita de tempo” …aiutare la mamma a fare le pulizie, non si fa, è a rischio la propria virilità…e poi un maschio che fa danza, che follia! Che vergogna! E se poi diventi…? Il romanzo di Marco Bonini è da leggere assolutamente perché racconta la storia di una famiglia ordinaria, di una famiglia come tante, che ha accettato tutto questo pensando che fosse giusto, evitando lo scontro, scegliendo di subire atteggiamenti e parole in religioso silenzio. Un romanzo come questo sarebbe stato necessario sempre, ieri, come oggi. Lo è ancor più oggi, in un mondo in cui ancora certi uomini pensano la donna come pro-
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prietà privata. Questo è uno di quei libri che ti apre il cuore, che ti fa sentire bene perché ti racconta, con un’abilità degna di un Marco Bonini attore, prima ancora che scrittore, come siamo davvero parte di un disegno che ci vede correre tutti insieme e nella stessa direzione. Ed è consolante sapere che qualcuno ha il coraggio di dare voce a tutti quei pensieri e sentimenti che più volte ci sono rimasti bloccati in gola, per impotenza o, peggio ancora, perché tanto non ne valeva la pena. “Se ami qualcuno dillo” fa bene al cuore, perché parla d’amore e racconta di una rinascita. Di
come, a volte, la vita conceda una seconda possibilità. Sergio ha avuto la possibilità di resettare il sistema operativo. Marco ha finalmente di fronte a sé un padre che abbraccia, bacia, danza. Un padre che ama. Che guarda la sua donna, finalmente, come si dovrebbe sempre. Che la ama senza nascondersi, che scopre la sua vitale importanza. Dopo aver letto il romanzo di Marco Bonini ci rimane addosso la felice sensazione che un mondo migliore sia davvero possibile se solo lo vogliamo veramente.
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trentamila notti, il singolo di gianPiero della torre
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Il nuovo brano da solista dedicato al suo bambino
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Quella sensazione unica al mondo di quando prendi tra le braccia tuo figlio e pensi “Tu non devi fare come me, devi splendere” augurandogli un futuro migliore, più bello, più radioso...da vivere intensamente in trentamila notti come i giorni che rappresentano la vita media di un uomo. Ha provato a raccontarlo in note e parole il cantautore aletino Gianpiero della Torre, in arte Dellatorre, che ha dedicato al suo bimbo il suo secondo singolo da solista: “Trentamila notti”. Distribuito da Tunecore, “Trentamila notti” è un brano dalle sonorità classiche pop che richiamano il periodo tra la fine degli anni novanta e il 2000. Un mix di chitarre basso e piano rhodes, registrati in collaborazione con la band de" Gli Influenzer" che fanno da spalla al nuovo progetto musicale di Della Torre che ha all’attivo 14 anni di esperienza live e due album con i "Toromeccanica". Il video che accompagna il brano, visibile su YouTube al seguente link, è stato girato a Cutrofiano con la regia di Davide Restino ed è ambientato nel periodo natalizio non per fare della facile retorica, ma perché questo è un periodo dove tutte le emozioni vengono amplificate, così come il resoconto che l'autore fa della propria vita: "Perché la mia scin-
tilla sai piccolo... non hai mai brillato" per arrivare fino ad uno dei più teneri gesti di protezione: "Chiudi gli occhi fai bei sogni, io ti guardo mentre dormi".Prodotto con la collaborazione di Luigi Russo (il Cantiere studio di Cutrofiano) e arrangiato da quest'ultimo, “Trentamila notti” rappresenta il secondo tassello di un percorso cominciato con "Di un'altra costellazione" il primo singolo prodotto da Marco Ancona.
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la collezione franco farina. arte e avanguardia a ferrara 1963-1993 Ferrara, Padiglione d’Arte Contemporanea 21 dicembre 2019 – 15 marzo 2020 Orari 9.30 – 13.00 / 15.00 – 18.00 Chiuso il lunedì Info e prenotazioni www.palazzodiamanti.it; tel. 0532 244949 obiettivi su burri. fotografie e fotoritratti di alberto burri dal 1954 al 1993 Città di Castello (Pg), Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri – Ex Seccatoi del Tabacco 2 Marzo 2019 - 06 Gennaio 2020 Info: Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri 075 8554649 riccardo zangelmi. forever young MAR - Museo d’Arte della città di Ravenna 05 Ottobre 2019 - 12 Gennaio 2020 Orario:9-18 dal martedì al sabato, 11-19 alla domenica e festivi, lunedì chiuso (il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura) Ingresso: intero 9 €, ridotto 7 €, studenti Accademia e Università 5 €, omaggio bambini fino ai 14 anni e tutte le categorie aventi diritto giulio romano a mantova Mantova, Complesso Museale Palazzo Ducale Lunedì 6 Gennaio 2020 Il servizio di prevendita dei biglietti per la mostra sarà disponibile a breve su www.ducalemantova.org o tramite call center 041.2411897.
leonardo da vinci: visions le sfide tecnologiche del genio universale Sansepolcro, Museo Civico fino al 24 febbraio 2020 inge morath la vita. la fotografia Roma, Museo di Roma in Trastevere Piazza S. Egidio,1/b Apertura al pubblico 30 novembre 2019 – 19 gennaio 2020 Orari da martedì a domenica 10-20 La biglietteria chiude alle 19.00 24 e 31 dicembre 10.00 – 14.00. Chiuso lunedì, 25 dicembre, 1 gennaio. Info Tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 19.00) www.museodiromaintrastevere.it PomPei e santorini l’eternità in un giorno Roma, Scuderie del Quirinale via Ventiquattro Maggio, 16 11 ottobre 2019 - 6 gennaio 2020 Orari: da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 20.00. Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 natura in Posa capolavori dal Kunsthistorisches museum di vienna in dialogo con la fotografia contemporanea Treviso - Museo Santa Caterina Dal 30 novembre 2019 al 31 maggio 2020 i macchiaioli storia di una rivoluzione d’arte Lecco, Palazzo delle Paure (piazza XX Settembre) 4 ottobre 2019 – 19 gennaio 2020 Orari: Lunedì chiuso Martedì - venerdì: 09.30 – 19.00 Sabato domenica e festivi: 10.0019.00. Natale chiuso; 26 dicembre (Santo Stefano) e Capodanno dalle ore 14.00 alle ore 19.00. Ingresso: Intero: €10,00mRidotto: €8,00 Ridotto speciale scuole e bambini: €5,00
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nuovo allestimento della collezione di ceramiche Piacenza, Musei di Palazzo Farnese | Appartamento stuccato (piazza Cittadella 29) Dal 30 novembre 2019 Orari: dal martedì al giovedì, 9.0013.00; venerdì e sabato, 9.00-13.00 e 15.00-18.00; domenica, 9.30-13.00 e 15.00-18.00 Alla sezione si accede con il biglietto d’ingresso dei musei Tutte le sezioni: €6,00 Una sola sezione: €3,00 Info biglietteria: tel. 0523.492658; info.farnese@comune.piacenza.it luca missoni moon atlas Museo MA*GA Gallarate, Via E. de Magri 1 24 novembre 2019 – 19 gennaio 2020 Orari Lunedì chiuso; martedì-venerdì, 10|13.00 - 14.30|18.30; sabato e domenica, 11.00|19.00 Ingressi € 7,00 intero;€ 5,00 ridotto Tel. +39 0331 706011; info@museomaga.it; www.museomaga.it hoKusai, hiroshige, utamaro. caPolavori dell’arte giaPPonese Pavia, Scuderie del Castello Visconteo (viale XI Febbraio, 35) 12 ottobre 2019 – 9 febbraio 2020 Orari: dal martedì al venerdì: 10.0013.00/14.00-18.00; sabato, domenica e festivi: 10.00 - 19.00 Intero: €12,00 Ridotto: €10,00 Info e prenotazioni:Tel.02.36638600; info@scuderiepavia.com da artemisia a hacKert. storia di un antiquario collezionista alla reggia Caserta, Reggia di Caserta 16 Settembre 2019 - 16 Gennaio 2020
ITINER_ARTE...DOVE E QUANDO...
“con nuova e stravagante maniera”giulio romano a mantova Mantova Complesso Museale Palazzo Ducale 6 ottobre 2019 - 6 gennaio 2020 Museo: tel. + 39 0376 352100 www.mantovaducale.beniculturali.it
LUOGHI DEL SAPERE
il meraviglioso mondo di suzanne il romanzo di lara savoia
LARA SAVOIA Suzanne Il Raggio Verde 2019 ISBNpp.476 €15,00
Suzanne, il nuovo romanzo di Lara Savoia (edito da Il Raggio Verde Edizioni), è un viaggio incredibile nella vita di una ragazza, che si ritrova presto a fare i conti prima con il destino e poi con l’amore, mentre ripercorre gli anni che dall’adolescenza la porteranno fino all’Università. Il legame con la musica è il perno su cui ruota tutta la vicenda, perché la giovane protagonista è una pianista che compone le sue opere e le rende uniche… Come unica è la sua storia personale, segnata profondamente da due momenti indelebili che ne decideranno in parte le sorti e ne sconvolgeranno la spensierata esistenza da adolescente. Perché, come spesso accade nella vita di tutti i giorni, le gioie e i dolori vanno a braccetto e non sempre tutto fila liscio come vorremmo. E così, immergendoci nella lettura, entriamo in simbiosi con il personaggio di Suzanne e insieme a lei viaggiamo con la mente, catturati prima dalla luce e dai suoni del Salento, poi dalle atmosfere campestri della radura inglese fino ad arrivare al cuore d’Italia. La città de L’Aquila, tanto amata dalla scrittrice, che nonostante le ferite ancora presenti soprattutto nel suo bellissimo centro storico, rinasce come l’araba fenice tra le pagine di questo romanzo. Così come rinascono le piccole attività e i negozi, l’Università e la vita sociale fatta per lo più di momenti e situazioni quotidiane in cui la protagonista mostra al lettore i suoi punti più fragili e le emozioni legate alla sua storia personale. Insieme a lei, ci immergiamo nei vicoli del capoluogo abruzzese, per assaporare i sapori e i colori di una città che si riscopre di nuovo bella. Riviviamo, grazie all’autrice, le Chiese e i monumenti più caratteristici, colpiti in parte dal terribile terremoto del 2009, ma nonostante questo ancora in piedi e pronti ad accogliere i passanti e tutti coloro che vorranno avventurarsi tra le sue strade. Non solo, il romanzo di Lara Savoia ci fa riscoprire anche un luogo lontano e in parte mistico. Perché, come la protagonista, ci ritroviamo catapultati a San Pietroburgo durante il periodo delle festività natalizie. La città russa ci abbraccia con tutto il suo austero splendore facendoci riscoprire con gli occhi il bellissimo Palazzo d’Inverno, mentre la storia di Suzanne entra nel vivo con colpi di scena, aspetti e trame fino a quel momento nascoste. Perché il bello di questo romanzo, è proprio questo.
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Un viaggio continuo nell’animo di una giovane donna che dopo aver sofferto tanto scopre l’Amore con la A maiuscola e lo cavalca facendo battere il cuore al lettore rimasto incollato alle sue pagine per tutto il tempo. Stefano Cambò
il Profumo dei gelsomini il nuovo romanzo di sara foti sciavaliere
SARA FOTI SCIAVALIERE il profumo dei gelsomini PINK BOOKS, SOLO IN FORMATO DIGITALE
Contea di Tripoli. 1229 Nel Krak des Gardiens, una delle roccaforti erette dai crociati in Oriente, l’assalto dei famigerati hasaschin porta lo scompiglio. Nonostante le terribili storie che si racconta sulla setta di assassini di Alamut, uno di loro finisce nelle prigioni del krak in fin di vita. Quell’uomo però non è chi credono tutti che sia? Nasconde un segreto, che solo la nobile Agnès, intollerante verso le imposizioni del suo rango ma dallo spirito caritatevole, scorge subito nel prigioniero. “Una folle incauta”, come le fa notare Bashir, il guerriero maronita ed esperto di medicamenti che le ha segnato l’uso delle erbe e dell’arte medica. Agnès saprà dimostrare che il suo cuore non si inganna e che il suo sguardo ha solo visto oltre le apparenze?Vissuta tra Calabria e Sicilia, ha deciso di mettere radici in Salento. Guida turistica e giornalista, da sempre con un grande passione per la scrittura. Redattrice per la rivista online Ripensandoci.com sulle tematiche di genere, collaboratrice della rivista telematica Arte e Luoghi, della rubrica Itineraria di Pink Magazine Italia e blogger per AgorArt, oltre varie esperienze di correttrice di bozze ed editor. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie Delos Books: “L’amore oltre” in “365 Storie d’amore” (2013); “ L’Angelo di Natale” in “365 Racconti di Natale” (2013); “All’ombra della torre” in “365 Racconti d’estate” (2014); mentre nel 2017 è uscito il suo primo romanzo con la collana Odissea Romantica di Delos Digital, L’altra metà del mio cielo.
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LUOGHI DEL SAPERE
salone salotto salottino il nuovo romanzo di annalisa bari
ANNALISA BARI Salore salotto salottno Edizioni Esperidi pp.464 2019 ISBN 8855340107
è la storia di un paesello del sud: di quelli col centro storico imbiancato di calce, case basse a terrazza e pochi palazzi signorili, con le strade di chianche, i vicoli, le curti, la piazza, la chiesa, il municipio, la scuola elementare, la farmacia e le botteghe artigiane. Tutt’intorno vigne, ulivi, pascoli e grano, case coloniche, muretti a secco e fichidindia” in cui si muovono tre generazioni di una grande famiglia borghese.” è la stessa Annalisa Bari ha introdurre il suo romanzo e darci l’idea della narrazione. Laureata in Lettere Moderne presso l’Università degli studi di Lecce, con una tesi in Storia dell’Arte, Annalisa Bari ha insegnato Italiano e Storia negli Istituti Superiori dal 1969 al 1999. Ha pubblicato: Non c’erano le mimose (Del Grifo, 2001); Diamanti e Ciliegie (Del Grifo, 2003); Il quarto sacramento (Del Grifo, 2005); I mercanti dell’anima (Giulio Perrone, 2008); Separè (Laterza, 2009); Legami di sangue (Laterza, 2011); Coccarde rosse (Bompiani, 2012); Solo allora cadranno le stelle (Besa, 2014).
il mare secondo il vento il salento nelle storie di valentina Perrone
VALENTINA PERRONE Il mare secondo il vento Kimeric p.200 978-88-5516-234-0 2019
Un lavoro, due amati genitori e un amico prezioso: Silvia, libraia trentaduenne, è la classica brava ragazza, che vive di affetti sinceri e sogni nel cassetto. La sua serenità è irrimediabilmente messa alla prova quando incontra Carlo, affascinante ingegnere dal passato ingombrante che troppo spesso invade il presente. I loro destini s’incrociano nella loro terra, il Salento, adagiato tra i due mari e di frequente in balia dei moti del vento. Sullo sfondo dei vicoli di Lecce vecchia e della spiaggia di Santa Maria al Bagno, i due navigheranno le acque di un amore travolgente e impareranno che si può decidere di trovare la pace nonostante la tempesta. Ma solo se si è disposti a scoprirsi fragili, a rimboccarsi le maniche per cercare il coraggio e a concedere il perdono. Valentina Perrone vive tra Guagnano e Salice Salentino (Lecce) e ha conseguito la laurea con il massimo dei voti presso l’Università del Salento, è giornalista pubblicista collaborando con il Nuovo Quotidiano di Puglia, oltre a essere una delle più giovani scrittrici salentine contemporanee. Nel 2015 ha pubblicato il suo fortunato libro d’esordio, Un caffè in ghiaccio con latte di mandorla, e nel 2017 il romanzo Memorie di Negroamaro, editi entrambi da Esperidi e diversi suoi racconti sono contenuti in antologie. Ha ricevuto premi e riconoscimenti per i suoi libri, per l’attività giornalistica e per l’impegno a sostegno della cultura e nella tutela degli animali.
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iole girasole e i Prati in fiore le filastrocche di gianluigi cosi
GIANLUIGI COSI Iole Girasole e i prati in fiore Il Raggio Verde edizioni p.64 2019 ISBN 978-8899679828
Dopo Betta Caretta e Camilla Clorofilla continua il viaggio in rime di Gianluigi Cosi che presta attenzione all’ambiente e anche in questo nuovo lavoro il tema centrale è la salvaguardia e la conoscenza della Natura. Partendo dal girasole, celebrato e reso immortale dall'artista Van Gogh, fino al più piccolo seme capace di dar vita alle piante più svariate, indiscutibili amiche dell’uomo anche se spesso purtroppo l’uomo dimentica e non ha cura del verde che lo circonda. Questo il monito e l’invito attraverso un piccolo semino, che - sveliamo - chiude la raccolta, a piantare un girasole perché possa colorare le nostre vite e non farci dimenticare l’importanza di aver cura della Natura. Perché come già scriveva il grande Gianni Rodari, di cui nel 2020 si celebra il centenario della nascita, “Per fare tutto ci vuole un fiore”. Non a caso il sottotitolo - semi di filastrocche - vuole essere un invito a leggere e a custodire la potenza di piccole idee che possono diventare grandi. E coloratissime come le illustrazioni che l’artista Enzo De Giorgi ha realizzato in esclusiva per impreziosire il nuovo libro di Gianluigi Cosi dando un volto a Iole come pure a Rino contadino. Un libro bello da leggersi, da sfogliare e da cantare con i testi delle nuove canzoni ideate per rallegrare i bambini e sensibilizzarli ad aver cura del proprio territorio. Una raccolta di filastrocche - scrive nella presentazione Chiara Sergio titolare della libreria Pupilla - che "è un inno al creato, alla ciclicità della natura che offre spettacoli meravigliosi che si nascondono in effimere, profumate, “petalose” meraviglie chiamate fiore. A ogni fiore il suo spazio, la sua storia, la sua rima, il suo racconto, che si intreccia con quelle di rane, api, bambini, contadini, fiorai. Viaggiando, leggendo, in un universo parallelo che parla di gratitudine e coesistenza perché, citando l’autore: «una certezza abbiamo soltanto, il dono della natura è un incanto». E allora questo dono, rispettiamolo, mettiamolo in rima, cantiamolo con gioia e soprattutto, raccontiamolo ai bambini!” Gianluigi Cosi, brindisino, cantautore e fondatore della band I Rinoplastici esordisce nel 2015 con il libro “Betta Caretta e gli amici della macchia” (Il Raggio Verde edizioni), menzione di merito alla Fiabastrocca 2016; nel 2017 scrive “Camilla Clorofilla e il bosco che brilla” ( Il Raggio Verde edizioni) , dai due libri insieme alla collaborazione di Paola Giglio sono nati due spettacoli teatrali con musiche originali. Nel 2019 è uscito il suo ultimo lavoro discografico dal titolo “Nessuno bacia Biancaneve” edizioni Lungoviaggio.
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viaggi, naufragi e altri accidenti
LUOGHI DEL SAPERE
corrado vecchio e le storie dal saPore di mare
CORRADO VECCHIO Viaggi, naufragi e altri accidenti storie di terra e di mare Il Raggio Verde Edizioni 2019 ISBN: 978-8899679811 12€
Ha la rara qualità del 'narratore conviviale': di colui che, insomma, incontriamo per caso durante un pranzo o un convivio dove non conosciamo nessuno e, senza parere, ci interessa e ci affascina con i suoi racconti, messi lì senza apparenti pretese e, magari, tenuti in poco conto perchè -viene da pensare- cosa ci può mai interessare quello che questo distinto giovanotto dall'aria signorile e un po' affettata, vuole narrarci con tenace serenità? E invece, eccoci lì a seguire a bocca aperta i suoi viaggi per mare o in metropoli ricche di insidie come può esserlo il capoluogo partenopeo. Ecco che siamo a disagio quando ci presenta con dovizia di particolari e termini marinareschi una tempesta sotto costa, novello Turner che si faceva legare all'albero della nave in balia dei flutti, per poterla ritrarre meglio nei suoi dipinti... No, Corrado Vecchio non dipinge, ma è come se lo facesse, tanto vividi sono i colori delle storie che sa mirabilmente confezionare, inserendo personaggi che, se pure a volte soltanto abbozzati, prorompono nella propria vitalità ed emergono dal contesto a dare maggiore spessore alle vicende, di per sé non mirabolanti ma, proprio per questo, vieppiù affascinanti, nel loro svolgersi. Come i più provetti naviganti, pardon, narratori, Vecchio sa farsi leggere, senza dover ricorrere a fantasie ed iperboli ma, anzi, mantenendosi nel vissuto quotidiano e quasi compiacendosi di non assurgere, mai, ad invincibile e superbo eroe protagonista... Dotato di un solido buonsenso e da una schiettezza morale evidentissima, riesce anche nel difficile intento di non annoiare, percorrendo il difficile cammino della ragione nella Fede, adombrando con il suo semplice e accorato procedere quell'idea unica ed efficace che fu di Blaise Pascal... E il suo narrare spazia anche nel mistero e nell'ignoto degli oggetti e dei rumori che riempiono le nostre notti, quelle notti così care alla metafisica di Dino Buzzati, non a caso anch'egli imbarcato su navi da guerra e a stretto contatto con i misteri del mare....
Tutti i nostri libri è possibile acquistarli direttamente dal nostro sito
ilraggioverdesrl.it
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No, non è Llanier, il nostro Corrado Vecchio; pure alcune frasi, un'ambientazione specifica, potrebbe ricondurre proprio a quei 'Racconti del Brigadiere' che vengono elargiti così, senza parere, ad un gruppo di amici criticoni e superficiali che, alla fine, restano avvinti e affascinati dalla capacità affabulativa dell'improvvisato narratore... Perciò, vi raccomando: se incontrate Corrado all'uscita dalla Chiesa e per le vie del paese in festa, fermatevi a salutarlo. Capiterà, se è di buon umore, che inizi a raccontare una delle sue splendide storie. Come i sei racconti che sono qui raccolti e che, ne siamo sicuri, leggerete tutto d'un fiato, come è successo a noi. Raffaele Polo
FILASTROCCANDO E RACCONTANDO LA FANTASIA IN RIME DI CATERINA DE VITA
CATERINA DE VITA Filastroccando e raccontando Il Raggio Verde edizioni p64 2019 ISBN 978-8899679804
Come foglie d'Autunno variopinte le filastrocche colorano le giornate di quanti, grandi e piccini, sono pronti ad ascoltarle. Questa semplice considerazione ci introduce nel mondo un po' fiabesco e gioioso di Caterina De Vita e delle sue filastrocche. Un genere che incontra i gusti del pubblico più variegato e che invita alla riflessione divertendo con rime, assonanze e giochi di parole. Così nella pubblicazione edita da Il Raggio Verde trovano posto componimenti, rigorosamente in rima, dedicati agli aspetti più vari della quotidianità, dalla marmellata al caffè, al vento come alla luna e al mondo fatato dell'infanzia da proteggere e da raccontare anche attraverso racconti dedicati proprio ai più piccoli come i tre testi della sezione "raccontando". Dalla rima alla prosa il passo è breve ma il comune denominatore resta la fantasia unita alla morale propria tipica in ogni favola. Scrive il giornalista Raffaele Polo: "Chiaramente dedicata ai più piccini, la raccolta si fa piacevolmente gradire per la spigliata immediatezza dei versi che sono ben allineati e senza forzature, spaziando in vari argomenti, nell'intendo di divertire e ammaliare con le ritmiche scelte poetiche tipiche della 'filastrocca' che, pur sovente senza un senso compiuto, pure riescono a prendere ed affascinare.L'AutriceNata il 22 Marzo a Gallipoli (Lecce), Caterina De Vita vive a Chiesanuova (Sannicola Lecce). Dopo aver conseguito il diploma magistrale, si trasferisce nel Veneto dove arricchisce il suo percorso letterario con esperienze di vario genere. Sin da bambina coltiva la passione per la scrittura e in particolare al mondo dell'infanzia è orientata la sua produzione letteraria prediligendo la forma della filastrocca. Ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti. "Il cielo in me" è il titolo del suo primo libro (2018) seguito dalla pubblicazione della raccolta "Filastroccando e raccontando" Il Raggio Verde edizioni (2019)
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LUOGHI DEL SAPERE
MOLTITUDINI DI NULLA AFORISMI E VERSI DEL POETA ENRICO ROMANO
ENRICO ROMANO Moltitudini di nulla ConTesti DiVersi Il Raggio Verde edizioni pp 122 2019 ISBN 978-88-99679-79-8
“L’ispirazione poetica che sentiamo fluire tra le singole parole e i lemmi, che strutturano i versi di questa raccolta Moltitudini di nulla ci svela sin da subito il forte senso di autenticità, a cui è improntato il mondo espressivo dell’autore, che, alla continua ricerca dell’essenziale, si serve di un profondo scandaglio poetico, per «dilaniare tutte le fuggitive certezze» e «farci respirare con il cuore»." Con queste parole Mariacarla De Giorgi Büttner condensa il senso di questo nuovo libro di Enrico Romano poeta sensibile che nel panorama letterario salentino si ccontraddistingue per la sua vena poetica, il suo spirito di ricerca e di sperimentazione come si evince anche da questa nuova raccolta che vede accanto ai versi liberi anche liriche anche in metrica e aforismi, componimenti di grande efficacia capace di scandagliare l'animo umano e i più svariati temi legati all'esistenza. E del suo fare poetico, scrive in postfazione Chiara Armillis:“Il vero Atto di Coraggio per Enrico Romano, l’unico che ci viene richiesto in quanto partecipanti del Mistero, al grande Miracolo della Vita, è il Coraggio di Affrontare Sé Stessi nell’Infinita Finitezza dell’Essere riflettendo sull’attuale grande e indefinito Vuoto Esistenziale e sul corredo sintomatologico causa del deserto affettivo, e della pietrificazione psichica che ostacola il Flusso Vitale.” Enrico Romano, architetto oggi in pensione, laureato presso l’Università degli Studi di Firenze, è nato a Lecce dove ha esercitato la libera professione. Scrive da tempo, ma solo nel 2001 pubblica la prima raccolta di poesie Un nuovo giorno (Ed. Piero Manni). Nel 2013 pubblica la seconda raccolta Schegge d’Anima (Ed. Milella) per la quale viene premiato come finalista al “Premio Pannunzio” del Centro Pannunzio di Torino (2013). Nel 2016 pubblica All’ombra dell’asindeto - Madrigali, tossine, altre storie (Ed. Di Felice) con il quale vince il “Premio Internazionale Letteratura” dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli (2016) e che lo vede premiato come finalista al Premio “Marcel Proust” del Centro Pannunzio di Torino (2018). Oltre ad una serie di recensioni sulla stampa, in rubriche culturali televisive (tra cui RAI 3 Regionale - Puglia) e testate online, Enrico Romano ha ricevuto vari riconoscimenti per i suoi libri o per singoli componimenti. Nei suoi eleganti versi, alla costante ricerca del “suono” poetico, ricorre spesso al difficile uso dell’asindeto con il cui ritmo esalta la progressiva evoluzione del suo impegno letterario.
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L’INCANTATRICE DI NUMERI #LADEVOTALETTRICE | LUCIA ACCOTO
JENNIFER CHIAVERINI L’incantatrice dei numeri Neri Pozza pp.527 2019 €16,00 ISBN 9788854518278
Sembra strano, ma le cose che ci appassionano sono le più difficili da raggiungere. Certo, la determinazione è un buon punto di partenza per andare avanti ed insistere. Ne sanno qualcosa soprattutto le donne di un tempo, che hanno fatto più fatica ad imporsi nel mondo della cultura, della scienza, della matematica. Un viatico questo che ha interessato la parte più nobile, aristocratica delle donne, stimolate alla costanza dello studio per essere poi un buon partito da sposare. La cultura, quindi, era intesa più come un accessorio da decantare, da approfondire in privato, ma non ammesso al giudizio degli uomini. Anzi, se frutto di una donna non avrebbe avuto alcuna rilevanza, in particolar modo nella scienza. Un atteggiamento sessista, diremmo oggi. Eppure, alcune donne hanno saputo ben schiaffeggiare con la loro piccata intelligenza e preparazione molti uomini limitati di fronte alla mente femminile. Assurdo, ma gli uomini di scienza pensavano che il ragionamento matematico di una donna, ancora peggio se giovane, non fosse solido ed importante. C’è chi ha fatto della passione per la matematica la sua ragione di vita. Nel romanzo “L’incantatrice dei numeri” di Jennifer Chiaverini si respira l’amore per gli studi scientifici, ma anche la tenacia di Ada Byron, la protagonista principale, di continuare un percorso di studi per diventare qualcuno. Decisi di diventare una grande matematica come mio padre era stato un grande poeta, per compensare in qualche modo il genio che aveva usato nel modo sbagliato. Se mi avesse trasmesso almeno una piccola porzione del suo genio, l’avrei usato per rivelare grandi verità e principi. Ero convinta che mi avesse affidato quel compito, e avvertii un’onda di sicurezza e soddisfazione quando mi dissi che stavo compiendo una missione di riscatto.”
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Siamo a Londra, nel 1800. Lady Byron, moglie di George Gordon sesto barone di Byron, il poeta idolatrato da molti e detestato da altri, lascia il marito e si trasferisce nella tenuta dei genitori insieme alla figlia di soli sette mesi, Ada. Il grande poeta è un uomo geniale, ma anche sadico, crudele, perverso e depravato. La separazione dei due diventa uno scandalo. Lady Byron è determinata a tenere lontana dalla figura e dal mondo del padre la piccola Ada. La donna le vieta le fiabe e le impedisce di accendere l’immaginazione. Le impone un’educazione rigorosa fondata sulla matematica e la scienza. Qualsiasi frizzante scintilla di fantasia, o peggio ancora di passione per la poesia, le viene prontamente vietata e spenta. Ada cresce mostrando una sorprendente attitudine per la matematica e lo studio per tutto ciò che è meccanico. Con il tempo ha la possibilità di entrare nel mondo degli studiosi, degli scienziati facendo così la conoscenza dell’inventore della macchina differenziale. Ada rimane affascinata dall’universalità delle idee dell’uomo che resta colpito dalla sua intelligenza. La chiama così L’incantatrice dei numeri e la introduce in quella sfera in cui il genio viene celebrato e l’immaginazione incoraggiata. Non è stata facile la vita di Anna, se pur ricca e privilegiata. Ha dovuto fare i conti con i fantasmi del passato, con un padre che non ha mai conosciuto di persona, di cui però la fama di grande poeta l’ha sempre preceduta nei contatti e nelle scelte. Ha dovuto anche scrollarsi di dosso la convinzione del cattivo sangue dei Byron per dare spazio all’immaginazione e vivere con un tocco di poesia l’ambizione di diventare una matematica riconosciuta da tutti. Lei, del resto, aveva trovato l’algoritmo per far funzionare la macchina analitica, una sorta di primo programma per computer. L’incantatrice dei numeri di Chiaverini è un romanzo molto interessante. Bella la scrittura fluida, meno nelle parti tecniche in cui si parla di meccanica che rallentano un po’ la lettura, ma il libro merita anche per i messaggi che lancia. Credere in se stessi, nei propri sogni. Essere coraggiosi e determinati per ottenere ciò che si vuole, sempre però con serietà, onestà intellettuale e fierezza. Essere donne con dei progetti di vita senza mai sentirsi inferiori a nessuno. Lucia Accoto #ladevotalettrice #LuciaAccoto . #Jennifer Chiaverini #NeriPozza
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Si ringrazia per le foto l’ufficio stampa Museo Civico Archeologico di Bologna
etruschi. viaggio nelle terre dei rasna
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Uno straordinario progetto espositivo nel Museo archeologico di Bologna
BOLOGNA. Un itinerario attraverso le terre degli Etruschi per mostrare come non esista una sola Etruria, ma molteplici territori che hanno dato esiti di insediamento, urbanizzazione, gestione e modello economico differenti nello spazio e nel tempo, tutti però sotto l'egida di una sola cultura, quella etrusca. Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna inaugurata lo scorso 7 dicembre e visitabile fino al 24 maggio 2020 nelle sale del Museo Archeologico, a distanza di 20 anni dalle grandi mostre di Bologna e Venezia, presenta alcune delle principali novità di scavo e di studio rilevate negli ultimi anni. In mostra sono riuniti circa 1400 oggetti provenienti da 60 musei ed enti italiani e internazionali, tra cui il British Museum, il Musée du Louvre, il Museé Royal d’Art e d’Histoire di Bruxelles, il Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, i Musei Vaticani e le più importanti Soprintendenze e istituzioni museali italiane. Non c’è migliore metafora che quella del viaggio, per spaziare in un vasto territorio compreso tra le nebbiose pianure del Po fino all'aspro Vesuvio, attraverso paesaggi appenninici e marini, lungo strade e corsi fluviali. La prima parte del percorso offre un momento di preparazione al viaggio, facendo conoscere al visitatore i lineamenti principali della cultura e della storia del popolo etrusco, attraverso oggetti e contesti archeologici fortemente identificativi. Così preparato, il visitatore può affrontare la seconda sezione, dove si compie il viaggio vero e proprio nelle terre dei Rasna, come gli Etruschi chiamavano se stessi. Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna è una mostra promossa e progettata da Istituzione Bologna Musei | Museo Civico Archeologico,
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in collaborazione con la Cattedra di Etruscologia e Archeologia Italica dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, realizzata da Electa e e posta sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana. Museo Civico Archeologico Via dell’Archiginnasio 2 | 40124 Bologna t. +39 051 2757211 www.museibologna.it/archeologico
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le rocambolesche vacanze del ragionier ugo fantozzi Stefano Cambò
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Per i luoghi del cinema sui set dei film cult di Paolo Villaggio
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er quanto possano sembrare eterei ed immortali sul piccolo schermo, anche gli attori a volte ci lasciano e di colpo i loro film, piccole gemme di sano umorismo italiano, diventano qualcosa di mitico se non addirittura leggendario, nel cuore dei tanti spettatori che gli hanno amati. è successo così per Bud Spencer e i suoi western in coppia con Terence Hill. E così sarà anche per Paolo Villaggio e l’indimenticabile personaggio del ragionier Ugo Fantozzi. Un personaggio che negli anni ha fatto la storia della cultura se non anche del costume italiano, diventando un’icona per le tante generazione che lo hanno conosciuto e apprezzato nonostante le maschere comiche e le situazioni alle volte al limite stesso del surreale. Ci siamo tutti commossi, quando abbiamo saputo della notizia della scomparsa di Paolo Villaggio.
I nostri occhi si sono inumiditi nel vedere le immagini un po’ sbiadite del mitico ragionier Fantozzi, seduto comodamente sulla sua amata poltrona, in canottiera e cappello nero, deciso con il telecomando in mano a gustarsi la partita di Coppa Campioni in televisione. Per non parlare della famosissima Corazzata Kotiomkin e dello sfogo liberatorio davanti al suo superiore e a tutti i colleghi, pronti prima ad applaudirlo e poi a deriderlo e umiliarlo. In cuor nostro, lo abbiamo amato perché in fondo, con il passare degli anni era diventato uno di famiglia. Uno di quelli con cui è bello andare a prendersi ogni tanto un caffè, intraprendere una passeggiata al parco, parlare del più e del meno solo per il gusto di farlo. è inutile dire che ci mancherà, come ci mancheranno i suoi strabilianti sketch con il ragionier Filini, le sue discussioni indiavolate
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I luoghi del cinema
Foto di Alessandro Ferro, della mostra fotografica "50 sfumature di lago"
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con l’amata Pina per non parlare delle ossessioni perverse nei confronti della signorina Silvani. Ci mancherà il suo modo di raccontare i vizi e le virtù della nostra società e soprattutto ci mancherà lui, sia come attore che come personaggio, perché volente o nolente a tutti è capitato di essere una volta nella vita un po’ Fantozzi. E per questo e altri mille motivi, lo ringraziamo come meglio possiamo, ripercorrendo insieme a lui alcuni dei film più conosciuti, quelli dove il mitico ragioniere se ne andava in vacanza a volte in coppia con sua moglie Pina e a volte insieme agli sciagurati colleghi. Il primo della lista non poteva che essere Fantozzi di Luciano Selce del 1975. Capostipite indiscusso di quella che diventerà poi una saga a tutti gli effetti, il film ci fa conoscere il personaggio di Paolo Villaggio immerso nelle situazioni più strane e surreali, dettate dalla quotidianità di tutti i giorni e dal rapporto sempre conflittuale con il proprio lavoro.
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I luoghi del cinema
Anacapri e i faraglioni visti dal Monte Solaro , foto di Peppe Guida
Ormai leggendarie sono le immagini della famosa partita di pallone tra scapoli ed ammogliati, trasformatasi con il passare dei minuti in una battaglia tra corpi persi nel fango e nella pioggia caduta copiosa dalla nuvoletta che perseguitava il povero ragioniere. CosĂŹ come sono leggendarie, sia la prima gita fuori porta con il ragionier Filini sulle sponde del Lago di Bracciano, che la vacanza a Courmayeur in compagnia del geometra Calboni e della signorina Silvani. In una tenuta invernale ormai impressa nella memoria dei fans, il ragionier Fantozzi va a sciare insieme ai colleghi, per poi perderli di vista e raggiungerli solo in tarda serata completamente assiderato e ricoperto di neve. Mentre nel Secondo tragico
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I luoghi del cinema
Courmayeur fotografata da Daniela Maselli
Fantozzi, il seguito del primo capitolo diretto nel 1976 sempre da Luciano Selce e che riprende in toto alcuni episodi narrati nel libro scritto dall’attore genovese, dalla montagna ci spostiamo al mare, e più precisamente in quello che bagna la bellissima isola di Capri. Qui, sempre in compagnia della signorina Silvani, spende una cifra assurda in un lussuoso hotel, per poi venire sfrattato dall’amante della donna, deciso a voler far pace con lei. Distrutto da questa ennesima delusione, Fantozzi decide di buttarsi dal famoso Salto di Tiberio, ma per sua sfortuna viene ripescato da un’imbarcazione di Torre Annunziata che passa di lì proprio in quel momento. Ma le vacanze del più famoso ragioniere d’Italia non finiscono qui, perché nel 1980 nel film Fantozzi contro tutti di Neri Parenti, il povero Ugo si ritroverà insieme ai colleghi ad Ortisei in Trentino per la settimana bianca.
Non essendoci neve per praticare lo sci, perché il gruppo parte nel mese di maggio, al mitico ragioniere non resta che mantenere la promessa fatta alla moglie prima di partire. Ossia… Quella di perdere cinque chili facendo attività sportiva. Per questo si fa ricoverare nella clinica privata diretta dal dietologo tedesco Birkermaier. Leggendaria a tal proposito è la scena dell’invito al tavolo, con Fantozzi esausto e affamato che si divora di nascosto le polpette appoggiate sul piatto mentre il dottore arrabbiato grida ad alta voce Tu mangia, nin Mangia! Finiamo il tour delle vacanze rocambolesche del povero ragioniere, con il film Fantozzi va in pensione del 1988 diretto sempre da Neri Parenti. Dopo la montagna e il mare, è la volta di una delle città più belle e romantiche d’Italia. Stiamo parlando naturalmente di Venezia e della sua suggestiva laguna.
I luoghi del cinema
Particolare Grotte di Postumia, foto di Milvia Bordiga
In un vacanza organizzata da Filini per tutti i pensionati, il gruppo di ex colleghi di ritrova in un pullman fatiscente che gli molla dopo diciotto ore di viaggio a Rovigo. Qui, i poveri malcapitati raggiungeranno Venezia a piedi e si ritroveranno a mangiare in un ristorante che si affaccia sul mare, dove un esperto di sci nautico sbanderà nelle sue giravolte inondandoli a più riprese. Ma il bello di questa vacanza arriverà con la visita alle
suggestive Grotte di Postumia, organizzata sempre dal ragionier Filini che per l’occasione s’improvviserà anche guida esperta, costringendo il gruppo a seguirlo in una caverna. Dopo ben ottantuno giorni e quattordici ore, Fantozzi uscirà finalmente dalle anguste cavità naturali carsiche, per ritrovarsi dentro la tazza di un water a Bad Kleinkirchheim, nella Corinzia Austriaca. E con l’immagine del povero ragioniere, perso insie-
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me all’amico e collega nelle grotte di Postumia, lasciamo che il film scorra verso i titoli finali, ringraziando per l’ultima volta il mitico Paolo Villaggio, l’attore che più di chiunque altro è riuscito a strapparci, con il suo personaggio, un sorriso anche nelle giornate più tristi.
Foto di Mario Cazzato
rinascimento leccese. una scoPerta eccezionale Mario Cazzato
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A proposito di ritrovamenti, la placchetta bronzea rinvenuta durante gli scavi a Palazzo Vernazza
Salento Segreto
a cura di Mario Cazzato
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'amica nonché archeologa Katia Mannino ha recentemente studiato (2017) una eccezionale placchetta bronzea rinvenuta nel corso degli scavi (2012) di Palazzo Castromediano-Vernazza a Lecce, di proprietà comunale. Questa placchetta raffigura tre personaggi, a destra Apollo con la cetra, ai suoi piedi Olimpo che invoca pietà per Marsia legato ad un albero a sinistra, secondo un noto mitologema classico assai usato nella glittica antica. Lo stesso tema fu letteralmente riproposto in età umanistica
attraverso la produzione di placchette di cui quella leccese è uno dei migliori esemplari sopravvissuti. Chi voglia saperne di più legga l'ottimo saggio di Mannino pubblicato in "Studi di Antichità" n.15. Bisogna aggiungere che il mito di Apollo era ben conosciuto a Lecce tanto che il Galateo sulla facciata della propria casa presso il Vescovado fece incidere il motto APOLLINI AESCULAPIO ET MUSIS, quasi calco della medaglia bronzea del 1504 offerta al suo amico Sannazzaro e che sul verso
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porta inciso Apollo e il motto APOLLINI ET MUSIS : il Galateo vi aggiunse solo il protettore dei medici, in quanto pure lui medico. I Castromediano, come abbiamo più volte detto, erano grandissimi collezionisti, tra i più famosi del Regno e perciò non ci si deve meravigliare se in una delle loro residenze sia stata rinvenuta questa placchetta che, speriamo, quanto prima sia esposta al pubblico.
Salento Segreto a cura di Mario Cazzato
foto di Mario Cazzato
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il natale in chiave jazz il nuovo album di trivarelli
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Nove brani per la colonna sonora di un magico Natale
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iscoprire l'atmosfera natalizia in chiave jazz? Si può fare! Basterà ascoltare le note della chitarra classica di Nicola Trivarelli e dell'organo hammond di Abramo Riti che volano su temi famosi come White Christmas e Jingle bells, e con incredibili assoli su ritmi incalzanti sostenuti dalla batteria di Luca Belisario, trasportano l'ascoltatore con piacere da un brano all'altro dell'album XMAS IN JAZZ. Prodotto da MAXYM X, XMAS IN JAZZ nasce come progetto nella
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scorsa primavera da un’idea di Nicola Trivarelli brillante chitarrista e compositore jazz e il produttore Maximilian Giurastante. Al termine di un concerto mentre chiacchieravano Nicola intona jazzando qualche nota di White Christmas e di Aria sulla IV Corda, e subito ai due viene in mente di creare per il prossimo Natale un album intero di brani Natalizi in chiave jazzistica. Dopo nemmeno una settimana sono già in studio a registrare le prime parti di chitarra.
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1. Drum Intro (00:30) 2. White Christmas (03:44) 3. Jingle bells (03:15) 4. Bella (02:51) 5. Adeste Fideles (03:54)
6. Miserere (03:41) 7. Air on G string (04:06) 8. Tu scendi dalle stelle (You Come Down from the Stars) (03:45) 9. Silent Night (03:33)
«Tutti i brani sono stati riarrangiati con estremo gusto, tocco e maturità musicale - spiega il produttore Maximilian Giurastante. Alla chitarra di Nicola Trivarelli abbiamo affiancato Abramo Riti, uno dei migliori hammondisti d'Italia, e l'accompagnamento raffinato del batterista Luca Belisario. XMAS IN JAZZ vuole dare un nuovo punto di vista a brani senza tempo, rendendoli apprezzabili attraverso il filtro jazzistico, perfetto sottofondo per un periodo dell'anno magico ma anche gustabile ad occhi chiusi dagli amanti del genere».
Non solo rivisitazioni di brani classici però, l’album contiene anche una traccia inedita dal titolo "Bella", un inno dedicato a tutti i ragazzi e le ragazze vittime del bullismo. Sul sito di XMAS IN JAZZ oltre a leggere la storia di come è nato questo brano è possibile acquistare l’album ad una cifra simbolica, solo 1,49€, per sostenere la musica e la realizzazione di progetti come questi.
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www.xmasinjazz.com