L’archivio caputo
Intervista alla figlia Tracy Caputo ospite a Lecce dell’evento alla Biblioteca Bernardini
Intervista al gallerista Raffaele Soligo curatore dell’archivio Tonino Caputo
Anno XVII - n 5 maggio 2022 -
tonino, mio padre
anno 173 numero 5 maggio 202 2
tonino caputo da incantesimo barocco
Le geometrie di caputo
Intervista al critico d’arte Toti Carpentieri. La lunga storia di amicizia con il pittore leccese
Il ricordo dello scrittore Maurizio Nocera che ripercorre la vita dell’amico, il pittore nomade
primo piano
le novità della casa
IL RAGGIO VERDE EDIZIONI
ilraggioverdesrl.it
EDITORIALE
In copertina un particolare dell’opera qui riproposta nella dimensione originale “Omaggio a Mantegna, 2008, tempera alla caseina e olio su tela cm 90x160 © Archivio Toti Carpentieri
Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l. Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic
Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Raffaele Polo
Hanno collaborato a questo numero: Tracy Caputo, Toti Carpentieri, Mauro Curlante, Antonietta Fulvio, Riccardo Leuzzi, Maurizio Nocera, Raffaele Polo, Raffaele Soligo
Redazione: via del Luppolo, 6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it
Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.
Potenza della rete che azzera le distanze e fa conoscere mettendo realmente, anche se virtualmente, in contatto le persone. Grazie ad un messaggio sul tanto millantato facebook, Tracy Caputo, la figlia del grande Tonino, mi contatta e nasce un’amicizia incredibile. Entrambe nate a marzo, sotto il segno dell’ariete, e unite dalla passione per la bellezza e l’arte...in particolare per quella che suo padre, il grande Tonino Caputo, pittore delle città e cittadino del mondo, ricorderemo in una serata evento nel giorno del compleanno dell’artista nato a Lecce il 14 maggio 1933. Tonino ha concluso la sua esistenza terrena il 5 agosto 2021 ma gli artisti non muoiono mai, con le tracce indelebili della loro arte restano eterni nella memoria delle persone e dei luoghi che hanno attraversato. È un privilegio concesso solo agli artisti. E con la sua arte Tonino ha attraversato il secolo scorso e il ventennio del duemila. La sua ultima mostra “Rosse spighe di grano, nere spighe di morte” realizzata al Cluster 8 di Mauro Curlante e Veronica La Greca è avvenuta in tempo di pandemia con le ristrettezze del lockdown e presentava incisioni sul tema dell’invasione Turca ad Otranto... E ringrazio per i contributi di questo numero Toti Carpentieri, Mauro Curlante, Raffaele Polo, Riccardo Leuzzi, Maurizio Nocera, Raffaele Soligo e Tracy per quel messaggio che ha dato origine a tutto... In questo numero monografico di Arte e Luoghi a lui dedicato c’è stato abbiamo scelto come immagine di copertina una veduta particolare di New York, il punto di vista è sul ponte pensando alla costruzione umana che unisce per eccellenza in un tempo storico che invece tutto sembra voler dividere e distruggere. L’auspicio è che l’umanità trovi la forza per costruire ponti di pace e di convivenza serena. E ci auguriamo che queste pagine possano servire a far ricordare nel tempo un artista poliedrico che ha utilizzato mezzi e tecniche espressive con creatività e maestria come pochi. Non a caso la rivista “Art and Design” lo pose tra i cinquanta artisti più significativi del Novecento e chissà magari da questo evento potranno germogliare i semi di future attività nel nome di Tonino Caputo per celebrare e ricordarlo come merita. Il nostro tributo arriva nel giorno del suo primo compleanno senza di lui ma con lui perché gli artisti - e non è una frase fatta - non muoiono mai. Buona lettura! (an.fu.)
SOMMARIO Luoghi|eventi| itinerari: girovagando |storie incise. caputo al custer 8 42 | il fotoracconto del gallerista riccardo Leuzzi 48
arte: da incantesimo barocco la storia di un’amicizia 20|
i luoghi della parola: | archivio tonino caputo intervista a raffaele soligo 36 | L’arte nel salento. tonino caputo 16
interventi letterari|teatro |Luoghi del mistero: L’arte nel salento: tonino caputo, il pittore dei sogni geometrici 26 | i luoghi nella rete|interviste| tonino caputo l’uomo e l’artista 4| archivio tonino caputo intervista a raffaele soligo 36 Numero 5- anno XVII - maggio 2022
tonino caputo L’uomo e L’artista Antonietta Fulvio
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Intervista alla figlia Tracy Caputo ospite a Lecce insieme a Raffaele Soligo per ricordare il padre nel giorno del suo compleanno e presentare l’Archivio “Caputo e il sito ufficiale
”
Potenza della rete. Complice un messaggio su facebook per ringraziarmi dello spazio dedicato a suo padre. Così ci siamo incontrate Tracy Caputo ed io, azzerando i km di distanza tra Roma e Lecce. Ad unirci la meravigliosa arte di Tonino Caputo, l’artista nomade di paesi e città. Un
cittadino del mondo che vogliamo ricordare nel giorno del suo compleanno il 14 maggio. E nell’organizzazione della serata evento realizzata grazie all’ospitalità della Biblioteca Bernardini, alla casa editrice il Raggio Verde e l’associazione culturale “Fondo
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Tonino Caputo nello studio in via via Di Montoro a Campo de’ Fiori Roma, fine anni Settanta © Archivio Tonino Caputo
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Verri” guidata da Mauro Marino c’è stato il tempo di lunghe chiacchierate su Tonino Caputo, l’uomo e l’artista. Quando pensi a tuo padre quale immagine ti affiora dai tanti ricordi che hai di lui? La prima immagine che mi affiora è di lui, chino sul tavolo da lavoro, con la musica a palla. Ascoltava di tutto, dall’operetta alla classica, ricordo in particolare lui che dipinge e canta a squaciagola o intento a fischiettare con la sua perenne sigaretta la colonna sonora di Woodstock con tutti i protagonisti di quell’evento da Jimi Hendrix a Janis Joplin a Joe Coker che papà adorava. All’epoca ero piccolina e lui faceva dei lavori, “i bruciati” con una tecnica di colla bruciata , un odore particolare. Ed è un odore che ricordo e che uso tuttora quando per esigenze di recitazione mi serve evocare certe emozioni
di quando ero bambina secondo il metodo Lee Strasberg che ho studiato a New York. Hai mai pensato di seguire le orme di tuo padre? come sei arrivata a scegliere il teatro? E lui che ne pensava della tua scelta? No, perché ero bravissima a scopiazzare ma a livello creativo sono sempre stata più brava nelle attività manuali con la creta, la ceramica, il legno. Ho sempre avuto, invece, una grande passione per il teatro che ho incominciato a praticare dai diciotto anni in poi frequentando varie scuole come la Lee Strasberg a New York dove ho vissuto per sedici anni. Lui era un’artista e qualsiasi cosa io facessi in ambito artistico a lui piaceva, certo cercava sempre di metterci del suo, della serie vuoi fare l’attrice? allora fai anche scenografia... regia....
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Tonino Caputo nello studio a Porta Portese (Roma), anni ‘80 © Archivio Tonino Caputo
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Tonino Caputo con la figlia Tracy, 1986 © Archivio Tonino Caputo
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Tuo padre è stato anche scenografo, partecipò alla Biennale di Venezia con le scenografie dell'opera teatrale “Egloga” di Maricla Boggio e Franco Cuomo... C'è stata mai occasione di lavorare insieme per qualche tuo progetto teatrale? No, purtroppo. Queste persone le ho incontrate in occasione di mostre di papà. Mi sarebbe piaciuto anche lavorare con Carmelo Bene ma anagraficamente è stato impossibile... A proposito di teatro, in numerose interviste, gli interlocutori finivano sempre per chiedere a tuo padre del legame e del
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connubio artistico con Carmelo Bene, quasi distogliendo l'attenzione dalla sua ricerca artistica che è stata molto articolata, passando dall'informale alle figurazioni, dal neovedutismo con gli scorci urbani, famosissime le v e d u t e newyorkesi, alle composizioni pittoriche per le quali Fortunato Bellonzi lo definì neometafisico, alle astrazioni. Qual era il suo pensiero a riguardo? Fortunato Bellonzi adorava l’arte di mio padre e concordo in pieno con quanto asseriva. Sì, papà spesso si è trovato intervistato più riguardo a C a r m e l o Bene che alla sua arte e ad un certo pun-
Carta di identità di Tonino Caputo, 1970; foto in basso Tonino Caputo all’Australian Reptile Park, fine anni ‘80 © Archivio Tonino Caputo
to con l’avanzare degli anni questa cosa aveva cominciato leggermente a infastidirlo però voleva bene a Carmelo perciò lo faceva volentieri anche se avrebbe desiderato più parlare della sua arte. Consacrato da Piero Manzoni "opera d'arte vivente", l'arte di Tonino Caputo ha toccato gli angoli del mondo, i luoghi più prestigiosi; nel 1983 la rivista inglese “Art and Design” lo inserì tra i cinquanta artisti italiani più significativi della seconda metà del XIX secolo. Come è stato avere come padre un artista di tale levatura? Diciamo che è stato convivere con un “ego”, mio padre artisticamente era una persona straordinaria ma aveva un po’ la mania di voler stare al centro dell’attenzione per quanto riguarda tutte le situazioni. Ma era una persona eccezionale, altamente intelligente, di una cultura immensa, io lo chiamavo “Yoda” perché un’enciclopedia vivente e diciamo che ha portato i suoi frutti anche per quello che mi riguarda, cioè il mio lavoro di teatro. Tuo padre che è stato un cittadino del mondo alla fine ha voluto ritornare nella sua Lecce. Che ricordi hai del suo rapporto con la città natale, te ne ha mai parlato?
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Tonino Caputo con l’amico attore Bud Spencer, fine anni ‘80 © Archivio Tonino Caputo
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Tonino Caputo in Australia, fine anni ‘80 © Archivio Tonino Caputo
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Nemo propheta in patria. Mio padre ha sempre legato il suo rapporto con Lecce a questa frase perché effettivamente ha avuto più successo altrove. Era sempre più celebrato a Roma, in tante altre città del mondo, persino in Svezia che nella sua città natale. Ad onor del vero, negli ultimi quindici anni alla fine si è rivendicato, lui ricevendo la laurea honoris causa dall’Accademia di Belle Arti di Lecce, con le mostre al Castello e al Catromediano. Diciamo che sotto un certo punto di vista la città di Lecce si è riscattata nei suoi confronti almeno per quanto riguarda la sua arte. Quali sono i luo-
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ghi che tuo padre pensi abbia amato di più? Sicuramente New York, Roma e quando ebbe la possibilità di andarci l’Australia perché c’erano certi scorci di Sidney e dell’Outback che papà adorava. Noi abbiamo fatto un viaggio che ci ha portato nel nord dell’Australia dove lui ebbe modo di andare a cavallo con gli aborigeni e c’è una foto che lo ritrae. Sì l’Australia lo affascinava tantissimo. Che ricordi hai della sua ultima mostra di incisioni realizzata a Lecce durante il lockdown nel laboratorio Cluster 8, "Rosse spighe di sangue, nere spighe di morte", incentrate sul tema ahimè
Tonino Caputo intento a dipingere fine anni ‘70 nello studio in via Di Montoro a Campo de’ Fiori Roma © Archivio Tonino Caputo
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Tonino Caputo con la figlia Chiara, 1987 © Archivio Tonino Caputo
attuale della guerra.... Purtroppo in quell’occasione io ero a Roma, si sono fatti vivi alcuni parenti, ma da quanto mi hanno raccontato ha avuto successo nonostante il lockdown, le persone sono state molto interessate ai lavori di questa mostra organizzata da Mauro Curlante e Veronica La Greca del Cluster 8. Una serie
di incisioni incentrate sul tema della guerra che purtroppo è attuale in questo momento... un tema a cui mio padre teneva molto come testimoniano i tantissimi dipinti e serigrafie realizzati negli anni Sessanta e Settanta contro la guerra in Vietnam.
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L’arte neL saLento tonino caputo Raffaele Polo
“
Tratto dal libro “Taccuino introduttivo L’Arte nel Salento edito da Il Raggio Verde
”
Fino a quando è stato possibile, Tonino Caputo ha visitato le mostre d'arte della sua città, mescolandosi, senza parere, ai mai numerosi ma sempre frettolosi 'fruitori' dell'arte contemporanea. E, proprio lui, che ha caratterizzato con la sua vasta produzione un intero secolo di immagini,
storceva il naso e non si dichiarava del tutto soddisfatto per quello che vedeva. Perché Tonino Caputo è sempre stato in grande fermento, assaporando movimenti e stili, maniere e gallerie di tutto il mondo, testimonial prezioso di Carmelo Bene e vivace interprete di scenografie di grande rilievo, com-
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piendo dei veri e propri tour de force fra Roma e New York, in quegli States che, attraverso i suoi lavori, hanno assunto una dimensione particolare e inimitabile, creando un connubio impareggiabile tra vecchio e
nuovo mondo, sottolineando come Caputo non abbia mai derogato dalla sua lineare e meditata progressione artistica, divenendo un vero e proprio punto di riferimento, un'icona per l'Arte del XX secolo.
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Alcune opere di Tonino Caputo, © Archivio Tonino Caputo
Adesso, il pittore leccese (era nato nel 1933) se n'è andato, silenzioso e meditativo, pare di vedere ancora il suo sguardo bonario con un pizzico di ironia, a soppesare le opere esposte nella nostra sofferta contemporaneità. Di lui ci resta tanto: rimane soprattutto il suo mondo artistico, facilmente decifrabile e individuabile tra i tanti 'maestri' del Novecento. E rimarrà anche il simpatico ricordo della sua partecipazione a 'Capricci' (film del 1969 di e con Carmelo Bene), nel quale partecipa come
attore e imbastisce una lunga scena in cui lo si vede lottare con il protagonista, sullo sfondo del suo studio romano. Una chicca, poco conosciuta, ma che è rimasta nel cuore dei cinefili, ammiratori del genio di Campi Salentina. Entra definitivamente nel pantheon dei grandi artisti salentini, Tonino Caputo, un interprete eccezionale della nostra realtà. Sempre giovanissimo, nonostante avesse raggiunto gli 88 anni...
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da incantesimo barocco La storia di un’amicizia Antonietta Fulvio
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Intervista al critico d’arte Toti Carpentieri amico e curatore di tanti eventi espositivi di Tonino Caputo
”
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ra le persone che hanno seguito Tonino Caputo nella vita e nell’arte c’è il critico Toti Carpentieri, curatore di numerosi eventi espositivi, tra i quali “I luoghi e il tempo di Tonino Caputo” la mostra antologica realizzata al Castello Carlo V di Lecce nel 2011. Con lui abbiamo fatto un viaggio a ritroso nel tempo, sulle tracce di un artista che ha portato il nome di Lecce nel mondo.
È un privilegio poter condividere la ricerca e il percorso di un artista. Con Tonino Caputo è stato così. Scommetto che ti ricordi la prima opera che hai visto nel vostro primo incontro... Se ben rammento è stato “Incantesimo barocco” nel giugno 1962 a Bari, nel Castello Svevo, in occasione della “1.Mostra Regionale Pugliese di Pittura” nell’ambito della Biennale d’Arte “Maggio di Bari”.
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Tonino Caputo e il critico d’arte Toti Carpentieri in occasione della mostra alla Galleria L’Osanna di Nardò 1977
C'è una foto molto bella di proprietà dell'archivio che vi ritrae insieme, ti ricordi in quale occasione è stata scattata? La personale a “L’Osanna” di Nardò nel 1977.
La vostra è stata un'amicizia di quelle inossidabili che ha saputo colmare i vuoti del tempo e delle distanze... Verissimo, oltre il tempo e oltre le distanze. Un’amicizia che si è particolarmente
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Locandina per lo spettacolo teatrale Faust di Carmelo Bene, a lato un’opera del periodo informale, archivio Toti Carpentieri
alimentata negli anni della mia permanenza romana, sul finire degli anni Sessanta. Vivendo la vivacità artistica di Piazza del Popolo, le proposte di storiche gallerie come L’Obelisco e dei trasgressivi Beat 72, Teatro dei Satiri e Circolo La Fede,di teatranti come Carmelo Bene, Manuela Kustermann e Giancarlo Nanni. E di disegnatori come Nuele ed Eletti. Tonino artista nomade per vocazione da Roma a New York passando per Parigi poi le mostre nell'est Europa spingendosi oltre fino in Australia.... la Svezia... la produzione artistica passa dalla figurazione all'informale, dai paesaggi urbani di Roma alle vedute newyorkesi riuscendo ad elaborare una propria cifra stilistica caratterizzata dal significato delle immagini e nella emozionalità del colore.... Ovviamente il suo essere stato narratore di città, evidenziando le caratteristiche, i colori e l’anima dei luoghi. Lo storico dell'arte Fortunato Bellonzi lo definì un neometafisico definizione probabilmente suggerita sia per le composizioni che per
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l'assenza della figura umana... C'è un filone della sua pittura che apprezzi in particolar modo e perché? Direi, tutte. Anche se quella che Bellonzi definì neometafisica mi libera dalla leggibilità delle immagini per divenire alquanto concettuale, e mi rimanda agli esercizi informali che amo ancora di più. Spesso si parla molto del connubio con Carmelo Bene, (mi riferisco alla produzione dei manifesti teatrali e alla partecipazione nel film "Capricci" girato nel suo studio romano), ma nel 2017 curasti una particolare collettiva. Il titolo era “ R a d i c i Ritrovate/L'Arte di Quattro Artisti Emigrati dal Salento” che esponeva opere di Tonino Caputo e di altri tre salentini Antonio Massari, Fernando De Filippi ed Ercole Pignatelli esponenti di una straordinaria generazione che ha lasciato il segno nel-
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Tonino Caputo, Veduta su Lecce – 1962, tempera alla caseina e tecnica mista su tela, cm 305 x 205 pagina a lato Veduta su Roma, in basso l’artista nella casa a Lecce © Archivio Tonino Caputo
mostra "I luoghi e il tempo di Tonino Caputo allestita nel Castello Carlo V di Lecce, che importanza hanno i luoghi nella pittura di Tonino e qual era secondo te il suo rapporto con la sua città natale. Il suo non era un viaggio in Italia, era un viaggio nel mondo, e lo testimoniava fermando sulla tela immagini note, meno note ed ignote del tutto. Quanto al suo rapporto con Lecce, direi che,
la scena artistica salentina facendola valicare in realtà oltreconfine... Del rapporto con Carmelo Bene ha lungo ha parlato e scritto Tonino, aggiungere altre parole, vorrebbe dire falsare la storia. Quanto alla mostra dei quattro cui fai riferimento, è una delle tante riflessioni che mi è accaduto di fare condividendo, per lungo tempo, lo sta-
tus di emigrante. Culturale, forse, ma sempre emigrante. Caputo scenografo e Caputo grafico e incisore... Sono le tante facce di una intelligenza creativa infinita, che ho avuto la fortuna di poter apprezzare e testimoniare per lungo tempo. Nel
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come per molti, è stato un rapporto a s e n s o unico, considerando la storica indisponi-
bilità pubblica a lavorare con competenza, programmi e chiare finalità programmatiche.
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tonino caputo, iL pittore dei sogni geometrici Maurizio Nocera
“
Il ricordo dello scrittore Maurizio Nocera
”
«Maurizio, vedi che questa sera mi autoinvito a casa tua per la solita fagiolata, ottimamente cucinata da Ada». Ecco. Così, con questa frase lapidaria, Tonino Caputo (Lecce, 1933-2021) mi annunciava che era arrivato a Lecce per partecipare a un evento che lo vedeva coinvolto. Ero felice di questa sua telefonata e, subito, correvo a incontrarlo per partecipare all'evento. Assieme ad Alberto Buttazzo, titolare della Tipografia del Com-
mercio, abbiamo organizzato più di una manifestazione, soprattutto in occasione degli anniversari di nascita o di morte di Carmelo Bene; e sempre era lui il nostro punto di riferimento per parlare del grande Irrapresentabile. Tonino ci ha lasciato delle testimonianze preziose sulla vita e le attività dei quattro grandi pittori salentini (i cosiddetti FuoriLecce) Antonio Massari, Ugo Tapparini, Edoardo De Candia, e lui stesso. Io, per la
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Tonino Caputo, New York
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Toti Carpentieri, Tonino Caputo e Maurizio Nocera, in basso con Antonio Massari, foto di Maurizio Nocera
Opera di Tonino Caputo, 1966 © Archivio Tonino Caputo
verità, tendo ad aggiungere ai loro nomi anche Carmelo Bene, perché anch'egli si formò, come quel genio che poi si dimostrò essere, nello studio del pittore Michele Massari, padre di Antonio. È noto che negli ultimi tempi della sua vita, vivendo a Otranto, Carmelo si era messo anche lui a dipingere, spendendo un sacco di soldi da Totò Caiulo. Ecco il perché considero più giusto parlare dei cinque FuoriLecce piuttosto che di quattro. Ma torniamo al nostro buon Tonino. Abbiamo visto che era nato a Lecce nel 1933, ma già a 19 anni (1952) è a Roma come studente di Architettura. Non si laureò mai, tuttavia a Roma conobbe i maestri pittori
Mafai, Attardi, Vespignani. In quello stesso anno viaggia per il mondo: Parigi, Europa orientale, Barcellona, Australia, lSvezia, New York, altre capitali. Nel 1956, comincia a dipingere e partecipa a una mostra collettiva come artista informale. Successivamente fu anche metafisico. Nel 1958 conosce Piero Manzoni e con lui stringe un'amicizia che durerà una vita (almeno quella di Manzoni). Nel 1963-1965 è a Parigi (qui allestisce una mostra di disegni) e nel 19661968 inizia la sua vera attività di pittore e di scenografo. Nel 1972 viene invitato a partecipare alla Biennale di Venezia (sezione teatro) con le scenografie per il dramma Egloga di Franco Cuomo e Maricla Boggio.
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Nel 1974 collabora all'Enciclopedia Treccani come coordinatore dell'immagine del vocabolario. Nel 1977-1979 è in Australia dove sposa un'australiana. Tra il 1983 e il 1984 esegue due pale d'altare per la chiesa di Quercia di Aulla (Massa-Carrara). Nel 1983 è in Svezia (1983) e nel 1984 fa la spola tra Roma e New York, dove ha un suo atelier e dove espone le sue cartelle sui Martiri di Otranto, cartelle presenti anche a Roma, New York, Tel Aviv, Sydney, delle quali però non esiste alcuna copia né a Lecce, né a Otranto. Nel 1992, risulta nella rivista inglese Art and Design tra i cinquanta artisti italiani più significativi della seconda metà del XIX secolo. A Lecce allestisce solo due mostre, una distante dall'altra solo di due anni e mezzo. La prima al Museo (....) e l'altra al Castello (....), dove espone solo incisioni, prodotte per più di 40 anni. Ecco. Più o meno, ma più meno che più, quanto scritto precedentemente è in sintesi la vita artistica di Tonino Caputo. L'avevo conosciuto nella galleria di Aldo Lisi. Una sera, era l'estate 2002, Antonio Massari mi dice: «Andiamo alla galleria, perché lì c'è Tonino Caputo che ci aspetta». E accadde una simpatica cosa. Carmelo
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Bene era morto da pochi mesi (16 marzo di quello stesso anno), e Caputo, rivolto ad Aldo Lisi e Antonio, disse: «Vorrei andare a Santa Cesarea Terme per salutare Maria Luisa Bene e dargli di persona le mie condoglianze, però non so con chi andare». Subito mi offrii come autista. Così, il giorno successivo, partimmo per Santa Cesarea Terme, dove passammo una splendida serata con Maria Luisa e lo splendore degli oggetti e dei libri di Carmelo. Serata indimenticabile. Fu lì, in quell'atmosfera di sogno e di fantasticherie beniane, che mi nacque l'idea di pubblicare un libricino dedicato all'Angelo dalla spada contorta. Nacque così Carmelo Bene. I primi passi da gigante (Kurumuny-teatro/9, 2004) con i testi di Antonio Massari, Ugo Tapparini, Franco Gelli, Antonio L. Verri, e le immagini di Claudio Longo e Fernando Bevilacqua. Tonino fu presente con una lettera inviata a Massari. Questa: «DELLA CLACK NON NE VOLEVA SAPERE// Caro Antonio,/ vorrei innanzitutto chiarire che per Carmelo Bene, io non ho mai creato nessuna scenografia. Ho fatto invece molte pitture di scena, oltre i murales che decoravano l’intera sala del "Beat '72" ed, in particolare, per Nostra Signora dei Turchi, il rosone che a fine spettacolo prendeva cor-
po sul fondale della scena, grazie ad una luce alogena. A parte, per sei spettacoli, ho disegnato ed inciso una serie di locandine. In ordine cronologico furono: Manon (al teatro Arlecchino, oggi Flaiano); Faust (al teatro dei Satiri); Nostra Signora dei Turchi, Salomè, Amleto (al "Beat '72"), ed infine Arden of Favershan (al teatro Carmelo Bene). Non di rado quelle locandine, opportunamente messe in vendita, risolvevano in qualche sera particolarmente difficile, la cena della compagnia. Quando gli spettatori variavano dalle 5 alle 10 unità, e non ancora le centinaia del teatro Argentina, tre locandine acquistate da veri appassionati, ci davano la possibilità di riempire lo stomaco, che alla fine di uno spettacolo non era di certo soddisfatto come lo spirito./ Carmelo mi fu presentato da amici comuni [Antonio Massari] a Lecce, quando aveva da poco compiuto sedici anni. L’incontro avvenne sul terrazzo di casa sua, che si trovava accanto ad una delle tante splendide Chiese Barocche Leccesi [si tratta del palazzo di via Dell'Antoglietta, alle spalle della chiesa dei Gesuiti]. Su questo terrazzo vi era una stanza, che Carmelo aveva eletto a suo studio, e dentro a questo suo personalissimo antro, passava gran parte del suo tempo, a registrare, su di un vecchio “Geloso” a
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nastro, la sua voce, per togliere tutte quelle posto da quattro sedie, un tavolo e trenta inflessioni dialettali che, ancora oggi, dopo letti. Carmelo si trasferì da me, il tavolo fu settanta anni, io ancora non mi sono tolto./ immediatamente dipinto di rosso e le sedie Io vivevo già da qualche anno a Roma, e di nero. Si poneva ora il problema di avere Carmelo era molto interessato per la vita un locale in cui recitare. Vendemmo due artistica che si svolgeva fuori Lecce. In miei quadri e affittammo, in via Roma Libeseguito queste due parole si unificarono per ra, un mini spazio che sarebbe poi diventadiventare: "Noi che siamo i FuoriLecce”./ Il to il famoso Teatro Laboratorio, famoso suo trasferimento all’accademia coincise soprattutto per la minzione in pubblico, anzi con l’inizio dei miei viaggi in giro per il mon- sul pubblico, che gli sarebbe valsa la notodo, e per qualche anno ci perdemmo di rietà, le prime pagine dei quotidiani, ed vista. Lo incontrai nuovamente alla fine del un’imprecisata quantità di querele. Lo spet‘61, in occasione della sua presentazione tacolo di chiamava Cristo 63; l’atto fisico leccese del Gregorio./ Il Gregorio, che nes- che lo rese ultra noto fu effettuato da Albersuno ha mai nominato nei recenti convegni to Greco, prima che Carmelo lo seguisse a su Carmelo, era un delizioso collage di bra- ruota. (Alberto Greco è poi morto suicida a ni poetici tra fine ‘800 ed inizi ‘900, recitati in Parigi)./ Nel frattempo sul tavolo rosso della maniera molto libera e talmente movimenta- casa, che condivideva con me, iniziammo ta che alcuni degli attori li proponevano dal- una prima stesura del Pinocchio. Fra questo l’alto di una altalena, il cui dondolio si spin- lavoro ed alcuni bozzetti per i costumi dei geva sino in testa al pubblico, per poi torna- personaggi che disegnavo, trascorrevano re indietro. Il tutto con i relativi problemi per intere notti con Carmelo che leggeva Il poel’incolumità degli spettatori, ai quali come ta contumace di Tristan Corbiere, tradotto in minimo era assicurato un torcicollo. Alla fine maniera splendida da un poeta leccese che dello spettacolo ci rivedemmo e mi comu- lavorava per i tipi della Sansoni: Vittorio nicò la sua intenzione di venire a Roma. In Pagano. In realtà Vittorio, grande poeta lecquel periodo la casa in cui vivevo, in via cese, che nel tradurre dal francese reinvenAngelo Brunetti, a due passi da piazza del tava le poesie, aveva fatto del poemetto di Popolo, era diventata una specie di ostello Corbiere, un suo personale gioiellino, che a per la gioventù, il cui arredamento era com- leggerlo accuratamente farà scoprire che
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opera di Tonino Caputo © Archivio Tonino Caputo
Nostra Signora nasce completamente da quest’operetta. D’altra parte l’Arte nasce dall’Arte./ Carmelo Bene, come tutti noi leccesi, era un appassionato di lirica. Un’alta percentuale dei miei concittadini nasce con l’intima convinzione di poter essere un grande tenore o, almeno, basso o baritono. Io e Carmelo non sfuggivamo a questa tentazione, ma mentre io ho fatto, in termini velici, una strambata verso la pittura, Carmelo nella sua ostinazione, ha inventato un melodramma in prosa in cui esibirsi. Perché il teatro italiano passa dalle sacre rappresentazioni alla Commedia dell’Arte, per poi approdare dopo il Melodramma all’unica vera e autentica novità teatrale nazionale, che sono gli spettacoli di Carmelo Bene; e quando i primi critici teatrali gli saltarono addosso dandogli l’etichetta del matto o del pazzo provocatore, l’unico che si schierò dalla sua parte fu Ennio Flaiano che, dall’alto della sua intelligenza, proclamò in un suo articolo, Sfregiate la Gioconda, non fatele i baffi, intendendo con questo che Carmelo violentava le opere che rappresentava, ma in maniera lucida e razionale, senza
sberleffi gratuiti./ Negli anni ‘64-65, io tornai a Parigi, e quando rientrai a Roma, presi un nuovo appartamento in via di Montoro [n. 22], nei pressi di Campo de’ Fiori. Il sodalizio con Carmelo riprese quasi subito, e casa mi divenne teatro per le prove, e sala per conferenze stampa. Cominciarono lì le prime prove di Manon con attori che purtroppo sono scomparsi, come Bernadette Kell, Pietro Vida, Alfiero Vincenti, Lidya Mancinelli e, soprattutto, Rosabianca Scerrino, la più grande attrice che Carmelo abbia avuto, l’unica che reggeva la scena al suo fianco, con la stessa intensità e gli stessi ritmi. Dal teatro "Arlecchino", dove Manon fu rappresentata, si passò al teatro dei Satiri, dove, con Franco Cuomo, rappresentarono il Faust, spettacolo in cui Mefistofele (interpretato da Mario Tempesta) più che un diavolo, era un povero diavolo che, travestito da uomo mascherato, portava nella fondina, al posto della pistola, cambiali da pagare. E infine il "Beat '72", in via Belli. Il primo spettacolo fu Nostra Signora dei Turchi. Il primo atto si svolgeva sul palcoscenico con delle porte a vetro che, rimanendo chiuse,
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isolavano gli attori dal pubblico. Nel secondo tempo le porte venivano aperte e gli spettatori venivano inondati da musica e parola ad altissimo volume./ Seguì Salomè, dove il tema musicale di Abat-Jour inondava con le sue note l’intero teatro, mentre Salomè (Rosabianca Scerrino) seguiva immobile, a occhi sbarrati, assieme agli altri attori, un’ipotetica danza dei sette veli che si svolgeva altrove, in un'altra dimensione. Carmelo (Erode) subito dopo faceva un giro della platea cantando Io te voio bene assaie./ E venne la volta di Amleto nella versione di Laforgue, Le conseguenze della pietà filiale. Nella versione beniana, durante il lamento funebre per Ofelia (Rosabianca Scerrino), Amleto, molto democraticamente, distribuiva le Rose tra Ofelia e la regina madre (Lidya Mancinelli). Ancora una volta io mi allontanai da Roma e, quando rientrai in sede, Carmelo ormai si avviava a diventare un maestro imitato da tanti giovani che frequentavano il suo teatro e che adoravano mescolarsi con altri spettatori, come Anto-
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nioni, Monica Vitti, Gassman, Pasolini, altri./ Altra mia parentesi all’estero e Carmelo passò al cinema. Il primo fu Nostra Signora dei Turchi, girato assieme a Sasà Siniscalchi, che era stato il suo aiuto in molti spettacoli teatrali. La seconda regia fu per Capricci, film che mi sono vissuto integralmente, in quanto oltre ad essere girato per gli interni in casa mia, in via di Montoro (ed è questo forse l’unico spettacolo in cui vi era una mia partecipazione alla scenografia), Carmelo mi utilizzò come attore. C’è un particolare che voglio ricordare: per questo film feci i modellini tridimensionali di tre quadri (Morandi, Guttuso e De Chirico) che venivano poi distrutti in una scena a colpi di arance. In altre repliche di quadri, di Schifano per l’esattezza, rappresentanti falci e martelli, ce li sfasciavamo allegramente in testa io e Carmelo durante una rissa che durava quindici minuti. Dopo questo film, io me ne andai in Australia e rividi Carmelo anni dopo in occasione di un’intervista che lo scrittore Aldo Bello fece sia a me sia a lui come FuoriLecce
conosciuti. Io non sono uno storico del teatro, ho raccontato soltanto le cose in cui io e Carmelo siamo stati in parte complici. Poi in questo convegno mi sono limitato ad ascoltare, e mi è sembrato che molti interventi miravano ad accademizzare Carmelo. Io non so molto del Carmelo della Biennale e di altre cose ufficiali, ma non riesco ad immaginarlo con una feluca in testa. Pensando a come era Bene nella sua gioventù, pensarlo diventato rincretinito come il vecchio Marinetti, mi dà molto fastidio. Anche gli applausi li voleva da gente che lo capiva. Della clack non ne ha mai voluto sapere... e d’altra parte con sette-otto spettatori a spettacolo dove potevamo mettere la clack?». La formazione letteraria di Tonino si è formata sui testi dei grandi scrittori statunitensi tradotti in Italia da Fernan-
da Pivano, mentre, per quanto riguarda i salentini, egli, grazie all'amicizia con la famiglia Pagano, si nutrì della poesia dello stesso Vittorio Pagano, di quella Vittorio Bodini, degli scritti di Rina Durante. Tonino Caputo fu giornalista e scrittore. Scrisse per più di 30 anni sulla rivista «Apulia» di Aldo Bello. In occasione della morte (5 agosto 2021) di Tonino, ha fatto bene il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, a ricordarlo con queste parole: «Lecce perde uno degli ultimi esponenti di quella generazione di artisti leccesi che portarono il nome della città nei principali circuiti dell'arte contemporanea. Una scomparsa che ci riempie di tristezza ma che non ci lascia del tutto del tutto orfani, perché di un artista restano sempre le sue opere, a imperitura memoria».
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archivio tonino caputo intervista a raffaeLe soLigo
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A tu per tu con il gallerista Studio Soligo curatore dell’Archivio
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Erede della storica galleria romana fondata dal padre Francesco, abbiamo incontrato Raffaele Soligo, oggi responsabile dell’Archivio “Tonino Caputo”, tra gli ospiti dell’evento dedicato all’artista leccese in programma il 14 maggio alla Galleria Bernardini. Partiamo con la nascita dell'Archivio dell'artista Tonino Caputo, istituito dal 28 marzo 2022. Quali gli intenti?
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progetto è stato il Covid19 e le chiusure da esso causate. L'archivio è funzionante ed operativo da poco più di un mese e le sue principali motivazioni sono: effettuare chiarezza sul lavoro e le opere dagli anni 50 fino al 2021 grazie alla pubblicazione periodica di Tomi che ren-
I luoghi nella rete
L'idea del suo archivio nasce già con Tonino Caputo insieme a me, cinque anni or sono, quindi nasce dalla volontà dello stesso artista di storicizzare il suo lavoro. Purtroppo per diversi motivi non fu possibile partire con l'archivio insieme a Tonino in vita, il principale fattore di rallentamento di questo
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Palazzo dei Celestini (foto: fonte pagina fb Provincia di Lecce)
dano nota la grande mole di materiale prodotta da Tonino in oltre sessanta anni di attività, difesa dalle opere false attraverso un attento esame dei lavori sottoposti, difesa della memoria del lavoro e la vita di Caputo attraverso mostre e serate a tema, inoltre la catalogazione delle opere inziata da Caputo viene rivisto perché si tratta di una numerazione di registro e non una vera e propria catalogazione. Cerchiamo quindi di collocare il lavoro di Tonino Caputo nella posizione che merita all'interno della storia dell'arte. A che punto è la catalogazione delle opere dell'artista? Siamo appena all'inizio, l'archivio è operativo
da poco più di un mese, per ora le autentiche rilasciate sono una ventina. Questo è un lavoro che necessita di tempo per essere conosciuto ed assimilato dai collezionisti, dalle casa d'asta e le gallerie. Il passa parola è fondamentale e a breve vedrete delle pubblicità sulle riviste del settore che ci permetterà di arrivare alla gran parte dei collezionisti. L'incontro con Tonino Caputo. Qual è il primo ricordo che le si affaccia alla mente? Difficile identificare il primo incontro con Tonino, lo ricordo da quando ero piccolo.
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Questo perchè c'era una reciproca stima ed amicizia con mio padre anche se non hanno mai lavorato insieme, per motivi di scelte artistiche. Spesso seguivo mio padre nello studio di Tonino, che all'epoca era vicino viale Marconi a Roma. Ricordo che il meccanico della Citroen (mio padre aveva una Ds 21 già vecchia all'epoca) dove andavamo spesso a riparare quell'auto vetusta, era proprio accanto allo studio di Tonino. Così ci ritrovavamo davanti un piatto di pasta e un bicchiere di vino in attesa della riparazione. Erano gli anni 80.
Il rapporto di amicizia e di collaborazione con Tonino Caputo ha portato alla realizzazione di alcune mostre a partire dagli anni... In età matura ho ritrovato Tonino a partire dagli anni 2000. Frequentavamo alcuni amici comuni e alcune gallerie che trattavano il suo lavoro su Roma. A partire da quel periodo ho spesso venduto opere di Tonino e sono andato a trovarlo al suo studio, sopratutto quando è tornato a vivere a Roma. Ho portato le opere di Tonino ad ArteOra Tv a partire dagli anni 2010 e credo di aver collaborato con lui ad un paio di interviste televisive, forse tre. Ma il lavoro più importante
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dal punto di vista culturale è stato quello delle mostre. Invitai Tonino come artista rappresentativo a partecipare alla mostra Contaminazioni 2014, mostra Itinerante tra Romania e Bulgaria, con vari patrocini internazionali, mostra che si svolse a Constanta e Varna, e riuscimmo anche a produrre un bel catalogo di cui conservo alcune copie. Ho sempre inserito le opere di Tonino in mostre collettive da me organizzate a dimostrazione della grande stima che avevo per l'uomo Caputo e che ho per il suo lavoro. Ma la mostra che mi ha dato più soddisfazione è “Il giro del mondo in 80 opere”, mostra che ho organizzato io e che vedeva protagoniste 80 opere di Tonino, che abbiamo poi ampliato ad una serie di artisti che lo omaggiavano con i loro lavori. Fu organizzata a Pescara presso il museo Vittoria Colonna e successivamente trasferita a Castel di San-
gro al museo Patini. Questa è stata l'ultima mostra pubblica a cui ha partecipato come protagonista e per questo sono fiero di averla organizzata. In realtà ci legava un rapporto di amicizia vero, disinteressato, e non sbilanciato per via della differenza d'età essendo tutti e due anime libere e oltre certi limiti culturali. Sono molte le volte che ci siamo visti e abbiamo parlato di vita e non di arte, ricordo una volta quando si propose di consolarmi per una storia d'amore finita male, rimase con me tutto un pomeriggio finchè non mi sentii meglio. Questa è amicizia. La Galleria Soligo è una realtà storica importante, suo padre ha inaugurato nel 1969 con una mostra di Giulio Turcato seguita da una di Mario Schifano atte-
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stando la galleria sin da subito come catalizzatore della scena artistica contemporanea per oltre un trentennio.... Questa è una grande eredità che cerco di portare avanti nel migliore dei modi. Prima della pandemia ho realizzato moltissime mostre, visibili sul sito dello Studio Soligo (www.studiosoligo.org) per passione e per tenere vivo il ricordo, ora che lavoro come presentatore ad ArteOra Tv, il lavoro di memoria è decisamente più leggero, il mezzo televisivo mi permette di parlare e citare la storia dello Studio Soligo e di mio padre Francesco. Ovviamente il lavoro realizzato da mio padre è stato davvero importante perché ha esposto artisti che erano la punta di diamante dell'arte italiana in quel periodo, oggi sarebbe difficile riproporre mostre dello stesso teno-
re, semplicemente perché non ci sono più gli artisti di quel livello che tu citi nella domanda, e perchè a mio parere le gallerie hanno esaurito la funzione di ricerca artistica e sono diventate delle boutique dove poter vedere opere importanti ma nessuna nuova proposta. Le gallerie che propongono nuovi artisti o che ripropongono artisti che meritano nuovamente visibilità si contano sulle dita di una mano. Per questo oggi lavorare davanti una telecamera mi da opportunità che altrimenti non potrei avere. Lo studio Soligo oggi. Progetti futuri? Studio Soligo è in salute, È legato all'archivio Tano Festa che è uno degli archivi più vecchi in attività. Questo permette allo Studio Soligo di essere tutt'ora il riferimento per gli artisti della scuola di Piazza del Popolo. Ma progetti futuri ce ne sono, e sono legati a mostre nazionali ed internazionali cui posso fare soltanto un accenno, per scaramanzia. Sto organizzando una mostra che lega Tano Festa ad un giovane artista molto promettente e che probabilmente si terrà in un museo in centro Italia. E poi rimane il sogno che prima o poi realizzerò di una grande mostra internazionale itinerante di arte italiana dal 1960 in poi.
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Tonino Caputo al Cluster 8, foto di Gabriele Albergo prodotte per Cluster8
storie incise caputo aL cLuster 8 Mauro Curlante
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L’ultima mostra di Tonino Rosse spighe di sangue nere spighe di morte nel laboratorio diretto da Mauro Curlante e Veronica La Greca
Storie l’uomo e il territorio
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l primo incontro con Tonino lo ricordiamo bene, era il 5 agosto del 2020, un caldo torrido, lui passeggiava in via Birago a Lecce, dove nasce la nostra stamperia, noi intenti ad allestire la prima esposizione rimandata da mesi causa pandemia. Si affacciò incuriosito, qualcuno gli aveva parlato di noi.
Ci presentammo e scambiammo due chiacchiere, noi da subito stregati dal fascino delicato del suo raccontare, lo invitammo all’inaugurazione della mostra. Si fece spazio tra i molti presenti, scrutò con attenzione ogni tavola esposta, si complimentò con l’artista, si complimentò con noi per la scelta dell’artista.
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cose fossero inesorabilmente cambiate nel tempo. Ed in quel tempo ritrovato qui al Sud del Sud, tra una cena, una sigaretta di nascosto, un bicchiere di vino bianco fresco, fu naturale decidere di organizzare una sua personale,
Storie l’uomo e il territorio
Da qual giorno ogni giorno passava a salutarci, e con lui sua moglie, ci raccontavano della loro vita, degli innumerevoli viaggi, degli amici scapestrati, della pittura, delle cene, di Roma e di Porto Badisco, di Rina Durante, della scrittura e della poesia, e di quanto le
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Tonino Caputo al Cluster 8, foto di Gabriele Albergo prodotte per Cluster8
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una raccolta di acqueforti sul tema dell’invasione Turca ad Otranto, ed altri scenari di guerra titolata “ Rosse spighe di sangue, nere spighe di morte “. Per l’occasione chiedemmo a Tonino di realizzare una piccola matrice per una ristretta tiratura presentata in cartella ed affiancata da un testo di Lorenzo Madaro. L’evento andò benissimo, nonostante le restrizioni causa pandemia, e fortuna che riuscimmo a farlo perché di lì a poco ci avrebbero di nuovo chiuso in casa. Tonino ci manca, ogni giorno che siamo in laboratorio ci vengono in mente piccoli aneddoti dei suoi racconti, e sorridiamo, perché è stata una fortuna che lui quel giorno passasse da qui, è stata una fortuna conosce-
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Storie l’uomo e il territorio
Particolare allestimento mostra di Tonino Caputo al Cluster foto di Gabriele Albergo prodotte per cluster8
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re lui e tutta la sua famiglia, è stata una fortuna condividere momenti e serate, è stata una fortuna ascoltarlo, è stata una fortuna ed un onore poter esporre le sue tavole, e per tutto questo ed altri mille milioni di motivi non finiremo mai di ringraziarlo, e di nuovo di sorridere, ogni qual volta ci balza alla memoria una delle sue battute.
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Le foto di queste pagine sono di proprietà del gallerista Riccardo Leuzzi
iL fotoracconto deL gaLLerista riccardo Leuzzi
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Un viaggio per immagini sfogliando le pagine degli eventi espositivi di Tonino Caputo organizzati dalla storica Galleria l’Osanna a Nardò
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S
fogliando l’album dei ricordi, la prima foto è datata 1980. La prima mostra di Tonino Caputo alla Galleria L’Osanna di Nardò. Due anni dopo, il 1982 l’anno dei mondiali, la Galleria L’Osanna mare a Santa Caterina presenta una nuova mostra di Tonino, lo documentano due foto di cui una lo vede ritratto con un giovane Luca Pignatelli. 1992 "It's a Lonely Town" è il titolo della mostra allestita in galleria, presentato da Toti Carpentieri. Datata 1996 è invece la mostra al Telamone Centro d'arte di Lecce. Nelle foto con Tonino ci sono Toti Carpentieri, Francesco Saverio Dòdaro e il gallerista Riccardo Leuzzi.
Nel 2004 presso il Circolo Nautico “La Lampara” a Santa Caterina. Omaggio a Tonino Caputo. Nel 2005 ancora una mostra organizzata in Galeria , il titolo è "Gli anni '70," in una delle foto Tonino Caputo è fotografato con Mario Stefanizzi dell'Editrice Salentina e con il giudice Donato Plenteda, in un’altra foto c’è Giacinto Leone all’epoca direttore dell’Accademia di Belle Arti di Lecce. L’ultima mostra, questa purtroppo postuma, è realizzata nel settembre 2021. Tra gli intervenuti la storica dell’arte Marina Pizzarelli e la storica dell’arte Marinilde Giannandrea.
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