GianGiacomo dell’acaya
Al Mart di Rovereto la mostra dell’artista romano Luciano Ventrone
Alla scoperta dei sotterranei del Castello Carlo V di Lecce e delle mura urbiche
Anno XV - n 10 ottobre 2020 -
la lucemateria
anno 153 numero 10 ottobre 202 0
167b street
i luoGhi del cinema
il festival del cinema europeo
A spasso per le strade di Pesaro alla scoperta della cittĂ natale di Gioacchino Rossini
A Lecce la XXI edizione della kermesse con ospiti internazionali e il Premio Mario Verdone
primo piano
le novitĂ della casa
IL RAGGIO VERDE EDIZIONI
ilraggioverdesrl.it
EDITORIALE
Cheko’s arte, Il mondo è nostro, 2017 ©
Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l. Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic
Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Raffaele Polo
Hanno collaborato a questo numero: Lucia Accoto, Dario Bottaro, Giovanni Bruno, Stefano Cambò, Giuliana Coppola, Mario Cazzato, Sara Di Caprio, Dario Ferreri, Sara Foti Sciavaliere, Raffaele Polo, Stefano Quarta, Marco Tedesco Redazione: via del Luppolo, 6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it
Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.
Rigenerare le zone periferiche delle città grazie all’arte urbana è quanto avviene ormai da diversi anni sotto i nostri occhi. La copertina di questo mese abbiamo voluto dedicarla al laboratorio 167BStreet e ai numerosi progetti artistici partendo da quelli realizzati nella periferia di Lecce. E ci fa piacere raccontare cosa si sono inventati Chekos e Ania, tra i promotori di tanti lodevoli iniziative con il coinvolgimento di street artist internazionali. Lo scambio e la condivisione sono l’unica strada possibile per tracciare il futuro dell’Umanità, senza siamo costretti ad essere un popolo di navigatori senza bussola e, dunque, alla deriva. E tantissimi anche in questo numero gli spunti di riflessione come quelli dello psicologo Giovanni Bruno e dell’economista Stefano Quarta, come pure gli itinerari da visitare partendo dalle atmosfere di antichi borghi siracusani raccontati da Dario Bottaro al viaggio storico artistico in tre antichi comuni lucani che ci illustra lo storico Marco Tedesco. Sara Foti Sciavaliere ci svela gli ipogei di Palazzo Vernazza e sempre a Lecce ci accompagna nei sotterranei del Castello di Carlo V e lungo le Mura Urbiche. Per i luoghi del cinema Stefano Cambò ci conduce a spasso per Pesaro tra i luoghi rossiniani mentre per Curiosarte, Dario Ferreri ci fa conoscere l’artista Luis López GalVán e Sara Di Caprio ci racconta la mostra di Ventrone al Mart di Rovereto. Puntuali i luoghi del mistero, la rubrica di Raffaele Polo autore anche di un articolo dedicato al ciclo di dipinti che Ezechiele Leandro realizzò su San Francesco quando era ospite del Convento francescano di Lequile e oggi conservati nella Pinacoteca Caracciolo di Palazzo Fulgenzio della Monica. E in questo mese, in cui ricorre la festa del Santo d’Assisi, accogliamo e facciamo nostro il messaggio di fraternità dell’enciclica che Papa Francesco ha firmato proprio sulla tomba di San Francesco. E che come in una insolita chiusura del cerchio sembra aderire all’immagine del murales che qualche anno fa Chekos realizzò su una facciata cieca di uno dei palazzi della 167B. Siamo tutti fratelli, al di là del colore della pelle o della nazionalità di provenienza. E siamo tutti ospiti di questa terra anche se, purtroppo, stentiamo a ricordarcelo. Buona lettura! (an.fu.)
SOMMARIO luoghi|eventi| itinerari: Girovagando i palazzo vernazza 24| spiazzamenti 55| 55 | itinerarte 59 | basilicata l’isola dei tesori 64 | il silenzio degli iblei 86| Gian Giacomo dell’acaya 100 arte: 167bstreet 4 |la grande illusione 18 morandi racconta 32 | ezechiele leandro e san francesco 37 money go round 44 il viaggio del Gonfaloniere 82 musica: al museo del sassofono i concerti del sabato sera 50 | bandadriatica 58 i luoghi della parola: | bastoni e carote 52 | soggettività e identità di genere 60 | curiosar(t)e: Josè ́pez Galva ́n 112 luis lo interventi letterari|teatro i luoghi del mistero 14 | talos festival 42 | la ridiculosa commedia 81 | salento segreto 136 cinema lumiere calici di cinema 56 | la luna sulla magliana 62 |il festival del cinema europeo 98 | i luoghi del cinema: monicelli e tornatore 126| libri | luoghi del sapere 122-124 |#ladevotalettrice #dal salentocafè| il prode anselmo 84 i luoghi nella rete|interviste| il concorso: il mare in una stanza 51 | m come miele, il concorso 120 Numero 10- anno XV - ottobre 2020
167 b street così ti coloro la periferia Antonietta Fulvio
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Intervista ad Ania Kitlas dell’associazione che ha cambiato il volto della periferia di Lecce. E non solo
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Noi crediamo che l’arte sia in grado di insinuarsi nel lato più profondo delle persone. Dopo aver vissuto questi mesi di paure e incertezza, siamo ancora più coscienti di quanto l’arte sia, in passato come tutt’ora, protagonista dei processi di cambiamento che ci circondano. Arte come coscienza Attiva contro l’indifferenza. Ania Kitlas
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ortare la poesia del colore ai margini della città. Nelle aree periferiche come lo sono le 167 da quando una legge urbanistica strabili i canoni dell’edilizia popolare facendo di fatto sorgere quartieri che si sarebbero rivelati aree cementificate senza spazi verdi, né servizi adeguati. Luoghi alienanti dove è difficile immaginare la bellezza. Eppure, negli ultimi decenni, grazie all’arte urbana, sono in atto processi di rigenerazione e gli effetti sono visibili e tangibili perché gli street artist nel tempo hanno rein-
ventato le facciate cieche dei palazzi delle 167 diventate tele per opere maestose che dialogano con il tessuto sociale e urbano. è accaduto a Roma, a Napoli e, senza andar troppo lontano, è sotto i nostri occhi da alcuni anni ormai grazie all’attività instancabile di 167B Street. è il nome di un laboratorio e di un progetto che ruota intorno all’artista Chekos e di sua moglie Anna Kitlas, street artisti per vocazione. Lei, di origine polacca, arrivata nel Salento per l’Erasmus e restata qui per amore. Per amore di
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Artez, Worm book, 2017
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Mantra “Moments suspendus”- Francia, 2017
Francesco, in arte Chekos, che dopo vent’anni di esperienze artistiche a Milano e in Europa ha scelto di ritornare nella sua Lecce e fermarsi nella 167 B. Abbiamo incontrato Anna Kitlas, presidente dell’associazione e coordinatrice di
167 Art Project. Con il vostro laboratorio avete realizzato negli anni una serie di interventi che hanno cambiato il volto della 167 ma anche di altri punti di Lecce fino ad arrivare al litorale di San Cataldo. Luoghi non
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più periferici ma sempre più come musei a cielo aperto. è ciò che ci impegnamo a fare da tempo ormai in ambito locale e internazionale. Abbiamo realizzato diversi interventi artistici, laboratori e progetti speciali come quelli svolti a
la differenza: gli artisti non sono al chiuso nei loro laboratori ma tra la gente, ogni volta per realizzare un murales ci vogliono sette dieci giorni di lavoro intenso e spesso la parte più interessante è proprio l’intero processo creativo. Gli abitanti si sentono coinvolti e apprezzano chi si prende cura dei loro spazi.
Lecce presso la casa circondariale di Borgo San Nicola, le scuole pubbliche, Istituiti della cultura italiana a Jakarta e Tirana e in collaborazione con associazioni e collettivi in tutto il mondo.
Quale lo spirito che anima i vostri interventi di street art? Il rapporto con il quartiere e la gente che vi abita. L’esperienza ogni volta è resa indimenticabile dalla partecipazione delle persone che hanno modo di vedere gli artisti all’opera. Ed è qui
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Raccontami di 167 Art Project, quali sono stati gli intenti e gli interventi? Uno dei più noti progetti attuati nel quartiere di riferimento “167 Art Project” è una serie di performance artistiche realizzate da street artist di fama internazionale che hanno dato un nuovo volto a sei grandi facciate delle case popolari nel cuore del quartiere 167 B, nate dalla collaborazione con la comunità parrocchiale di San Giovanni Battista guidata da Don Gerardo Ippolito. Colori, opere monumentali connotate da un’attenta lettura sociologica del luogo e della realtà circostante, nuovi e dinamici sensi degli spazi condivisi dagli abitanti del quartiere hanno scandito i giorni previsti per l’intervento. Le palazzine e le loro facciate sono state riformulate e riconsiderate come una tela bianca su cui intervenire con la creatività e l’attitudine degli artisti coinvolti. Lo scopo del progetto è creare opere d’arte che
Milo, “Whish, 2019”
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rompano gli schemi sociali, stimolino il desiderio di partecipazione e rispecchino il sentimento diffuso della comunità di quest’angolo di Lecce a sentirsi parte integrante della città e del suo futuro. Sono nati così i murales del Quartiere Stadio. Ad aprire le danze l’artista serbo Artez con “Warm Book” la giovane donna alle prese con una enorme pila di libri, perché solo con la cultura e la bellezza si possono vincere marginalità e solitudine? Sì, era il 2017 ed è stata la prima edizione cui hanno preso parte anche Mantra con il murales “Moments suspendus” (Francia), Bifido & Julieta XLF hanno realizzato “Fist fire” (Italia, Spagna) e Chekos Art ha dedicato un murales a “Lo Russo e Pezzella” i due calciatori dell’U.S. Lecce che persero la vita il 2 dicembre 1983 in un incidente stradale. Con l’edizione del 2018 il quartiere si è arricchito poi di nuove opere: “Viktoria” di Dimitris Taxis (Grecia), “Mamma perdono” di Sabotaje Al Montaje (Spagna) e “Meno parole, più fatti” di Farhan Siki (Indonesia). Sono opere bellissime, ormai sotto lo sguardo di tutti che ci offrono una galleria di arte urbana che dialoga con il territorio. Temi di grande attualità, dalla cultura dell’integrazione, al rispetto dell’altro alla tutela dell’ambiente sono affrontati con la poesia del colore... Per noi il colore è fondamen-
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Sopra: Chekos Art “Lo Russo e Pezzella” e “Il mondo è nostro””, 2017; sotto: Dimitris Taxis “Viktoria” Grecia, 2018
tale come pure le attrezzature logistiche che ci consentono di salire su in alto e dipingere in sicurezza. E mentre dipingiamo la gente ci osserva ed è felice per il nostro intervento. E di ciò che resta sulle mura delle loro case, meno grigie. Il nostro motto è arte come coscienza attiva contro l’indifferenza. Nel 2019 abbiamo realizzato altri due murales, uno è firmato da Chekos “Il mondo è nostro” un chiaro messaggio contro il razzismo e l’altro intitolato “Wish” lo ha realizzato Milo sono due giovani disegnati su due porzioni di muro separate ma uniti da un filo rosso perché non siamo entità separate e l’unione fa la forza. E la differenza. L’arte riesce a raccontare il presente e a proiettarci nel futuro. A maggior ragione l’arte urbana, oggi. Quale è la cifra e la forza di Art Project? Questo progetto è nato totalmente dal basso. nel corso del tempo è riuscito a scatenare i processi del cambiamento sociale e culturale nel quartiere. è stato finanziato grazie a Don Gerardo Ippolito e al nostro laboratorio. Ci siamo impegnati a trovare gli sponsor della vernice e abbiamo messo tutte le nostre competenze in campo per far sì che ogni singolo progetto venisse realizzato in maniera seria e professionale. In questo momento storico la parola contagio ci fa paura ma il contagio positivo della bellezza esiste e l’arte è il “virus” per trasmetterla. Esatto, purtroppo la pandemia
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Sopra: “Il pescatore”. In basso: Karski and Beyond “Home” - Olanda, 2020
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In basso alcuni frammenti dei murales del progetto “Oltremare Summer Festival” realizzato a San Cataldo (Lecce), 2017-2018
ha bloccato un po’ tutti, ci ha isolati e abbiamo dovuto rinunciare a viaggiare. Però noi crediamo che l’arte sia in grado di insinuarsi nel lato più profondo delle persone. Dopo aver vissuto questi mesi di paure e incertezza, siamo ancora più coscienti di quanto l’arte sia, in passato come tutt’ora, protagonista dei processi di cambiamento che ci circondano. E nonostante tutto non si sono fermate le idee e la condivisione di progetti come l’ultimo che ci ha visti quest'anno vincitori del bando “STREET ART – Artisti italiani e neerlandesi lanciano un messaggio insieme” promosso e ideato dall’Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi e dal Consolato Generale di Milano. Tra i partner dell’iniziativa figurano il Comune di Lecce con gli assessorati alle Politiche Urbanistiche e Rigenerazione Urbana e al Welfare, Politiche Abitative e Politiche Giovanili, oltre ad Arca Sud Salento e la comunità parrocchiale San Giovanni Battista. Il progetto, incentrato sul tema “Casa e sicurezza”, ha visto in azione il duo artistico neerlandese Karski & Beyond che hanno raffigurato una coppia di colorati uccelli, simbolo di comunità e capacità di prendersi cura l'un l'altro. Ed è ciò che i writer del laboratorio 167BStreet fanno ed invitano a fare: “avere cura”. Dei luoghi come delle persone. è una frase e un messaggio così bello e vero. L’humus indispensabile per rifondare una nuova umanità. E il gesto pittorico ancora una volta ci viene in soccorso e ce lo ricorda. L’importanza dell’amore, dell’amicizia, della fraternità come il messaggio della terza enciclica di Papa Francesco firmata il 3 ottobre sulla tomba del Santo di Assisi. E se vi capita di passeggiare a Lecce, oltre il quartiere Stadio, vi suggeriamo un itinerario di street art (firmati Ckekos) partendo da San Pio dove è possibile imbattersi tra i versi e la figura del poeta Vittorio Bodini, nel quartiere Santa Rosa invece sul prospetto della polisportiva ci si trova al cospetto dell’attore Carmelo Bene. O a Lequile, qui, sul muro perimetrale della scuola media “Sandro Pertini”, il volto di Renata Fonte, uccisa dalla mafia, ci ricorda l’importanza di valori come l’onestà e la tutela del territorio fino ad arrivare sul litorale di San Cataldo dove i tanti murales del progetto Oltremare Summer Festival (2017/2018 con capofila 167bStreet) puntano il dito su un progetto di riqualificazione che però stenta a partire.
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I murales dedicati a Vittorio Bodini, Renata Fonte e Carmelo Bene sono a firma di Chelos
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Foto di Salvatore Chirico da Pixabay
ma è proprio un luoGo misterioso? Raffaele Polo
I LUOGhI DEL MISTERO
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Nei pressi di Parabita dall’alto le tracce di un misterioso castello...
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C
omplimenti. Beati voi... A me capitano sempre di questi periodi di colore indefinito, la nonna diceva 'color cane ca fusce' e io, già da bambino, osservavo con interesse le corse dei cani randagi. Ma di colore definito mai niente di notevole
da ricordare...) dicevamo, in questo mondo così difficile da vivere e frequentare, capita che ci lasciamo prendere il destro dal desiderio di qualcosa che scuota, finalmente, l'apatia congenita che è fatta di telegiornali e messaggi sul telefonino.
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I LUOGhI DEL MISTERO
sula provinciale per Parabita
Fino a qualche tempo fa, ogni tanto c'erano i dischi volanti che riuscivano a dare uno scossone alle cronache quotidiane. Sembra che anche questi oggetti misteriosi abbiano deciso di lasciarci perdere: troppi guai, troppi problemi, troppe guerre e troppe malattie, anche gli Ufo sono in quarantena... E così non ci è rimasto che rivolgere gli occhi e l'attenzione al passato, in quella sorta di 'fantastoria' che ha visto, ad esempio, Dan Brown trionfare nella letteratura mondiale, grazie all'ambientazione delle storie più inverosimili nelle pieghe della Storia più conosciuta. E da allora, più che in passato, eccoci a guardare attorno a noi con occhio diverso, non abbiamo forse menhir, dolmen e costruzioni misteriose che bramano di svelare i loro segreti? E cosa ne sappiamo dei nostri progenitori, i Messapi, che abbiamo scoperto che venivano da Creta e allora noi siamo originari di quelle parti, migliaia di anni fa queste popolazioni misteriose, abbandonarono il Minotauro e il Labirinto per venire a raccontarci altri miti, mescolandoli con quelli, rudimentali, che pure avevano gli indigeni locali che non sapevano di essere qualcosa, erano come quel selvaggio che, nella poesia di Pascarella, risponde ad uno sbalordito Cristoforo Colombo, appena sbarcato in quella terra mai vista prima: “Chi voi che sia? Sò un servaggio...” Allora, guardandoci attorno e leggendo le vecchie cronache ( interessante il libro di Paladini sull'Antica Lupiae o Sibari del Salento, se ne trova ancora qualche copia sulle bancarelle, assieme al prezioso opuscoletto Salento Arcade di Alberto StanoStampacchia) ci capita di accompagnare il figlio in ferie culturali che ci chiede di poter esplorare qualche area 'interessante' col suo metal-detector, alla ricerca di reperti metallici che non siano i soliti tappi di bottiglia o le monetine dei tempi andati … Siamo andati in giro per menhir (zona Melendugno.Calimera, ovvero Gurgulante e
Placa) e sulle spiagge delle marine della zona... Niente, non abbiamo scoperto nulla. Poi, proprio ieri, Giovanni mi manda una foto, con indicazione della località, nei pressi di Parabita. “Non vedo nulla di strano” dico io. “Guarda, guarda meglio. Non vedi come le fondamenta di un castello?” Eh si, in effetti, c'è una sorta di disegno, visibile solo dall'alto: un quadrilatero con semicerchi sporgenti ad ogni lato. E il tutto racchiuso in un cerchio che pare perfetto. “Parabita fu distrutta dai barbari e ricostruita affianco. Perciò si chiama così: in greco parà- baino vuol dire costruita affianco. E questo doveva essere il progetto di una costruzione che, magari, non è stato più realizzato...” “Non credo” mi risponde scettico il figlio che non è molto disponibile a lavorare con la fantasia. “Secondo me è un marchingegno recente di qualche megalomane che voleva farsi un castello...” Guardando meglio, penso che abbia ragione lui. Anche se sarebbe stato bello scoprire la visibile traccia di antiche vestigia. Niente da fare, stavolta il luogo del mistero ha poco da rivelarci. Ma ci ripromettiamo, quanto prima, di recarci sul luogo, naturalmente col metal-detector e attenti a non entrare in aree protette, private e chiuse al pubblico. Non si sa mai....
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Luciano Ventrone, Grani corallini, 2012-2014, Olio su tecnica mista su tela di lino
la Grande illusione la lucemateria di ventrone Sara Di Caprio
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Al Mart di Rovereto in mostra dal 9 ottobre al 14 febbraio 2020 le opere dell’artista romano
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naugurata il 9 ottobre 2020, al MART di Trento e Rovereto, è visitabile fino al 14 febbraio 2021 “La grande Illusione” dell’artista contemporaneo Luciano Ventrone. La mostra, a cura di Victoria Noel Johnson, nasce da un’idea di Vittorio Sgarbi e Lorenzo Zichichi. L’artista romano, classe 1942, è diventato famoso e apprezzato per le sue nature morte iperrealiste e, non a caso, fu definito dallo storico dell’arte Federico Zeri: “Il Caravaggio del ventesimo secolo”. Il confronto con il Merisi è subito evidente proprio nella scelta del genere pittorico, la natura morta, che secondo Caravaggio, nel lontano 1620, aveva la stessa dignità di un quadro a soggetto storico perché: «Tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di fiori come di figure». è facile vedere quindi il legame e il richiamo con alcune opere del Merisi, a partire dalla celebre “Canestra di Frutta” della Biblioteca Ambrosiana che ha una diretta corrispondenza con l’opera in
mostra, del 2011, “Il dono di Bacco” di Ventroni. Ed è proprio nella ricerca del vero, dell’immagine dipinta che si confronta e rivaleggia direttamente con la realtà, che nasce la grande illusione del non vero come spiegato dalle parole della curatrice una «ultra-realtà in contrapposizione a una falsa impressione». Le diciotto opere tematiche sondano il genere della natura morta ma in un’ottica nuova, diversa da quella del Merisi perché alla fine la luce che plasma la materia dei frutti e fiori converte questi oggetti ordinari in una visione di “non vero metafisico”. Le tele di Ventroni diventano quasi degli elementi soprannaturali in cui ricercare un’altra verità che va oltre alla semplice natura morta. Citando le parole di Vittorio Sgarbi nell’introduzione al catalogo: «è la lucemateria che rimanda alle origini dell’arte italiana prospettica, a Piero della Francesca, ovvero al concetto neoplatonico di luce come emanazione, come contenuto della forma-idea, come fattore struttu-
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Nella pagina precedente, Luciano Ventrone, Il dono di Bacco, 2011, Olio su tecnica mista su tela di lino; sotto: Luciano Ventrone, Riunione di famiglia, 2011, Olio su tecnica mista su tela di lino. Nel riquadro Luciano Ventrone all’opera nel suo studio
rale e decisivo della harmonia mundi.». A fare da contrappeso è esposta anche l’Allegoria della Primavera opera a quattro mani del maestro Hartford e di Carlo Saraceni (del XVII secolo) che negli anni Settanta era stata invece attribuita da Federico Zeri a un giovane Caravaggio, un giustapposizione per consentire al fruitore un’ulteriore riflessione e raffronto su un genere troppo spesso trascurato. In fondo se anche un uomo di scienza come Einstein sosteneva che bastavano: “Un tavolo, una sedia, un cesto di frutta e un violino; di cos'altro necessita un uomo per essere felice?” è bene quindi immergersi in questi oggetto di “ordinaria quotidianità” che invece finiscono per nascondere scenari e illusioni inimmaginate.
LUCIANO VENTRONE La grande illusione MARTMuseo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto 9 ottobre 2020 - 14 febbraio 2021 Da un’idea di: Vittorio Sgarbi e Lorenzo Zichichi A cura di: Victoria Noel-Johnson
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Lecce, Palazzo Vernazza, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
palazzo vernazza e i suoi ipoGei lecce da scoprire Sara Foti Sciavaliere
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“Lecce sotterranea”. Un palazzo rinascimentale nel cuore antico
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ecce ha una storia millenaria e pertanto pluristratificata, una storia che lentamente torna alla luce grazie a – passati e più recenti – interventi di archeologia urbana. Le indagini stratigrafiche, realizzate in collaborazione tra l’Università del Salento e la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Puglia insieme al Comune, hanno portato a scavi che consentono di ricostruire l’assetto topografico e urbanistico della città a partire dalle sue fasi più antiche. E in questo più generale progetto, che è
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“Lecce sotterranea” – richiamando lo scritto del 1907 dello studioso salentino Cosimo De Giorgi – che si inseriscono anche i lavori di indagine che hanno riguardato uno dei palazzi storici del capoluogo salentino: Palazzo Vernazza. Ubicato nella parte sudorientale del centro storico, verso porta San Biagio, a poche decine di metri dai resti del Teatro Romano, dà quasi le spalle alla più barocca chiesa leccese, quella di San Matteo, ma è uno dei pochi esempi sopravvissuti in città di architettura
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Lecce, Palazzo Vernazza, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
rinascimentale che non abbia subito le alterazioni delle abbondanti decorazioni dell’arte del Sei-Settecento. Esso costituisce anche uno dei più estesi cantieri di scavo archeologico urbano a Lecce, lavori avviati nell'ambito della riqualificazione dell’edificio. Grazie al rinvenimento, a livello degli strati più profondi del banco di roccia, di materiali ceramici a impasto databili tra il IX-VII secolo a.C., dalle indagini archeologiche è emerso che la frequentazione più antica dell’area risale all’età del Ferro; mentre al periodo messapico (IV-III sec. a.C.) sono riferibili una cava per l'estrazione di blocchi e uno scarico di fornace che attesta la presenza di attività artigianali per la produzione di vasi. Senza dubbio, però, la scoperta più interessante sono quelli risalenti all’età romana, durante la quale l’intera area dell'antica Lecce era stata interessata da importanti interventi di urbanizzazione e, nello specifico, la fase augustea rappresenta l’apice dello sviluppo
di Lupiae (il nome della città attestato all'epoca della colonizzazione romana), quando il nuovo assetto urbano sarà dotato di rilevanti opere di carattere pubblico quali il Teatro, l’Anfiteatro (nell’odierna Piazza S.Oronzo) e le terme pubbliche, portate alla luce nel 2007 in Piazzetta Vittorio Emanuele II. E tutto questo come coinvolge l’area di Palazzo Vernazza? L'edificio sorge su un importante santuario del I sec. d.C. dedicato, in base alle iscrizioni rinvenute, alla divinità orientale di Iside. Dell'Iseo di Lecce, gli scavi hanno messo in luce un portico che circondava l’area scoperta in cui si trovava il tempio e nell'area antistante a questo (oggi collocato in uno spazio ipogeo) il purgatorium, una vasca di forma allungata, munita di una scala scavata nella roccia che introduce a un ambiente con nicchia per l’acqua, che serviva ai fedeli per purificarsi prima di prender parte ai riti. Tra i reperti recuperati, vanno segnalati un labrum,
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Lecce, Palazzo Vernazza, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
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ossia un bacile, in marmo con dedica alla dea Iside da parte di un personaggio, Memmius Cinyps Tiberinus, attestato da un’altra iscrizione con dedica a Iside e Serapide nella cantina di un palazzo subito alle spalle del Vernazza; oltre ad alcuni oscilla in marmo, oggetti decorativi per i portici. La presenza dell’antico santuario in quest’area risulta tra l’altro coerente con le consuetudini dei Romani, data la vicinanza dell’Iseo al Teatro: di fatti, nei rituali alla divinità egizia il mito dell'assassinio di Osiride e del ritrovamento del suo corpo da parte della dea era rappresentato da attori, quindi è significativa la prossimità a edifici teatrali, riscontrabile così come per Lupiae anche per esempio a Pompei. L’edificazione della casa torre signorile, avviata alla fine del XV secolo, andò a occupare un’area che nel periodo medievale era stata poi destinata all'attività agricola, come hanno dimostrato le analisi archeologiche che documentano la presenza di orti e recinti. Intanto nel vano ipogeo della torre vengono scavate nel banco roccioso una serie di cisterne destinate alla conservazione dell’olio, alle quale si sommano, in età moderna – con l’ampliamento del corpo di fabbrica – altre cisterne invece per la raccolta dell'acqua. E proprio i pozzi e le cisterne rinvenute nel corso delle indagini degli archeologici e il lavoro di riqualificazione hanno permesso di ricostruire il quotidiano del palazzo grazie ai butti e agli immondizai che li riempivano. Alta circa venti metri ed estesa su tre piani, la torre di Palazzo Vernazza è il maggiore esempio di abitazione fortificata a Lecce, ingentilita dai decori sul prospetto sobrio in pietra leccese che affaccia su Piazza Pellegrino. Le linee semplice della facciata, con finestre e porte dalle cornici rette e centinate, sono animate da
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Lecce, Palazzo Vernazza, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
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preziosi elementi decorativi e architettonici, risalenti a epoche differenti, che raccontano la lunga storia di questo palazzo e il suo progressivo ampliamento con le varie famiglie aristocratiche che qui hanno abitato nel corso dei secoli, fino all’abbandono avvenuto nei primi anni Set-
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tanta del ‘900. L’edificio è dal 2011 di proprietà della Fondazione Casa Bianca, senza scopo di lucro, impegnata nello sviluppo sociale e culturale del territorio: un certo polifunzionale e polo d’avanguardia dedicato allo sviluppo di progettualità crossmediali nell’ambito della Cultura 4.0., che ospita nei suoi spazi realtà come l‘ITS Apulia Digital Maker – operante nella formazione professionalizzante nel settore ICT – la Mediafarm.it, che operano per dare un impulso innovativo alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale.
Giorgio Morandi, Fiori, 1924 (V.88) olio su tela, cm 58 x 48 Istituzione Bologna Musei | Museo Morandi
morandi racconta il fascino seGreto dei suoi fiori
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ai papaveri appena raccolti alle rose. Le forme, i colori e il fascino intramontabile dei fiori dipinti da Giorgio Morandi sono al centro del percorso espositivo che inaugura con Re-Conneting l’attività del MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna e del Museo Morandi. Dopo la chiusura dettata dalla pandemia da Covid 19,i due musei da fine settembre 2020 a gennaio 2021, approfondiranno i temi legati alle collezioni permanenti indagandone aspetti particolari e valorizzandone opere solitamente non visibili, o non più esposte da tempo. Come suggerisce il titolo, Re-collecting, il ciclo ideato da Lorenzo Balbi che si avvale della curatela dello staff dei due musei, intende leggere le collezioni museali attraverso uno sforzo interpretativo che proponga prospettive originali e quando possibile inusuali, che possano rinnovare la relazione tra l’opera e il visitatore proponendo nuovi percorsi espositivi e di senso. Si parte venerdì 25 settembre
con Morandi racconta. Il fascino segreto dei suoi fiori, a cura di Alessia Masi, focus dedicato a un soggetto che Giorgio Morandi amava particolarmente: i fiori. I 13 lavori, prevalentemente dipinti, che abbracciano un arco di tempo che va dal 1924 al 1957, partendo dal dipinto appartenente al Museo Morandi, per arrivare a quello di collezione privata in cui quella stessa varietà di fiore è raffigurato in un modello realizzato in seta come lo sono le rose, soggetto che ricorre nelle altre nove tele esposte. Il tema floreale viene affrontato da Morandi non solo in pittura e nell'incisione, ma anche nel disegno e nell'acquerello, con composizioni in cui sono evidenti l'estrema semplicità della forma, la volumetria dei piccoli recipienti e l'ombra che proiettano sullo sfondo, per raggiungere, specie nelle opere degli ultimi anni, quote di astrazione e dematerializzazione uniche, diventando pura atmosfera. E non a tutti è noto che la finalità con la quale Morandi dipingeva una parte dei quadri di
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fiori: spesso si trattava di regali ad amici cari come Roberto Longhi, Lionello Venturi, Piero Bigongiari, Eugenio Montale, Vittorio De Sica e Valerio Zurlini, oppure alle stesse sorelle, che li ricevevano in occasione dei compleanni, così come ad altre donne legate all’artista da un profondo rapporto di amicizia e stima. Per offrire suggestioni sulle modalità di lavoro di Morandi, sono visibili in mostra anche due oggetti in porcellana provenienti da Casa Morandi, insieme a ciò che resta di quei fiori di seta o essiccati che, proprio per la loro durata perenne, erano i prediletti dell’artista come modelli di rappresentazione. Giorgio Morandi preferiva ai fiori freschi, rappresentati principalmente nelle opere giovanili, quelli essiccati o di seta, raffinatissimo prodotto dell'artigianato bolognese del Settecento, che mantengono inalterato il loro stato e non subiscono variazioni nel tempo indipendenti dalla volontà dell'autore. Come per altri soggetti, i fiori sono un pretesto per studiare gli aspetti della composizione, eliminando il superfluo per far affiorare la sostanza, l'essenza. Morandi rappresenta i fiori sempre soli, unici protagonisti della scena, a differenza di altri artisti come Renoir – da lui molto amato e studiato – che li inseriscono in composizioni più articolate. Per Morandi l'unica variante è costituita dai vasi, talvolta rappresentati per intero o talvolta solo parzialmente, prevalentemente bianchi, dal corpo allungato e, in pochissimi casi, decorati con qualche motivo ornamentale. La loro forma è sempre rigorosamente funzionale alla composizione spaziale e in alcune opere si intravede solo l'imboccatura per concentrare l'attenzione dell'osservatore sul mazzo di fiori.
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, Fiori, 1946 (V.501) Giorgio Morandi olio su tela, cm 24,5 x 19 , Collezione Enos e Alberto Ferri Deposito in comodato gratuito al Museo Morandi da luglio 2020
Nei lavori degli anni 20 si percepisce il debito nei confronti della pittura di Rousseau, Cézanne, Chardin e soprattutto di Renoir (nella resa carnale e sensuale delle corolle), però dagli anni Cinquanta, i fiori morandiani sono ridotti ad una forma geometrica tondeggiante, in uno spazio indefinito e quasi senza respiro. La mostra è pensata per dare una visione ampia della trattazione del tema, per questo i visitatori potranno ammirare anche due splendide acqueforti oltre ad una selezione di lettere e documenti ma dato ancora più importante la presentazione al pubblico di due nuovi dipinti pervenuti al Museo Morandi in comodato grazie alla generosità di Enos e Alberto Ferri: Fiori, 1946 (V. 501) e Fiori, 1957 (V. 1021).
Si conferma così il rapporto di stima e fiducia che lega i collezionisti all’Istituzione Bologna Musei: i due nuovi lavori si aggiungono infatti a quelli concessi in comodato in precedenza, la Natura morta, 1931 (V.167), il Paesaggio, 1940 (V.283) e la Natura morta, 1960 (P.1960/5). La mostra si conclude con un video in cui la curatrice Alessia Masi approfondisce il tema dei fiori lungo l'arco della ricerca morandiana.
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RE-COLLECTING Morandi racconta. Il fascino segreto dei suoi fiori a cura di Alessia Masi Istituzione Bologna Musei | Museo Morandi
25 settembre – 15 novembre 2020 Museo Morandi via Don Minzoni 14 | 40121 Bologna Tel. +39 051 6496611 www.mambo-bologna.org/museomorandi/
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Ezechiele Leandro, foto Pinacoteca Caracciolo, Lecce
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ezechiele leandro e san francesco Raffaele Polo
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L’incontro sull’artista salentino a Lecce il 5 ottobre nelle sale di Palazzo Fulgenzio della Monica sede della Pinacoteca Caracciolo
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LECCE. Ezechiele Leandro è considerato, nel panorama artistico salentino, un vero e proprio Ligabue. Per la sua manifesta scelta di una pittura che definire 'ingenua' è additittura approssimativa ma, in particolare, per la profonda a-cultura che si evidenzia nei suoi scritti, un vero e proprio susseguirsi di impressioni, invettive e considerazioni che non hanno punteggiatura e non rispettano nessuna regola grammaticale...
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Insomma, per Leandro, per le sue opere e i suoi scritti, gli intellettuali indigeni hanno prima storto il naso ma, in seguito, anche grazie ad una sollecita conferma nel settore delle gallerie e delle quotazioni dei dipinti, hanno deciso di annoverare l'artista di San Cesario fra le stranezze da apprezzare, interpretare e proteggere. Così, sono emersi via via i caratteri specifici relativi alle sue figure oniriche e costellate da incubi, la
Ezechiele Leandro, foto Pinacoteca Caracciolo, Lecce
sua dedizione ad alcuni archetipi para-religiosi (dissertazioni apocalittiche sulla superbia, l'invidia e la malafede dell'Uomo, costretto in un mondo molto ben rappresentato nel 'Santuario della Pazienza', quel microcosmo costruito con cemento e
materiale di risulta che cosĂŹ bene raffigura il credo religioso e culturale del Nostro, definito 'Artista outsider' dalle cronache contemporanee). E, proprio su Leandro e un suo aspetto particolare, ovvero la sua reinterpretazione
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di San Francesco, è stato fissato l'appuntamento il 5 ottobre alle ore 19:30, presso il salone di Palazzo Fulgenzio della Monica, in via Imperatore Adriano 79 a Lecce. La Pinacoteca di arte francescana “Roberto Caracciolo”, infatti, ha aperto le porte per un incontro alla scoperta del poliedrico artista salentino, di cui custodisce importanti opere legate alla vita di San France-
sco d'Assisi. Le opere di Leandro, su cui molto c'è ancora da indagare, seguono un percorso onirico, primitivo, che conduce alle radici stesse del movimento artistico, riuscendo, attraverso le sue rappresentazioni, a raffigurare un mondo divino in cui anche l'esperienza personale trova posto. La Pinacoteca Caracciolo è l'unico istituto museale ad avere una esposizione perma-
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Ezechiele Leandro, foto Pinacoteca Caracciolo, Lecce
nente delle opere di Leandro, eseguite negli anni '70 durante la sua permanenza nel convento francescano di Lequile. Il legame forte tra i francescani e Leandro lo si può intuire anche attraverso le numerose citazioni religiose che durante la sua vita ha esplicitato, quasi rispondesse, attraverso l'arte, ad un bisogno spirituale che lo ha mosso per tutta la sua esistenza. “Francesco secondo Leandro” è stato il titolo della serata che ha visto la partecipazione di due grandi studiosi di Leandro: Rosanna Lerede, docente di Restauro per la pittura presso l'Accademia di Belle arti di Lecce, e Lorenzo Madaro, curatore e docente di Storia dell'Arte presso la stessa Accademia. La conduzione della serata è stata affidata ad Elvino Politi, responsabile dei servizi di valorizzazione della Pinacoteca Caracciolo.
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Dall’alto: Simone Zanchini e Antonello Salis; Stephanie Kayal, Parientes.
talos festival danza e musica a ruvo di puGlia
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Dall’8 all’11 ottobre un’edizione straordinaria con la direzione di Pino e Livio Minafra nelle piazze del comune pugliese e in diretta streaming
I musicisti Peppe Servillo, Xavier Girotto, Natalio Mangalavite, Paolo Angeli, Antonello Salis, Simone Zanchini, le coreografe Sanna Myllylahti e Stephanie Kajal, il coreografo Virgilio Sieni sono alcuni dei protagonisti, insieme a tanti danzatori e danzatrici anche non professionisti, di un'edizione "straordinaria" del Talos Festival che prenderà il via da giovedì 8 a domenica 11 ottobre nel centro di Ruvo di Puglia. Dopo questi primi quattro giorni fra danza e musica nelle piazze cittadine, il Festival tornerà, per altri due fine settimana, nel Nuovo Teatro Comunale di Ruvo di Puglia di prossima apertura, a febbraio e aprile 2021. Con la direzione artistica dell'ideatore Pino Minafra e del musicista e compositore Livio Minafra e il progetto coreografico di Giulio De Leo, il festival è promosso dal Comune di Ruvo di Puglia, con il cofinanziamento di Regione Puglia tramite Teatro Pubbli-
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co Pugliese nell’ambito del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014-2020 – Valorizzazione della Cultura e della Creatività territoriale, in collaborazione con Associazione Terra Gialla e Compagnia di Danza Menhir e altre realtà pubbliche e private. Se il progetto musicale partirà con un nucleo ispirato ai suoni dei Sud del mondo, in una sorta di folklore immaginario, fra radici e contemporaneità, la sezione danza parte integrante del festival dal 2017, riconoscerà il corpo come terreno universale di dialogo interculturale e interreligioso, umanesimo e identità. Per la prima volta poi il festival sarà trasmesso anche in diretta streaming per coinvolgere un pubblico più ampio, viste le restrizioni legate alle attuali norme anticovid19. Si parte giovedì 8 ottobre alle 11 in Piazza Menotti Garibaldi con il flash mob "Suite" con le coreografie di Giulio De Leo e le musiche del sassofonista Vittorio
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Gallo. Dalle 18 in Piazza Dante (ingresso libero con prenotazione obbligatoria) un evento speciale in collaborazione con Teatro Pubblico Pugliese e MiBACT. In scena l'anteprima di Genesi,nedita produzione della Compagnia Menhir con le coreografie di Giulio De Leo con Serena Facchini e Antonio Savoia che danzeranno sulle musiche di Pino Basile. Venerdì 9 ottobre si riparte ancora alle 11 con Suite in Piazza Matteotti. Alle 18 (ingresso libero con prenotazione obbligatoria) in Piazza Dante lo sharing "As I find myself in this setting you are in it 2" della coreografa finlandese Sanna Myllylahti (che torna a Ruvo dopo l'esperienza del 2018) su musiche di Danilo Girardi (live electronics), con gli allievi e le allieve del corso di formazione professionale Libero Corpo. La serata si concluderà con il primo concerto di questa edizione del Talos Festival, introdotto dal giornalista Fabrizio Versienti. Dalle 20 in Piazzetta le Monache (ingresso libero con prenotazione obbligatoria - in caso di pioggia nella Chiesa di San Domenico) appuntamento con Paolo Angeli. Sabato 10 ottobre la
giornata prende il via con un'altra produzione originale della Compagnia Menhir. Dalle 11 (ingresso libero) da Piazza Matteotti verso il centro storico e le periferie della città parte "Pul.ci.nel.la" da un’idea di Giulio De Leo con le coreografie di Erika Guastamacchia con gli allievi di Libero Corpo e la musica di Tommaso Scarimbolo e Bembé Percussion Ensemble. Alle 18 (ingresso libero con prenotazione obbligatoria) in Piazza Dante, andrà in scena Preludio, en plein air, ancora una produzione originale della Compagnia Menhir in collaborazione con Teatro Pubblico Pugliese e MiBACT. Un progetto ideato e firmato da Giulio De Leo con le musiche di Vittorio Gallo (sax). A seguire, sempre firmata da De Leo, la produzione originale Dialoghi con musiche di Luisiana Lorusso (violino, voce), Eufemia Mascolo (contrabbasso, voce) con gli allievi di Libero Corpo. Alle 20 in Piazzetta Le Monache (ingresso libero con prenotazione obbligatoria - in caso di pioggia nella Chiesa di San Domenico) appuntamento introdotto dal giornalista Ugo Sbisà - con Liberi con Antonello Salis (fisarmonica e
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pianoforte) e Simone Zanchini (fisarmonica e live electronics). Domenica 11 ottobre la giornata conclusiva prenderà il via alle 11 in Piazza Matteotti con il flash mob "Suite". Alle 18 in Piazza Dante (ingresso libero con prenotazione obbligatoria) un gruppo di cittadini e cittadine di Matera proporranno "Dolce Lotta" nuovo progetto coreografico di Virgilio Sieni. Dalle 20 (ingresso libero con prenotazione obbligatoria - in caso di pioggia nella Chiesa di San Domenico) in Piazzetta le Monache il concerto conclusivo ospiterà Parientes con il trio guidato dal cantante napoletano Peppe Servillo affiancato dal sassofonista Xavier Girotto e dal pianista Natalio Mangalavite, Nel rispetto delle misure AntiCovid19 gli appuntamenti saranno a ingresso gratuito ma con prenotazione obbligatoria allo 0803628428 (dal lunedì al venerdì ore 9.30-12.30, 17.3020.30, sabato e domenica ore 9-13) o via mail all’indirizzo talosfestival@gmail.com (indicando nome, cognome e numero di telefono). Info e programma talosfestival.wordpress.com
Daniele Papuli, Librovisionomie, nel riquadro Intondo blu
money Go round. quando l’arte incontra l’economia
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In mostra fino al 14 novembre alla Galleria Rosso20sette arte contemporanea 140 opere realizzati su originali supporti pittorici, dalle banconote alle mappe
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ROMA. Trasformare le banconote provenienti da tutti i paesi del mondo in opere d’arte. Un’operazione artistica che mette in circolo la moneta dandogli nuove significazioni. è questo il senso della mostra Money go round, a cura di Edoardo Marcenaro che vede negli spazi della galleria romana Rosso20sette arte contemporanea ben 140 opere realizzate sulle banconote di tutto il mondo da 32 artisti internazionali, 7 cartine di continenti create da 7 street artist e un mappamondo ad opera dello street artist Emmeu. «I lavori dei trentadue artisti in mostra spiega il curatore - partono dalla religione e la mitologia dei vari paesi, passando ai personaggi storici effigiati sulla carta moneta quali Gandhi, Mao Tze Tung, Nelson Mandela e Churchill, fino ad arrivare a rappresentare temi di massima attualità. Iniziamo dai miti e le divinità dei singoli paesi di origi-
ne rappresentati nelle banconote di Diavù, Argimpasa la dea della fertilità in Kazakhstan, Cernobog il Dio Nero degli antichi slavi, Cernunnos divinità pre – celtica raffigurato a lungo inter alia nell’Isola di Man, Supay, dio della morte in Perù e Zlatorog, il leggendario stambecco bianco della Slovenia. Churchill diventa Boris Johnson sulla sterlina di Maupal, che fa altresì una citazione alle produzioni della Nike realizzate interamente in Tailandia.» E nella società globalizzata non poteva mancare il tema dell’economia. «Il petrolio raffigurato sulla banconota kuwaitana di Solo, che mette anche in primo piano Che Guevara sul pesos argentino, nonché le vittime delle dinamiche economiche dei vari paesi, dipinti da Neve letteralmente con il sangue.» scrive ancora nel saggio in catalogo lo stesso Marcenaro ponendo l’accento anche sul lavoro realizzato da due “artivi-
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Dall’alto in basso: Paola Beck Guinea, Chekos Cile, Marco rea Krygystan
sti” Piotr Hanzelewicz che lavora su Nelson Mandela e Consuelo Mura che affianca Gandhi alla carpa “koi”. Particolarmente significativi l’omaggio a Higuchi Ichiyo, poetessa, scrittrice e sostenitrice dei diritti delle donne in Giappone e Sirimava Bandaranaike, prima donna al mondo a diventare primo ministro (nello Sri Lanka nel 1960). Lo sguardo inevitabilmente cade anche su
grandi protagonisti della storia dell’arte nelle citazioni che Andrea Ravo Mattoni fa a Caravaggio, Velasquez e Guido Reni. «Venendo a oggi, Mao Tze Tung porta una mascherina antivirus sulla banconota cinese di Diamond, Winston Smith VIII tratta nei suoi lavori il tema dell’amore come diversità, si leggono su cartamoneta espressioni quali Power, Fake, Lust, Trust, “lettere che
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Dall’alto in basso: Dina Saadi Siria, The Orion Usa
formano parole che compongono i disegni” di Daniele Tozzi, bellissimi gli stencil di Chekos i laser luminosi che partono dagli occhi nei lavori di Uno, i colori vivaci nelle banconote di Stella Tasca, il simpatico scimpanzé giramondo di About Ponny e i veri e propri piccoli murales di Paola Beck. Per concludere sulla cartamoneta, segnalo la banconota siriana con cui Dina Saadi andava a fare la spesa da bambina e i lavori di
Marco Rea che annulla lasciando un valore pari a zero sulle sue banconote, ivi compresi i Reais brasiliani che diventano suoi “Rea”.» conclude il curatore. Non solo banconote. Nel progetto espositivo grande impatto hanno le mappe: L’Antartico di Amalia Caratozzolo con le mani in cerca di aiuto per risolvere il problema del cambiamento climatico; l’Europa di Demetrio Di Grado, in cui un bambino cancella
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lentamente la Gran Bretagna mentre Lucamaleonte dipinge l’Africa come un fiore. Infine la mappa dell’America del Nord di Solo e lo slancio da supereroe di Papa Francesco che domina su quella dell’America del Sud di Maupal. Il mappamondo vintage di cuoio trasformato in opera d’arte grazie agli interventi geometrici, quasi optical, di
Emmeu chiude il cerchio di questa originalissima mostra. Fino al 14 novembre 2020 Orari: dal martedì al sabato 11.00 19.30 | domenica su appuntamento Rosso20sette arte contemporanea Via del Sudario 39 - Roma info@rosso27.com tel.06 64761113 www.rosso27.com
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i concerti del sabato sera al museo del sassofono
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Da ottobre a novembre appuntamento con i protagonisti della cultura saxy
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Continua anche nella stagione più fredda la programmazione a cadenza settimanale di eventi dal vivo al Museo del Saxofono. Già pronto il calendario di ottobre e novembre che vedrà i sabato sera animarsi di concerti dal vivo interpretati da alcuni dei più interessanti protagonisti della cultura "saxy". Si inizia il 3 ottobre con l'esibizione del duo formato da Rosario Giuliani e Francesco Nastro. Sabato 10 sarà la volta di "Two girls from Ipanema", live dedicato all’anima del Brasile con il duo femminile Cristiana Polegri (saxofoni e voce) e Gio’ Marinuzzi (voce e chitarra). Il 17 ottobre il saxofono più grande del mondo (3 metri di altezza!) tornerà al Museo protagonista della serata: "The giant is back!" vedrà a questo ed altri particolarissimi sax suonati dallo stesso Attilio Berni accompagnato da Alessandro Crispolti, (pianoforte), Christian Antinozzi (contrabbasso) e Alfredo Romeo (batteria). Sabato 24 sarà ancora il Brasile a catturare l'attenzione con il Djazzvan Trio formato da Marco Ricciardi (chitarra), Alberto D’Alfonso (flauto e saxofono) e Dario Piccioni (contrabbasso) che interpreteranno il sapore del Brasile d’oggi. Domenica 25 alle ore 18.00 sarà di scena "Il grande gioco della musica" con il giovanissimo Duo Camilletti formato dal quindicenne Yumi Camilletti (flauto traverso) e dall'undicenne Kiro Camilletti (pianoforte). A chiudere il mese, in occasione di Halloween, il gruppo composto da
Antonella Aprea (voce), Alberto Botta (batteria), Carlo Ficini (trombone), Attilio di Giovanni (pianoforte), Giulio Scarpato (contrabasso) e Giuseppe Ricciardo (saxofono) proporrà lo show musicale "Dolcetto o sestetto?"Novembre si aprirà con "A tutto saaaax", concerto dedicato alle musiche dei cartoons e dei film per ragazzi e gli strumenti musicali più strani e curiosi (1 novembre), con Attilio Berni (saxofoni e clarinetti) e Danilo Pierini (pianoforte). Il 7 novembre, in occasione dell'Adolphe Sax Day, Michael Rosen (sax tenore/soprano) e Ettore Carucci (pianforte) daranno vita a "Le due anime del Sax", mentre sabato 14 novembre il Marilena Paradisi trio si esibirà in "Estemporanea-Mente". Il 21 sarà la volta del quartetto di Enrico Gherlardi con "Shanti Project", sabato 28, invece, chiuderà la programmazione autunnale la "Rapsodia in Gershwin... frammenti di blu", un progetto di Gisa Ottaviani (voce), Cristina Aubry (attrice) e Riccardo Biseo (pianoforte). Prevendita sul sito liveticket o chiamando i numeri 06.61697862 – 347.5374953.
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1.I partecipanti dovranno inviare una prova di narrativa, racconto o novella, con il mare protagonista “in una stanza”. Il limite massimo di scrittura è di quattro cartelle, spazio due (2), con rigo di cinquanta battute, tipo di carattere Times New Roman, dimensione 12, entro e non oltre la data del 31 gennaio 2021. Non è consentito l’invio del cartaceo, con qualsiasi mezzo. 2.Alla domanda di partecipazione, ogni concorrente allegherà una scheda, max 10 righe, con le note biografiche. 3.Il lavoro deve risultare inedito e mai premiato (e tale deve restare fino alla prima presentazione pubblica). 4.Possono partecipare al Concorso Nazionale di narrativa “Il mare in una stanza” i cittadini italiani, civili e militari, che abbiano compiuto la maggiore età alla data della pubblicazione del presente bando. 5.Tutti i racconti in concorso dovranno pervenire entro la data stabilita tramite una mail che sarà di seguito indicata. 6.I racconti selezionati saranno pubblicati su apposita pubblicazione. 7.La partecipazione al Concorso non prevede quota di iscrizione. Sarà cura di ogni concorrente, provvedere all’acquisto di un minimo di 3 (tre) copie, senza obbligo di collaborazione futura.
8.I premi consistono in: coppe, targhe e pergamene, oltre alla pubblicazione come già indicato. Sono previsti premi speciali e segnalazioni. 9.Il giorno e il luogo della presentazione ufficiale dei vincitori sarà tempestivamente comunicato tramite mail a ciascun concorrente. 10. La giuria sarà formata da appartenenti al mondo della cultura, del giornalismo, dell’ANMI, della Lega Navale, della Scuola Navale Militare "F. Morosini” e dell’Associazione Nazionale Scuola Navale Militare “F. Morosini”. I loro nomi saranno resi pubblici durante la cerimonia di premiazione. Il giudizio della giuria è insindacabile. 11. La partecipazione al concorso comporta la piena accettazione del presente Regolamento; l’inosservanza di una qualsiasi norma qui espressamente indicata, comporta l’esclusione dalla graduatoria. La premiazione si terrà nel mese di giugno 2021 in una location istituzionale di prestigio che verrà comunicata in occasione della conferenza di presentazione della manifestazione. Info e contatti: Segreteria organizzativa Associazione culturale ICARUS e-mail ilmareinunastanza@ilraggioverdesrl.it
mobile. +39.3495791200
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I LUOGhI nELLA RETE | IL COnCORSO
Causa Covid, il ConCorso si terrà nel 2021. Prorogati i temini di sCadenza al 31/01/2021
bastoni e carote Stefano Quarta
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Se si crea il giusto incentivo, sarà interesse del cittadino rispettare la legge
i Luoghi della parola
N
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el 1970 George Akerlof, un economista statunitense, pubblicò un articolo sul Mercato dei limoni. Gli americani usano il termine “limone” per indicare una fregatura, equivalente al nostro “bidone”. I limoni in questione erano le auto usate, impiegate come esempio per descrivere una serie di condizioni e comportamenti che interessano ogni giorno tutti noi. Nel suo articolo, Akerlof presentava un mercato con auto usate di alta e di bassa qualità (pensate alla condizione del motore o di tutte quelle componenti non visibili). Tuttavia, la qualità è nota solo al venditore e mai al compratore, il quale però conosce la probabilità di incontrare ciascun livello di qualità. In pratica, dovendo acquistare un’auto, sappiamo che 25 auto su 100 sono di bassa qualità (perché magari abbiamo sentito una statistica al telegiornale), ma non sappiamo la qualità della specifica auto che stiamo acquistando. Date le premesse, l’unica azione possibile è quella di essere disposti a pagare un prezzo che sia una via di mezzo (ad esempio 4.000 euro) tra il prezzo che pagheremmo se avessimo la
certezza che l’auto in questione fosse di alta qualità (ad esempio 5.000 euro) e il prezzo che pagheremmo per un’auto di bassa qualità (ad esempio 2.000 euro). Tuttavia, mentre un venditore di auto di bassa qualità sarebbe ben contento di vendere la propria auto a 2.000 euro sopra il suo valore, nessuno accetterebbe di vendere un’auto di alta qualità 1.000 euro sotto il valore equo. Il risultato è che nessuno metterà più in vendita un’auto di alta qualità e che sul mercato rimarranno solo auto di bassa qualità. Questo meccanismo si chiama selezione avversa, perché seleziona, appunto, in modo avverso rispetto a quanto sarebbe auspicabile. Si elimina il buono e resta il cattivo. Il motivo per cui ciò accade è l’asimmetria informativa che esiste tra gli attori in gioco, che nell’esempio delle auto sono venditori e acquirenti. I primi hanno più informazioni dei secondi e questa asimmetria provoca il cosiddetto fallimento del mercato, cioè il mercato non può esistere perché non vi sono le condizioni affinché perduri nel lungo periodo. Akerlof (insieme a Spence e Stiglitz) vinse il
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premio Nobel per l’economia nel 2001 per questa teoria. Oltre al mercato delle auto usate, possiamo ritrovare un’asimmetria informativa in tantissime situazioni diverse. Avendo una casa da affittare, non conosciamo il modo in cui gli inquilini avranno cura della stessa. Una banca non sa se il soggetto che le sta chiedendo un mutuo ha la reale intenzione di ripagarlo. Tra i candidati per un posto di lavoro, il selezionatore non può leggere sulla fronte l’effettiva preparazione e bravura di ognuno. Infine, rivolgendoci ad un professionista, come un medico o un broker, dobbiamo fidarci della loro parola, perché non siamo in grado di capire (in quanto non competenti in materia) se il loro sia un tentativo di raggiro o se stiano nascondendo errori commessi in passato. Questi ed innumerevoli altre situazioni originano da un’asimmetria informativa. Ogni qual volta una delle due parti ha un deficit informativo, ci troviamo di fronte ad un possibile fallimento del mercato. Per evitarlo, la teoria economica ha trovato dei modi per spingere i soggetti a rivelare la loro natura.
Ad esempio, introducendo la garanzia sui veicoli, solo i venditori di auto di alta qualità saranno ragionevolmente sicuri di poterla concedere. Oppure, una caparra sull’affitto può essere un deterrente all’incuria. L’ipoteca su un immobile è garanzia, per la banca, di recupero del prestito effettuato. Il titolo di studio, con relativa votazione, è un indicatore approssimativo dell’impegno che un determinato soggetto tende a mettere in ciò che fa. La trasparenza procedurale, la facile reperibilità di informazioni su internet e soprattutto il controllo di enti e organismi statali permette (quantomeno) di limitare le asimmetrie informative nei confronti dei professionisti. In generale, la teoria economica ci spiega che vi sono due modi per evitare gli effetti negativi delle asimmetrie informative: il controllo o gli incentivi. Il primo metodo è il più intuitivo e semplice. Se si vuole che i cittadini limitino l’uso del contante, è sufficiente porre un tetto massimo. Cioè si impone un divieto. Ma un divieto richiede qualcuno che controlli il rispetto della legge (Guardia di Finan-
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e quindi l’evasione fiscale diventa più difficile. Ma non solo. Esiste un “settore” in cui si possono usare solo contanti: la criminalità. Vi immaginate il pagamento di una tangente mediante carta di credito?! Inoltre, vi sono situazioni in cui non è proprio possibile imporre un certo comportamento. Ad esempio, non si può obbligare un’azienda ad investire nel meridione, o ad assumere più donne. Ma è possibile creare degli incentivi. In questo caso, a dire il vero, sono anni che si persegue questa via ma, come detto in precedenza, l’incentivo lavora da solo ma è difficile trovare quello giusto. Ed infatti, gli incentivi per l’occupazione sono spesso risultati
i Luoghi della parola
za), con indagini, burocrazia ed un’eventuale sanzione. Quindi, se da un lato è semplice concepire la legge, successivamente è dispendioso farla rispettare. Al contrario, se si crea il giusto incentivo, sarà interesse del cittadino rispettare la legge, perché in tal modo ne riceverà un beneficio. Ad esempio, la legge non è ancora definitiva, ma dal 1° dicembre dovrebbe entrare in vigore un meccanismo di cashback, cioè di restituzione del 10% della spesa fatta mediante carte. In questo modo, non si sanziona chi usa il contante, ma si premia chi non lo usa. Ovviamente, una minore circolazione del contante rende le transazioni economiche tracciabili, così come i redditi
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fini a se stessi e di breve periodo. Altre volte sarebbero stati efficaci se ci fosse stato un ambiente economico-tecnologico adeguato. Il recente sgravio contributivo del 30% per le assunzioni al Sud sono un buon incentivo, ma le imprese spesso preferiscono stabilirsi vicino a vie di comunicazione efficienti, in luoghi con connessione internet ottima o con un network di fornitori e clienti ben consolidato, piuttosto che risparmiare qualcosa sul costo dei dipendenti. Pertanto, sarà fondamentale affiancare alla misura una visione d’insieme che punti alla creazione di un ambiente favorevole per le imprese, altrimenti sarà ancora una volta un misero regalino.
lù mière calici di cinema omaGGio a franco franchi
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Al MUST di Lecce domenica 11 ottobre il gala alla presenza di Massimo Benenato
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LECCE. Sarà dedicato a Franco Franchi la sesta edizione di Lù Mière Calicidicinema Gala fiore all’occhiello della rassegna cinematografica itinerante Lù Mière Calicidicinema. Deus ex machina è la guida turistica Antonio Manzo che ha avuto l’intuizione sette anni or sono di abbinare la visione di pellicole cult al gusto unico del vino locale. Così dopo aver avuto ospiti noti artisti tra cui Luca Verdone, fratello di Carlo, regista e sceneggiatore di numerose commedie italiane, Stella Gasparri, attrice e doppiatrice, figlia dell’indimenticabile Franco Gasparri, e gli attori Gastone Moschin, Marina Suma, Florinda Bolkan, Paolo Villaggio e Luciano Salce, la sesta edizione sarà dedicata alla figura di Franco Franchi, indimenticabile maschera del cinema italiano. Nato a Palermo il 18 settembre 1928 Franco Franchi, all'anagrafe Francesco Benenato, è stato un attore, comico e cantante e in coppia con Ciccio Ingrassia è stato protagonista di oltre
un centinaio di film che hanno scritto la storia della della cinematografia italiana. «Durante la serata, che si svolgerà presso il prestigioso Must- Museo Storico di Lecce anticipa lo stesso Antonio Manzo - verrà proiettata la videointervista a Massimo Benenato, figlio dell’attore siciliano, a cui verrà consegnato il premio Lù Mière come tributo all’indimenticabile padre.» L’evento di premiazione, condotto dalla giornalista Giovanna Ciracì, vedrà la partecipazione di Laura Pavoni, Yvonne Mazzotta, Chiara Barbaro, Giusy Zangari, Francesca Schirinzi, Martino Pezzolla, Matteo Maria Pezzolla e Francesca Schirinzi. «Un gala che si preannuncia ricco di sorprese e di emozioni e come di consueto si potrà assistere subito dopo alla visione del film "Kaos" dei fratelli Taviani(1984). La pellicola, con le splendide musiche di Nicola Piovani, prende il nome dalla città natale di Pirandello: la storia è infatti tratta “Novelle per un anno” dello scrittore
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siciliano, a cui si aggiunge un quinto racconto immaginato dai registi, ma ispirato dalle novelle “Una giornata” (Colloquio con la madre), e “Colloquii coi personaggi” (seconda parte). «Il film, pluripremiato con il David di Donatello, il Nastro d’Argento e Globo d’oro, con la collaborazione di Tonino Guerra alla sceneggiatura, è strutturato a episodi, legati dal filo narrativo del volo di un corvo che si libra nell’aria testimone degli eventi per cedere il passo solo nell’epilogo alla voce narrante dello stesso Luigi Pirandello, interpretato da Omero Antonutti. Lo abbiamo scelto perché l’episodio "La giara" vede come protagonisti Franco e Ciccio, nel loro ultimo film in coppia. Il gala inoltre sarà l’occasione propizia per presentare ufficialmente la ricca e variegata programmazione della rassegna 2020-2021 di Lù MIèRE calicidicinema.» A causa delle misure di contenimento della pandemia da Coronavirus Covid 19 l’ingresso sarà libero ma limitato a massimo 30 partecipanti dietro prenotazione telefonando allo 320 2185491.
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odissea, nuovo videoclip per la bandadriatica
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Il brano, title track dell'ultimo progetto discografico dell'ensemble guidato da Claudio Prima, ospita il cantante Antonio Castrignanò e il violoncellista Redi Hasa L’uscita del loro nuovo album è prevista per il 2021 ma Bandadriatica continua a solcare i mari musicali. Disponibili su youtube e sui social il videoclip di Odissea, title track dell'ultimo album dell'ensemble salentino guidato dall'organettista, compositore, autore e cantante Claudio Prima. Prodotto nel 2018 da Finisterre con il sostegno di Puglia Sounds Record, Odis-
sea ha avuto un ottimo riscontro dalla critica internazionale ed è entrato nelle maggiori classifiche internazionali di world music, il brano ospita il cantante Antonio Castrignanò e il violoncellista Redi Hasa che insieme alla banda raccontano dell'odissea di un migrante. Nel testo, infatti, la figura di Ulisse si trasforma poeticamente in un Nessuno del nostro tempo, esaltando l'indifferenza che
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spesso il mondo riserva alle vicende dei popoli immigrati. Nel video - nato da un'idea dello stesso Claudio Prima e del brasiliano Marcelo Bulgarelli (regista ed esperto di biomeccanica teatrale, autore delle coreografie del nuovo live della banda) - il protagonista Hassane Niang si muove in un mondo deserto (le immagini sono state girate a gennaio), negli spazi vuoti che durante il lockdown hanno ridisegnato le nostre città. La BandAdriatica per la prima volta affronta in modo diretto il tema dell'immigrazione, tema che ha da sempre fatto da sfondo alle musiche migranti e di confine, alle musiche migranti che caratterizzano la band composta da Claudio Prima (organetto e voce), Emanuele Coluccia (sax), Andrea Perrone (tromba), Vincenzo Grasso (clarinetto e sax tenore), Gaetano Carrozzo (trombone), Morris Pellizzari (chitarre, saz e kamalè ngonì), Giuseppe Spedicato (basso), Ovidio Venturoso (batteria).
brian eno. reflected perugia, Galleria nazionale dell'umbria corso Pietro Vannucci, 19) 4 settembre 2020 – 10 gennaio 2021 Orari:Lunedì e martedì chiuso Mercoledì, giovedì e venerdì 14.0019.30 (la biglietteria chiude un'ora prima) Sabato e domenica 8.30-19.30 (la biglietteria chiude un'ora prima) liGabue e vitaloni. dare voce alla natura Parma, Palazzo Tarasconi (strada Farini 37) 17 settembre 2020 – 30 maggio 2021 Orari: martedì-domenica, 10.0019.30. La biglietteria chiude un’ora prima. Lunedì aperta solo su prenotazione per i gruppi. Informazioni: tel. 0521.242703; info@fondazionearchivioligabue.it inGe morath. la vita. la fotografia Milano, Museo Diocesano ‘Carlo Maria Martini’ piazza Sant’Eustorgio 3 fino al 1° novembre 2020 Orari e biglietti: Museo Diocesano + mostre (ingresso da piazza Sant’Eustorgio): martedì-domenica, 10.00-18.00 La biglietteria chiude alle 17.30 intero: €8,00; ridotto: €6,00 Informazioni: tel. 02.89420019
“prevenire è meglio che curare”. bernardino ramazzini (16331714). primo medico del lavoro Carpi (MO), Musei di Palazzo dei Pio (piazza dei Martiri, 68) 18 settembre 2020 – 6 gennaio 2021 Orari: venerdì, sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 13 e dalle 15.00 alle 19.00. Chiuso il lunedì; da martedì a giovedì su prenotazione Ingresso gratuito (fino alla fine di ottobre 2020) Info: tel 059/649955 - 360 GauGuin matisse chaGall. la passione nell’arte francese dai musei vaticani Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (p.zza Sant’Eustorgio, 3) fino al– 4 ottobre 2020 Orari e biglietti: Museo Diocesano + mostra (ingresso da piazza Sant’Eustorgio): martedì-domenica, 10.00-18.00 La biglietteria chiude alle 17.30 intero: €8,00; ridotto: €6,00 Solo mostra (ingresso da corso di Porta Ticinese 95): tutti i giorni, 18.00-22.00 mostra+prima consumazione Chiostro Bistrot: €10,00 sebastian behmann | olafur eliasson the design of collaboration STUDIO OThER SPACES, BERLIn Inaugurazione: Venerdì, 18 settembre 2020 19 settembre 2020 – 17 gennaio 2021 Kunst Meran Merano Arte Laubengasse 163, Merano circuito del contemporaneo in puglia inhuman a cura di Giusy caroppo, con le opere di Kendell Geers, oleG KuliK, andres serrano. Barletta, Castello fino al 18 Ottobre 2020
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fernando de filippi. arte museo castromediano lecce, viale Gallipoli 4 settembre – 2 ottobre 2020 Inaugurazione della mostra 4 settembre, ore 19.30 Gianni berenGo Gardin vera fotoGrafia reportage, immagini, incontri Castello Aragonese di Otranto fino al 20 novembre 2020 Orario: tutti i giorni dalle 10 alle 23 Intero 9 Euro; Ridotto 7 Euro: per gruppi di almeno 12 visitatori.Ridotto speciale 6 Euro: per minori di 18 anni, possessori della Otranto Card e residenti nel Comune di Otranto Gratuito per minori di 18 anni in visita con i genitori, per i minori di 6 anni, disabili con accompagnatore Info: 0836 210094 manolo valdÉs. le forme del tempo 17 ottobre 2020 - 10 gennaio 2021 Museo di Palazzo Cipolla Roma, Via del Corso, 320. Orario: lunedì chiuso. dal martedì alla domenica ore 10.00 > 20.00 (Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura, ore 19.00) l'impronta del reale. William henry fox talbot. alle origini della fotografia Modena, Galleria Estense Largo Porta Sant’Agostino, 337 fino al 10 gennaio 2021 “capa in color”: gli scatti a colori di robert capa La mostra, curata dal Centro Internazionale di Fotografia di new York (ICP), Torino, Musei Reali Sale Chiablese, fino al 31 gennaio 2021 prima, donna. margaret bourke White Palazzo Reale, Milano fino al 14 febbraio 2021
ITInER_ARTE...DOVE E QUAnDO...
l’invenzione della felicitÀ 120 fotoGrafie, con 55 inediti, di Jacques henri lartiGue CASA DEI TRE OCI fino al 10 gennaio 2021 Fondamenta delle Zitelle, 43, Giudecca, Venezia Orari: venerdì-domenica, 11-19 Info tel. +39 041 24 12 332; booktreoci@gmail.com; www.treoci.org #treoci #lartiguetreoci #linvenzionedellafelicità Prenotazioni (obbligatorie per i gruppi) Ticket One. Call center: 199 757519
I LUOGhI DELLA PAROLA
soGGettivitÀ e identitÀ di Genere Giovanni Bruno
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Le riflessioni dello psicologo psicoterapeuta
Forse è più facile vedere le somiglianze che le differenze . Le dimensioni della contemporaneità ci offrono strumenti non convenzionali che ci soccorrono nella lettura di fatti altrimenti non illuminati dalla luce dell’ attenzione e del coinvolgimento. Graphic novel e fiction, soprattutto televisiva, offrono inaspettatamente spunti e chiavi di comprensione della nostra Storia contemporanea che ci portano a scoperte non comuni. Il romanzo a fumetti o romanzo grafico è la narrazione di storie con illustrazioni di grandi disegnatori. Un genere che ha il merito di aver innovato il linguaggio fumettistico, dove il racconto è sempre più spesso legato alla cronaca, alla storiografia, all’attualità. Analogamente al graphic novel la fiction non è più solo una forma di intrattenimento ma una vera forma d’arte. Le grandi emittenti televisive americane come HBO, ABC, FOX e altre hanno prodotto serie televisive ormai distribuite in tutto il mondo. Si ricordi Babylon Berlin prodotta dai tedeschi che rievoca la Berlino dei ruggenti anni ’20, recentemente comprata dalla RAI. La qualità delle produzioni è altissi-
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ma e spesso impegnano cast di prim’ordine. Queste due forme espressive hanno il merito di aver imposto una riscrittura di episodi, contesti e ambientazioni rileggendoli con uno sguardo nuovo del tutto originale. Non si può dunque rimanere indifferenti rispetto al recupero di storie che appartengono al secolo scorso e che hanno segnato la vita di tante persone. L’operazione portata a termine da Sara Colaone e Luca de Santis ha avuto il merito di ripescare un momento preciso dell’epoca fascista. Il romanzo per immagini, In Italia sono tutti maschi, dei due giovani autori individua un anno in particolare: il 1938, l’Italia fascista promulga le leggi razziali. Ma oltre all’abominio della persecuzione degli ebrei si fa strada un provvedimento di Questura, non collegato alla violazione di una legge particolare, che individua i maschi omosessuali italiani come soggetti da sradicare dai loro contesti familiari e sociali. Accade così che circa 300 omossessuali vengano confinati sulle isole Tremiti. Le famiglie d’origine non conoscono il destino dei loro cari, non ci sono notizie precise , tutto viene liquidato come una semplice
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operazione di polizia La logica è quella di Mussolini e della cultura fascista che stabilisce per decreto che i maschi italiani sono tutti eterosessuali attivi, pronti a procreare e saldamente virili . Il graphic novel ricostruisce nei particolari questa vicenda con una precisione e un rigore storico di straordinaria efficacia. Dal ventennio fascista un salto nel tempo: i giorni nostri , il nostro tempo, sul tema della identità di genere tante ambivalenze, tante contraddizioni , tanta cronaca che ci riporta indietro di anni. E tuttavia una sentenza della Corte di Cassazione Civile rimette ordine e qualità di ciò che è giusto in un tema così complesso e delicato. L’identità di genere è definita dalla Corte come la costruzione socio-culturale della differenza sessuale . Il genere dunque definito come un costrutto culturale che non viene dato una volta per tutte, marchiato all’origine, ma piuttosto sempre rinegoziabile, ricodificabile fino al punto da poter cambiare l’ identità di genere anagrafica senza ricorrere all’intervento chirurgico. Una sentenza di grande civiltà che vogliamo definire umanizzante e che si raccorda in pieno con gli stati interni di una persona e con l’armonia dei corpi. D’altra parte i grande filosofo Michel Foucault così si esprime in una sua opera:
“dobbiamo capire che con i nostri desideri, attraverso i nostri desideri ,si creano nuove forme di relazione ,nuove forme d’amore, nuove forme di creazione. Il sesso non è una fatalità, è possibilità di vita creativa”. Tuttavia bisogna riflettere che un certo virilismo culturale è una idea tossica ancora molto presente nella nostra società, a tratti sembra scomparire ma carsicamente riappare in forme anche molto violente. è di questi giorni l’aggressione omofoba subita da due giovani che, in una piazza della civilissima Padova, sono stati vittime di dileggio e di rabbiose percosse da parte di un gruppo di coetanei. Meditiamo dunque sul fatto che schemi e modelli convenzionali ai quali le persone sono legate sono così radicati che una loro perdita è vissuta come una liquefazione della propria identità. Dobbiamo lavorare per riconfigurare nelle scuole e nella società civile una forma di convivenza nuova che nulla toglie alla morale e alla religiosità di ciascuno ma restituisce dignità ,civiltà e diritti a minoranze che non sono minoranza. Il senso del nostro tempo deve essere un percorso che ci conduca a uno statuto di uguaglianza dove le identità ,tutte, sono riconosciute e accolte.
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la luna sulla maGliana Giovani reGisti crescono
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Dal 15 al 20 ottobre il docufilm sarà proiettato all’interno dell’Aperossa UnArchive durante il Festival di Roma ROMA. Sarà proiettata dal vivo, durante la Festa del Cinema di Roma, all'interno di "Aperossa UnArchive", in programma dal 15 al 20 ottobre negli spazi all'aperto della Centrale Montemartini o, in caso di pioggia), al Teatro Garbatella. Stiamo parlando de “La luna sulla Magliana” il docufilm, frutto di una regia collettiva realizzata in soli 5 mesi prima e durante la pandemia nel quartiere Magliana a Roma all’interno del progetto “Apebook. Libri media e cinema in periferia” che ha conquistato il Premio come Miglior Short (sezione "Young Talents for Cinema) all'interno del'i-Fest International Film Festival. La Giuria Tecnica Internazionale, presieduta da Giancarlo Zappoli direttore responsabile di MYmovies.it, nel corso dell'ultima serata al Castello Aragonese di Castrovillari (CS) ha decretato questo riconoscimento - oltre ad annunciare gli altri vincitori
del Contest "Orizzonti". Un’oper che ha piacevolmente colpito per l'originalità del progetto e del lavoro, realizzato in un contesto e clima non facile. A breve l'opera sarà messa in onda sulla piattaforma di Rai Cinema Channel, partner del festival. La Luna sulla Magliana, scritto diretto e interpretato a più mani da Serena Ruggiero, Ilham Bazak, Francesca Luciani, Sara Piancastelli, Flavio Civili, Chiara Manalo, Cristina Manzone, Sara Cacciapuoti, Silvia Scipioni e Haiam Talaat, è una co-produzione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e deriva film Si tratta di un documentario che sperimenta un doppio stile alternando l’uso di mezzi tecnici professionali e di smartphone, consentendo ai protagonisti che si auto-narrano di annullare il filtro tra sé e gli altri. Serena ha 14 anni, una passione per la luna e l’idea
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un frame del docufilm
di fare la regista da grande. Per realizzare il suo sogno vuole iscriversi al cinetv Rossellini mentre i genitori e alcuni insegnanti la vorrebbero al liceo classico. Per mettersi alla prova Serena frequenta un corso di cinema nel quartiere Magliana con alcuni compagni di classe e con la loro professoressa di Italiano e Storia. Durante il corso i ragazzi si intervistano, intervistano donne straniere e intervistano la professoressa scoprendo mondi e storie inaspettate. Come quella di Ilham, giovane donna marocchina che vive in un edificio occupato alla Magliana con suo marito Abdul e suo figlio di 15 mesi Adam mentre l’altro figlio di 7 anni vive in Marocco con la nonna. Francesca Luciani, Chiara Manalo, Sara Piancastelli, Flavio Civili sono studenti del-
l’ICS Sandro Onofri, nel plesso Quartararo del quartiere Magliana di Roma e Cristina Manzone la loro docente di Italiano e Storia, appassionata di teatro. Sara Cacciapuoti è psicologa, educatrice, insegnante volontaria di italiano per stranieri. Silvia Scipioni è studentessa del DAMS. Haiam Talaat è laureata in Letteratura Inglese all’Università de Il Cairo, ha due figlie, vive in Italia e fa la casalinga. Ilham Bazak è emigrata dal Marocco sette anni fa, passando per la Grecia, dove ha lavorato come fornaia e dove ha conosciuto suo marito Abdul. Dopo la nascita del primo figlio Sifdin è tornata in Marocco, per poi passare in Spagna lavorando alla raccolta delle fragole e giungere infine in Italia. In Italia è nato 16 mesi fa suo figlio Adam.
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chiesa conventuale di Santa Maria della Neve a Laurenzana (foto di Domenico Iula, inviata da Andrea Lettini)
basilicata: l’isola dei tesori laurenzana, rivello e laGoneGro Marco Tedesco *
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Storie l’uomo e il territorio
Alla riscoperta della terra lucana tra storia, cultura e arte
L
a Basilicata è una regione ricca di storia, di cultura e di arte. Il suo patrimonio storico, archeologico ed artistico scrive da solo una importante pagina della storia artistica italiana. Nella sola provincia di Potenza, spiccano tre piccoli borghi che da soli raccontano capitoli interi di storia pittorica italiana sconosciuta ai più, che portano la firma di importantissimi maestri del Cinquecento e del Seicento lucano, che rispondono ai nomi di Giovanni Todisco, attivo nel corso del XVI secolo in Basilicata ed in particolar modo a Laurenzana e a Rivello e il Seicentesco Francesco Gaetano, documentato a Lagonegro nel 1666 al servizio di mons. Francesco Falabella, arci-
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vescovo di Santa Severina, nella chiesa lagonegrese di Sant’Anna. Il viaggio nel tempo che si propone in questo articolo vuole partire dalla Laurenzana del XVI secolo, entrando nei meandri del convento francescano dedicato a Santa Maria ad Nives edificato alla fine del secolo precedente dai frati minori osservanti. In questo luogo, agiva nel corso del Cinquecento il pittore Giovanni Todisco di Abriola, straordinario pittore che lasciò una significativa impronta nella storia artistica lucana e che agì in un contesto storico artistico caratterizzato dalla presenza in Basilicata di Giovanni Luce da Eboli, Simone da Firenze e Nicola da Nova Siri, attivi nell’attuale provin-
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Storie l’uomo e il territorio
Giovanni todisco, Natività, Viaggio dei Magi, Laurenzana, corridoretto del convento di Santa Maria ad Nives (foto di Domenico Iula, inviata da Andrea Lettini)
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cia di Potenza, ai quali Todisco guarda nella sua produzione artistica. Nel convento francescano di Santa Maria ad Nives di Laurenzana, Todisco ha lasciato una forte impronta della sua maestria, affrescando una maestosa Natività, affiancata dai correlati episodi evangelici dell’Annuncio ai pastori e il viaggio degli stessi e dei Magi verso la stalla in cui la Sacra Famiglia si trova, alla quale o pastori accedono attraversando un’apertura a tutto sesto. Il Bambino non giace in una mangiatoia come indicano i Vangeli ma su un tronco d’albero tagliato e modellato come una culla. è una raffigurazione allegorica dell’albero della vita, che nella tradizione cristiana simboleggia la croce di Cristo ed è quindi da leggere qui la presenza dell’albero tagliato come una prefigurazione della passione di Cristo e ci riporta il prefazio che ancora oggi si legge nella liturgia dell’Esaltazione della Santa Croce “Nell'albero della Croce Tu hai stabilito la salvezza dell'uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita”. A destra dell’osservatore, il corteo dei Magi si snoda per giungere al cospetto del Cristo appena nato, con al seguito paggi e membri di corte, cosi come in uso nell’iconografia del viaggio e dell’Adorazione dei Magi nel corso dei secoli a partire
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dagli inizi del Quattrocento in poi. Questo aspetto indica una raffigurazione allegorica del potere politico che giunge a prostrarsi al potere divino. I Magi, un giovane, un moro adulto e un anziano, oltre a rappresentare allegoricamente i tre continenti all’epoca conosciuti: Europa, Africa e Asia, sono anche una raffigurazione delle tre età dell’uomo, ossia la giovinezza, l’età adulta e la vecchiaia. Di fianco all’episodio del viaggio dei Magi, abbiamo due personaggi corrispondenti probabilmente ad Isacco qui raffigurato invecchiato e ad Abramo, il quale con un braccio avvolge un ramo dill’albero della vita che si dirige verso Isacco e poggia il gomito su di un libro aperto nelle cui pagine è riportata una iscrizione corrispondente al primo capitolo del Vangelo di Matteo in cui si parla della genealogia di Gesù: LIBER G(ENERATIO)NIS IESUXPI (IESU CHRISTI) FILII DAVID FILII ABRAA(M). ABRAA(M) GENVIT ISAAC (GENEALOGIA DI GESU’ CRISTO FIGLIO DI DAVIDE FIGLIO DI ABRAMO. ABRAMO GENERO’ ISACCO). A sinistra dell’osservatore, la scena della Natività è affiancata dall’Annuncio ai pastori, in cui il pittore ci mostra uno spazio all’aperto caratterizzato da un ampio spazio in cui un gregge di pecore pascola liberamente mentre
Storie l’uomo e il territorio
Giovanni Todisco, Natività con i Ss. Francesco d'Assisi ed Antonio da Padova, Laurenzana, corrituretto del convento di Santa Maria ad Nives (foto inviata da Andrea Lettini)
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in lontananza un lupo afferra un agnello, rappresentazione simbolica dello smarrimento delle anime nelle tenebre. In primo piano un pastore è seduto con lo sguardo rivolto verso l’angelo che annuncia la venuta del Redentore e un altro pastore si reca verso il luogo in cui si trova la Sacra Famiglia, suonando una zampogna, tipico strumento musicale legato al mondo agropastorale dell’Italia meridionale, collegato alla festività del Natale, occasione nella quale si può ancora ascoltare in alcuni paesi del mezzogiorno d’Italia in occasione di rituali come la novena natalizia, pratica che ancora oggi è possibile ammirare in alcune zone dell’Italia meridionale sia nelle chiese che nelle case. Questo aspetto ci fa capire che in Basilicata, cosi
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Storie l’uomo e il territorio
Giovanni Todisco, Annuncio ai pastori e suonatore di zampogna, XVI sec. Laurenzana, corrituretto del convento di Santa Maria ad Nives (foto di Domenico Iula, inviata da Andrea Lettini)
Giovanni Todisco, Ultima Cena, XVI sec., Rivello, refettorio del convento di Sant'Antonio (foto tratta da scrittisullarteebeniculturali.wordpress.com)
come nel resto dell’Italia meridionale, la pro- ta da Paolo VI Regina delle genti lucane e duzione artigianale legata alla realizzazione la Madonna delle Nevi del Monte Sirino, il di questo strumento abbia origini che si per- cui culto è ancora oggi molto sentito nella dono nella notte dei tempi e che nel XVI città di Lagonegro. secolo, tale strumento già aveva iniziato a Nella composizione dell’affresco del conprendere la forma attuale con l’aggiunta di vento francescano di Santa Maria ad Nives un otre in pelle di capra che funge da serba- di Laurenzana, Giovanni Todisco inserisce toio d’aria, la quale fuoriesce attraverso l’a- anche i Santi Francesco d’Assisi e Antonio pertura e l’occlusione dei fori sulle due can- da Padova, evidenziando il legame tra i ne che qui compongono lo strumento. La francescani e il culto della Natività. D’altronfigura dello zampognaro compare anche in de l’intero affresco, si propone come un altre opere del Todisco, come ad esempio vero e proprio omaggio al presepe di Grecl’episodio della natività nel ciclo di affreschi cio, prima rappresentazione ufficiale della con storie di Cristo nella chiesa di Santa Nascita di Cristo voluta proprio da San Maria ad Anzi. Qui lo zampognaro è attor- Francesco d’Assisi nella notte di Natale del niato da pecore al pascolo e guarda in alto 1223. verso gli angeli che danno l’anuncio della L’iconografia proposta da Giovanni Todisco nascita di Cristo. L’inserimento della figura nell’affresco del convento francescano di di un suonatore di zampogna lascia inten- Laurenzana potrebbe richiamare il Lignum dere che Giovanni Todisco era un artista Vitae di San Bonaventura da Bagnoregio capace di raccontare il territorio in cui ha del 1260, presente sicuramente nella bibliovissuto, raccontandone anche le tradizioni teca francescana di Santa Maria ad Nives, il folkloristiche ed etnomusicali che ancora cui testo pone l’accento su temi riguardanti oggi caratterizzano il meridione d’Italia ed in il fervore delle tematiche francescane, allarparticolar modo la Basilicata, in cui il suono gando il punto di vista sui temi sacri evandelle zampogne è possibile ascoltarlo anco- gelici e di conseguenza anche sulla concera oggi anche in occasioni di pellegrinaggio zione della figura di Cristo. Proprio a tal prolegate al culto della Vergine Maria come ad posito, Giovanni Todisco mira ad evidenziaesempio la Madonna di Viggiano, proclama- re in maniera simbolica la coesione della
Ultima Cena. Incisione di Marcantonio Raimondi su soggetto di Raffaello, stampa, 1512, MIlano, civiche raccolte grafiche e fotografiche (foto tratta da www.lombardiabeniculturali.it)
natura umana e della natura divina in Cristo. Concetto che diventerà chiave nella produzione pittorica sacra di Giovanni Todisco e che l’artista ripropose in molte altre sue opere a tema cristologico. Tra di esse spicca l’Ultima Cena del refettorio del convento francescano di Sant’Antonio a Rivello. Todisco ambienta l’episodio evangelico in una stanza sfarzosa, eseguita attraverso un sapiente uso della prospettiva, come giustamente indicato da Anna Nica Fittipaldi nell’articolo da lei pubblicato su https://scrittisullarteebeniculturali.wordpress.com/ dal titolo ULTIMA CENA DEL CONVENTO DI SANT’ANTONIO A RIVELLO commissionato al Todisco da Ettore Pignatelli, il quale figura nell’affresco
con la moglie al di fuori della scena riccamente abbigliati. In questo affresco, Giovanni Todisco volle rappresentare un momento cardine dell’intera vicenda evangelica dell’Ultima Cena ossia l’istituzione dell’eucarestia: Cristo sta dando l’eucarestia a Giuda, il quale a differenza degli altri apostoli è indicato da un preciso simbolo ossia l’aureola nera. Questo aspetto, viene letto come l’indicazione del traditore da parte di Cristo, sottolineato dal sentimento di incredulità che aleggia tra gli altri apostoli alcuni dei quali discutono tra loro increduli su quanto appena rivelato da Cristo.”In verità vi dico, uno di voi mi tradirà”. Il nero, infatti, simboleggia un presagio del male, delle tenebre, un presagio di morte,
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una prefigurazione di ciò che sta per avvenire, ossia il tradimento di Giuda con ricompensa dei trenta denari e l’arresto di Cristo nel Getsemani che da inizio alla vicenda evangelica della sua passione, morte e resurrezione. Ai piedi del Cristo, sotto il tavolo, vi si riconosce inginocchiata la Maddalena riconoscibile dall’ampolla con i suoi unguenti, ed è intenta ad asciugare i piedi di Gesù. La composizione è caratterizzata da un ricco banchetto in cui sono presenti oltre ai canonici simboli dell’ultima cena come l’agnello, il pane ed il vino, anche pietanze tipiche come ad esempio il biscotto dalla classica forma ad otto, i granchi, il coniglio ripieno, le castagne e le fave o ancora
ricorda vagamente le la decorazione effettuata da Raffaello nelle logge vaticane, a sua volta influenzato dai ritrovamenti archeologici della Domus Aurea di Nerone avvenuti nel 1480 e divenuti popolari per tutti i pittori del Cinquecento. Sul dinamismo delle figure che caratterizzano la composizione, non si può non far riferimento ad una celebre e famosa composizione che rivoluzionò l’iconografia dell’ultima cena: quella eseguita da Leonardo da Vinci tra il 1485 e il 1489 nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Tale fu il successo del celebre affre-
sco leonardesco che ben presto per gli anni a seguire venne preso come modello e punto di ispirazione per la rappresentazione iconografica dell’ultima cena, grazie anche alle sue riproduzioni pittoriche e a stampa, le quali si diffusero in tutta la penisola italiana, influenzando tutti i pittori che si avvicinarono al tema iconografico dell’Ultima Cena. Si potrebbe ipotizzare che anche questa innovazione, dunque, abbia influenzato Giovanni Todisco nell’esecuzione dell’affresco di Rivello, in cui ancora l’accostamento tra umanità e divinità si può toccare con mano, osservando allo stes-
Storie l’uomo e il territorio
frutti che hanno un preciso riferimento alla vicenda evangelica della passione, tra cui ad esempio le ciliegie, simbolo della passione di Cristo per il loro colore che evoca il sangue di Cristo versato sulla croce e la melagrana, simbolo della resurrezione. Todisco, inserisce nella raffigurazione anche Sant’Antonio da Padova, ben riconoscibile dal giglio, suo attributo iconografico ed un gatto e un cane posizionati l’uno di fronte all’altro, rispettivamente simboli del bene e del male. Tutta la vicenda, avviene all’interno di un ampia ed elegante sala nobiliare che
Il Cenacolo Vinciano o Ultima Cena di Leonardo da Vinci, Refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie
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Storie l’uomo e il territorio
Francesco Gaetano,Sant’Anna con la Vergine bambina in gloria tra San Gioacchino e San Michele Arcangelo e i quattro San Francesco
so tempo le abitudini alimentari dei banchetti nobiliari dell’epoca caratterizzati anche dalla presenza di prodotti tipici del territorio lucano. La tappa a Rivello di questo nostro viaggio ci ha fatto avvicinare a Lagonegro, una città in cui fede e arte si intersecano creando un binomio inscindibile. Nel contesto storico-artistico lagonegrese, è facile imbattersi in tesori di straordinaria manifattura che spaziano dalla pittura alla scultura. In questi anni, nomi del calibro di Francesco Gaetano seguace di Massimo Stanzione e, secondo Anna Grelle anche di Mattia Preti, dettano legge nel campo della storia dell’arte italiana e lucana in particolare. In quegli anni il contesto storico-artistico italiano aveva cominciato a porre l’attenzione sulla grande rivoluzione pittorica apportata da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, attraverso il suo arrivo a Napoli, città che nel corso degli anni divenne il punto cardine dello studio delle opere attribuite al Merisi da parte di pittori che aderirono alla sua rivoluzione pittorica. Una pittura che mirava a considerare uomini e santi come figure che agiscono sullo stesso piano, che costruisce le figure attraverso giochi di luce mettendo in risalto il loro aspetto veristico, lasciandone intuire la psicologia. Questo aspetto della rivoluzione caravaggesca, verrà colto in pieno da Mattia Preti, il quale ebbe modo di apprendere i principi della pittura del Merisi proprio a Napoli, città in cui ancora oggi si possono ammirare alcuni dei suoi capolavori. Altri artisti invece, scelsero di attenersi a schemi più tradizionali, i quali era-
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Francesco Gaetano, Sant’Arcangelo
no basati sui principi dalla controriforma, o riforma cattolica, della chiesa: Questi principi prevedevano che l'arte deve ritornare a "parlare" agli analfabeti, glorificare Dio e i suoi Santi attraverso la celebrazione di particolari soggetti, quali la Madonna (la cui venerazione è rifiutata dai protestanti). La presenza di Francesco Gaetano è indicata da Anna Grelle Iusco nel 1666 nella chiesa di Sant’Anna a Lagonegro. Della vita di questo pittore non si sa quasi nulla a causa della scarsa presenza di documenti. Qualcosa sappiamo della sua vita grazie al De Dominici il quale riporta un apprendistato di Francesco Gaetano a Napoli presso Massimo Stanzione: “D. Francesco Gaetano fu ancora suo discepolo, e tutto che fusse nato nobilmente, volle nondimeno esercitarsi nella pittura, vi fece non ordinarj progressi, come si può scorgere da due quadri di sua mano, che sono esposti nella chiesa di San Niccolò nella contrada detta Pistaso, con voce greca da pegni, che quivi anticamente si davano per aver danai in prestanza, e non già perché vi abitano coloro, che fan lavori di cartape-
sta, come il volgo crede. In uno de’ due quadri son dipinti S. Anna con la B. Vergine col Bambino, S. Giovachimo, e San Giuseppe; nell’altro la B. Vergine in gloria, e nel basso San Biagio e San Gregorio Taumaturgo, ambidue quadri certamente ragionevoli” Il dipinto che prenderemo in esame è proprio la pala d’altare della chiesa
di Sant’Anna eseguita dal Gaetano, raffigurante Sant’Anna con la Vergine bambina in gloria tra San Gioacchino e San Michele Arcangelo e i quattro S. Francesco Saverio, di Sales, d’Assisi e di Paola, risalente all’anno 1666. Stando ai documenti, la committenza del dipinto potrebbe essere legata al nome di mons. Francesco Fala-
Storie l’uomo e il territorio
Anonimo maestro, San Michele Arcangelo, XIV sec., Lagonegro, grotta sottostante i resti del castello cittadino (foto di Milena Falabella)
bella, arcivescovo di Santa Severina e originario di Lagonegro, il quale fece erigere la chiesa lagonegrese di Sant’Anna in stile barocco, non dorico come erroneamente riportato da molti studiosi, nel 1665. La composizione del dipinto qui preso in esame si divide in due registri. Partendo dal
registro superiore, troviamo al centro Sant’Anna con la Vergine bambina in gloria con sulle loro teste la colomba dello Spirito Santo e ai lati San Gioacchino, suo sposo e San Michele Arcangelo, entrambi seduti su nuvole a forma di trono, sorretto da due putti, il cui schienale è formato da una luce divi-
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Anonimo maestro, Frammenti di statua raffigurante San Michele Arcangelo, incerta datazione, ritrovamento avvenuto nella chiesa del Purgatorio di Lagonegro (foto di Milena Falabella)
na che cade dall’alto insieme con la colomba dello Spirito Santo, posta in corrispondenza della testa della Vergine bambina, prefigurazione delle parole che le rivolgerà in età giovanile l’arcangelo Gabriele nell’episodio dell’Annunciazione “lo Spirito di Dio scenderà su di Te”. La Sant’Anna con la Vergine bambina in gloria tra San Gioacchino e San Michele Arcangelo e i quattro S. Francesco Saverio, di Sales, d’Assisi e di Paola di Francesco Gaetano ci mostra la presenza di San Michele Arcangelo, inserendosi in tal modo in un percorso volto alla diffusione del culto Micaelico, del quale nella città di Lagonegro si hanno tracce fin dal Medioevo a partire dall’affresco rupestre del XIV sec., riportato alla luce dall’associazione lagonegrese “A Castagna r’a Critica”, arrivando al Cinquecentesco stemma della città di Lagonegro in cui il Santo Arcangelo è raffigurato nell’atto di uccidere il drago, episodio che lega al culto dell’Arcangelo Michele anche una parte della toponomastica lagonegrese (Vallone Dragonara) e ai resti della statua di San Michele di incerta datazione, ritrovata in pessime condizioni dalla citata associazione, in un armadio della chiesa del Purgatorio di Lagonegro. Tale statua un tempo probabilmente si trovava in una cappella dedicata all’Arcangelo Michele sita nel territorio lagonegrese, crollata agli inizi del ‘Novecento. Nel registro inferiore abbiamo i
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Giovanni Donato Oppido, Glorificazione di San Carlo Borromeo, 1627, già Cattedrale di Matera (foto tratta da old.consiglio.basilicata.it)
Ss. Francesco Saverio, Francesco di Sales, Francesco d’Assisi e Francesco di Paola, ognuno dei quali è riconoscibile per gli attributi iconografici ad esso accostati: il giglio per San Francesco Saverio, la mitra e il pastorale per San Francesco di Sales, le stimmate per San Francesco d’Assisi e il bastone e il mantello per San Francesco di Paola, i quali hanno lo sguardo rivolto verso l’alto ed appaiono in preghiera come rapiti dalle
figure dei Santi Anna , Gioacchino e Michele Arcangelo del registro superiore della composizione. Fa da sfondo ai quattro San Francesco una veduta di paesaggio, probabilmente un tipico paesaggio montano lucano. Nella scelta dei quattro santi del registro inferiore, San Francesco Saverio, San Francesco di Sales, San Francesco d’Assisi e San Francesco di Paola, molti studiosi hanno letto un’auto-
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celebrazione dello stesso Mons. Falabella, omonimo dei quattro santi citati ed osservano che per puro caso anche il nostro artista era omonimo del prelato lagonegrese vescovo di Santa Severina. Per quanto riguarda la presenza di San Francesco di Paola, c’è una leggenda che lega questo santo al territorio lagonegrese. La riporto fedelmente cosi come mi è stata raccontata “Mentre San Francesco era in viaggio per Roma, giunto a Lauria, si fermò perché la sua asinella aveva perso i ferri. Si avvicinò ad un fabbro ferraio chiedendogli di mettere i ferri alla sua asinella per poter proseguire il viaggio. Terminato il lavoro il fabbro pretese i soldi, San Francesco gli disse “Non te la prendere non ne ho!” Ma il fabbro non volle saperne. San Francesco si rivolse all’asinella e disse “Martinella, quest’uomo non ci vuole usare carità, e noi non abbiamo come pagarlo, restituiscigli i suoi ferri.” L’asinella intese mirabilmente il comando di San Francesco. Il fabbro, stupito, propose di rimetterli senza nulla in cambio, ma San Francesco non lo ascoltò e ripartì. Giunto a Lagonegro, si fermò nei pressi della località “Petruso” dove incontro un altro fabbro e gli chiese se poteva mettere i ferri all’asina senza farsi pagare.
Il fabbro accettò, dicendo “Va cu Dio”. San Francesco per gratitudine verso il fabbro promise che la cittadina avrebbe avuto la sua protezione contro le pestilenze, le guerre e le forti scosse di terremoto che avrebbero colpito la regione nel futuro. E così è stato”. Tutto questo sarebbe accaduto secondo molte testimonianze nella seconda metà del XVo secolo. La struttura in due registri della composizione di questo dipinto ricorda la stessa
utilizzata da Mattia Preti nel 1656 per i bozzetti votivi degli affreschi per le sette porte di Napoli, oggi conservati a Napoli nel Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, in cui anche qui compare San Francesco Saverio il quale, insieme al patrono partenopeo San Gennaro e a Santa Rosalia, venne inserito nella composizione di Mattia Preti come santo intercessore presso la Vergine per la protezione dalla peste della città di Napoli. Se tali opere del
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Preti sono databili al 1656, dieci anni prima dell’esecuzione della Sant’Anna di Lagonegro, è probabile che Francesco Gaetano potrebbe aver visto di persona gli affreschi da essi derivati di Mattia Preti a tal punto da coglierne la struttura ed applicarla al dipinto lagonegrese qui preso in esame. Ciò confermerebbe l’influenza di Mattia Preti nell’opera di Francesco Gaetano ma restando in ambito lucano, possiamo affermare con più probabilità che abbia
avuto influenza sulla composizione della pala d’altare della chiesa lagonegrese di Sant’Anna, la Glorificazione di San Carlo Borromeo e Santi eseguita nel 1627 dal pittore lucano Giovanni Donato Oppido, oggi nella Cattedrale di Matera. Questo viaggio nel tempo qui proposto, ci ha fatto conoscere due importanti artisti della storia pittorica italiana e lucana in particolar modo: Giovanni Todisco e Francesco Gaetano. Due artisti che a loro modo ci hanno aperto il loro mondo raccontandoci ognuno il proprio modo di fare arte. Un’arte basata sullo studio dei principi dettati dai contesto artistico in cui essi hanno vissuto caratterizzati dalle sperimentazioni di Leonardo da Vinci e le innovazioni pittoriche di Raffaello per quanto riguarda Giovanni Todisco e dal diffondersi del nuovo modo di dipingere importato dal Caravaggio portando avanti i principi della controriforma cattolica per quanto riguarda Francesco Gaetano. Due mondi artistici diversi tra loro ma uniti allo stesso tempo dall’osservazione e dallo studio della realtà cosi come essa appariva ai loro occhi, avventurandosi in una fusione tra divinità e umanità.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA E. Canfora, Laurenzana, la riscoperta di un borgo di arte e di storia, in www.sineresiarte.it, link num. 6, E. Canfora, M. V. Fontana (a cura di), Laurenzana studi e ricerche, 2018, Claudio Grenzi editore, A. Grelle, S. Iusco, Arte in Basilicata, De Luca Editore, ed. cons. 2001, A. Malatesta, A. Pellettieri, A. Rubino, Spiritualità Arte Potere, Il Beato Egidio da Laurenzana, Lagonegro 2017, Grafiche Zaccara, A. Pellettieri, Santa Maria della Neve in Laurenzana, la vicenda di un insediamento francescano sepolto, Lavello, Finiguerra Arti Grafiche, 1995, A. N. Fittipaldi, Ultima cena del convento di Sant’Antonio a Rivello, in https://scrittisullarteebeniculturali.wordpress.com/
Dott. Marco Tedesco, storico dell’arte RAM Rinascita Artistica del Mezzogiorno Il presente lavoro è stato svolto in collaborazione con Andrea Lettini, membro del consiglio direttivo della pro loco di Laurenzana e con Milena Falabella, presidente dell’associazione culturale “A Castagna ra Critica” di Lagonegro, ai quali va il più sentito ringraziamento. Questo lavoro si inserisce nel progetto #contagioartecultura del Coordinamento Nazionale Patrimonio Culturale
R. M. Motta, Ultime parole sulle “antiquissime pitture a fresco” nel “corrituretto”di Santa Maria della Neve in Laurenzana, Anzi, Centro Grafico Castrignano, 2017, A.A. V.V., Visibile Latente, a cura di F. Abbate;, Donzelli Editore, 2004, B. De Dominici, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori ed architetti napoletani, 17421745, tomo III, C. Pesce, Storia della città di Lagonegro, Napoli, Reale stabilimento topografico Pansi-
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la ridiculosa commedia il teatro dei nuovi scalzi
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Al via dal 10 ottobre la tournée che parte da tre città pugliesi: Noicattaro, Molfetta e Monopoli
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Lo spettacolo pluripremiato “La Ridiculosa Commedia” dà il via alla nuova tournée della compagnia I Nuovi Scalzi. Il teatro-viaggiante da sabato 10 ottobre, infatti, approderà in tre città pugliesi Per “I Nuovi Scalzi” il 2020 è iniziato con un colpo di scena tutt’altro che piacevole: il furto di una copiosa quantità di maschere, strumento fondante delle loro produzioni teatrali. Dopo un periodo di stallo tutt'altro che statico, in cui la pandemia ha costretto tutti a reinventarsi a misura anti Covid, la compagnia pugliese ha deciso di ripartire in modo nuovo, ritornando alla radice del proprio linguaggio teatrale, rimettendosi in carreggiata alla guida di un camion: un comune mezzo di locomozione che si trasforma in palcoscenico, un teatro viaggiante, un nuovo carro di Tespi, un carro dei comici contemporaneo, dal quale ripartire per dare nuova linfa al lavoro di diffusione e conoscenza del teatro e della commedia. Tra le tante attività avviate, infatti, tra cui quelle di formazione per bambini, adulti e professionisti, sono adesso anche pronti ad accendere i motori del Teatro Viaggiante. Seguendo tutte le norme vigenti sulla sicurezza anti-covid, fra maschere e mascherine, il carro teatrale de I Nuovi Scalzi sta per partire, il primo appuntamento sul teatroviaggiante sarà in via Console Positano a Noicattaro, sabato 10 ottobre, alle ore 20,30,
con il loro cavallo di battaglia "La Ridiculosa Commedia”, spettacolo vincitore di numerosi festival internazionali di teatro come “Best show” tra cui il Festival Mont-Lauriel in Canada, Festival for Youth in Egitto, Festival Pro Contra in Polonia, e come “Best acting” al Doit Festival di Roma. La compagnia farà tappa anche a Molfetta dove metterà in scena lo spettacolo domenica 11 ottobre alle ore 20, preceduto da un laboratorio internazionale di Commedia dell’arte, entrambi alla Cittadella degli Artisti. La tournée toccherà a novembre anche il Teatro Radar di Monopoli in date in via di definizione. E per seguire tutte le tappe restate connessi grazie alla pagina Facebook I Nuovi Scalzi.
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da boloGna a londra il viaGGio del Gonfaloniere
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Il dipinto di proprietà dell’Istituzione Bologna Musei è andato in prestito per la mostra dedicata ad Artemisia Gentileschi Il Ritratto di Gonfaloniere di Artemisia Gentileschi,è partito verso la National Gallery di Londra. L'opera, fra i massimi esempi della ritrattistica italiana nel Seicento, verrà esposta nell’esposizione che la prestigiosa istituzione museale britannica inaugura il 3 ottobre in omaggio al genio della celebre pittrice italiana (Roma, 1593 – Napoli, 1654), la cui opera negli ultimi decenni è stata al centro di una rivalutazione critica che la pone ai vertici dell'arte europea nel periodo barocco. "Questo arrivederci al dipinto di Artemisia Gentileschi Ritratto di Gonfaloniere ci commuove, ci inorgoglisce ed è una ulteriore dimostrazione del valore internazionale delle nostre collezioni permanenti. Per i nostri musei il rapporto con i grandi musei di tutto il mondo è una costante" commenta Roberto Grandi, presidente Istituzione Bologna Musei. Fortemente voluto dal direttore Gabriele Finaldi e curato da Letizia Treves (curatrice di pittura italiana, spagnola e francese del XVII secolo alla National Gallery), l'atteso progetto, intitolato semplicemente Artemisia, è stato concepito in seguito all'acquisizione nel 2018 da parte del museo londinese dell'Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria, il primo dipinto dell'artista a entrare in una collezione pubblica del Regno Unito. La mostra riunisce circa 30 opere attentamente selezionate da istituzioni e collezioni private di tutto il mondo, la maggior parte delle quali mai esposte in Gran Bretagna, e documenti autografi recentemente scoperti
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e presentati per la prima volta al pubblico, a ripercorrere una straordinaria carriera durata oltre 40 anni, tanto ammirata per l'immenso talento quanto segnata da una vicenda biografica tormentata. Ritratto di Gonfaloniere fu eseguito nel 1622, come attesta la firma autografa un tempo leggibile nel retro della tela, prima della sua rifoderatura: ARTEMISIA GENTILESCA FACIEBAT ROMAE 1622. Il dipinto, uno dei pochi della pittrice a risultare datato, costituisce un fondamentale documento della sua attività ritrattistica, elogiata dai contemporanei ma non altrimenti testimoniata da opere certe. Del gonfaloniere pontificio effigiato a figura intera non si conosce l'identità. Egli sfoggia un'elegante armatura militare splendidamente valorizzata dalla vibrante qualità luminosa del tessuto pittorico. La mano sinistra è posata sull'elsa della spada, infilata nel fodero, mentre la destra si appoggia su un tavolino, ricoperto da un drappo con ricamato uno stemma non identificato. Sopra è appoggiato un elmo con un cimiero di piume. Sulla parete di fondo si proietta l'ombra del cavaliere e accanto è appoggiato il gonfalone papale, che egli doveva avere il compito di portare in parata. Il dipinto riproduce con cura la vivace espressione dell'uomo e la consistenza dei diversi materiali raffigurati, come le stoffe e il metallo, grazie a un sapiente dosaggio delle ombre. Nel Seicento le armature venivano indossate dai cavalieri solo durante le parate o i tor-
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Artemisia Gentileschi, (Roma, 1593 - Napoli, 1654), Ritratto di Gonfaloniere, 1622, Olio su tela, cm 208,4 x 128,4 Numero di inventario: inv. P 4, Bologna, Collezioni Comunali d'Arte
nei. Per questo nel dipinto l'armamento in metallo copre tutto il corpo, ma spuntano dai bracciali i polsini di sottile tessuto e dalla corazza il collo detto ‘a lattuga’. La croce trifogliata forgiata sulla corazza e la fascia in seta, legata sopra, indicano che l'uomo ritratto era membro di un ordine cavalleresco. La lunga spada, uno stocco, e l'elmo piumato, completavano l'armamento, ma avevano soprattutto una funzione simbolica. L'impostazione del dipinto corrisponde alla collaudata tipologia del ritratto aulico a figura intera introdotta da Tiziano, tesa a commemorare il ruolo sociale e politico della persona raffigurata attraverso gli attributi di rango. A dispetto di questo schema tradizionale, la vivacitĂ e la penetrazione psicologica del ritratto, il taglio audace della luce di chiara impronta caravaggesca, il virtuosismo nella resa dei differenti materiali, fanno di questo dipinto un capolavoro di straordinaria modernitĂ .
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il prode anselmo Raffaele Polo
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A proposito di libri...
C
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i sono dei libri che, chissà perchè, ci rimangono dentro. E, inutilmente, cerchiamo di farcene una ragione, di spiegarci il perchè. è così e basta, magari è stato il luogo o il momento particolare che ci legano a questo testo. Oppure una frase, un'immagine, insomma, il motivo c'è ma non possiamo saperlo, pure se ce lo chiedono (ma perchè proprio quel libro?9 non sappiamo cosa rispondere,,, Capita poi che un libro, un testo, qualche verso, diano un senso ad una giornata di vacanza e, magari, a tutta un’estate. Che riassuma il vento delle spiagge salentine, il rumore delle onde che si stemperano sul bagnasciuga, il profumo della salsedine misto a quello di crema al cocco con cui si aspergono le fanciulle e le donne vicine d’ombrellone. Ma tant’è, e non c’è nulla da fare: è un libro il compagno fedele che caratterizza la giornata al mare, nel bello e nel cattivo tempo. Uggioso come un “Ulisse” di Joyce (ma chi lo porterebbe con sé in spiaggia?) o avvincente come un vecchio romanzo di Scerbanenco, così frequente e ricercato negli anni Sessanta e così obliato tuttora. A noi, girovagando per la bancarelle che propongono i libri ormai fuori commercio, è capitata una perla, una chicca che vogliamo condividere con gli attenti lettori, guarda caso proprio
il libro che ricordavamo esserci piaciuto tanto da bambini, da adolescenti, da ragazzi, da giovani... In edizione del settembre 1944, per conto della Casa Editrice Daniel di Roma, una copia, completa di fascetta de “Il prode Anselmo” con titolo dorsale “La partenza del Crociato per la Palestina” di Giovanni Visconti Venosta. Si tratta di uno ‘scherzo poetico’ di poche paginette che ha riecheggiato tutta una serie di frasi e modi di dire che affondano le radici nella tradizione orale dei nostri nonni. “Passa un giorno, passa l’altro/ mai non torna il nostro Anselmo..” quante volte l’abbiamo rimuginato questo verso da ‘Corriere dei Piccoli’? E quante volte abbiamo ripetuto fra noi, senza coglierne il significato , la sequenza “Mise l’elmo sulla testa/ per non farsi troppo mal/ e partì, la lancia in resta/ a cavallo d’un caval.” Sono eredità positive che, tramandate di padre in figlio, hanno finito per rimanere sospese in un limbo mai definibile di memoria sopita, da dove fuoriescono nei momenti più impensati. Ebbene, questo libricino, reperito miracolosamente in un resto di magazzino e proveniente chissà da dove, si coniuga perfettamente con la nostra vacanza su spiaggia salentina affolla-
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ta e brulicante, col vento e con le vicine di ombrellone sempre più olezzanti di olio al cocco, nonostante mascherine e distanziamento… I versi accattivanti e comprensibili, senza difficili ed improbabili arzigogolamenti, scorrono con eguale entusiasmo verso un finale ricco di pathos, mitigato proprio dalla cadenza allegrotta che il colto e raffinato intellettuale Visconti Venosta ha voluto imprimere a tutto lo scherzo. Nel tentativo, molto ben riuscito, di dimostrare che non con paludamenti e impostazioni retoriche, ma con spigliatezza e verve, si riesce a colpire e divertire l’ascoltatore. Che, e questo è un risultato tutt’altro che trascurabile, condivide e manda a memoria le quartine con grande facilità, nei secoli dei secoli.
Ma il cavallo andava a pié,
LA BALLATA DEL PRODE ANSELMO
La città di Costantino nello scorgerlo tremò brandir volle il bicchierino ma il Corano lo vietò.
Passa un giorno, passa l’altro Mai non torna il prode Anselmo, Perché egli era molto scaltro Andò in guerra e mise l’elmo... Mise l’elmo sulla testa Per non farsi troppo mal E partì la lancia in resta A cavallo d’un caval. La sua bella che abbracciollo Gli dié un bacio e disse: Va! E poneagli ad armacollo La fiaschetta del mistrà. Poi, donatogli un anello Sacro pegno di sua fe’, Gli metteva nel fardello Fin le pezze per i pié. Fu alle nove di mattina Che l'Anselmo uscia bel, bel, Per andar in Palestina A conquidere l'Avel. Né per vie ferrate andava Come in oggi col vapor, A quei tempi si ferrava Non la via ma il viaggiator, La cravatta in fer battuto E in ottone avea il gilé, Ei viaggiava, è ver, seduto
Da quel dì non fe’ che andare. Andar sempre, andare, andar... Quando a pié d’un casolare Vide un lago, ed era il mar! Sospettollo... e impensierito Saviamente si fermò. Poi chinossi, e con un dito A buon conto l'assaggiò. Come fu sul bastimento, Ben gli venne il mal di mar Ma l’Anselmo in un momento Mise fuori il desinar.
Il Sultano in tal frangente Mandò il palo ad aguzzar, Ma l'Anselmo previdente Fin le brache avea d’acciar. Pipe, sciabole, tappeti, Mezze lune, jatagan Odalische, minareti Già imballati avea il Sultan. Quando presso ai Salamini Sete ria incominciò E l'Anselmo coi più fini Prese l'elmo, e a bere andò. Ma nell’elmo, il crederete? C’era in fondo un forellin E in tre dì morì di sete Senza accorgersi il tapin Passa un giorno, passa l’altro Mai non torna il guerrier Perché egli era molto scaltro Andò in guerra col cimier. Col cimiero sulla testa, Ma sul fondo non guardò E così gli avvenne questa Che mai più non ritornò.
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Buccheri (SR), chiesa di S. Maria Maddalena, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
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il silenzio deGli iblei un silenzio che parla all’anima Dario Bottaro
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i respira un’atmosfera surreale sul finire dell’estate e con l’autunno appena iniziato, se si fa una bella e lunga passeggiata per i monti Iblei, quella catena di alta collina che a pochi chilometri da Siracusa inizia ad alzarsi verso nord - ovest. Un paesaggio immerso nella natura chiazzata di bianco e di verde, il bianco della roccia calcarea e il verde della vegetazione che si presenta con arbusti di
Storie l’uomo e il territorio
Suggestive atmosfere siracusane: dai borghi antichi Melillli, Sortino e Ferla al sito Unesco di Palazzolo Acreide
macchia mediterranea e alberi dalle fronde lunghe e ondose al vento. Il primo vento d’autunno rinfresca l’aria di questi luoghi rincorrendosi nelle spianate di campagna e attorcigliandosi invisibile tra i vicoli dei piccoli paesi che sorgono in questa zona, da Melilli a Sortino e a Ferla, comunemente chiamata la Porta di Pantalica, millenario sito archeologico scavato fra le rocce affacciate nei dirupi di cui non ci per-
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Storie l’uomo e il territorio
Palazzolo Acreide (SR), piazza del popolo con la scenografica Basilica di S. Sebastiano, foto di Siracusa Arte e Cultura,
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Sortino (SR), chiesa madre S. Giovanni Evangelista, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
cepisce la profondità, pieni come sono della fitta vegetazione. Ci sono poi i paesini più a ovest, Canicattini Bagni dalle importanti testimonianze architettoniche tardo ottocentesche con le loro splendide decorazioni in stile liberty, poi Palazzolo Acreide, importante sito Unesco e poi ancora Buscemi, il Paese Museo e Buccheri, il paese delle neviere. Per i vicoli stretti dalle sagome barocche, il vento respira aria nuova, quell’aria frizzante che annuncia la fine dell’estate, forse ci saranno ancora alcune giornate un po’ calde, ma sicuramente le alte temperature rimangono ormai un ricordo, soprattutto all’ora del tra-
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monto e alla sera, quando tutto in questa zona si copre di una trapunta di stelle, difficile da ammirare alla stessa maniera nelle città. E’ in questa zona che, passeggiando senza alcuna fretta, l’anima respira con i polmoni e con gli occhi. Si respirano l’arte e la storia, si respirano la bellezza dei monumenti e le storie segrete che essi nascondono nelle pietre della memoria. Una memoria che diventa essenza dei luoghi, forza centripeta che si dirama da una qualsiasi piazza, strada, incrocio di vie strette, quella forza del tempo che scandisce ancora con solennità, le giornate feriali e soprattutto quelle festive. Le grandi feste
Storie l’uomo e il territorio
Buscemi (SR), chiesa di S. Sebastiano, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
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patronali che scandiscono il tempo del sacro soprattutto d’estate, ormai sono passate e si pensa già all’anno prossimo, ma è anche tempo per godere la bellezza di questi luoghi nel silenzio del primo pomeriggio o sul far della sera. Perché questi luoghi parlano al cuore, raccontano di un glorioso passato – in ogni luogo il suo – un passato che è ricchezza e forza, capacità dell’uomo di rinascere dalle proprie ceneri, come la fenice, di ricostruirsi la vita e il suo habitat naturale. Sì ricostruirsi. Perché tutta questa zona della Sicilia orientale, più di trecento anni fa, venne sconvolta da un terribile terremoto che distrusse interi paesi, molti ricostruiti in altri siti, più a valle e vicini al mare, come ad esempio Noto e Avola. Tutto il secolo diciassettesimo fu oscurato da momenti dolorosi per la Sicilia ed anche per molte delle comunità di questa zona, ma fu certamente il 1693 a segnare con fare terrificante, la linea di confine tra il passato e il futuro per tutto il Val di Noto. Si ricostruì subito
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Storie l’uomo e il territorio
Buscemi (SR), antico abbeveratoio e fontana all'ingresso del paese, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
Storie l’uomo e il territorio
Ferla (SR), chiesa di S. Antonio Abate; a lato: Ferla (SR), scorcio di un vicolo, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
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sia la vita che lo spazio urbano con i palazzi nobiliari e le chiese, quelle stesse testimonianze delle maestranze artistiche che ancora oggi fanno di questi paesi dei veri tesori, le perle degli Iblei. Il paesaggio varia da un luogo all’altro, le strade provinciali che collegano le comunità nel territorio si arrampicano su per le colline attraversando boscaglie verdi fitte, sbucano sui costoloni del tavolato ibleo affacciandosi su panorami immensi i cui dettagli si sfocano e si perdono nella linea dell’orizzonte dove cielo e terra si sfiorano, si toccano e si mescolano. Ogni paese è un universo a se stante, immerso e circondato dalla natura che assurge a vegliardo di protezione. Passeggiando per gli Iblei non è difficile incontrare un riccio che attraversa lentamente la carreggiata e nemmeno voltarsi perché ci si sente osservati da qualche volpe che scruta con il suo sguardo dall’alto di un muro a secco. Ah i muri a secco! Un altro patrimonio di cui non si può non dare accenno. Sono come i ricami preziosi delle stoffe di un tempo, la sapienza delle mani femminili creavano intrecci meravigliosi e delicati, l’esperienza e la
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Palazzolo Acreide (SR), piazza del popolo con la scenografica Basilica di S. Sebastiano, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
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Palazzolo Acreide (SR), portale della chiesa dell'Annunziata, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
lucidità delle mani ruvide degli uomini, creavano meravigliosi disegni di pietra – solidi e forti - ricamando a loro volta la terra, separandola, dividendone gli ettari. Tutto ciò è una continua visione antica mentre si attraversano questi luoghi e ne si ammirano i colori che risentono ancora del cambiamento delle stagioni e i toni di colore variano, come nel periodo di settembre e ottobre, dove le cromie terrose manifestano l’addormentarsi della natura, l’assopirsi del creato che aspetta pazientemente il momento del risveglio. La nostra passeggiata ideale può veramente diventare un viaggio dell’anima, fermandosi ad ascoltare i luoghi, i silenzi solenni, le loro storie, magari raccontate dagli anziani del luogo. Passeggiando per i centri storici di Palazzolo Acreide, Buccheri, Buscemi, Ferla, Canicattini Bagni e ancora Melilli e Sortino, gli occhi scrutano i cantonali dei palazzi di una nobiltà ormai scomparsa, che ha lasciato in eredità le superbe testimonianze dell’arte, i balconi con le gelosie panciute, le finestre incorniciate dai ricchi festoni a grappoli simbolo dell’abbondanza e poi ancora i sontuosi portali di palazzi e chiese, i loro conci squadrati e i fre-
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Storie l’uomo e il territorio
Palazzolo Acreide (SR), terrazzo su corso Vittorio Emanuele, foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
gi ornamentali. Sotto i balconi dalle ampie vedute si rincorrono facce di pietra scolpita, ciascuna diversa dall’altra, uomini, donne, vecchi e bambini fissano il basso spinti alle estremità dei mensoloni a ricche volute che fanno da sostegno ai balconi. E se questi volti di pietra raccontano di figure arcane e mitologiche come le sirene e il vasto alfabeto del bestiario medievale con i suoi cavalli alati, i grifoni e i leoni rampanti, sulle grandi e scenografiche chiese, nei diversi ordini delle facciate sfilano decine di puttini alati che fanno bella mostra con la loro gestualità e le loro espressioni giocose e sorridenti. A questi bambini di pietra si alternano le figure più sobrie e ieratiche, distaccate dall’aura terrena al confine con il soprannatu-
rale. Sono i santi tutelari scelti dal popolo nel corso dei secoli, i santi e le madonne pronti a far piovere l’acqua dopo la siccità per ristorare le terre coltivate, entità soprannaturali eppur vive nella quotidianità di luoghi e persone che ancora oggi sono tenute in altissima considerazione. Sono le statue delle vergini e degli apostoli, dei martiri e dei dottori della Chiesa che accolgono, ammoniscono, indicano la via al viandante come al pellegrino. Sul calar della notte, ogni singolo paese si trasforma in un piccolo presepe arroccato su queste alture calcaree, le luci calde si accendono creando giochi di ombre come merletti e trafori le cui ombre dilatate si stendono come un velo a protezione del tempo e dello spazio, ma anche di chi lo abita.
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Esterno del Santuario Basilica di Santa Lucia al Sepolcro , foto di Siracusa Arte e Cultura, www.siracusaarteecultura.it
Per i nostri collaboratori che quotidianamente ci svelano la bellezza armoniosa della Sicilia, con il racconto dei luoghi d’arte, hanno raggiunto un traguardo notevole, diecimila follower: un dato che si traduce in desiderio di conoscenza, di passione per l’arte e la bellezza del nostro Paese. Ogni mese, Dario Bottaro ci fa conoscere scorci siciliani e ci incanta con le sue storie impreziosite dagli scatti di Giacomo Vespo. Felici di averli in squadra e per questo loro traguardo social!
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Il regista Oliver Assayas, il critico cinematografico Mario Verdone e l’attore romano Aldo Fabrizi La Famiglia Passaguai
il festival del cinema europeo a lecce olivier assayas
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Un’edizione nel pieno rispetto delle misure di contenimento della pandemia ma con grandi ospiti e tantissimi film. L’omaggio ad Aldo Fabrizi e il Premio Mario Verdone
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i nastri di partenza, dal 31 ottobre al 7 novembre 2020 a Lecce il Festival del Cinema Europeo, diretto da Alberto La Monica, posticipato in autunno a causa dell’emergenza sanitaria. Sarà un’edizione diversa e nel rispetto delle misure anti Covid la XXI che vedrà a Lecce il cineasta francese Olivier Assayas “Protagonista del Cinema Europeo”, la sezione che ogni anno il Festival dedica a una personalità della cultura e del cinema del Vecchio Continente. Il festival gli renderà omaggio organizzando l’incontro con il regista e la proiezione di alcuni titoli rappresentativi della sua filmografia. Per la sezione “protagonista del cinema italiano” invece sarà ospite atteso Dario Argento che riceverà l’Ulivo d’oro alla carriera. “Nonostante il Festival non si sia potuto realizzare nel consueto periodo primaverile a causa dell’emergenza sanitaria che ha frenato tutte le attività culturali, quest’autunno sono felice di poter riportare in sala il pubblico e gli ospiti della ventunesima edizione, nel pieno rispetto delle norme anticovid- sottolinea Alberto La Monica -. Sono molto contento che abbia accolto il nostro invito Olivier Assayas, tra i cineasti francesi più sensibili che ha saputo raccontare storie che hanno sempre un profondo senso del sociale. Mostreremo alcune delle sue opere più significative, utili a tratteggiare il suo fare cinema”. Scelti anche i 12 titoli europei in anteprima
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mondiale e nazionale che concorreranno all’assegnazione dell’Ulivo d’Oro - Premio Cristina Soldano al Miglior Film Europeo e che saranno giudicati dalla Giuria internazionale composta da Katriel Schory (Presidente), Beatrice Fiorentino, Mathilde Henrot, Antonio Saura, Mira Staleva. I film in concorso: Half SisterI di Damjan Kozole (Slovenia, 2019); Sister di Svetla Tsotsorkova (Bulgaria, Quatar 2019; Scandinavian Silence di Martti Helde (Estonia, France, Belgium, 2019); Winona di The Boy (nome d’arte di Alexandros Voulgaris) (Grecia, 2019); La belle indifference di Kivanc Sezer (Turchia, 2019; Lara di Jan-Ole Gerster (Germania, 2019); Tench di Patrice Toye (Belgio, 2019; Open Door di Florenc Papas (Albania, 2019); County Lines di Henry Blake (UK, 2019); Twelve Thousand di Nadège Trebal (Francia, 2019); Disco di Jorunn Myklebust Syversen (Norvegia, 2019); The Son di Ines Tanovic (Bosnia & Erzegovina, 2019). Arricchiscono e contraddistinguono il festival le altre sezioni che vedono protagonisti cortometraggi, documentari e incontri dedicati alla commedia italiana ed europea e ai più significativi personaggi e personalità del cinema e della cultura europei - la XXI edizione del Festival presenta l’omaggio a Aldo Fabrizi e la XI edizione del Premio Mario Verdone. A 30 anni dalla scomparsa di Aldo Fabrizi, il
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Festival rende omaggio a una delle figure più carismatiche della cultura e del cinema italiani. il Festival dedica a Fabrizi, con la retrospettiva delle opere da lui dirette, una mostra sulla sua arte a cura della nipote Cielo Pessione, con fotografie, manifesti, locandine, abiti di scena, sceneggiature, ricette gastronomiche, tratte dall’Archivio Fabrizi, la proiezione del film “Fabrizi & Fellini: lo strano incontro” in presenza dell’autore Luca Verdone, ed un incontro/tavola rotonda moderato da Enrico Magrelli sull’importanza della figura di Fabrizi a cui prenderanno parte diversi addetti ai lavori. Per l’occasione sarà presentato il film “La famiglia Passaguai” (1951) da Fabrizi diretto e interpretato, il cui restauro è stato realizzato dalla Cineteca di Bologna e RTI - Mediaset presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.
E, dulcis in fundo, il Premio Mario Verdone, giunto alla sua XI edizione, istituito in accordo con la famiglia Verdone dal Festival del Cinema Europeo, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia e il Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, è riservato a un giovane autore italiano che si sia particolarmente contraddistinto nell’ultima stagione cinematografica per la sua opera prima. La Giuria, costituita da Carlo, Luca e Silvia Verdone, ha scelto tra gli autori selezionati tre finalisti: Phaim Bhuiyan per “Bangla”, Marco D’Amore per “L’immortale”, Roberto De Feo per “The nest - Il nido”. (an.fu.)
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Lecce, Castello Carlo V e Mura urbiche, reportage fotografico di Sara Foti Sciavaliere
GianGiacomo dell’acaya a lecce: dal castello alle mura urbiche Sara Foti Sciavaliere
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Storie l’uomo e il territorio
Tour guidati nel Castello Carlo V
”
L
spazi sotterranei e le aree archeologiche del Castello Carlo V di Lecce, la più grande fortezza di Puglia, grazie al progetto di fruizione e valorizzazione “Attraverso il Castello” promosso da 34Fuso e The Monuments People APS e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi, Lecce e Taranto. Anche in autunno sarà possibile visitare gli ambienti del Castello Carlo V di pertinenza della Soprintendenza con supporti multimediali e itinerari condotti da guide specializzate che permetteranno ai visitatori di conoscere non solo la storia e l’architettura del monumento, ma aspetti della città medievale e Sono riaperte da quest’estate gli moderna. a città di Lecce conserva parte di un modello di fortificazione cinquecentesca, promossa da Carlo V d’Asburgo, con la committenza del Vicerè Don Pedro de Toledo e il Governatore di Terra d’Otranto e di Bari, Ferrante Loffredo. Egregio autore di questa opera fu l’architetto militare e barone Giangiacomo dell’Acaya, “Ingegnere Generale del Regno”. Importanti interventi di restauro hanno ridato lustro alle fortificazioni del capoluogo salentino e quest’anomalo autunno 2020 offre ai visitatori e ai curiosi la possibilità di visitare entrambe i complessi monumentali.
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finirà inglobato nel corpo cinquecentesco eampliato nelle sue dimensioni con la messa in opera di un’imponente cortina muraria che andava a collegarsi a quattro possenti bastioni angolari a punta di lancia. L’ingresso al Castello Carlo V avviene di norma dalla Porta Reale, il grande portale d’accesso che affaccia verso il centro storico, seppure presenta un’altra entrata sul fronte posteriore, la cosiddetta Porta Falsa. Un tempo, per accedere
Storie l’uomo e il
Un percorso per far conoscere a turisti e locali la storia e gli interventi urbanistici realizzati dal grande architetto salentino, all’interno del Castello Carlo V, visitando le suggestive aree di recente restauro (piazza d’armi, cappella di Santa Barbara, prigioni, sotterranei e camminamenti). Il vecchio maniero normanno viene ristrutturato a partire dal 1539. Munito di nuove opere difensive adeguate alle rinnovate esigenze belliche, l’edificio originario
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ambiente che dà accesso all’ex Cappella di S.Barbara e alla sagrestia con gli scavi archeologici che mettono in luce i resti medievali del castello, mentre andando oltre si esce nel cortile interno. Lungo il lato occidentale di quest’ultimo si apre la facciata della suddetta cappella; su quello settentrionale si profila il portico medievale, sotto il quale si collocano gli ambienti che ospitano oggi il Museo della Cartapesta. Nell’angolo nord-est si innalza la Torre Magistra con l’ex Cappella di Santa Maria di Costantinopoli nel piano seminterrato; sull’angolo opposto,
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alla fortezza, era necessario passare su un ponte levatoio che scavalcava il fossato che girava tutt’intorno alla cortina muraria e interrato nel XIX secolo per ragioni igienico-sanitarie. Una volta entrati, ci si trova nell’androne, alla cui sinistra si trovava il vecchio posto di guardia e dall’altro lato si accede al corridoio scoperto che concede l’accesso ai camminamenti di ronda e alle gallerie sotterranee, corrispondenti al fossato medievale del castello e adibite a scuderie nel Cinquecento. Varcato il grande arco dell’androne, si prosegue in un secondo
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inglobato nell’ambienti cinquecenteschi, la Torre Mozza e l’accesso alle prigioni. Questo vano è sicuramente tra i più affascinanti con le innumerevoli iscrizioni incise sulle pareti da illustri prigionieri, tra lamentazioni, stemmi nobiliari e immagini sacre, principalmente Crocifissioni, che sono testimonianza delle vite passate e forse spente in quel luogo. E proprio in quella stessa prigione ha tristemente conclusa una gloriosa esistenza Giangiacomo Dell’Acaya. Già anziano e ammalato, il barone-architetto godeva serenamente degli onori e dei meriti di una vita al servizio del Vicerè Pedro de Toledo, quando riceve l’ingiunzione di pagamento di un ingente somma a fronte di una fideiussione, per la quale non gli sarà neanche risparmiata l’incarcerazione. Espiò la pena nelle prigioni di quello stesso castello di Lecce che aveva progettato e resa il più maestoso di Puglia: gravemente malato e sorvegliato dai soldati spagnoli, vi trovò la morte nel dicembre del 1570. Dopo l’ampia affluenza per le aperture straordinarie dello scorso mese di agosto, si replica la possibilità di acceso anche alle monumentali mura urbiche di Lecce, frutto dell’intervento di fortificazione di Giangiacomo dell’Acaya. Si potran-
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scavo parziale del vecchio fossato cittadino con le sue straticazioni, il quale corre parallelo alle mura e al suo camminamento che si congiunge al giardino dell’adiacente Palazzo Giaconia e giù, dove è sorto il Parco della Mura, passa un tratto della romana via Traiana. Sono appuntamenti imperdibili per i leccesi per riappropriarsi della storia e del patrimonio della proprio città e per quanti giungono a Lecce e vogliono conoscere una pagina di storia del capoluogo salentino in parte oscurata da altre evidenze storico artistiche. Gli appuntamenti “Attraverso il castello” Tutti i Lunedì, Giovedì e Venerdì alle ore 11:00 e alle ore 16:00 sarà inoltre possibile visitare il Castello attraverso un percorso multimediale della durata di 1 ora; supportati da un tablet, i visitatori saranno accompagnati nei seguenti punti di interesse: Cappella di S. Barbara, Prigioni, Museo della Cartapesta, Sotterranei, Camminamenti di Ronda e
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no visitare, dal 9 ottobre all’8 novembre 2020, grazie alla collaborazione del Comune di Lecce con l’azienda MediaFarm, insieme alla Fondazione Its Apulia Digital Marker, Fondazione Its per l’industria dell’Ospitalità e del Turismo Allargato e l’APS The Monuments People. Il percorso in questione permette di entrare negli ambienti interni del bastione a tenaglia, avamposto di rinforzo sull’angolo nord della circuito murario cittadino a forma di navicella. è il cosiddetto bastione San Francesco, così chiamato per la sua prossimità al convento dei Padri Minimi - i frati di San Francesco di Paolo - che prima fuori dalle mura della città sarà poi inglobato all’interno delle stesse. In compagnia delle guide si potranno scoprire interessanti tracce incise sulla pietra come un antico tetragramma o ancora i resti dell’originale impianto lanceolato del bastione modificato in corso d’opera nella struttura attuale. Dalle terrazze della fortezza si possono ammirare lo
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Gli orari della partenza delle visite sono i seguenti: ore 18:00, 19:00, 20:00. Le visite, della durata di circa un’ora, saranno rivolte ad un numero massimo di 20 persone per ciascun turno e saranno completamente gratuite con le guide di The Monuments People. In questa occasione, inoltre le guide turistiche iscritte all’albo della Regione Puglia potranno prenotare i tour nelle fasce orarie Mura Urbiche L’apertura sarà garantita nei giorni delle 18.30, 19.30, 20.30, sempre nel rispet9/11/14/16/18/21/23/25/28/30 ottobre e to del numero massimo di 20 persone. L’ingresso è situato in via Leonardo Leo, di 1/4/6/8 novembre 2020.
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Sala Multimediale dove sarà possibile visionare un docufiction sulla storia del Castello e di Giangiacomo dell’Acaya. Sabato e Domenica il medesimo percorso sarà supportato da una guida abilitata dell’associazione The Monuments People nei seguenti orari: 10:30 - 12:00 || 16:00 - 17:30.
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fronte l’ex Convento degli Agostiniani. Informazioni Per info e prenotazione di “Attraverso il castello” Telefono 335-7009614 E-mail: attraversoilcastello@gmail.com Per le mura urbiche Telefono e WhatsApp 351-5569676 In osservanza delle direttive regionali per la prevenzione Covid-19 è obbligatorio indossare la mascherina durante l’intero percorso e usare gel igienizzanti mani personali. La prenotazione è obbligatoria poiché i gruppi saranno gestiti in maniera contingentata rispettando il numero massimo di partecipanti a gruppo (20 unità).
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le fiGure antropomorfe di JosÉ luis lópez Galván Dario Ferreri
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Un viaggio tra i luoghi e nonluoghi fisici ed emozionali dell'arte contemporanea
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«Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso»
CURIOSAR(T)E
Albert Einstein
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" "È solo per un eccesso di vanità ridicola che gli uomini si attribuiscono un’anima di specie diversa da quella degli animali" Voltaire
l mio primo incontro con gli intriganti dipinti di José Luis López Galván risale al 2014, mentre spulciavo gli skillati artisti figurativi surreali della collettiva d'arte Beinart. I lavori di questo artista non passano certo inosservati: il primo impatto è uno shock visivo dovuto all'oscuro surrealismo delle bellissime immagini, seguito a ruota dal desiderio profondo di decodifica del potente simbolismo delle storie che le opere narrano. Messicano, classe 1985, José Luis López Galván nasce a Guadalajara, nello stato di
Jalisco, e si laurea in Graphic Design presso l'Università cittadina. All'inizio della propria carriera lavora come illustratore per aziende pubblicitarie; sostanzialmente autodidatta nella pittura ad olio, nel 2009 completa un corso di pittura presso l'Istituto Culturale Cabañas, con il maestro Nino Magaña e nel 2015 il laboratorio di incisione del Museo di Giornalismo e Arti Grafiche, con l'insegnante Margarita Vega. Suoi epigoni di riferimento sono i grandi maestri classici europei, Rembrandt, Velázquez e Goya tra gli altri, ma
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Luis Lòpez Galvàn La cosecha
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CURIOSAR(T)E
Luis Lòpez Galvàn, Fumador
anche stelle del surrealismo quali Salvador Dalí e la messico-ispanica Remedios Varo. Il suo lavoro è un alchemico intreccio di surrealismo, realismo e simbolismo: animali ed esseri umani abitano gli universi di Galván, entrambi lottano per affermare la propria appartenenza all'uno o all'altro mondo, oppure ad entrambi contemporaneamente, in un costante gioco di inversione della gerarchia delle specie. Alcune creature sono al limite della licantropia e potrebbero agevolmente rimandare all'universo di riferimento degli scrittori horror americani William Hodgson ed H.P. Lovecraft; in alcune opere emerge un bizzarro e sottile erotismo, in altre persino il cannibalismo, in altre ancora una personale reinterpretazione di scene pittoriche del passato; metamorfosi poetiche e ritratti di donne fatali (la musa femminile ritratta in quasi tutte le opere dell'artista è la sua compagna di vita) arricchiscono il macrocosmo di questo giovane pittore di talento, che non ha paura di condividere, nelle sue inquietanti ma poetiche composizioni, l'arcana bellezza degli incubi e del subcon-
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Luis Lòpez Galvàn, La cosecha
scio freudiano. "Generalmente i dipinti, anche se diversi, hanno la stessa ricerca, quella di prendere la realtà e di presentarla da un'angolazione diversa, spesso cercando la contraddizione dell'ordinario per attirare l'attenzione su di essa, e talvolta evidenziandola, cercando in qualche modo di far scoprire ciò che è veramente vero", ha detto l'artista, in
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una recente intervista, "in ogni dipinto cerco, con ogni tipo di elemento -animali, esseri umani, oggetti di ogni tipo - di creare un collage che, nella sua integrazione, rappresenti un ritratto, non dell'aspetto delle cose, ma della loro essenza": le sue sono opere che devono interloquire con l'osservatore, in principio sorpreso dalla stranezza e diversità delle immagini ma
CURIOSAR(T)E
Luis Lòpez Galvàn. La virgen del tenedor
successivamente rassicurato dal riconosce oggetti, animali e situazioni a lui familiari, elementi questi che gli consentono di percepire che nell'opera c'è qualcosa che lo può riguardare personalmente. Continua l'artista: "ho cercato modi per esprimere il mio mondo, a volte ci sono cose che immagino e sento che dovrebbero esistere, che non è giusto che io lasci lì, che le uccida; creature, forme, che dica non l'ho visto ma è qui, voglio che esista, poi se non lo dipingo, sento che muore. Quando si può fare qualcosa è molto crudele lasciare che le idee vadano sprecate. Voglio rappresentare il mondo reale, ma soprattutto l'essenza delle cose. Sono una persona che non esce molto, sono molto sensibile, infatti trovo molto difficile uscire per strada, penso che abbia a che fare con il buio che c'è nei miei quadri: pensare alla pittura mi tiene sveglio, penso sempre che devo continuare ad andare avanti, quando farò quel lavoro che so che c'è ma che domani morirà. Ho poco tempo, abbiamo tutti poco tempo perché oggi si può morire e questo è tutto." La grande sensibilità, i richiami costanti alla morte ed alla caducità della vita, uniti alla elegante e strana
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Luis Lòpez Galvàn, Gabeza de gato
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Luis Lòpez Galvàn, Marchantes
Europa ed America. è stato Instagram (https://www.instapubblicato, tra gli altri, su Hi gram.com/joseluislopezgalFructose e Beautiful Bizzarre van/?hl=it); il suo web site, in Magazine. realtà non aggiornato come i Ha oltre 8.000 follower su social, è il seguente: Facebook (https://www.face- http://joseluislopezgalvan.blo book.com/joseluislopezgal- gspot.com/. van.art/) e quasi altrettanti su
CURIOSAR(T)E
creatività ed alla raffinata tecnica pittorica ad olio fanno di questo artista un protagonista del firmamento surrealista dark. Ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti nel suo paese ed ha esposto anche in
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Luis Lòpez Galvàn, Cinocefalos
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I LUOGhI nELLA RETE | IL COnCORSO
LUOGhI DEL SAPERE
#ladevotalettrice | le recensioni di lucia accoto “inseGnami la tempesta” di emanuela canepa
EMAnUELA CAnEPA Insegnami la tempesta Einaudi Editore 2020 ISBn 978-8806243333 pp.248 € 17,50
Il disagio è un campanello di allarme. All’inizio si presenta come un fastidio, poi cresce arrampicandosi nei pensieri. Quando compare ti senti fuori luogo, sorretto da gesti impacciati, abbottonati, che parlano di inadeguatezza. Non c’è nessun codice per abbattere il muro del disagio. La sensazione quella è e quella rimane se non trovi subito una svolta, una via d’uscita. Non è facile. E se hai un figlio lontano dalla tua anima pur avendolo vicino, trovi un deserto. Vorresti la sua voce accostata alle tue orecchie, gli sguardi puntati sui tuoi, anche se sono di resistenza, di ostinazione. Una mamma può capovolgere il mondo, la sua vita, cambiare prospettiva e progetti, ma quando non è in sintonia con i figli si sente persa. In lei vive un vuoto. Brucia di aspettative, di speranze, ha sete di normalità, di condivisione e cerca parole, discorsi, negli occhi. Le vorrebbe strappare dalle labbra e tatuarle sulle sue, qualunque esse siano, buone o cattive. Tutte, comunque, se arrivano a menti aperte portano a riflettere, a cambiare passo, all’avvicinamento o alla distanza. Nel romanzo Insegnami la tempesta di Emanuela Canepa percorri le distanze tra una mamma e sua figlia. Vivi anche il conflitto interiore della donna che si sente esclusa dal dialogo e dalla complicità che la ragazza, invece, ha con il padre. Un mondo nel quale vorrebbe entrare anche a gamba tesa, ma lascia stare perché non trova gli strumenti per scardinare la chiusura della figlia.Senti sulla pelle il tormento, il disagio, l’ansia, la rabbia, il dolore. Avverti la confusione emotiva che porta una gravidanza e la ristrettezza delle scelte, i problemi che crescono insieme al figlio. Non si può tornare indietro e andare avanti è sempre un punto interrogativo. L’istinto è quello di proteggere i figli da chiunque e da qualunque cosa a costo di urlare o di tacere. A parlare spesso sono gli ordini, disattesi. Buona la narrazione, pulito lo stile. Ripetitivi alcuni passaggi che portano il lettore a sentirsi un po’ soffocato
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storia della pioGGia #ladevotalettrice il unromanzo Giorno indipiù, nial storia Williams di un fallimento
nIAL WILLIAMS Storia della pioggia neri Pozza Editori 2015 pp.368 ISBn 978-88-655-9404-9€ €9,00
Le cose nella vita non vanno sempre come si vorrebbe. Ci sono gli intoppi, le scelte sbagliate ed i fallimenti. E quando hai a che fare con la scrittura, con la poesia, perdersi è facile. Di fronte ad un verso che non va avanti, che non ha spinta, ti senti un fallito. Sei il niente su uno sfondo bianco. L’ispirazione non ti viene incontro per caso, ha bisogno di carburante per innescare la scintilla. Ha bisogno di magia e non tutti ce l’hanno negli occhi, nell’anima. A volte, i pensieri volteggiano ma non si posano sui fogli. Vengono scritti per un istante e poi cancellati e nella peggiore delle ipotesi sono fumo nella mente. L’ispirazione è capricciosa, sfuggente, canaglia anche crudele perché ci mette tempo, ti scava le occhiaie e ti fa venire i nervi a fior di pelle. Allora, leggere aiuta come osservare la vita, la storia degli altri. Ed è lì che poi arriva la tua. Le parole si sciolgono, l’ispirazione diventa pioggia e tu nasci ancora una volta su carta. Certo, c’è anche chi scrive senza ispirazione accostando parole senza alcuna sostanza, contenuto, solo per il gusto di scrivere. In questo modo non vivono il tormento e il mistero dell’ispirazione, per loro va sempre bene tutto ciò che lasciano sui fogli. Nel romanzo Storia della pioggia di Niall Williams senti addosso l’amore per i libri. Non sono mai abbastanza da leggere, ti senti sempre povero di storie se sei un lettore forte. Allora leggi, accumuli libri e speri di avere la possibilità economica per comprarne tanti e tanti altri ancora. Il tempo un lettore lo trova sempre anche quando è risicato, corto, quasi inesistente. I libri sono vita, respiro, fiato, emozioni, sogno. Lo sa bene Ruth, la protagonista del romanzo, una ragazza costretta a letto malata. Nella mansarda di casa, su cui batte la pioggia d’Irlanda, Ruth legge. Legge molto, sempre. Nella stanza ha tremilanovecentocinquantotto libri. Libri del padre poeta, del nonno, suoi, e cerca la sua storia. Leggere e scrivere è come una specie di malattia, non sei mai in pace se non hai tra le mani un libro. Hai il cuore spento, freddo, vuoi vivere la somma di tutti i libri, farli tuoi. E se viene la scrittura sarai predestinato al tormento, al fallimento, alla rinascita e alla magia. Se, invece, le tue mani resteranno secche senza pensieri da scrivere, non importa. Farai altro. La scrittura prende con se solo chi ha tumulto, chi raccoglie sofferenza per sperare in qualcosa in cui crede, sente, vive. Le parole abitano in chi ha un libro dentro se stesso. Intimo, caldo lo stile dello scrittore. Il romanzo è una vera dichiarazione d’amore verso la letteratura. è un atto di fede, un salto nella magia. è pioggia, fiume. Respiro.
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dalsalentocafÉ | le recensioni di stefano cambò
LUOGhI DEL SAPERE
l’ereditÀ di maria. viaGGio nel tempo con il romanzo di tiziana buccarella
TIZIAnA BUCCARELLA L’eredità di Maria Il Raggio Verde 2020 ISBn 9788899679934 pp.208 € 15
La città di Lecce ritorna protagonista nel nuovo romanzo di Tiziana Buccarella. Con L’eredità di Maria (edito da Il Raggio Verde), la scrittrice si cimenta in un vero e proprio viaggio nel tempo e lo fa attraverso gli occhi e le gesta di Miriam, una donna coraggiosa che si ritrova a tu per tu con le figure femminili più rappresentative di un’epoca lontana, tra le quali spicca, senza ombra di dubbio, l’eroina Maria d’Enghien. Per alcuni tratti il libro ricorda molto Midnight in Paris, un recente film di Woody Allen, in cui il protagonista si ritrova, quasi per caso, a viaggiare nel tempo e a dialogare con i più importanti artisti dell’epoca d’oro parigina degli anni Venti (spassosi i momenti trascorsi in compagnia di Ernest Hemingway che gli offre addirittura lezioni di scrittura e di vita). Oltre ai personaggi, protagonisti del romanzo sono i luoghi, descritti con cura ed eleganza dalla pena raffinata dell’autrice. Su tutti spicca la Torre di Belloluogo, sito simbolo della Lecce medievale e utilizzata come scenografia per l’incontro serale tra la protagonista della storia e Maria d’Enghien. Perché L’eredità di Maria è un romanzo che si può definire “corale”, in quanto dà voce e lustro alle tante donne che nei secoli hanno portato avanti le loro battaglie, sacrificando, anche con la vita, il proprio credo politico, sociale e culturale, affinché i diritti di poche potessero essere riconsiderati alla pari di quelli maschili, soprattutto in un tempo che privilegiava principi e valori fin troppo arcaici. Complimenti dunque a Tiziana Buccarella per aver creato una storia che, proprio dalle radici di un passato lontano, deve far riflettere su temi e problemi mai del tutto domi, anche in questa strana età contemporanea.
Per l’invio di libri da recensire scrivere a redazione@arteeluoghi.it
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salento cafè noir un pensiero per stefano da Giuliana
STEFAnO CAMBò Salento Cafè noir Il Raggio Verde edizioni pp 200 2019 € 15 ISBn 978-8899679590
Ebbene, lo confesso...non ho mai letto un noir e i motivi sono diversi, primo fra tutti che inizio a leggere tutti i libri e tutti i giornali,iniziando dall’ultimo rigo dell’ultima pagina. Dunque, scoprirei subito il colpevole e poi che gusto c’è? Secondo motivo, fra gli altri, che vivo d’ansia e non posso mettermi in ansia anche se lo so che di solito non muore davvero chi muore in un romanzo. Ma questa è un’altra storia... perché, per me, è vita vera quella che uno scrittore racconta e così sono vivi, respirano personaggi e protagonisti e io mi lego a loro, mi affeziono e, dunque, questo è un problema. Così, per farla breve, non potevo non leggere “Salento Café Noir” perché c’è terra mia, c’è un café, c’è Stefano cambò e questo basta GLORIA DE VITIS e avanza. La maledizione di Toledo per Ugo, E succede subito che l’innamoramento inizia... per Nando, Grifo Editore per le storie e i clochard e per i guerrieri della notte e per una favola 2016 nera che parla di “Speranze”, quelle con la “S” maiuscola che non pp. 216 t’abbandonano mai e poi i Café tutti iISBn cafés della Lecce che 9788866672746 ami...perché è naturale che ami Lecce alla follia e €12,00 piazzetta greca e la villa e una panchina e il suono dell’acqua della fontana. E se non bastasse, mi innamoro dell’amore...per Odysseus e Penelope e vado alla ricerca anch’io e mi viene l’ansia, ma solo un filo di ansia che tanto ho già letto gli ultimi righi del racconto e so che tutto è bene quel che finisce bene e l’amore vince ogni cosa se è affidato alla scrittura di Stefano o di Nando. E poi? poi ti perdi, mi perdo nella usica, in questo gioco noir pieno di note musicali e di sentimento. Poi? Poi lo sapevo che Stefano è Stefano e “core dannatu”, sapevo anche che mi sarei innamorata di quest’altra creatura letteraria...così diversa, così sua, così letteraria. Grazie Stefano al prossimo noir e sarà bellissimo ancora. Giuliana Coppola
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Il villino Ruggieri, reportage footografico di Stefaon Cambò
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monicelli e tornatore per celebrare la cittÀ di rossini Stefano Cambò
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uando si pensa a Pesaro, la mente corre inevitabilmente ad uno dei più importanti autori della musica classica, conosciuto in tutto il mondo per la sua ineguagliabile produzione, che va dal celeberrimo Barbiere di Siviglia al mitico Guglielmo Tell. Stiamo parlando naturalmente di Gioacchino Rossini, soprannominato, per la sua precocità e velocità di composizione, il Mozart Italiano e definito da Giuseppe Mazzini un "Titano di potenza e audacia". Tipico del suo stile era infatti il crescendo orchestrale su una frase ripetuta, tanto da essere ribattezzato, nel gergo musicale per l’appunto, "crescendo rossiniano". E, proprio per ricordare la figura storica e
artistica del grande maestro, in questo articolo vi porterò per mano tra le strade di Pesaro. Vi farò conoscere la sua casa natale e i luoghi più belli e conosciuti di questa località delle Marche affacciata sul mar Adriatico che, nel 2017, proprio per l’impegno e la promozione delle opere di Gioacchino Rossini, ha meritatamente ottenuto dall’Unesco il riconoscimento di città creativa per la musica. Pochi sanno però che nei primi anni novanta, sul suo territorio, si sono ritrovati a girare i propri film due tra i più importanti registi italiani. Infatti, un già affermato Mario Monicelli e un giovanissimo Giuseppe Tornatore vennero proprio a Pesaro per immortalare alcune
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I luoghi del cinema
Per i luoghi del cinema a spasso per Pesaro città natale di Gioacchino Rossini
Piazza del Popolo e la Pupilla di Pesaro, reportage footografico di Stefaon Cambò
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I luoghi del cinema
scene delle loro pellicole. Per quanto riguarda il primo nome, il maestro del cinema italiano scrisse e diresse nel 1991 l’opera Rossini! Rossini! incentrata appunto sulla vita del famoso autore. Essendo un film biografico, si scelsero gli attori Sergio Castellitto per interpretare il compositore nei suoi anni giovanili e Philippe Noiret (l’Alfredo di Nuovo Cinema Paradiso e il Pablo Neruda de Il Postino) per gli ultimi anni di vita. Oltre a loro, ritroviamo anche il cantautore Giorgio Gaber (che ricevette addirittura una nomination ai David di Donatello nel 1992) e Vittorio Gassman nel ruolo del grande Ludwig Van Beethoven. Per quanto riguarda Giuseppe Tornatore, il suo nome è legato alla città di Pesaro perché tra le sue strade girò alcune scene di uno dei suoi film più belli e sentiti. Era infatti il 1990 quando il regista siciliano firmò il melodramma Stanno Tutti Bene, interpretato da un bravissimo Marcello Mastroianni e sorretto, nella colonna sonora premiata con il David di Donatello, dall’amico e maestro concertatore Ennio Morricone. Il film, che nel 2009 ha visto anche il remake americano con Robert De Niro nel ruo-
particolare sfera Pomodoro, a lato: Casa natale di Gioacchino Rossini, reportage footografico di Stefano Cambò
lo del protagonista, ci porta a fare la conoscenza di Matteo Scuri, un anziano vedovo che un giorno decide di lasciare il suo paese del Sud Italia per andare a far visita ai cinque figli sparsi in varie città tra il centro e il nord dello Stivale. Orgoglioso di loro e sicuro di trovarli sistemati con lavoro e famiglia (come del resto gli hanno sempre fatto credere), si accorgerà ben presto che la realtà è purtroppo lontana dalle più rosee aspettative. Il viaggio speranzoso del padre diventa così una metafora sulla vita, sul senso delle cose perdute e sull’amore incondizionato di un genitore che si ritrova, al ritorno, a mentire anche a se stesso e alla sua defunta moglie, parlandole come se fosse ancora viva e dicendole che nonostante le avversità i loro figli “stanno tutti bene”. Per quanto riguarda le locations dei due film e per chi fosse interessato a trascorrere un pomeriggio all’insegna di Gioacchino Rossini e della musica classica, si consiglia di partire dal luogo più rappresentativo della città di Pesaro. Passeggiando per il lungomare si arriva infatti sul
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I luoghi del cinema
Piazzale della Libertà, impreziosito dalla “Grande Sfera” (che gli abitanti del posto chiamano amichevolmente La Palla), una bellissima scultura realizzata dall’artista Arnaldo Pomodoro e diventata, con il passare degli anni, tradizionale punto d’incontro per chi deve vedersi al mare oppure riferimento stradale inequivocabile ogni volta che si debbano fornire informazioni turistiche ai tanti visitatori che affollano la città. Una foto con la scultura dietro è d’obbligo, così come è d’obbligo girare lo sguardo sulla sinistra e ammirare uno degli esempi di architettura liberty più importanti d’Italia. Ossia… Il suggestivo Villino Ruggeri, impreziosito da ricchi e barocchi stucchi zoomorfi e fitomorfi marini. Un edificio che coglierà il turista di sorpresa e lo lascerà estasiato da tanta eleganza e allo stesso tempo semplicità architettonica. Da Piazzale della Libertà si può prendere Viale della Repubblica, che nel centro storico diventa Via Rossini, perché proprio percorrendola si arriva alla casa natale del famoso compositore (trasformata in un museo multimediale che accoglie il visitatore e lo immerge completamente
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La 'Grande Sfera' di Pomodoro, reportage footografico di Stefaon Cambò
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Rocca Costanza, reportage footografico di Stefaon Cambò
Festival, ormai conosciuto in tutto il mondo per la sua instancabile e devota riproposta del corpus operistico del grande maestro. Continuando per Via Rossini si arriva in Piazza del Popolo, cuore pulsante della città, che ospita sul lato nord “la pupilla di Pesaro”, una bellissima fontana che insieme al Palazzo Ducale mostra tutta la sua grazio-
I luoghi del cinema
nelle atmosfere liriche). è bene ricordare che dal 25 febbraio del 1904 tutto l’edificio comprendente la facciata e gli arredi interni è stato dichiarato Monumento Nazionale. Non distante ci sono anche il Conservatorio Rossini e il magnifico Teatro Rossini che, dal 1980 ospita il celeberrimo Rossini Opera
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sa eleganza. Dulcis in fundo, non lontano dal centro storico, sorge la Rocca Costanza, opera quattrocentesca a pianta quadrata, rafforzata da torrioni cilindrici e cinta da un ampio fossato, adibita negli anni del Risorgimento italiano a carcere. E con le immagini ancora negli occhi dei luo-
ghi più belli e rappresentativi di Pesaro, lasciamo la città della costiera adriatica con una celebre frase del maestro Gioacchino Rossini, che riassume in modo perfetto tutto il suo estro e la sua creatività: Datemi una lista della lavanderia e cari miei… Io la trasformerò in musica!
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Foto di Mario Cazzato
lecce residenze d’autore la casa dello scultore cino Mario Cazzato
“
Un insolito itinerario per rendere omaggio ai maestri del Barocco
Salento Segreto
”
C
hi sia stato il Cino (1635-1722) è inutile ribadire. Tuttavia forse non tutti sanno che il grande scultorearchitetto dettò le sue ultime volontà in questa che era la sua abitazione, in via S. Vito, ora Balmes 15, il 18 aprile 1718. Si vedano i putti sorridenti che sostituiscono i capitelli del portale e, su questo, il bassorilievo di S. Vito con ai piedi due cani: l'impronta è tipicamente cinesca. Ci piace pensare che qui, al pianterreno di questa solare abitazione, il Cino e il suo vasto clan, scolpivano le loro statue che spedi-
vano per la vasta Terra d'Otranto e oltre. Si potrebbe pensare ad un percorso turistico che richiami tutte le residenze dove vissero i maestri del Barocco. Guide, fatevi sotto. E come ricorda l’amico Costantino Piemontese, “al piano terra di questo Palazzotto Cinesco ebbe sede lo Studio-laboratorio dello scultore e scalpellino Salvatore Miglietta, nella metà degli anni '70 dell'ultimo Secolo dello scorso Millennio e nei decenni seguenti. Il compianto Maestro Salvatore è padre di Antonio, suo Allievo
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Foto di Mario Cazzato
mie d'Arte leccese e barese-, e di Salvatrice da tutti gli amici conosciuta come Beatrice, e di Anna Maria, entrambe eredi anche loro della Nobile Tradizione e Vocazione familiare. PerchÊ, come si dice qui per voi populi: l'arte te llu tata ete menza mparata!�
Salento Segreto
ed erede della Maestria e dell'Arte scultorea e scalpellina -e da anni Docente di Scultura nelle Accade-
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Buon compleanno Renato tra i tuoi cieli Musicali Cavallino 9 Ottobre 1947
www.renatocentonze.it