Arte e Luoghi aprile 2017

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i luoghi del cinema

la giornata della terra

Viaggio tra le bellezze del paesaggio lucano set cinematografico della “Passione di Cristo”

Dal 22 al 29 aprile, al Pan di Napoli, una settimana di eventi e incontri

anno 123 numero 4 aprile 201 7

Anno XII - n 4 aprile 2017 -

antonio de curtis in arte totò

trento Film Festival

Festival del cinema europeo

Oltre cento film in proiezione, di cui ventidue in concorso, serate alpinistiche, mostre, convegni, libri per la 65^ edizione della rassegna

Tutti i premiati della diciottesima edizione che si è chiusa con grande successo. Annunciato il grande ospite del 2018: il regista Almodovar


primo piano

le novitĂ della casa

IL RAGGIO VERDE EDIZIONI

ilraggioverdesrl.it


EDITORIALE

In copertina e sopra: Totò mentre si trucca, 1950 © associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l.

Cinquant’anni senza il Principe, doveroso e imponente l’omaggio che la città di Napoli gli tributa, aspettando un giorno il Museo Totò...Non perché Totò debba essere un “pezzo” da Museo, anche se l’abbondanza dell’Archivio ne esigerebbe uno. Al contrario egli continua a vivere e ad essere percepito anche dai più giovani come un loro contemporaneo. E se le sue battute continuano a far ridere ancor oggi è perché la sua comicità, insuperabile, è stata geniale e autentica nell’esasperare con quel piglio del complesso dei fratelli siamesi vizi e virtù della gente del popolo, i cambiamenti della società che passava dalla fame e dalla guerra al benessere... La mostra documentaria, in corso fino al 9 luglio a Napoli, contribuisce a far conoscere la complessità di un attore che è stato anche poeta, musicista e pensatore. La sua distinzione dell’umanità in Uomini e caporali è emblematica e dipinge a pennello la società odierna e i nostri mali. Anche in questo numero abbiamo voluto raccontare la bellezza dei luoghi, dell’arte e le mostre che tra inaugurazioni e finissage ci indicano l’unica strada possibile per cercare di contrastare la negatività di questo atomo opaco del male. Dagli scatti in bianco e nero di Michele Piccinno a quelli in quadricromia di Bruno Barillari, dalle visioni oniriche di Vittorio Tapparini alle immagini potenti della scultura con il Compianto di Niccolò dell’Arca. Non mancano le interviste a voci autorevoli del panorama dell’arte contemporanea, Vittorio Sgarbi e Giuseppe Salerno, e ad un affermato attore, regista e autore teatrale, Giuseppe Semeraro, fondatore di Principio Attivo Teatro che ci racconta il suo ultimo progetto teatrale “Il principe felice con lieto fine” che dà una seconda chance al finale della bellissima favola di Oscar Wilde. Un lieto fine che ci auguriamo possa essere scritto anche per il paesaggio salentino, in queste ultime settimane, al centro della vicenda Tap con le eradicazioni degli ulivi e la realizzazione di un progetto che compromette la vocazione turistica e agricola di questo territorio. Pubblicando la nota in merito al concerto del 1° maggio diffusa dal comitato NoTap ci auguriamo che alla fine possa vincere la ragionevolezza e, soprattutto, madre Terra. (an.fu.)

SOMMARIO

Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic

Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Michele Bombacigno

Hanno collaborato a questo numero: Lucia Accoto, Marcella Barone, Giovanni Bruno, Stefano Cambò, Sara Di Caprio, Claudia Forcignanò, Sara Foti Sciavaliere, Giusy Gatti Perlangeli, Matteo Greco, Anna Paola Pascali, Carlo Petrachi, Giuseppe Salerno, Giuseppe Semeraro Redazione: via del Luppolo,6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it

Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.

luoghi|eventi| itinerari: totò 4| radicepura garden Festival 26 | giornata mondiale della terra al pan 54 |itinerarte 61 |la casa museo alberto moravia 71 un quartiere per il suo parroco 72 externa 82 | spaghetti Bridge a lecce 86 arte: guardami. le foto di michele piccinno 12| paesaggi a sud inseguendo la luce 38|vittorio tapparini 32 | lele vianello. i mari del sud 41 dialoghi di arte contemporanea 42 | due vie crucis a castel dell’ovo 68 | l’urlo di pietra di niccolò dell’arca 78 | on the river 87 musica: parlami di Jazz 35| giornata internazionale del Jazz pepe servillo al teatro apollo 36 cinema: Festival del cinema europeo 80| trento Film Festival 88 | i luoghi del cinema: per hollywood passando per la Basilicata 90 i luoghi della parola: memoria, strumento di protezione 10| no tap. primo maggio 47 |no tav...no tap ...come difendere il territorio? 50 | amori letterari: morante vs moravia 66 teatro|danza| nel nome di tito schipa, libro, spettacolo e mostra44| historia de un amor 50 | principio attivo teatro e Wilde 51 libri|luoghi del sapere 62-65 | nel nome di eva : coco chanel 18 | inchiostro di puglia 21 | Festival armonia un mare di libri a tricase 73 i luoghi nella rete|interviste|gusto: intervista a christiane Barckhausen dell’archivio tina modotti 16 intervista a vittorio sgarbi 22 | intervista a giuseppe salerno 68 Numero 4- anno XII - aprile 2017


totò. cinquant’anni senza il principe Antonietta Fulvio

Una mostra documentaria in tre luoghi simbolo della città per ricordare Antonio de Curtis in arte Totò

NAPOLI. Cinquant’anni senza il Principe non potevano passare inosservati. E tanto meno nella sua città, Napoli, che oltre a dedicargli tra l’altro, l’intero Maggio dei Monumenti - che diventa O maggio a Totò realizza la più grande mostra documentaria in collaborazione con l’associazione Antonio de Curtis in arte Totò, presieduta dalla nipote Elena Alessandra Anticoli de Curtis. E presto a Totò sarà intitolata una piazza (precisamente lo slargo compreso tra via Sanità e Discesa Sanità) nell’omonimo rione dove tutto cominciò al secondo piano del civico 109 di via Santa Maria Antaesecula, il 15 febbraio 1898. Quel mattino nel rione Sanità nacque un genio, la quintessenza della napoletanità imprigionata in un volto asimmetrico e in un corpo snodabile come quello di una marionetta. Ancor oggi

è impossibile immaginare Napoli senza Totò così come Napoli senza il Vesuvio. Il suo spirito continua ad aleggiare nei vicoli della sua città, palcoscenico naturale della commedia dell’arte di cui lui è stata la maschera più autentica, forse l’ultima, di sicuro la più amata. Dopo dieci lustri da quel 15 aprile 1967, Totò non solo è celebrato, ricordato dai cinquantenni che sono vissuti a pane e Totò, guardando i suoi film e sfogliando La Livella, ma percepito anche dai giovani come un loro contemporaneo. è come se non se ne fosse mai andato. Lo testimoniano le tre mostre, in corso a Napoli, le celebrazioni che da più parti d’Italia si stanno organizzando - recentemente a Lecce il festival del cinema europeo lo ha ricordato con la proiezione della versione restaurata di Chi si ferma è perduto di

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Al centro Totò mentre si trucca 1950; sotto Totò e Aldo Fabrizio nei Taratassati, © associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

«Una lacrima è solo l’altra faccia del sorriso»

Sergio Corbucci, con una mostra e la riedizione del libro Totò. Tocchi e ritocchi (Il Raggio Verde) e persino Perugia si prepara a dedicargli una strada nel quartiere Balanzano (via Benucci, traversa strada del Piano). Anche i calciatori azzurri gli hanno reso omaggio interpretando le sue frasi più celebri in un video ironico e divertente, realizzato dalla SCC Napoli, mentre la Zecca di Stato ha stampato i 5 euro per celebrare i cinquant’anni dalla scomparsa dell’artista, e l'Università Federico II ha conferito ad Antonio De Curtis, su impulso di Renzo Arbore, una laurea honoris causa alla memoria. Come

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pure non lo ha dimenticato il suo Rione, la Sanità, con l’opera del maestro Giuseppe Desiato in largo Vita. Fresco di stampa, è uscito lo scorso 30 marzo, Totò mio padre scritto da Liliana de Curtis con Matilde Amorosi. Dalle pagine del libro, edito da Rizzoli, balza fuori il ritratto di un padre tenero, del marito geloso, di un uomo con i suoi pregi e i suoi difetti. è una biografia dell’artista, accorata ed inedita, che la stessa Liliana compone come un puzzle attingendo dai ricordi personali, richiamando aneddoti e soprattutto emozioni perché a parlare è la voce del cuore. A portare in giro il


Totò poeta e musicista ci pensa invece l’attore Enzo De Caro, ex componente del trio La Smorfia con l’indimenticabile Massimo Troisi, amico di famiglia e totoista che lunedì 24 aprile sarà al Museo Archeologico con lo spettacolo "In arte Totò", viaggio nel mondo poetico e musicale di Antonio De Curtis. Sì, perché Totò fu straordinario poeta: basta leggere qualche poesia - Preghiera del clown, Chi è ll’ommo, L’indesiderabile, o’ schiattamurto, Il cimitero della civiltà, - per capire la modernità del suo pensiero la capacità di tradurre in pochi versi i sentimenti della sua gente, le riflessioni sulla vita e la società che stava cambiando vertiginosamente perdendo pezzi di umanità. Con il ritmo e la musicalità

propria del suo dialetto tradusse anche la sua anima musicale scrisse quaranta canzoni, a partire da quel gioiello di Malafemmena che tanti autori nel tempo hanno interpretato. Geniale, unico e intramontabile. Mai titolo più azzeccato per dedicargli una mostra che si fa in tre per provare a raccontare l’universo Totò e le sue mille sfaccettature. Totò Genio che si è aperta il 12 aprile e che fino al 9 luglio interessa infatti tre luoghi simbolo della città: il Maschio Angioino, Palazzo Reale, il Convento di San Domenico Maggiore. La Cappella Palatina all’interno del Maschio Angioino nella rassegna Genio tra i geni è ripercorso il rapporto tra Totò e i grandi della cultura del nostro tempo. Tra i materiali

esposti, la collezione completa di disegni di Fellini che vedeva in Totò un artista senza tempo e i trenta schizzi di Pasolini per “La terra vista dalla luna” episodio di Uccellacci Uccellini. Nella sala dorica di Palazzo Reale è stata allestita una particolare esposizione, Totò che spettacolo!, dalla visione del baule di scena che Totò portava in giro nelle sue lunghe tournée nei teatri e sui set cinematografici e poi i costumi originali, materiali che evidenziano il rapporto di Totò e le arti che il suo genio ha saputo declinare dal varietà all’avanspettacolo, al cinema passando per i palchi dei più celebri teatri italiani. Nel grande e piccolo Refettorio del Convento di San Domenico Maggiore, la mostra, Dentro Totò, divisa in sezioni, mette

Alcuni momenti della deposizione della corona di fiori sulla lapide di Totò il 15 aprile 2017 con Elena Alessandra Anticoli de Curtis e il Sindaco Luigi De Magistris (ufficio stampa web tv Comune di Napoli)

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Totò con Titina de Filippo sul set di Totò Peppino e i fuorilegge (1956)© associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

in luce i vari aspetti del personaggio. In particolare, con Totò e il cinema cerca di raccontare attraverso l’esposizione di manifesti, locandine, fotobuste ricordo il successo scandito dai 97 film che lo hanno visto protagonista e acclamato dal pubblico. Curata da Vincenzo Mollica e Alessandro Nicosia la mostra è prodotta da Cor, Creare Organizzare Realizzare e si avvale della co-organizzazione del Comune di Napoli, Istituto Luce Polo Museale Campania Palazzo Reale con la Rai main media partner e Siae e il contributo di Rai Teche e Archivio Centrale di Stato. Un viaggio a ritroso nel tempo alla riscoperta dell’arte universale di Totò, del suo umorismo come della sua umanità. Ma non è tutto.

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Nel riquadro l’immagine della lapide (ufficio stampa web tv del Comune di Napoli)

Il prossimo 25 aprile l’artista Luciano Molino rispondendo all’appello del Comune di Napoli per ‘O maggio a Totò propone un’interpretazione acutissima e originale della figura del “Principe” con il suo inconfondibile segno grafico. Artista poliedrico, pittore e disegnatore al quale si devono tante belle immagini di Napoli e dei suoi personaggi, tra cui Eduardo De Filippo amico fraterno di Totò e altro gigante della cultura parteno-

Totò sul set di Totò,Peppino e la malafemmina, 1956 © associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

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Totò Con il suo solito costume di scena una bombetta un blazer una camicia bianca e una cravatta a farfalla (1950) © associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

pea, Molino si confronta direttamente con l’enigma, il mistero dell’immagine di Antonio De Curtis. Nella mostra che sarà inaugurata dall’assessore alla Cultura e al Turismo Nino Daniele in san Severo al Pendino (via Duomo) Luciano Molino in una ricca serie di dipinti, lontanissime da ogni “commemorazione” con le sue figure ci restituisce un Totò dei nostri giorni, irriverente, paradossale, surreale, ironico e insieme sentimentale, un amico che ci accompagna ancora, dopo tanti anni, che continuando a divertirci e a stupirci ci rende anche un po più liberi. Giunto all’età in cui si tirano le somme Totò dichiarò: «Io non ho ancora fatto nulla, sarei potuto diventare un grande attore invece su cento e più film che ho girato, ne sono degni non più di cinque, ma anche se fossi diventato un grande attore, cosa sarebbe cambiato? Noi attori siamo solo venditori di chiacchiere, un falegname vale cento volte più di noi, almeno il tavolino che fabbrica resta nel tempo, dopo di lui, noi attori, anche se abbiamo successo duriamo al massimo una generazione.» Si sbagliava. Ingresso a una mostra € 6,00; per tutte e tre le mostre € 12,00; ridotto € 4,00 per una mostra, € 9,00 per tutte e tre. Per continuare a seguire gli eventi e a conoscere il pianeta Totò vi invitiamo a visitare il sito ufficiale dell’associazione Antonio De Curtis in arte Totò all’indirizzo: associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

Nella foto Liliana de Curtis con la figlia Elena Alessandra Anticoli de Curtis e l’attore Enzo De Caro autore dello spettacolo "In arte Totò", il viaggio nel mondo poetico e musicale di Antonio De Curtis © associazioneantoniodecurtisinartetoto.com

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memoria strumento di protezione Giovanni Bruno

La riflessione dello psicologo psicoterapeuta

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ll’inizio c’è la nascita di una vita umana , un florilegio di premesse, di promesse, di possibilità che nel tempo evolveranno, si amplieranno ma non troveranno un completamento definitivo. Unire le funzioni innate con quelle che sono le interazioni con l’ambiente non è mai stata un’impresa facile per la scienza e per tutte le operazioni di pensiero. Tuttavia l’intreccio e lo sviluppo di tutte le linee evolutive si realizza con una funzione psichica fondamentale: la memoria. La memoria rappresenta il motore di ricerca del genere umano ,la bussola che ci permette di indirizzare la nostra attenzione verso gli obiettivi e le direzioni che ci consentiranno di organizzare progettare pianificare la nostra vita. La memoria quindi intesa come una base sicura che rende possibile tutte le acquisizioni di nozioni che in senso lato chiamiamo conoscenza. Memoria come capacità di conservare traccia di ogni tipo di stimolo esterno, funzione psichica studiata e indagata dalla psicologia e dalla neurofisiologia.

La distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine è ormai una conoscenza molto diffusa, anche la classificazione dei vari tipi di memoria (semantica, iconica, visiva ecc.) è un dato continuamente approfondito dalla grande stampa divulgativa. In questa sede tuttavia vorrei porre il focus su due meccanismi della memoria che rivestono un peculiare peso nello svolgimento dinamico della traccia mnestica. Il registro sensoriale corrisponde a una prima rappresentazione mentale della realtà con la formazione di immagini che in genere si realizza in modo automatico e continuo. Si costituiscono così delle linee guida che orientano il comportamento del soggetto così da essere in grado di gestire la realtà interna ed esterna. La memoria sensitiva è dunque il primo input, l’ingresso privilegiato di una sequenza di dati e informazioni che darà origine a mondi nuovi. Tutto nasce dal registro sensoriale che in qualche modo permea la successione ordinata degli steps che seguono. Un altro tipo di memoria che

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riveste vivo interesse per gli psicologi è la cosiddetta memoria implicita. Essa ci accompagna per tutta la vita e rappresenta la funzione della mente che contiene e include le tracce dei primi schemi di interazione con l’ambiente. Rappresenta l’imprinting naturale a metà tra predisposizione genetica e le informazioni che il soggetto riceve dalla realtà esterna. è una memoria che protegge la persona anche da ciò che potrebbe crearle danno. Possiamo dire in senso lato che proprio dalla memoria emotiva dipende la stessa sopravvivenza della specie umana. La memoria dunque presiede alla conoscenza umana e grazie alla persistenza generativa del ricordo si concretizza un reale oggettivo o immaginario. Ma il valore di una facoltà intellettiva come la memoria risalta quando essa decade e per patologie di vario genere arriva a risultare confusa labile fugace fino, nei casi più gravi, quasi a evaporare. La malattia di Alzheimer comporta una grave compromissione della memoria, quel sistema di


monitoraggio della realtà che ha funzionato per decenni a un certo punto deflette, nel senso che proprio recede da quell’insieme di linee guida sistemiche che ha rappresentato la trama che ha retto l’esistenza. Abbiategrasso è una cittadina di 32mila abitanti che è divenuta sede di una Dementia Friendly Community, vale a dire una piccola comunità dove tutta la cittadinanza impara a rapportarsi con persone affette da sindrome di Alzheimer. Il progetto parte dall’Inghilterra e Abbiategrasso è solo la prima città capofila ma a breve ne seguiranno molte altre. Nella cittadina lombarda si addestrano i dipendenti del Comune, della Polizia Municipale e degli esercizi pubblici al fine di acquisire particolari capacità di mediazione con soggetti colpiti dalla malattia. L’imperativo è rassicurare persone che sono sostan-

zialmente confuse spesso in uno stato di totale sperdimento in quanto la bussola della memoria è venuta meno. E sembra che ci sia un solo metodo per ingaggiare persone con questo disturbo: cercare un contatto oculare e sorridere perché un soggetto così ha perso tantissimo ma non il sorriso.

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Michele Piccinno, foto dal libro fotografico Guardami, Il Raggio Verde

guardami. scatti in Bianco e nero per annodare i Fili di un racconto

LECCE. Si intitola “Guardami” la mostra fotografica di Michele Piccinno, di origini salentine, ma dagli inizi degli anni ’70 d’adozione trevigiana. Venticinque scatti, rigorosamente in bianco e nero, per raccontare un Salento che non c’è più. Forse. La devozione di un’anziana donna raccolta nel silenzio di una stanza che diventa essa stessa manifestazione di fede: la corona del rosario che pende dal letto, il rametto di palma alle pareti adornate di immagini sacre, la scultura della Vergine sotto una campana di vetro, di quelle che non si vedono quasi più. Volti di bambini colti nel momento del gioco, in strada o nel mare sono l’espressione di un’infanzia dimenticata, momenti di vita contadina racchiusa nella semplicità di

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gesti come attingere acqua da una vasca per disse- pescare, un rito quotidiano cui non si sottrae tarsi e dissetare la propria terra, uomini che neanche il parroco del paese. Sono solo alcune imbiancano di calce i muri delle case o intenti a delle suggestioni che suggeriscono le foto di

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La mostra le foto di Michele Piccinno in anteprima nazionale dal 22 aprile al 12 maggio 2017 nelle sale del Must Museo Storico CittĂ di Lecce

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Michele Piccinno, foto dal libro fotografico Guardami, Il Raggio Verde

Michele Piccinno e racchiuse nel libro fotografico, curato da Bruno Barillari nella collana “Libri di fotografia” edita da Il Raggio Verde. Un viaggio a ritroso nel tempo che evoca situazioni e momenti di vita autentici, uno sguardo quello del fotografo che si incrocia tra le pagine del libro con le parole cucite, come un prezioso ricamo, dalla scrittrice e giornalista Lucia Accoto nel miniromanzo che fa da didascalia alle stesse foto. Un’immersione nell’immagine che diventa suono e racconto di vita anche nel video realizzato da Sara Di Caprio con Lucia Accoto voce narrante. Nato a Bari il 13 febbraio 1948 da genitori salentini, Michele Piccinno ha vissuto fino all’età di ventiquattro anni ad Alezio (Lecce). Nel 1972 si trasferisce per lavoro a Treviso, dove tuttora vive. L’incontro con la fotografia, affascinato dalla camera oscura e dalla potenza espressiva della pellicola in bianco e nero, lo porta a studiare, da autodidatta, e ad occuparsi di quella che è ancora oggi una sua grande passione. Partecipa a mostre collettive e concorsi

nazionali e internazionali, aggiudicandosi il primo posto al concorso Rai indetto dalla trasmissione “Flash” condotta da Mike Buongiorno e “Il Fotoamatore”, rivista ufficiale della Fiaf (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), gli dedica un’intera pagina. Chiude la sua attività, da lui definita fotoamatoriale, con la mostra personale, nella “Galleria Nuova Fotografia” a Treviso nel 1983 dove evidenzia, grazie ad originali inquadrature e giochi chiaroscurali, lo studio del ritratto e del paesaggio finalizzati alla scoperta dell’umanità non solo come soggetto fotografico ma come sentimento ed emozione. Tra maschere e schermi televisivi rovesciati anticipa il disagio e la solitudine dell’uomo contemporaneo che si aggira tra metaforiche stanze vuote. Nella sovrapposizione di scatti sintetizza il concetto di incomunicabilità utilizzando il media comunicativo per eccellenza. Gli impegni lavorativi lo allontanano dall’attività fotografica. Nel 2013 riprende a fotografa-

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re. Nel mirino della sua reflex finisce tutto ciò che cattura il suo sguardo: architetture urbane, paesaggi, persone passando dal ritratto al minimal anche se predilige la street photografy. Libertà, emozione e ricerca dell’ambiguità e del grottesco così come degli aspetti che rimandano all’autenticità dei sentimenti sono le linee guida

dei suoi scatti dove cercare – e ritrovare - anche “scampoli del suo Salento perduto”. Attualmente è impegnato nella promozione della fotografia con incontri che tiene a Treviso e nel Salento, dove ritorna spesso e che si ritrova anche nel suo libro monografico “Guardami”, edito da Il Raggio Verde, accompagnato dal testo che le suggestioni delle sue foto hanno suggerito alla scrittrice e giornalista Lucia Accoto, giornalista, autrice conduttrice di programmi Tv e ghost writer. Dopo moltissimi anni nelle redazioni giornalistiche televisive, oggi scrive per diverse testate online. è passata anche alla carta stampata come direttore responsabile dei periodici “Puglia da Vivere” e “Up! il Magazine”. Ha pubblicato Misteri e delitti nel Salento (Pensa, 2006) e per la casa editrice Il Raggio Verde i libri Mena (2014) e Caro Ulivo ti scrivo (2015). (an.fu.) Guardami di Michele Piccinno Must Museo Storico Città di Lecce via degli Ammirati dal 22 aprile al 12 maggio 2017 Orario di apertura: 12-19, lunedì chiuso.

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Foto dall’Archivio “Tina Modotti” di Bonefro. nelle due foto la fotografa Tina Modotti in basso al centro Tina Mdotti, Falce, martello e sombrero, Messico, 1927 circa

tina modotti FotograFa e rivoluzionaria Antonietta Fulvio

La mostra Tina Modotti – Fotografa e Rivoluzionaria è il titolo della mostra curata da Reinhard Schultz (Galleria Bilderwelt di Berlino) che presenta le opere fotografiche di Tina Modotti. Quasi tutte furono scattate fra il 1924 ed il 1930 nel Messico dove oggi vengono conservati numerosi negativi nella Fototeca Nacional de Pachuca. Abbiamo chiesto di raccontarci questa retrospettiva a Christiane Barckhausen-Canale responsabile dell’Archivio Tina Modotti a Bonefro.

Si apre il 21 aprile la mostra dedicata all’artista nel Municipio di Casacalenda “Tina Modotti, all'anagrafe Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, nasce il 17 agosto 1896 a Udine e muore il 5 gennaio 1942 in Messico. è stata una delle donne più affascinanti del ventesimo secolo. Attrice di teatro e cinema, fotografa, rivoluzionaria, passionaria perseguitata, musa di grandi artisti come Pablo Neruda, modella dei pittori naturalisti messicani David Alvaro Siqueiros e Diego Rivera e ha avuto una grande vera passione: la fotografia. Ed è stata resa celebre dalle sue foto scattate in Messico e per il suo compromesso con i movimenti rivoluzionari degli anni 1930. Questa retrospettiva del suo lavoro fotografico include i suoi ritratti, gli studi delle piante e la sua famosa serie “Donne di Tehuantepec”, ed anche altro materiale poco conosciuto. Tantissime foto che raccontano anche la sua vita, i suoi viaggi... «La rassegna vuole raccontare per immagini anche la vita di Tina Modotti, partita dall’Italia, la nativa Udine, per poi arrivare in California, Messico, Berlino, Parigi, Mosca e Spagna, e far conoscere le persone che furono importanti per lei, fra loro il

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fotografo Edward Weston e gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo. Saranno presenti anche ritratti e nudi fatti da Edward Weston, l’uomo che, all’inizio degli anni ‘20, aprì alla Modotti la via verso la fotografia. Weston e la Modotti furono legati fra loro da una storia fotografica e biografica condivisa, alla quale questa mostra vuole rendere omaggio.»


In mostra anche alcune pubblicazioni importante materiale d’archivio «Sì, nel contesto della mostra sono a disposizione due cataloghi e il mio libro “Sulle tracce di Tina Modotti” una biografia di Tina. Uno dei cataloghi fu pubblicato nel 2010 per accompagnare la mostra alla Kunsthaus di Vienna, Austria. Questo catalogo (176 pagine) è stampato in Duplex ed i testi sono in inglese e tedesco. Sono anche disponibili manifesti e cartoline postali con fotografie della Modotti. Il secondo catalogo (48 pagine) è stato pubblicato per la mostra della Fondazione Apulia Film

Commission, organizzata nel Cineporto di Lecce nel 2012. Il libro di 240 pagine, pubblicato nel 2005 dalla casa editrice Verlag 2002, contiene anche un DVD con il film muto “The Tiger’s Coat”, prodotto ad Hollywood nel 1920. In questo film, Tina Modotti è la protagonista. La colonna sonora fu composta a posteriori dal musicista Jasper van’t Hof.»

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Un’occasione unica e imperdibile per ammirare gli scatti di Tina Modotti e ripercorre la sua vita straordinaria in cui l’arte non fu mai disgiunta dal suo impegno politico e sociale. Allestita nella galleria del Palazzo Municipale in Corso Roma, a Casacalenda, in provincia di Campobasso la mostra sarà inaugurata il 21 aprile e si potrà visitare fino al 24 settembre 2017.


Coco Chanel ritratta da Douglas Kirkland dal libro Coco Chanel Three Weeks-1962

coco chanel, quando lo stile Fa rima con eleganza e liBertà Claudia Forcignanò

Nel nome di Eva

La donna con “l’anima e il corpo meglio vestiti del mondo” che ha rivoluzionato la moda e il concetto di femminilità

C'è stato un tempo, non molti decenni addietro, in cui alcune donne decisero di fare della propria vita un'opera d'arte, diventando icone di stile, femminilità, sensualità, eleganza e al tempo stesso immagine perfetta di un potere per secoli riservato ai soli uomini. Nel corso degli anni qualcosa non è andato per il verso giusto e si è progressivamente assistito ad una sorta di immotivata involuzione che ha portato molte donne ad immaginarsi e comportarsi come una copia dell'uomo, divenendo il fantasma di ciò che sarebbero potute essere, relegando il concetto di femminilità ed eleganza ad un angolo remoto della memoria, giungendo fin quasi a stravolgerlo nel tentativo di convincere se stesse in primis che si tratta di una conseguenza del femminismo. Un vero peccato, se si considera che la storia ci ha fornito figure emblematiche cui ispirarsi, ed è proprio di una di loro che oggi racconteremo la straordinaria vita: Coco Chanel. Trovare il giusto punto da cui partire per raccontare di Gabrielle Chanel, detta "Coco"

non è semplice, più informazioni si acquisiscono, più ci si rende conto che si sta compiendo un viaggio antropologico attraverso un’epoca, una cultura, un mondo che ha segnato per sempre le sorti di un'umanità incapace di custodire insegnamenti semplici quanto preziosi. Gabrielle Chanel, nata a Saumur, in Francia, il 19 agosto 1883, a differenza di quanto si potrebbe credere, ebbe un'infanzia triste, segnata dalla lunga permanenza in orfanotrofio. Come molte sue coetanee avrebbe al massimo potuto aspirare ad un matrimonio che le concedesse uno spiraglio di illusoria libertà, ma la sua natura indomita era destinata a farle percorrere una strada molto avventurosa, una lunga ascesa verso l'immortalità del suo nome. Il lasciapassare di Coco fu l'intelligenza, uno sguardo rivolto al mondo, una perenne ricerca stilistica a favore della liberazione del corpo femminile che coniugasse comodità ed eleganza. La donna voluta e immaginata da Coco Chanel era una rappresentazione della sua visione di

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tempo, l'aveva resa una donna forte, con una spiccata attitudine al comando, una propensione all'autodeterminazione e al rifiuto dei dogmi sociali che la portarono ad amare indifferentemente uomini e donne. Dopo un periodo trascorso cantando in vari locali, finalmente la sua carriera prese la giusta piega e in breve tempo divenne una creatrice di moda tra le piĂš ricercate del secolo scorso, proponendo uno stile dedicato ad una donna che le somiglia-

Nel nome di Eva

un mondo pronto a cambiamenti epocali, in cui il "sesso debole" si preparava ad una nuova stagione in cui il diritto di azione e parola non era piĂš subordinato al volere maschile e quindi necessitava di nuovi abiti che rispecchiassero in pieno questa ritrovata libertĂ . L'esperienza tragica dell'abbandono aveva segnato indelebilmente la vita della stilista, portandola ad utilizzare la sua creativitĂ come veicolo d'amore e apprezzamento per la sua persona, ma al con-

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Nel nome di Eva

Coco Chanelin una foto del 1970 di Marion Pike (Internet) [Public domain], via Wikimedia Commons

va: grande lavoratrice, emancipata, irriverente, libera. Il suo percorso come stilista prese il via nel 1908 a Parigi dove lavorò disegnando cappelli, poi si spostò a Deauville, dove nel 1914 aprì le prime boutique col suo marchio e nel 1916 aprí addirittura un salone d'alta moda a Biarritz, ma per il vero successo dovette aspettare gli Anni Venti con l'apertura di una sede nella storica Rue de Cambon n.31 a Parigi. Fu l'inizio di un successo mondiale che culminò negli Anni Trenta con la creazione dei famosi tailleur presi in prestito dal mondo maschile, composti da gonna a tubino e giacca o, novità assoluta, da giacca e pantaloni, mentre solo pochi anni prima aveva sdoganato il jersey, fino a qual momento relegato alla realizzazione di sottovesti, adattandolo ad abiti dal taglio morbido di colore grigio, blu o beige decorati con fantasie appositamente ideate. Al vestiario abbinò una serie di accessori che fanno tuttora parte dei must have di ogni stagione:

collane di perle, catene dorate, bracciali e anelli accomunati dal fatto di essere prodotti di bigiotteria realizzati con materiali di ottima fattura, ma non autentici o comunque realizzati assemblando pietre preziose e vetri. Era ormai nato il mito Chanel, grandi artisti e magnati parlavano di lei, Salvador Dalí disse:«... Non mostra e non cela le sue idee: le veste. Gli abiti assumono, in lei, un significato biologico di modestia, una violenza mortale, fatale: è un significato tragico, non cinico. E, soprattutto, Chanel è la creatura che possiede l'anima e il corpo meglio vestiti del mondo». Le testate giornalistiche si contendevano una sua dichiarazione, le sue massime diventarono dei mantra imparati a memoria dalle donne di ogni estrazione sociale che miravano ad assomigliarle, le sue risposte argute, famosa quella ad un giornalista che le chieste l'età, al quale senza scomporsi disse:«Dipende dai giorni», entrarono a far parte di un vero proprio decalogo della donna contemporanea. La Seconda Guerra Mondiale, tuttavia non risparmiò neppure lei, infatti il netto calo delle vendite la obbligò a chiudere l'atelier di Rue de Cambon, ma nel 1954, all'età di 71 anni, tornò alla ribalta proponendo un nuovo modello di tailleur composto da un cardigan con la catenella cucita all'interno, una gonna più corta rispetto a quelle degli Anni Trenta e una camicetta in tessuto coordinato con quello interno del tailleur. Da vera imprenditrice, dal 1921 al 1970, con Ernest Beaux e Henri Robert allargò la produzione del suo marchio producendo il profumo "Chanel N°5" che segnò, come ogni cosa prodotta da lei, una rivoluzione: la fragranza estremamente femminile era associata ad un flacone dalle linee semplici, che ricordano uno smeraldo e al posto dei classici nomi pomposi, preferì scegliere semplicemente il suo. Questi geniali ingredienti, uniti alla celebre frase pronunciata da un'altra icona di stile dell'epoca, Marilyn Monroe, che a chi le chiedeva con quale abbigliamento prediligesse dormire, rispose: «Con due sole gocce di Chanel N.5», resero il profumo un’opera d’arte degna di essere esposta al Museo di Arte Moderna di New York. Il 10 gennaio 1971, Coco Chanel lasciò questo mondo, ma il suo esempio, la sua grazia innata continuano a rivestire di una delicata aurea tutto ciò che porta il suo nome, perché «la moda passa, lo stile resta».

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inchiostro di puglia a carovigno con “i sensi della lettura”

Sette postazioni letterarie nel cuore del centro antico per riscoprire libri e autori

CAROVIGNO. Sette postazioni per Inchiostro di Puglia la notte dedicata alla letteratura che quest'anno il 24 aprile 2017 fa tappa a Carovigno, la città della 'Nzegna. Nelle strade del centro storico si snoderà un percorso culturale di crescita individuale e collettiva dove i veri protagonisti saranno i libri e le suggestioni che sanno evocare. La Puglia che resiste e crede nel valore della cultura potrà ritrovarsi fisicamente stretta da un abbraccio grande quanto una regione. A Carovigno il tema della serata è..."I sensi"... L'inchiostro, attraverso un percorso sensoriale ed emozionale, diventerà il mezzo con il quale vivere un'esperienza indimenticabile e coinvolgente. Partendo da Porta Brindisi, lungo via Cattedrale tra corti e vicoli sino a giungere nella splendida cornice del Castello Dentice di Frasso, i “Sensi” della lettura. Partendo dalla prima postazione, “Profumi di…Terra”, Arco Via Santoro con gli odori delle parole pervadono la mente irrimediabilmente…a partire dalle 18 incontro con Angelo Mansueto e il suo libro “La voce di Anita”. “Adoro ascoltare…” è il tema della seconda postazione in Corte De Milato (ore 18,45) con le storie di Maria Neve Arcuti e le donne del suo libro “Torno da me”. Letture accompagnate con le note di Max Sances e Umberto Antelmi per un ascolto emozionante. “La lettura…terapia dell’anima” sarà la terza postazione in Corte Principe del Balzo (ore 19,30) dove si potranno ascoltare i testi scritti e interpretati dagli ospiti del centro diurno della Cooperativa Pegaso Nella postazione 4“ Uno sguardo oltre i segni…”

le parole incontrano l’arte sul Sagrato della Chiesa Madre (ore 20,00 ) letture con Dirce Scarpello autore del libro “L’attrazione dei talenti” che dialogherà insieme ad Elvira Scarpello (docente e scrittrice) mentre si svolgerà un’improvvisazione pittorica suggerita dal contestuale reading letterario a cura di Cornelia Rischgasser “…sotto pelle” sarà il “senso” della quinta postazione in Corte Giotto ( ore 20,45) con la presentazione del libro “ Sogno al chiaro di luna” di G. Bellanova. A seguire scene da “Fahrenheit 451” a cura dei giovani dell’ associazione “liberi di…” Sesta postazione dedicata al “Gusto” nel Chiostro Sant’Anna ( ore 21,30) con protagonisti …il vino, la poesia della terra. Un incontro frizzante con Pino de Luca e le letture dal suo libro “Per canti e cantine” accompagnate dalla degustazione a cura di enoteca “Già sotto l’arco” e masseria “Carrone”. Infine, nella postazione 7 “Storie di impronte” nel castello Dentice di Frasso (ore 22,15) per affrontare lo smarrimento e il senso di solitudine di un gruppo di uomini che vivono insieme una condizione di isolamento sociale. Letture con l’autore Marco Antonio Gallo dal suo libro “Dentro fuori” impreziosite da racconti e testimonianze “ qui e altrove”.

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Nella foto la giornalista Lucia Accoto intervista il professore Vittorio Sgarbi, foto di Annamaria Niccoli,

la Bellezza dell’arte con gli occhi di sgarBi Lucia Accoto

A Lecce la presentazione del suo ultimo libro “Dall’ombra alla luce. Da Caravaggio a Tiepolo” edito da La nave di Teseo

LECCE. Carisma ed irriverenza allo stato puro. Vittorio Sgarbi, critico e storico dell’arte tra i più preparati, passionario di slogan lapidari, il suo “capra, capra, capra” è diventato un tormentone, ha presentato a Lecce il suo ultimo libro Dall’ombra alla luce, da Caravaggio a Tiepolo. Quella di Sgarbi in realtà, al cinema Massimo, è stata una vera lezione d’arte. Una di quelle che non si dimenticano facilmente e che vorresti seguire ancora. Il professore ha aperto il ventaglio di artisti della geo-

grafia italiana del Barocco presentandoli come se raccontasse una storia, entrando nei dettagli delle opere e traslandoli nella vita reale. Non è mancato, in alcuni tratti, il suo tipico linguaggio colorito ed i chiari riferimenti alla città di Lecce che ha detto “non ha bisogno di altro nome che il suo, Lecce” evidenziando la pigrizia dei leccesi perché – ha riferito – dal capoluogo salentino “non partono segnali di una cultura del presente”.

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Sotto: Paolo Finoglio - Castello di Conversano (Bari), Ciclo della Gerusalemme Liberata - https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47404631 Duello tra Raimondo di Tolosa ed Argante

Si leggono i libri per passione, ma anche per una lotta contro la propria ignoranza. In “Dall’ombra alla luce” si colma la scarsa conoscenza del patrimonio artistico italiano? “L’obiettivo è far conoscere ciò che è sconosciuto. Tra l’altro nel libro non c’è, ma potrebbe esserci uno dei più grandi pittori italiani del ‘600 che si chiama Paolo Finoglia che ha i suoi capolavori a Conversano e noi abbiamo una

percezione molto limitata del patrimonio. Io stesso poi porto alla luce artisti che sono poco conosciuti, ma altri sono ancora meno conosciuti quindi il percorso anche per me è di continua scoperta a partire da quelli che tutti conoscono fino a quelli che sono sconosciuti anche a me stesso”. Lei ha una predilezione per gli artisti “silenziosi” che cosa li rende così affascinanti?

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Un momento della presentazione al Multisala Massimo a Lecce, foto di Annamaria Niccoli,

“Sono tutti artisti grandissimi, anche Caravaggio 100 anni fa era nelle stesse condizioni. Non sono dei capricci o delle scoperte perché questi artisti hanno avuto poca luce. Sono dei grandi su cui ancora l’attenzione è limitata. Poi potremmo arrivare a piccoli artisti un giorno e quelli è giusto, forse, che rimangano piccoli”. Nel libro è come se volesse mettere a fuoco i dettagli. La lettura dell’arte cambia visione se ci si concentra sulle piccole cose? “Un libro d’arte deve essere un libro da vedere. è importante oltre a quello che si scrive anche quello che si vede. Per far vedere e far capire, però, quanto siano grandi questi artisti occorre un apparato che in questo caso è pressoché unico. Pochi libri d’arte sono stati così ricchi di illustrazioni come Dall’ombra alla luce che partono da un’idea che coltivammo con Franco Maria Ricci quando nacque la rivista FMR, cioè belle immagini grandi, particolari e poi una illustrazione non troppo pesante e minuziosa, ma evocativa. Ed è quello che ho fatto in questo libro, ci sono testi brevi ed illustrazioni più estese”.

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Caravaggio, Sette opere di Misericordia, 1606-1607. Olio su tela, 390 × 260 cm. Napoli, Pio Monte della Misericordia.

“Negli occhi delle capre” di Rosa da Tivoli c’è una verità dolente, un’umanità mascherata. Portando tutto alla politica quanto essa ha diminuito la sua umanità mascherando slogan e promesse? “Il problema della politica è da un lato la corruzione che si è sempre più estesa intendendo la politica non come un luogo dove esercitare progetti, ideali che vanno aldilà del compenso che tu neanche vedi perché fa parte semplicemente del tuo esistere per un obiettivo. E dall’altra l’ignoranza, la corruzione, la mancanza di consapevolezza dell’azione determino il peggiore effetto della politica. I politici non potendo fare altro di buono perché non hanno alcuna idea rubano, è quello che hanno fatto per tanto tempo e adesso rubano ancora e per di più sono comunque senza un’idea in testa. Non sanno che Italia vogliono e la politica italiana è di una miseria ideale insopportabile. Tutti i problemi che sembrano insolubili sarebbero facilmente risolvibili, ma non vengono risolti. Il problema vero è l’incapacità, l’incompetenza, quindi gli animali sono mediamente consapevoli. Non fanno storia, non hanno memoria, però vivono. E gli uomini avendo capacità di fare storia spesso fanno distruzione e barbarie”.

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radicepura garden Festival l’essenza mediterranea della sicilia

L’ideatore e promotore Mario Faro: «La riqualificazione e il rilancio dell’Isola passa dal paesaggio e dalla natura» GIARRE. «La Sicilia è un grande giardino, l’habitat ideale per ospitare un garden festival. I giardini sono da sempre un elemento culturale, oltreché ornamentale, che ci appartiene e ci contraddistingue, malgrado negli ultimi decenni una fase di mutilazione artistica abbia portato al depauperamento del potenziale territoriale». Così Mario Faro, imprenditore e vicepresidente della Fondazione Radicepura ha presentato il Radicepura Garden Festival, l’evento che verrà inaugurato il 21 aprile e che per sei mesi vedrà a Giarre una rassegna di installazioni vegetali, con giardini a firma di paesaggisti internazionali, mostre artistiche, percorsi culturali, workshop, eventi food, concerti, laboratori ed esposizioni collaterali. «Il Festival dedicato al garden design e all’architettura del paesaggio nasce dalla volontà di valorizzare la cultura del paesaggio e

riportare in auge i valori, i benefici e l’importanza di vivere en plein air – ha continuato Faro - rispettando la natura e l’ambiente in cui viviamo». Gli esempi positivi di garden show di successo quali il Chelsea Flower Show e Chaumont-sur-Loire mostrano come il buon mantenimento delle aree verdi, e la loro promozione, rappresenti un’opportunità significativa di crescita economica. «Il Mediterraneo è un unicum – ha aggiunto Venerando Faro, presidente della Fondazione e imprenditore che da 50 anni dedica la sua vita alla natura - è stato, e continua ad essere, la culla della cultura grazie all’incrocio di tradizioni diverse e di una ricchissima biodiversità». Il Radicepura Garden Festival, pertanto, vuol essere la forza propulsiva che innesca una nuova era di sviluppo economico e culturale di un territorio che ha tutte le

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carte in tavola per tornare ad occupare il posto di rilievo che gli spetta di diritto. Dal 21 aprile, dunque, Giarre (CT) ospiterà la prima edizione del Radicepura Garden Festival dedicato al garden design e all’architettura del paesaggio del Mediterraneo, che vedrà coinvolti giovani designer, istituzioni, imprese, grandi protagonisti del paesaggismo, dell’arte e dell’ar-

chitettura. Fino al 21 ottobre, nel parco botanico di Radicepura, sarà possibile visitare quattordici giardini, realizzati appositamente con le piante più originali coltivate da Piante Faro, che raccoglie 800 specie e oltre 5000 varietà, grazie all’attività portata avanti da oltre 50 anni da Venerando Faro, oggi alla guida dell’azienda insieme ai figli Mario e Michele.

La Fondazione Radice Pura a Giarre, foto di Matteo Carassale

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Nella foto il palazzo nobiliare della Fondazione Radice Pura, nella pagina a lato La Serra di Radice Pura ( crediti Matteo Carassale)

Cuore del festival è la celebrazione del giardino, non solo nella sua valenza estetico-culturale, ma anche per il suo ruolo di luogo ideale per fermare lo sguardo sulle bellezze, in questo caso, della Regione siciliana: attraverso l’interpretazione dell’Esperienza Mediterranea - tema della prima edizione - si vuole dunque creare un evento capace di unire arte, cultura enogastronomica e tutela dell’ambiente, come elementi costitutivi di un territorio straordinario. A questa chiamata hanno aderito numerose associazioni ed enti (tra i quali: FAI – delegazione di Catania, FAI – Giardino della Kolymbethra, UGAI - Unione Nazio-

nale Garden Club e Attività Similari d'Italia, Grandi Giardini Italiani), con l’obiettivo condiviso di dare una piena visibilità al patrimonio botanico che la Sicilia e tutti i paesi che si affacciano sul Mare Nostrum custodiscono, creando una maglia attiva e coesa intorno al tema del giardino. Partecipano a questa prima edizione quattro garden designer di fama internazionale che realizzeranno per il festival giardini site-specific di circa 150 metri quadrati ciascuno. Il paesaggista francese Michel Péna guida i visitatori in un Jardin Parfumé, un giardino verticale per un’esperienza immersiva tra luce e vegetazione.

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Evaporazione mediterranea è il giardino dell’italiano Stefano Passerotti, che riflette sull’attuale situazione del Mare Nostrum, utilizzando la metafora del tronco d’albero adagiato sull’acqua. è un invito all’amicizia e alla fratellanza il progetto della designer arabo – londinese Kamelia Bin Zaal, intitolato Amity e ispirato alla convivialità dei cortili arabi, spazi aperti in cui condividere il piacere di stare insieme. Il paesaggista inglese James Basson ricrea con Arethusa and Alpheusun collegamento ideale tra Sicilia e Grecia, attraverso il mito di Alfeo e Aretusa che unisce simbolicamente i due paesi attraverso la storia del dio


Alfeo, figlio del dio Oceano e personificazione del più grande fiume del Peloponneso, e della ninfa Aretusa, fonte a Siracusa. Altri sei giardini, di dimensioni più piccole, variabili tra i 30 e i 50 metri quadrati, saranno realizzati da giovani paesaggisti selezionati tramite un bando internazionale. La call ha registrato un’importante partecipazione, con oltre 200 domande provenienti da 10 paesi diversi. La giura, presieduta dalla paesaggista inglese Sarah Eberle con Jordi Bellmunt (architetto, paesaggista e docente all’Università della Catalogna), Carmela Canzonieri (Università Kore di Enna e presidente AIAPP Sicilia), Daniela Romano (Università di Catania), Franco Livoti (Fondazione Radicepura) e la collaborazione del direttore artistico Pablo Georgieff, ha selezionato i sei partecipanti, paesaggisti under 35 provenienti da Spagna, Turchia, Italia, Francia e Uruguay. Identità Mediterranea, ideato da un gruppo di studenti del corso di Laurea in Verde Ornamentale e Tutela del Paesaggio dell’Università di Bologna, pone l’accento sul ruolo del Mediterraneo come crogiuolo di culture, attraverso l’uso

di una grande varietà di piante; gli studenti turchi provenienti dalle Università di Istanbul e di Antiochia presentano un giardino – galleria in Passage to Mediterranean mentre Claudia Amias e Joan Battle della Escula Tecnica Superior de Arquitectura di Barcellona puntano l’attenzione sul tema della riforestazione nelle zone aride con il giardino Through Vegetation. La Sicilia è la protagonista del progetto Hortus Salis di Alejandro O’Neill, un omaggio alle saline nate dall’evaporazione del mare nella zona di Trapani e Marsala, e di Re-Live degli spagnoli Carmen Guerrero Mostazo e Andrea Graña, sul tema dei terremoti siciliani e della possibilità di rinascita. S’ispira, invece, alla mantiglia, lo scialle di pizzo usato dalle donne nelle cerimonie, il Jardin de Mantille della francese Maia Agor, attraverso giochi di luci e ombre. Oltre ai dieci giardini, Radicepura ospita per tutta la durata del festival quattro particolari installazioni vegetali. Grazie all’Institut du monde arabe di Parigi, arriva a Giarre l’Anamorfosi, una creazione artistica-botanica realizzata da François Abélanet per la mostra Jardins d'Orient,

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una sorprendente scultura composta da segmenti di piante con misure differenti. In collaborazione con Flormart, l’Università degli Studi e l’Orto Botanico di Padova, fa tappa al festival il Giardino Italia, una sagoma dello stivale allestita con le piante che rappresentano la biodiversità italiana, mentre il Giardino della Dieta Mediter-

ranea, ideato dallo studio Coloco, riunisce varietà di prodotti della terra che caratterizzano il patrimonio della dieta mediterranea. Omaggio alla Sicilia e al rapporto tra l’Etna e il mare, La Macchia di Donatello Chirico è uno spazio attrattivo – ricreativo, dove, grazie a un’installazione di action painting, ogni visitatore avrà la

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Nelle foto l’esterno della Fondazione

possibilità di dipingere la propria macchia indelebile su una tela. Il parco botanico di Radicepura ospiterà, inoltre, interventi artistici e mostre: i due artisti siciliani Emilio Isgrò e Alfio Bonanno realizzeranno opere e allestimenti site specific per il festival; la Galleria Collicaligreggi curerà un programma di

residenze d’artista e una mostra fotografica dal titolo Herbarium al palazzo nobiliare all’interno del parco. Per tutta la durata del festival, è inoltre previsto un calendario di appuntamenti, per approfondire attraverso workshop, conversazioni e passeggiate i temi proposti nella manifestazione. Il 21 aprile apre gli incontri l’architetto paesaggista Paolo Pejrone in conversazione con Emanuela Rosa Clot, direttrice di Gardenia; la sera Palazzo Biscari a Catania ospita l’evento In Fiore promosso da Marella Ferrera, Paola Lenti e Radicepura Garden Festival. Il 24 aprile la nota fotografa lussemburghese Marianne Majerus condurrà un’intera giornata di workshop a Radicepura, dedicata ad amanti della fotografia e a professionisti: dopo una breve introduzione in aula, obiettivo della giornata sarà fotografare i giardini realizzati per il festival, guidati dai preziosi consigli di Majerus. Dal 16 al 18 giugno Sarah Eberle sarà la protagonista di una masterclass di progettazione, patrocinata dai Grandi Giardini Italiani. Tema del corso sarà il restyling di un giardino mediterraneo, con lezioni sul campo in tre giardini siciliani. Il 23 giugno si terrà un workshop di acquarelli con Lucia Scuderi, autrice del volume Il Giardino delle Meraviglie (Donzelli editore) dedicato alle piante ornamentali del Mediterraneo. Tra gli altri appuntamenti, in programma l’assemblea nazionale AIAPP - Associazione Italiana Architettura del Paesaggio il 19 e 20 maggio e un evento promosso da ACER, dedicato al verde nella pubblica amministrazione. In collaborazione con Assovini, è in programma dal 27 a 29 aprile Sicilia en primeur, l’annuale anteprima mondiale della vendemmia 2016 dei vini siciliani. In occasione, inoltre, dell’inaugurazione del festival, grazie alla collaborazione con l’Ugai, il 22 e 23 aprile saranno aperti gratuitamente alcuni giardini privati della Sicilia Orientale, normalmente non accessibili al pubblico. Radicepura Garden Festival proporrà, inoltre, un evento nel palinsesto di Taobuk, festival letterario internazionale, dal 24 al 28 giugno a Taormina. Dal 19 al 21 ottobre, infine, in collaborazione con Paysage e Lineaverde, si terranno gli Stati Generali del Vivaismo e del Paesaggismo. (s.d.c.)

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le visioni oniriche di vittorio tapparini

Nella Galleria della Chiesa di Santa Maria dei Miracoli, dal 22 aprile al 1° maggio 2017

ROMA. Un titolo carico di suggestione che parte da un interrogativo che accomuna tutti gli uomini: Dove è finita la capacità di sognare? Probabilmente in un mondo sempre meno “umano” l’unica via di fuga è nell’arte capace di restituire all’uomo la dimensione del sogno. E C’era una volta il sogno è la mostra di Vittorio Tapparini che si apre sabato 22 aprile nelle sale della Galleria della chiesa di Santa Maria dei Miracoli, in via del Corso 528 a Roma. Un vernissage d’eccezione con la partecipazione del pittore dei ponti newyorkesi Tonino Caputo, salentino di origini ma romano d’adozione. Da via del Leoncino dove passeggiava con un giovanissimo Domenico Modugno passando per le scenografie per Franco Cuomo per la Biennale di Venezia e per le locandine del suo amico Carmelo Bene, ritroviamo Caputo oggi a Roma ad accompagnare in questo nuovo percorso Vittorio Tapparini che presenterà la sua nuova coloratissima produzione pittorica.

Pittore e scultore leccese, approdato in queste ultime collezioni ad un personale espressionismo ironico e romantico, torna a Roma ad un anno dal successo della mostra Favole d’amore che inaugurò proprio nella capitale questo nuovo corso dell’artista salentino con le opere da lui definite “anticrisi”. La voglia di reagire all’indifferenza di un mondo grigio, costretto tra troppi muri, angosce e ingiustizie, lo ha portato a sognare un nuovo inizio. Le sue tele ad olio colorate, la sua bizzarra umanità che si muove sotto cieli rosa, cavalcano la speranza di chi insegue la certezza che un’altra realtà sia possibile. Ricominciare a sognarla con l’arte è l’inizio di una profonda resistenza culturale. «L’arte ha sempre costruito il futuro, immaginandolo molto prima, con avanguardie prima disegnate che idealizzate. Le grandi rotture con il passato, le grandi rivoluzioni sono cominciate tutte così, da un sogno visionario» spiega l’artista. «Ecco quindi i suoi buffi

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Vittorio Tapparini, Favola d’amore

personaggi affannarsi a colorare il mondo e abbattere i muri, le sue tele sorridere con cieli rosa, cuori e stelle che volteggiano nell’aria, l’ironia prendere il posto dello sconforto, la semplicità e la potenza dei giochi dell’infanzia trasfigurare la realtà e scrivere nuove storie, con nuovi spiazzanti finali. Sembra suggerire nelle sue giocose tele ad olio che imparare ad accogliere e costruire un mondo diverso si può, cominciando dalle piccole cose, colorando le nostre case con tetti di panna, nutrendo di favole d’amore i nostri sogni, pescando le stelle, quelle cadute a cui questo fabbricante di storie dà corpo e voce.»- scrive la curatrice, la giornalista Claudia Presicce, nel catalogo che racchiude le opere di questo nuovo ciclo dove - la stessa curatrice spiega le ragioni di un percorso artistico: «L’urgenza narrativa in Vittorio Tapparini è un istinto insopprimibile, inderogabile. Ha dipinto per tutta la vita, in modi e tempi apparentemente diversi, sin da quando ventenne inquieto ritagliava spazi segreti solo per sé e le sue tele, dipingendo di nascosto per non sentirsi giudicato per la “diversità” che la creatività ti attacca addosso. Dai primi lavori di ricerca figurativa si è poi spostato ad una sperimentazione tridimensionale, multimaterica, di grande originalità, potente percorso introspettivo. Nelle ulti-

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un’opera di Vittorio Tapparini

me collezioni poi, come in un giro di boa a metà decennio, è tornato alla pittura pura, strati su strati di olio e colore, che riprendono i livelli infiniti della sua anima lunga e visionaria. Le sue tele oggi seguono la scelta risoluta e mai casuale del disegno puro, surreale, con la voglia di raccontare imprese di uomini e donne, amori

e tradimenti, visioni contemporanee filtrate da uno specchio antico, con la voglia di partire verso un altrove indefinito in un mare con onde insidiose e draghi buoni che rappresentano la società “liquida” con le sue obliquità.» La mostra resterà aperta sino al 1 maggio dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 20.30.

Pittore e scultore, nato a Lecce il 22 luglio del 1961, figlio d’arte, Vittorio Tapparini (foto a lato di Bruno Barillari) annovera numerose partecipazioni in rassegne d’arte e personali nazionali e internazionali. Tra queste vanno ricordate il Premio Sulmona, la Biennale internazionale d’arte di Ferrara, la Biennale internazionale di arti visive di Taormina, Expo Arte di New York, la Biennale di Venezia “Padiglione Italia” e tra le partecipazioni ai musei la personale “Hidalgo” al Must di Lecce nel 2013 e nel marzo 2015 a Pescara al Museo Vittoria Colonna. Nel 2006 è selezionato per il Premio Arte Mondadori e vince l’Ercole di Brindisi, nel 2007 vince il Premio Rembrandt e viene nominato Gran Maestro dell’Arte nel mondo per i suoi meriti artistici. A Lecce, tra le tante mostre, ha ideato e curato tre edizioni della Biennale del Salento: 2010, 2012, 2014. Le ultime personali di pittura sono “Favole d’amore” aprile maggio 2016 a Roma, “Fabbricante di storie” agosto settembre 2016 a Lecce, “Pescatore di stelle” dicembre 2016 gennaio 2017 ad Ostuni.

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parlami di Jazz. appuntamento con le note a salignano e a leuca

Due location per quattro eventi in occasione della Giornata Internazionale del Jazz ideati dall’associazione Lampus

LEUCA. «Uno strumento di sviluppo e crescita del dialogo interculturale volto alla tolleranza e alla comprensione reciproca». Con questa motivazione l’Unesco ha indetto n il 30 aprile Giornata internazionale del jazz. Una motivazione che coglie il potenziale di scambio, confronto e reciproco ascolto tra culture diverse insito nel jazz, una musica che supera le differenze di razza, religione, etnia o nazionalità. Sono davvero tantissime le manifestazioni organizzate per il 30 aprile nelle città del mondo, a queste si aggiunge per la prima volta, Leuca con l’evento Parlami di Jazz organizzata dall’associazione non profit Lampus, in collaborazione con l’agenzia romana specializzata in viaggi culturali Alderan – Note in Viaggio con il patrocinio del Comune di Castrignano del Capo. Quattro appuntamenti tra due location, la Torre di difesa cinquecentesca di Salignano (domenica 23 aprile) e Villa La Meridiana, sul lungomare di Leuca (Sabato 29 e domenica 30 aprile). Si parte dunque domenica 23 aprile (ore 21) alla Torre di Salignano, con l’incontro A different point of view – Le Donne che scrivono il Jazz che vede ospite Lucia Ianniello. Trombettista, compositrice e arrangiatrice, oltre che giornalista, presenterà un excursus sulle donne compositrici nel Jazz, punteggiando la sua esposizione con esecuzioni dal vivo in trio con Paolo Tombolesi al piano/keys e Riccardo di Fiandra al basso elettrico. Sabato 29 aprile doppio evento alle 15 nelle Scuderie di Villa La Meridiana apertura della mostra Occhi sul Jazz, (visitabile fino a sera) che vedrà

protagoniste le coloratissime pennellate del pittore e musicista Antonio D’Aversa e l’intenso bianco e nero degli scatti del fotografo Romano Nunziato. Alle 21 invece ci si sposterà nei Giardini di Villa La Meridiana con il concerto e video proiezioni musica a fumetti del Fulvio Palese Special Trio ovvero Fulvio Palese (foto), saxofono, Andrea Rossetti piano/keys e Giulio Rocca drums e Franco Manni voce recitante. Domenica 30 aprile dalle 15,00 al tramonto - nei Giardini di Villa La Meridiana, oltre a visitare la mostra si potranno gustare gli interventi live del duo Antonio D’Aversa (armonica cromatica) e Ambrogio De Nicola (chitarra).

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giornata internazionale del Jazz peppe servillo al teatro apollo

E prima del concerto presentazione al MUST dell’ultimo libro di Marina Valensise “La Cultura è come la marmellata”

LECCE. Si era detto che il Teatro Apollo avrebbe dovuto ospitare solo eventi di altissimo profilo. Ipso facto. Dopo lo strepitoso concerto inaugurale e l’esecuzione magistrale del Concerto Sinfonia n.9 in re minore per soli cori con l’Orchestra sinfonica Metropolitana di Bari diretta dal maestro israeliano Daniel

Oren e il Coro di Lecce diretto dal maestro Emanuela Di Pietro, il teatro Apollo si appresta ad ospitare il prossimo 30 aprile, in occasione della giornata internazionale del jazz, grandi protagonisti del panorama musicale internazionale: Peppe Servillo, Giovanni Falzone, William Greco, Carla Casarano, Marco

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Bardoscia e Marcello Nisi. Con loro il sassofonista Raffaele Casarano, ideatore del Locomotive Jazz Festival che promuove l’evento in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Lecce. Cantante e frontman degli Avion Travel, con cui, nel 2000, vince il Festival di Sanremo con la canzone Sentimento Peppe Servillo ha scritto testi interpretate da Fiorella Mannoia e Patty Pravo. Autore di colonne sonore, attore cinematografico e teatrale, dal 2005 è il frontman del progetto speciale "Uomini in Frac": un concerto-omaggio a Domenico Modugno rivisitato in chiave Jazz. Nel progetto sono coinvolti alcuni dei più grandi jazzisti italiani: Danilo Rea, Furio Di Castri, Rita Marcotulli, Fabrizio Bosso,


Javier Girotto, Gianluca Petrella, Mauro Negri, Cristiano Calcagnile, Roberto Gatto, Marco Tamburini e vede la partecipazione speciale di Mimmo Epifani e Giovanni Lindo Ferretti. Geniale trombettista e compositore, Giovanni Falzone è uno dei protagonisti del jazz italiano ed europeo con una lunga esperienza anche nel mondo della musica classica. William Greco è un talentuoso pianista neretino. Marco Bardoscia, galatinese, suona il basso elettrico e contrabbasso mentre il tarantino Marcello Nisi, batterista jazz è impegnato in molteplici progetti musicali tra cui Marco Di Battista “Four”; il Quartetto “Locomotive” solo per fare qualche nome. Una formazione al top,

dunque, tra le cui note ci sarà la voce della giovane cantante Carla Casarano. In attesa di scoprire il programma dell’unidicesima edizione del Locomotive Jazz Festival di cui è direttore artistico, nonché ideatore assieme all’associazione “MusicAltra” lo vedremo sul palco del prestigioso Apollo con grandi artisti della scena jazzistica per un live che si preannuncia carico di suggestioni sul filo di una lunga jam session, di nota in nota. Ma prima del concerto, appuntamento alle 17.30 al MUST (MUseo STorico della città di Lecce) con la presentazione del libro 'La Cultura è come la Marmellata' di Marina Valensise. Direttrice dell’Istituto italiano di cultura a Parigi dal

2012 al 2016, dal 1996 collabora con “Il Foglio” e vari settimanali. In passato si è lungo occupata di storia e ha curato l’edizione italiana delle ultime opere di François Furet. Nel 2007 ha pubblicato Sarkozy. La lezione francese e nel 2015 una biografia dell’Hôtel de Galliffet, in edizione bilingue e illustrata. Con Marsilio ha pubblicato Il sole sorge a Sud. Viaggio contromano da Palermo a Napoli via Salento (2012, 2 edizioni), Premio Mondello speciale per la letteratura di viaggio 2013. Nel nuovo libro l'autrice propone un racconto pieno di simpatica ironia e sensibile intelligenza di questo appassionato percorso professionale che ha arricchito, oltre alla sua vita, l’ esistenza presente e futura dell’importante istituto. Al tavolo dei relatori anche Loredana Capone, assessore della Regione Puglia con delega all’Industria turistica e culturale; Luigi Coclite, assessore del Comune di Lecce con delega agli Spettacoli e agli eventi; Raffaele Casarano, musicista e direttore artistico del Locomotive Jazz Festival; Giancarlo Negro, presidente di Confindustria Lecce; Fabrizio Manzulli, marketing manager del Locomotive Jazz Festival; Valentino Nicolì, amministratore della Srl Nicolì Costruzioni, azienda in prima linea nella cura e nel restauro di beni culturali. Prevendite on line: https://www.bookingshow.com/International-Jazz-Day-Peppe-ServilloRaffaele-Casarano-Giovanni-Falzone-Biglietti/97042 Infopoint: Castello Carlo V - Lecce € 10 + prevendita e € 12 + prevendita

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paesaggi a sud inseguendo la luce

Per Vestas Event la personale di fotografia di Bruno Barillari all’Hotel President LECCE. Paesaggi a Sud inseguendo la luce, e le mille variazioni anche le più impercettibili catturate in inquadrature sempre affascinanti e mai scontate che raccontano un Sud, che è anche luogo dell’anima prima che geografico. E Paesaggi a Sud è la nuova mostra fotografica di Bruno Barillari che, dal 16 al 30 aprile 2017, sarà allestita negli spazi espositivi dell’Hotel President Lecce, Via Antonio Salandra 6, nell’ambito del progetto Vestas Events il format che porta l’arte contemporanea negli hotel di “Vestas Hotels & Resorts”, legando a doppio filo, grazie alla curatela di un team artistico dedicato, l’arte dell’ospitalità e dell’accoglienza alla creazione di eventi di altissimo profilo con particolare attenzione alle eccellenze del territorio. Ed eccellente è il profilo artistico di Bruno Baril-

lari fotografo di riconosciuta fama internazionale. Classe 73 nasce a Galatina, Lecce, il 3 aprile. Eredita la passione per la fotografia dal nonno insieme alla sua Rolleiflex GX 2,8 iniziando a fotografare all’età di 10 anni e intravedendo in quella magia non solo un divertimento ma una possibilità. Interrompe il suo corso di laurea in Economia a Commercio a Parma nel 1994 entrando a far parte degli allievi selezionati dall’Istituto Italiano di Fotografia di Milano dove si diploma con successo nel 1997. Trascorre i successivi anni nella sua “piccola mela” dove ottiene i suoi primi contratti nel campo della fotografia editoriale e pubblicitaria. Rientra nella sua città natale nel 2000 dove apre il suo studio ampliando il concetto di ricerca in settori differenti dell’immagine e continuando la sua attività espositiva arricchendola con le prime

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Alcune immagini della mostra Paesaggi a Sud, fotografie di Bruno Barillari

pubblicazioni. Odiando le etichette nel suo settore si dedica a differenti ricerche tematiche convinto che sia meglio “scrivere con la luce che vivere di riflesso”. Le sue foto state pubblicate dalle più prestigiose riviste - tra le quali Vogue, AD, Sposabella, Dove, Times, Vanity Fair - e

quotidiani tra cui Il Corriere della Sera, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Sole 24 Ore, XL (La Repubblica). Attualmente è docente di Direzione della Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bari, per Fotoscuola Lecce è direttore del corso di ritratto e still-life; per la casa editrice Il Rag-

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Alcune immagini della mostra Paesaggi a Sud, fotografie di Bruno Barillari

gio Verde dirige la collana “Libri di fotografia”. Dopo il successo ottenuto con la mostra Dal cielo in esclusiva” con i suoi sguardi inediti in alta quota e il calendario Quarta Caffè (dodici scatti d’autore con protagonista “la pietra”) il fotografo leccese presenta undici inquadrature di Paesaggi a Sud, partendo dall’amata Puglia fino alla confinante Basilicata, mettendo insieme le atmosfere che dal Salento alle Murge raccontano la storia di questi luoghi uniti, nella diversità, da un unico fil rouge: la luce. La luce che si insinua tra le foglie della vegetazione mediterranea, quella abbacinante che fa risaltare il bianco della pietra vestita di calce delle case di bodiniana memoria o che si scompone in mille sfumature colorando le nuvole al tramonto o poco prima dell’imbrunire, evidenziando profili di coste, mute sentinelle del mare come le torri, tracce e icone identitarie. Per definizione, il paesaggio è parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un punto determinato, ma anche il complesso dei beni naturali che sono parte fondamentale dell’ambiente ecologico da difendere e conservare così

come il patrimonio artistico e storico. E nei suoi scatti il fotografo non perde mai occasione per cogliere la bellezza, sorprendendola anche da angolature insolite e diverse, studiando le variazioni tra luci e ombre, dettate dal momento in cui decide di scattare. Scatti che sono il frutto di una ricerca estetica ma anche sperimentale come afferma lo stesso Bruno Barillari nella convinzione che «la giusta chiave interpretativa di una buona fotografia sia il “punto di vista”». Un punto di vista che lo riporta questa volta a mettere a fuoco i suoi tra i più amati Paesaggi a Sud: un magico imprintig di colori e luci che evocano a loro volta profumi, suoni e sensazioni compreso il sibilo del vento che scompiglia i pensieri e le emozioni dell’osservatore. La fotografia compie dunque il miracolo: raccontare il territorio attraverso fotogrammi che ne carpiscono il genius loci lasciando che siano proprio gli occhi, in qualche misura, il mezzo per coglierlo, attraversarlo e lasciare poi che gli altri possano percepirlo per dirla con Proust “con occhi nuovi”. (an.fu.)

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Nelle immagini alcune illustrazioni di Lele Vianello in mostra ad Otranto

i mari del sud negli acquerelli di lele vianello, l’erede di pratt

Fino al 13 maggio nel Castello Aragonese di Otranto OTRANTO. Si è aperta ad Otranto (Lecce) nel Castello aragonese la personale di Lele Vianello, uno dei grandi maestri del fumetto italiano. “Mari del Sud” il titolo della mostra che presenta le illustrazioni e i fumetti dedicata ai grandi mari della letteratura avventurosa, quelli che hanno visto l’ammutinamento del Bounty, il più famoso nella storia della marina britannica, la fuga di Lord Jim e la salvezza del Patna, le scorribande dei pirati che catturarono Robinson Crusoe o, ancora, le gesta del pirata gentiluomo Sandokan. Il mare, l’increspatura delle sue onde e le sue storie sommerse ha alimentato da sempre la fantasia dell’uomo. Non si contano gli scrittori che ne hanno raccontato la furia o la quiete, trovando ogni volta e comunque in esso uno specchio fedele del proprio animo, una metafora limpida della propria vita. “Sono l'Oceano Pacifico e sono il più grande di tutti. Mi chiamano così da tanto tempo, ma non è vero che sono sempre calmo. A volte mi secco e allora do una spazzolata a tutto e a tutti. Oggi ad esempio mi sono appena calmato dall’ultima arrabbiatura. Ieri devo aver spolverato via tre o quattro isole e altrettanti gusci di noce che gli uomini chiamano navi...”. Inizia così Una ballata del mare salato di Hugo Pratt, che ha come protagonista l’Oceano Pacifico. Malgrado i lunghi anni di imbarco sulle navi di carta di Corto Maltese, Lele Vianello, collaboratore del Maestro di Malamocco, ma soprattutto continuatore ed erede del suo universo narrativo, non ha mai dismesso l’amore per il mare, nella vita così come nelle sue

storie. Il mare nei fumetti di Lele Vianello è un protagonista discreto, non rivendica parti né ruoli, conosce la sorte degli uomini e osserva sornione il susseguirsi degli eventi, un re in panciolle con una spumosa barba bianca ed una magnifica corona di gabbiani. Dal Pacifico all’Atlantico e poi ancora oltre, fino all’Oceano Indiano, dall’Argentina all’Indonesia, da Cuba alle Filippine, le storie del maestro veneziano sono un invito al viaggio e all’avventura, un invito a prendere il mare. I mari del Sud di Lele Vianello fino al 13 maggio Otranto, Castello Aragonese Orario: tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00.

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Nella foto: Mauricio Garrido, Dante y Virgilio

dialoghi di arte contemporanea gli sguardi di cinque artisti cileni

Ofelia Andrades, Iris Brodequis, Mauricio Garrido, Franco Lillo e Francisca Yanez in mostra fino al 22 aprile alla Loft GallerySpazio MatEr di Roma

ROMA. Si è aperta lo scorso 21 marzo alla Loft Gallery - Spazio MatEr di Roma, nei pressi del Colosseo, la mostra “Incontri 1.

Diálogos y Desplazamientos Transoceánicos”. Si tratta di una collettiva di cinque artisti cileni Ofelia Andrades, Iris Brodequis,

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Mauricio Garrido, Franco Lillo e Francisca Yañez curata da Carmelo Cipriani che a proposito scrive: “Cinque differenti modi di procedere nel mondo dell’Arte, cinque personalità racchiuse in un microcosmo di sperimentazioni eteroclite. Sculture, dipinti, collage, illustrazioni danno vita a un progetto transmediale, permettendo alla mostra di dispiegare un’interessante presenza di contesti e materiali differenti. “Incontri 1”, prima edizione di un progetto dialogico che ci si augura conoscerà anche le edizioni future, è una mostra che evoca i tempi e i luoghi della memoria e della materia. Nello stare insieme i cinque protagonisti prendono consapevolezza del loro modo di essere e di sentire, della storia del proprio paese e dei rapporti instaurati con il nostro, ordinando una panoramica di interpretazioni complesse e profonde, in grado di potenziare la componente evocativa di ogni singola opera. Riuniti in un unico scenario espositivo dimostrando che in fondo, parafrasando Calvino, il punto d’ognuno coincide col


Nella foto: Iris Broquedis LA familia

punto degli altri”. La mostra è parte di un più vasto programma culturale organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile (IIC) che, attraverso l’esposizione delle opere di cinque artisti cileni che hanno potuto meditare sugli scambi socio-culturali menzionati, si pone come obiettivo quello di sottolineare il profondo legame che ha unito, e ancora oggi unisce, Italia e Cile. Il termine “desplazamiento” - spiega Francesco Scagliola - è fondamentale per comprendere il progetto nelle sue diverse fasi: lo spostamento è ovviamente culturale. Attraverso la propria storia personale gli artisti hanno riflettuto sulla grande storia, sulla grande letteratura e sulle eccellenze artistiche italiane ammirabili nei musei di tutto il mondo. (CIT ) I cinque artisti giungono a Roma grazie al pro-

gramma di residenze d’artista “Sinopsis Australis” e alla sua direttrice Chiara Mambro. Un giusto epilogo di questo viaggio, che è reale e metafisico insieme. La visione d'oltreoceano dell'Italia giunge finalmente a destinazione, attraverso una collettiva densa di contenuti e portati artistici e civili. Loft Gallery Spazio MatEr, Roma, via Ludovico Muratori 11 Piazza Iside Orari: dal 23 marzo al 22 aprile 2017 Da mercoledì a venerdì dalle ore 16 alle 19. Sabato e domenica su appuntamento Chiuso lunedì e martedì , Ingresso libero Info: info@mat-er.com tel. +39 333.6344957

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nel nome di tito schipa. la mostra, il liBro, lo spettacolo

Si è aperta a Bari la mostra dedicata all’usignolo leccese Nel Salento, la vita del tenore arriva nelle scuole e sul palco grazie ai fratelli Spedicato BARI. Se la città di Bari celebra l’indimenticabile tenore Tito Schipa con una grande mostra apertasi lo scorso 10 aprile nel Castello Svevo, nel Salento la storia dell’usignolo leccese rivive attraverso le pagine di un libro, Tito il cantante piccoletto dei fratelli Matteo e Francesco Spedicato, ideatori con la loro associazione, Orpheo per l’alba di domani, anche di uno spettacolo musicale “interattivo”. Un successo con ben 32 repliche, tutte sold out, fino a fine aprile già programmate nei diversi teatri salentini. Si tratta esclusivamente di matinée per le oltre 50 scuole di Lecce e Brindisi che hanno abbracciato il progetto su Schipa degli Spedicato che raccontano: «Siamo partiti con l’obiettivo di riaccendere la memoria sull’Usignolo leccese, raccontandolo ai ragazzi. Quello che stiamo vedendo in questi giorni, le file all’ingresso, anche con qualche rallentamen-

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Nelle foto alcuni momenti dello spettacolo, i fratelli Spedicato e il manifesto della mostra dedicata a Tito Schipa

to al traffico automobilistico in città, i teatri straripanti, il pubblico acclamante e assolutamente partecipe, cantando Schipa come fosse il proprio beniamino, ci fa pensare con emozione che la nostra parte l’abbiamo fatta. Ma siamo solo all’inizio». E certamente il punto di partenza è stato il loro libro/favola (il primo in bilingue sulla vita del tenore) che hanno portato nelle scuole parte di un percorso didattico di approfondimento delle opere del tenore, in nome del quale è stato organizzato un concorso canoro per bambini i cui vincitori parteciperanno all’incisione, con orchestra e coro, del disco “Canta con Tito”. Protagonista dello spettacolo è un cast di giovanissimi interpreti selezionati ad hoc, tra cui i 20 musicisti che ne compongono l’orchestra, l’Orpheo Ensemble la cui direzione è affidata al M° Eliseo Castrignanò, pianista e direttore d’orchestra originario di Calimera (Le), versatile interprete delle maggiori produzioni musicali pugliesi degli ultimi anni, al fianco dei fratelli Spedicato fin dall’avvio del progetto su Schipa, di cui è parte integrante. Lo spettacolo ha due protagonisti, Tito, interpretato dai tenori salentini, Federico Buttazzo e Riccardo D’Ostuni, ed Emilia, interpretata da Claudia Presicci, sedicenne di Galatina (Le), di grande talento e carisma, e Agnese Inguscio, quattordicenne di Veglie (Le) finalista del concorso “Una voce per Tito”, occa-

sione in cui è stata notata e scelta, poi, per “Tito”, dai maestri Spedicato che le hanno dato così la possibilità di debuttare in un cast di professionisti. Tra gli interpreti anche l’attore Luigi Giungato che con Claudia Presicci, nel ruolo di cantante e attrice, vestiranno vari ruoli nel corso dello spettacolo la cui voce narrante è l’attore salentino Fausto Romano, insieme a Patrizia Miggiano. A dirigere un cast così eterogeneo Giovanni Guarino, baritono pugliese, oggi titolare della cattedra di Arte Scenica presso Il Conservatorio “N.Rota” di Monopoli. E, ritornando a Bari, consigliamo davvero di non perdere la mostra “Tito Schipa – La voce e la grazia” che fino al 15 novembre espone cimeli e documenti, pubblici e privati, prestati dalla famiglia Schipa e dall'Archivio Schipa - Carluccio di Lecce. Un archivio creato e curato dall’ingegnere Gianni Carluccio, purtroppo prematuramente scomparso lo scorso marzo. A lui si deve l’imponente raccolta del materiale che in parte consultabile anche dalle pagine del sito (titoschipa.it). Tra i cantanti più rappresentativi del XX secolo fin dai primi successi nella Spagna e nel Sud America dei primi anni del Novecento, seguiti da quelli negli Stati Uniti dell'immediato dopoCaruso e quindi nel mondo intero per 54 anni, un tempo ragguardevole se comparato alla carriera normale di un tenore. Il ricordo e l'appassionato amore tributati a Schipa in ogni parte del mondo vengono tramandati dal figlio che organizza un itinerario di scoperta dell'artista e dell'uomo. Tito Schipa – La voce e la grazia è la prima esposizione antologica sulla vita e la carriera musicale di Tito Schipa uno dei massimi tenori “di grazia" della storia dell'Opera curata da Tito Schipa jr.. La mostra ripercorre le tappe più importanti della vita e della lunga carriera di Tito Schipa offrendo un’immagine completa dell’Uomo e dell’Artista. Le sue arie si diffondono nella maestosa sala sveva del Castello di Bari: interviste, fotografie rarissime, raffinati costumi di teatro, ricostruzione di spazi privati, album digitali, musica in cuffia e filmati esclusivi, raccontano la storia umana e artistica di Tito Schipa. (an.fu.) Tito Schipa – La voce e la grazia Info: Bookshop Nova Apulia 080 5213704 - castello.bari@novaapulia.it

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successo per historia de un amor, il teatro tra tango e poesia

Emozioni e applausi per il debutto con Michele Placido al Politeama Italia di Bisceglie

BISCEGLIE. Un debutto in grande stile per “Historia de un amor” con Michele Placido in anteprima nazionale sabato 22 aprile nel Cinema Teatro Politeama Italia di Bisceglie. La nuova produzione firmata La Nuova Accademia Orfeo, con il patrocinio del Comune di Bisceglie, è un progetto artistico di teatro-canzone, tra poesia, tango e musica, scritto dall’agente teatrale e produttore Gerardo Russo per Standing Ovation con un grande protagonista della scena del teatro e del cinema, Michele Placido. Innamoratosi della città di Bisceglie sin dai tempi del suo film La scelta, interamente girato nella cittadina del nord barese che Placido ha scelto per dare avvio al tour del nuovo spettacolo. E ha profondamente emozionato, la dimensione intimista, melanconica e sensuale del tango in un viaggio poetico d’amore fra i versi di Pablo Neruda, Pedro Salinas e Jorge Luis Borges, con intermezzi musicali, milonghe, rumbe e tanghi, e la magia del ballo. “Historia de un amor” si ispira infatti alla celebre canzone scritta da Carlos Almarán, ma è tanto di più. Assieme al grande maestro Placido protagonisti in scena l’attore Vito Lopriore, l’ensemble dal vivo Project tango, con le voci di Lisa e Vanna Sasso, Domenico Balducci al pianoforte, Marco Boccia al contrabbasso, Giorgio Albanese alla

fisarmonica, Roberto Piccirilli al violino e i ballerini Miky Padovano e Valentina Guglielmi. Si è respirata ieri sera a Bisceglie un’atmosfera di rara intensità emozionale grazie agli artisti che sono riusciti a legare l’eleganza della parola poetica, la passione della musica, la sensualità del ballo, verso dopo verso, nota dopo nota, passo dopo passo rendendo omaggio all’amore. Un’altra prima assoluta ha preceduto la pièce teatrale. La proiezione di “MigrAzioni”, il cortometraggio girato interamente a Bisceglie lo scorso gennaio presso Palazzo Tupputi, frutto del lavoro realizzato dai partecipanti allo stage, organizzato dalla Nuova Accademia Orfeo con la Standing ovation di Gerardo Russo, con il Maestro Placido, affiancato dai docenti Vanna Sasso, Vito Lopriore e Michele Caricola. Un corto che ha molto in comune con i sentimenti che animano il tango, l’amore per la propria terra lontana, la nostalgia del migrante, gravida di melanconia dell’erranza. «Se sei malinconico il tango accarezza dolcemente la tua malinconia, se sei allegro è la colonna sonora giusta per proiettare sugli altri la tua allegria - diceva a proposito il grande Astor Piazzolla: Il Tango sei Tu. Sono i tuoi sentimenti, gli stati d'animo, le tue gioie o le tue tristezze a definire il colore e il significato. (...) il tango è fatto così. Entra nel cuore passando dal canale aperto in quel momento e ne assume la natura».

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principio attivo teatro e Wilde il principe Felice ma con lieto Fine

Intervista al regista Giuseppe Semeraro. In scena a Novoli il 23 aprile

Antonietta Fulvio

NOVOLI (LECCE). C’è una citazione del grande Vittorio Hugo che di tanto in tanto dovremmo tutti ricordare: Il teatro non è il paese della realtà : ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco. E nel Salento, a Novoli, c’è un esempio tangibile della veridicità di quanto asseriva non a caso il drammaturgo, scrittore e poeta, padre del romanticismo francese. Per rendersene conto basterà prenotare un biglietto in prima fila per assistere ad uno degli spettacoli della stagione del Teatro Comunale promossa dal Teatro Pubblico Pugliese e dal Comune di Novoli, in collaborazione con la residenza artistica di Factory Compagnia Transadriatica e Principio Attivo teatro.

Il 29 aprile, ad esempio, andrà in scena La sorella di Gesucristo, il nuovo capitolo della trilogia della provincia di Oscar De Summa, tra i maggiori talenti teatrali degli ultimi anni, finalista del Premio Ubu nel 2015 e vincitore del premio Hystrio Anct nel 2016. Il 6 maggio sono attesti Rocco Nigro e Renato Grilli per chiudere la sezione Novoli Sounds Good mentre Il Teatro per diletto "un cartellone nel cartellone" dedicato alle compagnie amatoriali farà approdare in scena il prossimo 12 maggio Makaria teatro con Sarto per Signora, Sulamente a na cosa nun c’è rimediu della compagnia Mario Teni (20 maggio) e Storie di donne primostudio del Teatro delle Rane (27 maggio). Ma non è tutto. La quinta edizione di “Ci vuole un fiore - a teatro con mamma e papa”, la rassegna dedicata alle famiglie, si concluderà il 23 aprile con una nuova produzione di Principio Attivo Teatro, Il principe felice con lieto fine, riscrittura dell'omonima fiaba di Oscar Wilde che proprio a Novoli sarà presentata in anteprima. Abbiamo chiesto al regista Giuseppe Semeraro di raccontarci l’idea di questa nuovo spettacolo la cui drammaturgia è a firma di Valentina Diana. «Ci è capitato di realizzare un progetto di adozione con il teatro Pubblico pugliese che ci ha permesso di essere adottati da alcuni istituti scolastici e per la precisione abbiamo lavorato con l’Istituto comprensivo di Uggiano La Chiesa e con il Galateo di Lecce. Questo tipo di progetto ci ha consentito di utilizzare le sale polivalenti delle scuole come dei veri e propri laboratori in cui ci siamo ritrovati a provare e a lavorare a questa nuova scrittura teatrale. Gli studenti hanno vissuto le varie fasi del lavoro e hanno potuto sperimentale

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come certi “cannovacci” si giocano sul filo dell’improvvisazione, la stessa rielaborazione del testo di Wilde ha preso forma proprio durante questi incontri». Che peso ha quell’aggiunta della parola “lieto fine” al titolo originario “Il principe felice”? «Il principe felice di Oscar Wilde è una delle storie per l'infanzia fra le più tristi e cariche di retorica. Il nostro intento è quello di rendere giustizia a questa storia mettendone in luce l'aspetto per noi più importante; il sacrificio. Fare cose sacre, per gli altri, per il mondo, per il bene di tutti, per noi stessi. Cosa vuol dire fare qualcosa per gli altri ? Liberarci dal peso della morale dell'altruismo come sacrificio. Perché fare qualcosa di buono ci restituisce gioia, libertà energia.» Come si dipanerà la storia? «Abbiamo immaginato due attori che di professione fanno i rallegratori di fiabe tristi, e come due moderni fattorini arrivano a rallegrare fiabe tristi e noiose. In scena succede di tutto, non mancano momenti divertenti assieme a momenti poetici fino al coinvolgimento diretto degli spettatori per un finale coinvolgente e pieno di sorprese dove il pubblico stesso sarà chiamato ad avere un ruolo determinante e decisivo, il momento che può capovolgere un finale e non solo, ma anche cambiare qualcosa di più grande, quello che sta intorno a noi.»

5 maggio andremo in scena al Teatro Comunale di Gioia del Colle, (Bari). Come ogni nostro nuovo spettacolo anche questo ha bisogno del confronto diretto con il pubblico per “rodarsi” e caricarsi di energie poi di sicuro approderemo ai Festival teatrali più importanti come è accaduto con La bicicletta rossa o Hanà e Momò che il prossimo 26 aprile parteciperà alla 13 edizione del “Little Ladies, little gentleman” International children’ theatre Festival di Ankara.» Il Principe felice con lieto fine chiuderà la rassegna di teatro per ragazzi, ma Principio Attivo Teatro cosa altro ha in cantiere? «Ritorneremo con l’Opera nazionale Combattenti il 6 maggio al Teatro comunale di Galatone e poi l’11 maggio saremo al Festival di Andria con lo spettacolo “Digiunando davanti al mare” dedicato alla poesia e all’impegno civile del poeta Danilo Dolci.»

Cosa vi ha spinti a cambiare il finale? «Con Cristina Mileti ci siamo ritrovati a cambiare il finale quasi un po’ per gioco e pensando in fondo al sentimento di dispiacere provato quando da bambini abbiamo letto questa fiaba bella, ma tristissima, di Oscar Wilde. Abbiamo pensato di dare una seconda chance ai personaggi e far passare messaggi importanti quali la solidarietà e l’amicizia liberandoli dalla retorica e dalla tristezza del finale previsto nel testo di Wilde ma concedendo allo spettatore del nostro principe felice un lieto fine, appunto.» Porterete in giro questa nuova produzione? «Certamente. Dopo Novoli posso anticipare che il

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ggg

il primo maggio no tap l’adesione degli artisti The Skatalites, 99 Posse, Panda Dub sono gli ospiti principali della terza edizione del So What Festival che si terrà dal 5 al 7 agosto a Melpignano, in provincia di Lecce organizzato dall'associazione culturale Altatensione con il patrocinio del Comune di Melpignano. Il Festival, che prenderà il via venerdì 5 agosto con una serata interamente dedicata a Emergency, anche quest’anno prosegue il suo impegno contro la costruzione del gasdotto Tap. Alessandro Mannarino, 99 Posse, Lo Stato Sociale, Assalti Frontali sono stati tra i primi firmatari dell’appello che ad oggi ha raccolto oltre 300

adesioni da artisti da tutt’Italia. Africa Unite, Wu Ming, Bandabardò, Sud Sound System, Don Pasta, Canzoniere Grecanico Salentino, Gabriele Rubini, Roy Paci, Roberto Angelini, Officina Zoè, Boom Da Bash (elenco completo e in continuo aggiornamento sulla pagina facebook del festival) sono alcuni dei firmatari. Il So What Festival - insieme ad altre organizzazioni - sta provando a trasformare tutto questo in una grande festa musicale e popolare. Per esigenza di chiarezza riceviamo e pubblichiamo il comunicato che ci è giunto dal Coordinamento Primo Maggio No tap.

In questi giorni sono tante le informazioni e le notizie che sono rimbalzate sul web e sulla carta stampata, per questo ci teniamo a chiarire un punto essenziale per rispetto di chi ha accettato fin da subito di sostenere la petizione. L'adesione da parte degli artisti alla petizione lanciata dai ragazzi del So What a sostegno della causa NoTap non ha mai previsto una eventuale partecipazione in veste di ospite sul palco di un concerto del Primo Maggio a San Foca. Pensiamo che l'arte e la musica abbiano un ruolo importante e noi operatori del settore abbiamo messo a disposizione “quello che sappiamo fare” per la salvaguardia della nostra terra, conferendole quel valore che merita attraverso una giornata di solidarietà e di musica che spieghi a tutti cos’è Tap e perché non vogliamo che il Salento -nessun altro posto -siano approdo di una violenza paesaggistica di tale portata. Sul palco del Primo Maggio di San Foca ci saranno sicuramente artisti salentini e la Line Up è in via di definizione. Questa spiegazione era necessaria e dovuta soprattutto perché è partito un crowdfounding, una campagna di raccolta fondi finalizzata alla copertura delle spese di produzione - con scadenza 22 aprile, gestita, nella massima trasparenza, dal Presidio NOTAP e da tutte le organizzazioni che si sono messe a disposizione in forma assolutamente gratuita. Se non dovessimo raggiungere la quo-

ta stabilita non sarà possibile organizzare alcun concerto e ciò che è stato raccolto verrà restituito immediatamente a chi ha versato i soldi sul portale. Se dovessimo, invece, superare la somma necessaria per il pagamento dei costi di produzione, la parte eccedente verrà consegnata dal Coordinamento 1maggio al Presidio per qualsiasi necessità. Il palco del 1 maggio non si presterà a strumentalizzazioni politiche e saremo uniti nel dire: "NO TAP né qui né altrove” perché l'affare TAP è una speculazione finanziaria mascherata da opera utile. E i costi sono enormi: 10.000 alberi da eradicare, ettari di scavi e demolizioni, una serie di impianti industriali installati in zone rurali, costi enormi per i cittadini: un processo irreversibile per il territorio. Tutto ciò nella cornice di un conflitto tra Istituzioni: da una parte la speculazione di TAP, multinazionale con sede in Svizzera, sostenuta del Governo centrale tramite il diktat dell'UE; dall'altra il Governo Regionale, i Comuni e le popolazioni locali. Giustificare nuovi investimenti all'estero per estrarre petrolio e gas o nuove infrastrutture in Italia per garantire che petrolio e gas possano "alimentare il mercato europeo" è ipocrita e mette in secondo piano i diritti delle comunità che vivono dove le risorse sono estratte e dove le mega opere dovrebbero essere costruite. Coordinamento Primo Maggio No Tap

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Melendugno (Lecce), nei dintorni della campagna di San Basilio, foto di di Davide Galby Marullo

no tav...no tap... come diFendere il territorio? é una primavera triste quella che timidamente si affaccia nel Salento.... L’inizio dei lavori, nella campagna di San Basilio, l’espianto degli ulivi perché possa lasciar spazio alla centrale di depressurizzazione per il gas che dovrebbe arrivare dal mare, la marina di Melendugno, un mare a bandiera blu... è una ferita al paesaggio e alla storia di questi luoghi, un incubo per la salute dei cittadini rafforzato anche dalle dichiarazioni della Lilt. Sacrosante le proteste del comitato NO TAP che, non da ieri ma da sempre, tenta di gridare le ragioni del “no” a difesa di un territorio la cui vocazione naturalistica e turistica è compromessa dalla realizzazione del gasdotto che se poteva avere altri lidi a cui approdare la sua utilità è ancora tutta da dimostrare. Attendiamo fiduciosi e lasciamo le inchieste alla magistratura e a chi di competenza deve far luce su quanto sta avvenendo in un’area del Salento che è da sempre bellezza, identità, storia, natura; tutte voci che declinano turismo e ricchezza per la gente che da sempre qui coltiva la terra e i suoi ulivi. Anche sua Eccellenza Monsignor D’Ambrosio ha invitato a riflettere su quanto scritto da Papa Francesco al n. 67 della «Laudato sì», l’enciclica sulla cura della casa comune. «è importante - è il pensiero del Pontefice - leggere i testi biblici nel loro contesto (...) e ricordare che essi ci invitano a coltivare e custodire il giardino del mondo (cfr. Genesi 2,15). Mentre coltivare significa arare o lavorare un terreno, custodire vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura. Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tute-

larla e garantire la continuità della sua fertilità per le generazioni future.» Ma a volte il peggior sordo è chi non vuol sentire. é un detto antico ma all’occorrenza sempre valido. In queste pagine, dove per scelta cerchiamo di raccontare la cultura e la bellezza, vogliamo mostrarvi i nostri ulivi, e farvi sentire i nostri poeti che con la sola arma a disposizione hanno voluto dar voce ai tanti salentini che stanno cercando di difendere, presidiando, il loro bene più prezioso che poi è di tutti: il nostro paesaggio. Condividiamo i versi dei poeti Matteo Greco, Giuseppe Semeraro e Anna Paola Pascali. Ad essi si uniscono le immagini di Davide Galby Marullo con gli ulivi della campagna nei pressi di San Basilio, il cui aspetto però è già cambiato. Violato, purtroppo. Come mostra la foto di Gabriele Marullo. E questo fa star male. E le foto diventano un documento prezioso, una testimonianza di come era questo paesaggio. Vorremmo che la campagna ritornasse ad essere come l’avevamo ereditata dai nostri avi. Lo stop dei lavori nel cantiere in queste ultime ore, motivata dall’approssimarsi della stagione estiva, concede una tregua fino ad ottobre. Auspichiamo che la ragionevolezza possa compiere il miracolo e che ad essere estirpati dalla nostra società siano la sete di potere e il malaffare e non gli ulivi secolari. Quegli stessi ulivi che gli antichi ateniesi proteggevano nella loro Costituzione. Gli stessi che anche una legge della Regione Puglia aveva promesso di difendere. Il 22 aprile è stata la giornata mondiale della Terra. Meditiamo e ricordiamoci che questi luoghi, li abbiamo solo in prestito e li erediteranno i nostri figli... (an.fu.)

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ARISTOTELE, Costituzione degli Ateniesi

I LUOGHI DELLA PAROLA | Interventi

Se qualcuno avrà sradicato o avrà abbattuto un olivo, sia di proprietà dello stato sia di proprietà privata, sarà giudicato dal tribunale e se sarà riconosciuto colpevole verrà punito con la pena della morte."

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Le foto degli Ulivi a sinistra e di un momento della marcia delle mamme notap dello scorso 8 aprile sono di Davide Galby Marullo

AGLI ULIVI Aspetta che il seme diventi spinta minuscolo terremoto nel buio terrestre aspetta che il seme apra la terra a piccoli passi verso il cielo aspetta che il seme diventi pianta dolcissima forza che non ha paura aspetta che il seme ci parli di altezze e diventi il nostro gigante d'argento verde aspetta che il seme diventi radice e resista alla vergogna dell'umano aspetta che il seme abbia voce nel vento e con lui intona il tuo canto aspetta che il seme rompa tutte le strade per insegnarci la primavera aspetta che quel seme viva per millenni e che una semplice foglia diventi il tuo piccolo Dio. Giuseppe Semeraro

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La foto di Gabriele Marullo si riferisce all’espianto degli ulivi lo scorso 29 marzo 2017

LA DOGANA INVISIBILE (SU COSA PUò ENTRARE E COSA NO, OGGI IN SALENTO)

Oltre ogni ragione Sai fratello, aveva gli occhi piccoli mio padre. Neri e vispi come quelli di un uccello. Era da sempre immobile e guardingo ma la sua forza stendeva tra le ore. E m'aspettava ansioso, sai, mio padre, ogni qualvolta ero pronta ad abbracciare lo scabro corpo d'un corpo senza nome. Respiravamo insieme questo cielo mentre le braccia cercavano ragione. Danzavamo sospesi, io e mio padre, oltre gli sguardi di chi non vuol vedere. Lo vedo andare a terra ora mio padre, mentre le braccia si lascia mutilare. Mentre tra terra e aria ne estirpano il suo cuore, mentre un uccello s'appoggia per dormire oltre i suoi occhi oltre ogni ragione. Anna Paola Pascali

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Non possono entrare i treni veloci c’è il pericolo serio di uscire dal passato non possono entrare i marocchini e gli algerini a meno che non stiano zitti e buoni in mezzo ai pomodori, sotto il caporalato. Possono entrare le trivelle lo ha detto anche il referendum quello di cui hanno parlato in Italia due tg dopo il servizio sulle caramelle. Può entrare Briatore, certamente e tutti i vip degni del twiga. Come? Tu non ci puoi entrare? Eh, che sfiga! Può entrare, ma prego, anche il gasdotto e non si dica che a Sud non ci sono i collegamenti e l’infrastruttura possono entrare, ritornare sempre le friselle, i racconti, i ragni pizzicanti, i canti può entrare certamente la cultura a patto che viva d’estate solamente che resti sopra i palchi a dire de lu sule de lu mare e de lu vientu. Lo chiamano Salentu ma è solu muttura. Matteo Greco

I LUOGHI DELLA PAROLA | Interventi

ERA MIO PADRE OGNI ULIVO CHE HANNO DEPORTATO

Può passare il gas sopra gli ulivi i fumi del carbone sopra la via Appia possono passare le polveri dell’Ilva nel quartiere Tamburi, sulla giacca e le magliette dei bambini.


giornata mondiale della terra al pan di napoli

“ NAPOLI. La Giornata Mondiale della Terra | Earth Day (22 aprile 2017), è stata celebrata anche quest'anno, presso il Pan | Palazzo delle Arti di Napoli, che ospiterà, dal 22 al 27 aprile, al piano terra (Loft, Atrio, Foyer e Sala Pan), la quarta edizione degli Happy e ARTh DayS. “Eco ed Ego: individualismo e coscienza ecologica” è il tema di questa edizione, ideata, promossa e organizzata dall'associazione ArtStudio'93 in collaborazione con l'Assessorato alla cultura e turismo del Comune di Napoli. L’evento ha ricevuto, anche quest'anno il Patrocinio dell'Earth Day Italia, entrando nel calendario delle Celebrazioni nazionali ufficiali dell'Earth Day 2017 nonché di WWF e Slow Food. La mostra ospita pro-

getti fotografici inediti, opere di Land Art e istallazioni ambientali, istallazioni di sound e visual art, in collaborazione con importanti festival del settore, come Land Art Campi Flegrei, Liminaria, Interferenze, Pollinaria e con Naturarte di Lodi e MAAM Museo dell'altro e dell'altrove di Roma. Tra queste, sarà scelta da una giuria tecnica, l'opera che riceverà l'Happy e ARTh Day Prize 2017, che quest'anno sarà realizzato da Fornace Falcone, partner della manifestazione, su disegno a quattro mani di due maestri dell'arte contemporanea, Quintino Scolavino e Carmine Rezzuti, artisti ospiti dell'evento. Per tutta la durata della manifestazione Sala Pan sarà allestita un'area talk, in cui saranno ospitati incontri, confe-

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Dal 22 al 29 aprile, al Pan Palazzo delle Arti Napoli la manifestazione ideata dall’associazione ArtStudio ‘93


renze e sui temi correlati alla difesa della Terra. Il primo incontro è stato dedicato alla presentazione del volume Il campo espanso -Arte e agricoltura in Italia dagli anni Sessanta ad oggi, a cura di Simone Ciglia. Il volume si propone d'indagare alcuni nodi della trama fra arte contemporanea e agricoltura, concentrando il proprio sguardo sull'I-

talia dagli anni Sessanta ai nostri giorni: a partire dall'Arte Povera, attraverso le esperienze centrali di Gianfranco Baruchello e Joseph Beuys, fino alla parziale eclissi nel postmoderno, per arrivare al panorama degli ultimi quindici anni, testimoni di una rinnovata presenza della ruralitĂ nello scenario artistico. Intervengono Leandro Pisano,

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Fornace Falcone Premio HED 2017 - Carmine Rezzuti e Quintino Scolavino artisti ospiti; sotto l’immagine di una frana (fonte: ufficio stampa)

curatore del Festival Interferenze e Gaetano Carboni, curatore di Pollinaria. Ospite l'artista britannico Angus Carlyle. Interazioni sonore dell'artista Fabio Perletta. Da segnalare nel ricco programma l’appuntamento di mercoledì: 26/04/1937 – 26/04/2017 Il Terzo Paradiso per Kid's Guernica. A ottant’anni dal bombardamento della città spagnola, la Fondazione Pistoletto e Kid's Guernica propongono un laboratorio per realizzare con gli studenti una tela di grandi dimensioni, che viaggerà nel tempo, per arrivare a Scampia. L'appuntamento sarà l'occasione per il lancio di un nuovo progetto internazionale che porterà in sé una proposta per un futuro di pace e dialogo nel rispetto

delle singole tradizioni. Noi piantiamo gli alberi o gli alberi piantano noi Joseph Beuys e la pratica ecologica come scultura sociale è l’interessante tema della conferenza di giovedì 28 dedicata a Joseph Beuys, uno dei massimi esponenti dell'arte contemporanea e pioniere dell'impegno artistico in difesa della natura. A chiusura della manifestazione si terrà inoltre la conferenza sui "Progetti d'arte per la Terra", con le artiste Daniela Gorla ("Le grandi madri" -Naturarte) e Nicca Iovinella("Ancient Freedom" - Mann, vincitrice degli Happy Earth Days 2016). Approdondimenti: www.artstudio93.org

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Francesco del drago. parlare con il colore Roma, Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese Viale Fiorello La Guardia Ingresso gratuito. Orario: dal martedì al venerdì ore 10 – 16 ; sabato e domenica ore 10 -19. Info 060608 www.museocarlobilotti.it Keith haring. aBout art Milano, Palazzo Reale fino al 18 giugno 2017 Orari: lunedì: 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30; giovedì e sabato: 9.3022.30 (ultimo ingresso un’ora prima della chiusura). Ingresso: Intero € 12 / Ridotto € 10/ Ridotto scuole € 6 / Biglietto Famiglia: uno o due adulti € 10 a testa, bambini fino a 5 anni gratuito, da 6 a 14 anni € 6 adrian paci. the guardians Milano, Complesso Museale “Chiostri di Sant’Eustorgio” (ingresso da piazza Sant’Eustorgio 3) fino al 25 giugno 2017 Orari: tutti i giorni, dalle 10 alle 18 (la biglietteria chiude alle ore 17.30) Biglietti (Mostra + Museo Diocesano + Museo di Sant’Eustorgio e Cappella Portinari): Intero: € 6,00; Info: 02.89420019 art dÉco. gli anni ruggenti in italia Forlì, Musei San Domenico fino al 18 Giugno 2017 Informazioni e prenotazioni mostra tel. 199.15.11.34 Riservato gruppi e scuole: tel. 0543.36217

guercino a piacenza fino al 4 giugno 2017 Cattedrale di Piacenza (piazza Duomo) Musei di Palazzo Farnese piazza Cittadella 29 Orari: martedì, mercoledì, giovedì, domenica, dalle 10.00 alle 19.00 venerdì e sabato, dalle 10.00 alle 23.00; lunedì chiuso Intero: Cattedrale: 10 €; Palazzo Farnese: 7 €; tel. 335.1492369 pinocchio nel cuore di napoli mostra laBoratorio Napoli, Complesso Monumentale SS. Annunziata, Salone delle Colonne via Annunziata 34/ via Egiziaca a Forcella 18 fino al 30 giugno 2017 In mostra: “Intorno a Pinocchio” di Aldo Capasso e i Totocchi di Riccardo Dalisi Incontri di lettura: "Pinocchio in fuga alla ricerca di sé" (Andrea Rauch, Giancarlo Alfano, Maurizio Braucci, Cesare Moreno); venerdì 21 aprile: Andrea Rauch "Pinocchio e la sua immagine"; venerdì 28 aprile: Giancarlo Alfano “Pinocchio Eroe dei tre mondi” WoW, gilles! Milano, Spazio Oberdan viale Vittorio Veneto 2 21 aprile - 16 luglio 2017 Orari: lunedì chiuso; dal martedì al venerdì: 11-13/14-19; sabato e domenica: 11-20. Ingresso: 11 €. Info +39 02 36638600 marcello morandini Museo MA*GA, via E. De Magri 1, Gallarate VA, fino al 16 luglio 2017 Orari:Lunedì chiuso Martedì-venerdì, 10.00|18.30 sabato e domenica, 11.00|19.00 Info: Tel. +39 0331 706011 utsanga. modulazioni granulari Francesco aprile, cristiano caggiula, egidio marullo Specchia, Palazzo Risolo fino al 14 maggio 2017 vernissage 24 aprile 2017, ore 20. Apertura: venerdì, sabato, domenica ore 17-21; compresi il 25 aprile; 1 maggio; 13-14 maggio; ore: 11-13/17-21

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cortesie per gli ospiti. un gallerista. la sua visione. un progetto espositivo giampaolo aBBondio (galleria pacK) Spoleto (PG), Palazzo Collicola Arti Visive (piazza Collicola 1) fino al 12 maggio 2017 Orari: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 17.30.Chiuso martedì Ingresso: Intero - € 6.50; Ridotto - € 4.00 (dai 15 ai 25 anni). Gratuito fino a 14 anni. Info: tel.0743.46434; info@palazzocollicola.it helmut neWton. FotograFie, mostra a cura di Matthias Harder e Denis Curti PAN|Palazzo delle Arti di Napoli fino al 18 giugno 2017 Via dei Mille, 60, 80121 Napoli Orario di apertura: 09:30–19:30 Info: 081 795 8651 percorso illustrato sulla vita e l’opera pastorale di san carlo Borromeo Arona (NO), Parco della statua di san Carlo (piazzale san Carlo) fino al 15 ottobre 2017 Orari : tutti i giorni, 9.00 – 12.20 / 14.00 – 18.15; domenica orario continuato; Ingresso al terrazzo e interno statua: € 6,00; Ingresso solo al terrazzo: € 3,50 Informazioni: Tel. 0322.249 669 alessandro papetti paesagginterni Catanzaro, Museo MARCA via Alessandro Turco, 63 Dall’8 aprile al 10 giugno 2017 Orari: tutti i giorni, 9.30-13.00; 15.30-20.00. Lunedì chiuso Ingresso: intero: € 4,00; ridotto: € 3,00 Info: 0961.746797 I MAESTRI DEL COLORE. ARTE A VENEZIA NELL’800 Milano, Galleria Bottegantica (via A. Manzoni, 45) fino al 20 maggio 2017 Orari: da martedì al sabato 10-13 e 15-19 Ingresso libero Info: (+39) 02 62695489 (+39) 02 65560713

ITINER_ARTE...DOVE E QUANDO...

da haYez a Boldini. anime e volti della pittura italiana dell’ottocento Brescia, Palazzo Martinengo (via dei Musei 30) fino all’11 giugno 2017 Orari: da mercoledì a venerdì, dalle 9.00 alle 17.30; sabato, domenica e festivi, dalle 10.00 alle 20.00; lunedì e martedì chiuso. Biglietti: intero 10€; ridotto 8€; ridotto gruppi 8€; scuole 5€ Visite guidate: gruppi 80€; scuole 45€. Info e prenotazioni: tel. 380-4650533


LUOGHI DEL SAPERE

“puesei a lingua leccese” di Francescantonio d’amelio

FRANCESCANTONIO D’AMELIO Puesei a lingua leccese Il Raggio Verde edizioni, 2017 Collana Riscoperti pp. 104 ISBN

Tra tanto fiorire editoriale, a volte capita di potersi regalare dei momenti di lettura con scelte gratificanti. è il caso dell’edizione anastatica delle “Puesei a lingua leccese”, di Francescantonio D’Amelio – edizione del 1891, riproposta dalla casa Editrice Il Raggio Verde, Lecce, 2017 – che apre la collana editoriale “Riscoperti”, ideata da Fabio Colella e diretta da Giusy Petracca, con introduzione di Alessandro Laporta. è come calarsi all’improvviso in un mondo che si credeva non avesse lasciato traccia di sé e di cui invece si riscoprono i sapori, i ritmi e i suoni con versi dialettali eleganti e di gradevole musicalità che scorrono come un susseguirsi di dolci accordi melodici ben modulati, mai chiassosi, per sviluppare temi storico-mitologici o le ricorrenze più importanti, comprese quelle religiose, il tutto rispecchiante il modo di sentire popolare. I versi, di epoca post-unitaria, sono un bell’esempio di dialetto leccese puro – fatto salvo qualche italianismo – da cui non è difficile iniziare un percorso linguistico a ritroso per riscoprire come lemmi ed espressioni siano figli di madre greca e di padre latino. Le note originali di Ersilio Bicci, concorrono tanto all’intendimento di qualche termine o espressione ormai inusuali, quanto alla comprensione del percorso etimologico. Da notare che la “d” cacuminale è segnata come “dd”, così come il fonema “c”, seguito da e o i, simile nel suono alla c romanesca non è indicato dal grafema “c” sormontato da spirito aspro, ma da “sc”. A chi conosce la lingua salentina, è chiaro che esiste una sostanziale differenza tra baçiare (= baciare) – che per comodità di digitazione e adattamento alle risorse Fonts del computer, ho scritto con “ç”, con la cediglia anziché con lo spirito aspro, come ormai faccio da anni – e basciare o bbasciare (= verbo abbassare). La scelta di questa riedizione è quanto mai opportuna non solo per un recupero della lingua salentina d’origine, ma soprattutto in considerazione dell’attuale momento storico nel quale, con le dichiarate intenzioni di un globalismo linguistico (che si sta trasformando in una torre di Babele) a forte prevalenza anglofona, si stanno falcidiando tante peculiarità e varietà linguistiche che connotano la cultura e l’identità un popolo. Mi sia consentita una digressione. Oggi la lingua dialettale leccese, anche in famiglia, si parla poco e male per cui i giovani cercano di dialettizzare lemmi italiani che in dialetto esistono già: è il caso del termine italiano “mese” che molti dialettizzano in “mise”, dimenticando che nel dialetto leccese il termine, al singolare è uguale all’italiano: mese, mentre al plurale è misi; per non parlare poi di un’espressione dialettale di nuovo conio: “s’ha zzitatu!”, per dire si è fidanzato, da zzitu = sposo, mentre l’espressione dialettale originaria era: face l’amore cu… (= fa l’amore con…). L’italiano, invece, in molti casi, si parla male e si scrive peggio. Non

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per questo, a livello generale, si può vantare una piena e corretta acquisizione della lingua inglese, che – ironia della sorte! – dopo la Brexit non rientra più tra le lingue dell’UE. Ciò nonostante l’inglese si usa a proposito e a sproposito (così come don Abbondio usava il latinorum) non per maggior chiarezza, non con l’intento di meglio codificare una volontà legislativa, ma con la prerogotiva, spesso mal celata, di ingarbugliare leggi, concetti e principî. Citerò, uno per tutti, il recente caso dei “vouchers”, termine che, stando al vocabolario inglese-italiano, significa “documento giusificativo, tagliando, buono”, ma che nella realtà, senza dotti giri di parole, tradotto in lingua dialettale leccese, concettualmente sta a significare: “Tie fatîi pe mie e jeu te dau ‘na puccia e ‘na cipuddhra.” (Tu lavorerai per me e io (in cambio) ti darò una forma di pane e una cipolla). E tutto questo, in barba ai principî costituzionali che la volontà popolare ha deciso di mantenere invariati. Anche la lingua storicizza i tempi! Non mi meraviglierei se, a questo punto, lu Frangiscantoni d’Amelio si levasse dalla tomba per gridare a qualche saputello neo-anglofono: “Parla comu t’ha fattu mammata!” Carlo Petrachi

guida all’architettura contadina del salento le guide verdi di congedo

ANTONIO COSTANTINI Guida Verde isbn: 9788867661619 Edizioni Congedo pp.345 10,00 €

é la guida numero cinquanta edita da Congedo firmata da Antonio Costantini. Si chiamano così perché l'attenzione tradizionale al singolo monumento si spostava alla natura e al paesaggio. Antonio Costantini autore di questa guida, come tutti i veri studiosi, ci ha insegnato un nuovo modo di vedere e concepire il paesaggio con tutte le strutture edilizie, anche minime, che lo connotano. è stato il primo in Italia a parlare di "barocco rurale". Un progetto iniziato nel 1990, con la Guida alla Grecia Salentina e che vede insieme due studiosi lo stesso Costantini e lo storico Mario Cazzato. In quest’ultimo lavoro 345 pagine in quadricromia sotto la lente passano le costruzioni a secco tipiche del territorio - pagghiari, furneddhi, liame, paretoni, spase e littere - fino ad arrivare alle aie, pollai, pozzi, pozzelle, cisterne, neviere, torri colombaie e trappeti. Insomma un vero e proprio excursus alla scoperta del paesaggio rurale dai silenzi favolosi così come li definiva il pittore Vncenzo Ciardo ma animato da “uomini maschi, buoi, lamie, cripte, calogerati, masserie, brecce, ossifere, e il Jonio dal ceruleo magico” come scriveva Luigi Corvaglia nel romanzo FinibusTerrae. Testi e immagini forniscono al lettore la chiave di lettura di un paesaggio della pietra che il contadino salentino ha saputo strappare alla roccia ricavando fazzoletti di terra tra muretto a secco... Le architetture rurali del Salento sono espressione della tradizione contadina di questa terra millenaria che la Guida di Antonio Costantini racconta con precisione e passione intervallando le belle immagini, i disegni e le tavole riportate con testi e dotte citazioni letterarie che invitano a vistare e a riscoprire questo straordinario patrimonio paesaggistico e architettonico.

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LUOGHI DEL SAPERE

GGGGG mito classico e poeti del ‘900 il nuovo liBro Bianca sorrentino

BIANCA SORRENTINO Mito classico e poeti del ‘900 Stilo Editrice Edizione: 2016, pp. 168 • € 14,00 ISBN: 978-88-6479-161-6

All'interno del Maggio dei Libri, campagna nazionale nata nel 2011 per volontà del Centro per il libro e la lettura con l’obiettivo di sottolineare il valore sociale della lettura nella crescita personale, culturale e civile, la Biblioteca Pubblica Arcivescovile "A. De Leo" organizza l’iniziativa "Il mito è la penultima verità" con la presentazione del libro di Bianca Sorrentino, Mito classico e poeti del '900, Stilo Editrice 2016. Attraverso un dialogo con Katiuscia Di Rocco, direttrice della Biblioteca, l'autrice racconterà come il mito sia la storia che l'uomo racconta a se stesso per dare forma al caos. Il volume accosta con eleganza e tenerezza il mito antico a versi della poesia contemporanea rintracciandone le affinità. Secondo J. L. Borges, la poesia e la letteratura in generale utilizza una struttura ed un linguaggio non comuni e cioè comunica attraverso dei fattori che riflettono delle strutture interiori. Il discorso sulle strutture più interiori è strettamente connesso a quello del mythos, come è ottimamente individuato nel testo di Bianca Sorrentino. Il «mito» è oggetto della poesia fin dalle origini della letteratura occidentale che si fanno risalire ad Esiodo ed Omero. La poesia è il linguaggio del mito, il linguaggio dell'interiorità dell'uomo. Nel testo della Sorrentino la poesia e il mito sono brillantemente ed indissolubilmente legati: il canto del poeta e l'attività del mitografo coincidono in una forma elegante, lineare, intelligente e precisa. Per l'occasione la biblioteca metterà in mostra alcuni libri antichi che raccontano i miti antichi: François Fénelon de Salignac de La Mothe, Le avventure di Telemaco figliuolo d'Ulisse, Modesto Fenzo, Venezia 1744 con incisione in antiporta e nota di possesso di Francesco Martucci Clavica "Raffaele Elia, memento mei"; Michele Torcia, Elogio di Metastasio poeta cesareo, Raimondi, Napoli 1772, con ritratto calcografico di Pietro Metastasio sul frontespizio inciso da Benedetto Cimarelli, con iniziali e fregio xilografico e con alla fine un foglio incollato con poesia "Metastasio prendendo il S. Viatico"; Homerus, L'Iliada d'Omero trapportata dalla greca nella toscana lingua da Federico Malipiero nobile veneto. Libri ventiquattro. Aggiontovi nel fine Il ratto d'Elena, Paolo Baglioni Venetia 1642, con iniziali e fregi xilografici e marca tipografica rappresentante; ed infine Vergilius Maro Publius, L'Eneide di Virgilio del commendatore Annibal Caro libri dodici, Domenico Tabacco, Venezia 1741 con fregio xilografico sul frontespizio. “La tendenza al mito è innata nella razza umana. è la protesta romantica contro la banalità della vita quotidiana” William Somerset Maughan. Il volume accosta il mito antico a versi della poesia contemporanea rintracciandone le affinità; "la forza del suo lavoro è nella grande leggibilità, nella grazia con cui sa essere accessibile e profonda" (dalla Presentazione di Isabella Leardini). I componimenti poetici proposti sono di: Anna Achmatova, Attilio Bertolucci, Jorge Luis Borges, Bertolt Brecht, William Bronk, Rosario Castellanos, Nicholas Christopher, Lucille Clifton, Marina Cvetaeva, Eugénio de Andrade, Hilda Doolittle, Louise Glück, Zbigniew Herbert, Konstantinos Kavafis, Osip Mandel'atam, Alda Merini, Heiner Müller, Mary Noonan, Dorothy Parker, Pier Paolo Pasolini, Cesare Pavese, Sylvia Plath, Ghiannis Ritsos, Maria Luisa Spaziani, Pamela Spiro Wagner, WisBawa Szymborska, Judita Vaiiunait.

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alFa GGGGomega, viaggio nell’io inFinito l’inno alla vita di alessandra capone

ALESSANDRA CAPONE alfaomega viaggio nell’Io Infinito Il Raggio Verde,2017 pp. 64 ISBN 978-88-99679-20-0 12,00 €

Si intitola Alfa Omega. Viaggio nell’Io infinito la raccolta di poesie di Alessandra Capone, inserita nella collana ConTesti diVersi dedicata alla poesia contemporanea. “Alfa e Omega, inizio e fine di un viaggio nell’Io infinito: un inno a vivere la vita con amore e nel segno dell’amore” E nella condivisione anche del dolore e nonostante quel senso di solitudine che a volte può far smarrire la ragione ma non tutto è perduto, suggerisce l’autrice. - si legge nella presentazione di Antonietta Fulvio direttore della collana. Le poesie di Alessandra Capone sono un invito a scrutare i nostri pensieri più intimi e segreti e a guardare con occhi nuovi la realtà che è intorno a noi. Perché tutto è vitale e palpita di vita. Come suggerisce l’immagine di copertina, La pietra vive, firmata dall’artista Pasquale Urso, fine incisore e maestro di grafica, che ha immaginato le architetture barocche del nostro territorio - metafora del cuore - prendere vita nell’oscurità della notte e animarsi in una sorta di incantesimo prima di ritornare ad essere, al chiarore dell’alba, le sentinelle mute della nostra esistenza che come argilla attende mani sapienti a plasmarla”. Alessandra Capone, nasce a Lecce il 19 dicembre del 1978 ed attualmente vive a Monteroni di Lecce. Avvocato e mediatrice familiare incontra la poesia nel 2004 e di essa si innamora, tanto da farne lo strumento per dipingere la sua vita. Donarsi (anno 2005) è il titolo della sua prima raccolta di poesie edito da Fondo Verri, a cui segue nel 2010 la raccolta Momenti Di-Versi, un ebook parte del Magazzino di poesia di Spagine, edito da Fondo Verri Libero cantiere. Nella parola si sperimenta, di essa si nutre e nell’incontro dell’Io con il Sè si eleva per ricongiungersi con la meraviglia di questo nostro esistere. Presentazione in anteprima nazionale a Monteroni di Lecce il prossimo 5 maggio.

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Alberto Moravia ed Elsa Morante a Capri (http://www2.comune.roma.it/museodiroma.trastevere/eventi/archivio/2003/Moravia.htm). Sotto Elsa Morante con Bernardo Bertolucci, Adriana Asti, Pier Paolo Pasolini, 1961

«le coppie di letterati sono una peste».morante vs moravia Giusy Gatti Perlangeli

AMORI LETTERARI

Tra le righe di un “amore senza innamoramento”

«Tu dici spesso che non ti amo e invece io non posso fare a meno di te», così scriveva Alberto Moravia in una delle 110 lettere indirizzate alla moglie Elsa Morante. Da queste parole, si stenta a credere che il suo fosse un «amore senza innamoramento» come ebbe a definirlo più tardi lo stesso scrittore, ma va detto che la cifra distintiva di questa unione è proprio la contraddizione, espressa attraverso un utilizzo chirurgico delle parole: «Non sono mai stato innamorato di lei – confessò lo scrittore dopo molti anni dalla fine della loro storia – Innamorarsi è una cosa, amare un’altra cosa… Elsa l’ho molto amata, mi ha fatto soffrire molto… non posso dire di essere stato innamorato di lei». Morante e Moravia (destinati a stare per sempre una affianco all’altro nelle biblioteche e nelle librerie) sono stati sposati per 26 anni. Un matrimonio tempestoso e sofferto, segnato da grandi slanci e rotture clamorose. Quando il pittore Giuseppe Capogrossi li presentò nella birreria Dreher del centro storico

di Roma, punto di ritrovo di molti artisti e intellettuali, lui aveva 29 anni, lei 24. è il novembre del 1936 (anno in cui, a Firenze, nasce Dacia Maraini, per la quale lo scrittore lascerà Elsa). Non potevano essere più diversi Elsa e Alberto, per carattere, per il modo di affrontare, la vita, per estrazione sociale. Alberto Moravia (all'anagrafe Alberto Pincherle) appartiene a una solida famiglia borghese: il padre architetto e pittore, la madre di famiglia benestante. Alle spalle un'infanzia "normale, benché grave e solitaria" nel villino di via Gaetano Donizetti 6, progettato dal padre. Piacente e sicuro di sé, quando incontra Elsa è già uno scrittore affermato: ha al suo attivo il successo del suo romanzo d’esordio “Gli indifferenti” dato alle stampe nel 1929. Elsa Morante è una giovane minuta e nervosa, dallo sguardo intenso, cresciuta nel quartiere Testaccio, a Roma in una famiglia di modesti lavoratori: la madre, maestra elementare di confessione ebraica e il padre naturale, impiegato postale.

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Alla nascita, la piccola, come i suoi fratelli, viene riconosciuta dall’allora marito della madre, Augusto Morante sorvegliante in un istituto di correzione giovanile. La sua formazione culturale si era interrotta con il diploma ggg liceale, perché le condizioni economiche della famiglia non le avevano consentito di frequentare la Facoltà di Lettere, dove si era iscritta. Narratrice appassionata, collabora con riviste e quotidiani (il "Corriere dei Piccoli" e il "Meridiano di Roma") su cui compaiono le sue prime prove letterarie. «Quando l'ho conosciuta - dirà Moravia allo scrittore e amico Enzo Siciliano nel 1971 - Elsa abitava in un piccolo appartamento molto carino a corso Umberto. Non aveva letteralmente di che mangiare. Viveva compilando tesi universitarie. Non era capace di fare altro:

era molto accurata nelle ricerche e scriveva bene. Mi ricordo che fece una tesi su Albertazzi e un'altra su Lorenzino de' Medici; me ne parlava continuamente. Quando ci siamo sposati, ho dovuto pagare le sue cambiali; neanche io avevo molti soldi e dovetti pensare a come guadagnarli». I due vanno a convivere nel 1937. Alberto è di padre ebreo e di madre cattolica, Elsa è di madre ebrea. Questa circostanza avrà un peso non indifferente, nonostante venga sottaciuta da entrambi nel timore che pregiudichi il loro futuro letterario. Ma quel “segreto” sarà, insieme con la passione per la scrittura, il denominatore comune della loro storia d’amore. La testimonianza della genesi e della profondità di questo amore viene custodita nelle “Lettere ad Antonio”, il diario della Morante (pubblicato postumo col titolo di “Diario del ‘38”). La figura maschile evocata in queste pagine viene indicata con l’iniziale A. (A come Alberto), ma al centro di tutto ci sono le angosce, le domande, l’ansia di maternità, i turbamenti che spesso si rivelano attraverso i sogni: «Sonno interrotto e sogni confusi. Ricordo solo di aver sentito da casa squilli di campanelli lontani che mi chiamavano, e di aver percorso le scale drappeggiata in un lenzuolo e in una coperta, e così procedendo di aver incontrato un uomo piuttosto basso e pallido vestito di grigio. Sonno interrotto da telefonate di A., notte tutta piena di dolcissimi turbamenti lascivi. Mi atterrisce il domani incerto. Amo terribilmente A.».

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I due si amano, ma spesso si separano «A. mi vuole bene – scrive la Morante all’amica Luisa Fantini nel 1938 - ma ogni tanto scappa via verso i più lontani paesi. Poi dice che bisogna finirla e poi mi prega di non finirla per carità». Ciò che li divide e li rende diversi fa soffrire Elsa: «Ora poi ho scoperto che io non sto stare al mondo e da quel momento siamo diventati una specie di favola perché in qualunque luogo e in mezzo a qualunque consesso rispettabile non finisce mai di farmi delle prediche e di arrabbiarsi a vuoto perché io al mondo non ci saprò mai stare. Vorrei, non so come dirti – confida alla Fantini - fargli sentire delle parole bellissime, una musica tanto potente da riuscire a spiegargli che cosa è la vera bellezza della vita e del mondo. Lo vedo aggirarsi in quella sua specie di sotterraneo, agitarsi, dare schiaffi, annoiarsi e per quanto mi sforzi non riesco a portarlo via di là». Tra alti e bassi, la loro relazione culminerà il 14 aprile 1941, lunedì dell'Angelo, nel matrimonio, officiato con rito cattolico nella chiesa del Gesù da padre Tacchi Venturi (il gesuita che aveva negoziato il Concordato con Mussolini), zio di Capogrossi e guida spirituale della devotissima Elsa. «Inginocchiato, sentivo alle spalle i nostri testimoni Longanesi, Pannunzio, Capogrossi e Morra (…) - ricorderà Moravia - Io non ero credente, ma accettai (la cerimonia religiosa) per far piacere ad Elsa». (Le Matin des Livres, 1984). Il loro rapporto continua ad


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essere difficile e tormentato, segnato com’è da sfuriate in pubblico, separazioni e ritorni, bisogno di comunicazione e di affetto a cui si alternano fratture e esigenze di autonomia. La maternità mai realizzata è motivo di sofferenza per la giovane Elsa. Nei due anni successivi, verranno travolti dalla Storia: le leggi razziali e la guerra marchieranno a fuoco la loro vicenda umana e letteraria. «Una mattina dopo l’8 settembre (1943) - scrive Moravia un ungherese che presiedeva l’Associazione della Stampa estera mi disse: “Guardi che lei è nelle liste delle persone da arrestare”»: l’accusa è di essere antifascista. Roma non è più un posto sicuro per loro. è cominciata la caccia agli Ebrei. Alberto ed Elsa partono in fretta alla volta di Napoli dove non arriveranno mai perché il treno per Formia si blocca alla stazione di Fondi-Monte San Biagio, in provincia di Latina. Per ripararsi dai bombardamenti e sfuggire alle retate naziste, si spingono verso le montagne della Ciociaria. Grazie all’amico Augusto Mosillo, trovano rifugio in una casa rurale vicino a Sant’Agata, con altri sfollati. Vivranno lì dal settembre del ’43 al maggio del ’44. «è stata un’esperienza piuttosto bella: con tutte le paure che avevamo, quello fu uno dei momenti più felici della mia vita – racconta lo stesso Moravia nella biografia intervista a Enzo Siciliano – Ero sposato da poco: avevo in tasca ottantamila lire; con quelle abbiamo vissuto per quasi un anno (…) i

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contadini mi consideravano un riccone! (…) Stavamo in una capanna con un letto di tavole e sopra un pagliericcio di pannocchie. La coperta era un ferraiuolo da contadino. Faceva talmente freddo che l'acqua del pozzo era sempre ghiacciata. Ogni mattina Elsa se ne rovesciava un secchio sulla testa; io mi limitavo a farlo una volta alla settimana e sembrava anche troppo. Ero arrivato a Sant'Agata magrissimo; mi rimisi rapidamente senza neanche mangiare un granché... un po’ di polenta la sera. Durante la giornata qualche cipolla e delle carrube». «Elsa era proprio una bella donna – ricorda il prof.Augusto Mosillo – (…) emanava un fascino non indifferente. La sua avvenenza era tale dal far perdere la testa. Tutti noi restavamo incantati a guardarla. Una bellezza fresca, leggera. Tratti minuti, profilo severo, da attrice quasi. Un’espressione da bambina un po’ imbronciata. (…) Possedeva una cultura straordinaria. (…) Moravia l’adorava». Quei mesi alla macchia lasceranno tracce indelebili in entrambi. Anni dopo Moravia ricordò che la sua vita era stata cambiata da due eventi: la tubercolosi all’età di nove anni e la guerra. Da quell’esperienza ricaverà la trama del romanzo “La Ciociara” (pubblicato nel 1957) che, nel 1960 diventerà un celebre film con Sophia Loren e Jean Paul Belmondo diretto da Vittorio De Sica: per quell’interpretazione La Loren vinse l’Oscar come Migliore Attrice Protagonista.

Elsa vi trarrà spunti e personaggi per il suo romanzo “La Storia” (Einaudi, collana Gli struzzi, 1974, che compare nella lista dei cento migliori libri di tutti i tempi, stilata dal Club norvegese del libro nel 2002). Nel 1986 il regista Luigi Comencini dirigerà il film omonimo con Claudia Cardinale nel ruolo della protagonista Ida Ramundo. Alberto ed Elsa rientrano nella Capitale nel giugno del ’44. Il loro rapporto continua all’insegna della conflittualità. Gli scontri si alternano ai momenti felici, ma anche in quelli, Elsa accusa il marito di essere arido ed egoista. Lui è preso totalmente dalla

Elsa Morante (http://www.romecentral.com/en/elsa-morante-il-misterioso-fascino-di-una-donna-fuori-moda/)

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malìa della scrittura. Lei ne è quasi infastidita. Lui scrive per quattro ore, ogni giorno: «Il giorno che morirò tu scriverai». Elsa gli rinfaccia di non amarla abbastanza: «Dio che solitudine. Toccare il fondo della solitudine, sì, è la parola – scrive nel ’45 sul suo diario - Un viso che sia un viso d'amore che dimentichi se stesso che ti guardi per un attimo almeno dimenticando se stesso ti guardi con amore Dio mio dove dove?... almeno potessi dormire... In cambio dell' amore ho avuto grettezza e gelo. Che finisca presto tutto che finisca che finisca». «Non si vive per venticinque anni con una persona senza amarla» - ribatterà Moravia molti anni dopo. Finita la guerra lo scrittore diventa sempre più famoso. “La Romana” del 1947 è un grande successo e “Menzogna e sortilegio” della Morante pubblicato nel 1948, viene giudicato dal critico letterario ungherese György Lukács «il più grande romanzo italiano moderno». è la consacrazione letteraria della coppia. Ma queste due eccellenze non sapranno più gestire il loro rapporto umano. L’idillio dei primi anni si è trasformato in un male oscuro e sottile, dove la creatività letteraria e la notorietà provocano un inesorabile logorio di nervi. «Le coppie di letterati sono una peste – confessa Elsa all’amica Maria Valli, moglie dell’editore dei racconti di Moravia - Tu mi domandi dell'amore…Esso va male, nel senso

che mi pare impossibile d'averlo mai provato e di poterlo provare ancora. Com'era? Che cos'era? Eppure mi sembrava d'esser tanto versata in questa materia, invece ho dimenticato tutto. In compenso il mio libro (“Menzogna e sortilegio”) è pieno d'amore». Nell’agosto 1948 il “libro pieno d’amore”, “Menzogna e sortilegio” vince il premio Viareggio. La coppia va a vivere in un attico nei pressi di Piazza del Popolo, in via dell’Oca 27. Sono gli anni del successo: Moravia fonda la rivista Nuovi Argomenti, che sarà protagonista di numerosi dibattiti letterari, politici e filosofici. La Morante, dopo il successo di “Menzogna e sortilegio”, con “L’isola di Arturo” (pubblicato nel 1957 ), vince il Premio Strega, per la prima volta assegnato ad una donna. Da quel momento in poi Elsa Morante non è più solo la “moglie di Moravia” . Successo e notorietà non bastano: Alberto si lascia sopraffare da una noia cosmica che, come confessa nell’omonimo romanzo, lo ha sempre accompagnato, ma che ora non gli dà tregua: «Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altre simili cause» (“La noia”, 1960). Lo scrittore Alberto Arbasino racconta che Moravia per sottrarsi appunto ad un opprimente taedium

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vitae usciva dal caffè Aragno contando «le macchine che passavano sul corso in un’ora». Le contraddizioni, abbiamo detto, sono la cifra peculiare di questo rapporto: sarà Moravia stesso a sottolineare: «Non sono mai stato innamorato di lei. Innamorarsi è una cosa, amare un’altra cosa... Elsa l’ho molto amata, mi ha fatto soffrire molto... non posso dire di essere stato innamorato di lei». Questa dichiarazione lascia spiazzati. Eppure nella prefazione al volume “Quando verrai sarò quasi felice, sottotitolo Lettere a Elsa Morante 19471983” (edito da Bompiani, storico editore di Moravia (pp. 266, 19 euro) a cura di Alessandra Grandelis, il concetto è chiaramente ribadito e testimoniato dalle missive. Cosa abbia risposto la Morante a queste lettere non lo sapremo mai, perché Moravia soleva cestinare quelle che riceveva immediatamente dopo averle lette. «Tu dici spesso che non ti amo e invece io non posso fare a meno di te» (7 agosto 1950), «Cara Elsa, io ti amo ancora tanto, che basta una tua parola sgarbata per farmi soffrire. Purtroppo c’è in te come un demone che ti spinge a dirmi sempre delle cose spiacevoli. Perché non sarebbe possibile cambiare tutto ciò?» (1950),«Lavora bene e cerca di mangiare cose buone» (1 agosto 1951), «Ho capito che ti amo molto cosi sentimentalmente come fisicamente...Vorrei tanto che tu fossi qui e ho tanto desiderio di baciarti e di fare l’amore con te» (12 agosto


1951), «Ti lascio cara Elsa e ti bacio forte e con affetto nel luogo della tua persona che preferisci» (15 agosto 1951). Il legame tra i due è stretto e rimane tale anche dopo che, nel ’55, lei s’innamora di un'altra persona, «continuammo a vivere insieme come amici per sette anni, fin quando mi innamorai di Dacia». Sì, perché negli anni Cinquanta, la loro relazione sia avvia gradualmente verso la fine, anche se nel gennaio 1961 partono con l’amico Pier Paolo Pasolini in India: visitano Calcutta, Bombay e il sud del Paese. Da questo viaggio nascono due reportage: “Un’idea dell’India” di Moravia, e “L’Odore dell’India” di Pasolini. Dopo 26 anni, nel 1962, il matrimonio si è consunto e i due si lasciano definitivamente. Moravia conosce Dacia Maraini (che sarà la sua compagna fino al 1976, anno in cui comincerà a frequentare Carmen LLera, di 45 anni più giovane di lui e che sposerà in Campidoglio nel 1996) e la Morante, dopo una breve infatuazione per il regista Luchino Visconti («le tremavano le ginocchia e arrivava a parlar in milanese» testimonia lo stesso Moravia), conosce nel 1959 il pittore americano Bill Morrow a New York e se ne innamora. Lui la raggiunge a Roma ai primi del '60. La sua tragica fine, (l’artista si gettò dall'Empire State Building nel 1962), provocherà nella Morante una grave forma di depressione: «Elsa entrò in un lutto lungo e disperato» scrisse Enzo Siciliano. Si separano legalmente: Alber-

to per vivere con la Maraini, Elsa invece, non avrà più alcuna relazione sentimentale. Anni dopo Moravia dirà: «Elsa è stata veramente la donna con la quale ho vissuto il periodo più politico e più pubblico della mia vita. Ho così un ricordo di Elsa attraversato dalle tragiche vicende di quegli anni. Forse anche per questo il nostro rapporto è stato particolarmente drammatico. Avrei continuato a vivere con lei se non mi fossi innamorato di Dacia Maraini (...) nella vita preferisco, prima di rompere un rapporto così importante come quello tra Elsa e me, di trovarne un altro altrettanto importante che lo sostituisca». Non sopportando più la dolorosa condizione dovuta alle conseguenze della rottura di un femore, Elsa Morante tenta il suicidio avvelenandosi con il gas nel 1983. Ricoverata in ospedale e sottoposta ad un intervento chirurgico, muore d’infarto il 25 novembre 1985. «Ho appreso la morte di Elsa a Bonn, in Germania, dove mi trovavo in viaggio per un’inchiesta giornalistica. Era pieno inverno (…), ho camminato a lungo nella neve. Ero commosso e cercavo di dissipare la commozione con il gelo della giornata invernale. Tornai a Roma in tempo per il funerale (…). Nella corsa del carro funebre i fiori, probabilmente male assicurati alla corona, volarono via uno dopo l'altro e andarono a schiacciarsi sull'asfalto: quei fiori che volavano via tra il carro funebre di Elsa e la mia macchina mi fecero un'impressione delirante e simbolica: così era volata via Elsa

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dalla mia vita». Moravia venne trovato morto nel bagno del suo appartamento in Lungotevere della Vittoria, il 26 settembre del 1990. «Il giorno che morirò tu scriverai» gli aveva rinfacciato Elsa. «Non è vero, il giorno che è morta non ho scritto» la risposta tardiva di Alberto. Al di là e oltre l’epilogo della loro storia, questa frase suona come una potente dichiarazione d’amore, per uno come lui che viveva per narrare ed era solito dichiarare: «io ho una sola religione la letteratura». Quel gelido 25 novembre del 1985, Alberto Moravia non aveva potuto scrivere neanche un solo rigo.


Nella foto la casa Museo Alberto Moravia a Roma, Lungotevere della Vittoria, 1.

la casa museo alBerto moravia Casa Moravia è il luogo dove visse Alberto Moravia (Roma, 1907-1990), scrittore, critico, saggista, intellettuale impegnato, nonché Deputato al Parlamento Europeo nel periodo 1984-1989. Dopo aver a lungo abitato con Elsa Morante in via dell’Oca, lo scrittore si trasferisce nella casa di Lungotevere della Vittoria nel 1963, vivendo prima insieme a Dacia Maraini e, successivamente, con Carmen Llera. Nel 1991 nasce – per iniziativa delle sorelle, delle Eredi e degli amici più cari di Moravia –l’Associazione Fondo Alberto Moravia, con lo scopo di creare un Centro di ricerca e documentazione sulla vita e le opere dello scrittore. Tra le finalità dell’Associazione c’è il desiderio di lasciare l’appartamento inalterato nella disposizione dei mobili e degli oggetti,trasformandolo in una Casa Museo aperta a studiosi e ricercatori. Lo spazio conserva ancora oggi il carattere minimale dell’epoca e della sobria personalità del padrone di casa: un salotto con un ampio terrazzo che affaccia sul Tevere, una cucina in stile anni Settanta, una camera da letto e uno studio dove è possibile ancora oggi immaginare Moravia, seduto alla scrivania di legno – opera dell’amico scultore Sebastian Shadauser – intento a scrivere sulla macchina Olivetti 82. Sulle pareti della casa sono numerosi quadri e ritratti dello scrittore, opere degli amici pittori che testimoniano i suoi rapporti con molti dei protagonisti del panorama artistico italiano: da Adriana Pincherle (sorella di Moravia) a Renato Guttuso, da Mario Schifano, a Sergio Vacchi, Giulio Turcato, Corrado Cagli, Lorenzo Tornabuoni, Leonardo Cremonini, per citarne solo alcuni. Quadri, oggetti di design degli anni Settanta, ma anche maschere tradizionali provenienti dai numerosi viaggi che Moravia fece in Africa, Asia e America del Sud. E poi i libri. Nell’appartamento si trovano la Biblioteca personale dello scrittore – che ne testimonia i molti interessi: testi di letteratura italiana e straniera, cataloghi e saggi sulle arti visive,la politica, la psicanalisi e le culture extra-europee, che affiancano un Archivio, costituito nel 1993, e riconosciuto dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio come ‘di notevole interesse storico’, e conta, ad oggi, circa 15.000 unità archiviali. Nel 2009 è stato formalizzato un accordo di donazione da parte delle Eredi al Comune di Roma, che dal 29 novembre 2010, data di apertura ufficiale della Casa, provvede a garantire un servizio di apertura permanente al pubblico, rendendola una Casa Museo a tutti gli effetti. Info: www.fondoalbertomoravia.it. Info e prenotazioni a cura di Bellitalia 88 06 39728186 - 348 3206721

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Nel riquadro il curatore Giuseppe Salerno, foto a lato il Dr. Fenu all’ingresso della sua Parafarmacia a Budoni

un altro punto di vista intorno al concetto di opera Antonietta Fulvio

Intervista a Giuseppe Salerno curatore della mostra del Dr Fenu a Budoni, in provincia di Sassari “L’opera è una visione del mondo o è una visione del mondo ad essere opera?”. Questo l’interrogativo con il quale Giuseppe Salerno presenta una installazione dell’artista Dr. Fenu in mostra dal 15 aprile al 3 dicembre. Il luogo espositivo è una parafarmacia della Sardegna, nel Comune di Budoni. Sin qui nulla di eccezionale, abituati come siamo a mostre in luoghi non deputati all’arte. Discoteche, bar ristoranti, librerie, centri commerciali sono da tempo gli spazi nei quali l’arte va incontro ad un pubblico non frequentatore di gallerie e musei.

lineari, convenzioni sociali e merchandising. Dr. Fenu ha plasmato a propria immagine e somiglianza la parafarmacia nella quale impegna gran parte del suo tempo dando corpo, in anni di attività, a pensieri lentamente maturati e a tanti interrogativi irrisolti. Ha trasformato, giorno dopo giorno, gli spazi del suo lavoro in luoghi angusti e di difficile accesso per l’incombere, in equilibri instabili, di accumuli d’ogni genere. Un affollamento di pensieri si è appropriato, incurante del comune senso dell’ordine, dello spazio fisico. Nulla ha una sua collocazione finalizzata a renderne ad altri agevole la ricerca.»

“Un altro punto di vista” - questo il titolo della mostra - è però qualcosa di diverso trattan- Ma questo non è soltanto disordine? dosi di una operazione nella quale è l’intera «Che cosa è ordine e che cosa è disordine? Parliaparafarmacia l’oggetto di questa esposizione. mo di una categoria assolutamente soggettiva. Al curatore Giuseppe Salerno chiediamo di Ciascuno si muove agevolmente nel proprio ordichiarircene il senso. ne o disordine che sia. Quando però l’organizza«Che l’arte a noi contemporanea coincida con zione di uno spazio aperto al pubblico deve tener la vita è un concetto acquisito. Talvolta è però conto degli altri, allora assumono importanza le la vita stessa a sorprenderci quando ci troviamo convenzioni e gli obbiettivi che si intendono perdi fronte a qualcuno che, pur non registrato su seguire. La filosofia di Dr. Fenu è tale da manteArt Diary e senza aver agito in modo piena- nerlo estraneo ad ogni regola del merchandising mente consapevole, ha dato forma nello spazio dal momento che non è la massimizzazione del al proprio sentire costruendo intorno a sé un profitto la sua ragione di vita.» habitat, una sorta di scudo protettivo, specchio riflesso della propria interiorità, della propria Può un luogo di abituale frequentazione divevisione del mondo. A questa categoria appartie- nire da un giorno all’altro opera d’arte? ne Dr. Fenu, farmacista incurante di logiche «Credo proprio di sì se si elabora un pensiero

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che giustifichi e dia accesso al mondo dell’arte a una realtà che attendeva soltanto di essere riconosciuta.» Ma un presupposto dell’arte non è la piena coscienza da parte dell’artista? «Si tratta di un presupposto che, a partire dall’Art Brut, è stato più volte derogato. Molta arte consiste oggi nella predisposizione di ambienti e meccanismi al cui interno il pubblico si trova ad essere protagonista. Di questo Dr. Fenu è cosciente.» Tornando alla nostra parafarmacia, come se ne giustifica l’ingresso nel mondo dell’arte? «Quello che in prima battuta possiamo aver considerato un disordine respingente si trasforma dopo il primo impatto in qualcosa in cui ci riconosciamo, in qualcosa che ci appartiene. Arrivato in parafarmacia con il tuo problema è il Dr. Fenu che “devi raggiungere” e sarà lui, convalidata la diagnosi, ad estrarre da quel tutto per noi indistinto i possibili rimedi, lascian-

do a te soltanto la scelta definitiva. Ho detto “devi raggiungere” in quanto, varcata la porta d’accesso che non senza difficoltà sarai riuscito ad aprire solo in parte, dovrai districarti zigzagando di profilo nello stretto e tortuoso passaggio che ti condurrà nei pressi di quello che, nascosto e sommerso da altre sedimentazioni di materiali, riconoscerai essere il bancone dietro al quale il Dr. Fenu è lì ad attenderti. è un percorso quello che devi compiere! Contravvenendo ad ogni convenzione sociale, Dr. Fenu ha dato vita a questa realtà unica, proiezione e conforto della sua esistenza. Un’installazione in divenire che allontana il luogo dei prodotti per il benessere dalla sua natura economica introducendoci in un percorso di guarigione. Un percorso disseminato di difficoltà che richiede determinazione e ascolto di sé. Un percorso da compiere in solitudine, anche quando ci poniamo in cerca di interventi esterni. A noi soltanto spetta l’ultima scelta consapevole. La filosofia di vita che il Dr. Fenu ha materializzato in un percorso tra scatole, scatoloni ed espo-

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in basso la foto esposta nel locale oggetto dell’installazione del dr Fenu

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sitori diviene inconsciamente oggetto di riflessione e di interiorizzazione in chi varcato il non facile accesso alla parafarmacia si trova immerso in un mondo inatteso, spigoloso ed insidioso ma poi intimo e avvolgente. A nostra insaputa ci troviamo attori in quella che possiamo definire una installazione d’arte relazionale. E l’autore è lì, sul fondo, pronto a recitare la sua parte dietro quel bancone nascosto.» Perché “Un altro punto di vista”? «Perché quello di Dr. Fenu è certamente un altro punto di vista, come un altro pun-

to di vista è dato, in occasione di questa speciale apertura al pubblico, dall’immagine fotografica esposta a parete che ci mostra lo spazio dal punto di osservazione del Dr. Fenu, un’angolazione sconosciuta al visitatore. Un’installazione in continuo divenire si trova così ad accogliere una immagine fissa di sé, memoria di un mondo che si è già modificato.» “un altro punto di vista” Parafarmacia del Dr. Fenu Via Nazionale 133, Budoni (OT) Orario: dal lunedì al sabato 16.00/20.00 15 aprile – 3 dicembre 2017

Nelle foto alcune immagini dell’interno della Parafarmacia del Dr. Fenu

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Paola De Rosa, II Stazione 2012, olio su tela, 43 x43 cm

due vie crucis a castel dell’ovo con le opere di paola de rosa

Due cicli pittorici e gli esiti di una ricerca artistica per raccontare alcune pagine delle Sacre Scritture

NAPOLI. La Sala delle Terrazze di Castel dell'Ovo a Napoli ospita, dal 12 al 25 aprile 2017, la mostra di Paola De Rosa, Due Vie Crucis a Castel dell'Ovo, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli. In esposizione due cicli pittorici realizzati nel 2012 e nel 2014-15. Il primo ciclo, dal titolo Via Crucis d'Invenzione, è composto da 14 oli su tela e dai rispettivi studi a matita e acquerello su carta ed è stato esposto, a partire dal 2013, nel Museo Civico Rocca Flea a Gualdo Tadino, ne La Stanza dell'Aliprandi in Brera a Milano, nella Pinacoteca Civica Casimiro Ottone di Vigevano e, in parte, al Chiostro del Bramante di Roma. Il secondo ciclo pittorico, dal titolo 14 Stazioni d'Invenzione, è composto da 14 dittici a olio su tela e dai rispettivi studi a gessetto su carta ed è stato esposto nel 2016 al Museo Emilio Greco di Sabaudia. Queste due Vie Crucis, lontane dalla tradizione figurativa a cui si è normalmente abituati, condividono una stessa matrice spaziale composta da frammenti di un plastico di cartone, ispirato alle tavole delle Carceri d'Invenzione di Giambattista Piranesi. Come indicato da Luciana Rogozinski, "il forte e costante orientamento sul Significato ne fa - della

prima Via Crucis - un'operazione allegorica, una scena concettuale che coinvolge lo spazio, le architetture afunzionali, le pedine impersonali delle singole sequenze (le mele) e quanto di contemporaneo possa integrarvisi (i giornali come parti della sintassi ambientale). Dunque uno straniamento che rimette in causa il problema del Vortice, compreso quello storico, a cui il Significato è consegnato". Come scrive Alessandra Muntoni in merito alla seconda Via Crucis, "Il Tempio di Erode - come le Carceri di Piranesi - è però di pietra, mentre quello di Paola De Rosa è di cartone. Qui si coglie una sostanziale differenza che serve per un contrasto voluto. Se il Tempio - Carcere è rappresentazione di materia quasi impalpabile, Gesù è invece rappresentato come carne grondante sangue. Egli attraversa i frammenti del Tempio distrutto avviandosi per la "via dolorosa" verso una meta non visibile, infinita. Anzi non percorre sempre quella via, spesso la vede dal di fuori, nell'assenza assoluta delle turbe, dei soldati, degli apostoli, delle donne. è una via tracciata come la pagina infinita di un libro. Anzi, del "Libro", lastricato coi caratteri che riprendono la trama ondulata alla quale i due fogli di cartone sono incollati. Il Libro è interpretato, dunque, come percorso. La Via è il Libro, è la Sacra Scrittura che viene percorsa per realizzare il nuovo Tempo". Paola De Rosa 2 Vie Crucis a Castel dell'Ovo. Dipinti d'Invenzione Napoli - Castel dell'Ovo, Sala delle Terrazze fino al 25 aprile 2017 Orari: dal lunedì al venerdì (1419); sabato (10-19); domenica e festivi (10-14) Ingresso: libero www.paoladerosa.co

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Festival armonia un mare di liBri a tricase

Dal 4 al 14 maggio la terza edizione del festival letterario

TRICASE (LECCE). Ritorna, per il terzo anno, il Festival Armonia - Narrazioni in Terra d’Otranto organizzato dalla Libreria Idrusa, l’associaizone Diotimart e coni Patrocinio del Comune di Tricase e i Preside del Libro. Dieci giorni di passione e confronto, intorno al libro, dal 4 al 14 maggio, con un articolato programma di eventi con la direzione artistica di Mario Desiati, nei luoghi più belli di Tricase: le Scuderie di Palazzo Gallone, piazza Pisanelli, Tricase Porto, la Cela-

canto, la Chiesa dei Diavoli e Palazzo Comi la casa del poeta salentino che fece della sua casa un salotto letterario di respiro europeo. In quella casa, oggi Museo, è nata l’idea del Festival Armonia, racconta Michela Santoro responsabile della Libreria Idrusa. “Un laboratorio di idee ed esperienze letterarie con un forte radicamento alla tradizione letteraria ma con uno sguardo al meglio della narrativa italiana e internazionale contemporanea”. La dedica al poeta Girolamo Comi quasi una scelta naturale poiché “coniuga questi due aspetti: lui stesso fu un grande mecenate, fondatore dell’Accademia salentina e riuscì a raccogliere nella sua casa, Palazzo Comi appunto, illustri intellettuali del suo tempo e a fondare la rivista letteraria L’Albero”. E l’Albero, stilizzato dall’artista Roberto Russo di Montesardo, è il logo del Festival un chiaro rimando a Spirito di Armonia uno dei poemi più importanti del Comi e alla sua visione di una letteratura oltre confine, a quel suo sguardo pionieristico sul territorio, aperto al pensiero europeo e forte delle sue radici. “Armonia è la parola chiave della poetica di Comi e racchiude lo spirito del festival che si ispira alla bellezza della sua poetica. Una rassegna rivolta ad un pubblico vasto ed eterogeneo: dai piccoli lettori e adolescenti ai lettori più maturi, un’esperienza a 360° con un ventaglio di proposte tra incontri, laboratori di scrittura e soprattutto nell’ottica dello scambio e del confronto tra lettori e scrittori”. Significativo anche l’aspetto formativo con il coinvolgimento delle scuole e con la prima edizione del concorso letterario Luoghi in Armonia che vedrà raccolti, nell’antologia edita da Il Raggio Verde edizioni, gli elaborati degli studenti delle scuole che hanno aderito al concorso. Un’occasione di confron-

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nelle foto alcune immagini dell’edizione 2016 del festival a Palazzo Comi, Scuderie di Palazzo Gallone e piazza Pisanelli (foto d’archivio)

to che continua, anche tra le pagine di un libro, che si pone come “un cantiere di scrittura, un’opportunità di crescita e di confronto per quelli che forse saranno i narratori di domani”. E ora uno sguardo al ricco programma del festival che si aprirà giovedì 4 maggio a Palazzo Gallone con l’inaugurazione della mostra internazionale di Libri d’artista MADREMARE: Bellezza Profondità Libertà Speranza di vita a cura del Presidio del Libro di Sannicola e con i primi due ospiti: Donatella Di Pietrantonio autrice de L’Arminuta, ed. Einaudi e Pietrangelo Buttafuoco con il suo La notte tu mi fai impazzire, ed. Skira. Venerdì in piazza Pisanelli arriva Catena Fiorello con il suo Picciridda (Giunti) e a seguire il concerto dei Doi Lampi. Sabato 6 maggio a Palazzo Gallone (ore 11) con la lectio “Classici per la vita” di Nuccio Ordine e nel pomeriggio, dalle 16, il convegno “Un popolo di lettori? Rilevazioni ISTAT e politiche di sostegno alla lettura nazionali e regionali”, con la partecipazione di Romano Montroni e Loredana Capone. Un tris di autori di spicco chiude la serata, Giulio Perrone– Consigli pratici per uccidere mia suocera, ed. Rizzoli (ore 18)

Mauro Covacchi con La città interiore, ed. La Nave di Teseo (ore 19) e Teresa Ciabatti con La più amata, ed. Mondadori (ore 20). Domenica 7 maggio, Tricase Porto, Palazzo Gallone, Piazza don Tonino Bello saranno le location di quattro imperdibili appuntamenti con Ferdinando Boero - Ecologia della bellezza. I gusti della natura, ore 11.30); Mario Carparelli– Dialogo su Dio, ed. La Scuola di Pitagora (ore 18); Vincenzo Santoro – Odino nelle terre del rimorso. Eugenio Barba e l’Odin Teatret in Salento e Sardegna, 1973-1975, Ed. Squilibri (ore 19); Chiara Gamberale – Qualcosa, ed. Longanesi (20.30). Roberto Russo - Viaggio nell’opera/libro Gli alfabeti dell’istinto nella comunicazione del tutto nel nulla (ore 18); Gaia Manzini – Ultima la luce, ed. Mondadori (ore 19) e Luca Bianchini– Nessuno come noi, ed. Mondadori (ore 20:30) saranno gli ospiti di lunedì 8 maggio mentre martedì 9 maggio negli spazi di Celacanto a Marina Serra arriva il giornalista Antonello Caporale con il suo Acqua da tutte le parti, ed. Ponte alle Grazie (18.45). Alle 19:45 Crocifisso Dentello – La vita sconosciuta, ed. La Nave di Teseo e alle

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20.45 un dialogo a tre con Chiara Valerio, Fabio Genovesi e Mario Desiati su: “Le ossessioni degli scrittori: Matematica, Mare e …” Mercoledì 10 maggio nella Chiesa dei Diavoli si terranno gli incontri con Roberto Perrone – La seconda vita di Annibale Canessa, ed. Rizzoli (18.45) Sara Rattaro – L’amore addosso, ed. Sperling & Kupfer (19.45) e Simona Toma – Da domani mi alzo presto, ed. Sperling & Kupfer (20.45). Giovedì 11 maggio si ritorna alle Scuderie di Palazzo Gallone con Massimo Carlotto e il suo Il turista, ed. Rizzoli (ore 19) mentre in Piazza don Tonino Bello si terrà l’incontro con Andrea Vitali e il suo libro A cantare fu il cane, ed. Garzanti (20.30) “Con la cultura non si mangia? Falso!” è il tema del convegno con Giuseppe Laterza che si aprirà alle 18 di venerdì 12 maggio nelle Scuderie di Palazzo Gallone. A seguire l’incontro con Silvia Avallone autrice del libro intitolato Da dove la vita è perfetta, ed. Rizzoli Alle 20 inizio della Serata SABOT/AGE con

Giorgia Lepore – Angelo che sei il mio custode, ed. E/O e Luigi E. Carrino Alcuni avranno il mio perdono, ed. E/O. La Lectio “Con la cultura si costruisce il proprio futuro (e quello degli altri)”, di Gian Arturo Ferrari si apre la mattina di sabato 13 maggio a Palazzo Gallone dove nel pomeriggio a partire dalle 18 si alterneranno Elena Varvello e il suo La vita felice, ed. Einaudi; Vera Slepoj – La psicologia dell’amore, ed. Mondadori; Antonella Lattanzi– Una storia nera, ed. Mondadori; Ilaria Macchia – Ho visto un uomo a pezzi, ed. Mondadori Gran finale domenica 14 maggio tra Palazzo Comi e Tricase Porto. Si comincia dal workshop di scrittura a cura di Elena Varvello in mattinata per finire nel pomeriggio con imperdibili incontri d’autore, a partire dalle 17, con Andrea Piva – L’animale notturno, ed. Giunti; Wanda Marasco – La compagnia delle anime finte, ed. Neri Pozza; Olivier Bourdeaut – Aspettando Bojangles, ed. Neri Pozza e, infine, Federico Zampaglione con il suo Dove tutto è a metà, ed. Mondadori.

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un quartiere per il suo parroco monsignor vito de grisantis

Marcella Barone

Al quartiere Santa Rosa intitolata una piazzetta grazie ad una raccolta di firme

L’emozione era palpabile nell’aria ancora fresca di una domenica di inizio febbraio. Seppure il sole avesse fatto capolino intersecandosi per appena una mezz’ora tra le fitte nuvole che avevano coperto le giornate precedenti, la giornata si preannunciava di per sé rovente per le tante emozioni condivise in una piazza che da lì a poco avrebbe avuto finalmente un nome, non uno qualunque, ma uno caro a tutti i residenti del quartiere Santa Rosa a Lecce, e non solo. Ci è voluta una raccolta firme di ben 1.400 persone e tanto impegno ma, dopo due anni, il percorso di tanti amici, tra cui l’Associazione Lecce in Movimento di Michel Romano in prima linea, è culminato domenica 5 febbraio nell’inaugurazione della piazzetta senza nome sita a Santa Rosa, nei pressi del mercato rionale, alla figura che più di tutte è stata amata e apprezzata, cercata e onorata da un’intera comunità, quella di Monsignor Vito De Grisantis, da tutti chiamato semplicemente Don Vito. Il ricordo del parroco che ha guidato e accompagnato la Diocesi per 25 anni si è trasformato in una festa di parole, sorrisi e abbracci che ha coinvolto tutti coloro che lo hanno conosciuto e che lo hanno stimato, tra cui anche le istituzioni, politiche ed ecclesiastiche, che lo hanno ricordato con estrema tenerezza e profondo affetto. La cerimonia, semplice e intima, è stata preceduta dalle note dei musicisti di Lecce in Movimen-

to che hanno eseguito la celebre colonna sonora di “Nuovo Cinema Paradiso” di Ennio Morricone, poi sono iniziati gli interventi tutti legati alla encomiabile figura di Don Vito. Ha aperto il dibattito Monica Frisone-Romano parlando della vita e delle azioni di Don Vito attraverso le dichiarazioni di personaggi illustri e la memoria della comunità, poi la parola è passata ad un commosso Pino De Grisantis, fratello di Don Vito, che ha dato un significativo contributo alla causa dell’intitolazione della piazzetta. Suo il più commovente ricordo della vita di Monsignor De Grisantis, del suo rapporto con la famiglia e con la fede. “Padre, maestro, guida ed educatore” lo ha definito Don Damiano Madaro, l’attuale parroco di Santa Rosa che si è soffermato sulla grande capacità di Don Vito di darsi agli altri amando i poveri, il prossimo, la famigli e la comunità in maniera silenziosa, ma autentica. "Per questo quartiere, Don Vito è stato il sale della terra". Michel Romano, presidente dell'associazione Lecce in Movimento, ha aggiunto parole di ringraziamento per tutti coloro che si sono fortemente impegnati al fine di intitolare un angolo di Santa Rosa a Monsignor De Grisantis, nella speranza che d’ora in avanti la piazzetta sia la custode della testimonianza di amore e pace che il compianto parroco ha regalato al quartiere e a tutti coloro che lo hanno ascoltato nei suoi tanti anni di sacerdozio. “ Uomo mite ma forte Don Vito, che conobbi all'inizio della mia carriera politica, e ricordo ancora

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l'emozione quando accolse il Papa a Santa Maria di Leuca. Sono felice di vedere tanta gente riunita grazie ad un'iniziativa che parte dai cittadini , dall'associazionismo e dall'impegno di Lecce in Movimento. Questa iniziativa ha un grande valore pedagogico e didattico", ha aggiunto il sindaco di Lecce, Paolo Perrone, sottolineando come sia importante riconoscere il valore di una persona che ha dato tanto facendo vivere il suo ricordo anche nelle generazioni future. "Ho conosciuto e amato Don Vito come fratello vero - ha riferito poi alla folla presente Sua Eccellenza, Monsignor Domenico D'Ambrosio, intervenendo a conclusione della cerimonia - Mi piace ricordarlo per la sua accoglienza e il suo ascolto. Accoglieva tutti, per tutti aveva una parola, e una grande amicizia. Tutte le sue opere erano finalizzate a far capire che Dio viene fra di noi attraverso di noi. Don Vito ci ha fatto toccare con mano che Dio assume le sembianze e le fatiche degli uomini, lo avete amato perché vi parlava di un Dio vicino, annunziando che il modo più autentico per viverlo è farlo all'interno della famiglia, una delle grandi preoccupazioni e sfide di Don Vito che hanno connotato il suo ministero come parroco, viceparroco e vescovo". I saluti di rito e un altro momento musicale hanno chiuso una partecipata e commossa cerimonia che ha lasciato nel cuore di ciascuno, in quella piazzetta, la dolcezza e la convinzione che chi fa del bene non verrà mai dimenticato. Nato il 20 agosto del 1941 e ordinato presbitero il 27 giugno del 1965, monsignor De Grisantis è stato consacrato vescovo nel 2000 e, a partire dal maggio dello stesso anno, è divenuto vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca. I suoi studi furono classici e della formazione. Si specializzò in "Teologia del matrimonio e della famiglia" presso l'istituto "Giovanni Paolo II". Tanti gli incarichi da lui svolti nel tempo: direttore spirituale del Seminario vescovile dove era anche docente, segretario dell'Ufficio Amministrativo diocesano, e ancora vice assistente diocesano della Gioventù italiana di Azione cattolica, vicario cooperatore nella parrocchia di Santa Rosa di Lecce e vicario economo ed infine parroco, dal 1975 al 2000, anni in cui la sua figura è entrata nei cuori di tutti coloro che hanno chiesto a gran voce una piazzetta in sua memoria e onore. Monsignor De

Grisantis, inoltre, è stato vicario episcopale per la città di Lecce e vicario episcopale per il laicato, direttore dell'Ufficio diocesano di Pastorale familiare e delegato dell'arcivescovo per il consultorio familiare cattolico "La Famiglia" oltre a consulente etico presso lo stesso consultorio. Fu anche membro del Consiglio episcopale, del Consiglio presbiterale, del Consiglio pastorale diocesano, del Collegio dei consultori, del Consiglio per la rimozione e trasferimento dei parroci, docente di Teologia pastorale del Matrimonio e della famiglia presso l'Istituto superiore di scienze religiose di Lecce e di insegnante di Religione presso il liceo scientifico "De Giorgi". Di sua iniziativa il progetto Tobia, per dare un sostegno a giovani e disoccupati attraverso un fondo di garanzia finalizzato alla concessione di prestiti con l’obiettivo di aiutare giovani ed adulti ad avviare una piccola impresa. Un uomo di grande levatura e spessore che la malattia ha portato via nell'aprile del 2010 lasciando un vuoto nella Diocesi e nei cuori, la cui guida generosa restano un esempio per tutti.

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Bologna, Santa Maria della Vita, Il Compianto del Cristo Morto di Niccolò dell’Arca foto di Sara Foti Sciavaliere

l’urlo di pietra di niccolò dell’arca Sara Foti Sciavaliere

Santa Maria della Vita e il “Compianto”

BOLOGNA. L'Oratorio dei Battuti si trova nel Complesso di Santa Maria della Vita, nel ventre della città, il Quadrilatero, Alle spalle di Piazza Maggiore, a Bologna, percorrendo un dedalo di stradine che ricalca l’antica pianta romana della città, ci si addentra nel cosiddetto Quadrilatero con le sue viuzze che ospitano un gran numero di botteghe. E in una di queste strade, in via Clavature, si trova il complesso monumentale di Santa Maria della Vita. La via, come tutte quelle del Quadrilatero, deve il suo nome alle botteghe presenti in epoca medievale: a quei tempi, quando questa era una delle vie principali della città, attraversata da papi, principi e imperatori, vi lavoravano i fabbri che costruivano chiavi e serrature. Ma da dove trae origine invece il complesso di Santa Maria della Vita, che si incontra a metà di questa stradina? Nel 1260 il perugino Riniero Barcobini Fasani si diresse verso Bologna con alcuni seguaci (si dice che fossero ben 20mila), “ ispirato” a tale missione dalla Vergine

Maria. Qui, nel 1275 Riniero fonda la Confraternita dei Battuti Bianchi, detti anche Devoti Flagellanti, e insieme ai bolognesi Bonaparte Ghisileri e alla terziaria Francescana Suor Dolce, organizza un ospedale nel centro della città per la cura e l’accoglienza di infermi e pellegrini. Annesso all’ospedale la chiesetta di San Vito, che, per la fama dei suoi medici, per le molte guarigioni effettuate, prese il nome di “chiesa della Vita”; nacquero così l’ospedale, la chiesa e l’oratorio di “Santa Maria della Vita”, uno dei primi ospedali cittadini pubblici. Il primo edificio religioso doveva essere poco più di una cappella, una costruzione semplice di maniera romanica, finché si presentò la necessità di ampliarla e di costruire un oratorio per le adunanze e le funzioni particolari della confraternita. I lavori di ricostruzione durarono dal 1454 al 1502, trasformando la chiesa. Due eventi disastrosi provocheranno però gravi danni al complesso edilizio nel corso dei secoli XVI e XVII, in seguito ai quali il ripristino dell’edificio sembrava talmente compli-

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cato da preferire un ricostruzione ex novo. La consacrazione della nuova chiesa avvenne il 2 novembre 1692; seppure va specificato che la facciata è

opera successiva, datata 1905, in seguito a una campagna di restauro degli interni della chiesa. Nel locale accanto alla cappel-

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la maggiore del Santuario si trova un’opera d’arte eccezionale, che è diventa emblema dell’intero complesso monumentale, il “Compianto sul Cri-


In questa pagina, particolari del Compianto del Cristo Morto di Niccolò dell’Arca. (foto di Sara Foti Sciavaliere)

senta il Santo Sepolcro a Gerusalemme. In origine il gruppo scultoreo era dipinto in policromia, di cui restano vaghe tracce sparse. Niccolò dell’Arca plasmò le figure infondendo alla terracotta, materialmente solitamente considerato “povero”, un’impressionante potenza espressiva, dal grande realismo e di forte impatto visivo. è possibile non rimanere impressionati di

Storie. L’uomo e il territorio

sto morto” di Niccolò dell’Arca. Il gruppo scultoreo, in terracotta, fu commissionato dalla Confraternita dei Battuti Bianchi verso il 1463 e mostra un gruppo di figure realizzate a grandezza naturale, che descrivono il pianto della Madonna, delle tre Marie, di San Giovanni Apostolo e di Giuseppe d’Arimatea sul corpo del Cristo morto, all’interno di un luogo che rappre-

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fronte a quest’opera, non avvertire i brividi, quasi si potesse partecipare del dolore straziante dei personaggi radunati intorno al Cristo esanime, che mostrano la loro insostenibile angoscia per il lutto con sguardi e gesti teatrali. Al cen-

tro della scena scultorea il corpo senza vita del Cristo è disteso su un feretro rettangolare e la testa poggia su un cuscino che riporta la firma dell’artista: OPUS NICOLAI DE APULIA. A partire da sinistra poi troviamo Giuseppe d’Arimatea, con

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le tenaglie appese alla veste e il martello in mano, che giarda lo spettatore quasi a volerlo coinvolgere nella tragedia che si sta svolgendo sotto i loro occhi, a rimarcare il carattere realistico che permea l’opera. Accanto a lui, procedendo verso destra,


In questa pagina, particolari del Compianto del Cristo Morto di Niccolò dell’Arca. (foto di Sara Foti Sciavaliere)

Maria di Giuseppe (o Maria Salome), che cerca di trattenere le lacrime aggrappandosi alle proprie gambe e stringendo la stoffa del vestito che le ricopre. In posizione centrale, dietro al feretro del Cristo, sono posti la Vergine, che piange straziata dal cordoglio con le mani strette al petto, e San Giovanni che è ammutolito con un’espressione di profonda tristezza. All’estrema sinistra, le figure che mostrano la maggiore dinamicità: Maria di Cleofa che pare bloccarsi nella sua corsa e si fa schermo con le mani quasi a rifiutare l’accaduto, e accanto la Maddalena, dalle vesti scomposte per il vento e la corsa affannosa, è pietrificata in un urlo di incredulità davanti alla morte del Cristo. L’attenzione dello spettatore viene di certo catturata da quest’ultima figura, la disperazione nell’espressione della donna non lascia indifferenti, sembra impossibile non farsi partecipi di tanta sofferenza; pare uno scatto fotografico che ha congelato questo tragico istante, in un realismo esasperato. In riferimento a lei e a Salome, Ernesto De Martino parla “di danza selvaggia”

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attorno al corpo di Cristo. D’Annunzio invece definì l’opera l’“urlo di pietra”. Da questa rappresentazione manca però un personaggio, di solito presente negli altri Compianti. Si tratta di Nicodemo. La tradizione vuole che la statua – che aveva il volto di Giovanni II Bentivoglio, signore della città -, una volta conquistata Bologna e accorpata allo Stato della Chiesa fu fatta abbattere come tante altre, per cancellare la memoria dei Signori precedenti.

no a Bologna. Un tempo qui giungevano pellegrini in viaggio per Roma e Gerusalemme o al ritorno da questi luoghi, oppure parenti e amici dei degenti dell’attiguo ospedale. Si può ritenere a buona ragione che Niccolò dell’Arca ebbe come modelli lo strazio, le lacrime e il dolore visibile nei volti e nei corpi dei familiari nelle persone presso l’ospedale di Santa Maria della Vita, che soffrivano e a volte morivano: le lacrime e il dolore di una madre, di una sorella e di un figlio, un corpo composto nella serenità L’opera, considerata da molti studiosi la più della morte, come il corpo del Cristo, motivo per importante “terracotta” di tutto il Rinascimento i cristiani di speranza di Resurrezione. italiano, è ancora meta dei visitatori che si reca-

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Isabella Ferrari, Valerio Mastrandrea, Carlo Croccolo e Elena de Curtis, foto di Piero Giannuzzi, per il Festival del Cinema Europeo

Festival del cinema europeo tanti premi aspettando almodovar

Si è chiusa con successo la diciottesima edizione ma la macchian organizzativa già prepara la prossima che si terrà a Lecce dal 9 al 14 aprile 2018 e renderà omaggio al regista spagnolo

LECCE. Con una grande affluenza di pubblico si è chiusa la 18° edizione del Festival del Cinema Europeo di Lecce, diretto da Alberto La Monica e Cristina Soldano. Durante la cerimonia di premiazione, condotta da Carlo Gentile, sono stati assegnati i premi di questa edizione che passerà negli annali del Festival per l’omaggio a Totò con la proiezione in anteprima assoluta del film, restaurato dalla Cineteca di Bologna, “Chi si ferma è perduto” di Sergio Corbucci, la nuova edizione del libro “Totò. Tocchi e ritocchi” (edizioni Il Raggio Ver-

de) e la partecipazione dell’attore Carlo Croccolo che alla vigilia dei suoi primi 90 anni ha ritirato il Premio alla carriera e raccontato alla presenza della nipote di Totò, Elena Alessandra Anticoli de Curtis, aneddoti riguardanti il rapporto filiale con l’indimenticabile attore partenopeo di cui fu anche il doppiatore ufficiale. Una settimana con ospiti di calibro internazionale - Stephen Frears, Agnieszka Holland e Nuri Bilge Ceylan - e i protagonisti del cinema italiano - Isabella Ferrari e Valerio Mastrandrea - ai quali è stato assegnato l’Ulivo d’oro alla

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carriera. E a proposito di questa scultura forse non tutti sanno che da sette anni è un artista orafo che cesella gli ulivi d’oro per il Festival del Cinema Europeo di Lecce, e, guarda caso, è pugliese, molfettese ad esser precisi. Gli antichi per incoronare vincitori e poeti utilizzavano il lauro, Michele Amato usa l’ulivo. Negli anni lo ha declinato in forme diverse, mai uguale a se stesso, esattamente come le piante d’ulivo sanno essere, mai una identica all’altra. Così è l’arte quando è vera, mai un manufatto uguale ad un altro. Michele Amato come un


novello alchimista dà forma alle sue idee e le trasforma in oro. L’arte da sempre prende spunto dal vero di natura, perché nulla ci sorprende più di essa. E nonostante la necessaria miniatura, gli ulivi di Amato sembrano la rappresentazione plastica dell’anima dei pugliesi e delle loro radici, come egli stesso sostiene. Bello ed elegante lo ha definito Isabella Ferrari e sono davvero tanti quelli che hanno stretto tra le mani questo ambito trofeo. Oltre alla Ferrari, Carlo Croccolo, Valerio Mastandrea, Francesco Maselli, e gli stranieri Nuri Bilge Seylan, Stephen Frears, Agnieszka Holland. Sino al vincitore dell’Ulivo d’oro il film “My Happy Family” (Georgia, 2017) di Nana & Simon che la giuria composta da Marion Doring (presidente), Lene Børglum, Tilde Corsi, Heather Stewart ed Eva Zaoralovà, ha assegnato con la seguente motivazione: “Lo spettatore viene proiettato nella vita di una

famiglia dove tre generazioni sotto lo stesso tetto, provano ad adattare le loro sfide personali e quotidiane fra tradizione e modernità. Allo stesso tempo, il film è un sottile ritratto di una donna di mezza età e una madre alla ricerca dell’autodeterminazione. Una messa in scena che ci fa sentire come se fossimo sempre stati membri di questa famiglia”. Un film che è il caso di dirlo ha fatto incetta di premi conquistando anche quello per la Miglior Fotografia perché “una fotografia al servizio della trama che segue il concetto dei vecchi dipinti dove i dettagli non solo diventano estremamente importanti ma aggiungono anche nuove dimensioni ai personaggi” nonché il Premio FIPRESCI che la giuria, composta da Colette de Castro, Natalia Moussienko, Alberto Alfredo Tristano, ha assegnato “per aver rappresentato con uno stile compiuto e vivace, attraver-

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so una figura femminile ricca di personalità e contraddizioni, la complessità di una società in cui si incontrano e si scontrano tradizione e modernità, scelte sentimentali e decisioni razionali, senso di responsabilità e idea di libertà”. La stessa Giuria ha inoltre assegnato il Premio per la Miglior Sceneggiatura a Rajko Grlić e Ante Tomic per The Constitution (Croazia, Repubblica Ceca, Slovenia, 2016) di Rajko Grlić che oltre a ritirare anche il premio del Publico ha visto assegnare all’attore Nebojša Glogovac anche il Premio SNGCI (Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani). Premio Speciale della Giuria inoltre a A Taste of Ink (Francia, 2016) di Morgan Simon (che si vede assegnato anche il Premio Agiscuola) con la seguente motivazione, “una storia da maggiore età che sorprende con inaspettati colpi di scena e un approccio


estremamente umano”. Infine, la giuria del Premio Cineuropa ha assegnato il riconoscimento a When the day had no name (Macedonia-Belgio-Slovenia, 2017) di Teona Strugar Mitevska mentre Ed è subito notte di Paolo Rollo è risultato il vincitore del concorso Puglia Show. Menzione speciale a Ieri e domani di Lorenzo Sepalone; Premio Rai Cinema Channel a Mattia sa volare di Alessandro Porzio; Premio Unisalento a Il silenzio di Guido Tabacco. Il Premio Emidio Greco, giunto alla sua quinta edizione, è stato assegnato dalla giuria composta dalla famiglia Greco a Good News di Giovanni Fumu (2016). L’ottava edizione del Premio Mario Verdone è stato assegnato a Marco Danieli per La ragazza del mondo (Italia, 2016) con la seguente motivazione: “Perché con una regia sicura e di grande equilibrio, che già dimora un interessante rigore stilistico, trasforma la storia di un amore proibito nel racconto di un’emancipazione che sfida divieti e condizionamenti. Un film che affida al talento di due giovani attori, ben diretti, anche un viaggio in un mondo che svela oltre i luoghi comuni che gli appartengono”. Ed archiviata con successo la diciottesima edizione sono state annunciate le date della XIX che si terrà a Lecce dal 9 al 14 aprile 2018 con un’anticipazione che già dà la misura dell’enorme lavoro che c’è dietro al Festival del Cinema Europeo che si prepara a celebrare il prossimo anno un grande autore, il suo cinema e i suoi personaggi: Pedro Almodóvar. "Un altro successo per il Festival del Cinema Europeo - sostiene Loredana Capone, Assessore all’In-

dustria Turistica e Culturale della Regione Puglia -. Il merito va alla qualità, e alla tenacia, la passione, l'impegno, la competenza che, a partire dal direttore La Monica fino all'ultimo degli operatori coinvolti, questo Festival ha saputo esprimere e mettere in campo a favore della filiera audiovisiva e di tutta la comunità. C'è una grande macchina che si muove dietro eventi di tale portata e spesso non c'è nemmeno il tempo di raccogliere gli applausi che già bisogna ripartire, ne è prova la notizia freschissima diffusa oggi dal festival dell'omaggio, nella prossima edizione, al regista Almodóvar. La Regione è fiera di essere stata coprotagonista in questo viaggio che è anche una scommessa, l'inizio di una piccola grande rivoluzione pugliese. Siamo convinti che i festival rappresentino un tassello fondamentale nella strategia di sviluppo sociale, culturale ed economico della Puglia, un veicolo straordinario di promozione e valorizzazione del territorio e delle sue competenze. Per la Regione questi non rappresentano affatto una parentesi, ma un investimento di tutto l'anno, che segue un impegno culturale, economico e turistico. Per noi la qualità non è ricerca, ma un obiettivo di risultato. Il Festival del Cinema Europeo questo obiettivo finora l'ha centrato appieno". “Da sempre sono affascinato dallo stile ironico, grottesco, trasgressivo dei suoi film e dei suoi personaggi – sottolinea il direttore Alberto La Monica -. Ecco perché ho deciso sin d’ora di preparare omaggio ad Almodóvar, costruendo un percorso particolare, per mostrare a 360 gradi l’opera dell’autore spagnolo”. (an.fu.)

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“on the river”. parole e segni in una mostra a due voci

L’artista lombardo Angelo Zanella e lo scrittore campano Marco Amore alla Biblioteca Nazionale di Napoli

NAPOLI. Venerdì 21 Aprile 2017 alle ore 12 si inaugura alla Biblioteca Nazionale di Napoli ( nelle sale delle Sezioni Americana e Venezuelana) “On the river”, la mostra a due voci che vede protagonisti Angelo Zanella, esperto artista lombardo e Marco Amore, giovane scrittore campano. Con i due autori interverranno Francesco Mercurio, direttore della Biblioteca, e Armando Minopoli , curatore della mostra, l’appuntamento, prosegue alle ore 18:00 presso la Galleria Anywhere Art Company, in via Mezzocannone 31, a Napoli. L’esposizione è frutto di un incontro non casuale che nell’arco di alcuni mesi ha generato un taccuino per parole e segni, una sorta di agenda scandita da riflessioni, dubbi e visioni istantanee. Sullo sfondo c’è il fiume, nota allegoria eraclitea del divenire nonché autentico riferimento geografico, con la sua fauna scintillante o mimetica e la sua flora elegante e fascinosa. Scenari, guizzi, trame e conseguenti pensieri figli di una evasione sulle orme di Henry David Thoreau e del suo quanto mai attuale Walden. Vita nel bosco. La mostra resta aperta fino al 05 Giugno 2017 ingresso libero nei feriali ore 9,30-13,30 Angelo Zanella (Lovere, Bg. 1960). La sua produzione spazia dai primi lavori datati metà anni '80, legati alle esperienze dell’Informale fino agli ultimi cicli, dove la veridicità delle forme ed il realismo pittorico portano quasi l'osservatore in uno stato di confusione e incredulità .Nel 1994 decide di dedicarsi esclusivamente alla professione di archeologo e riprende a dipingere con nuove tenaci motivazioni dopo circa dieci anni. I soggetti principali delle opere recenti sono gli animali, animali comuni, ma entità speciali...rappresentati a figura intera oppure esaltandone solo la testa. La Bestia è stata la prima agghiacciante

paura dell’uomo. Nei dipinti di Zanella questa paura è svanita perché non si coglie l’apparente distinzione fra le razze, è come se l’uomo si facesse bestia e la bestia si facesse uomo. L’anima li accomuna e li distingue dal regno vegetale. Recentemente ha esposto presso la Galerie Phoenix di Colonia, il Museo di Storia naturale di Genova, il Politecnico di Milano, il Convento di Santo Spirito a Nola e nel 2016 con la mostra “Il Bestiario e altri racconti” alla Galleria Spazio 6 di Verona. Marco Amore (Benevento, 1991). Nel 2010 ha pubblicato il romanzo “Io non vivo” seguito, l’anno successivo, da tre raccolte di racconti brevi. Nel 2015 ha vinto la quarta edizione del Premio “Michele Sovente” nella sezione “Poesia under 30”. I suoi scritti sono stati pubblicati su diverse riviste cartacee e spaziano dal reportage giornalistico alla poesia. Dal 2013 si avvicina gradatamente, con garbo e umiltà, al mondo dell'arte contemporanea curando con sguardo insolito svariate mostre per istituzioni pubbliche, fondazioni e gallerie private.

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externa, il salone nazionale e il convegno “paesaggi costieri”

LECCE. Dal 28 aprile al 1 maggio 2017 torna presso il centro espositivo "Lecce Fiere" in piazza Palio “Externa - Fiera Nazionale dell’Arredo degli Spazi Esterni”. Giunta alla sua VIII edizione, è la più importante rassegna del Sud Italia sull’arredamento da esterni che si conferma, anno dopo anno, punto di riferimento del settore e strumento per le aziende che trovano in essa uno straordinario veicolo di promozione. Basti pensare che l'edizione 2016 ha registrato la presenza di oltre 20 mila visitatori e professionisti del comparto. Nell’importante bacino del Mezzogiorno si impone come vetrina per le ultime novità per l’outdoor, come indicatore delle tendenze di un mercato in continua evoluzione e come momento d’incontro tra domanda e offerta. Grazie ad una struttura su un unico livello, al visitatore si aprono le porte di 10.000 mq di spazio espositivo suddiviso in padiglioni tematici. Quattro le macro aree: Giardino, Città, Spiaggia e

Acqua. Un vero e proprio universo espositivo vasto, completo, ordinato, dove scoprire e soddisfare le esigenze di un settore che cambia, si evolve, che presta sempre più attenzione ai particolari, alla funzionalità, alla qualità degli elementi, in cui trovare il meglio degli articoli per l’outdoor living, per il verde pubblico, l’illuminotecnica, la segnaletica, arredi e attrezzature per spiagge, stabilimenti balneari, piscine, vasche idromassaggio e mini spa. Tante le novità e le proposte 2017, tutte rispettose dell’ambiente, abbinate al design contemporaneo in base alla nuova concezione degli spazi moderni, alle nuove tecnologie, legate ai materiali più avanzati e alle tendenze più recenti. Sempre più eleganti nel design e tecnologici nei materiali, i mobili per l'esterno sono elementi "intercambiabili" che possono stare fuori o dentro casa. Protagonisti i materiali plastici, l'intramontabile teak e i tessuti idrorepellenti. Outdoor o

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indoor? A guardare le ambientazioni messe in mostra al Salone del Mobile di Milano risulta davvero difficile stabilirlo in modo univoco. Nascono come mobili per l’esterno, ma la cura

del design, la sperimentazione di forme e il comfort che li caratterizzano ne fanno pezzi di pregio adatti anche per la veranda o per il salotto di casa che sia mare, montagna o città. Intrecci,

Anche il docufilm “Pino Daniele il tempo resterà” anteprima assoluta al

colori chiari, tessuti impermeabili ad alta resistenza e soprattutto le forme sempre più eleganti, non hanno nulla da invidiare alle altre tipologie di arredi, tendenza che si lega concetto dell’abitare nella natura che rende la vita più confortevole e sana: la cultura green. Forte dell'esperienza maturata nelle passate edizioni, del grande apprezzamento delle istituzioni locali e del costante aggiornamento ai principali trend di mercato, la manifestazione promuove e favorisce le economie del territorio, affiancando all’esposizione “Meet Externa”, spazio nato per incentivare e coadiuvare il confronto e lo scambio di best practices tra i principali attori del settore e quest’anno punta sulla formazione con dei laboratori formativi tenuti da ospiti illustri, organizzati dall’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Lecce sul tema “Paesaggi Costieri” il 28 aprile e dall’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Lecce il 29 aprile sul tema “Il ruolo del dottore Agronomo e Forestale nella pro-

gettazione paesistica e delle infrastrutture verdi” con crediti formativi riconosciuti da entrambi gli Ordini. “All’interno della giornata formativa sul tema della progettazione paesistica e delle infrastrutture verdi – spiega Francesco Tarantino, dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Lecce - vogliamo sottolineare il ruolo che il Dottore Agronomo e Forestale sta assumendo quale professionista, per competenze e professionalità, determinante per una completa e moderna progettazione territoriale soprattutto dopo il grande problema della Xylella. Saranno esaminati, dagli autorevoli relatori presenti, dei casi concreti di corretta e moderna progettazione paesaggistica visto il cambiamento oggettivo dello stato del paesaggio”. Iscrizioni entro il 27 aprile su www.externaexpo.it. Orari apertura: tutti i giorni dalle 10.30 alle 20.30. Info: www.externaexpo.it

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spaghetti Bridge competition se i ponti sono di pasta e colla LECCE. Si è chiusa con un totale di ben 1.139,7 chilogrammi di resistenza complessiva “sopportata” l’edizione 2017 della “Spaghetti Bridge Competition”, la spettacolare gara tra ponti fatti soltanto di pasta e colla organizzata all’Università del Salento dal professor Giorgio Zavarise, ordinario di Scienza delle costruzioni. Alla gara hanno partecipato studenti dell’Università del Salento ma anche di altre Università italiane e, con graduatoria a parte, laureati in Ingegneria, che hanno costruito modelli in scala di un ponte di un metro di lunghezza utilizzando – appunto comune pasta (tipicamente spaghetti o bucatini) e colla a caldo o resina epossidica. I ponti così realizzati sono stati sottoposti a

un carico via via crescente, fino a completa rottura. «Un gioco che in realtà è un modo estremamente efficace per far comprendere agli allievi ingegneri il comportamento delle strutture», sottolinea il professor Zavarise, «ma anche un’efficace iniziativa di solidarietà. Come promesso, infatti, grazie alla sponsorizzazione del Pastificio Granoro, verrà offerto in beneficenza un chilo di pasta per ogni chilo di resistenza dei ponti. La donazione, di ben 1.139,7 chilogrammi, sarà destinata alla “Comunità Emmanuel” di Lecce e alla Mensa gestita dalle Figlie della Carità in collaborazione con il Volontariato Vincenziano. Complimenti a tutti i ragazzi, che anche quest’anno hanno

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Tutti i vincitori della gara organizzata all’Università del Salento dal professor Giorgio Zavarise ordinario di Scienza delle costruzioni


imparato divertendosi e compiendo un piccolo ma significativo gesto di responsabilità verso il territorio». Vincitori della sezione “Ponti reticolari” è stato il gruppo composto da Andrea Spedicato, Lorenzo Di Pietro e Francesco Carmine Iaia, con un ponte che ha “tenuto” fino al carico di ben 76,300 kg; secondo posto per il gruppo di Luca Candito, Andrea Lanzilotti e Gabriele Lozupone; terzo posto per Vincenzo Russo, Gianluca Adamuccio e Marialucia Corvaglia. Vincitore della sezione “Ponti ad arco o di fantasia” è stato invece Jonathan Fino, con un ponte che ha “sopportato” ben 136 kg; secondi classificati Lorenzo Maci e Mariarosaria Marulli; terzi classificati Emanuele Boellis e Marina Marti. Vincitori della gara riservata ai laureati sono stati Gabriella Vergori, Dario Palese e Giuseppe Cacciatore, mentre il premio per il ponte più bello è andato a Matteo Perrone.

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Nella foto: Becoming Who I Was Chang-yong Moon, film in concorso di Jin Jeon, Corea del Sud / 2016 / 96' Nel riquadro: La Cacciata del Malvento, film in concorso di Donato Canosa, Italia / 2016 / 48. '

trento Film Festival. al centro il rapporto uomo amBiente TRENTO. Il Trento Film Festival festeggia i 65 anni con un programma ricchissimo di appuntamenti e spettacolari serate evento all’Auditorium Santa Chiara. Dal 27 aprile al 7 maggio con grandi nomi dell’alpinismo, dell’arrampicata sportiva, dell’avventura e della cultura. E come sempre al centro del festival l’ambiente che ci circonda e il Monte Bondone. «Per festeggiare i 65 anni della nascita del festival – ha annunciato Luana Bisesti – quest’anno è stato realizzato un programma davvero ricco di film e appuntamenti, che si caratterizza sia per gli argomenti trattati, sia per i tanti ospiti di prestigio che parleranno soprattutto di montagna, avventura e del rapporto uomo-ambiente. Come nella tradizione della rassegna cercheremo di destare emozioni, seminare curiosità, stimolare racconti e soprattutto accendere i riflettori su temi importanti della vita, a cominciare appunto dall’ambiente. Impegno, questo, espresso anche dal manifesto ufficiale della rassegna, realizzato dall’artista e illustratore Guido Scarabottolo, dove la montagna è stata rappresentata nelle sue linee essenziali per essere esplorata, come ha detto l’autore, “alla ricerca di

cose che sono dentro di noi”.». Si inizierà il 27 aprile con la prima delle tre serate alpinistiche: “Il fascino dell’impossibile”, con Reinhold Messner; “Climbing games. Da Bardonecchia 1985 a Tokyo 2020”, con Adam Ondra e importanti nomi di ieri e di oggi dell’arrampicata sportiva (28 aprile, alle 21, Auditorium S. Chiara); “Metanoia: un omaggio e una rinascita”, con Thomas Huber, Roger Schaeli e Stephan Siegrist e la partecipazione di Connie Lowe (4 maggio, alle 21, Auditorium S. Chiara). Al Trento Film Festival Reinhold Messner sarà protagonista anche in veste di regista con la presentazione in anteprima italiana del film Still Alive – Dramma sul Monte Kenya (l maggio, alle 21, Supercinema Vittoria). Fausto De Stefani, il 30 aprile, alle 21, all’Auditorium S. Chiara condurrà invece Nepal: tra sogni e realtà, un evento solidale, il cui incasso sarà devoluto alla Rarahil Memorial School di Kirtipur/Kathmandu. SOS Terra, abbiamo un problema, sarà il tema della serata con l’astronauta e divulgatore scientifico Umberto Guidoni e il meteorologo Luca Lombroso con la partecipazione di Teresa Mannino il 3

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In programma 118 proiezioni, di cui 22 film in concorso e 110 eventi, tra serate alpinistiche, incontri, mostre e convegni


maggio, alle 21, all’Auditorium S. Chiara. All’interno del Trento Film Festival si segnala la rassegna internazionale MontagnaLibri, giunta alla sua trentunesima edizione, con tantissimi ospiti tra i quali Mauro Corona, Franco Perlotto, Robert Peroni, Paolo Cognetti, Marco Albino Ferrari. Durante la rassegna saranno presentati anche i vincitori del Premio Itas del libro di montagna, giunto all’ edizione numero quarantatrè, con 13 finalisti su un totale di 122 opere presentate da 70 case editrici (3 maggio, alle 11.30, Sala conferenze Fondazione Bruno Kessler). L’avventura in montagna in chiave sportiva sarà, invece, al centro di una bellissima serata evento, il 5 maggio alle 21 al Supercinema Vittoria, in collaborazione National Geographic. Protagonista sarà la campionessa nepalese di trail running Mira Rai, nominata da National Geographic Adventurer of the Year 2017 per i suoi straordinari successi in campo sportivo e per il

suo impegno a difesa dei diritti delle donne. Nell’ambito delle iniziative dedicate all’Islanda, “Paese ospite” della Sezione “Destinazione”, il festival ospiterà nella giornata conclusiva (7 maggio, alle 11, al Muse) il noto esploratore Alex Bellini con i racconti delle sue ultime imprese con uno sguardo attento alle questioni ambientali. Un programma ricco anche di mostre ed esposizioni, con tematiche che spaziano dal Paese ospite, l’Islanda, alla montagna vista da prospettive diverse. La prima ad essere inaugurata il 20 aprile è “La vita, la natura e il Volto” (Retrospettive) dedicata al grande Carlo Sartori nelle sale di Palazzo Trentini (via Manci, 2 Trento) e potrà essere visitata fino al 14 maggio. L’esposizione dedicata al pittore contadino (1921 Ranzo di Vezzano - 2010 Trento) mette in luce i suoi tre diversi temi pittorici che fortemente hanno caratterizzato l'intero percorso artistico di tutta la sua esistenza. Nelle Sale dello Spazio delle

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Arti (Via Paradisi 7 - Trento) verrà inoltre allestita la mostra dedicata ai disegni di Carlo Sartori, dal 27 aprile al 28 maggio. Doppia inaugurazione giovedì 27 aprile: alle 12 a Palazzo Roccabruna si inaugurerà “Etichette delle montagne. Immagini di commercio”. L’esposizione, realizzata dal Museo Nazionale della Montagna di Torino con le proprie collezioni, è un “viaggio” tra prodotti commerciali di diverse epoche e Paesi in un percorso ideale che va dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai nostri giorni. Alle ore 15 al Foyer dell’Auditorium Santa Chiara Carlo Tavagnutti sarà la volta della mostra fotografica “Nell’incanto delle Alpi Giulie”. Tante mostre in apertura anche nella giornata del 28 aprile: a Palazzo Lodron, “Ex libris delle montagne”, incisori di vette” a cura del Museo Nazionale della Montagna; nello spazio archeologico del SASS, RifugioPlus i modelli plastici realizzati dagli studenti del Laboratorio didattico di Architettura dell’Università di Trento; nella Sala Thun di Torre Mirana la mostra “Guido Scarabottolo, viaggio in Islanda” mentre le Cantine di Torre Mirana ospiteranno la mostra fotografica di Sonia Santagostino “La rinascita dell'uomo nella natura”. Infine alle 18, aprirà i battenti “Un paese mille paesaggi. Le montagne d'Italia viste da L'Altro Versante” con le immagini di Maurizio Biancarelli, Bruno D'Amicis, Luciano Gaudenzio e Marco Rossitti. Infine, per i più piccoli nasce quest’anno “TFF Family”, una vera e propria sezione della rassegna con tutte le attività svolte al “Parco dei Mestieri” e le iniziative rivolte in particolare ai bambini e alle famiglie.


Nelle foto alcune immagini di Matera, Ph: Marianna Cicchetti per Materainside,

per hollYWood passando dalla Basilicata

I luoghi del Cinema

Stefano Cambò

Dalla metà degli anni Ottanta fino ad oggi molti sono i film americani che hanno scelto la Basilicata come palcoscenico ideale per le loro storie, facendo riscoprire anche al pubblico d’oltreoceano uno dei territori più belli e spirituali del nostro amato stivale. E d’altronde come dargli torto, visto che questa regione offre paesaggi mozzafiato e città incantate che sembrano essere uscite dalla mano sapiente di un eclettico pittore. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla prima pellicola… Quella che ha dato vita a questo strano tour hollywoodiano in terra lucana. Si tratta di King David, un film del 1985, che vede come attore protagonista

Richard Gere, il divo più bello e conosciuto di quell’epoca. Per ricreare al meglio l’ambientazione storica, il regista Bruce Beresford scelse come set due località che, con il passare degli anni, sono diventate una meta fissa per molti altri film americani. Stiamo parlando naturalmente dell’immortale e suggestiva Matera (che per l’occasione divenne Gerusalemme) e del piccolo borgo di Craco. Queste realtà, infatti, tra il 2003 e il 2006 faranno da cornice a due altre pellicole che tratteranno in maniera completamente diversa la figura di Gesù Cristo. Il primo, forse il più famoso e discusso tra i

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film hollywodiani girati in Basilicata, è La Passione di Cristo di Mel Gibson. Uscita in Italia il 7 aprile del 2004 (era mercoledì santo) senza subire alcun tipo di censura,

nonostante negli Stati Uniti il film fu vietato ai minori di diciassette anni non accompagnati da un adulto, la pellicola firmata dal regista australiano racconta le ultime ore di vita di Gesù.

Un tour nei luoghi del film “La Passione di Cristo” ma anche della fiction “Sorelle”

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Matera di notte, Ph: Marianna Cicchetti per Materainside,

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In particolare l’arresto nell’Orto degli Ulivi, il processo tenuto da Ponzio Pilato presso il Sinedrio, l’atroce flagellazione e la morte sulla Croce. Per creare maggiore realismo, il film è stato completamente girato in latino e aramaico, le lingue che abitualmente si parlavano in quel periodo storico. L’attore statunitense James Caviziel fu scelto per interpretare il Cristo. Nonostante una forte fede cattolica, per tutte le riprese fu assistito da un sacerdote, tanto che durante le pause di lavorazione leggeva il rosario per trovare l’ispirazione. Non solo, leggenda vuole che gli venne l’ipotermia e la polmonite durante le riprese della crocifissione perché Mel Gibson scelse di girare in pieno inverno, quando le temperature raggiungevano a malapena i cinque gradi. Tra i luoghi emblematici del film gira-

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to nella bellissima Matera ci sono Murgia Timone con il suo belvedere che fronteggia tutta la città dei Sassi. Conosciuto come luogo vissuto dall’uomo fin dai tempi nel Neolitico (famosissimi sono i ricoveri e le chiese rupestri), è stato il palcoscenico naturale della Crocifissione. Invece, presso la Masseria Radogna (oggi Centro di Educazione Ambientale del Parco della Murgia) sono state girate le scene che riguardavano la vita da bambino di Gesù. Risalendo verso il centro storico si raggiunge La Civita, la parte più antica della Città. Sotto la cattedrale medioevale si percorre Via Muro con la sua lunga scalinata. Proprio quella scalinata che, durante il film, diventa l’atroce via Crucis per raggiungere il luogo del martirio. Una curiosità: nel 1964, durante le riprese de Il Vange-


foto in basso: Matera, Ph: Marianna Cicchetti per Materainside,

Pistola con il suo naturale scenario che, per le riprese, divenne ancora più suggestivo con la costruzione ad hoc dell’antica porta di Gerusalemme. Infine, il nostro giro turistico si conclude nell’antica Chiesa rupestre di Madonna delle Virtù (sito che ospita mostre di Arte Contemporanea), dove Mel Gibson girò le struggenti scene dell’Ultima Cena e della Lavanda dei piedi. Per quanto riguarda il secondo film che in qual-

I luoghi del Cinema

lo secondo Matteo, anche il regista Pierpaolo Pasolini girò qui una scena analoga. Proseguendo nel tour dei luoghi emblematici si raggiunge il Sasso Caveoso con le sue abitazioni rupestri (la più famosa è quella di Santa Lucia delle Malve). Qui sono state girate le scene del mercato e di vita quotidiana. Invece, continuando per via Madonna delle Virtù si raggiunge Piazza Porta

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la città fantasma di Craco

che modo tratta la vita di Gesù, dobbiamo fare un salto temporale di due anni. Infatti, il 1 dicembre 2006 esce nelle sale di tutto il mondo Nativity, di Catherine Hardwicke. A differenza della passione di Gibson, in questa pellicola vengono trattati gli avvenimenti che portarono alla nascita di Gesù in una grotta di Betlemme. Come per il suo illustre predecessore, la regista scelse come location la città di Matera (e i suoi Sassi) e il caratteristico borgo di Craco. Borgo che ritroviamo in un altro film famosissimo (questa volta britannico altrimenti sua Maestà si arrabbia), che vede come protagonista l’agente segreto più conosciuto al mondo. Stiamo parlando di James Bond naturalmente, e del capitolo del 2008 intitolato Quantum of Solace. Ebbene, anche per questa trasposizione cinematografica, alcune scene sono state girate a Craco. Ma perché questo piccolo borgo del Materano è una meta così ambita dai registi? La risposta è semplice! Si tratta di un vero e proprio paese fantasma (anche se una parte ancora abitata esiste ) arroccato su un promontorio argilloso. Nel 1963, a causa di una frana di vaste proporzioni,

Craco iniziò ad essere evacuata e parte degli abitanti emigrò o si spostò più a valle. Purtroppo, nel 1972, un’alluvione fece precipitare la situazione, impedendo una ripopolazione del centro storico, abbandonato definitivamente dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980. Da quel momento Craco è rimasto intatto trasformandosi in un paese fantasma. Un paese che è diventato negli anni un set naturale a cielo aperto facendo la fortuna dei registi italiani ed internazionali, tanto che nel 2010 è entrato addirittura nella lista dei monumenti da salvaguardare redatta dalla Word Monuments Fund. Gli orientamenti futuri prevedono che il sito di Craco sia recuperato e valorizzato per fini culturali, scientifici, cinematografici e turistici. Attualmente, grazie a guide esperte, è possibile visitare “la zona fantasma” attraverso un itinerario che percorre il corso principale fino alla vecchia piazza principale. Un motivo in più per prendere la macchina e andare in Basilicata, la regione più suggestiva e spirituale d’Italia!

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On line il sito ufficiale dedicato all’artista

renatocentonze.it


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