cappella di sansevero
renato Guttuso
Parte la nuova stagione de”il testamento di pietra” promosso dall’associazione nartea
alle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia e al Castello aragonese di otranto
anno 1163 numero 12 dicembre 201 6
anno Xi - n 12 Dicembre 2016 -
bruno barillari
la maGia del presepe
camille claudel
Dal presepe vivente di Specchia a San Gregorio armeno a napoli nella via dei presepi. Per ritrovare la magia della festa più dolce dell’anno
la rubrica Nel nome di Eva racconta la vita e l’amore tormentato della scultrice Camille Claudel allieva dello scultore auguste rodin
primo piano
le novitĂ della casa
IL RAGGIO VERDE EDIZIONI
ilraggioverdesrl.it
EDITORIALE
In copertina e sopra: Bruno Barillari, Chiesa di San Mauro litoranea S. Maria al Bagno, Gallipoli, 2016
Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l. Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic
Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Michele Bombacigno
Hanno collaborato a questo numero: Lucia Accoto, Sabrina Amorella, Maurizio Antonazzo, Michele Bombacigno, Michele Bovino, Giovanni Bruno, Stefano Cambò, Mario Cazzato, Sara Di Caprio, Claudia Forcignanò, Sara Foti Sciavaliere, Giusy Gatti Perlangeli, Peppe Guida, Ruggero Maggi, Pino Montinaro, Gianluca Palma Redazione: via del Luppolo,6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it
Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.
Dalla mostra fotografica di Bruno Barillari, al quale abbiamo dedicato la copertina, alle foto di Michele Piccinno intervistato da Lucia Accoto. E ancora da Guttuso, celebrato a Pavia ed Otranto, ai manifesti cinematografici del maestro Renato Casaro in mostra a Cremona e le visite guidate teatralizzate del “Testamento di pietra”, a Napoli nella Cappella di San Severo, raccontate da Sara Di Caprio. Un’incursione a Palazzo dei Diamanti dove si celebrano i cinquecento anni del poema ariostesco, L’Orlando Furioso, con la mostra raccontata da Sara Foti Sciavaliere mentre nella rubrica Nel nome di Eva Claudia Forcignanò ricorda la scultrice Camille Claudel. Questo e tanto altro ancora,in questo ultimo numero del 2016, tra mostre, stagioni di prosa, libri e gli amori letterari narrati da Giusy Gatti Perlangeli. E tanti itinerari, dalla Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese alla Basilica dello Spirito Santo con il racconto per immagini di Peppe Guida, dai set siciliani dei film di Giuseppe Tornatore, nella rubrica I luoghi del cinema a cura di Stefano Cambò, al Salento Segreto svelato da Mario Cazzato. Infine, abbiamo voluto raccontare come si vivono le festività a Sud, partendo dal borgo di Specchia grazie al giornalista Maurizio Antonazzo che ci ha illustrato il ventaglio di eventi e il presepe vivente, momento clou delle manifestazioni specchiesi. E il Natale ad Otranto dove ogni 1° gennaio con l’Alba dei Popoli si vuole salutare il primo sole in Italia, che si sa, appare sulla linea dell’orizzonte proprio nel punto più ad est della nostra meravigliosa penisola. E come non raccontare, infine, la via dei presepi per eccellenza, la San Gregorio Armeno napoletana? Ma il Natale è fede, religiosità, una dimensione dell’anima, predisposizione ad ascoltare l’altro, desiderio di solidarietà e convivenza pacifica. Non è consumismo ma condivisione, che siano momenti di gioia, esperienze culturali e sportive come ci raccontano Pino Montinaro per la Lupiae Team e Gianluca Palma con La Scatola di latta e le sue iniziative tra cui “Per ora resto nel Salento”. E a proposito di restare, ringraziamo lo psicologo Giovanni Bruno per il suo intervento sul futuro dei giovani, una “generazione trolley” che deve avere invece la possibilità di affermarsi nella propria terra, contribuendone così alla crescita. Questo l’augurio più bello che facciamo a tutti i nostri lettori. Buon Natale e felice 2017! (an.fu.)
SOMMARIO Luoghi|Eventi| Itinerari: Per adesso resto nel Salento 15 |Girovagando: La Basilica dello Spirito Santo 34| Natale a Napoli 43 |Itinerarte 45| La magia del presepe 68| Aspettando l’alba dei popoli 75| Specchia città dei presepi 76| Natale a Specchia nel borgo 88 Salento segreto 94 Arte: Due Castelli per Guttuso 12|Da Grottaglie a Gallipoli presepi d’Autore 24 |Viaggio nel cosmo 40| Terra materia prima 42 Il testamento di pietra 50 Renato Casaro una vita da film 58 Orlando Furioso 62 Vibrazioni dell’anima 67 De Giovanni a Tricase 84 Musica: Roberto Vecchioni in concerto per Progetto Itaca a Lecce 92| Il peccato di Eva apre il live di Poggipolini a Galatone in Corte 93 Cinema: I luoghi del cinema: la Sicilia di Tornatore 80 |Otranto in onda su Rai tre con Kilimangiaro 83 I luoghi della parola: Generazioni Trolley. I giovani e il futuro 14| Amori letterari: Isabella e Diego 50|Dalla Basilicata i primi passi per la Ciclovia dell’Acquedotto 19 Sport e disabilità 61 Teatro|Danza|Oreste Castagna al Teatro Fasano 11 La stagione di prosa al Modugno di Aradeo 22| Il Ducale e la nuova stagione 44 Libri|Luoghi del sapere 46-49 |Nel nome di Eva Camille Claudel 86 I luoghi nella rete|Interviste: Intervista al fotografo Bruno Barillari 4 | Intervista al fotografo Michele Piccinno 28 Numero 12 - anno XI - dicembre 2016
dal cielo in esclusiva. il soGno di icaro nelle FotoGraFie di Bruno Barillari Antonietta Fulvio
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Fotografie in alta quota per catturare sguardi inediti del Salento. Dal Mare Adriatico allo Ionio passando per l’entroterra: catturare la bellezza scattando in overing LECCE Il Salento come non lo avete mai visto. Se non a bordo di un aereo, ammesso che esista un volo che penetri nell’entroterra più aspro e quasi inaccessibile o costeggi interamente le coste, dall’Adriatico allo Ionio, modellate da madre Natura dalla notte dei tempi. Ed è un tempo infinitesimale quello per cui l’obiettivo possa catturare la luce, fissare l’inquadratura perfetta del paesaggio che rilascia il monitor, collegato in telemetria, e che in tempo reale trasmette dati, mentre su, tra le nuvole, il drone diventa l’occhio fisico dell’artista che scruta dal cielo in esclusiva. Dopo i progetti “Dinamiche sul Mediterraneo” e “Mustintime” entrambi realizzati nel 2012, il fotografo leccese Bruno Barillari torna ad esporre al Must Museo Storico della città di Lecce dal 2 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017 nella mostra patrocinata e promossa dall’amministrazione comunale. Il focus in questa nuova personale di fotografia è il Salento colto all’im-
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provviso grazie al «Drone / occhio / microscopio che del generale coglie il particolare, dell’immenso il frammento, dell’infinito il finito, della dismisura la misura» spiega il giornalista e scrittore Raffaele Gorgoni nel catalogo, edito dalla casa editrice Il Raggio Verde nella collana Libri di fotografia curata dallo stesso Barillari, in doppia lingua con i testi tradotti in lingua inglese da Arianna Corvaglia. Classe 1973, Bruno Barillari ha ereditato la passione per la fotografia insieme ad una Rolleiflex biottica GX 2,8 nel 1987. A pochi esami dalla laurea in Economia e Commercio a Parma si diploma invece, nel 1997, all’Istituto Italiano di Fotografia di Milano. «…preferendo lavorare con la luce che vivere di riflesso…». Dedica il tempo libero alla ricerca, nell’accezione pura del termine. Odiando le etichette, soprattutto nel suo settore, ama considerarsi semplicemente un uomo che scatta fotografie. Fotografie che ha esposto in Italia e Le sue foto sono pubblicate
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dalle più prestigiose riviste - tra le quali Vogue, AD, Sposabella, Dove, Times, Vanity Fair - e quotidiani tra cui Il Corriere della Sera, La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Sole 24 Ore, XL (La Repubblica). E “Dal cielo in esclusiva” Bruno Barillari ha scovato gli angoli e gli scorci più suggestivi del Salento scoprendo le geometrie della Strada del pesce che attraversa l’oasi naturale delle Cesine (San Cataldo) o della strada che costeggia la Litoranea
Otranto - Santa Cesarea Terme. E il frastagliarsi del mare in mille rivoli nella scogliera a Roca o alla Specchiulla (Otranto) e, quello più dolce insinuarsi tra le dune di Lido Pizzo a Gallipoli o delle spiagge nelle marine leccesi di Torre Chianca e di Frigole. E ancora sorvolando la litoranea Otranto Santa Cesarea ha sorpreso l’antica Torre Sant’Emiliano, vedetta silenziosa a metà strada tra Punta Palascìa e Porto Badisco, per poi fermarsi ad osservare come la cava di Bauxite diventi una sorta di
Bruno Barillari, La Specchiulla, Otranto (Lecce)
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Bruno Barillari, Dal Cielo in esclusiva, 2016
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«Penso sempre alla mia terra nei viaggi che intraprendo con la mente, alberi bambini giocano con aquiloni di nuvole ed il giorno segue la notte come il segugio la preda, in un gioco di echi e profumi che si propagano nel tempo necessario ad innamorarsi» occhio magico entro il quale si riflette sì, proprio il cielo. E poi le nuvole, le meravigliose nuvole, le mobili architetture che Dio compone con i vapori, le mirabili costruzioni dell’impalpabile, per dirla con Baudelaire. «Un manifesto grafico di architetture supreme che con gli occhi in volo ed i piedi per terra ho raccolto» - scrive ancora Bruno Barillari completando con parole poetiche la poesia delle immagini catturate. Immagini che, da un insolito punto di vista, svelano i contorni dei Laghi Ali-
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Bruno Barillari, Strada del pesce - Oasi Le Cesine, San Cataldo (Lecce), 2016
mini (Otranto) e della costa in prossimità di Torre Uluzzo a Porto Selvaggio (Nardò) o di Torre Miggiano (Santa Cesarea Terme) ma anche architetture antiche, diroccate, tracce di storia e resti indelebili della memoria. Come la chiesa di San Mauro sulla litoranea Santa Maria al Bagno – Gallipoli o la Cappella del Croci-
fisso sulla litoranea per San Cataldo. Ancora geometrie che si rivelano nel momento in cui si addentra nell’entroterra delle campagne di Gallipoli, Lequile, Nardò lasciando scoperto il cuore contadino, vocazione millenaria di questa terra rossa che però sa essere generosa. Nonostante tutto. E ancora visioni che spiaz-
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zano all’improvviso con l’esplosione di azzurri e gialli quasi fossero campiture di dipinti di arte contemporanea mentre spia da lontano la Palude del Capitano a Sant’Isidoro (Nardò). Un unico filo unisce in una tessitura ideale tutti i fotogrammi: è l’amore per la propria Terra oltre che per l’Arte. Ne abbiamo parlato con il
nel nuovo progetto artistico, che ti vede esporre al MUST di Lecce, gli scatti sono rubati “Dal cielo in esclusiva”, appunto, grazie alla complicità di un drone cinematografico… Quali le difficoltà tecniche per realizzare gli scatti in alta quota? Cosa cambia nel tuo modus operandi quando utilizzi il drone Le difficoltà sono diverse perché il pilota guida l’apparecchio ed io la testa a cui è attaccata la macchina fotografica. Bisogna avere un ottimo sincronismo e velocità d’azione anche perché si può volare solo per pochi minuti (circa 8) ed è indispensabile calcolare i tempi al secondo per evitare di avere sgradite sorprese. Poco tempo per inquadrare e per scattare. Ogni scatto è frutto o di una singola o al massimo di un paio di esposizioni. La sorpresa è il fattore determinante anche perché non siamo abituati a guardare da 100 o più metri di altezza. Nei tuoi scatti hai catturato i profili delle coste salentine, autentiche opere d’arte scolpite da madre Natura, ma anche l’entroterra spesso inaccessibile o invisibile ai nostri occhi penso alla Chiesa di S. Mauro o alla Cappella della Masseria del Crocifisso ma anche ai campi arati nell’entroterra di Porto Cesareo o di Nardò… Come è nato il progetto fotografo, in occasione dell’alle- “Dal cielo in esclusiva?” e i quastimento della sua mostra. li sono stati i tempi di realizzaCon la mostra “Obj”, nel 2015 zione? alla Galleria Scaramuzza, nelle Cerco la sperimentazione in ogni tue inquadrature erano finiti gli modo e con ogni mezzo oltre ad oggetti disseminati negli angoli essere convinto che la giusta delle nostre case e nelle stanze chiave interpretativa di una buodella memoria riscoprendo con na fotografia sia il “punto di perfetti still-life il fascino della vista”. Il cielo è stato per me una pellicola in bianco e nero. Oggi gradevole sorpresa soprattutto
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perché ho molta paura di volare non solo per amore della gravità ma anche per il rispetto per un elemento che non mi è stato dedicato. Il drone mi ha permesso di rimanere immobile in qualsiasi punto io abbia desiderato e a qualsiasi altezza simulando alla perfezione la mia presenza a quelle altezze pur stando con i piedi per terra. Il progetto è partito la scorsa primavera ed ha trovato una conclusione con questa mostra e la relativa pubblicazione anche se ad essere sinceri la bellezza di questa terra, la mia è tale e tanta che credo sia sinceramente difficile poterla raccontare, da qualsiasi punto di vista, in una ventina di scatti. Con questa mostra ritorni alla bellezza della Natura e alla potenza del colore dove protagonista è il tuo Salento… quanti scatti hai realizzato e come hai selezionato i sedici scatti che vedremo in mostra? Ho deciso di stampare sedici pannelli di grande formato (180cm x 120) frutto di una selezione tra circa una trentina di foto realizzate in un paio di mesi. Ho perso parecchio tempo nella fase più importante e cioè quella organizzativa dove con Roberto Leone, mio amico e pilota patentato Enac, seduti al tavolino abbiamo valutato locations, tempi e relative difficoltà. Dipendenti da un ristrettissimo tempo di volo che si esaurisce tra decollo, volo e rientro per scattare c’è pochissimo tempo soprattutto quando il drone deve allontanarsi molto dal punto di partenza e poi rientrare.
Bruno Barillari fotografato dal fotografo Piero Marsili Libelli; in basso il fotografo Bruno Barillari con Paolo Perrone sindaco di Lecce
Ho selezionato i 16 scatti in base alle suggestioni grafiche e cromatiche che ho cercato durante la loro realizzazione. Scattare alla giusta ora o dopo la pioggia quando l’aria è più pulita sono stati fattori che pur avendomi fatto correre non pochi rischi mi hanno regalato gradite sorprese.
za. Tuttavia ho ancora la speranza, un giorno, di farcela.
Icaro e a regalarci inediti sguardi sulla nostra terra bellissima; quale sarà il prossimo sogno? Posso solo dire che non avrà a Dagli sguardi intimi sulle cose, che fare con le nuvole ma con alla visione a volo d’uccello sul chi ha la testa tra le stesse. Salento che in qualche modo ti ha portato a realizzare il sogno di
C’è una foto che avresti voluto fare e che non sei riuscito a realizzare? Avrei desiderato tanto che una volta in volo mi si presentasse la possibilità di fotografare l’angelo che, ogni giorno, vorrei strappare dal Cielo. Magari avrebbe potuto fare presenza tra le mie lenti e le mie inquadrature così come l’ha sempre fatta tra le mie paure e la mia vita. Forse non ho avuto fortuna… o forse non sono riuscito ad arrivare alla sua altez-
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oreste castaGna, il cartastorie e la Grande storia dell’ulivo
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In scena nel Teatro sociale di Fasano i personaggi del libro dell’agronomo fasanese Cosimo Damiano Guarini FASANO. Era il 1995 e la sua voce era quella del pupazzo Dodò della fortunata trasmissione di Rai Due “L’Albero Azzurro” in onda su Rai Due. é Oreste Castagna inventore della tecnica Cartastorie: ideare e scolpire nella carta oggetti, animali, maschere, personaggi e ambienti per un teatro del fare e raccontare. Un successo editoriale e oltre che televisivo che continua Oreste crea e porta in scena vari spettacoli che usano come caratteristica la manualità dal vivo. La sua tecnica è diventata un format di successo in onda su Rai Gulp e Yoyo. Dopo il successo dello scorso anno, giovedì 8 dicembre Oreste Castagna, in arte Gipo,è tornato a calcare il palcoscenico del Teatro Sociale di Fasano. Lo spettacolo in anteprima nazionale ha messo in scena “La grande storia dell’ulivo” (Adda Editore), il libro per bambini pubblicato dall’agronomo fasanese Cosimo Damiano Guarini (già autore di “Lovolio”), per raccontare il bello dell’olio in tutte le sue forme.per parlare della vita millenaria degli ulivi di Puglia, che da un passato remoto giunge fino a oggi producendo il prezioso olio d’oliva. La storia incanterà i bambini per la sua autenticità e per la vicinanza alla natura che si vorrà trasmettere. Lo spettacolo è nato da un’idea di Amalia Di Leo, presidente dell’associazione “Le Nove Muse”, e Oreste Castagna, che ha ben accolto questa iniziativa rientrante nel progetto “AgriTeatro – I racconti della terra”. In sottofondo il suono reale di un ulivo e di altre piante tipiche
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del territorio, così come previsto dal progetto “Melodie vegetali” curato dal M° Giuseppe Sabatelli che ha diretto le musiche di scena. Inoltre l’animatrice fasanese Arianna Lacirignola ha integrato lo spettacolo con magie di sabbia che hanno ammaliato i bambini. Nel foyer per la gioia dei più piccini è stato possibile immergersi nel mondo dei giocattoli grazie al banchetto allestito dal negozio "La città incantata". E la stagione dall’associazione culturale “Le Nove Muse” continua domenica 11 dicembre con lo spettacolo “Django, joue pour moi” scritto e interpretato da Fiorenzo Lo Presti, con la regia di Giancarlo Fares. Il testo si ispira alla vita del chitarrista gitano Django Reinhardt, inventore di un nuovo genere musicale: il jazz manouche (detto anche gypsy jazz). Info e prenotazioni: +39 393 8975459.
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Renato Guttuso, Natura morta con fornello elettrico(Tramonto e fornello elettrico), 1961Olio su tela, cm 55x46, Roma, Archivi Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2016 Al centro: Renato Guttuso, Barattoli e tubetti di colore, 1986, Olio su tela, cm 60x80, Roma, Archivi Guttuso © Renato Guttuso by SIAE 2016
due castelli per Guttuso. doppia mostra ad otranto e pavia
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Due eventi per celebrare l’universo pittorico del maestro del realismo
OTRANTO e PAVIA. Due castelli per Renato Guttuso, nel segno dell’artista siciliano grazie a due esposizioni in corso a Pavia e ad Otranto. “Guttuso. La forza delle cose” è il progetto che ha aperto la stagione espositiva autunnale delle Scuderie del Castello Visconteo di Pavia. Prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune di Pavia, l’Associazione Pavia Città Internazionale dei Saperi e con gli Archivi Guttuso, la mostra a cura di Fabio Carapezza Guttuso e di Susanna Zatti potrà essere visitata fino al prossimo 18 dicembre. Focus dell’evento espositivo le nature morte di Renato Guttuso che costituiscono, dalla fine degli anni Trenta, una componente essenziale della sua produzione e un punto di riferimento per gli artisti della sua generazione. L’artista indaga ossessivamente una serie di oggetti che si animano nelle tele e che diventano i protagonisti indiscussi delle opere grazie alla straordinaria
forza espressiva e alla potenza cromatica. L’esposizione – con oltre cinquanta opere provenienti da prestigiose sedi espositive tra le quali il MART Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, la Fondazione Magnani Rocca, i Civici Musei di Udine, il Museo Guttuso, la Fondazione Pellin e alcune importanti collezioni private – intende offrire al pubblico una prospettiva inedita e di grande fascino sul percorso artistico del maestro siciliano, studiando la forza delle cose rappresentata nelle opere. Il percorso espositivo presenta dunque una serie di capolavori che documentano, negli anni Quaranta, con Natura con drappo rosso (1942) l’impegno dell’artista a testimoniare la drammatica condizione esistenziale, imposta dalla dittatura e dalla tragedia della guerra, cui si contrappone, come una bandiera, il grande panno, rosso squillante; nel dopoguerra, con Finestra (1947) o Bottiglia e barattolo (1948), il crescente interesse verso la sintesi post-cubista picassiana, che ci rivela il profondo impegno dell’artista nel recupero della cultura artistica europea; per arrivare, negli anni sessanta, ad una nuova fase della pittura guttusiana, che rivela una dimensione più medi-
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tativa, derivante anche dalla elaborazione, nei suoi scritti, dei temi del realismo e dell’informale, visibile ne Il Cestello (1959), La Ciotola (1960) e Natura morta con fornello elettrico (1961). Durante la sua carriera Renato Guttuso collaborò con importanti scrittori come Moravia e Vittorini, scultori come Manzù e Moore, poeti come Pasolini e Neruda, registi come De Sica e Visconti, musi-
Renato Guttuso, Studio per la Vucciria, in mostra ad Otranto
cisti come Nono e artisti come Picasso. Questi rapporti influenzarono i suoi lavori e ispirarono non solo dipinti, ma anche illustrazioni per libri, scenografie teatrali, collaborazioni cinematografiche, sodalizi letterari e politici. In tal senso il percorso espositivo è stato arricchito da una serie di fotografie – in parte inedite – concesse dagli Archivi Guttuso, che permettono di approfondire la vita dell’artista, raccontandone abitudini, amicizie e curiosità. Inoltre, grazie agli approfondimenti video messi a disposizione da Rai Teche, i visitatori possono avvicinarsi ulteriormente all’artista e alla sua opera, ascoltando la sua voce, vedendolo dipingere. Chiude l’esposizione una selezione di dipinti della fine degli anni Settanta-inizio anni Ottanta, periodo in cui la continua ricerca del reale di Guttuso si
accentua per dare vita a celebri dipinti come Cimitero di macchine (1978), Teschio e cravatte, Bucranio, mandibola e pescecane (1984) che diventano metafore e allegorie della realtà. E un corpus con cinquantacinque opere sono giunte ad Otranto per la mostra curata da Giuseppe Benvenuto con la presentazione critica di Gianfranco Terzo, inaugurata lo scorso 26 novembre e visitabile fino all8 gennaio. Le opere scelte tra dipinti ad olio su tela, tecniche miste e litografie ripercorrono il percorso pittorico e introspettivo di Guttuso e il cambiamento del tessuto sociale di cui il pittore è stato interprete. La rarità si intreccia con la ricchezza tematica, visibile nella bellezza dei ritratti dei luoghi quotidiani e delle scene di genere, nella ricercatezza delle nature morte. La figura femminile è protagonista indiscussa dell’esposizione del maestro, insieme alla preziosità del suo incantesimo pittorico, espressa dalla singolarità dell’olio Lo studio dell’Artista del 1963 e da altri splendidi
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dipinti ad olio su tela. Non mancano studi preparatori di importanti lavori museali come lo studio per La Vucciria, un ritratto della moglie Mimise, uno studio per La spiaggia ed altri. Accanto agli oli è possibile ammirare un’ampia selezione di opere a china e disegni su carta, insieme ai bozzetti originali dei famosi tarocchi. La mostra di Otranto fa seguito alle altre di successo organizzate da Giuseppe Benvenuto in collaborazione con Galleria de’ Bonis, a Brindisi, Peschici e San Giovanni Rotondo e sarà una nuova occasione di vivere l’emozione dei capolavori del maestro siciliano nel castello aragonese “ormai aperto tutto l’anno che offre una visita nelle sue sale anche ai Luoghi della Preistoria, con l’allestimento relativo alla Grotta dei Cervi, e il suggestivo percorso dei sotterranei” - precisa il sindaco Luciano Cariddi. Ingresso: 5€; orario di apertura: 10/13 – 15/18 giorni feriali e 10/20 giorni festivi. Info: 346 7334054 – 338 2139499.
GeneraZione trolleY i Giovani e il Futuro Giovanni Bruno
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La riflessione dello psicologo psicoterapeuta
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l modo migliore per esplicitare e comprendere la tendenza di questi nostri tempi all’esodo di tanti giovani che raggiungono e lavorano all’estero è partire da esempi concreti, da due storie, due percorsi, due voci. Lo studio universitario è un periodo della vita di un giovane uomo, di una giovane donna, molto affascinante. Molto affascinante è quella speciale età intrisa di grandi scoperte, di nuovi punti di vista, di una dimensione dell’umano che diventa sempre più profonda. Il percorso di studi, qualsiasi esso sia, offre al giovane il modo di confrontarsi con se stesso, capire la coerenza interna del proprio piano di studio, acquisire un metodo proprio per affrontare gli esami. Sto cercando di descrivere cicli di studio regolari, nei quali il giovane si impegna a fondo nel proprio compito per il raggiungimento di una meta finale spesso ambita e desiderata. Andrea ha 25 anni è un giovane uomo alto, un volto vivido, un fare sempre accogliente e positivo. Famiglia solida alle spalle anche se non proprio affluente. A scuola è sempre riuscito bene senza profondere grande energia. Per i suoi studi universitari ha scelto il Politecnico di Torino,
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facoltà di ingegneria. Sono stati anni di grande impegno, se il liceo non aveva richiesto sforzi eccessivi i primi tre anni del corso di ingegneria sono stati durissimi. Ha terminato la cosiddetta “ triennale” con una certa fatica ma i due anni successivi sono andati “de plano”. Anna è cresciuta senza padre, ha vissuto l’adolescenza in un mondo molto vicino all’illegalità. Ben presto si è resa conto che lo studio poteva essere una forma di riscatto, con l’impegno si attenuava il risentimento degli esclusi che le covava dentro. Dopo il diploma di media superiore Anna si iscrive all’università della città dove abita e per l’amore che sente per le materie umanistiche sceglie la facoltà di Lettere classiche. Anna e Andrea raggiungono così il loro obiettivo, il conseguimento della laurea, la realizzazione di un presente carico di premesse e promesse. Ma la realtà è ben diversa: in Italia i mesi che seguono alla laurea hanno un sapore amaro, infatti se prima per Anna e Andrea lo studio rappresentava il campo su cui misurare la propria ansia di perfezione, adesso c’è solo precarietà e nessuna certezza.
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I giovani per loro natura non smettono mai di andare “altrove” ma per Anna, Andrea e tanti altri la scelta è obbligata, l’unica soluzione per un futuro di stabilità. Tutti gli anni zero, gli anni che vanno dal 2000 al 2010, sono stati caratterizzati da un esodo continuo di intelligenze. Gli italiani emigrati in Germania solo nel 2014 sono stati oltre settantamila, dopo polacchi, rumeni e bulgari ma prima di tutti gli altri paesi europei. Su questo tema si è incentrata l’attenzione di Romano Prodi nel bellissimo articolo comparso su Il Messaggero del 30 ottobre. L’ex Presidente del Consiglio nota come il nostro Paese esportando giovani formati e specializzati rischi la decadenza. Il pericolo per l’Italia è quello di costruire “una strategia autodistruttiva” infatti a fronte di una immigrazione sempre meno qualificata corrisponde una emigrazione ad alta preparazione. Forse è il momento di pensare che il nomadismo Millenial deve essere fermato mettendo in campo tutte quelle politiche sociali che offrano concrete opportunità ai nostri giovani che bussano alla porta e tutti noi, politica, istituzioni, società civile gli dobbiamo aprire.
per adesso resto nel salento con “nachìria” all’ipoGeo Bacile Gianluca Palma
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Pubblichiamo volentieri l’intervento del presidente dell’associazione La scatola di Latta
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SPONGANO (LECCE). Con i primi due incontri di “Per adesso resto nel Salento” presso il Castello di Corigliano D’Otranto e Sante Le Muse - agriturismo a Morciano, l’associaizone La Scatola di Latta continua a crescere e a navigare tra storie di imprese, associazioni resilienti, ascoltando con piacere le numerose storie di ritorni ed esperienze dirette, conoscendo le realtà che animano il nostro territorio. è sempre più convinta che questa sia la strada giusta e vi invita ad un nuovo incontro che si terrà domenica 11 dicembre all’interno di Ipogeo Bacile - Teatro Sotterraneo a Spongano. Già dichiarato luogo di interesse storico-artistico dalla Sovrintendenza ai Beni Artistici e Culturali di Puglia, l’Ipogeo di Palazzo Bacile ospita eventi culturali di diverse forme ed espressioni di creatività che in questo luogo ricco di storia trovano relazione e creano dialogo: esposizioni d’arte, rappresentazioni musicali e teatrali, rassegne letterarie. Il frantoio come custode dell’anima del nostro Paese, torchio di molitura, luogo di sperimentazione e di raccolta delle idee racchiuse nella nostra terra. Camminando nel frantoio ricco di storia, tra le ombre e le volte dolcemente illuminate, ci è sembrato di attraversare la pancia di una nave. è forse da qui che deriva la parola Nachìro, dal greco "padrone, conduttore della nave" nonché colui che dirigeva tutti i lavori del frantoio. E da qui “Nachìria – idee ipogee”, una nave di idee, perché tutti noi siamo nachìri: chi ha deciso di restare, di prendere in mano il proprio timo-
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In queste pagine e in quella precedente alcune immagini dell’esterno di Palazzo Bacile di Castiglione e dell’Ipogeo Bacile - Teatro Sotterraneo (fonte: Palazzo Bacile di Castiglione e La Scatola di Latta
ne, cambiare rotta e tornare in Salento dedicando tutto il proprio tempo. Proprio come Bacile, che con “intraprendenza, impegno e intuizione” trasformò per primo il suo frantoio, lo rese funzionale e ne ricavò un olio
buono, un’innovazione all’epoca. Sulle sue orme oggi Fabio Bacile immagina lo stesso frantoio come “contenitore culturale” e gli dà forma passo dopo passo, una sfida per nuovi nachìri.
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Domenica 11 dicembre, dalle ore 16.30 fino alle 21 l’Ipogeo si trasformerà in un “mercatino delle idee“ che accoglierà agricoltori, artigiani, artisti, associazioni e imprese. Ogni partecipante al mercatino avrà modo di esporre e presentare le proprie opere materiali ed immateriali in modo creativo. Ingresso libero per chi porterà con sé entusiasmo, libri, strumenti musicali e idee da condividere. Sarà presentata la mostra fotografica sulle “Grotte del Salento” a cura di Giorgio Nuzzo e sarà presente la casa editrice Il Raggio Verde con tre suoi autori: Maria Neve Arcuti, Davide Carrozza, Stefano Cambò. L’evento rientra nella program-
mazione @Fortezza in Opera a cura di Salvatore Della Villa. Tra gli espositori Parco Paduli, associazione culturale Archès, Appunti di fotografia selvatica, Alberto Piccinni, Cooperativa sociale Carry on, Pralina Srl - PRoduzione ALImenti NAturali, Zulucche, My Salento Experience, PRESENTèFUTURO, Tipico - Prodotti Artigianali Salentini, Città tra le mani, Birrificio Lentopede, Imagine31 - Fotografie di Giorgio Nuzzo, Le mamme del Borgo.
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dalla Basilicata i primi passi per la ciclovia dell’acquedotto
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Il coordinamento delle associazioni: accelerare la realizzazione dell’opera, una via verde che per oltre 500 km percorre le opere del più grande acquedotto d’Europa dalle sorgenti a Caposele in Irpinia fino a Leuca
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i muovono in Basilicata i primi passi per la realizzazione della Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, la prima ciclovia turistica del Sud, una via verde che per oltre 500 chilometri percorre le opere del più grande acquedotto d’Europa dalle sorgenti a Caposele in Irpinia fino a Santa Maria di Leuca in Salento, passando per il Vulture, l’Alta Murgia, la Valle d’Itria e l’Arneo. A sottolineare l’avvio dell’iter dell’opera è il Coordinamento dal Basso per la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, a cui aderiscono oltre 80 associazioni di Basilicata, Campania e Puglia. Nei giorni scorsi, la Basilicata ha approvato il piano economico per la Ciclovia dell’Acquedotto, con una delibera della giunta proposta dall’assessore al ramo Nicola
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Benedetto pubblicata sul Bollettino Ufficiale del 17 novembre 2016, assumendo il ruolo di soggetto attuatore a livello regionale. Tale atto fa seguito all’impegno assunto con la sottoscrizione il 27 luglio scorso da parte delle tre Regioni Basilicata, Puglia e Campania di un protocollo d’intesa con il Ministero delle Infrastrutture e i Trasporti e con il Ministero al Turismo e ai Beni Culturali per la progettazione e realizzazione del percorso, inserito dal Governo nella legge di stabilità 2016 insieme al Grab di Roma, alla Venezia-Torino e alla Ciclovia del Sole Verona-Firenze, fra i primi quattro progetti della futura rete nazionale delle ciclovie turistiche. Il Coordinamento dal Basso per la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese plaude all’iniziativa della Regione Basilicata, che ha convocato in settembre una riunione con i Comuni interessati dall’itinerario: Rapone, Ruvo del Monte, Atella, San Fele, Rionero in Vulture, Ginestra, Ripacandida, Venosa e Palazzo San Gervasio. Tale riunione, di fatto, ha seguito un incontro tenutosi il 13 settembre, durante il quale il Coordinamento dal
Basso ha condiviso con il dirigente Ing. Donato Arcieri i risultati dei sopralluoghi svolti nei mesi precedenti con l’associazione FIAB Potenza CiclOstile, con i tecnici dell’Acquedotto Pugliese e durante le due edizioni della “Cicloesplorazione” organizzate dal coordinamento nel 2015 e nel 2016. Secondo Giuseppe Dimunno, coordinatore Fiab di Basilicata e Puglia e referente per i rapporti con le istituzioni del Coordinamento dal Basso per la Ciclovia dell’Acquedotto, “il fatto che la Regione Basilicata faccia proprio l’itinerario da noi individuato è un importante risultato dell’attività del coordinamento e della credibilità guadagnata sul campo”. Dimunno spiega che ad oggi, lo studio di fattibilità redatto in passato dalla Regione Puglia, che va da Venosa e Palazzo San Gervasio, già al confine con la Puglia, fino a Villa Castelli e al serbatoio di San Paolo in agro di Salice Salentino, rappresenta la metà dell’intero percorso. “L’individuazione della traccia in gran parte della Basilicata, della Campania e nel Salento”, sot-
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basso, “è senza dubbio uno dei più suggestivi dell’intero itinerario. Proprio lì una stele d’epoca ricorda l’operaio di Palazzo San Gervasio Giuseppe Lopomo, tra i tanti che perirono durante i lavori di costruzione della condotta. Ricordarlo è un modo concreto per valorizzare tanto i sentieri e i territori quanto le storie legate al passaggio dell’acquedotto in Basilicata”. “Fondamentale è continuare a fare rete tra associazioni, operatori turistici e amministratori locali per inaugurare il prima possibile la ciclovia”, conclude Chiffi, “rispettando il cronoprogramma del Ministero delle Infrastrutture che prevede di consegnare l’opera in tre anni. Non ci resta, dunque, che augurare buon lavoro all’assessorato alle infrastrutture e alla mobilità della Regione Basilicata, al quale non faremo mancare il nostro supporto, augurandoci che anche Campania e Puglia si muovano nella stessa direzione”.
tolinea Dimunno, “si deve all’opera del Coordinamento dal Basso, che sta definendo il percorso in modo partecipato, grazie al coinvolgimento attivo delle comunità locali, e in stretta aderenza agli standard di ciclabilità Bicitalia ed EuroVelo”. Non si tratta di mere questioni tecniche, spiega il Coordinamento, poiché la caratteristica peculiare di questa ciclovia è di essere prima di tutto un “itinerario narrativo” che unisce territori diversi, paesaggi e culture, in un legame indissolubile di solidarietà nel segno dell’acqua e dello sviluppo sostenibile fondato sul turismo e sulla valorizzazione dei retaggi culturali. “Il tratto che attraversa il Bosco di Bucito con i maestosi ponti canale dell’Acquedotto tra Ruvo del Monte e Atella”, sottolinea Cosimo Chiffi, portavoce del coordinamento dal
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L’attore Massimo Ghini e il cast del suo spettacolo “Un’ora di tranquillità”
dalla commedia al musical, al via la staGione di prosa al “moduGno” Antonietta Fulvio
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Dieci spettacoli per la stagione di prosa del “Modugno” ad Aradeo. Si parte con Massimo Ghini il 12 dicembre
ARADEO (LECCE). Massimo Ghini, Massimo Ciavarro, Claudia Gerini, Biagio Izzo, Sergio Assisi, Rosita Celentano, Pino Quartullo, Pinuccio senza trascurare le compagnie e gli artisti locali tra i quali Talianxa, Calandra, Andrea Baccassino, Antonio Calò saranno i protagonisti della nuova stagione di prosa del teatro “Domenico Modugno” di Aradeo diretto da Michele Bovino e realizzata in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese. Si parte il prossimo 12 dicembre con un volto amatissimo della tv e del teatro, l’attore romano Massimo Ghini che dopo il successo di “Quando la moglie è in vacanza” si misura con un inedito testo teatrale “Un'ora di tranquillità” di Florian Zeller. Tra i più apprezzati drammaturghi francesi contemporanei, Zeller ha scritto una macchina drammaturgica perfetta, una commedia moderna brillante e divertente grazie al meccanismo del vaudeville giocato tra equivoci e battute esilaranti. Sul palco con l’attore romano, che firma anche la regia dello spettacolo, saliranno Galatea Ran-
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zi, Claudio Bigagli, Massimo Ciavarro, Gea Lionello, Luca Scapparone, Alessandro Giuggioli (intero € 25,00, ridotto € 22,00. Info e prenotazioni: 328.3149259. La stagione proseguirà il 13 gennaio 2017 con lo spettacolo di teatro cabaret “Perché Sanremo è Sanremo” con Andrea Bacassino (€ 9,00 - ridotto € 7,00); il 20 gennaio arriva Biagio Izzo con “Bello di papà” una divertente commedia scritta e diretta da Vincenzo Salemme (settore unico € 25,00 - ridotto € 22,00) mentre il 4 febbraio 2017 “Uh!” di e con Antonio Calò (€ 9,00 ridotto € 7,00) Dalla commedia Toutou di Agnès e Daniel Besse l’adattamento “Qualche volta scappano” con la regia di Pino Quartullo che il 17 febbraio arriva al Modugno per interpretare la divertente pièce insieme a Rosita Celentano (1° settore intero € 23,00 - ridotto € 20,00; 2° settore intero € 20,00 - ridotto € 17,00). Il 28 febbraio invece sarà la volta di “Storie di Claudia” il musical con Claudia Gerini (1° settore intero €
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Sergio Assisi (foto Claudio Porcarelli e Claudia Gerini
23,00 - ridotto € 20,00; 2° settore intero € 20,00 - ridotto € 17,00). Gli appuntamenti di marzo sono dedicati a talentuose compagnie locali come la Calandra che porterà in scena “Romeo vs Amleto” l’11 marzo (settore unico € 9,00 - ridotto € 7,00; il 17 sarà la volta dell’attore Pinuccio con “Pinuccio chiama” (1° settore intero € 15,00 - ridotto € 12,00; 2° settore intero € 12,00 - ridotto € 10,00) mentre il 24 salirà sul palco la compagnia Talianxa con “Liolà” (€ 9,00 - ridotto € 7,00). Gran finale il 1° aprile con l’attore napoletano Sergio Assisi che vestirà i panni de “L’Ispettore Drake” per indagare su un delitto perfetto, spettacolo che segna anche il suo esordio come regista teatrale (settore unico € 25,00 - ridotto € 22,00). Da tempo nell’immaginario collettivo, Aradeo emerge agli occhi di coloro i quali lo frequentano come un paese che vive un continuo fermento culturale e artistico. Proliferano le attività culturali, teatrali e musicali grazie all’attivismo di persone capaci. In questo, un ruolo importante, certamente, lo ha avuto e continua ad averlo il Teatro comunale “Domenico Modugno, un piccolo gioiello da mostrare come carta di identità culturale di Aradeo. L’undicesima stagione teatrale del “Modugno” - spiega il direttore Michele Bovino - è stata concepita come un regalo a tutti gli appassionati di teatro che vogliono conoscere più da vicino i più famosi attori di teatro italiani che da dicembre ad aprile calcheranno il palcoscenico del teatro. Il teatro comunale ha dimostrato in questi anni di essere veramente un contenitore culturale e un luogo di attrazione artistica accogliendo quanto di buono e di nuovo provenga dalla grande esperienza delle grandi compagnie teatrali e di spettacolo, di valenza nazionale e internazionale. Ma ha svolto e svolge anche un ruolo di educazione all’ascolto e di socializzazione dando spazio alla divulgazione e valorizzazione alle tradizioni della cultura salentina. Ogni anno la stagione teatrale diventa un richiamo per i cultori e gli appassionati di teatro. Molti vengono da fuori a gustare le programmazioni del “Modugno”.
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Da sinistra verso destra: la Sacra famiglia di Vito Cofano; la Natività di Eligio Nigro, l’Annuncio di Domenico Pinto
da GrottaGlie a Gallipoli presepi d’autore nel castello
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In mostra opere dal Museo della Ceramica di Grottaglie e il Presepe Monumentale del maestro Leonardo Petraroli GALLIPOLI (Lecce). Da sabato 3 dicembre a domenica 15 gennaio il Castello di Gallipoli, in provincia di Lecce, ospita la terza edizione della mostra Presepi d'autore con una quindicina di opere provenienti dal Museo della Ceramica di Grottaglie, in provincia di Taranto. Si rinnova, infatti, l'incontro tra culture e tradizioni attraverso l'esposizione delle opere premiate nell’ambito della “Mostra del Presepe”, rassegna trentennale dedicata all’arte del presepe in ceramica. E per festeggiare il sodalizio con la storica città dei ceramisti, quest'anno si potrà ammirare anche il prezioso Presepe Monumentale di Grottaglie. Opera unica per qualità e importanza, creata nel 1997 dal maestro ceramista Leonardo Petraroli, è composta da una selezione di elementi in ceramica colorata, smaltata e invetriata nelle forme con spigliata e piacevolissima fantasia. Curata da Daniela De Vincentis, responsabile del Museo della Ceramica di Grottaglie, la mostra è realizzata dalla società Orione - che dal 2014 gestisce il
Castello con la direzione artistica dell'architetto Raffaela Zizzari e il coordinamento di Luigi Orione Amato - in collaborazione con le amministrazioni
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comunali di Gallipoli e di Grottaglie. La mostra sarà aperta tutti i giorni (chiusa il lunedì tranne il 26 dicembre) dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 17.
La tradizione figulina grottagliese, pienamente attestata già in età medievale, si caratterizza per la varietà morfologica, iconografica, decorativa e tecnica con la quale sono stati realizzati nel tempo oggetti finalizzati a usi funzionali, cultuali o prettamente ornamentali. Parallelamente a questa produzione, già nel corso dell’Ottocento, l’artigianato locale realizza presepi in terracotta dipinta composti da figurine e paesaggi piccolissimi; pastorelli di ogni forma e grandezza con il Bambin Gesù sempre paffutello e sorridente nelle
braccia di Maria accanto a Giuseppe; i Re Magi e poi i cavalli, le pecorelle, le casette, gli angeli e i pastori fra i quali l'immancabile “sbantusu”, personaggio colto in pieno stupore alla vista della stella. Si conoscono i nomi di alcuni maestri attivi tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX fra cui Petraroli, Manigrasso, Micera, Esposito e i Peluso, illustri specialisti del presepe per diverse generazioni. Nel tempo, l'antica tradizione figulina della città ha elaborato nuove forme artistiche che non hanno comunque dimenticato il
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modello presepiale tradizionale. I presepi selezionati per la mostra di Gallipoli offrono una sintesi stilistica, concettuale e mistica della concezione del presepe in ceramica, nella sua accezione più ampia, maturata nella seconda metà del XX secolo. Tra le molteplici forme interpretative dell'antica tradizione presepistica, si possono apprezzare presepi monoblocco o a figure mobili, complessi o di dimensioni ridotte, decorati su piatti o su pannelli, ma anche elementi scultorei dal modellato plastico imponente e vigoroso,
Da sinistra: il Presepe monumentale; la Natività di Simona L’Assainato; in basso veduta del Castello di Gallipoli
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ricchi di personaggi descritti analiticamente in cui forme e colori attestano la continua ricerca e la sperimentazione delle nuove tecniche ceramiche. Dal luglio 2014 è stato reso fruibile un percor-
so di visita del Castello di Gallipoli che mira a ricostruire la storia della città e dell’antico maniero, senza alterarne il carattere e senza avere la pretesa di essere un restauro integrale del monumento che richiederebbe ben altre risorse per ritornare agli antichi splendori. Il
castello si erge all'ingresso del borgo antico di Gallipoli, città da sempre fortificata e, per la sua posizione strategica, contesa. è circondato quasi completamente dal mare. Ha pianta quadrata con torrioni angolari, di cui uno poligonale. Il maniero ha cambiato nei secoli il proprio volto e la propria funzione, da storica roccaforte difensiva a moderno contenitore e promotore di cultura attraverso eventi e mostre a carattere nazionale e internazionale. Oggi offre un percorso storico dedicato alla città e un’affascinante panoramica sugli spazi interni, ma anche ampi e suggestivi squarci delle baie gallipoline. Si possono ammirare diversi particolari architettonici come la spettacolare Sala Ennagonale, le Sale Circolari con il loro sorprendente effetto eco, il Matroneo e l’Arco Tudor del vecchio accesso alla fortezza. Orari: dicembre e gennaio 10 - 13 / 15 - 17 Chiuso il lunedì tranne festivi Ingresso: intero 5 euro, ridotto 3 euro. Info e prenotazioni info@castellogallipoli.it
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il FotoGraFo poeta quando Gli scatti arrivano al cuore Lucia Accoto
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Intervista al fotografo Michele Piccinno. Originario di Alezio, nel Salento, vive da anni a Treviso. Per lui la fotografia è fonte continua di emozioni
Penso ai fotografi come agli animali solitari. Di quelli che vanno in giro alla ricerca dell’attimo, di una scena o di una storia da raccontare in uno scatto. Ogni foto ha una luce differente, un’emozione diversa, un travaglio dell’animo che mettono in subbuglio la bellezza che si consuma sotto gli occhi. A prima vista. Per poi restare a lungo lì, con la macchina fotografica in mano, a fissare il punto in cui tutto ha avuto un senso, un’ispirazione. E alla fine, in quel punto rimane solo una specie di cavità invisibile che ha la forma di un’assenza, di qualcosa che non è stato bloccato, catturato. Quel qualcosa che si vede solo dopo, attraverso lo sguardo di tanti. Insomma, tutto in una foto. Immagino i fotografi come un nostro riflesso, di quelli che si attaccano con ferocia alla vita,
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che si accorgono del sorriso triste, che inventano romanzi in un fermo immagine. Così trovano le parole che non c’erano. Come fa Michele Piccinno, un fotografo dall’animo raffinato. Originario di Alezio, nel Salento, ma trasferitosi a Treviso ormai da anni per lavoro. Uno che sa credere alla sua passione per la fotografia, che quello che vede non è mai abbastanza. Nelle sue foto c’è il capriccio di un pensiero, il ricordo di una voce, la solitudine di un profumo. C’è la vita. Fotografia ed emozioni, la prospettiva di uno scatto Ogni fotografo che si rispetti ha una sua poetica che è poi la sua firma, il suo marchio di riconoscimento, personalmente non so se abbia raggiunto o meno questo livello distintivo, ma so perfetta-
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mente quello che vorrei provare ogni volta che metto la macchina al collo. Il mio obiettivo è quello di imbattermi in un soggetto o in una scena che mi procuri quel brivido che si spande per tutto il corpo e che mi fa poi battere forte forte il cuore, che oscura tutto il mondo che mi circonda e illumina e focalizza solo quella porzione che riesco a traguardare nel mirino
della mia reflex. Quando ciò si verifica, assai raramente, l’emozione è così forte da voler restare solo con me stesso per centellinare e impressionare nella mia mente ogni frammento di quell’attimo. Subito dopo, all’emozione subentra la paura. La paura di non essere riuscito a cogliere l’attimo fuggente e irripetibile. Questa paura non si consu-
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libri che hai letto, le immagini che hai visto, la musica che hai sentito, le persone che hai amato». Nella street, ciò non è sufficiente. Oltre al bagaglio culturale e ad una buona tecnica, occorrono doti che non si apprendono sui libri, ma fanno parte della propria persona, come il colpo d’occhio, l’intuito, la sensibilità, l’empatia, la pazienza, la rapidità, il coraggio e perché no, anche una buona dose di intraprendenza e faccia tosta. Per non inquinare la foto, generalmente faccio di tutto per non Come rapisci l’attimo? Ansel Adams diceva: «nell’i- farmi notare dalle persone che stante della fotografia, tu porti ritraggo, perciò, molto spesso, all’atto della fotografia tutti i scatto senza portare la macchina
ma in un attimo come l’emozione. Il suo dissolvimento è lento e, a mio avviso, è funzionale all’emozione stessa perché l’oblio, se vera emozione, procura la sua reviviscenza. Gli scatti con il brivido, infatti, non li guardo subito, li lascio decantare a lungo, anche mesi, sperando, quando arriva il momento di farli apparire sul monitor del computer, di riprovare le stesse vibrazioni provate al momento del click. Se ciò accade, la foto è buona.
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al viso. Questo metodo lo uso quando sono già davanti ad una scena. Quando invece mi imbatto in un posto molto interessante ma privo di umanità, allora mi fermo, predispongo la messa a punto della macchina e aspetto che l’evento si materializzi. La streetphotography ti rappresenta, quanto i dettagli raccontano una storia? Pratico più o meno ogni genere di fotografia, ma quello che più mi attrae e che studio più assiduamente è la streetphotography . La street è libertà, anche se non più come una volta, anche se oggi i vincoli sulla privacy gli
ha tarpato le ali. La amo perché è imprevedibile e non è vincolata a regole rigide come altri generi tipo lo still-life o la foto d’architettura. Ognuno la può interpretare a modo suo, cercando di restituire una visione del mondo del tutto personale. Mai mi è capitato di sentire fremiti davanti ad un paesaggio o ad un tramonto. Un paesaggio o un tramonto mi può lasciare al massimo sbigottito per la sua magnificenza, mentre la vista due fedi d’oro sullo stesso dito anulare di un’anziana donna, mi emoziona tantissimo e fa viaggiare la ente portandomi a pensare alla vecchiaia, alla solitudine ereditata dal lutto, alla morte, all’amore. Per me, una fotografia è buona
solo se, oltre a darmi un pugno nello stomaco, mi lancia degli interrogativi così forti da spingermi a trovare delle risposte anche in me stesso. Non fotografo solo la tristezza o il dolore, anzi, la mia origine salentina mi aiuta a cogliere immediatamente i paradossi e la mia indole scanzonata mi porta naturalmente a fotografare l’ ambiguità ed il grottesco che mi si para davanti. Uno dei tuoi progetti? La fotografia per me non è solo un modo per esprimere la mia sensibilità, ma anche uno strumento di ricerca. Cerco scampoli del mio primo io, cioè quello che ero prima del 1972, data in cui, necessariamente, ho
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lasciato il mio Salento per trasferirmi al nord. Seguo tanti progetti ma quello a cui tengo di più è un obiettivo a lungo termine. è quello di dare corpo e luce ai fantasmi del mio passato che, per non aver seguito i lenti pro-
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cessi evolutivi, è rimasto là congelato come l’ho lasciato all’inizio degli anni 70. è un progetto utopico, lo so e me ne rendo sempre più conto ogni qualvolta riguardo le mie foto, scattate una quarantina di anni fa. Il mondo che vado cercando esiste solo nella mia mente. Allora me ne faccio una ragione e penso che il mio, più che un progetto, è un debito verso la mia madre terra che sento di dover onorare per ripagarla di quell’abbandono di tanti anni fa. Ma nonostante questa consapevolezza, mi ostino a cercarlo, vagando, senza una meta precisa, per paesi e campagne dell’entroterra pugliese e lucano, là dove non è ancora giunta la contaminazione dell’industria turistica ed è ancora auspicabile dare vita ad un vecchio ricordo.
Michele Piccinno, la Focara a Novoli
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Girovagando...Conosciamo napoli e la Campania
Cupola della basilica dello Spirito Santo, foto Peppe Guida
la Basilica dello spirito santo l’arte, la BelleZZa, la luce Peppe Guida
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Tra i più affascinanti “luoghi della rete” gli itinerari del gruppo Fb ‘Conosciamo Napoli e la Campania’ organizzato da Peppe Guida nella rubrica ‘Girovagando’
NAPOLI. La Basilica dello Spirito Santo si trova a Napoli in Via Toledo. La costruzione della basilica risale al XVI secolo per volontà delle congreghe dei Bianchi e dei Verdi, così chiamate per il colore dei loro abiti. Più avanti, invece, prese vita il vero e proprio Complesso dello Spirito Santo che comportò la distruzione delle strutture più antiche che comprendevano anche dormitori e centri d’accoglienza per i figli dei poveri e delle prostitute. Il progetto è di Cafaro Pignaloso, mentre la chiesa è stata decorata e arricchita da vari artisti tra i quali: Luigi Rodriguez, Giovan Bernardo Azzolino (le cui opere sono andate distrutte) e Michelangelo Naccherino. Nel XVIII secolo la struttura fu restaurata per
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opera di Mario Gioffredo. La facciata è imponente, così come la cupola che domina l’intera struttura. L’interno, a navata unica, presenta subito all’ingresso i monumenti funebri di Ambrogio Salvio e Paolo Spinelli, opere do Michelangelo Naccherino, di cui possiamo trovare altre opere nella quarta cappella. La basilica, inoltre, è arricchita da dipinti di Francesco De Mura nella zona absidale, di Fedele Fischetti verso l’altare del transetto destro e di Fabrizio Santafede. Napoli. Lungo via Toledo sorge la monumentale facciata della chiesa dello Spirito Santo, il cui primo nucleo sorge su approvazione di Papa Pio IV e per iniziativa di un gruppo di persone devote, sotto il patrocinio dei Padri dome-
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nicani. Questi pii napoletani si raccoglievano in diverse chiese napoletane sotto la direzione di Ambrogio Salvio domenicano, poi vescovo di Nardò, finché nel 1562 eressero a proprie spese una chiesetta presso il palazzo del duca di Monteleone. In quell’anno i membri del pio sodalizio
decisero di fondare un conservatorio per le figlie delle prostitute e un altro per quello dei confratelli poveri. Ben presto, a causa dei lavori di ampliamento della strada, che univa via Medina allo Spirito Santo, e in seguito alle disposizioni del viceré Duca d’Alcalà, la chiesetta venne demolita. Fu
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Basilica dello Spirito Santo: navata fino alltare maggiore e l'abside, foto Peppe Guida
Basilica dello Spirito Santo: la parte alta dell'abside, foto Peppe Guida
però subito ricostruita in un luogo vicino, sull’asse di via Toledo, dove i confratelli avevano acquistato un suolo più esteso. Il Cardinale Alfonso Carafa patrocinò la costruzione del nuovo edificio, il cui progetto fu affi-
dato all’architetto Cafaro Pignalosa di Cava dei Tirreni. Furono chiamati vari artisti a decorare la chiesa; Luigi Rodriguez, Giovan Bernardo Azzolino e altri. Nel 1758 l’edificio fu completamente trasformato e ampliato
secondo un progetto di Mario Gioffredo, che fu scelto da Luigi Vanvitelli. L’aspetto monumentale e luminoso che la Basilica acquisterà, dopo le trasformazioni settecentesche, grazie agli interventi
architettonici di Mario Gioffredo, che imposta la pianta della chiesa su un’unica larga navata e cinque cappelle per lato, vastissima crociera con ampi transetti e alta cupola, viene esaltata anche dalle opere in stucco e su tela commissionate per la sua nuova veste. Rimangono tuttora nella basili-
ca molte opere commissionate ai tempi della costruzione del nucleo originario: Le due acquasantiere, due monumenti funebri alle pareti della navata, (Paolo Spinelli e Ambrogio Salvio) ambedue realizzati da Michelangelo Naccherino, dello stesso scultore, la statua giacente dell’arcivescovo di Bari
Cesare Riccardo, nella IV cappella a sinistra dedicata alla Madonna del Soccorso. Come pure vi sono dipinti di Fabrizio Santafede, mentre andarono perduti gli affreschi di Belisario Corenzio. Nel rifacimento settecentesco, fu affidata nel 1773 a Francesco De Mura la grande pala della
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Basilica dello Spirito Santo: Altare maggiore. Sulla facciata dell'abside, la Pentecoste, 1773 - Francesco De Mura (1696-1782). Transetto sinistro. Madonna Assunta, anno 1773. Autore Francesco Celebrano, foto Peppe Guida
Pentecoste per l’altare maggiore, Francesco Celebrano è l’autore della Madonna Assunta, firmata e datata 1773, nel transetto sinistro, e Fedele Fischetti realizza nello anno la Vergine con i San-
ti Anna, Gaetano e Carlo nel transetto destro. Niccolò Tagliacozzi Canale fu responsabile negli anni 1747/48 di tutti i disegni dell’altare, del pavimento e dell’arredo in legno.
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Al centro: Manifesto 'Dalla terra alla Luna', Compagnia d'operette Carlo Lombardo. Italia, 1900 circa. Collezione Gondolo della Riva, nel riquadro: Cosmogramma trasportato sull'Apollo 11 con autografi di Armstrong, Collins,
viaGGio nel cosmo. tra immaGini e reperti alla FondaZione GeiGer
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Dal 3 dicembre in Toscana una serie di reperti come il cosmogramma dell’Apollo11 firmato da Armstrong, Aldrin e Collinscon
CECINA (LIVORNO). Il cosmogramma dell’Apollo 11 firmato da Armstrong, Aldrin e Collins, la tuta spaziale di JeanLoup Chrétien ovvero il primo uomo dell’Europa occidentale ad andare nello spazio, lo Space Jockey, il pilota dell’astronave derelitta dei film Alien e Prometheus di H.R. Giger (creatore di Alien), un’edizione dell’Orlando Furioso del 1607: ecco alcuni degli straordinari protagonisti della mostra “Viaggio nel Cosmo”, organizzata dalla Fondazione Culturale Hermann Geiger nei suoi spazi espositivi, in piazza Guerrazzi 32, a Cecina. Scoprire l’Universo, inteso come luogo reale e come frontiera del fantastico, grazie ad un percor-
so espositivo che si snoda tra strumenti scientifici antichi e moderni, mappe celesti, opere letterarie, artistiche e cinematografiche. La mostra, con ingresso gratuito e in programma dal 3 dicembre fino al 19 febbraio 2017 (orario: 16-20) si apre con una panoramica sulla storia dell’astronomia, illustrando la scoperta dello spazio dal Cinquecento a fine Ottocento sia attraverso dispositivi scientifici (come, per esempio, un cannocchiale seicentesco per l’osservazione degli astri, sfere armillari tolemaiche e copernicane, un telescopio newtoniano ecc.) che oggetti artistici, tra cui una statua seicentesca di Atlante e una tela ottocentesca raffigurante Archimede astronomo. Segue una sezione che illustra, attraverso libri, fumetti, affiches cinematografiche e giocattoli, quanto il cosmo in generale e la Luna in particolare abbiano ispirato il cinema, la letteratura e l’arte; inoltre, è proiettato Le voyage dans la Lune di Georges Méliès, uno dei primi e più noti film di fantascienza, risalente al 1902. L’esposizione si arricchisce anche di opere di artisti con-
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temporanei, come lo svizzero François Junod, specializzato nella costruzione di automi, e il livornese Stefano Pilato, che realizza le sue creazioni rigorosamente con materiale di riciclo. La sala espositiva situata al piano terra termina con uno spazio dedicato alla musica, dove si può ascoltare un’ampia selezione di brani musicali ispirati alle stelle e all’universo, non-
Tuta spaziale di Jean-Loup Chrétien_Archivio Storico Bolaffi
ché una selezione di “suoni spaziali” reali. Al primo piano sono esposti invece materiali che illustrano l’effettiva conquista dello spazio e le scoperte rese possibili dalla scienza contemporanea nel cielo stellato e oltre. In quest’area sono esposti oggetti riguardanti lo sbarco sulla Luna (ad esempio la copia di “Life” del 1969, relativa allo sbarco), oltre a pezzi unici e molto raramente visibili, come un prezioso esemplare del romanzo De la Terre à la Lune di Jules Verne autografato da diciotto astronauti e il famoso telegramma di congratulazioni inviato da Krusciov a Gagarin nel 1961. In una seconda sezione è presentata un’importante selezione di meteoriti (il pezzo più antico risale al 1492) e una parte della sala è dedicata all’espo-
sizione di una camera a scintilla e un interferometro, strumenti che permetteranno agli spettatori di “vedere” con i loro occhi in che modo le più autorevoli e attuali ricerche contribuiscono a delineare la struttura dell’universo. A fine percorso, una saletta cinematografica in cui sono proiettati documentari scientifici riguardanti la struttura dell’universo e il sistema solare, e che includerà un “gioco” a sorpresa per i visitatori più curiosi. La Fondazione Geiger ha come sempre curato la progettazione e la realizzazione di questa sua venticinquesima mostra, realizzando un catalogo che, oltre a presentare i pezzi esposti con foto e schede dettagliate, offre spazio a importanti contributi scientifici. Il tutto è totalmente gratuito per il pubblico, nel pieno spirito della Fondazione, la quale promuove, sul territorio e oltre, la diffusione della cultura come strumento di libertà e di emancipazione. La mostra vede la collaborazione di autorevoli enti internazionali come l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, l’Osservatorio EGO di Cascina (PI), il Museo HR Giger di Gruyères e la Maison d’Ailleurs di Yverdon-les-Bains
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in Svizzera, l’Archivio Storico BOLAFFI della Filografia e della Comunicazione e il MUFANT - MuseoLab del Fantastico e della Fantascienza, entrambi a Torino. Molti oggetti provengono inoltre da importanti collezionisti privati: Piero Gondolo della Riva, vicepresidente della Société Jules Verne di Parigi; Fausto Casi, direttore scientifico del Museo dei Mezzi di Comunicazione di Arezzo; Matteo Chinellato, il più grande collezionista italiano di meteoriti. Viaggio nel Cosmo fino al 19 febbraio 2017 Fondazione Culturale Hermann Geiger Piazza Guerrazzi 32, Cecina (LI). Tutti i giorni dalle 16 alle 20. Ingresso libero Info: 0586 635011
terra materia prima, la risposta deGli artisti della mail art Ruggero Maggi
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Il racconto dell’ideatore e curatore della rassegna internazionale di Mail Art
Terra/MateriaPrima è il titolo del progetto di mail art che si terrà nella Galleria di Arti Visive dell’Università del Melo dal 2 dicembre 2016 al 27 gennaio 2017. La terra è la materia prima della nostra esistenza, l’elemento base della nostra vita su questo pianeta, non a caso chiamato appunto Terra. Terra che, in questa mostra, costituisce anche l’elemento primario delle opere pervenute e realizzate con zolle della propria terra, con la propria materia prima e spedite da più di duecento mailartisti internazionali. Opere d’arte che in taluni casi crescono e si sviluppano essendo costituite da elementi vivi, come erba, piantine e licheni, che vengono regolarmente innaffiati… piccoli ecosistemi viventi… Arte viva! Mail Art, Arte Postale, Arte Correo … trasposizioni linguistiche che hanno contrassegnato, soprattutto alla fine del secolo passato, un’infinita serie di progetti, riviste, libri, mostre, eventi legati ad un mondo culturale/artistico per lo più underground e con una spiccata inclinazione per la non-ufficialità, in cui ha valore la relazione intrinseca tra l'oggetto spedito, il mittente ed il destinatario. L’Arte Postale gloCale è parte integrante di un processo di globalizzazione culturale che si estrinseca a livello locale mediante l’azione che ogni artista postale compie attraverso una fitta rete di comunicazioni creative come una babilonica torre dai destini incrociati e che, a buona ragione, può essere considerata un esteso fenomeno culturale e sociale, un contenitore di idee ed emozioni. Gli antecedenti storici di questa forma di comunicazione artistica sono stati il Futurismo e il Dadaismo. E' da sottolineare anche l'opera di Kurt Schwitters, creatore dei primi lavori realizzati con timbri e l'avvento, alla metà degli anni '50, della ricerca Fluxus con l'opera di artisti come Joseph Beuys, Ray Johnson, George Maciunas, Ken Friedman, Ben Vautier
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e di alcuni artisti e teorici del Nuovo Realismo francese come Pierre Restany ed Yves Klein. Ray Johnson, artista di New York, è considerato il creatore dell'Arte Postale: nel 1962 fonda, sbeffeggiando le vere scuole per corrispondenza, la New York Correspondence School. Dopo più di quarant’anni continuo a pensare che l’Arte Postale non abbia perso nulla della sua originale vitalità… lunga vita alla Mail Art! Terra/Materiaprima Galleria di Arti Visive dell’Università del Melo Via Magenta 3, Gallarate (VA) Inaugurazione Venerdì 2 Dicembre 2016 in Sala Planet alle ore 18.00 Dal 2 dicembre 2016 al 27 gennaio 2017 Orari: Tutti i giorni dalle ore 15.00 alle ore 18.00
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natale a napoli. dalla Galleria BorBonica alle scale... a n’alBero
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Percorsi nella memoria e attrazioni turistiche per una festa speciale
NAPOLI. Dall’albero o meglio N’albero sul lungomare nei pressi della rotonda Diaz alle scale, gradinate, parchi e luoghi di assoluta bellezza che dall’ 8 dicembre al 7 gennaio 2017, grazie alla rassegna Tu scendi dalle scale promossa dall'Assessorato all'Ambiente e dal Coordinamento Recupero Scale di Napoli. “ Abbiamo fortemente voluto la loro progettualità e rifunzionalizzazione – dichiara il Vice Sindaco con delega all’ambiente Raffaele del Giudice - inserendole nel Patto per Napoli onde puntare sulla centralità dei percorsi storici delle nostre scale e su una mobilità sostenibile facendole diventare un punto di conoscenza, di percorrenza, di memoria dello straordinario paesaggio della città”. Un ricco calendario di eventi, iniziative e manifestazioni lungo le pendici delle Colline del Vomero e di Capodimonte per la promozione turistico culturale delle scale di Napoli (programma consultabile sul sito www.comune.napoli.it) senza trascurare però la Napoli “di sotto” addentrandosi nelle profondità del sottosuolo in un percorso emozionante e di inestimabile valore che consente di ammirare quanto realizzato nel sottosuolo della città negli ultimi 500 anni. In particolare, si attraverseranno gli ambienti legati ai tratti seicenteschi dell’acquedotto della Bolla, si ammireranno le opere civili realizzate nella Galleria Borbonica e gli
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ambienti adattati a ricovero durante la II Guerra Mondiale; durante il percorso faranno da incredibile cornice enormi frammenti di statue, le auto e le moto d’epoca ritrovate sepolte sotto rifiuti e detriti. Accessibile anche ai disabili in carrozzella per il 60% del percorso, entrando dall'accesso di via Morelli, è possibile scegliere tra due diversi ingressi: da Vico del Grottone, n°4 (a circa 100 m da Piazza Plebiscito) o da Via Morelli, n°40. Apertura: venerdì, sabato, domenica e festivi con orario per le visite: 10:00 - 12:00 - 15:30 17:30 Costo adulto: 10 Euro. Per chi sceglierà La "Via delle Memorie" ill percorso inizia o finisce all'interno dello splendido palazzo Serra di Cassano, dove si potrà ammirare il grande cortile ottagonale e la monumentale scala del Sanfelice. Napoli ancora si reinventa e si rinnova, instancabile nel produrre arte da ciò che il passato restituisce. Giorni di apertura: Venerdì, Sabato, Domenica e festivi Non necessita di prenotazione. Costo adulto: 10 Euro - Orari inizio tour da Via Monte di Dio n° 14 (Palazzo Serra di Cassano - Interno A14): Ore 11.00 - 16.00 Info e prenotazioni : +393662484151 – 0817645808 con la possibilità di usufruire di uno speciale sconto per visitare N’Albero e la galleria grazie ad un accordo siglato tra le due strutture. www.galleriaborbonica.com
“il ducale” e la sua nuova staGione tra musica, teatro e caBaret
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Undici spettacoli per la stagione di prosa del Comune di Cavallino (Lecce) in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese
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CAVALLINO (LECCE) . Prosa, musica, cabaret e novità per questa edizione il cartellone “Teatro scuole e famiglie”. é partita il 26 novembre la stagione di prosa del Teatro “Il Ducale” di Cavallino organizzata dall'Amministrazione Comunale in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese. Dopo “il sindaco pescatore “ con Ettore Bassi che ha dato l’avvio alla rassegna domenica 11 dicembre è atteso, direttamente da Colorado, Carmine Faraco con il suo Cabarock. L’8 gennaio sarà la volta di Enrico Lo Verso con “C’era una volta... la musica” un viaggio alla scoperta tra musica e parole ripercorrendo le più belle colonne sonore firmate dal grande musicista Ennio Morricone. Ancora spazio alla comicità il 20 gennaio con Antonello Costa con lo spettacolo “è meglio che faccio da solo”. “Salentarte: dialogo ed intercultura”, il 28 gennaio 2017, vedrà sul palco due protagoniste dell’eccellenza musicale salentina, la pianista Carla Petrachi e la vocalist Elisabetta Guido accompagnate da Matteo De Giuseppe alla batteria e le danzatrici Stefania Della Bona e Giorgia Marra nelle coreografie realizzate in collaborazione con Sofia Capestro. Grande attesa il 3 febbraio con il secondo spettacolo del Teatro Pubblico Pugliese, “Filumena Marturano” la celebre commedia di Eduardo de Filippo portata in scena da Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses per la regia di Liliana Cavani. Il 9 febbraio invece sarà la volta del monologo, Tipi, scritto, diretto e interpretato da Roberto Viufoli. Ironia e colpi di scena nella coppia Pino Quartullo e Rosita Celentano che andranno in scena il 18 febbraio con la commedia “Qualche
volta scappano” insieme ad Attilio Fontana. Direttamente da Eccezionale veramente domenica 26 febbraio arriva il cabaret di Nino Taranto “la mia donna è differente” , ancora risate assicurate domenica 12 marzo con Gigi Vigliani in “Diffidate dalle imitazioni” direttamente dallo trasmissione rai “Ci vediamo in tivù”. Dulcis in fundo, Alessandro Benvenuti mercoledì 29 marzo chiuderà la rassegna con “Un comico fatto di sangue”. Particolarmente significativo l’inserimento nella stagione di due spettacoli gratuiti dell’Orchestra Sinfonica di Lecce e Salento che torna a suonare dopo il galà lirico svoltosi lo scorso 14 novembre, il prossimo 9 dicembre con il concerto sinfonico diretto dal maestro Aldo Sisilo. Novità, si diceva, l'inserimento di un “cartellone nel cartellone”, con la rassegna “Teatro scuole e famiglie”, siglato dall'associazione “Ergo Sum” con quattro spettacoli divisi tra matinée, pomeriggi e sera ovvero l’adattamento del capolavoro pirandelliano “Uno , nessuno centomila” con Enrico Lo Verso per la regia di Alessandra Pizzi, “Il magico mondo di Alice”, “Folli(e) d’amore Tutti pazzi per Shakspeare” e “l’Ouverture des saponettes” un concerto per bolle di sapone di Michele Cafaggi con la regia di Davide Fossati. Biglietti per la prosa: 18,00€, (ridotto 15€), cabaret 15,00€ (ridotto 12€); teatro scuole e famiglie: 7€ (fino a 13 anni) 10,€ adulti; Salentarte- dialogo e intercultura: 10€. Info e prenotazioni: 0832611208; 3316393549.
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i naBis, GauGuin e la pittura italiana d'avanGuardia rovigo, Palazzo roverella fino al 14 gennaio 2017 Via Giuseppe laurenti, 8/10 tel. 0425.460093 info@palazzoroverella.com riccardo dalisi iDEE in Volo fino al 31 dicembre 2016 MuST, Museo storico lecce,Ex monastero di Santa Chiara Via degli ammirati, n° 11 mustlecce.it 0832.0832.241067 l’impressionismo di ZandomeneGhi Padova, Palazzo Zabarella via degli Zabarella, 14 fino al 29 gennaio 2017 informazioni: tel. 049.8753100 www.zabarella.it alBerto Burri: lo spazio di materia – tra europa e u.s.a. Città di Castello (PG), Ex Seccatoi Tabacco fino al 6 gennaio 2017 Tel. 0758554649 www.fondazioneburri.org XXvi Biennale di scultura Gubbio (PG), Palazzo dei Consoli (Piazza Grande) e Palazzo Ducale (via Federico da Montefeltro) fino al 15 gennaio 2017 biglietti: € 10.00 interi. info: servizio iaT Gubbio 075 –9220693 l’adoraZione dei maGi di alBrecht dÜrer Milano, Complesso Museale “Chiostri di Sant’Eustorgio” ingresso da piazza Sant’Eustorgio 3 e corso di Porta Ticinese 95 fino al 5 febbraio 2017 info: 02.89420019
la divina commedia di venturino venturi fino al 26 febbraio 2017 Firenze, Villa bardini, Costa San Giorgio 2 da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 19.00, (ultimo ingresso alle ore 18.00). lunedì chiuso info e prenotazioni: +39 055 20066206 la GeoGraFia serve a Fare la Guerra? mappe e arte in mostra Treviso, Fondazione benetton Studi ricerche,via Cornarotta 7 fino al 19 febbraio 2017 a cura di Massimo rossi e con la partnership di Fabrica. inaugurazione: sabato 5 novembre, ore 18 orario: martedì-venerdì 15-20, sabato e domenica 10-20; ingresso intero: 7 euro, ridotto: 5 euro, 3 € per le scuole tel. 0422.5121 www.fbsr.it monet. quelle ninfee che anticiparono l'informale Mamiano di Traversetolo - Parma, Fondazione Magnani rocca via Fondazione Magnani rocca 4 fino all' 11 dicembre 2016 aperto anche tutti i festivi. orario: dal martedì al venerdì:10-18 – sabato, domenica e festivi: 10-19. lunedì chiuso. ingresso: € 10,00 valido anche per le raccolte permanenti. info: tel. 0521 848327 la monaca di monZa Monza, reggia di Monza, Serrone della Villa reale Viale brianza, 2 fino al 19 febbraio 2017 orari di apertura: lunedì chiuso. Dal martedì al venerdì: 10-13 / 14-18 Sabato, Domenica e festivi: 10-19.30 la biglietteria chiude un’ora prima. biglietti: intero: 10 euro, ridotto: 8 euro, Scuole: 5 euro info: 02. 36638600 www.reggiadimonza.it/lamonacadimonza www.vidicultural.com
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Guttuso. la ForZa delle cose fino al 18 dicembre 2016 scuderie del castello visconteo Viale Xi Febbraio, 35 - 27100 Pavia Dal lunedì al venerdì: 10.0013.00/14.00-19.00. Sabato, domenica e festivi: 10.00 - 20.00. intero: 12,00 euro ridotto: 10,00 euro; audioguida inclusa nel prezzo; Scuole: 5,00 euro www.scuderiepavia.com Tel: +39 0382 33676 Bruno Barillari. dal cielo in esclusiva lecce, Must Museo Storico Città di lecce via degli amirati, 11 fino all’8 gennaio 2017 orari di apertura: 12-19, tutti i giorni, lunedì chiuso. ingresso: 2,50 info: 3394487602 la divina commedia di venturino venturi Firenze, Villa bardini Costa San Giorgio 2 fino al 26 febbraio 2017 orari di apertura: da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 19.00 (ultimo ingresso alle ore 18.00). lunedì chiuso info e prenotazioni T. +39 055 20066206 antonio mancini. Genio ribelle Milano, Galleria bottegantica (via a. Manzoni, 45) fino al 18 dicembre 2016 orari: da martedì alla domenica 1013 e 15-19. ingresso libero info: Tel. +39 02 62695489, +39 02 65560713 www.bottegantica.com anima Bianca. la neve da de nittis a morBelli Milano, GaMManzoni (via a. Manzoni, 45) fino al 19 febbraio 2017 orari: da martedì alla domenica 1013 e 15-19 (ultimo accesso 18.30) aperture straordinarie: 1 novembre, 7- 8 dicembre, 26 dicembre, 1 gennaio, 6 gennaio ingresso: 6 € info: Tel. e Fax 02.62695107
iTinEr_arTE...DoVE E QuanDo...
l’umBria sullo schermo. dal cinema muto a don matteo Perugia, Palazzo baldeschi al Corso fino al 15 gennaio 2017 www.fondazionecariperugiaarte.it tel. 075. 5724563
luoGHi DEl SaPErE
la poesia di mauriZio martina per parlare di amore, Guerra e disaBilità
MauriZio MarTina un addio è un infinito fantasma il raggio Verde ConTestiDiVersi 2016 pp.64 € 12,00 isbn 9788899679132
Ho letto “Un addio è un infinito fantasma” del Poeta e Artista Maurizio Martina, e mentre scorrevo i versi delle sue poesie ho avuto la strana ma affascinante sensazione come di viaggiare su un treno, un lento treno che da una piccola stazione del sud parte per un viaggio che tocca i più sconfinati e martoriati territori del mondo. “Come un foglio poetico lacerato di vuoto è un infinito fantasma così dalla città siriana trivellata di scritte e di abbandono l’addio è un infinito fantasma.” Si apre così la raccolta poetica, con questi versi che hanno una profondità incredibile, con una elaborata descrizione quasi pittorica, versi che fanno parte di una poesia che si vede, una poesia che si sente, si tocca. Ed ho pensato a cosa può servire un libro. Un libro ci deve aiutare a riflettere, amplificare emozioni, sentimenti, a suscitare entusiasmi, magari elaborare paure o anche arrabbiature. Dunque, deve farci sentire partecipi, vivere ciò che stiamo leggendo. Ogni libro insegna sempre qualcosa. Anche a raccontare storie a compiere viaggi, fosse anche solo con la mente. In una poesia ci può attrarre l’armonia, la dolcezza dell’esposizione, oppure la forza, soprattutto quando questa è talmente vitale da esserci trasmessa fin dai primi versi. è raro trovare dolcezza e forza in una stessa poesia. Ma proprio questa rarità pare sia un pregio del nostro poeta. Infatti, in perfetto equilibrio, sia la dolcezza che la forza ce le ritroviamo esattamente in simbiosi nella poesia di Maurizio Martina, il quale riesce a mantenere vivo questo sapiente bilanciamento. Le emozioni ci sono tutte, ce le sentiamo addosso mentre ci ascoltiamo declamare questi versi. Versi che fanno riflettere, tagliano l’aria… Se chi legge i suoi versi, poi, è accompagnato da un buon orecchio musicale potrà cogliere il valore armonioso che è nella parola, e può ottenere effetti notevoli che non durano solo un momento, perché procurano forza e dolcezza nella semplice sincerità. In Maurizio Martina, coraggioso e geniale artista, si avverte l’impegno carico della tensione di tutta l’umana realtà in movimento. Non c’è titubanza nelle cose che scrive. è netto nei suoi pensieri. La sua è una lirica incisiva per niente ermetica. Il fascino dei versi, la struttura della poesia disegna un campo ideale in cui la libertà compositiva è esaltata dalla forza con cui Maurizio incastra le parole che vengono su dalle viscere. Ogni poeta vive in un mondo proprio o in un altro a sua somiglianza cioè quello delle immagini, delle identità, degli spazi che la sua creatività fa partorire e fissare sul foglio bianco. In questo libro la poesia non resta solo astrazione o costruzione o combinazione. La poesia resta nella vita e rende la vita Poesia. Michele Bovino
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le liriche di FaBiana luBelli e la quotidianeità dei Gesti e dei pensieri
Fabiana lubElli Con ME il raggio Verde Edizioni ConTestiDiVersi pp. 64 € 12,00 iSbn 9788899679064
La lirica è da sempre la forma di massima espressione poetica perché consente di entrare, sia pure in punta di piedi, nel mondo interiore di un poeta. In questo caso parliamo di una poetessa brindisina, giovanissima, diplomata con il massimo dei voti preso il Liceo Scientifico Fermi e laureatasi a febbraio di quest’anno presso l’Università cattolica del Sacro Cuore a Milano con 110 e lode: Fabiana Lubelli, autrice di questo primo volume di poesie dal titolo “Con me”. In effetti, sembra proprio che Fabiana voglia prendere per mano il suo lettore per passeggiare insieme a lui nel suo mondo fatto di realtà quotidiana, di letti, di coperte, di caffè e latte, di gatti, di temporali, di lune, di scuole, di biciclette, di affetti che a volte hanno scelto di andarsene: un padre, un ragazzo, un amore infinito. Nel mondo interiore di Fabiana sono presenti gli affetti familiari che le consentono di provare e di esprimere un amore infinito e dolcissimo, quello per la madre e la sorella, suoi grandi punti di riferimento, un amore che sa di calore, di infanzia, di protezione e amori più tormentati come quello per il padre ed un ragazzo. La figura del padre è presente e contemporaneamente assente durante il suo faticoso percorso di crescita, costellato più di tristezza, di disincantata osservazione della felicità altrui che di ricerca di una felicità propria, attesa, sfiorata, tante volte ma mai realmente vissuta. E il passato sembra incombere sull’esistenza di Fabiana, sembra quasi che voglia asfissiarla, è come una specie di laccio che la imprigiona, che non le consente di spiccare il volo e di librarsi sicura di sé nell’aria. E allora viene da chiederle: quanto influenza la vita attuale il suo passato, la sua vita già vissuta? La compagna inseparabile di viaggio di Fabiana è Lenu, la sua gatta, che sembra l’unica capace di donarle un senso di tranquillità, di pace, di riconciliazione difficile con un mondo in cui è avvolta da strati di dolore come lei stessa dice. Elemento fortemente simbolico è il vento che soffia, soffia ripetutamente, ossessivamente, scompiglia i capelli, la vita, forse i progetti ed i sogni. La lirica sicuramente più rappresentativa di Fabiana si intitola “Le vedove vergini”. Il titolo è una sorta di ossimoro che esprime comunque il senso di un’esistenza spezzata, franta in giovane età, segnata per sempre dalla perdita. Domina la lirica questo senso di doloroso silenzio, di tentativo di tralasciare il proprio passato, fonte di tormento, per pedalare in bicicletta inseguendo un fantasma con un atteggiamento di rassegnazione, di sofferta sopportazione. Ma c’è la vita intorno alle vedove vergini che le richiama con il vento, i fiori, la bellezza della natura, i cani che frugano nei rifiuti per cercare un pasto, elementi che diventano un contesto di vita in cui si può riaccendere la speranza di sentire ancora, di percepire ancora, di vivere nuovamente, nonostante la forzata vedovanza. La scrittura, la poesia, in particolar modo, è fortemente catartica, serve a rilassare le ossa allungate che fuoriescono dall’orlo della gonna, di una gonna mai messa, mai provata, acquistata solo perché stava bene al
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manichino, altro dal poeta, fisso, immobile, privo di vita, della capaGGGGG
luoGHi DEl SaPErE
cità di pensare, riflettere, ragionare,sorridere, amare, perdonare, vivere in una sola parola. Ma nella poesia di Fabiana si intravedono bagliori di felicità, di speranza, di riconciliazione con il mondo che noi le auguriamo di coltivare, di sperimentare, di vivere. I colori dominanti sono il grigio e l’arancione, un colore forte che emana luce, che rischiara che prelude al mattino che sorge. Ed anche noi auguriamo a Fabiana di veder sorgere ripetutamente la luce del giorno, anche in senso metaforico ovviamente, di sperimentare le gioie della vita e la forza di un amore con la A maiuscola, l’unico forse in grado di dare veramente un senso e un significato autentico all’esistenza. Sabrina Amorella
Don CHiSCioTTE E SanCHo PanZa, “Eroi” SEnZa TEMPo
MiGuEl DE CErVanTES SaaVEDra Don Chisciotte 1ª ed. originale 1605 1ª ed. italiana 1622-1625
Un po’ di tempo fa, infiltrato con un amico, grazie alla complicità della mia insegnante di spagnolo, tra centinaia di giovani studenti, ho avuto la fortuna di assistere, nel teatro dello Showville, a Bari, alla splendida rappresentazione di una riduzione del Don Chisciotte portata in scena per le scuole italiane da una compagnia madrilena. E fatalmente ho avuto voglia di scrivere qualcosa di questo capolavoro della letteratura mondiale di ogni tempo che ho letto qualche anno fa e che credo non dovrebbe mancare nel “curriculum” di ogni buon lettore… Nato dalla fantasia di Miguel de Cervantes Saavedra, grande scrittore dalla vita a sua volta romanzesca (fu poeta, scrittore, drammaturgo, soldato, più volte incarcerato per varie vicende giudiziarie, nonché rapito e tenuto prigioniero per anni dai pirati), mentre era rinchiuso nel carcere di Siviglia, e pubblicato in due volumi nel 1605 e nel 1615, è considerato quasi unanimemente il più grande romanzo di tutti i tempi e comunque è certamente il primo grande romanzo dell’era moderna. Non è facile, naturalmente, spiegare tanta fortuna di un’opera che pure, è stato osservato, non è immune da difetti (una certa ripetitività, la tendenza ad una dispersiva divagazione, periodi spesso troppo lunghi, una punteggiatura non impeccabile). è stato detto, con la non sempre scontata premessa che l’arte non è solo forma, che probabilmente il Don Chisciotte è il più profondo dei romanzi, che presenta infiniti piani di lettura ed interpretazioni tuttora non ancora esplorati del tutto. Vi è la satira sui romanzi cavallereschi e sulla società spagnola del tempo, la critica all’imposizione religiosa, il gusto per la narrazione divertente e d’evasione, l’esaltazione e al tempo stesso la consapevolezza della illusorietà di valori come l’onore, l’amore, la lealtà, l’intreccio continuo e suggestivo tra finzione e realtà, il disagio di vivere e il bisogno di sognare e inseguire alti ideali, il grande lavoro sulla lingua (lo spagnolo è stato definito come “la lingua di Cervantes”), la felice fusione di molteplici generi narrativi. Lasciando ai critici letterari e agli studiosi in genere il compito di continua-
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re ad approfondire l’analisi, che certamente sarà ancora ricchissima di svilupGGGG pi, dei motivi della fortuna e dell’importanza di questo romanzo, io, da semplice e umile lettore, sono affascinato, soprattutto, dall’inesauribile e straripante fantasia ggggg e dalla immensa capacità affabulatoria di Cervantes e dal carisma dei due strampalati e umanissimi eroi protagonisti della storia, Don Chisciotte e il suo fido scudiero Sancho Panza che gli fa un po’ da contraltare (esilaranti i loro dialoghi). Come non provare simpatia per quel cavaliere strambo, ingenuo e sconclusionatamente sognatore, insoddisfatto della vita e perciò desideroso di avventure e di gloria, e per quel suo scudiero, grasso e rozzo, incapace di elevarsi al di sopra della più concreta ed essenziale realtà? Don Chisciotte rappresenta l’uomo che aspira a quegli alti ideali – l’amicizia, la lealtà, l’onore, l’amore – cui forse tutti o, perlomeno, tanti uomini aspirano ma che pochi riescono poi a vivere realmente e coerentemente, l’uomo – nel quale non pochi uomini possono riconoscersi – che non vuole accontentarsi di una vita piatta e monocorde e che vagheggia, spesso purtroppo velleitariamente, grandi imprese. Sancho Panza, a sua volta, rappresenta il senso comune popolare, l’intelligenza semplice e pratica ma anche ingenua che lo porta a pensare che davvero il suo cavaliere lo farà diventare governatore di un’isola. Due “eroi” teneri, umanissimi, senza tempo. Tra le infinite edizioni del Don Chisciotte una delle più preziose è certamente quella illustrata da Salvador Dalì, mentre tra le innumerevoli traduzioni in italiano la migliore è quella del grandissimo Vittorio Bodini, pugliese, grande ispanista e straordinario poeta, scrittore e traduttore, incomprensibilmente non ancora, purtroppo, di grande fama. Vorrei chiudere con una piccola curiosità. Il 23 aprile di ogni anno viene celeGGGGGG brata la festa dell’ “International Day of the Book”, ideata dall’Unesco per celebrare e promuovere la lettura nel mondo. Il giorno non è scelto a caso perché è gggggggg quello della morte di due giganti della letteratura, Miguel de Cervantes appunto e nientemeno che William Shakespeare. I due, circostanza incredibile, morirono peraltro non solo nello stesso giorno, 23 aprile, ma anche, addirittura, nello stesso anno, il 1616. In realtà, Cervantes e Shakespeare morirono certamente nello stesso anno, ma molto probabilmente non proprio nello stesso giorno. Lo spagnolo, infatti, morì il 22 e fu sepolto il 23 aprile. Inoltre mentre il 23 aprile 1616 a Madrid era un sabato a Londra era un martedì… Già, perché a Madrid si seguiva il calendario gregoriano e a Londra quello giuliano, per cui quando Cervantes morì Shakespeare era ancora vivo e aveva davanti ancora dieci giorni di vita. Se traducessimo il giorno della morte di Shakespeare nel calendario gregoriano, la data sarebbe il 3 maggio… E allora? Be’, si sa, le coincidenze, specie le più clamorose, affascinano tutti noi e ci piace crederci, o persino “inventarle”, e raccontarle… E questa, della morte nello stesso giorno, mese ed anno di questi due geni ha un grande e suggestivo significato simbolico… E dunque, non stiamo a sottilizzare tra giorno della morte e giorno della sepoltura, tra calendario gregoriano e calendario giuliano. E in ogni caso, data della morte a parte, è bello unire in qualche modo questi due grandissimi uomini e lasciarsi cogliere dallo stupore per la meravigliosa e fortunata coincidenza per la quale quegli stessi anni videro vivere ed operare, e regalare all’umanità capolavori immortali, contemporaneamente queste due straordinarie figure. Michele Bombacigno
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Le foto sono di Vittorio Sciosia ©
il testamento di pietra. arte e teatro nella cappella sansevero Sara Di Caprio
SToriE. l’uoMo E il TErriTorio
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Parte la nuova stagione delle visite guidate teatralizzate curate da NarteA nel museo napoletano tra i più amati al mondo
NAPOLI. Nel cuore antico di Napoli, alle spalle di piazza San Domenico Maggiore, in via Francesco de Santis vi è uno dei Musei più suggestivi del capoluogo campano: la Cappella Sansevero. Un bene culturale che conserva uno dei capolavori assoluti della scultura napoletana del ‘700, il Cristo Velato, che non fa che alimentare da secoli in viaggiatori e studiosi la leggenda del velo, ritenuto, in passato, processo alchemico del committente ed oggi, si ammette con fatica e stupore opera dell’umano scalpello di Giuseppe Sanmartino. Un vero e proprio scrigno di tesori, testimonianza del Barocco Napoletano, perché a vegliare sulla statua del Cristo Velato vi sono altri capolavori di marmo come la Pudicizia e il Disinganno mentre al di sotto, nella cavea sotterranea, si possono ammirare le Macchine Anatomiche del Principe di Sansevero che riproducono fedelmente l’apparato circolatorio umano. E su questo “contenitore” che mescola arte, storia e leggenda, dopo il grande successo delle precedenti stagioni che hanno fatto registrare un’affluenza di settemila spettatori si è alzato nuovamente il sipa-
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rio, già dallo scorso ottobre, grazie all’associazione culturale NarteA. L’iniziativa unisce alla visita guidata, tra le opere della Cappella, la “teatralizzazione” della storia, con la messa in scena de “Il Testamento di Pietra” testo di Febo Quercia, art director di NarteA, interpretata dagli attori dell’associazione culturale tutti vestiti rigorosamente in costume d’epoca. La prossima visita guidata teatralizzata è fissata al 17 dicembre e già la visione del trailer (visibile sul canale YouTube di NarteA) appassiona e catapulta il visitatore indietro nel tempo, facendogli conoscere la misteriosa figura di Raimondo di Sangro, mecenate, inventore e ideatore del complesso iconografico della cappella. Nell’itinerario “teatralizzato”, frutto della collaborazione del Museo della Cappella di San Severo con la già citata associazione NarteA -il cui scopo è da sempre promuovere il bello “Made in Naples” e ormai dal 2007 impegnata sul territorio in itinerari teatralizzati- il Principe parla con lo scultore napoletano Sanmartino e con il medico palermitano Giuseppe Salerno ideatore delle
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Le foto sono di Vittorio Sciosia ©
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macchine anatomiche. In questo percorso a ritroso nel tempo chissà che il fruitore non dia nuovo peso all’iscrizione presente sulla porta laterale della Cappella: « Chiunque tu sia, o viandante, cittadino, provinciale o straniero, entra e devotamente rendi omaggio alla prodigiosa antica opera […] Osserva con occhi attenti e […] contempla con meraviglia il pregevole ossequio all’opera divina e i sepolcri dei defunti, e quando avrai reso gli onori dovuti profondamente rifletti e allontanati ». In fondo che cos’è il teatro se non specchio riflesso dell’umanità?
Per partecipare alle visite guidate teatralizzate, con inizio fissato alle ore 19:00 e alle ore 20:00, è necessario prenotare ai numeri 339.7020849 – 334.6227785. L’appuntamento per il pubblico è fissato presso l’ingresso del Museo Cappella Sansevero. La quota di partecipazione all'evento è di € 15,00 a persona per gli adulti. Date calendario 2016/17: 17 dicembre 2016 - 28 gennaio - 25 febbraio 18 marzo - 22 aprile - 20 maggio - 17 giugno 2017. www.nartea.com e: info@nartea.com p: 081.19550418 m: 339.7020849 o 334.6227785
NARTEA, uN’ASSoCIAzIoNE Leader nel settore del turismo e della cultura partenopea, l’associazione culturale NarteA è stata fondata da Erika Quercia, Mariano Penza e Febo Quercia, a cui si è aggiunta Annacarla Tredici, per promuovere tutto il bello del “Made in Naples” con un originale ventaglio di attività, colorato da diversi modi e forme, ideate per conoscere ed immergersi nella storia di Napoli (e dintorni). L'associazione può contare sull'apporto di numerosi associati, tra guide e attori, che collaborano nella realizzazione degli eventi che nascono dopo un profondo studio e ricerca di fonti storiche da cui attingere informazioni e aneddoti meno conosciuti e difficilmente rintracciabili in internet. Grazie alla ricerca e alla passione vengono elaborate le trame delle storie che sono perfettamente vestite sui luoghi, i più importanti siti partenopei, Museo Cappella Sansevero, Complesso San Domenico Maggiore, Galleria Borbonica, Museo del Tesoro di San Gennaro, Complesso degli Incurabili, per citarne alcuni. Luoghi che diventano accessibili anche in orari straordinari, grazie a questo gruppo di giovani, impegnati costantemente a valorizzare e divulgare il patrimonio artistico-storico-culturale campano. Come accadrà anche i prossimi 26 e 27 dicembre 2016 con "Il fantasma dei Natali passati" ambientato nel Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore. Una nuova visita guidata teatralizzata che, rendendo omaggio ad uno dei personaggi del famoso "Canto di Natale" di C. Dickens, accompagnerà i visitatori a conoscere il complesso di San Lorenzo e i personaggi che nel corso dei secoli ne hanno caratterizzato la storia: da Fiammetta e Boccaccio a Eleonora Pimentel Fonseca si viaggerà nel tempo e nello spazio. Da ricordare, infine, lo spinoff Guide Turistiche Napoli" (www.guideturistichenapoli.com) che arricchisce e sviluppa con grande successo l'attività svolta dall'associazione nell'ambito turistico regionale.
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supposto ritratto di Isabella Morra
una storia d’amore dal passato: la castellana e il trovatore Giusy Gatti Perlangeli
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La Basilicata fa da sfondo alla vicenda dei due innamorati
aMori lETTErari
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Qualche anno fa, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, lessi la recensione di una raccolta poetica delle Rime di Isabella di Morra curata da un critico letterario, Tobia R.Toscano. Non avevo mai sentito parlare di questa poetessa italiana. Ho fatto qualche ricerca. Mi ha affascinato la sua poesia e la sua storia. Da allora l’ho inserita nel mio programma di Letteratura, a scuola. Isabella&Diego forever Potrebbe sembrare il suggello di una storia d’amore scritta col pennarello sulle pareti del bagno di un liceo. In effetti, i sentimenti sono così: al di là del tempo e dello spazio. Non si tratta, però, di due studenti di una ipotetica…^A. Perché lei, Isabella, appartiene ad un’epoca remota, il Cinquecento.
E lui, Diego, è il nobile spagnolo con cui aveva intessuto una fitta corrispondenza in rima. Il primo aspetto curioso è che lo sfondo in cui la vicenda si svolge, è un contesto geografico molto vicino al nostro: l’entroterra della Basilicata, Favale, l’odierna Valsinni. Il secondo elemento di interesse sta nel fatto che la storia sia ignota ai più. Non ve n’è traccia nelle antologie scolastiche (almeno in quelle che ho consultato), né il nome di Isabella viene affiancato a quello delle più note poetesse sue contemporanee, Vittoria Colonna (1490-1547) e Gaspara Stampa (1523-1554). In verità, la storia di Isabella&Diego era stata portata alla luce, nel 1929, niente meno che da Benedetto Croce, che ebbe il merito di ritrovare il Canzoniere della giovane lucana. «…Ed io ho voluto recarmi nei
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luoghi nei quali fu vissuta questa breve vita e cantata questa dolorosa poesia; in quell’estremo lembo della Basilicata, di cui ci ha parlato il Lemormant, tra il basso Sinni e il confine calabrese, tra la riva del mar Jonio, dove verdeggia la foresta di Policoro, e il corso del Sarmento, che versa le sue acque in quel fiume: un pezzo della Magna Grecia e della regione detta la Siritide (…) ero tratto, come suole, dal desiderio di un più sensibile ravvicinamento ai casi del lontano passato per mezzo delle cose che vi assistettero muti testimoni, e che non sono, o assai poco, cangiate nell’aspetto, e sembrano svegliarne o prometterne la più vivace evocazione»: così scrive lo stesso Croce. Era il 1528 e una giovane don-
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na, Isabella, figlia del barone Giovan Michele Morra, signore di Favale (l’attuale Valsinni) si apprestava, inconsapevole, a subire le tragiche conseguenze della guerra con la quale Francia e Spagna si contendevano ggg l’egemonia del mondo. Erano i tempi di Francesco I e Carlo V. Suo padre, abbracciata la causa della Francia, si ritrovò perciò, dalla parte di vinti e fu costretto a rifugiarsi a Parigi.
ristretto orizzonte apparve l’affascinante trovatore spagnolo Diego Sandoval de Castro, sposato e padre di tre figli, governatore di Taranto e signore della vicina Bollita (attuale Nova Siri). In realtà fu il suo precettore che, “galeotto”, spinto dall’affetto e dalla pietà per il suo destino di solitudine, favorì la conoscenza e la corrispondenza di Isabella con Diego, il quale, appreso della triste condizione
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A Favale, nel castello arroccato alle falde del Pollino, restavano la moglie e sette degli otto figli, tra cui Isabella, la terzogenita, nata probabilmente intorno al 1520. Sensibile e delicata, Isabella si era formata coltivando la lettura dei classici e del Petrarca, e inveiva contro “l’empia Fortuna”, mentre la sua giovinezza sfioriva, vinta dall’ostilità del luogo e dei tempi. Disperatamente, consegnava ai fogli bianchi, la confessione della sua sofferenza, l’alternarsi delle illusioni e delle laceranti speranze, puntualmente deluse. Non le rimaneva che la rassegnazione cristiana e il canto del proprio dolore attraverso la poesia. Ma Amore, si sa, lancia i suoi strali proprio nel momento in cui si è pronti alla rinuncia. Quando Isabella sembrava ormai acquietata, forte della raggiunta pace religiosa, al suo
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della giovane, per alleviare le sue pene, le inviava lettere e componimenti poetici firmandoli con il nome della moglie, Antonia Caracciolo, con la quale sicuramente Isabella era in contatto. Non si sa con certezza se tra i due ci sia stata una vera relazione amorosa o semplicemente una corrispondenza poetica. Certo è che strane dicerie giunsero alle orecchie dei fratelli di Isabella, i quali, associando ai
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motivi di “onore” quelli politici, concepirono ed attuarono una sanguinosa vendetta. Infatti, secondo una cronaca di famiglia pubblicata nel 1629, scoperto il precettore mentre consegnava ad Isabella alcune carte di Diego Sandoval, lo assassinarono nell’autunno/inverno del 1545. Venuto a conoscenza del misfatto, Don Diego si procurò una scorta che lo proteggesse, ma i fratelli di Isabella gli tesero un agguato nel bosco di Noia (l’attuale Noepoli) e uccisero anche lui. Poi, in un moto di rabbia, tornati a casa, colpirono a morte Isabella. Grazie a Benedetto Croce, ci è pervenuto il Canzoniere di Isabella, tanto breve quanto intenso e originale rispetto agli altri contemporanei. Composto di dieci sonetti e tre canzoni, fu ritrovato dalla polizia spagnola, tra le carte della giovane assassinata. La fama sopraggiunse ben presto, perché il nome di Isabella cominciò subito a circolare, "sexum superando", come dice il nipote Marcantonio, cioè superando i limiti e gli ostacoli legati alla condizione femminile. Sicuramente quella di Isabella di Morra è una delle voci più originali della lirica cinquecentesca italiana. I suoi versi anticipano cadenze tassiane e leopardiane. Come il poeta recanatese, nelle sue opere Isabella compie una trasfigurazione lirica del paesaggio, che diventa partecipe dei suoi stati d’animo, e la tragicità e la potenza delle immagini con cui esprime il suo tormento sono analoghe a quelle presenti anche nelle liriche del Tasso. Ella definisce “denigrato sito”, il castello paterno, collocato a picco sul mare, “sull’infelice lito”, sotto la tutela dei fratelli rozzi, incolti e sempre più imbarbariti nel loro isolamento, che la detestavano e la tenevano segregata nel sinistro maniero. Non si può non sentire l’eco dei suoi versi nel “natìo borgo selvaggio”, piuttosto che nel “paterno ostello”, citato in A Silvia.
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E la serie di coincidenze tra i due poeti potrebbe continuare. Entrambi sono nobili di nascita, soffrono la solitudine e vedono scivolare via inutilmente la giovinezza; sia Isabella che Leopardi hanno in un monte il loro punto di riferimento e da lì guardano il mare; entrambi si sentono prigionieri in due paesini della provincia, che li tagliano fuori dalla civiltà. E ancora se Isabella scrive «fra questi dumi/fra questi aspri costumi/ di gente irrazionale, priva d’ingegno/… senza sostegno/sono costretta a menar il viver mio», Leopardi sembra farle eco: «Né mi diceva il cor che l’età verde/ sarei dannato a consumar in questo/natio loco selvaggio, intra gente/ zotica, vil…» Non a caso è stata definita la “Saffo” lucana. Consiglio la lettura del suo breve Canzoniere a tutti coloro che, giovani o meno giovani, serbano
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ancora nel loro cuore un cantuccio per il romanticismo. E se avrete voglia di una gita “fuori porta”, raggiungete il Parco Letterario di Valsinni a lei dedicato. D’un alto monte onde si scorge il mare miro sovente io, tua figlia Isabella, s’alcun legno spalmato in quello appare, che di te, padre, a me doni novella. Ma la mia adversa e dispietata stella non vuol ch’alcun conforto possa entrare nel tristo cor, ma, di pietà rubella, la calda speme in pianto fa mutare. Ch’io non veggo nel mar remo né vela (così deserto è l infelice lito) che l’onde fenda o che la gonfi il vento. Contra Fortuna alor spargo querela, cd ho in odio il denigrato sito, come sola cagion del mio tormento. (Rime III). Isabella&Diego foreve Tobia R.Toscano, Diego Sandoval di Castro, Isabella diMorra. Rime, ed. Salerno (pagg.187, €18,50) Veduta del Castello, fonte: parcomorra.it
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Le locandine di Renato Casaro
renato casaro una vita da Film Sara Di Caprio
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A Cremona la mostra dedicata al maestro dell’illustazione cinematografica, autore di oltre mille locandine a partire dalla ‘Bibbia’ di Huston del 1966
CREMONA. «Da bambino pensavo che gli autori dei manifesti del cinema fossero i più grandi artisti mai esistiti in ogni tempo. Altro che Michelangelo. Altro che Van Gogh. C'era una tale potenza e contemporaneamente un tale realismo in quelle immagini che ne ero totalmente soggiogato. Mi affascinavano molto di più degli stessi film. Anzi, sapevo benissimo che poi, andando a vedere il film, non avrei trovato quella scena così eloquente, così simbolica
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che era rappresentata sul manifesto […]». Così Milo Manara (da "Eroi di Mille Leggende”, Grafis Ediz.,1993) scriveva a proposito dell’arte della cartellonista cinematografica che è passata, nel corso del tempo, dall’uso dei pennelli, che creavano vere e proprie opere d’arte, alla fotografia fino ad arrivare all’odierno computer dove, i grafici riversano la loro creatività utilizzando programmi come photoshop e strumenti come livelli. E a Cremona, la città che ha dato i
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natali ad Ugo Tognazzi, dal 3 dicembre al 29 gennaio 2017, nelle sale espositive di Santa Maria della Pietà si inaugurerà non solo “CIAK la mostra internazionale di
illustratori contemporanei” ma anche la personale di un maestro dell’illustrazione cinematografica che ha firmato le locandine di film divenuti cult, a partire dalla
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celeberrima Bibbia di John Huston nel 1966. Stiamo parlando di Renato Casaro e la mostra si intitola “Per un pugno di colori”. Chi non è rimasto affasci-
Le locandine di Renato Casaro
nato dai film western di Sergio Leone, da quelli che vedevano sugli schermi attori de calibro di Bud Spencer e Terence Hill? Dalle pellicole di Franco zeffirelli o di Francis Ford Coppola? Chi non è andato al cinema per guardare Amici miei o Balla coi lupi di Kevin Costner? Tutti questi film, diversi per trama, per ambientazione e per cast hanno un elemento in comune: i manifesti firmati da Renato Casaro. L’artista trevisano, classe 1935, è considerato uno dei più importanti e influenti cartellonisti cinematografici italiani e ha realizzato, con pennello e aerografo, oltre mille locandine. La mostra “Per un pugno di colori”, che gioca per assonanza con il film di Sergio Leone dove, manco a dirlo è sua la firma sul manifesto con Clint Eastwood, ripercorre la sua lunga carriera, esponendo gli originali di oltre cento tra disegni e locandine. Una sezione è dedicata all’illustre cremonese ugo Tognazzi. Quest’anno il Maestro sarà anche ospite speciale e presidente di Giuria della XII edizione del Concorso di Illustrazione organizzato dall’associazione culturale “Tapirulan” di Cremona, dove 650 illustratori provenienti da 45 paesi del mondo concorrono con le loro opere ispirate alla settima arte. Gli artisti hanno realizzato in una tavola quadrata la scena del film a cui sono maggiormente legati ed è possibile, quindi, osservare come gli artisti di oggi riproducano Charlie Chaplin, Stanley Kubrick, o Federico Fellini, solo per citarne alcuni. In occasione dell’esposizione verrà pubblicato anche un catalogo dedicato alla mostra di Renato Casaro, edito dalle edizioni Tapirulan; assieme ad un altro che mostrerà le opere dei 48 illustratori selezionati a seguito del concorso. Altro evento collaterale legato all’iniziativa, è la mostra personale di Sylvie Bello, di scena allo spazio dell’associazione Tapirulan (corso XX settembre 22), l’autrice francese è la vincitrice della precedente edizione. Non resta che visitare questa splendida iniziativa a Cremona che con immagini simbolo cerca di carpire la settima arte, come lo stesso Renato Casaro ama ricordare: «Il cinema è il mio hobby, il mio hobby è il mio lavoro, il mio lavoro è la mia vita, e la mia vita è un film”, ogni uomo senza copioni da seguire ha difatti il privilegio di essere l’attore protagonista del suo destino.».
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Nel riquadro un momento di una partita, nella foto: Gianni Landi (al centro) insieme agli artisti di Party Rock Salento (primi ospiti della stagione)
sport e disaBilità, la lupiae team eccellenZa del salento e del sud Pino Montinaro
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Il progetto vincente della storica squadra di basket in carrozzina
LECCE. Per vincere, in ogni ambito della vita, bisogna far squadra. Se poi il progetto si chiama “In squadra per vincere” il successo è difatti scritto nei volti degli atleti della Lupiae Team Salento. La storica squadra leccese di basket in carrozzina (tra le più forti realtà sportive della Serie B), da quest’anno, infatti, fa parte del progetto sportsalute promosso dalla Regione Puglia che, attraverso il finanziamento di progetti indirizzati alle federazioni paralimpiche pugliesi, sta attuando azioni mirate a favorire la pratica sportiva da parte di persone con disabilità. Politiche sociali che la squadra leccese sta già attuando con successo, attraverso una serie di incontri con gli studenti di ogni età, riscontrando interesse e nuovi ingressi in organico. Una società che il pubblico leccese potrà rivedere in azione già a partire da dicembre quando si alzerà il sipario sulla nuova stagione agonistica sotto canestro e oltre. Grazie, infatti, all’iniziativa “Lupiae Match Show” anche quest’anno alcuni celebri artisti del territorio saranno invitati al “PalaVentura” di Lecce per unirsi al pubblico ed essere protagonisti sugli spalti. Un modo per far festa tutti insieme e al tempo stesso fare il tifo per la Lupiae Team Salento. <<Sono i miei supereroi – dichiara Gianni Landi, Direttore Sportivo della Lupiae Team Salentoperché ogni giorno con il loro impegno, in ogni settore della vita, mi trasmettono energia. Una forza che poi è esplosiva sotto canestro. Atleti, quindi, di valore con cui continuare a scrivere nuove pagine di sport dal momento che abbiamo grandi sogni>>. La new entry Bruna Romano insieme a Rocco Bortone, la Storia della Lupiae Team Salento
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Paolo Uccello: San Giorgio e il drago, c. 1458-60 Olio su tavola, cm 52 x 90 Parigi, Musée Jacquemart-André
“orlando Furioso, 500 anni” al palaZZo dei diamanti di Ferrara Sara Foti Sciavaliere
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Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi
FERRARA. A cinquecento anni dalla sua pubblicazione, Palazzo dei Diamanti celebra l’Orlando furioso, ultimo tra i romanzi cavallereschi e primo tra i moderni, che nasce proprio a Ferrara nel 1516 dalla fantasia di Ludovico Ariosto. Una mostra, visitabile dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2016, che vuole raccontare il capolavoro ariostesco attraverso un articolato e affascinante percorso che mira a ricostruire le suggestioni che hanno ispirato l’immaginario del poeta ferrarese. Il percorso espositivo curato da Guido Beltramini e Adolfo Tura, affiancati da Maria Luisa Pacelli e Barbara Guidi della Fondazione Ferrara Arte che ha pubblicato anche il catalogo, parte da un quesito (al quale si riferisce anche il sottotitolo dell’evento): cosa vedeva il poeta, chiudendo gli occhi, quando si accingeva a raccontare una battaglia, un
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duello di cavalieri o il compimento di un prodigioso incantesimo? Quali libri ed opere d’arte furono le muse del suo immaginario? Proprio per rispondere a queste riflessioni che la mostra mette in dialogo dipinti, sculture, arazzi, libri, manoscritti miniati, strumenti musicali, armi e oggetti preziosi, capaci di restituire l’universo di immagini che popolavano la mente di Ariosto mentre componeva l’Orlando furioso. A partire dai temi salienti del poema, la ricerca condotta in occasione della mostra è stata indirizzata quindi all’individuazione puntuale delle fonti iconografiche, note ad Ariosto o coerenti con la tradizione figurativa a lui familiare, che ne hanno ispirato la narrazione. Così l’itinerario, ordinato in sezioni tematiche, alternano le fonti dell’immaginario ariostesco al contesto in cui è nato il poema: si trat-
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ta di oltre ottanta opere, distribuite in dodici sale, che rievocano l’universo delle battaglie, l’elegante vita cortese, la fascinazione dei viaggi, le immagini di condottieri reali e leggendari. Il percorso espositivo sull’Orlando furioso, il cui allestimento è stato curato dallo studio Antonio Ravalli Architetti con giochi di luce e scritte sulle pareti molto scure che catturano lo sguardo del visitatore, inco-
mincia lì dove finisce l’impresa letteraria del suo predecessore, ossia l’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, romanzo cavalleresco pubblicato trent’anni prima sempre nella città estense. Nella prima sala si trova infatti un libro, l’unica copia della seconda edizione (1482-1483) dell’opera del Boiardo. Il visitatore è poi condotto nel vivo del racconto della mostra
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con il tema della battaglia, reale e letteraria. Nella seconda sala si trovano i riferimenti alla battaglia di Roncisvalle del 778, uno degli episodi più celebri dell’epopea della Chanson de Roland, fonte dei successivi poemi cavallereschi fino appunto al Furioso: dall’olifante in avorio dell’XI secolo – che la leggenda vuole sia il corno che Orlando fece risuonare tra i Pirenei – ad un monumentale
La battaglia di Roncisvalle, c. 1450-75 Londra, Victoria and Albert Museum
Storie. l’uomo e il territorio
Giorgione: Ritratto di guerriero con scudiero detto “Il Gattamelata”, c. 1505-10 Olio su tela, cm 90 x 73 Firenze, Galleria degli Uffizi
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arazzo – come quelli che abbellivano i palazzi estensi – che ferma in una scena il cruento scontro tra il paladino e i Saraceni. Si procede nelle altre sale con altri libri, dipinti, armature, sculture che raccontano i personaggi dei quali Ariosto intreccia le vicende, e ancora l’ambiente di corte del quale l’Orlando furioso è espressione. Come poteva un letterato del Cinquecento immaginare un guerriero dell’VIII secolo? A quali immagini poté verosimilmente ispirarsi Ariosto per figurarsi l’intrepido Orlando, il valoroso Rinaldo, la bellissima donna guerriera Bramante o Ruggiero, il Saraceno convertito dal quale sarebbe discesa la stirpe estense? Accanto alla letteratura, spesso illustrata da preziose miniature, la pittura e la scultura, poterono senz’altro offrire un valido repertorio di immagini di guerrieri ed eroine cui attingere per dare un volto ai protagonisti del poema. Nella sala 6, si trovano opere che esemplificano questo immaginario: da San Giorgio, che a Ferrara incarnava l’idea stessa del cavaliere, presentato nel dipinto di Cosmè Tura alla mitica figura di Scipione l’Africano, diffusa al tempo grazie a preziosi manufatti come la terracotta invetriata della bottega di Andrea Della Robbia (in mostra con un esemplare realizzato su disegno di Andrea del Verrocchio). Infine, a rappresentare l’archetipo della donna guerriera, invenzione del Boiardo poi ripresa da Ariosto, viene proposta una Giuditta di Vincenzo Catena.
Armatura nella sala 3 della mostra
Olifante detto “Corno d’Orlando”, fine XI sec. Avorio, cm 52 x 13 Tolosa, Musée Paul-Dupuy
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Cuore pulsante del percorso, nella sala 9, è la prima edizione dell’Orlando furioso. Il 22 aprile 1516 nell’officina tipografica Mazzocchi a Ferrara si concludeva la stampa del poema composta da quaranta canti, che ambiva a cantare “le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese” di un mondo lontano, che conobbe da subito un ampio successo, raccogliendo l’ammirazione di molti suoi contemporanei, tra i quali Niccolò Macchiavelli, del quale è esposta una lettera a Lodovico Alamanni in cui fa riferimento al Furioso. E un libro congeda il visitatore, il Don Chisciotte di Cervantes, uno dei tanti ad accorgersi della grandezza del poema ariostesco, soprattutto per la capacità di Ariosto di assorbire le tradizioni più varie e restituirle in un tutto armonioso. Nel romanzo dello scrittore spagnolo, uno dei personaggi, visitando la biblioteca di Don Chisciotte, sbotta: “Se tra questi libri c'è il poema di Ariosto e parla una lingua che non è la sua, non gli porterò nessun rispetto, ma se è nella sua lingua, me lo porto sul capo”. Tra le ottanta opere in esposizioni, come già dava idea alcune opere precedentemente menzionate, si possono ammirare anche capolavori del nostro Rinascimento, come Minerva che scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù di Andrea Mantegna, San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, Venere pudica di Sandro Botticelli e bottega, tutte riunite a Palazzo dei Diamanti per un irripetibile appuntamento che rievoca il fantastico mondo cavalleresco di Orlando e dei paladini,
Cosmè Tura, San Giorgio, c. 1460-65 olio su tavola, cm 21,6 x 13, Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Galleria di Palazzo Cini (deposito eredi Cini)̷
l’opera disincantate e allo stesso tempo sognante di Ludovico Ariosto che si impose come il primo poema classico italiano e capolavoro della nostra letteratura. Per visitare le mostre www.palazzodiamanti.it
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Piero di Cosimo: Andromeda liberata da Perseo, 1510 Firenze, Galleria degli Uffizi. Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
“viBraZioni dell’anima” diseGni e intrecci per un esordio
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Alla Fondazione Palmieri
LECCE. Dal 10 al 20 dicembre 2016, la chiesetta di San Sebastiano, sede della Fondazione Palmieri, ospiterà Vibrazioni dell'anima, la mostra personale dell'artista salentina Francesca Malatesta, i cui raffinati intrecci di linee ed elaborati disegni rappresentano lo stile della giovane artista, che con questa mostra segna il suo ingresso nel variegato mondo dell’arte contemporanea. In mostra per la prima volta una selezione di opere i cui colori vibrano prepotentemente sprigionando una forza magnetica che è lo specchio di una personalità forte, votata alla totale libertà espressiva ed emotiva, ancorata alle proprie radici, eppure ansiosa di percorrere nuove strade in un moto perenne che si riflette nei vortici e nelle sovrapposizioni di colore e immagini che animano le sue tele. Un mondo dinamico, quindi, quello di Francesca Malatesta, che affronta la tela bianca con la stessa passione di chi si accinge
ad incontrare la parte più profonda della propria anima e ad accettarne gli infiniti mutamenti. I pennelli di Francesca Malatesta animano la tela accarezzandola con ampie pennellate leggere, graffiandola con segni netti e decisi, oppure accostando tra loro colori puri e brillanti che nella loro perfetta armonia suggeriscono allo spettatore sempre nuove forme interpretative che lasciano intendere la determinazione dell’artista a non fermarsi mai, di essere pronta al cambiamento, ma soprattutto la feroce volontà di abbracciare il presente in una sinergia totale e assoluta in cui arte e vita si fondono diventando un’unica, indissolubile esperienza mistica Un rapporto simbiotico con il segno pittorico anima la mano dell'artista dice di sé: «Amo gli incontri negli scontri e gli opposti uno accanto all’altro, perché solo così, a mio parere, ambedue vengono esaltati...», mentre da ogni opera traspare il senso più
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profondo del vivere secondo Francesca Malatesta: «Spesso inizio i miei lavori con uno stato d’animo e il giorno dopo mi trovo a continuarli con un altro e di conseguenza la tela muta insieme ai miei notevolmente mutevoli e colorati stati d’animo. A volte, spesso, il risultato non mi piace e allora ricomincio da capo. Non mi ha mai fatto paura ricominciare tutto da capo, nella vita l’ho fatto sempre con grande entusiasmo! Il mio innato trasporto per la vita che si rinnova è più forte di ciò che mi tiene legata a ciò che è stato. Onoro e rispetto il passato e tengo il buono ma solo come mezzo per andare sempre avanti dopo aver imparato il più possibile. “Chi si ferma è perduto” ed è vero… In fondo non c’è un vero e proprio arrivo nella vita ma solo una serie di traguardi che si succedono tra loro. è questo il senso della vita e dell’arte stessa che per me rappresentano la medesima cosa...» Al vernissage, in programma sabato 10 dicembre, alle ore 18:30, interverranno Claudia Forcignanò, curatrice dell'evento; Claudio Casalini, con un suo testo critico, Valentina Cantelmo che accompagnerà gli ospiti con le note del suo flauto. Orari di apertura: 10:30/12:30 18:00/20:30 (lunedì mattina chiuso). Ingresso libero. Info: 329.4038509
In questa pagina, via San Gregorio Armeno fotografata da Peppe Guida
la maGia del presepe a napoli in via san GreGorio armeno Antonietta Fulvio
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Percorrendo l’antico decumano della città di Napoli
NAPOLI. «Te piace 'o Presebbio?» é la domanda insistente e accorata che l’indimenticabile Eduardo de Filippo nei panni di Lucariello rivolge al figlio, Nennillo, nella celebre commedia “Natale in casa Cupiello”. Una domanda, un rito che trova la sua risposta ripercorrendo a Napoli, via san Gregorio Armeno, il punto in cui i decumani si incontrano così come un’arte antica e una fantasia inesauribile. Chi è stato a Napoli sa che via San Gregorio Armeno non è una semplice strada ma la custode di un rito antico che si rinnova ogni anno coniugando storia e fede, sacro e profano. è un po’ come viaggiare a ritroso nel tempo, tornare nel Settecento
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quando i maestri presepisti pensarono di ambientare la nascita del Bambinello tra i vicoli della città fondendo arte e artigianato. Lo testimoniamo i bellissimi presepi conservati nella Certosa nel Museo di San Martino, nella Reggia di Caserta e quelli realizzati per le più belle chiese di Napoli come il presepe di Pietro Alemanno, a San Giovanni a Carbonara. Una tradizione che affonda le sue radici ancor più lontano, pare che nel 1340, già la sovrana Sancia d'Aragona, moglie di Roberto d'Angiò, commissionasse un presepe per donarlo alle Clarisse di cui oggi si conserva la statua della Madonna proprio nella Certosa. Ma fu il Settecento la stagione d’oro per i presepisti napole-
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tani tanto da essere descritti anche dallo scrittore Goethe che nel suo Viaggio in Italia del 1787 scrisse: « Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe […] Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa […]. Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s'incornicia il Vesuvio coi suoi dintorni. » E ancor oggi ripercorrendo via San Gregorio Armeno è possibile vedere all’opera i maestri pre-
sepisti ormai grandi artisti del presepe che esportano la loro arte in tutto il mondo, tramandandola di generazione in generazione, di padre in figlio come ci rivela Giuseppe Marco Ferrigno che ama definirsi “pastoraio” e la sua famiglia lo è da ben quattro generazioni. Un mestiere molto particolare dove accanto alla tradizione - e dunque alla realizzazione dei pastori classici- si è aggiunta l’innovazione con la lavorazione di statuine di personaggi tratti dalla contemporaneità. Non stupitevi, dunque, se passando dal civico 8 di via San Gregorio vi imbatterete in un gigantesco Pino Daniele, l’allenatore Maurizio Sarri con squadra partenopea al completo, compreso Higuain con tanto di maglia juventina... Ma non è tutto. Meraviglia-
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Sotto una Natività nel laboratorio di Marco Giuseppe Ferrigno
tevi pure se scorgerete tra i pastorelli artisti indimenticabili come Luciano Paparotti, Lucio Dalla ma anche Renato Zero e Jovanotti. Non mancano all’appello i personaggi della politica mondiale da Fidel Castro, scomparso nei giorni scorsi, a Trump neo presidente eletto degli Usa o il dimissionario Matteo Renzi. Pastori sì, ma
sempre nel rispetto della lavorazione tradizionale: ovvero impiego di sete di San Leucio, testa in terracotta, occhi di cristallo, piedi e mani in legno e corpo realizzato con fil di ferro ricoperto di canapa con una lavorazione particolare in modo da renderli articolabili. Ed è un incanto per gli occhi che è impossibile non sgranare davanti a tanta bellezza. Non si contano i banchetti espositivi e le vetrine delle storiche botteghe artigiane dove è possibile ammirare le più svariate ambientazioni di presepi, pupi, animali, primizie di frutta e ortaggi, oggetti minutissimi e pur ricchi di particolari. Lì, in quel tripudio di santi e pastorelli, e di immancabili cornetti scaramantici, si possono scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze. Perché il presepe bisogna costruirlo, in una sorta di avvento del “fare” perché è nel collocare statuine tra montagne di sughero e meccanismi che riproducono mestieri d’un tempo che si può riscoprire la gioia dell’attesa. E ritrovare l’amore per i piccoli gesti, il valore dell’invenzione e della fantasia e, forse, attendere con spirito diverso la nascita di quel bambino che fu capace di cambiare il mondo.
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In questa pagina, via San Gregorio Armeno fotografata da Peppe Guida
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via San Gregorio Armeno fotografata da Peppe Guida, i pastori di Giuseppe Marco Ferrigno (particolare) e vetrina con cornetti scaramantici
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Il presepe di San Gregorio Armeno donato alla città di Amatrice
Una via e una città dal cuore grande. In occasione della vigilia dell’Immacolata, la città di Napoli ha donato ad Amatrice, città distrutta dal terremoto del 24 agosto, un presepe in segno di solidarietà e vicinanza realizzato dai maestri presepiali di San Gregorio Armeno. Il presepe della grandezza di 1 metro e mezzo per 80 centimetri, con pastori dalle dimensioni di 12 e 7 centimetri, è stato consegnato, dagli uomini della Protezione Civile del Comune di Napoli a Padre Matteo, parroco della chiesa di Amatrice, e al consigliere comunale del comune laziale Filippo Palombini (nella foto). Siamo sicuri che porterà con sé gioia e speranza che sono i doni più ambiti.
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aspettando l’alBa dei popoli tutti Gli eventi di otranto
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Fiere del presepe, musica, danza e incontri
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OTRANTO. Torna anche quest’anno l’Alba dei Popoli, rassegna organizzata dal Comune di Otranto giunta ormai alla sua XVIII edizione, che pone l’accento su Otranto come luogo simbolo del Mediterraneo, crocevia di culture, intreccio di etnie. Una kermesse di arte, cultura, musica e spettacoli che prende spunto dalla forza simbolica esercitata dal primo sorriso del sole del nuovo anno all'Italia. La luce che giunge dall'Oriente illumina per prima proprio Otranto. La manifestazione, sin dalla sua prima edizione nel 1999, ha visto la presenza di numerosi artisti di fama internazionale: Goran Bregovic, Franco Battiato, Eugenio ed Edoardo Bennato, Nicola Piovani, Lou Reed, Pino Daniele, Mario Biondi, Roy Paci, Avion Travel, Giuliano Palma, Nina Zilli, Stadio, Roberto Vecchioni, Max Gazzè, Alex Britti, Luca Carboni; registi tra cui Ferzan Ozpetek, Emir Kusturica, Manuel Pradal; oltre ad una lunga serie di rappresentanti istituzionali dei Paesi del Mediterraneo. “Un calendario che è parte di un progetto più ampio che abbiamo avviato con tutte le realtà locali aprendoci non solo all’associazionismo, fonte inesauribile di idee e giovani, ma anche ad altre istituzioni del territorio circostante”, afferma l’Assessore Lavinia Puzzovio. “Una programmazione culturale a 360° rivolta ai locali ma anche ai numerosi ospiti che scelgono Otranto come meta per le proprie vacanze nel periodo natalizio”. Tra gli eventi in programma si segnalano l’11 dicembre, in Largo Porta Alfonsina (ore 17.00), “Nota il mondo” una serata per bambini e adulti con musica, danza e poesia. Per l’occasione verranno accese in contemporanea tre stelle: una a Otranto, una
a Rreshen (Albania) e una a Pristina (Kosovo). Seguirà l’esecuzione dell’inno “Nota il mondo” autore Giovanni Epifani, compositore Leone Marco Bartolo. Il 16 dicembre Matteo Tarasco racconterà il Castello di Otranto attraverso la lettura del romanzo di Walpole. Il 18 sarà caratterizzato da un duplice evento: l’esposizione di originali manufatti realizzati rigorosamente a mano, in Largo Porta Alfonsina dalle ore 10 alle ore 20, mentre alle ore 18:30 si terrà nel castello la terza edizione del concorso presepi artigianali organizzato dalla Fratres di Otranto. L’apertura della Torre Matta riconsegnata alla città in tutta la sua maestosità dopo i lavori di restauro sarà l’evento del 23 dicembre. (ore 17) mentre il 24 un gruppo di subacquei della Sezione della Lega Navale di Otranto si immergerà nelle acque del porto per portare in processione la statuetta del Bambinello nella Grotta della Natività. Gran concerto di Natale in cattedrale, il 27 dicembre (19:30) curato dall’Associazione culturale Hydruntum Art mentre al momento non è dato di sapere chi sarà il protagonista che aspettando l’alba del 1° gennaio al Faro della Palascìa intonerà il brano “Warm in the winter”. Di sicuro per tutto il periodo natalizio si potranno ammirare ogni sera sul castello le luci dell’installazione artistica, patrocinata dal Comune, e realizzata dall'Azienda Agricola Fabio Merola. www.comune.otranto.le.it
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Il presepe vivente a Specchia foto di Matteo Schiavo
specchia, città dei presepi nel BorGo tra i più Belli d’italia Maurizio Antonazzo
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Grande attesa per il presepe vivente che unisce fede e tradizione SPECCHIA (LECCE). «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.» (Luca 2,1-7). Da circa dieci anni anche Specchia si trasforma in una piccola Betlemme, grazie al “Presepe Vivente nel Borgo”, un evento divenuto un piccolo gioiello della spiritualità salentina, appuntamento tra i più attesi
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dell'anno per tutta la comunità che partecipa attivamente alla sua realizzazione. Una rappresentazione coinvolge gli abitanti di Specchia: bambini, ragazzi e adulti, mettono a disposizione la propria esperienza e il proprio tempo libero, dal mese di settembre trascorrono i pomeriggi a costruire ed allestire; gli artigiani con le loro opere d’arte rendono speciali le scene; le donne confezionano i costumi dei figuranti. Ogni nuova edizione accoglie le idee e le iniziative che nascono durante tutto l’anno, permettendo così di migliorarsi con nuovi personaggi, rinnovando la curiosità e la soddisfazione dei visitatori e trasmettendo sempre il messaggio universale di carità e fratellanza, sempre attuale. Organizzato dall'Associa-
zione Cult u r a l e Sportiva “Eugenia Ravasco”, dal Comune di Specchia e dalla Parrocchia “Presentazione della Beata Vergine Maria” di Specchia, nelle serate del 25, 26 e 30 Dicembre 2016 e 1 e 6 Gennaio 2017, l’evento rientra nell’ambito dell’iniziativa dell’Assessorato Regionale dell’Industria turistica e culturale: “Semplicemente Puglia – 50 Borghi per il Natale 2016 #Inpuglia365” Natale in Puglia. Grazie alle 40 scene che saranno animate, in ogni vicolo e ogni angolo del borgo medievale saranno avvolti da un'atmosfera magica con giochi di luci e ombre creati da rappresentazioni
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che ripropongono gli scorci di vita quotidiana e scene di attività artigianali di duemila anni fa ai tempi della nascita di Gesù. Un presepe vivente che ricostruisce la scena della natività di Nostro Signore riportando in vita ambienti e personaggi antichi, lungo un percorso ricco di suggestione e di mistero, che culmina nell’originale stalla allestita nell’atrio di Palazzo Risolo, ove trova riparo la Sacra Famiglia. La sua peculiarità sarà nella scenografia naturale del medievale borgo antico, risalente al XVI secolo, giunto intatto fino a noi, che si fonderà con costumi e tradizioni dell’epoca, con momenti musicali e artistici e una concezione delle singole scene quasi teatrale, in un percorso che attraverserà antiche case, riaperte per l'occasione, ed anche vicoli e corti, con angoli e scorci del centro storico tutti da scoprire un itinerario coinvolgente e spettacolare, da via Ferrante Gonzaga, detta dagli specchiesi la “rua ranne”, antica strada centrale, per poi proseguire in Via Gongolicchio, lungo via Corte dei Fiori e Via Mura di Ponente, l’antico confine del paese, proseguire in Via Annibale Balsamo, in Via Scupola, da Via Orlandi a Via Braida, da Via del Balzo sino a Piazza del Popolo. Magica la scenografia naturale del borgo antico, le cui strade, illuminate da originali lanterne, guideranno i lenti passi dei visitatori, lungo un itinerario che farà tappa nelle diverse botteghe di artisti e artigiani, scoprendo e riscoprendo usi, costumi, attività che appartengono ormai alla “memoria storica” e che continuano ad affascinare la
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In questa pagina alcune foto del presepe vivente di Specchia di Matteo Schiavo tranne quella della filatrice che è di Maurizio Antonazzo
gente del luogo e, soprattutto, il turista. Abitudini oramai superate, ma di cui spesso si ha ricordo attraverso i racconti degli anziani o i detti di uso comune, scene di vita quotidiana, come la cardatura e la filatura, la lavatura a mano e la vita contadina, tutte appartenenti a un passato ormai lontano e che risveglieranno con intensità le emozioni legate alla magia del Natale.
Oltre 200 i figuranti che daranno vita alle scene bibliche e alle varie botteghe, per un evento che permetterà la valorizzazione delle diverse forme di artigianato: ecco il cestaio intrecciare il giunco, l'artigiano lavorare la pietra leccese, il falegname levigare il legno, l'artista dare vita alla cartapesta, insieme ad altri antichi mestieri come il bottaio, colui che realizza i “cannizzi e panari”,
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le ricamatrici, il calzolaio e le sarte. Un viaggio anche tra i sapori tipici, con il forno dove saranno cotte calde puccette con le olive, con le massaie che impastano “minchiareddhi” e orecchiette, i mastri casari che produrranno in tempo reale formaggio fresco, con metodi e strumenti di una volta, e l'oste che offre vino agli avventori, insieme a calde pittule e al “pane rustutu” condito con olio e pomodorini e poi ancora colorate bancarelle di frutta e ortaggi e numerosi altri personaggi. Il visitatore rivive pagine cariche di fede con alcune rappresentazioni bibliche, dall'Annunciazione alla visita di Maria a Sant'Elisabetta, dalla Corte di Erode al matrimonio di Maria e Giuseppe e che culminano nella Natività con gli angioletti. Suggestiva l’ingresso di Betlemme, con l’accampamento con i soldati e i centurioni dell’antica Roma, proposti dall’Associazione culturale "Legio II Augusta" di Lizzanello, i quali alle ore 19 di ogni sera, nei pressi del campanile della Chiesa Madre, simuleranno un combattimento, mentre un gruppo di pastorelli percorrerà l’itinerario accompagnati dal suono delle zampogne e da gruppi che intoneranno canti natalizi. Il suggestivo ed emozionante percorso terminerà in Piazza del Popolo,per ammirare un pittore che all’interno di Palazzo Coluccia dipingerà alcune scene del presepe, dove sarà possibile riscaldarsi con il grande braciere della “focaredda”, una pira di legname, che nelle cinque serate con la sua luce illuminerà il grande luogo di aggregazione, dove, come novità di quest’edizione,
venerdì 30 dicembre sempre alle ore 20 sarà possibile ascoltare un quintetto di fiati degli studenti del Conservatorio di Musica “Tito Schipa” di Lecce e il giorno di Capodanno,si esibirà il Coro Gospel Joy Choir del Liceo Musicale"Giannelli" di Parabita, diretto da Dionisia Cassiano e Domi Siciliano, con Toni Tarantino al pianoforte, Angela Cosi all’arpa, Alberto Stefanizzi alla batteria e Danilo Capone al basso. Come nelle precedenti edizioni sono attesi migliaia di visitatori, in quanto, molti sono coloro che, grazie anche alla rete salentina della “Città dei Presepi”, alla quale da diversi anni partecipa anche Specchia, hanno già contattato gli organizzatori per visitare anche il borgo antico. Inoltre, sono previsti arrivi con pullman e camper anche dal Centro e Sud Italia, che rimarranno incantati dalle chiese del borgo antico: la Chiesa Matrice, quella della Madonna Assunta in cielo e quella di S. Antonio da Padova, con i suoi antichi affreschi del 1626, che per l’occasione saranno aperte al pubblico per ammirarle in tutta la loro magnificenza. In ogni edizione i genitori con bambini piccoli trovano particolarmente utile e attraente la visita al presepe specchiese: con la presenza di numerosi animali di tante specie differenti è particolarmente stimolante ad interessante per i bambini e dà loro occasione di vedere un mondo in cui uomo, natura e animali vivevano in simbiosi reciproca. Fede e tradizione si affiancano e si fondono insieme in uno scenario unico, creato per trasmettere a tutti un messaggio di Fratellanza Amore, Pace e Speranza, ma anche di cultura, di sapori e di saperi che non possiamo e non dobbiamo dimenticare.
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Nel riquadro una scena del film, al centro la piazza seicentesca di Porto Adriano che nel film è il paese di Giancaldo (foto di Fabrizio Cacciatore)
i luoGhi del cinema. la sicilia del reGista Giuseppe tornatore Stefano Cambò
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Una nuova rubrica che indaga i paesaggi che sono diventati set cinematografici
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uando si pensa a Giuseppe Tornatore non si può non immaginare la Sicilia. Quella Sicilia raccontata in tutte le sue sfaccettature… Focalizzando l’attenzione soprattutto sul periodo che va dalla seconda guerra mondiale ad oggi. Eppure il regista è riuscito ad andare ben oltre i luoghi comuni… Mettendosi alla prova negli ultimi anni con nuovi generi e nuove ambientazioni anche lontane dalla sua terra natia. Ma andiamo con ordine e partiamo dal film che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo. Quel Nuovo Cinema Paradiso che nel 1990 vinse l’Oscar come miglior film
straniero ( oltre al Golden Globe e i BAFTA ), ma che in Italia fu un vero insuccesso. Almeno alla sua prima uscita del 1988. Leggenda vuole che nessuno o quasi lo andò a vedere e che gli incassi furono disastrosi. Tranne per il cinema Aurora di Messina, dove il gestore lo tenne in cartellone per settimane con lo slogan “ Prima vedi il film e poi se ti è piaciuto paghi il biglietto”. Ebbene, nonostante un avvio per nulla promettente, quella pellicola divenne un cult internazionale… Vuoi per le musiche del grande Ennio Morricone e vuoi anche per gli scenari in cui fu ambientata. Quegli scenari che oggi sono
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Marina di Cefalù, fonte sito istituzionale
meta di affezionati cultori e turisti. Come la piazza del paese di Giancaldo ( nome inventato dal regista )... Quella dove si affacciava il Cinema Paradiso. In realtà la piazza si trova a Palazzo Adriano, piccolo comune di duemila abitanti nella parte meridionale della Sicilia. Per chi volesse visitarlo può trovare nel Museo comunale tra le varie sezioni - museo geonaturalistico del Permiano del Sosio, Cultura Albanese (Arbëreshe) e museo dell’acqua- troverete la sezione intitolata Galleria Foto “Nuovo Cinema Paradiso”. All’interno le scene e i retroscena del film rappresentati da oltre 100 fotografie originali. Un altro luogo magico è sicuramente la spiaggia del piccolo paese. Quella della proiezione notturna con le barche in mare e le persone assiepate sopra intente a vedere il film su un muro bianco.
In realtà si tratta di una delle più belle insenature della nostra amata penisola e si trova nella caratteristica e barocca Cefalù (se ci pensate un attimo è stata ultimamente anche la location della pubblicità di un noto liquore con protagonista l’attore Andy Garcia). Negli anni il piccolo comune della costa settentrionale è diventato uno dei Borghi più belli d’Italia e nel 2015 il Duomo della Città è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNesco. Sempre per quanto riguarda il film Nuovo Cinema Paradiso, molte scene chiave sono state a girate in altri famosi paesi dell’entroterra siciliano come Bagheria (su cui ci soffermeremo tra poco in un’altra famosa pellicola del regista), Santa Flavia, Castelbuono, Lascari o meglio la sua stazione ferroviaria ( quella dello struggente saluto d’addio tra Alfredo e Totò con il primo che sussurra nell’orecchio del secondo Vattinneee). Ma la Sicilia non è solo Nuovo Cinema Paradiso… Perché il grande regista negli anni successivi ci ambienterà altri tre film che hanno fatto la storia del nostro tempo. Il primo della serie fu L’uomo delle stelle del 1995 con protagonista Sergio Castellitto nei panni del cineasta e truffatore Joe Morelli. Il film fu girato prevalentemente tra la bellissima Ragusa Ibla (il famoso quartiere del centro storico della città ) e Monterosso Almo (anche questo inserito nella lista dei borghi più belli d’Italia)… Ma non solo! Tra le curiosità si scopre che il primo paese che si tocca nella pellicola è in realtà Matera, la città dei Sassi… E alcune brevi scene sono state addirittura girate nella piazza e nelle vie del borgo laziale di Civita di Bagnoregio, denominata oggi La città che muore.
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I ruderi di Poggioreale vista dal drone, foto di Giuseppe Gucciardi
Per il prossimo film dobbiamo fare invece un salto temporale di cinque anni e arrivare al 2000, con la pellicola più conturbante del regista. Stiamo parlando naturalmente di Malèna, interpretata dalla sensuale Monica Bellucci. Ebbene anche quel film venne girato prevalentemente in Sicilia… In particolare a Siracusa, Catania, Noto, Realmonte (la scala dei Turchi) e i ruderi di Poggioreale. A differenza del primo (Nuovo cinema Paradiso), questa pellicola ebbe più successo in Europa che negli Stati Uniti tanto da rilanciare l’immagine della Bellucci come icona sexy italiana. Il disastro d’oltreoceano venne attribuito alla scelta obsoleta di tagliare le numerose scene di nudo. A proposito di censura, ripensando ancora una volta al Nuovo Cinema Paradiso, una cosa alquanto curiosa è quando il prete dell’epoca obbligava il povero Alfredo a mettere i segnalini di carta sulle scene ritenute troppo piccanti!. Ultimo film che chiude la trilogia siciliana (passa-
temi il termine ) dopo l’Oscar è Baaria del 2009… Forse la più personale ed intimista tra le pellicole. Vuoi sopratutto per la scelta del titolo che si rifà al dialetto siciliano più stretto… Quello stesso dialetto che denominava in quel modo il comune natio di Tornatore, appunto Bagheria. Nonostante alcune scene siano state girate in vari set della Tunisia (scelta che non ha risparmiato il regista da aspre critiche), le principali ambientazioni sono state filmate nel comune di Bagheria con la Chiesa, la piazza e la strada principale che dal sacrato scende giù… In un’ immagine da cartolina che ha fatto il giro del mondo. Come ha fatto il giro del mondo il nome di Giuseppe Tornatore… Il regista italiano che insieme al maestro Ennio Morricone ci ha fatto conoscere il lato più nostalgico e romantico della Sicilia.
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otranto in onda su rai tre nel proGramma “KilimanGiaro”
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Il Borgo dei Borghi arriva in Puglia a Otranto, il comune più orientale d’Italia
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OTRANTO. Prosegue con successo la competizione “Il Borgo dei Borghi” all’interno di Kilimangiaro, il programma di Rai3 in onda la domenica pomeriggio e diventato punto di riferimento di conoscenza, esperienza e cultura del viaggio e, più in generale, del mondo e dei suoi protagonisti. Nella puntata di domenica 11 dicembre , come annunciato, “Il Borgo dei Borghi” arriva in Puglia a Otranto, il comune più orientale d’Italia. Fondato da coloni cretesi, il borgo passa prima sotto la dominazione romana, poi bizantina e aragonese. Il giro della città inizia da Porta Alfonsina che rivela il centro storico con le stradine lastricate di pietra viva e i vicoli che conducono al mare. Da non perdere una visita alla cattedrale, massima espressione del romanico pugliese, con il suo mosaico pavimentale più grande d’Europa, e al castello, fatto costruire da Ferdinando I d’Aragona nella seconda metà del quattrocento. Nel servizio il Kilimangiaro fa anche un tuffo nel mare che circonda la città dalla Baia dei Turchi a Capo d’Otranto con il Faro di Punta Palascìa, la parte più orientale d’Italia. E va alla scoperta degli usi e costumi locali tra gioielli artigianali, realizzati con perle e legno d’ulivo, e un gruppo di canti e balli tradizionali composto dai giovani del luogo. Nel 2010 il borgo antico è stato riconosciuto dall’Unesco come patrimonio culturale mondiale perché la città è “testimone di una cultura di pace” in quanto simbolo dell’incontro di popolazioni lontane fra loro. In studio con Camila Raznovich si alterneranno esperti e viaggiatori che porteranno in dote le loro esperienze e le loro suggestioni. La regia è di Andrea Dorigo.
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“il nauFraGar mi è dolce in questo mar” .da leuca ad otranto Antonietta Fulvio
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Dal 18 dicembre 2016 al 6 gennaio 2017 a Tricase, nelle scuderie di Palazzo Gallone la personale di Luigi De Giovanni che chiude il progetto dedicato alle marine salentine
TRICASE (LECCE). Catturare la luce disegnando scorci di intramontabile bellezza. Dipingere il paesaggio a colpi di spatola come folate di vento o pennellate vigorose che hanno in sé l’energia della natura. In concomitanza con l’esposizione di fine anno alla Galleria Mentana di Firenze, ritorna a Tricase, nelle Scuderie di Palazzo Gallone, dal 18 dicembre 2016 al 6 gennaio 2017, l’artista Luigi de Giovanni presentando il corpus di opere dedicato alle marine salentine e racchiuse nel progetto artistico, E il naufragar m’è dolce in questo mare, prendendo in prestito dal grande poeta Giacomo Leopardi l’ultimo verso de L’Infinito. Una mostra itinerante partita proprio da Tricase nel 2014, con il patrocinio del Comune di Tricase in collaborazione con Il Raggio Verde edizioni e l’associazione “e20Cult”, e fortemente voluta dall’assessore Sergio Fracasso perché “con il segno e i colori Luigi De Giovanni ha ‘dipinto’ le nostre coste puntando l’attenzione sulla salvaguardia dell’ambiente e sulla valorizzazione dell’immenso patrimonio naturalistico salentino. Una mostra, dunque, che rientra perfettamente in tema di sostenibilità ed ecologia che sono al centro della nostra attività culturale.” Un omaggio al mare e alla natura nel solco di un percorso personale dell’artista che continua la sua ricerca nel segno della ri-scoperta del paesaggio. Riannodando il filo mai interrotto del suo “Dialogo con la natura”, coerente centro della sua poetica che lo ha visto esporre da Parigi a New York, da Cannes a Bruxelles oltre che nelle principali città italiane. E ha continuato a dipingere la luce e i luoghi, costruendo un itinerario pittorico che ha attraversato i comuni che gravitano nell’area del Parco
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Naturale Regionale “Costa Otranto S.M. di Leuca - Bosco di Tricase”: Alessano, Andrano, Castrignano del Capo, Castro, Corsano, Diso, Gagliano del Capo, Ortelle, Otranto, Santa Cesarea Terme, Tiggiano e Tricase. Costa dopo costa, Luigi De Giovanni ha tracciato un percorso che è materia e colo-
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Sotto: Luigi De Giovanni, Tricase Porto; al centro Tiggiano vista da Marina Serra
re, segno e memoria. Perché l’arte è uno strumento di valorizzazione e di promozione dei luoghi e di un ritorno ai luoghi per un approccio più autentico con la Natura. Al chiarore dell’alba munito di cavalletto e colori è
rimasto lì per ore per catturare una minima variazione di luce, il gioco di ombre o semplicemente i fotogrammi di una pellicola che la natura srotola davanti ai nostri occhi, quotidianamente. E via via all’infinito perché tutto può finire però nello spazio finito della tela. Paesaggi fisici e mentali. L’Arte diventa testimone di bellezza. Una bellezza che prorompe violentemente abbagliando, qui più che altrove, attraverso la luce e il colore. L’arte che diventa racconto ma anche monito e invito. A guardare la natura con occhi più attenti, distogliendoli dai monitor che sono diventati i filtri, le finestre virtuali del nostro spazio reale. Ed è indagando il reale che Luigi De Giovanni ha dipinto, in questi ultimi due anni, i mari e le coste del Salento. E un percorso ricco di fascino e di storia conclude l’omaggio dedicato alle marine salentine partendo dalla punta del Tacco, Santa Maria di Leuca, fino a risalire la bellissima costa adriatica per poi giungere ad Otranto che con il suo faro, la Punta Palascìa, è l’estremo più orientale d’Italia. In mostra, dunque, scorci di luoghi incantevoli da angolature insolite, quasi frugando tra chiome di alberi che lasciano intravedere il mare percorrendo una strada che porta a Leuca, o il Ciolo nascosto tra i rami della macchia mediterranea capace di stordire con i suoi profumi, e ancora le misteriose Grotte Cipolliane, che si aprono lungo l’omonimo sentiero che percorre la litoranea che da Otranto arriva a Santa Maria di Leuca, la bella Finis Terrae dove, probabilmente, il poeta Virgilio immaginò il primo approdo di Enea in Italia. Instancabile, si addentrato in luoghi, talvolta quasi inaccessibili, per scoprire inquadrature di una bellezza mozzafiato che ha trasferito sulle sue tele ritraendo en plein air calibrando luce e colori come nel dipinto che ritrae la muta sentinella di Torre di Miggiano vista da Marina Serra, un luogo molto caro all’artista perché proprio guardando quelle onde tutto è cominciato. E in questo itinerario conclusivo non potevano mancare l’omaggio a Tricase Porto, alle coste spumeggianti di Castro e di Otranto e alla marina di Andrano vista da un vecchio tratturo che porta al mare dove perdere lo sguardo. E ritrovarsi. Vernissage a Palazzo Gallone il 18 dicembre, ore 18. Orario di apertura: 18-21 con ingresso libero.
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Nel lle foto Camille Claudel, al centro l’Agemur (1905)
camille claudel, l’arte l’amore e il tormento Claudia Forcignanò
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Sorella del poeta Paul Claudel, amò alla follia lo scultore Auguste Rodin
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nel nome di Eva
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a vita di ogni artista meriterebbe di essere raccontata, pubblicata, compresa, ma alcune storie meritano di essere raccontate all'infinito, non importa in che modo, l'importante è che se ne mantenga vivo il ricordo, perché portano dietro di sé un bagaglio di dolore e violenza non sempre di natura fisica. Uccidono le botte, i tradimenti, le ingiurie, ma uccide anche l'indifferenza, e paradossalmente, uccide l'amore, non sempre volontariamente, non sempre fisicamente. Ne è un esempio la storia di Camille Claudel, scultrice francese, bella, anzi bellissima, talentuosa, selvaggia e indipendente, che sicuramente non avrebbe immaginato il futuro di miseria, follia e disperazione che la vita aveva in serbo per lei quando la sua strada incrociò quella di un grande genio: Auguste Rodin. Camille Claudel, sorella del celebre poeta Paul Claudel, nacque a Fèreen-Tardenois l’8 dicembre del 1864, e già dalla più tenera età,
manifestò la sua volontà di dedicarsi alla scultura, tanto da convincere il padre a permetterle di studiare a Parigi frequentando l’Académie Colarossi, dove diventò allieva dello scultore Boucher. Aveva solo diciotto anni quando espose per la prima volta al Salon e conobbe Rodin, giunto in accademia per sostituire il collega Boucher partito alla volta dell'Italia. Tutto accadde come nella più dolce delle favole: lui, oltre vent'anni più grande di lei, osannato ed esalto per il suo talento e per la sua capacità di reinterpretare il "non finito" di Michelangelo realizzando opere di rara potenza espressiva, volle Camille come sua modella e poi allieva, mentre tra scalpelli e sguardi carichi di passione, le loro storie si andavano intrecciando in un legame sempre più stretto, tanto da influenzarsi a vicenda anche dal punto di vista artistico, lui le insegnava a modellare la materia grezza, lei assorbiva ogni sua parola, si ritrassero a vicenda, lei completò alcune sue opere, lui le svelava i segreti dei colori e ammetteva con tenerezza:«Le ho mostrato l’oro, ma l’oro che trova è tutto suo.» Era tutto perfetto, meraviglioso e luminoso, come solo l'amore cieco
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e incondizionato sa essere, ma se Camille sentiva di appartenere completamente al suo Rodin, Rodin non poteva appartenere a Camille perché al suo fianco aveva un'altra donna, Rose Beuret, che gli aveva dato un figlio. Rose era a conoscenza delle scappatelle di Rodin e gli perdonava tutto, lui non aveva il coraggio di lasciarla, forse per vigliaccheria, probabilmente per abitudine e comodità, ma Camille era il suo uragano personale, era la passione, era l'arte e lui la ritraeva in decine di disegni, lei realizzava sculture, ed erano nudi, vogliosi, ansiosi di possedersi, come in un kamasutra artistico di inestimabile valore. Nel frattempo gli anni passavano, nel 1891, Camille realizzò una meravigliosa scultura in
bronzo che ritraeva una coppia intenta a ballare un valzer, La Valse, ed ebbe una breve relazione con il compositore Claude Debussy, incontrato a casa del poeta Mallarmé. Rodin non la prese bene, ma nonostante ciò decise di restare con Rose e nel 1898, Camille fu costretta a prendere atto del fatto che non avrebbe mai potuto vivere la sua storia alla luce del sole, quindi decise di voltare le spalle ad una relazione senza via d'uscita e si concentrò sulla sua affermazione Nel frattempo realizzò opere come Clotho e La Petite Châtelaine, che declinò in varie versioni, ma il 1907 fu l'anno del suo capolavoro: l'Age mûr, che ritrae una giovane donna, riversa in terra che tende la braccia verso un uomo che le volta le spalle lasciandosi portare via da un'altra donna. Talento allo stato puro amplificato dalla sofferenza per la fine del suo grande amore, una attenta analisi per il mondo contemporaneo e per le evoluzioni dei propri stati d'animo che portarono Camille ad avvicinarsi all'arte giapponese e all'Art Nouveau utilizzando materiali nuovi e preziosi come l'onice. Eppure quando ormai sembrava essere destinata ad una vita di successo e soddisfazioni, i primi segni di un disordine mentale manifestatosi già nel 1906, quando nel suo studio distrusse la maggior parte delle sue opere, si ripresentarono amplificati e Camille iniziò a soffrire di manie di persecuzione, finché nel 1913, dopo la morte del padre, la madre ed il fratello,
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la fecero rinchiudere in un manicomio, dove dove morì il 19 ottobre 1943. Ed è a questo punto che la storia di Camille, merita di essere urlata, non più semplicemente narrata, perché è a questo punto, nel 1913 che una grande artista, diviene vittima di quella subdola violenza che potremmo definire "indifferenza". Rinchiusa in manicomio, infatti, Camille diventò invisibile al mondo, ma soprattutto alla sua amata madre a alla sorella, che preferirono ignorare la sua esistenza piuttosto che concederle la gioia effimera di un gesto d'amore, fosse anche solo una visita. Eppure Camille le aveva chiamate e cercate sperando che accettassero di accoglierla in casa, proponendo lei stessa soluzioni per non far pesare la sua presenza e promettendo di non dare alcun fastidio, ma mai un gesto di umana pietà la fu concesso. Trascorse trent'anni di totale solitudine, non prese più in mano una matita, non scolpì più nulla, si lasciò andare così, nel silenzio assordante di un manicomio. Camilla Claudel è stata uccisa da un uomo che non l'ha amata abbastanza? Da una madre e una sorella che l'hanno ripudiata? Quanta violenza si cela dietro la storia di Camille? Eppure, oggi di lei e per lei parlano le sue opere, raccontano la sua storia, il suo dolore, il suo talento, la sua personalità, lo racconteranno per sempre, consegnando il suo nome all'immortalità, restituendole la dignità di donna che il suo tempo ha calpestato.
nel nome di Eva
In basso la statua commemorativa delle sorelle Mirabal, a lato Patria Mirabal
a specchia “… nel BorGo antico sotto l’alBero” Maurizio Antonazzo
SPECCHIA (LECCE) L’atmosfera natalizia a Specchia, come probabilmente in gran parte dell’Italia, comincia a diffondersi ai primi di dicembre, l’appuntamento si vive all’insegna delle tradizioni tramandate di generazione in generazione, grazie al clima mite e temperato che anche d’inverno il territorio può offrire. Una terra salentina conosciuta anche per la variegata ricchezza delle tradizioni popolari, che affascinano e sorprendono le genti, intrecciando sacro e profano, emerge la grande spiritualità e devozione che dal periodo bizantino ai giorni nostri hanno arricchito la gente salentina. Nell’ambito dell’iniziativa dell’Assessorato Regionale dell’Industria turistica e culturale: “Semplicemente Puglia - 50 Borghi per il Natale 2016 #Inpuglia365” - Natale in Puglia a Specchia si svolgerà la Rassegna “nel borgo sotto l’albero”, il Comune di Specchia insieme alle asso-
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ciazioni del territorio, hanno programmato una serie di iniziative, che insieme al Presepe Vivente, trattato in altre pagine di questa rivista, hanno l’obiettivo di attivare un processo di destagionalizzazione del turismo per ampliare il numero delle presenze anche nei periodi di bassa stagione, valorizzando le tradizioni e i momenti di spiritualità natalizia locali, accrescendo l’attenzione sull’unicità del borgo antico, attrattore turistico principale della cittadina. A testimoniare la forte spiritualità degli specchiesi è significativo che dall’8 Dicembre e sino al 2 febbraio sarà possibile visitare il Presepe artistico in pietra realizzato da Nicola Cacciatore, nella Chiesa della Confraternita di S. Antonio da Padova, in Via Plebiscito. Ricchissimo di dettagli reali: ortaggi e frutta fresca, vino, pesci rossi che nuotano nel laghetto e manufatti artigianali della tradizione salentina a dimensioni da presepe e con le piccole
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Trascorrere il Natale nel Salento. Tutti gli eventi in programma nel borgo medievale
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pajare realizzate da Antonio Bello e dal figlio Luigi. Quest’anno si svilupperà su una superficie di 60 metri quadri, installato nei pressi dell’altare del Santo Nome di Gesù, meglio conosciuto come altare di San Luigi, e a quello di San Rocco. Per far rivivere ai più piccoli le tradizioni natalizie, il venerdì 16 e sabato 17 dicembre prossimi, l’Associazione Culturale “LibrArti”, sodalizio nato per promuovere la lettura e ogni forma di espressione artistica:musica, arte, pittura, presso l’Ex Convento dei Francescani Neri, organizza: “Emozioni sotto l’albero”, un’iniziativa culturale da vivere insieme, ricca di spiritualità, tradizioni e suggestioni in tre momenti: “Illustro il mio Natale”, un laboratorio di illustrazione progettato e ideato per i bambini dagli 8 anni in su, due pomeriggi guidati da un’artista e illustratrice, durante i quali conosceranno come nascono le immagini di un libro e realizzeranno la copertina di una storia di Natale. Saranno due i pomeriggi dedicati alla creatività, alla fantasia, alla scoperta e all’uso di diverse tecni-
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che di illustrazione. “Librarti”, promuoverà lo scambio di libri, offrendo proposte di lettura e di libri per bambini e per adulti e, infine, Sabato 17 Dicembre alle ore 18.30, presso la Chiesa del Convento dei Francescani Neri,incontro con Valentina D’Urbano, scrittrice di fama nazionale unica e imperdibile, una delle voci più belle della letteratura italiana contemporanea. Graffiante, emozionante, intensa, schietta e sincera. I suoi personaggi sono indimenticabili. Una serata in cui il pubblico scoprirà le emozioni delle pagine del nuovo libro: “Non aspettare la notte”. Valentina D’Urbano, nel 2010 vince la prima edizione del torneo letterario IoScrittore. Il suo primo romanzo “Il rumore dei tuoi passi”, divenuto bestseller, viene pubblicato da Longanesi nel maggio 2012, e viene tradotto in Francia e in Germania. Nel settembre 2013 sempre per Longanesi pubblica “Acquanera”. L'uscita del suo terzo romanzo, “Quella vita che ci manca”, ancora una volta per Longanesi, è avvenuta nell'ottobre 2014. Nel 2015 con
foto di Maurizio Antonazzo
Longanesi viene pubblicato “Alfredo”.Parallela- Saifeddine Maaroufi, Imam di Lecce. Gli incontri mente alla sua attività di scrittrice Valentina D'Ur- si concluderanno il 19 Dicembre con il dialogo bano collabora come illustratrice per l'infanzia con “Non una di meno”, con la Dott.ssa Moira Fusco diverse case editrici italiane e straniere. Nel solco della spiritualità, la Parrocchia “Presentazione della Beata Vergine Maria” - Azione Cattolica – Settore Giovani, all'interno del calendario degli eventi del Natale proporrà: "In nome della madre", come il titolo del libro dello scrittore Erri De Luca, da cui scaturirà il presepe che sarà realizzato e visitabile in Chiesa Madre, dedicato alla sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Da sabato 10 dicembre, nello stesso luogo sacro sempre alle ore 19.00, si svolgeranno una serie di incontri con la presenza di altrettanti illustri relatori che tratteranno il ruolo della donna nell'arte, nella Bibbia, nelle religioni monoteiste e nei social network. Il primo avrà il titolo: “Maria, grembo della Divina Misericordia”,un dialogo col maestro Giuseppe Afrune, artista della pittura di fama nazionale, il 14 Dicembre l’incontro “La donna nell’epoca dei social network”, un dialogo con Don Oronzo Cosi, Assistente Unitario Azione Cattolica Diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca, la sera successiva il 15 Dicembre 2016, dialogo, moderato da Enea Scarlino, Presidente Azione Cattolica - Diocesi di Ugento - Santa Maria di Leuca, dal titolo: “Donne tra Islam e Cristianesimo”,tra don Davide Russo, Pastorale Giovanile della Diocesi di Ugento – Santa Maria di Leuca e
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del Centro Antiviolenza Specchia. Venerdì 23 chia, con l'organizzazione di un'antivigilia di dicembre, dalle ore 21.00 in Piazza Sant'Oronzo, Natale all'insegna della tradizione musicale salenappuntamento con il Forum dei Giovani di Spec- tina amalgamata all'atmosfera natalizia con “Pizzicando nel Borgo". Principale protagonista sarà, Antonio Castrignanò, musicista salentino, voce e tamburo de "La Notte della Taranta", divenuto negli anni uno dei personaggi simbolo della riscoperta tradizione musicale del Salento. La sua energica e trascinante voce e il ritmo coinvolgente dei colpi di tamburello, scalderanno l'intero Borgo Antico di Specchia. Secondo una consuetudine che ha radici assai antiche, intrise di spiritualità, ogni 24 Dicembre, la Pro Loco locale, nella cornice di Piazza del Popolo, organizza la “Focaredda”, un caratteristico falò di fascine e parti di tronco di legna, costruito con il contributo di tutti gli specchiesi, che nei giorni precedenti depositano la legna “edificando” una pira dall’altezza di circa 5 metri, che per una tradizione popolare, serve a riscaldare il Bambino Gesù appena nato. In attesa della Messa della notte, sempre in Piazza del Popolo, nei pressi di un alto e luminoso albero di Natale,si svolgerà l'appuntamento gastronomico più ghiotto del periodo natalizio, la Pro Loco organizzerà la 44° edizione della “Sagra della Pittula”, con la colonna sonora delle note musicali della pizzica salentina. Sempre a cura della Pro Loco, grazie alle visite guidate, sarà possibile ammirare anche la bellezza del borgo antico di Specchia.
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roBerto vecchioni in concerto a lecce per proGetto itaca
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La vita che si ama il live in programma al Teatro Politeama lunedì 12 dicembre
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LECCE. Un grande della musica italiana in concerto nel capoluogo salentino a sostegno delle attività di Progetto Itaca Lecce, associazione di volontariato che ha come obiettivo l’attivazione di progetti di informazione/sensibilizzazione, riabilitazione e inserimento lavorativo, rivolti a giovani adulti con una storia di disagio psichico, grazie alla creazione di Club Itaca, struttura di accoglienza diurna, non sanitaria, che garantisce sostegno alle famiglie e realizza interventi di prevenzione pensati soprattutto per i giovani. Appuntamento lunedì 12 dicembre alle 20.30 presso il Teatro Politeama Greco di Lecce con il concerto di Roberto Vecchioni dal titolo “La vita che si ama”, tour 2016 dell’artista lombardo ispirato come è noto al suo ultimo libro, che esplora l’universo degli affetti del cantante pur non trascurando i suoi classici, come “Luci a San Siro”: il filo conduttore dello spettacolo è infatti costituito da frammenti di memoria personale dell’artista, da “Stelle” e “Figlio figlio figlio” a “Sogna ragazzo sogna”, e lascia volutamente da parte il repertorio storico di Vecchioni per creare un’atmosfera intimista e familiare, dal ricordo della mamma in
“Dimentica una cosa al giorno” a “Un lungo addio”, dedicato alla figlia. Il ricavato della serata, che si avvale del patrocinio del Comune di Lecce, servirà a finanziare le attività della recentemente costituita sezione leccese di Progetto Itaca, che come già detto ha come obiettivo principale il sostegno a giovani adulti con disagi psichici, contribuendo a sviluppare in loro autoconsapevolezza e abilità professionali specifiche indispensabili per reinserirli proficuamente nel loro ambiente familiare e sociale e riprendere così una qualità della vita soddisfacente. Per prendere parte alla serata del 12 dicembre il contributo proposto va da 20 a 40 euro. I biglietti di ingresso (pochi quelli ancora disponibili) si possono acquistare presso la biglietteria del Teatro Politeama Greco, Lecce (per informazioni e prenotazioni www.politeamagreco.it, 0832.241468). Associazione di volontari nata a Milano nel 1999 con l’intento di attivare progetti di informazione/sensibilizzazione, riabilitazione e prevenzione dei disturbi mentali, soprattutto nei più giovani, Progetto Itaca è presto divenuta l’organizzazione italiana più attiva e dinamica nel campo della salute mentale, con una linea di ascolto e numero verde a estensione nazionale (800.274.274), servizi totalmente gratuiti per la salute mentale, centinaia di volontari formati e numerose sedi nelle principali città italiane. Progetto Itaca fa infatti parte di un importante movimento mondiale che offre una visione innovativa del disagio psichico, collaborando con importanti associazioni internazionali quali Clubhouse International e NAMI, “National Alliance on Mental Illness”.
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il peccato di eva apre il live di Federico poGGipolini a Galatone
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Imperdibili ritmi rock per Galatone in Corte
GALATONE (LECCE). Il concerto esclusivo di Federico Poggipollini sarà impreziosito dalle esibizioni canore de Il Peccato di Eva. Il live del chitarrista della band di Luciano Ligabue, inserito tra gli appuntamenti di “Galatone in Corte”, è in programma sabato 10 dicembre a partire dalle 20,30 in piazza SS. Crocifisso a Galatone. Nell’ambito del #nerotour 2016 del musicista di fama internazionale, il duo vocale in rosa composto da Raffaella Roccasecca e Daniela Cataldi salirà sul palco per dare sfogo all’ampio repertorio che negli ultimi anni ha spopolato in rete e in tante piazze d’Italia. Dalle influenze rock a quelle dance passando per il pop, le grintose cantanti faranno da cornice al concerto di Poggipollini insieme ai Camden e ai The Valentine, band salentine che si esibiranno al mega concerto. “Galatone in Corte”, nasce nell’ambito del progetto “Città del Galateo” e prevedono una serie di iniziative inerenti la promozione culturale e turistica, la conoscenza del territorio e delle sue tradizioni. In questo ambito dalla collaborazione tra il Comune di Galatone e Il Paese dei Balocchi, nasce l’evento “… di Musica, di Cose Buone e di Altre Storie…” un’iniziativa sostenuta dall'Assessore alla Cultura Sondra Dall’Oco e dal Sindaco Livio Nisi. Ingresso libero In caso di condizioni metereologiche avverse, il concerto si terrà nel teatro Comunale di Galatone.
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foto di Mario Cazzato
palaZZo della ratta poi Bodini e il conservatorio san leonardo
Salento Segreto
a cura di Mario Cazzato
Mario Cazzato
LECCE. Rispolverando antiche carte proviamo a ricostruire la storia della città di Lecce, le architetture dei suoi palazzi e i personaggi che li hanno abitati. Al civico 17 di via Leonardo Prato sorge un vasto palazzo delimitato ai lati da via Coniger e vico degli Alami. Apparentemente è un solido blocco unitario ottocentesco ma il lungo cornicione è chiaramente cinquecentesco come le quattro belle finestre sul lato di via Coniger. Quasi scomparso il giardino mentre rimane l'arioso scalone cinquecentesco. Ottocentesco invece è il cortile in asse con l’androne del palazzo che appartenne un tempo all'aristocratica famiglia della Ratta che nel XVI secolo si trasferì a Lecce da Leverano dove sorge ancora un loro interessantissimo palazzo. A Lecce lo abitarono fino al XVIII secolo e vi colllocarono una vasta quadreria e una copiosa libreria. Qui abitò dalla fine dell'ottocento Nicola Bodini più volte sindaco di Lecce e autore di notevoli pubblicazioni in difesa dei demani di Lecce. Quindi passò ai LosavioFusaro. Posteriormente confina con il seicentesco conservatorio "di povere verginelle" finito , invece, in mano a donne anziane, famose per i loro ricami. Nell’attigua cappella di San Leonardo, abbattuta dopo il 1888 per collegare via del Conservatorio con via Palmieri, operava l’omonima confraternita che ogni anno visitava la cappella di Sant’Andrea fuori le mura insieme ai confratelli che come scrive l’Infantino si battevano a sangue con molta devozione del popolo, quasi una gara a chi si fustigasse di più. La chiesa di San Leonardo invece fu costruita da Matteo Martena “per un voto fatto al santo per essere stato liberato dai turchi”. In vico degli Alami, infine, osserva l’amico Giacomo Mazzeo, nacque il grande studioso del diritto Francesco Calasso e non tutti sanno che costui è padre di Roberto Calasso, fondatore delle edizioni Adelphi.
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Salento Segreto
a cura di Mario Cazzato
SET32 | fotografia mostre libri musica live painting convegni
in collaborazione con Il Raggio Verde edizioni
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