alPHonse mucHa
BarBie icona di stile
Dipinti, illustrazioni, bozzetti, statue, vasi, brocche e gioielli del genio dell’Art nouveaux
Dedicata alla bambola più famosa del mondo la mostra al Complesso del Vittoriano
anno 1163 numero 2 giugno 201 6
Anno XI - n 6 Giugno 2016 -
BAnksy
artalit
san Pietro degli scHiavoni
Dal teatro architettura alle installazioni video, alla musica sperimentale. Un progetto innovativo che ha visto protagonista il centro di Alì Terme
Una passeggiata nel cuore di Brindisi sulle tracce di antiche costruzioni di romana memoria. Quando l’archelogia e il fascino della storia si incontrano
primo piano
le novitĂ della casa
IL RAGGIO VERDE EDIZIONI
www.ilraggioverdesrl.it
EDITORIALE
In copertina e sopra: Banksy, Love is in the air (flower trower) 2003 cm. 90 x 90, photo © Dario Lasagni
Proprietà editoriale Il Raggio Verde S.r.l. Direttore responsabile Antonietta Fulvio progetto grafico Pierpaolo Gaballo impaginazione effegraphic
Redazione Antonietta Fulvio, Sara Di Caprio, Mario Cazzato, Nico Maggi, Giusy Petracca, Michele Bombacigno
Hanno collaborato a questo numero: Maurizio Antonazzo, Marcella Barone, Michele Bombacigno, Paola Butera, Mario Cazzato, Carmelo Cipriani, Ada Donno, Sara De Maio, Fabiana Lubelli, Nico Maggi, Ivano Mugnaini Redazione: via del Luppolo,6 - 73100 Lecce e-mail: info@arteeluoghi.it www.arteeluoghi.it
Iscritto al n 905 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 29-09-2005. La redazione non risponde del contenuto degli articoli e delle inserzioni e declina ogni responsabilità per le opinioni dei singoli articolisti e per le inserzioni trasmesse da terzi, essendo responsabili essi stessi del contenuto dei propri articoli e inserzioni. Si riserva inoltre di rifiutare insindacabilmente qualsiasi testo, qualsiasi foto e qualsiasi inserzioni. L’invio di qualsiasi tipo di materiale ne implica l’autorizzazione alla pubblicazione. Foto e scritti anche se pubblicati non si restituiscono. La collaborazione sotto qualsiasi forma è gratuita. I dati personali inviateci saranno utilizzati per esclusivo uso archivio e resteranno riservati come previsto dalla Legge 675/96. I diritti di proprietà artistica e letteraria sono riservati. Non è consentita la riproduzione, anche se parziale, di testi, documenti e fotografie senza autorizzazione.
In questo numero abbiamo voluto dedicare la copertina a Banksy il massimo esponente della Street Art internazionale. Un artista misterioso che non fa mistero però del suo pensiero: denunciare, con la forza del linguaggio artistico che lo ha fatto conoscere a livello planetario, le ingiustizie di questa società e i suoi drammi, in particolar modo quello dell’immigrazione ma anche gli effetti del consumismo e delle logiche economiche che sembrano reggere i fili dell’equilibrio politico tra gli Stati. Fin quando si guarderanno i migranti come un problema da gestire e non come coabitanti dello stesso pianeta con cui dialogare in modo costruttivo si continuerà a vedere la vergogna dei campi profughi. E non solo. Chi scappa dalla guerra non è mai un nemico. Banksy ce lo ricorda con i suoi murales e a lui è dedicata fino a settembre una bella mostra no profit a Palazzo Cipolla, organizzata dalla Fondazione Pilastro Mediterraneo. Alla straordinaria Sicilia è dedicato un ampio spazio, partendo dal maestro Camilleri che ha tagliato il traguardo del centesimo libro, alla riscoperta di personaggi altrettanto straordinari come Goliarda Sapienza grazie allo scrittore Ivano Mugnaini. O come Rosa Balistreri con lo spettacolo Rosadilicata, infine, un focus sul progetto ArtaLit svoltosi ad Alì Terme e raccontato da Paola Butera. E poi tante mostre: da Barbie icona di stile e Mucha, in corso al Complesso del Vittoriano, visitate e recensite per noi da Claudia Forcignanò, alle manifestazioni che sempre più arricchiscono il nostro Salento che vede, tra l’altro, la nascita nelle terre leucane del primo Parco ecclesiale e a Castiglione il primo vivaio comune della biodiversità. Per non parlare del Salento segreto raccontato da Mario Cazzato e tanto altro ancora. Da annotare, infine, il 21 giugno la Festa della musica con i tanti eventi che porteranno una ventata di gioia e di speranza nelle nostre città. Buona lettura e felice solstizio d’estate!
SOMMARIO Luoghi|Eventi| Itinerari: Il muro che unisce 16 Disegnare con i fiori 19 Salento Segreto 32 L’odore dei secoli 28 Borgoinfesta 2016 34 Artalit i nuovi linguaggi contemporanei 36 Teatro: Rosadilicata 54 Parcoscenico 62 Malevite storie di contrabbando con il Teatro delle Pietre 63 Arte: Guerra, Capitalismo e Libertà nel segno di Banksy 5 Marginalismo 8| Gramsci dietro le sbarre 9 Alphonse Mucha 10 Aldo Manuzio 13 ItinerArte 31 Il mondo visto da Nespolo 17 NutriMenti 25 Barbie 58 Libri: Luoghi del sapere 20-24 |Nel libro di Improta gli incunaboli e i manoscritti miniati ritrovati 27|L’altro capo del filo. Andrea Camilleri 55 Il protagonismo delle donne in terra d’Islam 62 I luoghi della parola: Il primo parco ecclesiale d’Italia 41Goliarda Sapienza e la scomoda arte dell’anticonformismo 47 A Carpi la Festa del racconto 52 Il primo vivaio della biodiversità a Castiglione 56 Musica: La Festa della Musica 44
Cinema: Festival Trastevere Due mesi di cinema sotto le stelle 43 I luoghi nella rete|Interviste: Intervista a Giancarlo Cauteruccio 40 Libriamoci 53 Eventbrite 53 Numero 2 - anno XI - giugno 2016
In questa pagina: Banksy, Girl with balloon cm. 30 x 40; a lato un’immagine dell’allestimento della mostra “Guerra, Capitalismo e libertà photo © Dario Lasagni
guerra, caPitalismo e liBertà nel segno di Banksy di Antonietta Fulvio
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a roma, nelle sale di Palazzo cipolla, la mostra dedicata al massimo esponente della street art
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ROMA. Un ribelle armato di spray per raccontare il grigiore di esistenze in bilico, l’oppressione di un capitalismo imperante che nega l’umanità in nome del mero guadagno, colore puro per graffiti e stencil contro il sistema politico e sociale, contro le guerre che infestano il pianeta per dare un volto agli invisibili della Storia. Un solo nome: Banksy. Quasi con passo felino l’artista britannico lascia le tracce del suo passaggio cogliendo sempre tutti di sorpresa così come sorprendenti sono i suoi murales che, oltre ad essere belli, sono sempre un invito a riflettere, ad affrontare temi che spesso, troppo spesso, ci lasciamo scivolare addosso come gocce di pioggia sui vetri. Basta pensare ai murales lasciati sui muri della baraccopoli di Calais, dallo Steve Jobs in fuga con sacco in spalla e un vecchio apple per rimarcare il concetto che gli immigrati sono una risorsa (il fondatore di Apple era infatti figlio di un immigrato siriano) alla rivisitazione del famoso dipinto La zattera della Medusa di Théodore
Géricault con una nave in lontananza che sintetizza il dramma dell’immigrazione, fino all’immagine dipinta, lo scorso gennaio su un muro dell’ambasciata francese, di una ragazza, ispirata a Les Misérables di Hugo, con gli occhi lacrimanti a causa dei gas lacrimogeni e con tanto di codice QR che rimandava al video di un’operazione della polizia francese per sfrattare i rifugiati dal campo profughi di Calais. Ma chi è Banksy? non ci è dato di saperlo. Di lui si sa che è nato a Bristol, probabilmente nel 1974, dove comincia ad operare e dove nel 2000 ha tenuto la prima mostra al Severn Shed. Nel 2002 ha esposto alla 33 1/3 Gallery di Los Angeles e l’anno seguente ha ricevuto l’incarico di disegnare due copertine per l’album Think Tank dei Blur. Il lavoro di Banksy si espande a livello internazionale: lungo la striscia di Gaza, sul versante palestinese, ha dipinto nove immagini. Nell’estate 2009 si “è impossessato” del Bristol Museum & Art Gallery con una mostra che ha attratto oltre 300.000 visitatori. L’artista ha inoltre realizzato un film documentario “Exit Through The Gift Shop”, ottenendo una nomination agli Oscar. Nel 2013 ha realizzato un progetto situazionista a New York “Better Out Than In”: in una delle varie attività sparse per la città ha venduto le sue tele su una bancarella per 60 dollari ai turisti, un modo per affermare con forza la sua personale
scelta di indipendenza. Il 2015 ha visto l'apertura di Dismaland: un grande parco a tema da lui rinominato ‘Bemusement Park’, il contrario del parco divertimenti, dove visitatori di ogni età e provenienza sono stati accolti da uno staff depresso e poco collaborativo. All’interno del parco una mostra, curate dallo stesso Banksy, ha riunito artisti di grande rilievo, tra cui Damien Hirst e Axel Void. Nello scorso dicembre Banksy ha poi deciso di trasferire le strutture di Dismaland a Calais per ospitare i rifugiati. E a Bristol è ritornato, non più tardi di qualche giorno fa, con il murales lasciato alla Bridge Farm primary school, un omaggio agli studenti che hanno intitolato a lui un’aula della struttura sul cui muro, manco a dirlo, l’artista ha lasciato la
bella immagine di un bambino che gioca con uno pneumatico in fiamme. A quegli alunni, per conto di un suo portavoce, Banksy ha indirizzato una lettera con un messaggio che la dice lunga sul suo credo artistico: “Ricordatevi che è più facile ottenere il perdono che il permesso”. E a proposito di permessi se ha fatto discutere l’iniziativa bolognese di “strappare” i murales per farli entrare nel Museo della Storia, con la mostra “Banksy & Co L’arte allo stato urbano in corso fino al 26 giugno a Palazzo Pepoli, è invece una mostra da affluenza record quella allestita a Roma e inaugurata lo scorso 24 maggio a Palazzo Cipolla. Guerra, Capitalismo & Libertà è il titolo dell’evento espositivo ideato, promosso e realizzato
Banksy, Think Tank 2003 cm. 155 x 134 photo © Dario Lasagni
In questa pagina: Banksy and Peter Kennad, Watchtower 2007 cm. 26 x 15 e Banksy, Pulp fiction cm. 63 x 40_0040 photo © Dario Lasagni
dalla Fondazione Terzo Pilastro - Italia e Mediterraneo. Curata da Stefano Antonelli, Francesca Mezzano e Acoris Andipa la mostra intende evidenziare la visione artistica di Banksy riguardante gli avvenimenti sociali e politici internazionali, dalla serigrafia di alcune scimmie che dichiarano ‘Laugh Now But One Day I’ll Be in Charge’ (Ridete adesso ma un giorno saremo noi a comandare), passando per l’agghiacciante immagine di ‘Kids on Guns’. “Attivo dalla fine degli anni ’90, l’artista noto come Banksy ha utilizzato il luogo pubblico come spazio dove esprimere ed esporre il proprio lavoro liberando il potenziale della libertà espressiva dei graffiti e scrivendo di fatto il codice sorgente del primo movimento artistico globale e open source che conosceremo più tardi come street art. - spiega uno dei curatori Stefano Antonelli fondatore, tra l’altro con Francesca Mezzano di 999Contemporary, una istituzione privata senza scopo di lucro dedicata allo studio, pratica e sviluppo dell’arte contemporanea urbana. E in quanto ad arte urbana, Banksy ha influenzato la scena artistica a livello mondiale ed è oggi considerato il massimo esponente del movimento artistico conosciuto come Street Art. “Agli inizi del nuovo millennio, infatti, l’avvento di internet e il conseguente fenomeno della condivisione delle immagini su scala globale lo ha consacrato come idolo delle nuove generazioni donandogli fama planetaria.” - evidenzia lo stesso Antonelli facendo notare come “Nella storia dell’arte occidentale, nessuno come questo artista è riuscito a portare all’attenzione di un pubblico così vasto ed eterogeneo temi di questa portata, ridefinendo i perimetri e le necessità di sincronismo dei progressi della sensibilità collettiva.” La mostra comprende un esteso corpus di opere di Banksy provenienti da collezioni private internazionali. Per realizzarla non è stato coinvolto l’artista e nessuna opera è stata sottratta alla strada, ci tengono
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a sottolinearlo gli organizzatori che chiariscono anche la natura no-profit della mostra, caratterizzata da una forte componente didattica destinata alle scuole. Fino al 4 settembre 2016, dunque, sarà possibile ammirare dipinti originali, stampe, sculture e oggetti rari, molti di questi mai esposti in precedenza, circa 150 opere (incluse 50 copertine di dischi) spiega il presidente della Fondazione Pilastro In ambito artistico, da tempo la Fondazione Terzo Pilastro che ha rivolto la propria attenzione al fenomeno della Street Art, come testimoniano la felice esperienza di “Big City Life” a Roma, il progetto di arte pubblica partecipata per la riqualificazione urbana che ha reso possibile il recupero del quartiere popolare di Tor Marancia, la rassegna internazionale “Icastica 2015” ad Arezzo e, infine, la mostra “Codici Sorgenti”, dedicata ai più importanti street-artists mondiali, a Catania, città alla quale ha voluto anche donare la monumentale opera di Vhils che decora i grandi silos sul waterfront del porto. fino al 4 settembre - Palazzo Cipolla, Via del Corso, 320 - Roma Orario: Lunedì – Domenica: 10-21 Biglietto: 12 €, ridotto 8€
marginalismo a PalaZZo nervegna BRINDISI. Prosegue fino al 3 luglio nel cinquecentesco Palazzo Granafei Nervegna la collettiva d’arte intitolata “Marginalismo”. Un titolo che è anche il manifesto d’arte che vede insieme Lorenzo Polimeno, Maria Luce Musca e Annalisa Fulvi.I tre artisti si presentano al pubblico con un nuovo allestimento dopo l’appendice espositiva del 2014 svoltasi nell’Urban Center, all’interno della biennale di Martano Syncronicart-2, e l’esordio ufficiale del movi-
mento pittorico avvenuto nel mese di ottobre del 2015, al Castello Aragonese di Otranto. “Il rapporto tra centro e periferia ha interessanto da sempre gli operatori culturali nel settore della sociologia e dell’antropologia culturale - spiegano i curatori. Anche le arti figurative hanno fornito il proprio interessante contributo a dibattito, soprattutto allorquando l’arte contemporanea è stata chiamata a stabilire contatti sempre più diretti con la realtà e con l’ambiente. L’istanza che il gruppo propone è quella di un neo-policentrismo, non un concetto ideale bensì una realtà che si compone di centri paritetici e non subordinati, in cui le periferie rivendicano il proprio ruolo nella determinazione di linee di ricerca originali e autonome.
la memoria diviene PresenZa. Un VIAGGIO TRA sTORIA E ARTE COPERTINO (Lecce). La Memoria diviene Presenza è il titolo della mostra di cartapesta allestita nella Chiesa delle Clarisse, in via Margherita di Savoia. In esposizione le sculture in cartapesta che riproducono le uniformi militari storiche, dal 700 al 900, realizzate dal maestro Gianni Mazzoccoli, figlio d’arte, e sottufficiale dell’Esercito (Arma di Cavalleria) a riposo. Una mostra che parte da una minuziosa ricerca etnografica all’Ufficio Storico dello Stato Maggiore, che ha visto l’artista consultare documenti di svariate biblioteche comunali e militari. La passione e l’abilità tecnica hanno fatto il resto. Lo scultore è riuscito, come solo i maestri cartapestai sanno fare, a realizzare particolari incredibili come pieghe di abiti, trasparenze ed aderenze di vestiti e persino corazze, scudi ed armi. La mostra è divisa in tre sezioni: abiti storici regionali maschili e femminili, uniformi, copricapi militari a grandezza naturale. La mostra potrà essere visitata fino al 12 giugno, dal lunedì al venerdì con orario: 10,00-12,00/18,00-20.00 Sabato e Domenica 18,00 - 21,00. Ingresso gratuito
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gramsci visto da dietro le sBarre se l’arte esce dal carcere
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a lecce le opere che ritraggono il pensatore realizzate dai detenuti di tutt’italia
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Dr.ssa Maria Rita Russo. Tra le opere in mostra, che hanno vinto il concorso, anche quella realizzata da Vincenzo La Neve, detenuto nell’istituto leccese. Venerdì 24 giugno, sempre alle ore 18:30, la mostra sarà chiusa dal convegno “Il ruolo della sinistra nel pensiero gramsciano, alternativa ideologica o responsabilità di governo”, al quale parteciperanno, insieme al senatore Stefàno, Luigi Zanda, capogruppo del Partito Democratico in Senato, Gennaro Migliore, sottosegretario alla Giustizia e Massimo Zedda, sindaco di Cagliari.
LECCE. Dare la possibilità a chi vive oggi la reclusione di immaginare e trasferire su tela l'anima e la vita quotidiana del regime carcerario che ha conosciuto anche un grande pensatore e filosofo italiano: Antonio Gramsci. Nasce così l’idea di un concorso rivolto ai detenuti delle carceri italiane, le cui opere attraverseranno ora l'Italia con una mostra itinerante che, dopo la prima tappa ad Ales, città natale di Gramsci, uscirà dai confini sardi per approdare nel Salento. Dal 9 al 24 giugno 2016, infatti, le Officine Cantelmo di Lecce ospiteranno la mostra “Gramsci visto da dietro le sbarre” con le opere realizzate da oltre cento detenuti di ventotto penitenziari d’Italia che hanno partecipato al concorso, giunto quest’anno alla sua seconda edizione ed organizzato da Casa Natale Antonio Gramsci, associazione che ha sede nella casa del filosofo sardo. L’iniziativa di Lecce è promossa dal movimento La Puglia in Più che ha voluto portare le opere nel Salento, in considerazione dell’alto profilo culturale e sociale del progetto, “Nella profonda convinzione – sottolinea il senatore Dario Stefàno, presidente de La Puglia in più che la strategia della cultura che entra nelle carceri può produrre una prospettiva importante di recupero per le donne e gli uomini reclusi. Sarà, inoltre, un'occasione diversa e nuova per avvicinare soprattutto le giovani generazioni alla figura di un illustre connazionale, il cui pensiero è ritenuto tra i più influenti del XX secolo e resta ancora attuale, se si considerano temi come, ad esempio, la questione meridionale, ma paradossalmente è studiato e apprezzato di più all'estero”. L’inaugurazione della mostra si terrà giovedì 9 giugno alle ore 18:30 alle Officine Cantelmo (in Viale De Pietro 12 a Lecce) alla presenza del Prefetto di Lecce, Dr. Claudio Palomba e della Direttrice della Casa Circondariale di Lecce,
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alPHonse mucHa. Quando i colori diPingevano la Belle èPoQue di Claudia Forcignanò
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Artista cosmopolita, bohèmien, mistico, patriota e filosofo, il genio dell’Art Nouveau
ROMA. Quando nel lontano 1895, i muri di Parigi furono tappezzati dal manifesto pubblicitario di Gismonda, il dramma di Victorien Sardou interpretato da Sarah Bernhardt, tutti si resero conto di trovarsi di fronte ad una svolta epocale messa in atto da un artista il cui accento slavo e la camicia alla russa erano destinati a cambiare per sempre il concetto di Art Nouveau: Alphonse Mucha. Quella di Alphonse Mucha è una carriera vissuta con passione fino all’ultimo, e oggi, fino al prossimo 11 settembre 2016, presso il Complesso del Vittoriano a Roma, sarà possibile ripercorrerne le tappe sulla scia delle duecentotrenta opere provenienti dalla Mucha Trust Collection. Attraverso le sei sezioni in cui è suddiviso il percorso, i visitatori potranno ammirare le varie fasi che hanno caratterizzato una carriera che è sempre andata di
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pari passo con la lotta politica e ideologica, non a caso, Mucha è stato un bohémien, creatore di immagini per il grande pubblico, cosmopolita, mistico, patriota e filosofo, impersonando infiniti ruoli e vivendo infinite vite. Erano gli anni in cui tutto pareva possibile, una di quelle fasi che ciclicamente avvolgono l’umanità con la loro aurea positiva e che oggi sembrano sempre più un miraggio: c’erano i colori, l’amore, una pressante voglia di progresso e con essa la voglia di inventare, sperimentare, far emergere la bellezza che si cela dietro ogni cosa; erano gli anni in cui grandi magnati prendevano giovani talentuosi sotto la propria ala protettrice permettendogli di studiare e farsi strada nel mondo. Mucha aveva talento da vendere, non solo in senso metaforico: le sue opere piacevano, conquistavano
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Alphonse Mucha, Gismonda, 1894 Litografia a colori, 216x74,2 cm © Mucha Trust 2016
i committenti e il pubblico, entusiasmavano, tanto da permettergli di sopravvivere nella Parigi di fine ‘800 nonostante l’improvvisa sospensione del supporto finanziario da parte del conte Eduard Khuen-Belasi, una situazione che lo portò a realizzare illustrazioni per riviste e libri vivendo in una modesta stanza al numero 13 di rue de la Grande-Chaumiére, proprio sopra la famosa Crémerie di Madame Charlotte Caron, punto di ritrovo per artisti in difficoltà economiche come Paul Gaugain, che diventerà uno dei suoi più cari amici e compagni di lavoro, in un’ottica oggi dimenticata, di mutuo soccorso tra sognatori testimoniato dalle foto che li immortalano insieme, in scatti che mettono in luce una vita privata fatta anche di ilarità e leggerezza. Sarah Bernhardt, attrice di straordinario talento, fu talmente colpita dallo stile con cui Mucha aveva realizzato il mani-
festo per Gismonda, da voler sottoscrivere con lui un contratto della durata di sei anni, che prevedeva, oltre alla realizzazione dei manifesti, anche la cura grafica di tutto ciò che atteneva alla sua carriera teatrale. Fu il primo passo per la nascita di un vero e proprio commercio cui furono affiancate stampe appositamente prodotte per il pubblico e per i collezionisti e che in breve tempo portarono Mucha a collaborare con aziende che gli avrebbero commissionato la realizzazione di oggetti, calendari, pannelli, gioielli, gadget che avrebbero avuto libera circolazione in tutto il mondo aprendo all’artista le porte dell’immortalità. Colori brillanti, motivi di ispirazione bizantina, grandi dimensioni, rendevano ogni manifesto un vero e proprio capolavoro il cui fascino andava ben l’oltre il suo effimero utilizzo e lo trasformava in vera e propria opera d’arte.
Le donne di Mucha erano la massima espressione della femminilità, ogni dettaglio curato nei minimi particolari, inclusi i preziosi ornamenti che, in seguito all’accordo con il gioielliere parigino George Fouquet, presero forma trasformandosi in spille, anelli, orecchini e collane di mirabile fattura. Attraversare le sale che ospitano le opere di Mucha equivale ad effettuare un salto nel tempo immergendosi in atmosfere raffinate, in cui il concetto di lusso si sposa con quello di eleganza e signorilità in un percorso durante il quale le arti applicate trovano la loro massima espressione: brocche, posate, statue, affascinanti bozzetti per la creazione di ventagli, bottiglie in vetro con vaporizzatore contenenti profumo realizzate per Lance Parfum “Rodo”, piatti in porcellana, arazzi e disegni, vasi, fotografie e illustrazioni che confermano l’ecletticità di un artista che, nonostante il successo, non
Da sinistra, ingresso della mostra al Complesso del Vittoriano, Alphonse Mucha, Chocolat Idéal, 1897, Litografia a colori, 117x78 cm © Mucha Trust 2016Alphonse Mucha, Lance Perfum 'Rodo”, 1896, Litografia a colori, 44,5x32 cm © Mucha Trust 2016
Realizzati da Georges Fouquet a Parigi, da un progetto di Mucha: Catena ornamentale con pendenti 1900, Oro, smalto, perle d’acqua dolce, madreperla, pietre dure, lunghezza 159 cm © Mucha Trust 2016; Anello Peacock 1900 Opale e oro, 1,75 diametro © Mucha Trust 2016
dimenticò mai la sua terra, tanto che, quando nel 1900 Parigi ospitò l’Esposizione Universale e gli venne affidato il compito di decorare il padiglione della Bosnia – Erzigovina, progettò un ciclo che rappresentava le principali vicende storiche e mitologiche legate alla nazione, muovendo il primo passo verso la realizzazione dell’Epopea Slava, che occupò ben vent’anni della sua vita e lo portò a viaggiare verso gli Stati Uniti alla ricerca di fondi. Ѐ probabilmente la sezione dedicata all’Epopea Slava, quella in assoluto più suggestiva di tutta la mostra: ogni opera trasuda dolore e amore per la propria terra, ogni volto, ogni sfumatura raccontano la storia di un popolo sofferente che mantiene inalterata una dignità che Mucha ferma per sempre nel tempo attraverso gli scatti fotografici effettuati durante i suoi viaggi e in studio, infiniti bozzetti preparatori e dipinti. Alcuni artisti possono essere narrati e analizzati, ma non Alphonse Mucha. Alphonse Mucha è stato un padre e un marito amorevole, un artista poliedrico, un uomo di grande spessore morale e spirituale che credeva fortemente nella bellezza, nella verità e nell’amore come virtù cui l’umanità intera deve aspirare, ed è per questo che nessuna riproduzione presente sui libri potrà mai rendere veramente l’idea della potenza espressiva e dell’energia e della passione emanata da ogni sua opera. Visitare la mostra a lui dedicata significa immergersi in un periodo storico in cui il rispetto che il mondo tributava all’arte, lo rendeva un posto migliore in cui vivere e sperare che almeno una parte di quel buon gusto torni a bussare alla porta delle coscienze di chi si è arreso. Alphonse Mucha 15 aprile - 11 settembre 2016 Roma, Complesso del Vittoriano - Ala Brasini Info e prenotazioni T. +39 06 8715111
Dall’alto in basso: Alphonse Mucha, Studio per l’Epopea slava (tela n. 14): Nikola Zrinski difende la città di Sziget ,1914 Acquerello e gouache su otto fotografie di disegni unite insieme, 31x44 cm; Alphonse Mucha, “Con forza verso la libertà, con amore verso l’unità!”, Studio per un affresco della sala del sindaco nella Casa municipale di Praga, Carboncino e grafite con lumeggiature in bianco su tela, 79x93 cm © Mucha Trust 2016;
aldo manuZio. editoria ed arte e veneZia, caPitale della stamPa VENEZIA. Dedicata ad Aldo Manunzio, (1449-1515) “a cinquecento anni dalla sua scomparsa è insieme un omaggio al più famoso stampatore della storia dell'editoria ed un viaggio fra splendide opere d’arte prodotte nella sua Venezia: dipinti, sculture, incisioni, creazioni di alta oreficeria che escono dai musei americani ed europei per ritornare nella città che fu la capitale internazionale della stampa. Si chiude il 19 giugno la mostra Aldo Manuzio. Il rinascimento di Venezia, curata da Guido Beltramini, Davide Gasparotto, Giulio Manieri Elia, Oltre cento opere d’arte, in prestito da grandi musei italiani e stranieri, e più di trenta rarissime edizioni stampate tra la fine del XV e i primi anni del XVI secolo per ripercorre una stagione unica e irripetibile nella storia della cultura europea e occidentale. Una vera e propria Età dell’Oro, durante la quale il libro si rivelò capace di trasformare il mondo dando vita al rinascimento di Venezia. Una città effervescente che nel Cinquecento con i suoi 150mila abitanti era tra le più ricche e popolose del continente e dove ogni tipo di linguaggio artistico trovava la sua più efficace espressione. In quel periodo storico Venezia passò da essere semplice piattaforma per scambi di natura commerciale a luogo dove si mescolavano culture, tradizioni, saperi. Manuzio riuscì a immaginare e realizzare qualcosa di straordinario: rendere disponibili al pubblico degli studiosi e di letterati del suo tempo i grandi classici della cultura greca, da Omero ad Aristotele, da Sofocle a Euripide a Tucidide, e i testi latini da Virgilio a Cicerone, da Orazio a Ovidio, a Catullo, a Properzio, Lucrezio, Giovenale, Marziale, e ancora ebraici e italiani della nuova letteratura in volgare. Grazie a Manuzio e alla sua collaborazione con Pietro Bembo, il volgare si afferma-
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Una mostra celebra i cinquecento anni dalla morte del più noto stampatore della storia dell’editoria e inventore del libro moderno
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Q. Horatius Flaccus, Opera - copiato da Bartolomeo Sanvito Cambridge, King’s College
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Nel riquadro: Erasmo da Rotterdam, Adagia - Tours, Bibliothèque Municipale. Sotto: Giorgio o Zorzi da Castelfranco, detto Giorgione, La tempesta, Gallerie dell’Accademia di Venezia. Su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
va, accanto al latino, come la lingua della contemporaneità in tutta Europa, confermandosi tale secondo il canone che elesse Dante, Petrarca e Boccaccio come modelli. Nella mostra si incontrano i diversi linguaggi espressivi: pittura, scultura, incisione, arte suntuaria, cartografia. Per arrivare naturalmente alla stampa, con alcuni tra i più preziosi esemplari attribuiti all’attività di Aldo Manuzio, come le edizioni finemente miniate in arrivo da Manchester o il rarissimo Aristotele del 1496 in prestito dalle collezioni dell’Escorial. Con i libri di Aldo dialogano i capolavori di pittura e scultura creati in quella stessa stagione cruciale e che con essi condivisero l’anelito a riscoprire la civiltà classica, concessi per la mostra dai grandi musei di Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Italia. Sarà un viaggio nel mondo della cultura e delle arti a Venezia al tempo di Aldo Manuzio: poco più di vent’anni, dei primi anni Novanta del Quattrocento al 1515, durante i quali una città ancora gotica si trasforma grazie a pittori come Giovanni Bellini, Carpaccio, Lorenzo Lotto e il più giovane Giorgione (con i suoi allievi Tiziano e Sebastiano del Piombo che fanno il loro esordio), scultori come Tullio Lombardo,
incisori e miniatori come Benedetto Bordon e Giulio Campagnola, illustri artisti stranieri in visita nella città lagunare come Albrecht Dürer, intellettuali di respiro europeo come Erasmo da Rotterdam e Luca Pacioli, ritratto in un celebre dipinto attribuito a Jacopo de’ Barbari oggi a Capodimonte. Non a caso, a Venezia venne pubblicato pubblicato a Venezia il suo opus magnum, il De divina proportione, dove nel primo libro il frate tratta del rapporto aureo e della sua applicazione a tutte le arti. Anche nei libri di Aldo il formato dei volumi, le proporzioni della pagina, il rapporto fra porzione stampata e spazi bianchi sono il frutto di una “divina” arte compositiva - spiegano i curatori della mostra. Nella sezione intitolata “Divine proporzioni” si spiega come “Aldo diede un contributo decisivo alla storia dell’editoria moderna, attraverso la definitiva sistemazione della punteggiatura, la presenza di pagine numerate su entrambi i lati, l’invenzione del carattere corsivo (che in Francia si chiamerà italiquee in Inghilterra italics), la creazione di elegantissimi caratteri greci, la pubblicazione del primo catalogo delle proprie edizioni greche, l’invenzione del formato in ottavo, il famoso classico tascabile” che Aldo incominciò a produrre a partire dal 1501diventando in pochi anni un vero e proprio status symbol delle classi colte italiane ed europee. Aldo Manuzio. Il rinascimento di Venezia 19 marzo - 19 giugno 2016 Venezia, Gallerie dell’Accademia, Ala Palladio (Campo della Carità, 1050)
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nel liBro di imProta gli incunaBili e i manoscritti miniati ritrovati
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L’indagine dello studioso Andrea Improta ha portato al ritrovamento di quarantasei libri della Biblioteca di San Domenico Maggiore
NAPOLI. Andrea Improta, nel corso di una indagine sistematica svolta con grande tenacia, ha individuato circa quaranta manoscritti miniati e sei incunaboli, pure miniati, nella maggior parte dei casi sconosciuti agli studi di miniatura, rintracciati nella Biblioteca Nazionale di Napoli, nella Biblioteca Apostolica Vaticana e infine nella Biblioteca Casanatense di Roma . Venerdì 10 giugno (ore 16,30) Paola Zito (Seconda università Napoli), Rosalba di Meglio (università Federico II Napoli) Cristina Pasqualetti(università Aquila), Federica Toniolo (università Padova) presentano lo studio di Andrea Improta. “Arma nostra sunt libri. Manoscritti e incunaboli miniati della Biblioteca di San Domenico Maggiore di Napoli”. Interverranno Simonetta Buttò, direttrice della biblioteca ed Alessandra Perriccioli Saggese (Seconda università Napoli). Il volume, edito da Nerbini, attraverso uno scru-
poloso studio ed un’accurata ricerca, per la prima volta, mette in luce, un patrimonio librario di notevole importanza storico ed artistico, in larga parte costituito da manoscritti databili dal XII al XVI secolo ed offre un importante e nuovo contributo alla conoscenza della miniatura, e nello stesso tempo documenta in modo rigoroso la storia della antica biblioteca del convento di San Domenico Maggiore, la più ricca e famosa biblioteca dell’Ordine Domenicano in Italia meridionale, da molti storici celebrata per la bellezza della sala di lettura rivestita di affreschi. Dall’analisi del prezioso patrimonio, svolta da Andrea Improta, affiorano, infatti, le vicende che portarono alla formazione, allo sviluppo ed incremento, ed infine al declino della biblioteca e in particolare le dinamiche sottese al suo sviluppo. Oltre ad alcuni volumi miniati realizzati a Napoli, appartenevano alla libraria conventuale anche manoscritti e incunaboli prodotti in altre aree geografiche: Padova, Venezia, Bologna, Roma e il Lazio, il Piemonte, la Toscana, la Calabria e l’Abruzzo, la Francia e l’Inghilterra. Essi testimoniano l’ampio raggio dei contatti intrattenuti dal convento napoletano e offrono in molti casi un contributo nuovo alla conoscenza della miniatura fiorita nei vari centri di produzione.
In copertina: Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», ms. XIV.D.28, Collettario ad uso domenicano, c. 17r.
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il muro cHe unisce street artist in arrivo a lecce
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L’arte arriva in periferia sull’onda di quanto accade in molti tessuti urbani per riqualificare e valorizzare
LECCE. Si intitola “Il muro che unisce - An urban art project” la manifestazione organizzata dalla comunità parrocchiale di San Giovanni Battista che farà arrivare nel quartiere Stadio di Lecce, dal 16 al 22 giugno 2016, una nutrita schiera di artisti internazionali. “Graffiti-writing, aereosolart, street-art, poesia d'assalto, calligraffiti dipingeranno insieme il muro perimetrale dell'edificio religioso” - spiegano gli organizzatori. Un’operazione artistica non nuova per la Parrocchia che, diversi anni fa, condivise un progetto simile con gli artisti dell’associazione Raggio Verde impegnati all’epoca in un concorso di estemporanea di pittura. Vinse il primo posto il fumettista Marco Cito e per molti anni i murales che portarono un po’ di colore e di arte in periferia resiste al tempo e, a dirla tutta, mai furono imbrattati testimoniando come dove c’è bellezza non ci può essere degrado. Il tempo, solo il tempo scolorì quei lavori. Un dejà vu quindi che si ripete, chiamando a raccolta gli street artist citati che realizzeranno “il muro che unisce” un murales lungo circa 260 metri, per un totale di 676 metri quadrati per valorizzare le periferie che devono essere centri di aggregazione e di inclusione sociale e non realtà emarginate ed emarginanti. Gli artisti in azione, sotto il coordinamento artistico di Dado, apprezzato street artist italiano, proverranno da tutta Italia: Kerotoo, Fenix Asar, Peeta, Made, Cheone,
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Crea, Corn 79, Etnik, Cekos Art, Camardo e Davide. Al termine dell'evento verrà realizzato un catalogo digitale che sarà pubblicato in maniera permanente sul sito della comunità parrocchiale. “Obiettivo dell’iniziativa - spiegano gli organizzatori - è la valorizzazione dell'intero complesso architettonico di via Novara come esempio di architettura nazionale e internazionale, riaffermando il suo alto livello qualitativo ed estetico attraverso l'invito alla collaborazione di artisti dalla confermata esperienza nel linguaggio tecnico-espressivo dell'Urban Art”. Il complesso parrocchiale di San Giovanni Battista è attualmente considerato tra le opere d'architettura e d’arte contemporanea più significative del Salento per la presenza di opere realizzate da artisti internazionali come Mimmo Paladino e Armando Marrocco. E non solo. Particolarmente significativa risulta essere la rappresentazione e il risultato d’insieme che gli architetti Franco Purini e Laura Thermes sono riusciti a ottenere da una struttura che, perfettamente inserita nel territorio parrocchiale, definisce nella sua globalità un’architettura capace di costruirsi come “totalità”, dunque a sintetizzare perfettamente l’istanza di coesione virtuosa verso cui tendere. Rappresentando peraltro – con le molteplici attività che le ruotano attorno - punto di riferimento imprescindibile per la quotidianità del quartiere. (an.fu.)
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il mondo visto da nesPolo all'ex convento dei teatini di lecce LECCE. Si è inaugurata lo scorso 28 maggio e si potrà visitare fino al 30 giugno “il mondo visto da Nespolo” la mostra dell’artista biellese allestita nelle sale dell’ex Convento dei Teatini. «In un momento storico in cui siamo circondati da negatività, fatti di cronaca cruenti e problemi di ogni tipo, mi piaceva l’idea di poter guardare la società odierna sotto un’altra prospettiva, onirica e assimilabile al punto di vista di un bambino - afferma Tiziano Giurin, curatore della mostra -. Ho pensato che nessuno meglio di Ugo Nespolo poteva raggiungere questo obiettivo, grazie alla vivacità cromatica e all’essenzialità grafica che caratterizzano le sue creazioni. Il maestro è stato subito disponibile per aiutarmi a realizzare questa mostra incentrata sulla bellezza e la magia del mondo, nonostante tutto.». Quaranta sono le opere in mostra, tra carte, acquerelli e intarsi su legno realizzati dal maestro, tra i protagonisti della scena artistica contemporanea, compresi quelli che Nespolo ha dedicato espressamente a Lecce, raffiguranti punti molto rappresentativi della città come Piazza Sant’Oronzo e Porta Napoli. è un bellissimo ricordo l’installazione con i suoi “numeri” concepita ad hoc per il fuoco sacro più grande del Mediterraneo in occasione della Focara 2013 quando fu invitato dal critico d’arte Toti Carpentieri per firmare tra l’altro il Manifesto d’autore. Con gli assemblaggi cromatici delle sue favolose invenzioni rac-
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Quaranta opere in mostra, tra carte, acquerelli e intarsi su legno
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conta a suo modo il mondo filtrando la realtà oggettiva. Così lo ha definito il critico Vittorio Sgarbi: “esploratore dell'arte in tutte le sue possibili applicazioni, dalle più colte (il periodo concettuale) alle più popolari (la televisione), dalla grafica pubblicitaria al cinema sperimentale, dalla scenografia teatrale alla produzione industriale, Nespolo si è sempre sforzato di considerare il campo estetico in un rapporto di stretta e imprescindibile integrazione con la vita moderna.”
disegnare con i Fiori: l’inFiorata Patù come noto e genZano di Maurizio Antonazzo
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Un tappeto di fiori per le strade di Patù nel segno dell’Exultet della Misericordia
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PATù (Lecce). Un arcobaleno di colori, insieme ai profumi delle campagne del Capo di Leuca, hanno adornato la strada principale di Patù, con delle vere e proprie opere d'arte religiose “pitturate” con petali di fiori. La cittadina salentina si è colorata, per il terzo anno consecutivo, nella solennità del Corpus Domini con l’Infiorata, che per questa edizione è rientrata negli eventi del Parco Culturale Ecclesiale “Terre del Capo di Leuca - De Finibus Terrae” . 705 metri quadrati (241 metri di lunghezza x 5 metri di larghezza) queste le dimensioni del meraviglioso tappeto fiorito, realizzato esclusivamente con soli fiori di campo, grazie ad un mese di preparazione, durante il quale negli 11 rioni di Patù, oltre 400 persone hanno preparato i 22 quadri che nella notte tra il 28 e 29 maggio
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2016 ora dopo ora hanno preso colore, aiutati anche dalle mani di turisti e amici simpatizzanti che hanno dato il loro contributo. é stato l’Exultet della Misericordia il tema scelto per quest’anno da Don Gianluigi Marzo, Parroco di San Michele Arcangelo e ideatore dell’Infiorata . I lavori sono iniziati la sera del 28 maggio subito dopo la benedizione del Vescovo di Ugento – S. Maria di Leuca, Mons. Vito Angiuli che dopo dodici intense ore di composizione, la mattina del 29 maggio ha benedetto l’Infiorata realizzata. L’Infiorata di Patù ha raggiunto in soli tre anni livelli professionali, ricevendo l’apprezzamento degli organizzatori delle famose Infiorate di Noto, in provincia di Siracusa, e di Genzano, in provincia di Roma. Un apprezzamento che si manifesta con la partecipazione, per questa edizione, tra gli altri, dell’Associazione Camperisti d’Italia.
Alcune sequenze dell’Infiorata a Patù, maggio 2016 (foto di Maurizio Antonazzo)
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LUOGHI DEL sAPERE
il Piacere tra le rigHe di camilla Baresani Quando leggere seduce
CAMILLA BAREsAnI IL PIACERE TRA LE RIGHE 2016 Bompiani IsBn 9788845254307 pagg. 120 Terza edizione €9,00
In un delizioso volumetto, “Il piacere tra le righe” (sottotitolo “Le seduzioni della lettura”), Camilla Baresani propone simpaticamente una singolare, ma forse neanche troppo, analogia tra piacere amoroso e piacere della lettura. Non arrivo a tanto (se non con le dovute distinzioni…), e comunque, riprendendo le osservazioni della scrittrice, potremo magari tornare sull’argomento e discuterne, ma certo la lettura rappresenta nella mia esistenza una passione, insopprimibile e meravigliosa, che riveste un ruolo paragonabile a quello dell’aria che respiro. E poiché so di essere in buona e nutrita compagnia, mi piacerebbe che questo spazio diventasse luogo di incontro tra amici che, senza alcuna pretesa intellettualistica ma in tutta semplicità, riflettono insieme sugli elementi che spiegano – o contribuiscono a spiegare e ad amplificare – il piacere della lettura, che si scambiano impressioni su un romanzo o un racconto, o si consigliano questo o quel libro, in un reciproco arricchimento e coinvolgimento. Donare, prestare, semplicemente consigliare un libro rappresenta per me una soddisfazione impagabile. Quando amo un libro, ne parlo con grande fervore alle persone che più mi sono care, desidero ardentemente che condividano il mio godimento, giungendo persino a costringerle letteralmente a leggerlo in virtù di una insistenza – me ne rendo conto – anche esagerata... E quando una persona mi regala un libro, o me lo dà in prestito, o me ne suggerisce la lettura, conquista il mio affetto e la mia gratitudine imperitura. Perché se una persona prova il desiderio di darmi o propormi un libro da leggere significa – ne sono sicuro – che mi vuol bene e, specialmente se quel libro lascerà un segno dentro di me, ogni volta che aprirò quel libro, o lo rileggerò o lo sfoglierò o lo consiglierò a mia volta a qualcuno che mi è caro, il mio pensiero riconoscente correrà sempre a lei, alla persona che mi ha fatto quell’inestimabile dono. Conobbi Antonio molti anni fa, lo frequentai solo per alcuni mesi per poi non rivederlo più, ma non lo potrò mai dimenticare. Perché mi regalò il meraviglioso “1984” di Orwell. Né potrò scordare la mia collega di ufficio Mariella, accanita lettrice, che a mo’ di commiato, mi donò, nel giorno del suo trasferimento ad altra sede, “La forma dell’acqua”, facendomi conoscere e apprezzare Andrea Camilleri. Con Sergio, uno dei miei migliori amici, bravo scrittore e recensore, ho condiviso tante belle esperienze, dalle mitiche comitive degli anni ’70 al giornalino di quartiere, dalle lunghe passeggiate e chiacchierate alle notti trascorse a studiare, da studenti-lavoratori, durante gli anni dell’Università, ma con gratitudine ricordo sempre e soprattutto i capolavori che mi ha indotto a leggere: “Il deserto dei tartari”, “La fattoria degli animali”, “L’amico ritrovato” e l’esilarante “Tre uomini
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barca”, capace di farmi sorridere in un momento buio della mia vita. Al professore Mimmo Tardio sarò sempre riconoscente per avermi raccomandato la lettura dell’incantevole “Il mio nome a memoria”, a Dede, mia amica ottantenne frizzante più di un’adolescente, per avermi regalato il delizioso “84, Charing Cross Road”, a Luana, una delle più formidabili lettrici che io conosca, per avermi prestato, primo di tanti altri bei romanzi che in seguito mi ha indicato, “Le ceneri di Angela”. Come dimenticare, poi, che Massimo, con il quale non scambiavo due chiacchiere da tempo immemorabile, qualche anno fa mi invitò a leggere “L’ora di tutti”, un libro capace di emozionarmi e coinvolgermi come pochi altri? Così come devo ringraziare mia moglie Mariangela che con tenacia mi convinse a leggere “I pilastri delle terra”, che mi spaventava per l’enorme mole, ma che, nonostante le mille pagine, divorai in poco tempo con grande gioia. E spesso penso con affetto e nostalgia ad alcuni miei insegnanti, la signora Stone e il professore Marasco, il cui entusiasmo per la letteratura era incredibilmente contagioso. Alla prima devo la lettura, quando avevo quindici anni, de “Il piccolo principe” e al secondo l’amore per Verga, Pirandello e Calvino, i miei scrittori preferiti ai tempi del Liceo. E potrei continuare a lungo, perché se la mia vita non è niente di eccezionale, è fortunatamente ricca di libri e di amici. “Noi siamo abitati da libri e da amici” dice Daniel Pennac. E, a proposito di Pennac, io mi arrogo il diritto di considerare miei amici non solo coloro i quali conosco di persona e frequento più o meno abitualmente, ma anche coloro i quali, in qualche modo, mi hanno messo sulle affascinanti piste di un bel libro, come per esempio i critici e i recensori o gli scrittori che nei loro libri parlano di altri libri. Una vecchia intervista di Leonardo Sciascia, che io adoro, mi ha fatto conoscere il raffinatissimo “Le menzogne delle notte” di Gesualdo Bufalino, lo stesso Pennac mi ha portato a leggere “Don Chisciotte” del grande Cervantes, “Il profumo” di Suskind e “I racconti di Pietroburgo” di Gogol e un recensore de “Il venerdì di Repubblica”, del quale non ricordo il nome ma che mi sarà sempre caro, mi ha rivelato l’esistenza di uno scrittore, lo spagnolo Arturo Perez Reverte, che in breve tempo è diventato il mio scrittore preferito, tanto da indurmi ad acquistare tutti i suoi libri e a frequentare corsi di spagnolo per poter leggere anche le sue opere non ancora tradotte in italiano. Mi rendo conto che quella che doveva essere una breve introduzione si sta rivelando fin troppo lunga e dunque per ora mi fermo qui, con la speranza di potervi più o meno assiduamente dare, e ricevere mia volta, qualche buona dritta, e comunque felice di condividere con vecchi e (spero) nuovi amici la passione per la lettura. Michele Bombacigno
il giardino murato. le Poesie di donato cuPPone
DOnATO CUPPOnE IL GIARDInO MURATO Il Raggio verde €10,00
Un titolo evocativo per la raccolta di poesie di Donato Cuppone, edita da Il Raggio Verde. Un giardino che è lo spazio-luogo d’incontro degli amici di sempre dove questi versi sono stati scritti e declamati come spiega nella prefazione Lucia D’Aversa che scrive: “Nei versi di “scriba sottile” si celano i vissuti della ferialità di una singolare persona... si “legge” l'anima di donato. la sua è un voce inconsueta: quella di chi sa comunicare con la forza e la sincerità del cuore, una voce fatta di sussurri, parole meditate e comunicate timidamente... quasi ad accarezzare chi lo ascolta”. Un libro che nasce grazie alla vicinanza degli “amici per sempre” che hanno aiutato Donato ad abbattere il muro invalicabile della solitudine. Pensieri semplici ma veri come lo sono i sentimenti, un libro che testimonia la forza e il valore autentico dell’amicizia. Presentazione in anteprima alla Chiesa dei Diavoli di Tricase, il 19 giugno, ore 19:30.
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LUOGHI DEL sAPERE
VOGLIE MAnCInE DI FRAnCEsCO RELLA
FRAnCEsCO RELLA Voglie Mancine Il Raggio Verde edizioni 2016 pagg. 112 € 12,00 IsBn 978-88-99679-03-3
Si intitola Voglie mancine l’opera prima del giornalista salentino Francesco Rella. Il libro, impreziosito dalla copertina a firma dell’artista Roberto Russo, è inserito nella collana ConTesti DiVersi - edita da Il Raggio Verde - diretta da Antonietta Fulvio che anticipa i contenuti del romanzo: Valeria, Alessio e Igor. Maurizio, Irene e Cataldo. Porzia, Gianluca e Raul. Uomini, donne, emozioni e storie. E sullo sfondo la bellezza del paesaggio tra Roma e il Salento. Fra triangoli amorosi, equivoci e sorprendenti colpi di scena i protagonisti che animano il romanzo sembrano essere usciti dal copione di una commedia all’italiana che, come sosteneva Monicelli, diverte e fa riflettere. Con umorismo e ironia vanno in scena drammi contemporanei di una società sempre più complessa e personaggi fuori dai soliti canoni convenzionali. “Ho voluto scrivere una storia che fa sorridere e che si presterebbe ad essere il nucleo, perché no di un film, ne ho già scritto la sceneggiatura e, dopo la pubblicazione del libro questo resta il mio sogno nel cassetto” svela l’autore che fa partire il tour di presentazioni nella sua città natale: Galatina. Laureato in Scienze economiche e bancarie presso l’Università del Salento ha lavorato per un decennio nel settore della bancassicurazione, occupandosi di formazione del personale bancario in ambito assicurativo per poi abbandonare il settore e dedicarsi alla sua più grande passione: la scrittura. Giornalista pubblicista è stato direttore responsabile di testate giornalistiche salentine di carattere sportivo e di critica politico–amministrativa e attualmente scrive per il nuovo Quotidiano di Puglia. Gli abbiamo chiesto di anticiparci la trama del suo romanzo, o meglio della sua commedia brillante in cui non prevale un solo protagonista ma piuttosto, come in un film, tutti i personaggi hanno un ruolo importante. Maurizio è un benestante dentista alla soglia dei cinquant’anni, separato da Irene, quarantaseienne affermata ginecologa che l’ha piantato, a causa della sua indole da impenitente latin lover e, ancor di più, per la decisione di allontanare uno dei loro due figli. Maurizio tuttavia spera di riconquistarla anche se fa coppia da un anno con la giovane salentina Valeria, ignorando che la sua amante sia amica e compagna di studi proprio di suo figlio Alessio di cui non accetta l'omosessualità. D'altro canto Valeria non sa che Alessio è figlio di Maurizio e confidandogli il suo desiderio di maternità l'amico le procura una visita dalla madre ginecologa... A quel punto la storia si complica e si arricchisce con l’entrata in scena di altri personaggi incastonati in situazioni intriganti dove non mancano i colpi di scena. La presentazione Il libro sarà presentato a Galatina il 7 giugno, ore 19:30, nel Chiostro del Palazzo della Cultura, in piazza Alighieri, 51 nell’evento patrocinato dall’amministrazione comunale e realizzata in collaborazione con la libreria “Fiordilibro”.
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CyRAnO TRA DELITTI E MIsTERI, IL nOIR DI sTEFAnO CAMBò
sTEFAnO CAMBò Cyrano tra delitti e misteri Il Raggio Verde edizioni 2016 pagg.96 € 12,00 IsBn 978-88-99679-04-4
Dopo il successo editoriale del romanzo d’esordio “Kalendra”, Stefano Cambò dà alle stampe, per i tipi de Il Raggio Verde edizioni, un nuovo libro: Cyrano tra delitti e misteri. Un titolo accattivante così come lo è la copertina realizzata in esclusiva dall’artista Viviana Cazzato che, con il suo segno, anticipa alcuni elementi della trama. In primis, il campanile che svetta sullo sfondo ricorda quello leccese che sovrasta su piazza Duomo. “Sì, ho voluto ambientare il mio romanzo a Lecce, in una stagione invernale, lontana dallo stereotipo del Salento mare, sole, vento” anticipa lo scrittore che rivela: “Il vento c’è ma è quello freddo di tramontana di un febbraio gelido che vede protagonisti il commissario Bortone e lo scrittore Fernando Arcuti, detto il Nando. Il commissario invita l’amico scrittore a fare una passeggiata in pineta. Ma non si tratta di in invito di cortesia. Tra la vegetazione della pineta è stato rinvenuto il corpo senza vita di una giovane e bellissima donna che indossa un maglione nero accollato sopra un jeans slavato, infilato dentro a piccoli stivaletti marroni dal tacco basso. La cosa che più colpisce però è il modo in cui sembra essere morta. La testa, infatti, è avvolta in un sacchetto di plastica mentre le mani sono legate dietro la schiena. Altro particolare importante è quello che si scorge ad un paio di metri dal corpo della donna. Sulla corteccia di un albero c’è infilzata una spada. L’arma tiene fermo un foglio di carta su cui c’è scritto qualcosa. Forse un messaggio lasciato dal killer. Da questo punto si dipana la storia…ma dovrete leggere il libro per scoprire il misterioso assassino”. Stefano Cambò è nato nel 1982 a Torino e vive a Muro Leccese. Dottore magistrale in Sociologia e Ricerca Sociale, da qualche anno coltiva, per mezzo di studi e letture personali, la passione per la scrittura. La presentazione Il libro sarà presentato a Presicce il 18 giugno ore 19 nell’atrio del Palazzo Ducale. L’evento a cura dell’associazione “Noi Presicce” vedrà la partecipazione dell’autore Stefano Cambò, di Sergio Costa direttore della collana Yellow Young, dell’artista Viviana Cazzato e della giornalista Antonietta Fulvio direttore responsabile della rivista Arte e Luoghi. Modererà l’incontro Francesco Luca responsabile dell’associazione. La presentazione sarà impreziosita dalla performance dell’attore Gianluca Carrisi.
LA TRECCIA DI InEs DI ROsA LOBATO DE FARIA
ROsA LOBATO DE FARIA La treccia di Inès romanzo traduzione di MARIA LUIsA CUsATI IMPRIMATUR pagg 212 2015 € 17,00
Per la prima volta, tradotto in italiano, si potrà leggere La treccia di Inès il romanzo della scrittrice portoghese Rosa Lobato De Faria tradotto da Mari Luisa Cusati. La presentazione del libro si terrà giovedì 9 giugno, ore 16,45, Sala rari della Biblioteca Nazionale di Napoli, nell’ambito della Conversazione di Cinzia Caputo ed Ermanno Corsi con la stessa Cusati. Introducono Maria Rosaria de Marco e Simonetta Buttò. Rosa Lobato De Faria è una figura eclettica della cultura portoghese, poetessa, romanziera, attrice di cinema e televisione, sceneggiatrice, drammaturga e paroliera, morta a settantasette anni nel 2010. La treccia di Inès è stato scritto dall’autrice portoghese nel 2001, ed è stato pubblicato recentemente in Italia da Imprimatur con la traduzione di Maria Luisa Cusati, docente di Letterature portoghese e brasiliana all’Università di Napoli “L’Orientale”, ed all’Università di Napoli “Suor Orsola Benincasa”. è presidente e fondatrice dell’Associazione Italia-Portogallo dal 1986 e console onorario del Portogallo per le Regioni Campania, Basilicata e Calabria dal 1996. Il libro è un romanzo d’amore dove non mancano le suggestioni, gli eventi storici, ma soprattutto gli spunti di riflessione, gli incontri tra gli amanti si intrecciano nel tempo tra il passato, nel lontano XIV secolo alla corte dell’erede al trono del Portogallo, il presente, ed il futuro fantascientifico, dove l’amore diventa la forza naturale che viene in soccorso dell’umanità, asservita a logiche ferree di controllo della vita del pianeta.
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LUOGHI DEL sAPERE
COn ME LA RACCOLTA DI POEsIE DI FABIAnA LUBELLI
FABIAnA LUBELLI Con Me Il Raggio Verde 978-88-99679-06-4 2016 pagg.68 € 12,00
Si intitola “Con me” la raccolta di poesie di Fabiana Lubelli, una giovane e promettente poetessa di Brindisi, che affida il suo libro d’esordio alla casa editrice Il Raggio Verde. “Leggendo i versi di Fabiana, e la sua cartografia poetica fatta di silenzi, lune, piogge, scuole, biciclette, maestre, gatti, quotidianità d’affetti quasi struggenti tanto sono forti e commoventi nella loro essenzialità, si ha proprio l’impressione di camminare a piedi nudi, liberi da ogni contenimento, in un roseto.” si legge nella bellissima e intensa prefazione a firma della scrittrice e traduttrice Clara Nubile. Fabiana Lubelli nasce a Mesagne nel 1991. Dopo aver completato gli studi nel Liceo Scientifico “E. Fermi” di Brindisi, nel 2013 si laurea con lode in Lettere Moderne all’Università “Aldo Moro” di Bari e nel 2016, sempre con lode, in Filologia all’Università “Cattolica del Sacro Cuore” di Milano, sviluppando in entrambi i casi una tesi in Letteratura inglese. Attualmente lavora, come freelance, con alcune testate giornalistiche e si dedica con passione e convinzione a diversi progetti di scrittura e di sceneggiatura. Una raccolta preziosa, come sono i versi di Fabiana capace di raccontare con semplicità la tempesta di sentimenti che alberga l’animo umano evocando immagini di rara bellezza e di altrettanta potenza espressiva. Il libro, curato da Michele Bombacigno, è impreziosito dall’opera di Glauco Lèndaro Camiless, artista incisore di fama internazionale che firma una breve postfazione. La sua opera, L’ombra dell’anima aderisce perfettamente al contenuto: tra le pieghe bianche e porose della carta spicca il volo una figura che rimanda ad una ritrovata libertà emotiva. E non è forse l’arte, in questo caso dei versi, a rendere liberi? Presentazione in anteprima a Brindisi, nel giardino della Pasticcieria Bernardi, Lungomare Regina Margherita, il 21 giugno 2016, ore 19:30.
lecce città del liBro 2017 In questo spazio, questa volta, non presentiamo un libro ma condividiamo una bella notizia: Lecce è stata proclamata Città del Libro 2017. L'annuncio è stato dato lo scorso 13 maggio in occasione del 5° incontro nazionale delle Città del Libro che si è svolto al Salone Internazionale del Libro di Torino e al quale ha preso parte l'assessore Luigi Coclite che ha così commentato: “è una splendida notizia che conferma la bontà del lavoro svolto in questi anni per cercare di alzare l'asticella della qualità della cultura sul nostro territorio. Grazie a questo grande evento ci auguriamo di poter ridurre il gap della Puglia con le altre regioni italiane per numero di elettori facendo leva sulle nuove generazioni e potenziando progetti già avviati e programmandone altri. Il 2017 sarà un anno bellissimo!”. Dopo Milano, che si è fregiato di tale titolo nell’anno dell’Expo, Lecce diventerà la principale vetrina italiana per la promozione del libro e della lettura. Una nuova sfida aspetta la città del barocco!
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diciotto artisti e le loro visioni nutrimenti. Bilancio di una mostra di Carmelo Cipriani
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Si è conclusa lo scorso 31 maggio, a Taranto nelle sale di Palazzo Pantaleo, la rassegna ideata da Giulio de Mitri e curata da Sara Liuzzi
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Cristiano De Gaetano
TARANTO. è considerazione comune che l’arte sia sollievo per l’anima ed alimento per l’intelletto. è da questo assunto, affascinante quanto abusato, che è partita la collettiva “NutriMenti. Diciotto presenze nell’arte contemporanea” allestita a Taranto, tra il 6 e il 29 maggio 2016, negli eleganti spazi di Palazzo Pantaleo, edificio settecentesco ai margini della città vecchia, laddove un tempo era ubicato l’antico porto, oggi sede dell’Assessorato alla Cultura e del Museo Etnografico “Alfredo Majorano”, nonché contenitore d’eccezione per mostre d’arte contemporanea. Ideata da Giulio De Mitri e curata da Sara Liuzzi, la rassegna si è configurata come un percorso eterogeneo, in cui i lavori di design di Incredix e di Giuliano Ricciardi hanno dialogato con opere d’arte figurativa di autori diversi per età, provenienza e formazione; opere difformi nei mezzi ma in linea con quanto i rispettivi creatori hanno fin qui prodotto, tutte connotate
da una raffinatezza concettuale che nell’approccio dichiaratamente speculativo tende a superare - ma non annullare - i puri valori formali e la loro trasposizione in termini oggettuali. Espressione al tempo stesso tautologica e nichilista è quella di Dario Agrimi che ha affidato all’obliante candore di un puzzle completamente bianco, l’ambizione di infondere il tutto nel niente, senza però rinunciare alla sua consueta e spiazzante ironia. Non dissimile l’impegno di Michele Giangrande che in una fitta trama di segni, concetti, poesie, canzoni, ha riscritto la storia italiana del secondo Novecento dando origine ad una serie di monocromi in variazione tonale, foriera di molteplici potenzialità espressive, con vaghi richiami alle sperimentazioni concrete e programmate. Una diretta citazione è stata quella di Cristiano De Gaetano, talentuoso artista tarantino, precocemente scomparso a soli 38 anni. “Boy”, il timoroso gigante esposto da
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Danilo de Mitri,
Ron Mueck alla Biennale di Venezia del 2001, ha offerto lo sfondo ad una ragazza in visita, componendo un’immagine ai limiti del surreale, eseguita con tecnica iperrealista e aggiungendo destabilizzazione allo straniamento. Una pittura incisiva, cristallina, strutturata per piani spaziali ma anche speculativi, volta al recupero di un ricordo, di un’esperienza significativa. Di grande efficacia è stata anche l’opera di Michele Attaniese in cui il riferimento a John Cage, esplicitato dal titolo, era celato da una composizione minimale, all’apparenza ipertecnologica. Gabriele Benefico ha condotto l’uomo “oltre le nuvole” restituendolo alla dimensione cosmica, attraverso accenti pop (propri dei fumetti) e l’ammiccante fascino dell’illustrazione digitale. Mentre Gennaro Branca ha restituito pulsioni organiche in un linguaggio da street artist, riproducendo un mondo al microscopio per rivelarne le molteplici energie, Stefano Cagol ha celebrato in video l’energia del corpo e dell’ambiente attraverso le tonalità fluorescenti dell’infrarosso. Alla trasposizione iconica di vitalità implicite si sono rifatte anche le ricerche di Karmil Cardo-
Michele Giangrande
ne e Elisa Cella. Il primo ha svelato con la fotografia le potenzialità trascendentali di un’ammaliante immagine rurale, la seconda ha fuso arte e scienza, restituendo, in una sintetica composizione pittorica, la complessa struttura molecolare del corpo umano e il suo continuo bisogno di energia. Un luogo abbandonato connotato da fascino decadente ha rappresentato il giusto scenario della partita a scacchi di Danilo De Mitri,
indovinata metafora dell’improba lotta con se stessi, ardua e silenziosa prova a cui ciascuno di noi è chiamato, in perenne sospensione tra sogno e realtà, realizzazione e aspirazioni, speranze e rimorsi. Sara Lovari ha raccolto, in scatole vintage, consunti oggetti d’uso quotidiano, attuando un’operazione di recupero e conservazione memoriale, con attitudine catalogatoria ed evidenti assonanze formali con Boite-en-valise di Marcel Duchamp. Nel recupero e valorizzazione estetica di oggetti significanti lavora anche Lucia Rotondo che, muovendosi tra scultura e pittura, ha creato composizioni dal sapore antico, in cui il verbo della contemporaneità si fonde alle suggestioni del passato. è un linguaggio oggettuale, metonimico si direbbe, anche quello di Maria Teresa Sorbara che nell’installazione con tronco e grano ha alluso al nutrimento del pianeta e alla salvaguardia dell’ambiente, sensibilizzando il pubblico - con termini eminentemente concettuali - a cogenti tematiche della contemporaneità. Dichiaratamente tecnicistica è risultata essere, invece, l’opera multisensoriale di Jasmine Pignatelli che, nell’astrazione geometrica di un dittico (positivo e negativo), ha combinato linguaggio morse e segnali sonori, tradendo l’ossimoro della tecnologia, in bilico tra complessità di concepimento e facilità d’utilizzo, incomunicabilità e supporto quotidiano. Paola Mancinelli ha proseguito con Codice poetico la sua sperimentazione verbovisiva che nella sequenzialità della parola battuta a macchina ha svelato la bellezza formale e la pregnanza concettuale della pagina scritta: alla funzione interpretativa della parola si è affiancata quella estetica del testo. Chiudeva il gruppo Stefania Pellegrini che reinterpretando all’uncinetto il tradizionale acchiappasogni ha recuperato le attitudini sciamaniche dell’arte, non senza riferimenti all’ambito musicale (la scritta “catch my fall” rimanda all’omonimo brano di Billy Idol del 1983). La mostra ha prodotto un catalogo edito da Print Me, per la Collana di Arte Contemporanea Imago, diretta da Sara Liuzzi, contenente testi istituzionali, critici, apparato iconografico e note.
Gabriele Benefico
Michele Attianese
Nelle pagine alcune immagini degli scavi , foto di Fabiana Lubelli
l’odore dei secoli, tra i ruderi di san Pietro degli scHiavoni di Fabiana Lubelli
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Passeggiando nel cuore di Brindisi sulle tracce di antiche memorie
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BRINDISI. Con l’arrivo della stagione estiva, l’aria della città di Brindisi assume un odore diverso. è un odore deciso, ben conosciuto da chi vive in città, ma che, tra le lamentele per l’afa eccessiva, diventa facilmente riconoscibile anche a chi è solo di passaggio; esso è inconfondibile, un miscuglio denso fatto di terra e asfalto bruciati sin dal mattino, miscelati al sentore di erba secca e stopposa che ingiallisce ai lati delle strade. è un odore onnipresente: lo si ritrova nelle zone di periferia, nei rioni più trafficati, nelle zone del centro. Solo il mare lo copre, rivestendo quell’odore abbacinante con il suo istinto di vita più fresco, ma altrettanto forte. Tutto questo è vero tranne che per un piccolissimo punto della città. Anche nel pieno dell’estate, infatti, mentre tutto intorno arde e brucia, questo posto, collocato al di sotto dell’impo-
nente Teatro Verdi, continua a odorare di umido, di muffa, di bagnato. è come se, in qualche modo, questi pochi metri quadrati di terra fossero preservati dalla forza inarrestabile del sole che consuma il tempo nel resto della città e, come sospesi, aspettassero tranquilli nell’ombra per raccontare la loro storia, antica di secoli. L’area archeologica di San Pietro degli Schiavoni, infatti, è quanto ci resta di un quartiere romano di età medio-imperiale, ulteriore prova della ricchezza storica della città di Brindisi ancora da scoprire e valorizzare. Il cuore di queste rovine, che riposano tranquille all’ombra del nuovo teatro, è dato dal tracciato del cardine, lungo circa un centinaio di metri. Esso era la strada maestra che, nel gioco a scacchiera creato dall’edilizia urbana romana, scorreva da nord a sud. A Brindisi ne sono stari individuati quattro, ma questo è l’unico a
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essere visibile. Il cardine in questione è delimitato da crepidini formati da massi addossati in base la tecnica isodoma, molto usata nell’antichità classica, che prevede file regolari e omogenee, sfalsate rispetto a quella precedente. In particolare, osservando da vicino quelle dell’area di San Pietro degli Schiavoni, è possibile notare alcune immagini scavate nella pietra, come il pesce o alcune lettere appartenenti a un latino arcaico. I resti raccontano la storia di un quartiere benestante: nella parte est degli scavi, la terra è ricoperta da mosaici e da lastre di marmo, oltre che dall’impronta di quello che doveva essere un peristilio avvolgente una domus patrizia, da cui si accedeva probabilmente dal decumano sud. La parte ovest degli scavi, invece, riposa su altri stili di pavimentazione, come quello a opus spicatum (a spina di pesce) o in opus signinum (assimilabile al moderno cocciopesto), tipiche, invece, delle zone di servizio che si trovavano nella parte più bassa delle abitazioni popolari. Ancora, scorrendo con lo sguardo tra i resti emergenti dal terreno, è possibile ricostruire le linee di un complesso termale, la cui la parte finale poggiava sul cardine. In particolare sono evidenti le vasche di marmo e il peculiare impianto di riscaldamento: esso era di tipo suspensurae, che, per la diffusione del calore, prevedeva un pavimento sospeso su tipici pilastrini in mattoni e dei tubi in cotto incassati nelle pareti laterali. Il recupero dei resti di quest’ala del quartiere romano è un esempio di come la modernità possa tendere una mano al passato: l’area archeologica, infatti, fu individuata durante gli scavi per la costruzione del nuovo teatro comunale nel 1967. La sensazionalità della scoperta bloccò i lavori per diversi anni ma permise anche l’elaborazione del progetto del “teatro sospeso”, unico per avere nel suo interno una vetrata che lascia osservare dall’alto i resti che l’imponente struttura in acciaio protegge. Nel lasciare questo luogo dall’odore così tipico per
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Particolare degli scavi e del mosaico, foto di Fabiana Lubelli
riaffacciarsi sulle assolate vie del centro, non si può far a meno di immaginare, per un attimo, la vita dei Romani tra quelle rovine. Li si immagina in attività operose, tra le vie e nelle case. Con un movimento graduale degli occhi, si può persino alzare, intorno alle loro frenetiche attività, i muri delle loro abitazioni, magari ricostruendo gli stucchi, i marmi e i loro mille colori variopinti. L’immaginazione viene lentamente riempita dai rumori di un tempo passato, da schiamazzi in un’elegante lingua sconosciuta, dai rumori dei carri i cui segni sono ancora visibili tra la polvere del cardine. Ci si dimentica del buio e della muffa e si ha il sentore di una vita che pulsa, di un’energia primordiale che trova nel sole il suo primo nutrimento. Allora, dando finalmente le spalle all’ombra del passato e riemergendo nei raggi caldi del sole estivo, non si può far a meno di esser sicuri, che, anche secoli fa, Brindisi aveva lo stesso odore.
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sol leWitt fino al 25 novembre 2016 sTUDIO GIAnGALEAZZO VIsCOnTI Milano, C.so Monforte 23 Orari: da lunedì a venerdì, 11.00 13.00; 15.00 – 19.00. Ingresso libero
Franco Fossa la figura e i suoi luoghi fino al 26 giugno 2016 Palazzo Leone da Perego Legnano (MI)
il mondo visto da nesPolo" a cura di tiziano giurin ex Convento dei Teatini Lecce, via Vittorio Emanuele fino al 30 giugno 2016 Vernissage 28 maggio, ore 18:30 orario di apertura_: tutti i giorni dalle 10:30 alle 12:30 e dalle 18:00 alle 20:00, ingresso libero info:artecogallerie.it
PasHedu. un artigiano alla corte dei Faraoni Padova, Palazzo Zuckermann fino al 19 giugno 2016 orario 10:00-19:00 aperta da martedì a domenica chiuso tutti i lunedì non festivi, 1 maggio orario 10-19 Tariffe unico euro 5,00 scuole euro 3,00 i biglietti, acquistabili alla cassa dei Musei Civici agli Eremitani, consento l'ingresso ai Musei Civici agli Eremitani e a Palazzo Zuckermann prenotazioni 392 9048069 padovacultura.it www.cultouractive.com
WHite. il bianco nella moda 1960-2010: da Pierre Cardin a Prada a cura di Manuela Rossi fino al 12 giugno 2016 Carpi (MO) – Musei di Palazzo dei Pio Piazza dei Martiri, 68 Info: tel 059/649955 - 360 Orari: da martedì a domenica, ore 10-13; giovedì, sabato, domenica e festivi anche 15-19. Chiuso il lunedì. Ingresso intero 5 euro, ridotto 3 euro
sam Havadtoy. only remember the future 1 giugno - 8 luglio 2016 Milano, Fondazione Mudima (via Tadino 26) Orari: lunedì-venerdì, 11.00-13.00; 15.00-19.00 Ingresso libero Info: tel. 02.29409633
dell’inFingimento. Quello che noi crediamo di sapere della fotografia fino al 20 luglio 2016 Lissone (MB), Museo d’arte contemporanea (viale Padania 6) Orari: mercoledì e venerdì, 10.0013.00; giovedì, 16.00-23.00; sabato e domenica, 10.00-12.00; 15.00-19.00 Info:tel. 039 7397368 antonio da Fabriano. la madonna della misericordia Museo Diocesano di Milano (Milano, c.so Porta Ticinese 95) fino al 20 novembre 2016 Orari: martedì-domenica, 10.0018.00 (La biglietteria chiude alle ore 17.30) chiuso lunedì (eccetto Festivi)
marcel ducHamP – dada e neo-dada Ascona (svizzera), Museo Comunale d’Arte Moderna (via Borgo 34) 25 marzo – 26 giugno 2016 Orari: Martedì - sabato, 10.00 - 12.00; 14.00 - 17.00 (marzo - giugno / settembre - dicembre) 16.00 - 19.00 (luglio - agosto) Domenica e festivi, 10.30 - 12.30. Lunedì chiuso. Intero: CHF 10 Info: tel. +41 (0)91 759 81 40
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alPHonse mucHa curata da tomoko sato fino al 11 settembre 2016 Roma, Complesso del Vittoriano Ala Brasini
Piero della Francesca. indagine su un mito Forlì, Musei san Domenico fino al 26 giugno 2016
a tavola. i colori del sacro. 8^ rassegna internazionale di illustrazione Padova, Museo Diocesano fino al 26 giugno 2016 Informazioni e prenotazioni per visite guidate e laboratori: Museo Diocesano Padova tel. 049 652855 / 049 8761924 info@icoloridelsacro.org www.icoloridelsacro.org e www.museodiocesanopadova.it
urBan mining rigeneraZioni urBane xxv edizione del Premio nazionale arti visive città di gallarate fino al 17 luglio 2016 Gallarate
Helmut neWton FotograFie WHite Women / sleePless nigHts / Big nudes fino al 7 agosto 2016 Venezia, Casa dei Tre Oci Fondamenta delle Zitelle, 43 30133 Giudecca - Venezia Vaporetto: Fermata Zitelle; Da piazzale Roma e dalla Ferrovia linea 4.1 - 2 Da san Zaccaria linea 2 - 4.2 Orari: Tutti i giorni 10– 19; chiuso martedì Info: tel. +39 041 24 12 332
carlo Bernardini. dimensioni invisibili fino al 18 ottobre 2016 Aeroporto di Milano Malpensa, Porta di Milano Inaugurazione: mercoledì 18 maggio ore 11.30 Orari: dalle 8.00 alle 22.00 Ingresso libero
ITInER_ARTE...DOVE E QUAnDO...
matteo Pugliese. spiriti ostinati Marina di Pietrasanta (LU), La Versiliana (viale Enrico Morin, 16) 4 giugno - 15 settembre 2016 Ingresso libero Orario: tutti i giorni, 17.00-23.30 Informazioni: tel 0584.265757;
Le foto sono di Mario Cazzato
il PalaZZo di isaBella castriota la Poetessa di lecce
salento segreto
a cura di Mario Cazzato
Qui nacque nel 1704 Isabella Castriota la piÚ grande poetessa leccese del 700 e qui formò la sua notevole cultura poetica. Nel 1741 sposò Pietro Belli trasferendosi nel palazzo del marito di fronte alla chiesa di S. Irene. Palazzo Castriota dove nacque era attaccato a palazzo Castromediano-Giustiniani ed era in angolo tra le vie di San Biagio oggi via dei Perroni e via Corne te lu Capece o grate di San Matteo oggi Ascanio Grandi. Rifatto da Emanuele Manieri nel 1756 fu ricostruito nelle modeste forme attuali nei primi anni del Novecento.
Lecce. La casa natale di Isabella Castriota (costruita alla fine del XVII secolo, rifatta da E. Manieri il 1756)
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il vero PalaZZo mellone e la storia di un uxoricida e sPia BorBonica di Mario Cazzato
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Luoghi e tracce del passato che hanno ancora qualcosa da dire
” storie. L’uomo e il territorio
Nell'attuale via Carlo Russi, l'antica via De Angelis, l'unica via leccese cantata da Bodini (ricordate?: e come son cresciute /le piccole figlie di puttana /che un tempo vedevo spidocchiare /con rare raucedini dalle madri...) esiste quasi integro un vasto palazzo dalle chiare fattezze tardo seicentesche quando, appartenuto alla nobile famiglia dei Mauro, fu ricostruito da Giuseppe Zimbalo. Lo si può dedurre chiaramente dal portale sormontato da una loggia balaustrata. Passò ai De Angelis e dunque ai Mellone sicuramente dal 1772. A due piani con un bel giardino tale palazzo confinava a sinistra con quello degli Stella e a destra con quello assai più maestoso dei Tresca; il più noto dei Mellone fu Luigi che, in quanto repubblicano, fu incarcerato per i fatti del 1799. Nel maggio 1804 scoppiò la tragedia, sentendosi tradito uccise sia la moglie che il presunto amante un ufficiale napoleonico. Inseguito dai francesi riparò prima a Malta poi a Corfù e in Turchia. Nel 1811 divenne agente segreto della regina Maria Carolina per la quale percorse l'Europa sempre con i francesi alle calcagna. Rientrò a Lecce nel 1821 e continuo la sua azione di agente segreto borbonico durante i moti carbonari. Si trasferì a Maglie dove morì nel 1833. Una figlia, Angela, fu madre del celebre giurista Giuseppe Pisanelli autore del codice civile italiano. Nel frattempo l’edificio finì nelle mani di Giuseppe Libertini, il ricchissimo zio dell'omonimo patriota. Poco dopo il 1874 il palazzo passò ai Russi.
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Alcuni momenti della manifestazione: nel riquadro in basso: Folkalore, nella pagina accanto Cesare Dell’Anna 5Tet, in basso, l’installazione “Ferite nascoste” di Lucio Conversano
la rinvoluzione di Borgoinfesta 2016 l’aPs ‘ngracalati vince la sfida di Marcella Barone
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Ambiente, cultura, arte e territorio gli ingredienti del Bif l’evento eco culturale di Borgagne
BORGAGNE (Lecce). "Voci di Terra" è stato il tema, e insieme la sfida, della "rINvoluzione" lanciata quest'anno dall'APS 'Ngracalati, impegnata da 12 anni a questa parte nella realizzazione di molteplici attività legate all'ambiente, alla solidarietà ma anche al recupero delle tradizioni e delle origini del nostro antico territorio. Tutte queste attività culminano ogni anno, nei primi giorni d'estate, nell'evento eco culturale "Borgoinfesta" che, specchio dei valori e degli scopi dell'associazione di promozione sociale, sin dallo scorso anno è stato ripensato in un'ottica nuova, più minimale e intima, eliminando sprechi, palchi imponenti e luci troppo forti, per lasciare spazio invece alla condivisione di spazi semplici, "api sonanti" su cui gli artisti hanno suonato, "carriole erranti" create dai bambini che hanno portato a spasso allegramente la solidarietà per la raccolta fondi utile al sostentamento dell'orfanotrofio in Benin che la comunità ha adottato da alcuni anni. La manifestazione, dunque, ha ospitato diverse sezioni
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tra cui BifCiak, BifSolidale, BifNarrante e così via, dando il nome di Bif, acronimo di Borgoinfesta, ad ogni spazio dedicato all'arte, cinema e via dicendo. A pochi giorni dalla conclusione della manifestazione, che il 3 e 4 giugno ha animato la piccola e caratteristica comunità di Borgagne (frazione di Melendugno), si tirano le somme di una edizione, la 12esima, davvero unica: le piccole cose, spesso, fanno la differenza e i volontari e tutti gli abitanti del paese hanno dato prova di essere una comunità unita e capace di guardare al futuro con fiducia mettendo in campo risorse, idee e condividendo impegno ed entusiasmo. La due giorni, poi, è stata un susseguirsi di eventi, laboratori, workshop e installazioni. Venerdì 3 giugno, dopo il workshop pomeridiano di artigianato, si sono esibiti nello spazio di Piazza Sant’Antonio e nelle corti circostanti due straordinari interpreti della tradizione musicale salentina, Dario Muci ed Enza Pagliara, poi i Folkalore in formazio-
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ne sdoppiata che ha ospitato al suo interno altri amici musicisti, da un lato i Folka con Stefania Murciano, Luigi Dima, Roberto Corciulo e Alessandro Trovè, dall’altro i Calacorda con Antonio Mariano, Luigi Surdo, Alessandro Madaro, Marco Dima e Filippo Corciulo, poi i Folkalore nella formazione storica, e ancora i canti e racconti di terra dal Gargano all'Alto Salento di Nicola Briuolo, Gianni Amati, Martina Calluso, Rosario Nido, Bernardo Bisceglia, Dario Romano, e per finire Giovanni Avantaggiato e famiglia. Sabato 4 giugno, invece, dopo la passeggiata pomeridiana fra le scrasce con Wilma Vedruccio e il laboratorio esperienziale di pasta fatta in casa, le api sonanti, dai caratteristici nomi della terra, hanno dato il meglio di sé
con l'interpretazione in chiave cameristica del repertorio popolare internazionale da parte dei Folksongs, ossia il soprano Tiziana Portoghese, il fisarmonicista Francesco Palazzo e il percussionista Luigi Morleo, le musiche dal Fado al Salento di Marco Poeta, Frida Neri e Roberto Licci, il laboratorio emozionale di chitarra di Andrea Rizzo, e poi il riuscitissimo esperimento della Unzazap Bif Band che, diretta dal maestro Luigi Morleo, ha fatto suonare ritmicamente gli attrezzi da lavoro della campagna. Grande chiusura musicale, infine, con il virtuoso trombettista Cesare Dell’Anna che per l'occasione si è esibito in quintetto con il cantante senegalese Talla. Menzione a parte meritano, poi, le installazioni portate a Borgoinfesta dagli artisti del territorio che hanno rappresentato i temi dell'ambiente e della riscoperta delle origini: Salvatore Rizzello “Innesti…”, Lucio Conversano “Ferite nascoste”, Fernando Longo “What a Lovely Day Tomorrow”, Luigi Zocchi “Taccari for ever”, Domenico Bruno e Franco Chiarello “Voci di terra”,
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Valentina Florio, Irene Parisi “Punti di vista” e Gianni Chiriatti “Diversobio”. Accanto alla musica, i workshop e l'arte, la sala cinematografica allestita per l'occasioen ha proiettato a rotazione "Mamma Africa. Racconti di viaggio" e "Il Sale della terra. Agricoltura organica dal Mondo" raccontando con le immagini l’esperienza degli 'Ngracalati in Africa mentre la sezione BifNarrante, curata da Wilma Vedruccio, ha riassunto le voci di terra in racconti e letture. Bif è stato anche ecofriendly con l'ausilio della certificazione volontaria “Ecofesta Puglia”, premiata nel 2012 dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per la sua carica innovativa. Inoltre, una gastronomia diffusa ha lasciato spazio ai sapori nostrani: non solo piatti tipici, ma anche leccornie vegane e vegetariane, cocktail a km0, alternative di pesce e carne e, ovviamente, i dolci della tradizione. Nel segno della condivisione, la conclusione domenica 5 giugno in piazza, per festeggiare insieme in particolar modo, la "rINvoluzione" che, siamo certi, è solo agli inizi.
Veduta di Alì Terme (Messina) foto dal sito ufficiale
artalit i nuovi linguaggi contemPoranei tra arte, arcHitettura e territorio
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Un ciclo di eventi per rafforzare l’identità territoriale
di Paola Butera
ALì TERME (Messina). Alì Terme, in provincia di Messina, è un piccolo centro balneare e termale lungo la riviera ionica, vicino la più famosa Taormina, con una popolazione di circa tremila abitanti. La passata stagione estiva si è resa protagonista di uno dei programmi culturali più innovativi e di grande attualità dal titolo ArtAlit progettato e curato dall’associazione culturale Arte Alta e grazie al sostegno del P.O. FESR Sicilia "Valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico-ambientali per l’attrattività e lo sviluppo". Linea di intervento 3.1.3.3, "Sviluppo di servizi culturali al territorio e alla produzione artistica e artigianale che opera nel campo dell’Arte e dell’Architettura Contemporanea." Il progetto si è esteso in più forme artistico/culturali del panorama contemporaneo, dal teatro/architettura alla musica sperimentale, dai laboratori di manipolazione
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materica alle istallazioni video. Tre macro aree dove le attività artistiche sono state espresse, per ogni disciplina, da maestri e artisti di livello internazionale e che ha visto protagonista soprattutto il pubblico, volutamente reso partecipe in ogni singolo laboratorio ed evento.
Il teatro/architettura Grande partecipazione ed entusiasmo per il teatro (architettura e le istallazioni video, a cura degli artisti del Teatro Studio Krypton di Firenze e gli Architetti Fabio Ciaravella, Umberto Daina, Vincenzo Fiore del collettivo artistico Studio ++. Le loro performance di spettacolazione urbana sono state costruite ad-hoc per l’occasione, tenendo conto del territorio e delle contaminazioni suggerite dal luogo stesso con l’intento di diffondere la cultura del teatro-architettura e dell’arte per lo spazio pubblico, come forma innovativa
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di arte contemporanea con la partecipazione attiva dei cittadini. A dirigere i laboratori e gli spettacoli di teatro/architettura il regista e scenografo Giancarlo Cauteruccio, ideatore e progettista dei laboratori e allestimenti scenici, con una par-
ticolare attenzione della scelta scenica che il paesaggio stesso e l’architettura urbana metteva a disposizione. Così nelle serate estive siciliane, per tutto il periodo della manifestazione, un laser ha giocato con gli scorci paesaggistici, illuminando e ponendo l’attenzione sulle metafore tra la città e il mare, dalla memoria storica alla realtà contemporanea, mettendo in relazione il paesaggio naturale con la creazione scenica. Di tutta la manifestazione tra laboratori e spettacoli, tre eventi spiccano per innovazione e coinvolgimento. Una performance realizzata dallo Studio ++, l’installazione itinerante dal titolo “Epiche Intimità”, che è riuscita a coinvolgere i cittadini rendendoli partecipi della memoria storica del luogo. Ne è scaturito un video composto di interviste a persone che hanno riportato alla memoria storie reali o fatti leggendari sul territorio. Le interviste sono state poi proiettate simultaneamente in quattro siti strategici della città, tra cui il muro esterno di un’ex deposito dismesso e la facciata delle vecchie terme. Sempre sul filone dei ricordi, il collettivo artistico Studio ++ ha realizzato una performance che ha messo al centro dell’evento un megafono itinerante. Per le vie della città nelle ore di punta, il megafono raccontava di antiche leggende, di tesori nascosti, così da far affiorare i ricordi e coinvolgere tutti i cittadini. Persino i più giovani, mossi da curiosità hanno ricevuto quello stimolo creativo da renderli reattivi e nello stesso tempo partecipativi. Mentre con il “Laboratorio per l’addestramento della luce” il coinvolgimento è stato diverso. Un’azione urbana video-laser prodotta dai danzatori di Krypton ha messo in primo piano il rapporto tra corpo e spazio chiamando in causa gli studenti dell’Accademia di Catania e quelli dell’Università Degli Studi di Firenze che, in questo caso, hanno chiesto ai cittadini di esprimere la propria creatività. Una performance di notevole impatto spettacolare, dove la rinascita della bellezza è stata interpretata come valore sociale e civile. Il ciclo dedicato al Teatro/Architettura si è concluso con la messa in scena di un’opera di teatro musicale di grande impatto: l’“Eneide di Krypton”. Un classico del teatro ambientato per l’occasione in un luogo urbano aperto che traeva da elementi
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naturali, come il cielo ed il mare, i componenti essenziali per una scenografia perfetta con un interessante utilizzo della tecnologia. Effetti speciali dovuti alle proiezioni in video mapping e agli scenari in luce laser sublimati dalle musiche originali dei Litfiba e Beau Geste. La rappresentazione, tra luci, musica, proiezioni e corpi in scena ha voluto giocare su più piani espressivi, intersecandosi e alternandosi dando l’idea, allo spettatore, di compiere il viaggio assieme ai protagonisti. Una versione di Eneide che ha omaggiato, al termine di tutte le performance della parte dedicata al Teatro/Architettura, i cittadini di Alì Terme per la loro accoglienza, partecipazione ed integrazione.
Musica/Danza Il secondo percorso artistico ha visto come protagoniste la musica e la danza, con il loro impatto straordinario, ottenendo la partecipazione e il coinvolgimento di molti giovani della città. Un evento capace di creare delle sinergie dando vita ad una nuova ed originale Musica contemporanea. Il laboratorio tenuto dalla docente di Strumenti a Percussione Maria Grazia Armaleo, con il suo metodo “Nuova didattica del ritmo – body percussion”. Questo ha reso possibile l’interesse dei giovani partecipanti, alla musica e al ritmo, in una modalità tutta nuova e che si prefiggeva di essere utile, piacevole e divertente, utilizzando il linguaggio del corpo per sviluppare capacità creative, comunicative ed espressive, attraverso un’e-
Foto: un momento dello spettacolo l’“Eneide di Krypton”.
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sperienza didattica assolutamente innovativa ed entusiasmante. Tutto si è basato su ritmi forti, incalzanti, spontanei e naturali, fusi con sonorità nuove e antiche, tali da generare un’alchimia tra culture e tradizioni musicali differenti con energiche vibrazioni che riportano a quei ritmi originari del territorio. Al centro di un cerchio sonoro chi ascolta percorre un viaggio interiore che riporta alla memoria antichi ricordi ormai dimenticati, perdendosi in intime emozioni che vanno oltre i confini del tempo e dello spazio. Il laboratorio didattico si è svolto in più fasi con spazi e tempi ben definiti, lavorando in gruppo con una particolare attenzione allo spazio dedicato ai bambini e ai giovani, questi ultimi si sono impegnati nella lettura di un repertorio originale e stimolante. I laboratori hanno visto una particolare partecipazione, coinvolgente e piena di entusiasmo, e si è conclusa con il concerto in Piazza Nino Prestia dove si sono esibiti più gruppi di giovani musicisti siciliani. Il repertorio contemporaneo, così straordinario ed eclettico, era composto di un mix di elementi che ha interessato il movimento con l’uso del corpo come strumento musicale, dal quale il nome “Body Percussion” e gli strumenti della tradizione afroamericana. Così tra percussioni etniche, tamburi a cornice, oggetti sonori, scansione verbale, vocalità e tanta improvvisazione il concerto ha emozionato e reso partecipe tutto il pubblico presente.
di scoprire il proprio talento creativo. Il percorso è stato poi approfondito con la manipolazione dell’argilla affrontato come arte liberatoria ed immediata e che ha lasciato spazio alla creatività e all’istinto di ognuno ma ha fatto anche scoprire tanti tipi di argille, diverse per colore, consistenza e grana. Per finire con l’apprendimento di diverse tecniche di modellazione e di decorazione, entrando in contatto più profondamente con la manualità e quindi con la riconquista della propria percezione corporea. Un laboratorio che ha messo in luce l’esigenza di conoscere e conoscersi anche attraverso la creatività, dove la materia e la sua funzionalità può far riappropriare di una capacità e di cui il frutto coincide con l’elaborazione del vissuto personale. Il ciclo di eventi e laboratori inseriti nel programma ArtAlit si è trasformato in un’occasione di comunità e accoglienza, con il confronto tra storia e contemporaneità, ma anche occasione di conoscenza culturale per le nuove generazioni, che hanno avuto l’opportunità creativa di partecipare a laboratori dedicati all’architettura, l’arte e alla musica portando con sé l’estro creativo e apprendendo in un modo nuovo le culture e le tradizioni che la storia ci ha tramandato.
Laboratorio di manualità Non poteva mancare nel programma ArtAlit l’incontro con l’arte ceramica, una delle più antiche artigianalità siciliane conosciuta in tutto il mondo. Sculture, bassorilievi, vasi, contenitori, oggetti legati alla quotidianità, pannelli decorativi, piccole sculture; sono solo alcune delle lavorazioni che il Maestro Alfio Busà ha fatto conoscere e realizzare, ai cittadini intervenuti, nel laboratorio didattico da lui tenuto e che si è svolto in tre incontri. Durante il laboratorio il Maestro Busà ha spiegato le caratteristiche e le tecniche base della ceramica e ha indirizzato i partecipanti verso un percorso personale approfondendo i diversi aspetti della tecnica ceramica, dalla manipolazione alla decorazione, dando così l’opportunità ad ognuno
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intervista a giancarlo cauteruccio regista d’avanguardia teatrale di Paola Butera
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regista, scenografo, attore, fondatore della compagnia kripton
Giancarlo Cauteruccio è l’ideatore, regista e scenografo che ha curato la rassegna “Teatro Architettura tra Mito e Contemporaneità”. Nel suo lavoro artistico ha esaltato con continua ricerca il valore sensoriale del paesaggio e dell’architettura, considerandolo in continua evoluzione e sempre aperto a confronti utili ai processi che generano la nascita dell’opera d’arte. Come siete arrivati alla realizzazione di questo progetto? Devo dire che il territorio ci è stato di aiuto, abbiamo potuto utilizzare la bellissima spiaggia di Ali Terme che ci ha regalato quell’atmosfera magica e misteriosa che emergeva quasi come arrivasse dal mare. La rappresentazione del rapporto tra il corpo e lo spazio è stato consolidato da questa magia. Lo spazio rappresentato attraverso la luce che delinea le forme architettoniche, porta a quel ritmo vitale che esiste tra corpo e spazio e proprio attraverso questo ritmo e sul concetto di creatività che si è basata tutta la performance. In questa Eneide non si recitano testi drammaturgici ma cerchiamo di mettere in moto i messaggi creativi che sappiamo essere oggi anche uno strumento per il futuro dei nostri giovani. Credo che la creatività sia una spinta per poter dare la possibilità di un
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momento di riflessione, di crescita personale, plasma gli aspetti comportamentali e genera altra creatività. Qual è il messaggio che vuole dare con questa sua Eneide? Al di là dell’impatto spettacolare, la performance, racconta un possibile collegamento storico. Tutto quello che abbiamo messo in gioco in realtà è una continua citazione, un ripetersi delle avanguardie storiche che analizzavano sempre il rapporto tra passato e futuro. Un progetto che richiede una continua ricerca e uso della tecnologia nella creatività è il risultato di una ricerca interdisciplinare che porto avanti da 30 anni e metto in relazione tutti i linguaggi dell’arte, dall’architettura alla pittura, dalla musica al movimento della danza tutta in un universo immaginifico. è tutto un lavoro creativo frutto di studi che portano, attraverso la sperimentazione, la definizione di Architetture dinamiche di luce che fanno del teatro un nuovo modo di percepire lo spazio e il corpo, sentendosi parte attiva e così anche coinvolta emotivamente. Con lo scopo poi di portare una delle più antiche forme di espressione come il teatro direttamente nei luoghi abitati, nelle piazze e nei luoghi dove la gente vive il quotidiano.
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Giancarlo Cauteruccio è nato in provincia di Cosenza, dal 1975 vive e opera a Firenze. Regista, scenografo, attore, Cauteruccio oggi si distingue tra i registi più innovativi nell’area della seconda avanguardia teatrale italiana. Per molto tempo direttore artistico del Teatro Studio di Scandicci, in provincia di Firenze, dove è nata la sua compagnia Kripton, ha svolto attività didattica in Italia e negli Stati Uniti, è docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, curando Laboratori di ricerca per studenti universitari sulle metodologie e tecniche per il progetto dell’evento urbano affrontando temi come la sperimentazione dei sistemi illuminotecnici, macchinerie tecnologiche applicate alle arti sceniche finalizzati alla realizzazione di eventi scenici nello spazio urbano.
il Primo Parco ecclesiale d’italia nelle terre del caPo di leuca
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di Maurizio Antonazzo
dall’11 al 14 agosto il convegno europeo Mediterraneo, un mare di ponti
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SANTA MARIA DI LEUCA (Lecce). Il patrimonio storico, culturale e architettonico religioso, di cui è ricco il territorio del Capo di Leuca, spesso è poco conosciuto dai suoi stessi abitanti, ma stupisce che alcuni turisti che raggiungono questa parte della Puglia, dimostrano di essere informati meglio dei suoi stessi residenti. Con l’obiettivo di valorizzare i beni culturali ecclesiali, nel più ampio contesto dell’attrattività territoriale e come veicolo di evangelizzazione, di incontro, di dialogo e di pace per un’ecologia integrale della persona umana, la Diocesi di Ugento - S. Maria di Leuca ha costituito un modello di ente che non ha eguali in Italia: la Fondazione di partecipazione Parco Culturale Ecclesiale “Terre del Capo di Leuca - De Finibus Terrae”. Il sodalizio, fortemente voluto da Mons. Vito Angiuli, Vescovo di Ugento - S. Maria di Leuca, nasce da un inno-
vativo progetto nazionale della Conferenza Episcopale Italiana attraverso l’Ufficio Nazionale per la Pastorale del Turismo. Una sfida che parte dal profondo Sud, dalla “fine delle terre”, da quel Capo di Leuca profondamente immerso nel Mediterraneo che ancora vive nella presenza della Basilica Santuario e delle memorie dei passi di San Pietro e che si proietta nel mondo attraverso le parole di Don Tonino Bello. Un progetto per lavorare “insieme”, per fare rete tra gli enti pubblici e privati, associazioni e quanti vorranno farne parte per una proficua collaborazione al fine di valorizzare i beni ambientali, artistici e religiosi presenti sul territorio, ma anche uno strumento prezioso a servizio di quanti, pur vivendo in questo territorio, vogliono conoscerlo in maniera più approfondita e dettagliata. Tra le prime iniziative del Parco c’è la realizzazione del marchio colletChiesetta di Santa Barbara di Montesardo, foto arch. Luigi Nicolardi
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Particolare affreschi, interno Chiesetta di Santa Barbara di Montesardo; foto in basso la consegna della delibera da parte del Sindaco al Vescovo Mons.Vito Angiuli, foto arch. Luigi Nicolardi
tivo territoriale “Cammini di Leuca”, attività in fase progettuale, finalizzata a recuperare antichi tratturi e i secolari percorsi dei pellegrini che dal nord Europa raggiungevano quello che era per quei tempi l'estremo lembo della terra. Obiettivo primario è recuperare e valorizzare la “via Leucadensis”, il suggestivo itinerario che per secoli i pellegrini affrontavano per giungere da Roma fino a Leuca, molto spesso per imbarcarsi per la Terra Santa o viceversa per raggiungere la città santa, soprattutto, in occasione delle periodiche celebrazioni dell’Anno Santo. A questa si aggiungeranno una serie di itinerari tematici che toccheranno punti nodali del Capo di Leuca con stazioni di ristoro, servizi e luoghi di accoglienza per i pellegrini. Un “nodo” sarà all’interno del centro multimediale di documentazione ed informazione, in quello che una volta era il monastero della Chiesetta di Santa Barbara di Montesardo, databile intorno al XIII secolo e recentemente riaperta al culto, che il Comune di Alessano, proprietario del luogo sacro, al fine di renderlo fruibile alla collettività ed ai turisti, lo ha concesso in gestione al Parco per la durata di cinque anni e alla Parrocchia di Montesardo per il culto. Anche un evento internazionale per favorire la pace, dal 11 al 14 agosto prossimi, il Parco accoglierà nel Capo di Leuca decine di giovani europei e dei Paesi del Mediterraneo per incontrarsi e dialogare sul tema “Mediterraneo, un mare di ponti”, per poi scrivere insieme la “Carta di Leuca”, che diventerà un appello ai governanti a fare del Mediterraneo un’arca di Pace. Questo accadrà in un territorio che per natura è un ponte tra Oriente e Occidente, centro del Mediterraneo, dove l’Europa tocca con un dito i
popoli che si affacciano sul Mediterraneo, su cui un faro invita ad incrociarsi e incontrarsi per dialogare, costruire la pace e custodire il creato, di cui Don Tonino Bello, che in questa terra riposa e ne è stato profeta. Un importante momento di confronto internazionale che si concluderà nella notte tra il 13 e il 14 agosto con il Pellegrinaggio sul Cammino di Leuca, dal tema: “In cammino... verso un'alba di Pace”. Il Parco Culturale Ecclesiale sarà un originale “pacchetto” turistico dedicato a quello religioso, composto da: itinerari, sentieri legati alla storia del territorio, cammini, luoghi di raccoglimento, eventi e sagre di paese, silenzio della natura e musica salentina tipica. Un Parco a disposizione dei turisti che, suo tramite, vorranno farsi guidare alla scoperta di un territorio dove la storia, le tradizioni, la cultura e la natura si fondono in un scenario di ineguagliabile bellezza, con l’obiettivo di promuoverlo 365 giorni l’anno, per un turismo religioso sempre pronto ad accogliere i pellegrini.
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Festival trastevere: due mesi di cinema sotto le stelle di roma
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e l’omaggio ai grandi registi scola, caligari, remotti e citti. tra gli ospiti Benigni, ozpetek, argento, rosi e celestini
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ROMA. Festival Trastevere Rione del Cinema ai nastri di partenza dal 1 giugno al 1 agosto con la terza edizione. E San Cosimato torna ad essere un cinema a cielo aperto. “Trastevere è il Rione del Cinema, un tempo rione con la più alta densità di sale cinematografiche, - spiegano gli organizzatori - oggi con la più alta densità di Arene Estive: Piazza San Cosimato, l’Isola del Cinema e l’Arena Nuovo Sacher con la loro bellezza e vivacità, con i dibattiti, le rassegn e e gli ospiti, fanno sperare che il cinema possa rinascere e che le sale dismesse possano esser riaperte come la Sala Troisi perchè si possa creare a Trastevere un un circuito diffuso del cinema”. La direzione artistica, interamente curata dall’assemblea del Piccolo America, quest’anno ha deciso di omaggiare i maestri Ettore Scola, Claudio Caligari, Remo Remotti e Franco Citti perché ognuno a suo modo rappresenta un pezzo di storia di Roma e dei suoi luoghi. Evento clou, il 10 giugno con Roberto Benigni che sarà in piazza San Cosimato per introdurre “Non ci resta che piangere”, un cult della storia del cinema in Italia, girato nel 1984 con l’amico di sempre Massimo Troisi. Il 21 giugno in occasione della scomparsa di Remo Remotti, Silvio Montanaro presenterà la prima proiezione pubblica del suo “Professione Remotti”, il 22 luglio un saluto doveroso a Franco Citti, volto della Roma più bella, con la proiezione di “Accattone” di Pasolini. Non poteva mancare una rassegna per i più pic-
coli, anche questa gratis, con la proiezione dei classici Disney e Pixar e che si aprirà con la proiezione di “Fantasia”, in occasione dei 70 anni dalla sua prima distribuzione in Italia. Ogni Lunedì la Commedia all’italiana illuminerà la piazza, mentre ogni martedì di giugno si terranno quattro lezioni sul rapporto tra musica e cinema a cura di Ernesto Assante e Gino Castaldo, cui si sostituirà a luglio la retrospettiva in versione originale sottotitolata in italiano dei film di Xavier Dolan. I mercoledì di giugno saranno dedicati a quattro documentari italiani contemporanei, tutti presentati dai rispettivi giovanissimi registi in concorso nel 2015 al Festival dei Popoli ed a Venezia, cui seguiranno a luglio alcuni restauri della Cineteca di Bologna, che riporteranno i capolavori della filmografia internazionale al centro della programmazione. Il giovedì e il venerdì saranno dedicati a presentazioni e dibattiti con ospiti come Dario Argento che presenterà “Profondo Rosso”, Ferzan Özpetek con il suo “Le fate ignoranti”, Ivano de Matteo con il cast porterà “La bella gente”, Ascanio Celestini e Luca Bigazzi con “Viva la sposa”, Kim Rossi Stuart e Barbora Bobulova a luglio presenteranno assieme “Anche libero va bene” e dulcis in fundo “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi, vincitore dell’Orso d’Oro di Berlino. Per consultare l’intero programma, trasteverecinema.it
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Nella foto: Mantova, foto : festadellamusica.beniculturali.it
21 giugno. la Festa della musica e a mantova sul Palco mille giovani di Sara De Maio
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anteprima a mantova il 18 giugno con “1000 giovani per la Festa della musica
MANTOVA. Nel 1982 l’allora ministro alla cultura francese Jack Lang lanciò un’iniziativa che dalla Francia si sarebbe diffusa poi in tutta Europa. Si tratta della Festa della musica che dal 1985, Anno Europeo della Musica, si svolge in Europa e nel mondo. Dal 1995, Barcellona, Berlino, Bruxelles, Budapest, Napoli, Parigi, Praga, Roma, Senigallia sono le città fondatrici dell'Associazione Europea Festa della musica e dal 2002, grazie al lavoro fatto dalla AIPFM (Associazione Italiana per la Promozione della Festa della Musica) 120 città italiane si danno appuntamento il 21 giugno, nel giorno del solstizio d’estate per celebrare la musica e chi la fa. Da quest’anno sostiene la Festa della Musica anche il MIbact e l’evento vedrà il coinvolgimento di enti locali, associazioni del settore, realtà del territorio per far sì che solisti, cori, orchestre, gruppi e bande musicali, artisti italiani e stranieri pos-
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sano esibirsi nelle città aderenti. Piazze, strade, musei, parchi archeologici, case circondariali, consolati, ambasciate e ospedali diventeranno il palcoscenico naturale per tutti i musicisti che decideranno di partecipare a questo evento europeo, di cui la Rai è Main Media Partner e Rai Radio3 Media Partner. La festa della musica avrà, dunque, un’anteprima, nella città di Mantova Capitale Italiana della Cultura per il 2016 che il 18 giugno accoglierà ‘1000 giovani per la Festa della Musica’. Ragazze e ragazzi provenienti da ogni parte d’Italia, selezionati attraverso uno scouting di musica dal vivo realizzato a livello nazionale che si esibiranno negli undici palchi sparsi per la città assieme a testimonial musicali e artisti di rilievo. Ogni anno la Città Capitale della Cultura in Italia, grazie al Mibact, organizzerà l’anteprima giovani per la Festa della Musica. Tra i testimonial quest’anno ci sarà Renzo Arbore, da sempre uno dei grandi talent
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scout musicali del nostro paese, che ha applaudito con entusiasmo all’iniziativa. “Infatti “ha commentato Renzo Arbore “i giovani sono sempre i principali protagonisti nel rinnovare la musica e poi a goderne per tutta la vita a partire dall’età della ragione (ma chissà poi quale sarà l’età della ragione!). “sorridendo ha aggiunto “La musica per i giovani, soprattutto ma non solo, è consolatoria, animatrice e protagonista della vita come una misteriosa scienza che si scopre solo suonandola o ascoltandola, ma, proprio al contrario della scienza, la musica è bella proprio quando non è esatta come nel caso della musica dei giovani, del jazz,
dell’improvvisazione e di tutte quelle musiche capaci di innovare la straordinaria meraviglia delle sette note” La prima edizione della Festa dei giovani vedrà in contemporanea nella stupenda Città dei Gonzaga dieci palchi con dieci diversi generi e stili: dal pop al folk, dal rap al rock, dai cantautori al jazz, dall’etnoworld all’elettronica fino alla musica contemporanea con artisti a fare da “padrini” alla manifestazione come Luca Barbarossa, Eugenio Bennato, Omar Pedrini, Tosca, Lo Zoo di Berlino con Patrizio Fariselli degli Area e Ivana Gatti, Marco Ferradini, Stefano Saletti & Ban-
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da Ikona, Peppe Voltarelli, Tricarico, Ivan Cattaneo, Mauro Negri e Alessandro Solbiati e giovani di talento come, tra gli altri, i Kutso, Pilar, Chiara Dello Iacovo, Cecìle, Serena Abrami, Stag con Marco Guazzone, Roberta Di Lorenzo, Cortex, Fabio Dal Min, Marco Sbarbati, Debbit, Dinastia, Voina Hen, Molla, Il Pinguino Imperatore, Giovanni Di Giandomenico, Stanley Rubik, Chiara Vidonis, Toot, Suntiago, Francisci, Veronica Marchi, il Geometra Mangoni, Anna Luppi, Adolfo Durante, Mud e tantissimi altri in una giornata che partirà sabato 18 giugno a Mantova al Teatro Bibiena alle 14 con gli incontri e le testimonianze di Mogol e Luca Barbarossa con Leonardo Metalli ed Enrico Deregibus in un incontro coi giovani, gli incontri sul rock con Gino Castaldo ed Ernesto Assante, la diffusione dei dati sul mercato musicale e tanti altri eventi e con una giornata di musica non stop sui dieci palchi della città, condotta da Cristina Zoppa, fino alle 2 del mattino. Un preludio straordinario all’edizione alla quattordicesima edizione della Festa della Musica, che ha già superato ad oggi la soglia dei 150 Comuni Italiani aderenti e avrà numerosi testimonial. Da ricordare che il 21 giugno Caterina Caselli sarà presente negli Ospedali di Milano con il progetto musicale di Offine Buone, realizzato insieme al MEI. Da Nord a Sud, un calendario di imperdibili eventi musicali in tutte le sue declinazioni. Musica alla Corte di Federico sarà il concerto di musiche medioevali in programma ad Andria, Castel del Monte. (11,30/20). Serenissime note sarà il viaggio nel settecento musicale veneziano a cura di Offerta Musicale Venezia alla Ca’ d’oro Galleria di Giorgio Franchetti; nel museo archeologico di Aquileia risuoneranno le note di Arpeggio d’estate il concerto dell’Orchestra ventaglio d’Arpe diretto dal Maestro Patrizia Tassini mentre al Palazzo Farnese, Caprarola, si potrà assistere al concerto di liuti rinascimentali e barocchi degli allievi del Conservatorio di Santa Cecilia diretti dal Maestro Andrea Damiani. Ad Altamura, La musica nel tempo: festa di note avrà quale scenografia la mostra di reperti archeologici con raffigurazioni di strumenti musicali – strumenti musicali
lignei – rari documenti di archivio - intervallo musicale di strumenti a corda. Il Museo Nazionale Archeologico di Altamura possiede, infatti, nella sua ricca collezione molti reperti archeologici le cui decorazioni figurative testimoniano l’utilizzo nell’antichità di strumenti musicali impiegati nelle funzioni religiose e nelle attività quotidiane. La mostra sarà impreziosita in orario pomeridiano dall’esecuzione di brani musicali dal vivo eseguiti dal violoncellista Giovanni Loiudice che utilizzerà uno splendido violoncello anonimo del 1840 ca. appartenuto al celebre musicista e compositore altamurano Saverio Mercadante (1795-1870). Le Suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bachsono conosciute per essere fra le più note e le più virtuosistiche opere mai scritte per violoncello. A Civita Castellana, nel museo archeologico dell’Agro Falisco e Forte San Gallo si esibirà la Big Band Musa Jazz, Orchestra dell'Università di Roma “La Sapienza” diretta dal Maestro Silverio Cortesi mentre a Roma, sulle scalinate della Galleria d’arte moderna e contemporanea si esibirà il Gavino Murgia Enjoy Quintet. In Piazza Farnese, la festa sarà occasione per celebrare il 60° anniversario del gemellaggio tra Parigi e Roma: sul palco italo-francese, allestito davanti la sede dell’Ambasciata di Francia, si esibiranno il duo francese Brigitte e l’artista Carmen Consoli. Ma gli eventi sono davvero tantissimi. Per scoprire quello più vicino alla vostra città, basterà consultare il portale: festadellamusica.beniculturali.it
Sopra Renzo Arbore, sotto: foto d’archivio: festadellamusica.beniculturali.it
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di Ivano Mugnaini
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una donna lontana dagli stereotipi comodi e suadenti. l’autrice del libro L’arte della gioia ‘insegna a desiderare’
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Ci sono libri e autori che non vengono piegati dalle leggi del tempo e del mondo. Restano ai margini per un certo periodo, può trattarsi di anni o addirittura di decenni, perché precorrono il sentire di un’epoca, e questo dono, prima di essere compreso, è un fardello, o perfino una colpa, agli occhi dei più. Se oggi Goliarda Sapienza è nota e riconosciuta tra le scrittrici più significative del ‘900, si deve al passaparola e a quello spirito libero, quasi anarchico, di coloro che leggono senza pregiudizi, non certo ai paludati, prudenti e non di rado miopi membri dell’intellighenzia. Parlare e scrivere di Goliarda Sapienza vuol dire capire le ragioni di un fenomeno letterario che è cresciuto in modo autonomo, con una progressione costante, tuttora in corso, e si è diffuso a macchia d’olio all’estero, dopo che per anni, in vita, la figura dell’autrice è passata sotto silenzio, snobbata se non ignorata dall’editoria italiana. La personalità singolare, la vita controversa e fuori dagli schemi e uno stile appassionato sono il marchio di una scrittura che ha trovato nel capolavoro L’Arte della Gioia una sintesi in grado di affascinare i lettori di vari paesi.
Il mio personale excursus sulla figura di Goliarda Sapienza, scrittrice e poetessa ma anche attrice e sceneggiatrice, seguirà le tappe e il percorso di questi “viaggi al centro dell'autore”: prenderà le mosse dai luoghi che ne hanno segnato più profondamente la vita e l’opera, quelli con cui ha interagito, ricevendone vita e restituendola, strappando al silenzio e alla follia i segni dell'arte della gioia, e del dolore, riprodotti con una penna coraggiosa e sincera. L'incipit de L'arte della gioia riassume perfettamente l'istinto e la deliberata ricerca della sincerità, il volto nudo delle cose: “Ed eccovi me a quattro, cinque anni in uno spazio fangoso che trascino un pezzo di legno immenso. Non ci sono né alberi né case intorno, solo il sudore per lo sforzo di trascinare quel corpo duro e il bruciore acuto delle palme ferite dal legno. Affondo nel
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Luoghi d’Autore
goliarda saPienZa e la scomoda arte dell’anticonFormismo
fango sino alle caviglie ma devo tirare, non so perché ma lo devo fare. Lasciamo questo mio primo ricordo così com’è: non mi va di fare supposizioni o d'inventare. Voglio dirvi quello che è stato senza alterare niente.” Goliarda Sapienza nasce il 10 maggio 1924 a Catania. La madre, Maria Giudice, è una sindacalista nota e impegnata, prima donna a dirigere la Camera del Lavoro di Torino, mentre il padre, il catanese Peppino Sapienza, è un avvocato dedito principalmente alle cause della povera gente. Sarà l’educazione anarchica del padre a segnare un’impronta profonda sul suo modo di guardare alla vita, lo sguardo intenso, l'angolazione sghemba, di taglio, sprazzo di luce su una ferita. Come le crepe sulla terra assolata, sulle pietre antiche e sugli umili sentieri della sua Sicilia, quasi imperturbabile al tempo, immersa in
un sole pigro e possente, tra apatie e passioni, istantanei scatti felini e un’afa atavica. In un'epoca che gravava come un macigno su un popolo oppresso da un regime autoritario che si innestava su connivenze e oppressioni già profondamente radicate, Goliarda ebbe il modo, la sorte e il merito di ritagliarsi spazi di libertà, lontana dai vincoli sociali, svincolata persino dal frequentare la scuola per evitare qualsiasi forma di imposizione e di influenza del regime fascista. Dentro i primi scritti di Goliarda, sullo sfondo, come un vulcano solo in apparenza immobile e spento, ma anche dentro, all'interno, nel nucleo caldo in espansione, c’è la Sicilia. Impregna e fa ardere i suoi primi versi, quelle diciotto poesie brevi in lingua siciliana oggi raccolte nella silloge Siciliane pubblicata da Angelo Scandurra. Si tratta di una "serie di fogli non inframmezzati da altri componimenti in italiano" nei quali Goliarda esprime il dolore per la morte della madre, testimoniando l'amore, il rimpianto, la rabbia, le luci e le ombre di un rapporto conflittuale e sofferto: anche lei, la madre, come la Sicilia, è il suolo imprescindibile delle radici da cui si fugge e a cui si ritorna, un desiderio di altrove che si porta dentro, ossimoro spaziale e logico, sete di vita e di espressione. Queste poesie rappresentano l’imprinting della giovane e atipica poetessa chiamata affettuosamente “Iuzza”. La sua identità è segnata dalla vita della sua Catania, dal quartiere Berrillo in cui ha vissuto, con i vicoli e i bassi intorno a via Pistone, tra il lavoro dei pupari e le loro storie di un passato mitizzato, reso attuale nel suo infantile eroismo affiancato alle vicende e ai sogni resi racconto tra dramma e ingenuità, come le pellicole del cinema Mirone in cui Goliarda trascorreva interi pomeriggi. C’è una frase di Goliarda Sapienza, che recita: «Palermo sull’isola assediata due volte, dai monti e al di là dei monti dal mare. Catania insonne di gelsomini, di stelle e occhi di bambini». La poesia della parola fa incontrare gli estremi, dissolve le distanze e per un istante le tramuta in un sensuale abbraccio.
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Anche negli altri suoi testi, da “Filo di mezzogiorno”, a “Certezza del dubbio”, fino a ”Arte della gioia” e “Lettera aperta”, non c’è pagina che non abbia echi della sua terra. Nel titolo del film documentario realizzato da Alessandro Aiello e Giuseppe Di Maio, “L’Anti Gattopardo. Catania racconta Goliarda Sapienza”, c’è una possibile chiave di lettura per penetrare all'interno del mondo complesso e poliedrico dell’autrice. Innanzitutto il suo essere “contro”, schierata sul fronte avverso: non per sfoggio, non per maniera o cliché, non per diventare essa stessa un personaggio ribelle da cinema o da teatrino dei pupi, una donzella che si agita e grida contro bellicosi e violenti spadaccini. L’opposizione di Goliarda al mondo era innata, genuina, vissuta con una specie di malinconia assolata, una gioia che è arte ma anche sole che abbronza, assorbito dalla pelle in modo spontaneo, una forza vitale che porta verso un luogo altro. Quasi senza rabbia, perché il gesto e il moto sono tanto naturali da non richiedere neppure di essere espressi con atteggiamenti esteriori. Il documentario ripercorre le tappe e i luoghi della vita della scrittrice etnea, dagli inizi della sua carriera di attrice teatrale a quella cinematografica. Parla anche del passaggio dalla speranza di gloria alla miseria e al periodo trascorso in carcere per furto. Ad alcuni dei luoghi cardine della sua ispirazione di artista e di persona ho già fatto cenno: l’antico Laboratorio Puparo Insanguine e il cinema Mirone; ad essi si aggiunge Ognina, la baia dove andava a nuotare e infine la spiaggia della Plaia, dove a volte raccoglieva le reti con i pescatori. A volte piene, queste ultime, a differenza di quella simbolica della sua vita, segnata dalla ricerca di un successo e di un'affermazione mai raggiunti sia nel campo teatrale che in quello letterario. Oltre la Sicilia, nel percorso esistenziale di Goliarda Sapienza c’è Roma. Vi arriva sedicenne insieme alla famiglia e vi trascorre mezzo secolo. Spinta dal padre che ne intuiva il talento artistico, si iscrive all'Accademia Nazionale
d'Arte Drammatica. Per un periodo intraprende anche la carriera teatrale, conservando anche in questo ambito il legame con le radici grazie alla predilezione per i lavori pirandelliani. Lavorò sporadicamente anche nel cinema, dapprima con Alessandro Blasetti per poi limitarsi a piccole apparizioni, come in Senso di Luchino Visconti. Nel mondo del cinema trova anche uno dei suoi più intensi legami sentimentali, quello con il regista Citto Maselli durato 18 anni. Negli ultimi anni della sua vita insegna recitazione presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Dopo aver abbandonato la carriera di attrice sin dai primi anni ’60, iniziò a dedicarsi alla scrittura. Il suo primo romanzo, Lettera aperta, del 1967, racconta l'infanzia catanese, seguito da Il filo di mezzogiorno (1969) resoconto della terapia psicanalitica con il medico messinese Ignazio Majore.
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Nel 1980 finì in carcere, per un furto di oggetti in casa di amiche. Sempre in carcere continuò l’opera di scrittrice pubblicando però molto poco, fatta eccezione per alcune sue opere come L’università di Rebibbia e Le certezze del dubbio, pubblicato grazie all'incontro con il conterraneo poeta ed editore Beppe Costa, che si batté a lungo per lei. Costa tentò senza successo di farle assegnare il vitalizio della Legge Bacchelli, né riuscì a ottenere la ristampa delle sue opere. Sapienza riuscì comunque a pubblicare, con la sua casa editrice Pellicanolibri, Le certezze del dubbio, 1987, premiata successivamente in occasione del Premio Casalotti 1994. I numerosi rifiuti editoriali non ne abbatterono la determinazione, portata avanti tra entusiasmi e forme gravi di depressione che la indussero per ben due volte al tentativo di suicidio. Alcuni versi di una sua poesia testimoniano la tenacia del passo pur nella consapevolezza degli ostacoli: “Vorrei al ritmo del verso/ abbandonarmi/ ma il tempo stringe/e devo correre ancora.” Nell’ambito di questi contrasti, nella tenacia che parte da una sola certezza, quella del dubbio, riesce a portare a termine la sua opera più emblematica L’arte della gioia. Un titolo che rivela segni e significati: la gioia come arte, quindi come ricerca, tensione, aspirazione alla bellezza. Un luogo da conquistare più che un suolo di cui si possa vantare il possesso. In questo suo libro l'autrice trasfuse il suo senso di libertà e di rivolta contro qualsiasi convenzione. “Non sapevo che il buio non è nero. Che il giorno non è Bianco. Che la luce acceca. E il fermarsi è correre. Ancora di più”, dichiara, in alcuni suoi versi, adatti anche a parlare del suo libro, oltre che del suo modo di vedere e di pensare.
Modesta è un personaggio che vive senza fuggire. Guarda in faccia le sfide, cercando continuamente un equilibrio tra corpo e pensiero e dimostrando in definitiva la propria individuale conquista di tale obiettivo. Modesta è un paradossale quanto sincero alter ego (un nome quasi ossimorico, antitetico in un certo senso rispetto ai suoi nomi anagrafici, Goliarda e Sapienza). Identica a quella dell’autrice è però la volontà del personaggio di condurre le sue battaglie in modo coraggioso, al di là dei dogmi, senza Dio né padroni. Dopo aver lottato per anni per veder pubblicato il suo romanzo, Goliarda Sapienza si rese conto che non ci sarebbe riuscita, se non molto tardi, quando ormai il suo percorso esistenziale era concluso. Ma trasforma questa apparente sconfitta in un preso di coscienza amara ma non vinta, una poetica della solitudine e del mistero del senso delle cose: «Ogni individuo ha il diritto al segreto e alla morte. è per questo che ho scritto, per chiedere a voi di ridarmi questo diritto […]. Vi chiedo solo questo: non cercate di spiegarvi la mia morte, non la sezionate, non la catalogate per vostra tranquillità, per paura della vostra
Il romanzo narra la storia di Modesta ciò che incontra sulla sua strada ma anche il coraggio di uscire dai sentieri già segnati per andare incontro a ciò che davvero sente e di cui ha bisogno, l’essenzialità ruvida e sublime di un’esistenza vissuta con sincera passione, nel bene e nel male.
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morte, ma al massimo pensate - non lo dite forte, la parola tradisce - non lo dite forte ma pensate dentro di voi: è morta perché ha vissuto». Einaudi si sta occupando, ora, della pubblicazione degli scritti inediti lasciati dall'autrice, nello specifico il romanzo Io, Jean Gabin (2010) e una selezione di pensieri tratti dai diari raccolti nel volume Il vizio di parlare a me stessa (2011), e in La mia parte di gioia (2013). Ciò che l'autrice ci lascia, utile e attuale, oggi più che mai, è la capacità e il bisogno, il coraggio e la volontà di restare lontana dagli stereotipi comodi e suadenti. L’arte della gioia ha detto qualcuno è un libro che “insegna a desiderare”. La gioia viene vista come un diritto, e tutto ciò è intrinsecamente rivoluzionario. Una delle pochissime utopie ancora vive, oggi più che mai. Tanto improbabile quanto vitale, nel senso stretto del termine. Un diritto quest’ultimo che troppo spesso si tende a negare o a limitare, per convenzioni religiose o ideologiche, o per vigliaccheria, ma che riemerge prepotentemente come una delle leve più importanti dell’agire umano. è questo diritto-dovere che questa autrice atipica evoca, certa solo del dubbio, e, nonostante que-
sto, o forse in virtù di questo, tanto più consapevole di ciò che dà forma e misura alle maglie larghe e a quelle strette della rete spietata e fascinosa che è il destino. Goliarda Sapienza ha compreso ciò che ha percepito. Ha pagato lo scotto di questa ispirazione inebriante, questa ondata di sensazioni che ti travolge mentre ti porta oltre i confini, al di là delle Colonne d'Ercole del già detto e del già stabilito, delle regole e dei paletti posti tra i diversi territori esistenziali degli individui. Tutto ciò che durante la sua vita le ha causato problemi, isolamento e frustrazione, la ha anche resa forte nella sua incoercibile autenticità. Ciò che in vita l’ha fatta additare come diversa, ora contribuisce a nutrire la curiosità dei lettori nei suoi confronti, la sete di abbeverarsi alla fonte della sua strana gioia e della sua arte alchemica e misteriosa. Perché probabilmente ogni lettore ha l’orrore di guardare negli occhi la gioia che acceca e rende folli, ma, osservandola nello specchio di chi ha osato cercarla al posto suo, vi trova il suo stesso sguardo e il viaggio nel mare tempestoso e mitico che ciascuno, in cuor suo, sogna di intraprendere.
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Veduta di Catania, foto sito ufficiale
a carPi la Festa del racconto i Percorsi della narraZione di Sara De Maio
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I LUOGHI nELLA PAROLA
Oltre cinquanta eventi dedicati al futuro della letteratura e all’arte di raccontare
CARPI (MODENA). La letteratura come punto di partenza per affrontare i diversi percorsi della narrazione. è la festa del racconto e si terrà a Carpi, dall’8 al 12 giugno 2016, tagliando il nastro della undicesima edizione. Tra gli ospiti sono attesi a Carpi, e nei vicini comuni di Campogalliano, Novi e Soliera, anche Antonio Caprarica, Flavio Caroli, Cristina Comencini, Simonetta Agnello Hornby e Piergiorgio Odifreddi. Parchi pubblici, cinema, teatri, piazze e biblioteche si animeranno con più di 50 incontri, dibattiti, letture, happening, concerti e performance con oltre 60 personalità della cultura e dello spettacolo. Filo conduttore sarà il focus su Personaggi & Interpreti, con particolare attenzione al cinema, al teatro, alla serie tv, alla narrazione orale e alla messa in scena del racconto in tutte le sue declinazioni. Una ricchezza di temi e spunti che si accompagna all’ampliamento del format canonico della Festa: con i classici dialoghi con gli autori che si alternano a lezioni, orazioni, talk e interventi a braccio. Il carattere di ibridazione tra
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più forme di racconto ha quindi guidato la scelta degli ospiti chiamati a prendere parte alla Festa del Racconto, accomunati dalla capacità di essere trasversali a più generi letterari e tipologie di narrazione. Come nel caso di Cristina Comencini, regista ma anche scrittrice, Gianni Biondillo, giallista, saggista e al tempo stesso autore per cinema e tv, Marco Malvaldi, scrittore, autore della “Serie del BarLume”, Iaia Forte e Anna Bonaiuto, attrici impegnate sia a teatro sia sul piccolo e grande schermo o Edoardo Albinati, che alterna l’attività di traduttore e romanziere a quella di sceneggiatore. A loro si uniranno Flavio Caroli e Piergiorgio Odifreddi, tra le firme più autorevoli in Italia nel campo della divulgazione dell’arte e della scienza; e ancora Antonio Caprarica, Simonetta Agnello Hornby, Maurizio De Giovanni, Matteo Rampin, Massimo Cirri, Maurizio Maggiani, Ciccio Rigoli, Arianna Dell’Arti, Guido Catalano. La Festa del Racconto guarda con attenzione, anche al mondo della musica, e in particolare
alle evoluzioni del cantautorato ospitando tar gli altri Rossana Casale, il duo Spartiti, Lo Stato Sociale. Il carattere identitario di Carpi e del suo distretto, storicamente legati all’industria tessile, troverà rappresentazione in un ricco cartellone di eventi legati al mondo della moda – su tutti L’Atlante degli Armadi ®, iniziativa che prevede un originale coinvolgimento del territorio. Il tradizionale programma di iniziative rivolto ai più piccoli vivrà quest’anno nel segno di Roald Dahl, nel centesimo anniversario della nascita, autore de La fabbrica di cioccolato e del leggendario Willy Wonka. La Festa del Racconto è organizzata dalla Biblioteca Multimediale “A. Loria” in collaborazione con gli istituti culturali e gli assessorati alla Cultura dei Comuni dell'Unione Terre d'Argine: Campogalliano, Novi e Soliera. Foto d’archivio
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LIBRIaMOCI. Su YOuTuBe IL CaNaLe DeL fORMaT DeDICaTO aI LIBRI
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In rete la quarta stagione del programma ideato e condotto dalla giornalista Lucia Accoto
é tornata la nuova stagione di Libriamoci il programma ideato e condotto dalla giornalista Lucia Accoto (nella foto), per la regia di Giuseppe Anglano. Un format, già collaudato, che promuove l’editoria, gli scrittori, il fascino dei romanzi. Insomma, dei libri che conquistano l’animo in un viaggio su carta in una sorta di geografia delle emozioni. La giornalista Accoto, attraverso una conduzio-
ne affascinante e sobria, va oltre la superficie dell'inchiostro. Emergono, così, gli intendimenti degli scrittori, i loro pensieri, le esitazioni, i desideri ed i significati più reconditi. I romanzi, recensiti con estrema chiarezza ed eleganza, sono esposti come se fossero un tesoro, perchè i libri sono una ricchezza senza limiti. Le storie non appassiscono mai e in Libriamoci si avverte la magia delle narrazioni. Il programma è on line sul canale ufficiale You Tube, all’indirizzo: https://www.youtube.com/channel/UCSgIyY3Erb_cU8M_I8mUYw o scrivendo semplicemente “libriamoci”. Inoltre sarà trasmesso da Teleregione: Canale 14 Puglia, Canale 13 Basilicata, Canale 673 Lazio ed Euronewspuglia : canale 178 Puglia, Basilicata, Campania, Lazio.
INCONTRO apeRTO e pReSeNTaZIONe DeLLa RIVISTa pROGeTTI - SpeCIaLe BaRI BARI. Si parla di architettura e di pratiche culturali il prossimo 9 giugno a Bari, presso lo Spazio Murat (Piazza del Ferrarese), con inizio alle ore 18.30. “Nuove pratiche per nuovi spazi pubblici” è infatti il tema dell'incontro organizzato in occasione del nuovo numero della rivista Progetti –Speciale Bari, edita da Gruppo Quid e sostenuta dagli imprenditori Andrea Barili e Giuseppe D’Introno. Intervengono Silvio Maselli – assessore alle culture del Comune di Bari, Domenico Pastore architetto e docente di Disegno dell’Architettura al Politecnico di Bari, Giusy Caroppo - storica dell’arte e direttrice di Eclettica Cultura dell’Arte, Antonio Ottomanelli - architetto e direttore di Planar Books e Paolo Paci - direttore responsabile della rivista Progetti. Coordina Marco Petroni, teorico e critico del design. L'evento è organizzato da Annamaria Brindicci, imprenditrice e consulente aziendale ed è inserito nel programma del primo ciclo di incontri per "Giri di Pensiero”, una rassegna dedicata alla ricerca e al racconto di idee e pratiche della cultura contemporanea. Ingresso libero con prenotazione on line su :www.eventbrite.it
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i LUOGHi neLLa rete
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rosadilicata, la terra e il canto di uno sPirito liBero
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Uno spettacolo dedicato alla cantante siciliana Rosa Balistreri
ROMA. Dedicato ad una donna che ha incarnato il riscatto dei poveri cristi e la disperazione dei reietti. “Rosadilicata” è il titolo dello spettacolo scritto, diretto e interpretato da Chiara Casarico con le musiche dal vivo di Roberto Mazzoli, dedicato alla figura di Rosa Balistreri. L’evento inserito nel programma di spettacoli ospitati nella Casa Internazionale delle Donne, si terrà il prossimo 15 giugno, nel cortile de La Casa (S)Piazza, con ingresso da Via San Francesco di Sales 1a, con inizio alle 21. “Rosa Balistreri - spiega la stessa Casarico - è uno di quei personaggi che appartengono all'immaginario più profondo della mia terra d’origine, la Sicilia. Rosa è un’icona della Sicilia, anche se – come molti siciliani – fu costretta ad emigrare e vivere lontano dalla sua terra. Nata da famiglia poverissima, lei, semianalfabeta, riuscì a riscattarsi dalla sua condizione di miseria e diventare amica di grandi come Guttuso, Sciascia e Amalia Rodriguez, incarnando un modello di donna che non si arrende e che lotta per la propria emancipazione. Un’icona che rappresenta in maniera forte il rapporto difficile, di odio ed amore, che molti siciliani, forse quelli dallo spirito più libero ed irrequieto, hanno nei confronti della loro terra. Lei amatissima ed odiatissima al contempo – al punto che la sua città natale, Licata, le ha dedicato un centro che è oggi semiabbandonato – è un’i-
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cona della Sicilia, della sua carnalità, della sua voglia di onestà, del suo modo di amare, passionale e intenso…” Lo spettacolo, impreziosito dalle scene e costumi di Tania Cipolla, ha la forma di un racconto. L’idea dello spettacolo è nata da un lavoro di ricerca avviato da circa tre anni grazie all’incontro artistico con Lucilla Galeazzi, a partire dalla voce e dal canto e dalla necessità di raccontare la faccia di una Sicilia poco conosciuta, dando risalto ad una figura femminile eccezionale e controversa. La drammaturgia musicale, intonazione e arrangiamenti, è curata in collaborazione con Gabriela Aiello.
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l’altro caPo del Filo andrea camilleri
ROMA. Trecentoventi pagine per il centesimo libro del Maestro Andrea Camilleri. Un bellissimo record che “non mi aspettavo lontanamente, pensavo di riuscire a scrivere nella mia vita solo una decina di libri ma si vede che l’esercizio e l’allenamento mi hanno portato a diventare un maratoneta quando credevo di essere solo un centometrista- ha dichiarato ai microfoni di Fahrenheit su Radio 3. Si intitola L'altro capo del filo, edito da Sellerio, la nuova indagine del commissario Montalbano. A Vigàta si susseguono gli arrivi di migranti e tutto il paese è coinvolto nel dare aiuto. Il commissario e i suoi uomini non si risparmiano. Poi una notte mentre Montalbano è al porto per il consumarsi di una ennesima tragedia del mare, un’altra tragedia lo trascina via dal molo: nella più rinomata sartoria del paese è stata ritrovata la sarta Elena trucidata a colpi di forbici. Siciliano doc, nato a Porto Empedocle nel 1925, Andrea Camilleri è regista di teatro, televisione, radio e sceneggiatore. Ha insegnato regia presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e ha pubblicato numerosi saggi sullo spettacolo e con il volume, I teatri stabili in Italia (1898-1918), edito da Cappelli nel 1959, documenta vent’anni di storia teatrale italiana. Sue poesie si trovano nelle antologie I poeti scelti (a cura di Ungaretti e Lajolo), Il secondo '900 (a cura di Bettelli), Nuovi poeti (a cura di Fasolo), editi rispettivamente
da Mondadori, Amicucci, Vallecchi. Nei due volumi delle Interviste impossibili, pubblicati da Bompiani nel '75 e '76, sono contenute le interviste immaginarie di Camilleri con Stesicoro e Federico di Svevia. Il suo primo romanzo, Il corso delle cose, è 1978, e trasmesso in tre puntate dalla TV col titolo La mano sugli occhi, sigla la collaborazione con la casa editrice Sellerio che edita tutti i suoi libri. Cento romanzi di successo ambientati a Vigàta, un luogo ideale che in realtà è la sua Porto Empedocle. “Ora, Porto Empedocle è un posto di diciottomila abitanti che non può sostenere un numero eccessivo di delitti, manco fosse Chicago ai tempi del proibizionismo: non è che siano santi, ma neanche sono a questi livelli. Allora, tanto valeva mettere un nome di fantasia: c'è Licata vicino, e così ho pensato: Vigàta. Ma Vigàta non è neanche lontanamente Licata. è un luogo ideale, questo lo vorrei chiarire una volta per tutte. Mentre il Commissario Montalbano per una precisa scelta narrativa sin dall’inizio si trova “dentro il suo tempo e si scontra con i problemi reali del nostro tempo”. Ed è questo che, probabilmente, ce lo fa amare sempre di più. (an.fu.)
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a castiglione in Puglia il Primo vivaio comune della Biodiversità
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Alla presenza di Paolo Cacciari si è aperta a Castiglione la rassegna ‘La terra del ritorno’
è stato inaugurato il 4 giugno a Castiglione d’Otranto (Le), in zona Curteddhra, su via Vecchia Lecce, il primo vivaio della biodiversità della Puglia. Un luogo che non ha eguali in tutta Italia, che nasce dal basso, dall’esperienza di volontari. L’evento inaugurale, alla presenza di Paolo Cacciari, nome di punta in Italia nella riflessione sui beni comuni, coincide con la giornata di apertura della rassegna “La Terra del ritorno”. Il vivaio. Dallo zafferano locale all’anguria gialla del Salento, dai pomodori Regina di Torre Guaceto a quelli di Leverano, dai Fiaschetto del signor Quintino al pomodoro invernale giallo con il pizzo di Carpignano Salentino, dal peperone ruggianese dolce alla zucchina San Pasquale, dal
“meloncello” alla lenticchia di Altamura, alla canapa e molto altro. Poi ci sono i cereali: farro monococco e dicocco, grano Cappelli, grano Gentil Rosso, Miscuglio di Ceccarelli etc. Sono decine e decine le antiche varietà orticole, cerealicole e leguminose coltivate all’interno del primo vivaio della biodiversità della Puglia, frutto di un lungo lavoro di ricerca sul campo, di contatti con contadini che di quei semi sono stati custodi nel tempo, di recupero di sementi bio certificate. è una biodiversità cresciuta nei semenzai dell’associazione Casa delle Agriculture Tullia e Gino di Castiglione d’Otranto. Il progetto, nato in collaborazione con Salento Km0 e il Parco naturale regionale Otranto-S.M.di Leuca-Bosco di Tricase, è la punta di diamante del piano portato avanti dal basso per il recupero delle terre abbandonate del
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Salento (guarda il video: https://vimeo.com/165540647). La sfida: “strappare i contadini alla schiavitù dell’agrofarmacia”
Il vivaio non è un museo dell’arte contadina, ma un luogo di nuova vita che cresce e si riproduce. Agli inizi di maggio, in soli tre giorni, sono state distribuite 8mila piantine ai contadini che ne hanno fatto richiesta, provenienti non solo dal Salento ma anche dalla Calabria e dal nord della Puglia. «L’obiettivo – dicono da Casa delle Agriculture – è dare risposta concreta alla necessità di sviluppo sostenibile delle pratiche agricole naturali, organiche e biologiche, strappando i coltivatori al monopolio delle farmacie agricole. Per chi coltiva naturale, infatti, è difficile reperire informazioni, semi, piante, tecniche e strumenti, perché i canali di distribuzione sono quelli convenzionali, che propongono ibridi creati dalle grandi multinazionali, con conseguente necessità di utilizzo di concimi, fitofarmaci e diserbanti. Noi lavoriamo per creare un modello agricolo completamente differente da quello in atto, che ha portato all'abbandono e all'avvelenamento progressivo delle nostre terre».
“La Terra del ritorno” L’inaugurazione del vivaio è stato il primo appuntamento della rassegna “La Terra del ritorno”, che è sostenuta dal Csv Salento e continuerà con altri tre appuntamenti: il “Riscatto del pomodoro”, sabato 11 giugno, con Salento Km0, Karadrà e Diritti a Sud; “Zona non avvelenata”, giovedì 23 giugno, con Isde Italia e Csv; “Il pane e le rose”, sabato 9 luglio, alla presenza del poeta paesologo Franco Arminio. Casa delle Agriculture Tullia e Gino contro lo spopolamento dei centri rurali Il contesto di riferimento in cui opera Casa delle Agriculture Tullia e Gino non è semplice. Castiglione d’Otranto, frazione di Andrano (Le), è un paese in via d’estinzione, segnato da poche nascite (quest’anno, ad esempio, nasceranno solo due bimbi) con conseguente chiusura delle scuole, invecchiamento della popolazione e un tasso di emigrazione elevato. La prima ripercussione è nelle campagne: moltissimi i terreni incolti, spesso preda di incendi; tanti i campi che, per praticità, vengono trattati con potenti diserbanti, con relativo rischio ambientale e sanitario; la mancata produzione agricola ha fatto scomparire antiche cultivar e ha spezzato il circuito virtuoso autoproduzione-scambio-economia di vicinato. L’associazione, intitolata a Tullia e Gino Girolomoni, pionieri del biologico italiano, prima informalmente dal 2011 e poi formalmente dal 2013, cerca di invertire la rotta: sui dieci ettari concessi in comodato d’uso gratuito da privati, ha reintrodotto storiche colture (farro, grani antichi, canapa, varietà locali di ortaggi e legumi), portate avanti con metodi naturali. Ha avviato la prima petizione italiana contro l’abuso di chimica in agricoltura, consegnata al presidente della Regione Puglia nel dicembre 2014. Grazie alla sinergia con istituzioni e altre associazioni, ha creato il Parco Comune dei frutti minori, bonificando dai rifiuti i tratturi, lungo i quali sono stati piantati alberi da frutto dimenticati. Inoltre, organizza incontri con esperti ed eventi legati alla promozione della biodiversità come, ad esempio, la Notte Verde. casadelleagriculture.it
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Nella foto: Ruth Handler e il marito Elliott.
BarBie: semPlice icona di stile o BamBola Femminista? di Claudia Forcignanò
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In mostra al Vittoriano fino al 30 ottobre 2016 la mostra dedicata alla famosa bambola inventata da Ruth Hendler
ROMA. Misure perfette, lunghi capelli biondi, gambe lunghissime, seni sodi e fondoschiena da urlo, il tutto accompagnato da outfit sempre all’ultimo grido, accessori chic e un fidanzato dalla folta capigliatura. La famosa bambola, inventata da una mamma americana per la sua bambina, è realmente solo un’icona che propone un modello di fisicità inarrivabile, come teorizzato da eminenti sociologi negli ultimi anni, o dietro al tacco a spillo si cela un fenomeno di ben più ampia portata? Chi sia realmente Barbie, lo racconta la mostra itinerante Barbie, the icon, interamente dedicata alla bambola più amata di tutti i tempi, visitabile presso il Complesso del Vittoriano a Roma fino al prossimo 30 ottobre 2016, organizzata da Arthemisia Group e 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore in collaborazione con Mattel e curata da Massimiliano Capella. La mostra ripercorre la storia di Barbie sin dal suo esordio sul mercato il 9 marzo 1959, per conto della Mattel, fortemente voluto da Ruth Hendler che le diede il nome di sua figlia, Barbara appunto. A differenza di molti giocattoli, il “fenomeno Barbie” non è andato perdendosi nel tempo perché, proprio come gli esseri umani, ha seguito e cavalcato gli anni che scorrevano veloci coglien-
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do di volta in volta i tratti distintivi di una società in continua evoluzione: da brunetta in casto costume da bagno, Barbie si è trasformata in biondina tutto pepe pronta ad affascinare con i suoi abiti e i suoi sorrisi, ma al contempo, consapevole del suo ascendente sulle bambine che da ogni angolo del globo aspiravano a possedere l’ultimo modello, è stata anche madrina di nobili cause sociali e culturali. Il messaggio sembra chiaro: siete donne, potete
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Nelle immagini: Barbie e le sue innumerevoli carriere, oltre 156 a partire dal 1959; Barbie, modello WaistUp, 2004 © Mattel Inc
fare e diventare ciò che vorrete, pur mantenendo inalterata la vostra femminilità e non dimenticando mai la principessa che è in voi. Non a caso, in cinquantasei anni di vita, Barbie ha svolto centottanta carriere, ad esempio è stata infermiera, militare, ambasciatrice Unicef, astronauta, candidata alla presidenza degli Stati Uniti, ma anche amazzone, esploratrice, baby sitter, dottoressa, veterinaria...e tutto ciò perché ognuno ha il diritto di essere ciò che vuole, senza condizionamenti, proprio come le eroine in carne ed ossa cui si ispira. Nel frattempo si è lasciata vestire dai più grandi stilisti, ha omaggiato grandi nomi del cinema e della politica, si è avvicinata ancor di più al mondo femminile con la versione curvy, tall e petit, e ha rappresentato oltre cinquanta nazioni
non negando mai la sua immagine per campagne ambientaliste e a favore dagli animali. Barbie propone un modello fisico inarrivabile? Sicuramente sì: è una bambola, i bambini lo sanno, ma alcuni adulti no, quindi ecco servita la polemica sul piatto d’argento, utile a finanziare l’ego di chi ha voglia di pontificare su problemi inesistenti facendo facile demagogia.
Barbie's evolution style (Collectors edition) © Mattel Inc. La storia di Barbie, qui in uno scatto per la linea Collectors, dal modello Teen Age Fashion Model Barbie Doll (1959) fino alla Hard Rock Cafe #2 Barbie (2004
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Non sarebbe forse più semplice lasciare alle bambine (e ai bambini) il diritto al gioco senza necessariamente metterci lo zampino? Passeggiare tra le teche allestite nel Complesso del Vittoriano, non è stato solo un bel tuffo in un mondo tutto rosa, ma anche un’occasione per ascoltare mamme, bambini, giovani donne e persino uomini adulti che con un sorriso e un pizzico di nostalgia, attraverso i loro ricordi, tramandavano un pezzo di storia che non ha tolto nulla a nessuno, anzi, semmai ha donato sorrisi e ore liete. Ed ecco quindi la risposta alla domanda iniziale: Barbie, come ogni altro gioco, è ciò che noi vogliamo che sia, perciò libero sfogo alla fantasia, in un periodo in cui di sogni e fantasia si sente davvero la mancanza.
l Protagonismo delle donne in terra d’islam
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FILO DI VOCI
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Appunti per una lettura storico-politica
di Ada Donno
ECCE. è il libro che la Casa delle donne di Lecce presenta il 7 giugno a Lecce (Officine culturali Ergot, ore 19). Un’opportunità di conoscenza e approfondimento di un tema che da qualche decennio suscita un interesse sensibile nel femminismo italiano ed europeo. Dapprima rispondendo all’esigenza di accostarci, con lo sguardo curioso che naturalmente si posa su ciò che appare differente, alle nuove arrivate con l’ondata migratoria dai paesi del Maghreb e del Vicino Oriente. Successivamente, per la necessità avvertita in misura crescente (e con effetti di reciprocità da valorizzare) di dire parole consapevoli e competenti di donne sul “confronto di civiltà” e obbedendo al desiderio di superare la linea di confine oltre la quale ci sono le “altre”. E parole di donne non mancano, e anzi diventano negli anni sempre più autorevoli. Ne è una riprova la ricchezza di pubblicazioni di autrici dell’una e dell’altra sponda del Mediterraneo e anche dei più profondi entroterra. Compreso questo libro, di cui parleremo con la presenza delle autrici e con l’aiuto di Stefania Vulterini, curatrice della collana Sessismo e razzismo delle edizioni Ediesse, di Samuela Pagani e Monica Ruocco dell’Università del Salento. Poiché credo sia sempre conveniente rintracciare la continuità nell’operare delle donne (smentendo il senso comune che ci vuole destinate a ricominciare ogni volta da zero), mi piacerebbe che questa fosse l’occasione non solo di comunicare una nuo-
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va esperienza, ma anche di rimeditare esperienze vissute in ambito associativo mediterraneo negli ultimi venticinque anni (mi riferisco a Visitare luoghi difficili e Donne in nero, a Marea, alle conferenze dell’Awmr, solo per nominare quelle che conosco). Ma anche all’esperienza dei corsi formativi su Donne, politica e istituzioni curati da Marisa Forcina presso l’università del Salento, che nelle edizioni susseguitesi dal 2004 in poi non hanno mancato di includere un laboratorio sui diritti delle donne nell’Islam. Il libro di Karami e Scarcia nasce anch’esso, come spiegano le stesse curatrici, dall’esperienza di un seminario che si è svolto presso la Casa internazionale delle donne di Roma e che ha interpellato, oltre a donne che “ne sapevano di più”, per aver avuto modo di frequentare il tema per ragioni di studio o per altre ragioni, anche donne provenienti dalle realtà oggetto di riflessione, che fossero disponibili, da una parte, a svelarsi/rivelarsi agli occhi delle prime, dall’altra ad interloquire con loro, entrando in un rapporto di reciprocità feconda. La presentazione e l’introduzione delle curatrici rendono conto ampiamente delle tappe e degli esiti del percorso seguito. La ricostruzione storicopolitica annunciata nel titolo, ricca di informazioni e schede di riferimento, di cui bisogna essere molto grate alle autrici, è suddivisa per aree geografiche per comodità di esposizione e comprensione (l’area mediterranea, quella medio-orientale, del golfo persico e dell’oceano indiano) e, pur facendo salve le singole peculiarità e le interconnessioni sotto il profilo storico-sociale-culturale, ci fornisce una mappa di conoscenze, seguendo la quale si ha l’effetto di un faro che illumina squarci via via più larghi di zone in ombra e che nello stesso tempo produce un effetto di orizzonte che s’allarga, come avviene a chi sale più in alto e più in alto, rivelando alla mente spazi non compresi prima. Ho trovato particolarmente illuminante la lettura della composita realtà del mondo islamico, dei ruoli differenti che le diverse componenti hanno giocato nel corso degli ultimi due secoli, nel con-
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testo geopolitico mediterraneo e medio-orientale, sia nelle relazioni interne al mondo islamico sia in relazione al colonialismo e al neocolonialismo occidentale. Altrettanto illuminante il racconto dei movimenti femministi elitari che dagli inizi del XX secolo si sono fatti spazio nelle classi aristocratico-borghesi, muovendosi nei limiti di relazioni addomesticate dall’occidente colonialista. Così come emergono i limiti del femminismo “cooptato” dai regimi che hanno tentato la via della costruzione di stati-nazione relativamente “laici”. Mentre le rivoluzioni anticolonialiste che hanno coinvolto i ceti popolari facendo leva sul richiamo alla tradizione islamica e all’appartenenza identitaria, hanno finito in molti casi col ritorcersi contro i diritti e la libertà delle donne. Da qui l’invito, implicitamente sollecitato dalla lettura, a prestare attenzione a ciò che le donne muovono dentro l’appartenenza islamica. Dalla lettura vengono anche altre conferme importanti di cui fare tesoro. La prima, la più ovvia: l’Islam non è un blocco monolitico, come lo descrive l’ideologia islamofobica che è alla ricerca dello scontro di civiltà. E, per quel che più ci sta a cuore, in terra d’Islam agiscono movimenti di donne per il cambiamento più ampi e articolati di quanto non si sappia e non si dica. Sono, da una parte, percorsi di riflessione interni all’esperienza religiosa, di rilettura del Corano per recuperarne i principi di uguaglianza e pari dignità di genere, di contestazione delle regole stabilite per le donne dagli Ulema, gli uomini dotti dell’Islam, frutto dell’interpretazione maschile degli Hadit. Oggi in alcuni paesi le donne "mourchidat" (consigliere spirituali) tengono corsi nelle mosche e sono figure istituzionali riconosciute. Dall’altra sono percorsi “laici” – secondo una definizione più vicina al nostro sentire europeo - che si misurano con i problemi delle società in evoluzione e lavorano sulla riformulazione di un’etica laicamente condivisa, base di un diritto riformato, sulla separazione della sfera religiosa da quella politica, e così via. La seconda conferma la trovo nell’invito chiaro ad evitare ogni semplificazione nell’accostarci a questa realtà, e a cercarne la complessità. Un esempio di sguardo che semplifica disastrosamente – e che ha potenti vettori nei media globalizzati - è quello che vede la misoginia come connaturata alla religione musulmana e conduce all’idea facile di esportare democrazia e diritti e di assumerci una sorta di protettorato verso “le povere sorelle in terra d’islam”. La ricerca della complessità ci fa invece distinguere nell’Islam le eredità del patriarcali-
smo arcaico da esso incorporate, e variamente declinate nel tempo e nello spazio, non diversamente da quanto è avvenuto nelle culture giudaicocristiana, o greco-romana, che consideriamo culla della cultura europea occidentale. La terza conferma, conseguente: lo sguardo che si ferma a cercare e ad apprezzare nella realtà “altra” solo ciò che più ci assomiglia non ci dice le verità che conviene conoscere, anzi spesso è fuorviante. Ricercare definizioni condivise è un’aspirazione legittima, ma se conveniamo che riformare non significa occidentalizzare, dobbiamo anche convenire che la democrazia così come si è venuta declinando nell’occidente capitalistico non può risolvere tutti i problemi perché non può contenerli tutti. La quarta conferma, di prospettiva politica, è quella che in altre occasioni abbiamo chiamato l’ineludibile convenienza dell’incontro faticoso, che mira a far cadere l’idea pregiudiziale dell’irrimediabile alterità culturale e dell’inevitabilità dello scontro, altra faccia della presunzione assimilatoria e omologante, retaggio di vecchi e nuovi colonialismi. Per concludere, vorrei cogliere questa occasione per ricordare che un gruppo di lavoro su “Libertà delle donne e fondamentalismi” da qualche tempo ha intrapreso un percorso di riflessione e azione che intende muoversi lungo queste direttrici. E’ un gruppo che per agevolare i collegamenti si è ritrovato nella Casa internazionale delle donne a Roma, ma ha l’ambizione di diventare itinerante sul territorio nazionale. Nell’impostare il percorso di questo gruppo, una obiezione sorta a proposito del tema della laicità, centrale in ogni discussione sui fondamentalismi, è stata: fino a che punto, nella faticosa ricerca dell’incontro, è conveniente mettere da parte ciò che può apparire “divisivo”? Non suona come una rinuncia insopportabile, per noi europee? Non è preferibile privilegiare l’incontro con nostre “omologhe” in terra d’islam, quelle che si muovono sul terreno della riforma laica (nel senso di a-religiosa) degli statuti politici e individuali? La risposta che ci siamo data per ora è che, sì, è legittimo scegliere di interloquire con chi più ci assomiglia e ci appare riconoscibile. Già si fa, ampiamente, negli ambienti accademici e dei women’s studies, per esempio, o nell’associazionismo cooperativo. Ma non è forse l’altra faccia della tendenza a confermare l’immagine precostituita dell’altro/a per riconfermare se stessi, come diceva Edward Said a proposito dell’orientalismo di maniera? Quanto alla sua efficacia, basta guardarsi intorno. In ogni caso, non mi sembra l’obiettivo che persegue questo libro, per fortuna.
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Parcoscenico. a Lecce iL festivaL di PrinciPio attivo Per i ragazzi LECCE. Dai palcoscenici dei teatri italiani ed europei all’ideazione di un festival per avvicinare i ragazzi al teatro. Continua l’intensa attività di Principio Attivo Teatro che il prossimo 11 e 12 giugno vedrà concludersi un importantissimo progetto. Si tratta di Parcoscenico, un festival che nasce dal desiderio di voler avvicinare bambini e ragazzi al mondo del teatro coinvolgendoli attivamente nell’organizzazione degli spettacoli. Nato nel 2013, grazie ai fondi del programma di Rigenerazione Urbana del Comune di Lecce, la seconda edizione del festival quest’anno si è potuto realizzare grazie al sostegno dell’otto per mille della Chiesa Valdese e la collaborazione dell’Istituto Comprensivo Ammirato-Falcone di Lecce e del Teatro Pubblico Pugliese. Il progetto, partito a dicembre 2015, si è svolto durante tutto l’arco dell’anno all’interno dell’Istituto Comprensivo Ammirato Falcone. Gli alunni hanno condiviso con la Compagnia tutte le fasi di lavorazione: alcuni di loro si sono cimentati nella preparazione di una performance teatrale, hanno pensato l’allestimento dello spazio dove si presenteranno gli spettacoli e hanno curato la pubblicità dell'evento ideando e creando uno spot d’animazione, manifesti e magliette per lo staff. Due, dunque, gli appuntamenti conclusivi: l’11 e 12 giugno 2016. Si partirà alle 16:30 con le attività laboratoriali curate dal gruppo Wunderkammer, Claudio Procopio (ass. Adessocipenso) e Pamela Giunco (ass. Gessetti e Straccetti). Alle 18:00 sarà possibile assistere al primo spettacolo ‘Va dove ti porta il piede’ di Laura Kibel (Roma) sorprendente attrice che da oltre venti anni esporta in tutto il mondo i suoi lavori, fondatrice del Teatro dei piedi; alle 19:30 saranno presentate le performance teatrali dei ragazzi dell’Istituto Ammirato Falcone e, infine, alle ore 21:00 si potrà assistere allo spettacolo magico e poetico dal titolo ‘Voglio la Luna’ del Teatro Pirata di Jesi (Ancona), spettacolo vincitore di Eolo Awards 2013 come miglior progetto educativo per il teatro ragazzi e giovani. Il 12 giugno a partire dalle ore16:30 partiranno le attività laboratoriali, alle 18 andrà in scena ‘Dottor Jekyll e Mister Hyde’ della compagnia Principio
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Tanti laboratori e un cartellone di spettacoli per le famiglie perché il teatro è di tutti
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Attivo Teatro (Lecce) che ha realizzato una versione pensata e riscritta per un pubblico di ragazzi. A seguire ci saranno le due performance degli alunni dell’Istituto “Ammirato Falcone” e in chiusura del festival lo spettacolo ‘Zerogrammi’ dell’omonima compagnia Zerogrammi (Torino) reduce da una tournée europea che ha visto numerose repliche di questo accattivante spettacolo. www.principioattivoteatro.it ingresso per l’intera giornata: € 2,00 punto ristoro all’interno
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malevite. storie di contraBBando in scena il desiderio di camBiamento
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La Scuola dentro e fuori il carcere: il laboratorio del teatro delle Pietre
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BRINDISI. Con la chiusura dell’anno scolastico, si avvicina anche la conclusione del progetto “Scuola/dentro/fuori: carcere & dintorni” che dopo la tavola rotonda svoltasi lo scorso 9 aprile vedrà gli studenti dell'IPSIA "G. Ferraris" di Brindisi calcare le scene del Teatro Verdi. Guidati dalla maestria e dalla passione di Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito del TeatroDellePietre, porteranno in scena sabato 11 giugno (ore 19) “Malevite: storie di contrabbando terra & amore”. Si tratta di un lavoro teatrale liberamente ispirato ai racconti di Clara Nubile, scrittrice brindisina che gli studenti dell'Istituto Ferraris hanno incontrato dopo avere letto e interiorizzato il romanzo "Tu come tutto quello che tocchi", che ha suggerito trama e sceneggiatura della performance teatrale che sarà portata in scena. L’esperienza di studio e di rielaborazione sui temi proposti ha consentito ai ragazzi di conoscere un pezzo della nostra e loro storia locale e immergersi nelle contraddizioni di una terra che, pur con tutte le lacerazioni di tenebrosi corsi e ricorsi storici, conserva ancora il fascino di una primitività fatta di valori autentici e di voglia di riscatto e di cambiamento - ha spiegato Rita Ortenzia De Vito dirigente dell’Istituto scolastico.
Le riflessioni scaturite dalla lettura hanno ricevuto un impulso determinante dall'incontro avuto con i detenuti della Casa circondariale di Brindisi, l’ascolto delle loro storie personali che come tasselli si intrecciavano a storie lontane ma non archiviate. “L'incontro con il contesto detentivo e l'ascolto di storie di vite spezzate ha aggiunto la dirigente - è stato il vero significato dell'intera esperienza teatrale maturata dagli studenti, oltre ogni protagonismo ed evasione mediatica, un modo alternativo di fare scuola, scuola di vita, puntellata da riflessioni e rielaborazioni critiche sul libero arbitrio tra lecito ed illecito, tra partecipazione attiva e strumentalizzazione del potere, tra scelte ingiuste e alternative possibili, tra l'aspirazione ad una vita migliore o la condanna ad una ‘Malavita’.” Questo il filo conduttore della rappresentazione teatrale “Malevite: storie di contrabbando terra & amore”, che vedrà lavorare insieme gli studenti dell'IPSIA "G. Ferraris", i detenuti della Casa circondariale e il TeatroDellePietre, “per un messaggio di riscatto umano, morale e sociale di una terra, la nostra, funestata da una retaggio che ancora contamina il nostro presente, ma pur sempre tanto amata”.
Teatro Verdi, Brindisi 11 giugno, ore 19 Ingresso gratuito- Posti numerati con ritiro del biglietto al botteghino del Teatro nei giorni 8-910-11 giugno ore 10.00/13.00-16.30/19.00)
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calosirte.it Il Salento delle emozioni a portata di clic