Journal of Culinary Nutrition - Gennaio 2018

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Gennaio2017 2018- -N. N°81 Novembre

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Art joins Nutrition Editore


EDITORIALE a cura del Prof. Ercole De Masi

Il meglio dell’anno 2017. L’idea di CHIARA e MARIA di programmare per il numero di Gennaio 2018 “Il meglio dell’anno 2017”, è stata fantastica, ma impraticabile! Impraticabile perché sono talmente tanti gli articoli interessanti e direi quasi “irrinunciabili”, che non è affatto facile la scelta: io li avrei messi tutti!!! Ma visto che non è possibile, proviamo a commentarne alcuni. Il primo di questi bellissimi articoli è del Prof. Michele Rubbini, con titolo MI VA DI MANGIARE (Gennaio 2017 ). Ci richiama i sette punti cardinali della CUCINA EVOLUTION, portandoci per mano NON VERSO UNA DIETA, MA VERSO UN NUOVO MODO DI PENSARE LA SALUTE IN CUCINA ! ACRILAMMIDE….QUESTA SCONOSCIUTA! (Febbraio 2017) è l’articolo di Chiara che riproponiamo. In effetti, non ci stancheremo mai di ricordare i rischi di questa sostanza cancerogena. Attenzione quindi alla segale, alla farina integrale, che tanto suggeriamo, ma soprattutto all’ASPARAGINA! Questa importante POSITION PAPER di Chiara ci svela segreti fino ad ora poco conosciuti, meritevoli di una maggiore diffusione e di importanti considerazioni PREVENTIVE. Ulteriori importanti contributi sullo stesso tema vengono dalle considerazioni della Dott.ssa Stefania Brescia nel suo articolo “TU LO PRENDI IL CAFFE’?” (Maggio/Giugno 2017), che riguarda la scelta di un buon caffè, che deve essere piacevole da degustare ma deve anche avere caratteristiche di sicurezza nutrizionale che lo pongono nella fascia di quegli alimenti non nocivi alla nostra salute. Mentre la Dott.ssa Chiara Bignardi nel suo articolo “PIZZA E ACRILLAMIDE: QUANTO INCIDE LA FARINA USATA E IL METODO DI COTTURA?” (Maggio/ Giugno 2017) sottolinea come le modalità di cottura e la scelta della materia prima hanno un’importanza determinante nel processo di formazione dell’acrilammide anche in alimenti, come la pizza, che siamo soliti preparare nella nostra quotidianità. Non può mancare una valutazione oggettiva dei prodotti confezionati che più di frequente mettiamo nel nostro carrello. È questo lo scopo dell’articolo della Dott.ssa Francesca Grisenti: “MAGIE DI NOCCIOLA – MULINO VERDE” (Aprile 2017). Riparliamo di zucchero e dei suoi effetti sulla salute con l’articolo della Dott.ssa Ilaria Proietti che ci tiene aggiornati sul tema con l’articolo “UNA DOLCE CAUSA DEL TUMORE AL SENO” (Marzo 2017). Mentre la Dott.ssa Ilaria Roncaioli in: “ERITRITOLO: UNA BOMBA NATURALE CHE DOLCIFICA LA VITA CON ZERO CALORIE” (Aprile 2017), approfondisce le caratteristiche di un ingrediente segreto della cucina buona da vivere. La Prof.ssa Cavazza ci introduce nel mondo del packaging ed in particolare delle “NUOVE FRONTIERE DEL PACKAGING: PACKAGING ATTIVO, EDIBILE E BIO” (Aprile 2017). Ritorniamo su una delle Eccellenze Italiane, introdotte nel numero di Dicembre, con l’articolo

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della Dott.ssa Fabiana Carella “OLII EXTRAVERGINI E SPREMITURA A FREDDO: QUANTO C’E’ DI VERO?” (Luglio 2017) la quale si sofferma e ci chiarisce il significato di “spremitura a freddo”. Continua Chiara Manzi: “L’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA FA BENE? SI, A QUESTE CONDIZIONI” (Agosto/Settembre 2017) che ci invita ad uso moderato suggerendoci validissimi consigli pratici. In tema di grassi segue la Dott.ssa Maria Mattera: ”FRITTURA? SCOPRI COME GUSTARLA TUTTI I GIORNI” (Gennaio 2017) con una disamina su come ottenere una frittura di qualità, che riduce al minimo la degradazione delle vitamine mantenendo ed esaltandone il gusto. Nell’articolo della Dott.ssa Silvia Brazzo “UOVA A COLAZIONE: TROPPO RICCHE DI COLESTEROLO?” (Ottobre 2017), rivalutiamo e cancelliamo il mito negativo sull’uso delle uova nell’alimentazione quotidiana. Il Prof. Vincenzo Brandolini ci ha regalato un interessantissimo articolo “INULINA: TUTTO QUELLO CHE DEVI SAPERE” (Marzo 2017) ed effettivamente ci svela pregi ed usi per impiegarla al meglio. Proseguiamo con la Dott.ssa Laura Onorato e la sua proposta innovativa che trova il giusto equilibrio tra gusto e salvaguardia della salute: “HAMBURGER VEGETARIANO BUONO DA VIVERE” (Maggio/Giugno 2017). La Dott.ssa Elena Afanasyeva nel suo contributo “LO YOGURT FA BENE?” (Lugio 2017) ci aiuta a fare chiarezza nel complicato settore dello yogurt e ci offre suggerimenti e consigli pratici. “E’ IL MOMENTO DELL’ACETO BALSAMICO” (Novembre 2017) il mio articolo ci riporta ad una delle eccellenze italiane per parlare di un prodotto tradizionale, fatto da decenni eoggi chiamato dagli esperti “Microbiota Moderno”. Alessandra Piazza ci ha introdotto al mondo del gluten-free e soprattutto ad un tema di grande attualità: “E’ VERAMENTE TUTTA QUESTIONE DI GLUTINE?” (Agosto/Settembre 2017). Il Prof. Gian Pietro Molinari ci ha aperto l’enorme capitolo della qualità e della sicurezza nel settore alimentare con il suo articolo: “ LA QUALITA’ E LA SICUREZZA COME E DA CHI SONO GARANTITE?” (Novembre 2017) nel quale ci illustra food safety, principi HACCP e la creazione delle DOP, IGP ed STG. Ne abbiamo già parlato nel precedente numero, ma considerando l’importanza dell’argomento vogliamo riproporre l’articolo aggiornato della nostra Chiara Manzi: ” OLIO DI PALMA NEL LATTE PER L’INFANZIA: LETTERA APERTA ALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA INDUSTRIE PRODOTTI ALIMENTARI” (Dicembre 2017). Nella sua position paper ci segnala i rischi metabolici ed oncologici connessi con il glicidolo esterificato contenuto nell’olio di palma, generalmente, ed a sproposito, inserito nei latti dell’infanzia. Terminiamo in bellezza parlando di vita lunga e in salute: “I SEGRETI DEGLI ULTRACENTENARI D’OGLIASTRA” (Novembre 2017). Alessandra Piazza ci racconta la storia della longevità di una Blue Zone tutta italiana. Come sempre un numero da scoprire…o meglio riscoprire.

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Journal of Culinary Nutrition Mensile – Numero 1 – Gennaio 2018 Direttore responsabile: Prof. Ercole D e Masi Editore: Art joins Nutriti on Editore Presidente ASSIC e Ar t joins Nutrit ion Accademy: Dott.ssa Chiara Manzi Staff editoriale: Prof. Massimiliano Rinaldi, Dott.ssa Ilaria Proietti, Prof. Vincenzo Brandolini, D ott. ssa Silvia Brazzo, Dott.ssa Fran cesca Grisenti, Dott.ssa Ilaria Roncai oli, Dott.ssa Maria M attera, Dott.ssa Elena Afanasyeva, Dott.ssa Laura Onorato, Chef Massimo S alvadei, Prof.ssa Antonella Cavazza, Alessandra Piazza, Dott. Filippo M. Jacoponi, D ott.ssa Stefania Brescia, Dott.ssa Fabiana Carella, Dott.ssa Graziella Marino, P rof. Salvatore Palazzo, Prof. Gian Piero Molinari .

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Autori che hanno contribuito a questo numero: CHIARA MANZI Fondatrice di Art joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea di Culinary Nutrition, la branca della nutriziona applicata alla cucina (www.nutrizioneincucina.it) Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina Docente al Master di Medicina Estetica dell’Università di Roma Tor Vergata. Autrice di diversi libri divulgativi sulla Nutrizione in Cucina

ERCOLE DE MASI Gastroenterologo-nutrizionista . Gastroenterologo del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).

Dott.ssa Alessandra Piazza

Health food Blogger, diplomata in Culinary Nutrition, Consulente del Benessere ed educazione alimentare Master in naturopatia scientifica

Dott.ssa Cavazza

Ricercatrice del settore Chimica Analitica presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Parma. Docente di “Metodi bioanalitici”

Dott.ssa Laura Onorato

Farmacista e Biologa Nutrizionista, Culinary Nutritionist

Prof. Gian Pietro Molinari

Ordinario in Chimica Agraria e docente incaricato di Qualità nell’agroalimentare Università Cattolica del Sacro Cuore Direttore della qualità ECEPA certificazione prodotti alimentari) Piacenza

Dott.ssa Chiara Bignardi

Assegnista di ricerca nel settore Chimica analitica presso il Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma

Prof. Vincenzo Brandolini

Professore ordinario e titolare della cattedra di Chimica degli Alimenti dell’Università di Ferrara

Dott.ssa Ilaria Roncaioli

Nutrizionista - Nutritional Therapist - Culinary Nutritionist Responsabile dell’Art joins Nutrition Academy del Centro-Sud

Dott.ssa Francesca Grisenti Laureata in Scienze Gastronomiche all’Università degli Studi di Parma Diplomata in Culinary Nutrition - Culinary Nutritionist

Prof. Michele Rubbini

Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara

Dott.ssa Silvia Brazzo

Dott.ssa Elena Afanasyeva Dietista laureata in Scienza della Nutrizione Umana, Culinary Nutritionist

Dott.ssa Ilaria Proietti

Dietista-Culinary Nutritionist responsabile dell’AjNpoint di Pavia

Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Ispra della Commissione Europea.

Dott.ssa Maria Mattera

Dott.ssa Stefania Brescia

Dietista Dott.ssa in Scienze della Nutrizione Umana Culinary Nutritionist

Medico, specializzata in Medicina Generale Culinary Nutritionist

Dott.ssa Fabiana Carella

Laureata in Scienze dell’Alimentazione e Gastronomia presso l’Università San Raffaele di Milano, Diplomata in Culinary Nutrition

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SOMMARIO Rubriche: Pag. 08 - Mi va di mangiare Pag. 12 - Stop acrillamide Pag. 18 - Tu lo prendi il caffè? Pag. 24 - Pizza e acrilammide: quanto incide la farina usata e il metodo di cottura? Pag. 30 - Magie di nocciola Mulino Verde Pag. 33 - Una dolce causa del tumore Pag. 36 - Eritritolo: una bomba naturale che dolcifica la vita con zero calorie Pag. 38 - Nuove frontiere del packaging (aprile) Pag. 42 - Olii extravegini e spremitura a freddo: quanto c’è di vero? Pag. 44 - L’olio extravergine d’oliva fa bene? Si, a queste condizioni Pag. 46 - Frittura? Scopri come gustarla tutti i giorni

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Rubriche: Pag. 50 - Uova a colazione: troppo ricche di colesterolo? Pag. 54 - Inulina Pag. 60 - Hamburger vegetariano Pag. 64 - Lo yogurt fa bene? Pag. 68 - È il momento dell’aceto balsamico Pag. 72 - È veramente solo questione di glutine? Pag. 78 - Qualità e la sicurezza alimentare Pag. 82 - Olio di palma nel latte per l’infanzia Pag. 86 - I segreti degli ultracentenari d’Ogliastra

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normative. Vale per tutti l’esempio delle frodi a carico dell’ olio extravergine di oliva denunciata dalla Coldiretti , dove a d olii d i origine italiana ne venivano mescolati altri di dubbia provenienza , spacciandoli poi per olii italiani.(Comunicato stampa del 29 Settembre 2016 2. Controllare sempre l a composizione i n Lipidi, Glucidi e Protidi per 100 gr di prodotto f acendo attenzione alla qualità dei Grassi ( Saturi od Insaturi, Idrogenati o Vegetali) e le percentuali relative. Per quanto attiene a ll’Olio d i Palma rimando a l numero del Journal d i Novembre ; degli Zuccheri ( valutando i n particolare se c i sono zuccheri aggiunti o meno e se si tratta di mono o polisaccaridi) ; del Sale ( ricordando che la quantità totale non deve superare i 5gr/ die). Su questi temi abbiamo già pubblicato numerosi a rticoli negli scorsi numeri del Journal ed a questi rimando.

Fig 1. 10

3. porto tra gr di Fibre in 100 gr di prodotto e Kcal in 100 gr : IF= (F/ kcal) x 100) Un alimento infatti preferire) o viceversa, oppure avere un elevato

mix di solubili e non solubili esercitano numerose funzioni positive sulla regolazione metabolica dei nutrienti e, non ultima, quella di condizionare lo sviluppo di un microbioma favorevole. 4. Valutare la p resenza d i Componenti Alimentari Bioattivi. Questo aspetto riguarda prevalentemente, ma non esclusivamente , i Vegetali . Il contenuto in CAB ( Flavonoidi, Carotenoidi, o Polifenoli in Generale e Glucosinolati ) varia da alimento ad a limento. A questi composti vensidanti, antitumorali o anti di s timolo del s istema i mmunitario . In linea di massima i l calore ne aumenta l a biodisponibilità così come a seconda del livello di liposolubilità l’aggiunta di un grasso . Il contenuto in CAB può essere valutato in base a vari parametri: al colore dell’alimento, a lla sua f orma , a lla sede di produzione, al tempo e modalità di conservazione. Non basta però conoscere il con t enuto nel s ingolo alimento ma è necessario saper come trattare gli alimenti ottenerne la maggiore biodi-


sponibilità possibile. 5. Utilizzare le Spezie , che aggiungono sapore e benessere e consentono di esprimere la propria creatività nella produzione di ricette e sapori. Ci possono essere vari mix di spezie , come l’aggiunta di peperina alla curcuma in misura del 3% circa che ne aumenta enormemente la biodisponibilità . In genere le spezie sono e semplici da reperire nella forma secca , da utilizzare possibilmente non in polvere e controllando che non siano esauste, ( private degli oli essenziali che ne caratterizzano le proprietà). (Etichetta!!) 6. Le carni. Abbiamo già trattato ampiamente questo tema sul Journal. La deliberazione dello IARC ( International Agency for Research on Cancer) dell’ottobre 2015 ha creato più dubbi che certezze. Grande importanza riveste la modalità di cottura, dato che durante la esposizione ad alte temperature ( griglia) si formano amine eterocicliche , che costituiscono un potenziale elemento tossico e cancerogeno. Il rischio in assoluto va però valutato assieme a numerosi altri fattori individuali e generali che rendono le generalizzazioni quantitative sull’aumento del va un consumo limitato a 400-500 gr settimana rischio di ammalare di cancro . Le cari lavorate , (Salumi ed insaccati in genere) avrebbero un maggiore potere di aumentare il rischio di tumore ma anche di patologie cardiovascolari sia per la presenza di

composti azotati che della quantità di Grassi saturi presenti. La IARC ne consiglia un uso molto limitato. Anche in questo caso però è necessario sapere dove sono stati prodotti, come sono stati allevati gli animali , da quali tagli di carne derivano , quali conservanti sono stati aggiunti. Un colore rosso vivo che si mantiene nel tempo è indice della presenza massiccia di questi e di un possibile maggiore contenuto di nitriti e nitrati. 7. Le nuove tecnologie. Un tempo si conservavano gli alimenti sotto sale o con affumicatura. Oggi cosi come abbiamo a disposizione per la conservazione degli alimenti la refrigerazione e la surgelazione che hanno rappresentato un punto di svolta nel contribuire a diminuire il rischio di alcune malattie, come ad esempio il cancro dello Stomaco, siamo anche in grado di utilizzare nuovi tipi di forni, o il sottovuoto ed altro ancora . Si tratta di metodiche che non solo mantengono ed esaltano i sapori ma contribuiscono notevolmente ad utilizzare meno additivi ,meno condimenti grassi e meno sale. Fin qui nulla di nuovo. Una volta in Cucina invece la musica cambia. E’ proprio qui , nella trasformazione degli alimenti in cibi che possiamo fare la differenza perchè è proprio qui che abbiamo a disposizione uno strumento formidabile per garantirci gusto e salute: i principi, le regole, gli accorgimenti introdotti dalla Cunlinary Nutrition , la scienza sorta negli Stati Uniti nel 1999

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culinarinutrition.it) “ ..studia come variano i n utrienti e la loro biodisponibilità nei c ibi a seconda di come vengono cucinati, trattati, abbinati, dosati con l’obiettivo di r ealizzare una cucina gustosa e salutare…” E’ conoscendo e seguendo questi principi che daremo valore alle nostre scelte , rendendo la presenza di elementi positivi per la nostra salute in grado di esprimere al meglio le loro potenzialità . Soprattutto lo faremo garantendoci al contempo gusto e sapore: un vero piacere per il palato e le nostre cellule. Non una dieta quindi ma

un nuovo modo di pensare la salute in cucina.

Lascio dunque ai nostri Cuochi Evolution il compialle caratteristiche d i manipolazione , abbinamento, composizione e presentazione di come qualunque piatto della tradizione italiana possa diventare buono e salutare e rivolgo a coloro che ancora non lo hanno fatto, che siano Cuochi o semplici amanti della Cucina, l’invito ad iscriversi al Master in Culinary Nutrition dove troveranno la sintesi di ciò che stiamo dicendo e che possiamo tradurre nello slogan: Buono e che fa bene . Le ricette che su ogni numero del Journal i nostri Nutrizionisti propongono ne sono l’esempio concreto. Non mi resta che concludere, rivolto a tutti coloro che hanno avuto la pazienza e l a costanza d i arintimo piacere l a prospettiva d i mangiare lo facciano aderendo a quanto di innovativo la Culinary Nutrition ha introdotto nella nostra cultura alimentare. A tutti questi credo quindi di poter suggerire, in conclusione e senza paura di essere smentito, di lasciarsi andare a cantare un motivetto che suona così: “Ciao, s tasera son qui, mi v a di mangiare, felice con te..” Michele Rubbini Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara

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IL PRIMO MARC HIO DI QUA LITA’ NUTRIZIONALE GARANTI TA di Chiara Manz i

Docente - Fondatrice dell’Accademia di Culina ry Nutrition

Per far fronte all’esigenza di garantire al consumatore che i prodotti, i piatti pronti e le ricette siano sicure

sotto il profilo nutrizionale Art joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea di Nutrizione Culinaria, ha creato un disciplinare che riunisce le linee guida nazionali e internazionali sulla sicurezza nutrizionale. Solo i prodotti e le ricette che hanno TUTTE LE CARTE IN REGOLA, e adempiono alla perfezione il disciplinare, ricevono il premio della certificazione di Qualità Nutrizionale Garantita.

IL VANTAGGIO PER IL CONSUMATORE? Stare in forma senza rinunciar e al gusto con più vitamine e meno calorie • le calorie sono cont rollate • la quantità di grassi ammessa per una porzione non supera quella contenuta in un cucchiaio di olio • la fibra in una porzione è pari o superior e a quella contenuta in tr e grossi piatti di la ttuga • gli zuccheri semplici ammessi in una porzione di dolce non su perano quelli di un frutto.

CHI GARANTISCE? L’ente certificatore è l’Art joins Nutrition Academy, la prima accademia in Europa di Culinary Nutrition. L’esigente disciplinare d ella c ertificazione è r edatto con il supporto di A SSIC l’Associazione per la S icurezza N utrizionale in cucina, all’inter no del progetto “La Cucina del Benessere” che ha ottenuto sin dal 2011 il Patrocinio del Ministero della Salute. La certificazione ha inoltre ottenuto l’accreditamento CERTIQUALIT Y. Il disciplinare viene rivisto e aggiornato ogni anno con il supporto del comitato scientifico dell’Associazione per la Sicu rezza Nutrizionale in Cucina. 13


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da tempo acclarati. Nell’uso moderato, infatti, esso viene associato ad un aumento to delle f unzioni cognitive, del t ono dell’umore e del metabolismo. Tutte queste condizioni possoquindi il caffè viene i ndicato come p rotettivo nei confronti del rischio di sviluppo d i demenza, di malattia d i Alzheimer, d i morbo d i Parkinson, di Diabete Mellito di tipo 2; studi recenti lo correlano inoltre alla riduzione del rischio di sviluppo di aldicono anche che chi beve caffè vive più a lungo di chi non lo beve! (1)

Ma il caffè contiene anche l’acrilammide! Infatti il caffè è uno

degli alimenti incriminati per il sostanziale contributo all’apporto di acrilammide

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con la dieta, specialmente nei paesi del Nord del Mondo, dove si registra un più alto consumo di questa bevanda. Tra gli articoli del Journal l’acrilammide o rmai è comparsa p iù volte e sappiamo che l’EFSA ha confermato che questa sostanza, p resente negli alimenti, potenzialmente aumenta il rischio di sviluppare cancro nei consumatori di tutte le fasce di età (2 e 3).


Infatti per g li adulti i p rodotti a base d i patate (comprese patate fritte e patate al f orno) sono seguiti dal caffè (34%) e pane morbido ( 23%) e - con percentuali minori - biscotti, crackers, pane croccante e gli altri prodotti a base di patate (l’acrilammide non è presente naturalmente in questi alimenti ma viene prodotta in determinate condizioni d i temperatura e d in p resenza di substrati particolari: glucosio e asparagina). Alcune categorie d i alimenti come “patatine e snacks” e i “succedanei del c affè” contengono livelli r elativamente elevati di acrilammide, ma l’EFSA afferma che il loro contributo complessivo all’esposizione alimentare è limitato, se ci si attiene ad una dieta normale e variata (2).

LA FORMAZIONE DI ACRILAMMIDE NEL CAFFÈ

Il caffè viene generalmente tostato ad una temperatura d i 220-250o C, e il tempo e la velocità di tostatura giocano u n ruolo importante sulle p roprietà sensoriali, come il colore, l’aroma e il gusto. dipendenti dalla composizione della materia p rima, dalla varietà del chicco, dal processo a cui i chicchi sono sottoposti dopo la raccolta, nonché da (4). I principali fattori che determinano i livelli di acrilammide nel caffè e nelle bevande a base di caffè sono: • La varietà del c affè: l e varietà d i caffè più prodotte a l mondo sono l’arabica (che consiste nel 64% della p roduzione mondiale), e la varietà r obusta (che pesa i nvece sulla p roduzione

mondiale per i l 35%); il tipo “robusta” contiene livelli p iù alti d i acrilammide rispetto alla varietà “arabica”, p robabilmente a causa della più alta concentrazione di asparagina libera nel chicco ancora non lavorato, tanto che a parità di tostatura il tipo robusta presenta una q uantità doppia di acrilammide. • Le condizioni d i tostatura: l’acrilammide s i forma nelle fasi iniziali del processo di tostatura, ma il suo quantitativo ciclo, quando viene degradata ed eliminata. Queste osservazioni potrebbero essere utili per le aziende produttrici, anche se ad oggi non sono state ancora trovate soluzioni per un caffè più scuro, più tostato senza però alterarne le caratteristiche di gusto e aroma. • La conservazione: gli studi ci confermano che l’acrilammide non è s tabile nelle p reparazioni commerciali - chicchi e chicchi macinati - conservati nel contenitore o riginale; le osservazioni hanno portato a determinare una più alta riduzione dell’acrilammide nel caffè conservato a temperature più elevate. • I metodi d i preparazione della bevanda: come t utti sappiamo i l caffè si p repara utilizzando un certo quantitativo di acqua (bollita, sotto pressione, etc) e una certa quantità di polvere di caffè ottenuta dalla macinazione dei chicchi, con l’utilizzo di diversi metodi che ci permettono di o ttenere l a bevanda vera e propria; il grado ottimale di lana, media - varia anche a seconda del metodo d i preparazione della bevanda che vogliamo ottenere.

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• I difetti di qualità dei chicchi: in particolare, si è visto che la presenza di chicchi non maturi, che contengono più alti quantitativi di asparagina libera, porta a valori più alti di acrilammide; studi recenti dimostrano inoltre che effettuare una decorticazione dei chicchi non maturi permette di ridurre i l livello d i asparagina libera, e quindi potrebbe essere uno dei metodi d a mettere a punto per c ercare d i ridurre la formazione d i acrilammide. Riguardo al metodo d i preparazione della bevanda, bisogna ricordare che l’acrilammide è altamente solubile in acqua. Di conseguenza l’acrilammide transita dalla polvere di caffè nella bedi preparazione e rapporto caffè/acqua), del tipo di m iscela di c affè e del suo g rado d i tostatura, risulterà p resente in quantità d ifferenti nella b e-

Una m enzione particolare va fatta per il caffè espresso, visto anche il largo consumo in Italia: il tempo di contatto tra il caffè e l’acqua nella preparazione dell’espresso è breve e di conseguenza il processo di estrazione dell’acrilammide dalla polvere sarà incompleto rispetto ad altre preparazioni, ma poiché il rapporto tra il quantitativo di caffè e il quantitativo di acqua è elevato (abbiamo tanto caffè rispetto al volume di acqua) la concentraziosarà maggiore rispetto alle altre preparazioni.

Si sono ormai affermate sul mercato anche le cosiddette “capsule” di caffè espresso, che sono largamente apprezzate dai consumatori, ma per il livello di acrilammide non si differenziano dall’espresso preparato con altri metodi. Anche per l’espresso decaffeinato osserviamo lo stesso quantitativo di acrilammide, in quanto il processo di decaffeinizzazione non sori dell’acrilammide nel chicco. Il caffè espresso normalmente ha un quantitativo maggiore di acrilammide, ma ha un volume piccolo (20 ml circa per un caffè ristretto e max 70 ml un caffè lungo) mentre le altre preparazioni (caffè turco, caffè americano, caffè francese etc) hanno un ta che l’apporto di acrilammide dipenderà essenzialmente dalle abitudini di consumo (tipo, miscela, tostatura, volume della bevanda, insieme alla f requenza d i consumo), tutti f attori che vene dalle abitudini socio-culturali nel luogo di provenienza del consumatore (4). L’EFSA c i ricorda ( 3) che i livelli d i acrilammide sono tre volte più bassi nel caffè tostato rispetto al caffè istantaneo (solubile), ma nella bevancaffè provenienti da caffè tostati presentano un livello più elevato di acrilammide, poiché la tostatura, come si evince da quanto detto in precedenza, ha

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Una tostatura “light” porta ad una bevanda con il doppio di acrilammide rispetto ad una tostatura “dark”. In conclusione l’apporto di acrilammide attraverso l’assunzione del caffè dipenderà dal tipo e dalla quantità di caffè assunto (8 e 12).


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Grafico 1: Livelli medi di acrilammide in diversi alimenti, mcg/kg (tratto da Chemicals in food 2016, Overview of selected data collection, EFSA)(3).

cerca stanno studiando metodi per ridurre il quantitativo di acrilammide. Ad esempio, per le bevande a base d i cicoria si è v isto che i l quantitativo dipende dalle condizioni di coltivazione, che per-

A tal proposito, uno s tudio polacco del 2013 ha analizzato 42 campioni di caffè, concludendo che una t azza d a 160 m l di c affè presenta dei livelli di acrilammide che vanno da 0.45 mcg per il caffè tostato a 3.21 mcg per i sostituti del caffè (9). Anche uno studio più recente sul mugicha (un the giapponese fermentato derivato dall’orzo tostato) del 2016 ci conferma che il grado di tostatura e il quantitativo di asparagina nel cereale sono correlati al livello di acrilammide che poi troviamo nella tazza (10). Anche per i sostituti del caffè, i produttori e la ri-

mettono d i ridurre l a formazione dei p recursori, come l’asparagina libera, che è correlata al cultivar di cicoria, all’anno di produzione, al livello di fertilizzazione, alla data di raccolta, alla quantità di azoto nel terreno. Anche le tecnologie applicate dopo il raccolto intura come anche l’essicazione prima della tostatura (11 e 13).

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Quindi devo smettere di bere caffè?

No! Ma certamente puoi mettere in atto alcune ac-


cortezze nelle tue scelte!

Come posso ridurre l’assunzione di acrilammide pur bevendo il caffè?

Non c ’è bisogno d i smettere d i bere c affè, se ti piace! Ma... • scegli miscele commerciali con un’alta percentuale di arabica e grado più scuro di tostatura • se possibile scegli miscele conservate per periodi più lunghi • preferisci bevande “corte” a bevande “lunghe” • evita caffè istantaneo (caffè solubile) e i cosiddetti succedanei del caffè

Ricordiamo, i noltre, che per evitare l’assunzione alimentare di acrilammide è importante mettere in atto tutti quei comportamenti virtuosi, che abbiamo g ià v isto nelle p recedenti uscite del Journal (su pane, patate, biscotti, etc.) e che l’acrilammide non deriva solo da alimenti. Essa è presente anche nel fumo di tabacco, che è pertanto una fonte non alimentare di esposizione per fumatori e non fumatori (tramite il fumo passivo). Per i fumatori il fumo di tabacco è una fonte di esposizione all’acrilammide più importante dei cibi. Inoltre l’acrilammide h a un’ampia varietà di usi industriali non alimentari, e pertanto per alcune persone l’esposizione sul luogo di lavoro può avvenire mediante assorbimento cutaneo o inalazione (2).

In c onclusione, i l “take home message” d i questo articolo è : fai attenzione a t utte l e altre fonti di acrilammide, sia quelle alimentari che non, e bevi pure il tuo caffè! Ma soprattutto: fai movimento, s egui uno stile di vita corretto e una dieta bilanciata, varia, ricca di gusto e benessere! Enjoy your Coffee, enjoy Cucina Evolution, enjoy your Life! Dott.ssa Stefania Brescia Medico di Medicina Generale Culinary Nutritionist

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a pizza è uno degli alimenti più consumati dagli italiani, ma è anche fonte di acrilammide, una sostanza che anche assunta i n modeste quantità ha effetti nocivi sulla salute. L’acrilammide si forma durante la cottura ad alte temperature per reazione tra zuccheri e amminoacidi, componenti presenti in tutti gli impasti a base d i farina. Poiché esistono in commercio molti tipi di farina, caratterizzati da diversa composizione i n termini di carboidrati e amminoacidi, quanto può incidere il tipo di farina impiegato per la realizzazione dell’impasto sulla formazione

la cottura? E’ possibile ottimizzare le condizioni in modo da contenere la quantità di acrilammide generata? Un p rogetto d i ricerca svolto p resso l’U-

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niversità degli Studi d i Parma, i n collaborazione con A rt Joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea d i Nutrizione Culinaria, ha c ercato di r ispondere a queste domande portando avanti uno minimizzare l a formazione d i sostanze potenzialmente nocive per la salute del consumatore. Sono stati presi in considerazione impasti ottenuto con 3 tipi diversi di farina: • Farina 00 • Farina integrale • Farina a base d i mix di c ereali denominato PIZZA PIU’ prodotta dall’industria alimentare GRECI contenente anche fibra di bambù. Gli impasti preparati sono s tati poi sottoposti a modi di cottura differenti.


PREPARAZIONE DEGLI IMPASTI

• L’impasto di farina 00 è stato ottenuto con 1000 gr di farina bianca 00, 580 g di H2O, 12 g di olio d’extravergine d’oliva, 7 g di sale iodato ed 1 g di lievito di birra fresco. • L’impasto di farina integrale è stato ottenuto con 1000 g di farina integrale, 580 g di H2O, 12 g di

olio d’extravergine d’oliva, 7 g di sale iodato ed 1 g di lievito di birra fresco. • L’impasto semilavorato ai cereali pizza più è stato ottenuto con 1000 g di farina mix cereali, 580 gr di H2O, 12 g di olio d’extravergine d’oliva, 7 g di sale iodato ed 1 g di lievito di birra fresco.

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Nella Tabella sottostante sono riportati i valori nutrizionali dei tre impasti:

Impasto Farina 00

Impasto farina integrale

di massa.

Impasto mix cereali

Valori nutrizionali su 100 g di prodotto Energia 361 kcal / 1510 kJ 319 kcal / 1350 kJ 356 kcal / 1509 kJ Grassi 1.66 g

1.5 g2

.2 g

Carboidrati 72.5 g (di cui 0.244g di zuccheri)

61.6 g (di cui 0.6 g di zuccheri)

72 g (di cui 0.4 g di zuccheri)

Fibre 2.4 g

7.1 g

4.9 g

Proteine 11.98 g 1

1.2 g

12 g

Sale 0.002 g

0.008 g0

.01 g

MODI DI COTTURA

Un’aliquota di ogni impasto è stata cotta alle seguenti condizioni: • Cottura A ottenuta con cottura al forno statico da pizza ad una temperatura di 300 gradi per 4 minuti • Cottura B ottenuta con cottura al forno statico da pizza ad una temperatura di 300 gradi per 3 minuti • Cottura C ottenuta con cottura al forno ventilato a mezza ventola ad una t emperatura di 220 gradi per 6 minuti • Cottura D ottenuta con cottura al forno ventilato a mezza ventola ad una t emperatura di 250 gradi per 5 minuti.

ANALISI DEI CAMPIONI

Gli impasti cotti sono stati sminuzzati e quindi sono stati suddivisi in 4 aliquote da 2,5 g

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l’una e ciascuna di esse è stata trattata in modo da estrarre l’acrilammide. L’analisi è stata esegui-

Risultati si d i acrilammide ( A) r iscontrata i n un i mpasto a base d i farina integrale dopo cottura al forno ad una temperatura di 250 gradi per 5 minuti (Figura 2), paragonata con l’analisi di uno standard (B).


si in microgrammi su 100 g di prodotto) riscontrati nei campioni in esame. Le barre di colore uguale indicano le stesse tipologie di cottura.

ipotizzare che i l contenuto maggiore di zuccheri riducenti presenti nell’impasto di f arina integrale comporti una maggiore formazione d i acrilammide (seguito poi a ruota dagli impasti a base di

Si possono notare sensibili differenze nella quantità di acrilammide riscontrata nei diversi campioni. In particolare osservando i dati ottenuti è possibile mazione di acrilammide nei prodotti:

mix di cereali e a base di farina 00). Questo tuttavia contrasta con quanto riportato d a diversi studi, che hanno riscontrato come l’aggiunta di fruttosio in matrici alimentari derivanti da cereali non nuto di acrilammide nell’alimento. Si può quindi considerare che i l cuore centrale della f ormazione d i acrilammide risieda, in i mpasti come quelli qui analizzati, nel quantitativo di asparagina presente.

a) Il tipo di farina utilizzata I maggiori livelli d i acrilammide sono s tati rilevati in campioni a base di farina integrale (12,4±0.5 alto (7.1 g per 100 g di prodotto). Analogamente, una ricerca svolta nel 2006 aveva dimostrato che livelli più alti di acrilammide erano riscontrabili in matrici alimentari a base d i cereali integrali e ad parte esterna dei cereali, la crusca, è presente un maggior quantitativo di asparagina rispetto all’endosperma, la parte interna del chicco. Al secondo posto troviamo l’impasto a base d i minore del precedente, e pari a 4,9 g per 100 g di prodotto), seguito poi dagli impasti a base di fariIn termini di contenuto di zuccheri semplici (precursori fondamentali per l a generazione d i acrilammide), v i è una notevole differenza tra l e diverse farine (0,244 g per 100 grammi in impasti di farina 00, 0,4 g per 100 grammi in impasti di mix in impasti a base di farina integrale). Ciò farebbe

b) L a temperatura u tilizzata nella cottura La cottura A, 300 gradi per 4 m inuti (barre risultata essere l a procedura che porta a lla f ormazione d i un quantitativo

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di acrilammide maggiore in tutti e tre le tipologie di impasti. Inoltre, la cottura a 250 °C per 5 minuti porta a un contenuto di acrilammide maggiore di quello osservato a 220 °C per 6 minuti (malgrado la durata sia minore), tranne nel caso della farina mix cereali in cui il comportamento è opposto. Generalmente più è bassa la temperatura utilizzata nel processo di cottura, minore il contenuto di acrilammide nell’alimento. In questa ricerca però è risultato più basso il contenuto di acrilammide in cottura a 300°C per 3 minuti rispetto alle cotture a 220°C e 250°C in forno ventilato. Questo sta a nei per la cottura rispetto ai forni ventilati, a patto che la pizza venga cotta per breve tempo senza lasciare che scurisca. Basta infatti u n minuto in più di cottura a 300°C per ottenere il contenuto di acrilammide più alto. c) La durata del processo di cottura A parità d i matrici alimentari e di t emperatura, è f acilmente riscontrabile come l e cotture A e B portino alla formazione di differenti quantitativi di acrilammide. Nonostante entrambe operino a 300 gradi, la cottura A dura 1 minuto di più rispetto alla B. Questa differenza di tempo implica un notevole effetto sulla formazione della sostanza, in quanto nel primo caso si ha la formazione del quantitativo decisamente maggiore di acrilammide. Alla l uce dei risultati o ttenuti in questo studio si può concludere che la scelta di ingredienti opportuni e una ottimizzazione dei parametri di cottura consentono di modulare il quantitativo di acrilamza, un’attenta valutazione dei parametri d iscussi può permettere a un produttore di ottenere un alimento con minor contenuto di acrilammide.

CONSIGLI P RATICI P ER L A PREPARAZIONE DELLA PIZZA

Farine per l’impasto: abbatte l’indice g licemico degli impasti e quindi li rende più salutari, è preferibile usare mix arric-

sviluppano più acrilammide. La quantità di acrilammide che si forma nell’impasto realizzato con mix di cereali PIZZA PIU’ addizionata cotture anche di meno) rispetto a quella sviluppata tenuta in pizza PIU’ sia più del doppio rispetto alla

consigliabile anche sui condimenti della pizza per contribuire ad abbattere l’indice glicemico. Metodo di cottura: la migliore cottura è risultata a 300°C in forno statico da pizza alla pala per 3 minuti. La ricerca ha rilevato un contenuto minore di acrilammide nelle pizze cotte in forno statico elettrico con pala (tipico forno usato dai pizzaioli) rispetto a quelle cotte in forno ventilato elettrico su teglia (forno tipicamente usato nei ristoranti). Un pizzaiolo abile e attento ai tempi di cottura sarà in g rado d i limitare l a formazione d i acrilammide anche in cotture in forni da pizza ove le temperature sono alte (300°C). Bastano 60 secondi di cottura in più per raddoppiare o triplicare il contenuto di acrilammide. Importanza del tema: La dose g iornaliera d i acrilammide considerata tollerabile per u n adulto è di 1 m icrogrammo. Il quantitativo di acrilammide osservato un impasto volte inferiore al quantitativo prodotto un impasto integrale.

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La farina 00 produce meno acrilammide, in tutte le cotture tranne nella cottura in forno ventilato a 250°C per 5 minuti Il mix PIZZA PIU’ produce meno acrilammide nella cottura i n forno statico da p izza a 300°C per 3 minuti (a parimerito con la farina 00) e in forno ventilato a 250°C per 5 minuti. La farina integrale p roduce più acrilammide i n tutti i metodi di cottura.

sono nutrizionalmente migliori delle farine 00, evidenziamo in verde il miglior modo per preparare l a pizza. L a quantità d i acrilammide p rodotta con questo metodo di cottura è inferiore ai livelli più bassi di acrilammide rilevati da EFSA a livello Europeo su prodotti a base di cereali come la piz-

RINGRAZIAMENTI Le analisi sono state condotte presso il laboratorio di Chimica Analitica del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di P arma, sotto l a supervisione del P rof. Claudio Corradini e della Dott.ssa Antonella Cavazza. Si ringrazia il Dott. Mattia Munari che ha lavorato a questo progetto per lo svolgimento della sua tesi di Laurea. Si ringrazia Art joins Nutrition Academy nella persona di Chiara Manzi per aver promosso questa ricerca e l’industria alimentare Greci Spa per aver sostenuto in parte i costi della ricerca.

in food) Dott.ssa Chiara Bignardi

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Promossi o bocciati

Magie di nocciola: promossi o bocciati?

M

ulino Verde

comprende la linea d i biscotti cotti con il vapore che hanno meno grassi rispetto alla media dei frollini più venduti (fonte Aidepi). Sono rivolti a tutti coloro che vogliono più gusto nel proprio benessere. Sarà davvero così? Saranno promossi o bocciati? Oggi analizziamo Magie di Nocciola , frollini con malto d’orzo e nocciole con il 30% di grassi in meno, cotti con vapore (non al vapore!) per preservare al meglio il gusto intenso delle nocciole.

Ecco gli ingredienti :

Ingredienti: f arina di frumento, z ucchero, crusca mento, estratto di malto d’orzo e mais 3,5%, nocciole tostate 2,8%, uova f resche, m iele, agenti lievitanti (carbonato acido d ’ammonio, carbonato acido di sodio), emulsionante: lecitina di soia, aromi (nocciole), sale.

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E i valori n utrizi onali:

Tra gli ingredienti troviamo grassi prevalentemente i nsaturi, i g rassi cosiddetti “buoni”, che sono dati dall’olio d i semi d i girasole e dalle nocciole, ricche di omega-6.

I grassi saturi non superano gli 0,1g per biscotto, non ci sono grassi idrogenati, né oli di scarsa qualità nutrizionale (olio di palma, olio di cocco). Aspetto m olto p ositivo è i l contenuto di fibra, quasi 1g per biscotto: a livello intestinale la f ibra f orma un filtro che rallenta la digestione e l’assorbimento di zuccheri e grassi. Il risultato è che ci si sente più sazi, più a lungo e si ha un “effetto sconto” del 20% sul contenuto calorico. Meno positiva è la valutazi one degli zuccher i, un po’ troppo alti; derivano principal-

mente da zucchero ( presente a l secondo posto degli ingredienti), estratto di malto d’orzo e mais e dal miele . La componente zuccherina si sente molto anche nel gusto e rende i

biscotti decisamente troppo dolci. Valutiamo una colazione con 200ml di latte parzialmente scremato + una porzione di 6 Magie di Nocciola (porzione suggerita dal sito mulino bianco).

Latte par6 biscotti zialmente Magie di scremato Nocciola 200ml

Totale

Energia (kcal)

2289

5

323

Proteine

4,8

7

11,8

Lipidi

7,2

3

10,2

Carboidrati Di cui Zuccheri

34,8 10,2

10 10

44,8 20,20

Fibra

5,4

0

5,4

Prendendo come riferimento una d ieta da 2000 k cal/die, l’apporto energetico è pari al 10% dell’energia giornaliera.

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La quantità di grassi non supera quella contenuta in cucchiaio di olio, gli zuccheri invece sono quelli contenuti in un frutto e mezzo.

Colore dei bisc otti

Conclusioni e aree di miglioramento Nel complesso i b iscotti M agia d i Nocciola sono PROMOSSI, la componente lipidica e di fibra è ottima, e l’apporto calorico buono. Aree di miglioramento sono quella della colorazione che deve e ssere dorata e non marroncina e quella degli zuccheri, a l fine d i migliorare la qualità nutrizionale e il gusto, per renderli meno stucchevoli ed esaltare il sapore della nocciola. Dott.ssa Francesca Grisenti Laureata in Scienze Gastronomiche Diplomata in Culinary Nutrition

La colorazione dei biscotti Magie di Nocciola è troppo scura e il colore marroncino che hanno è indice di acrilammide, sostanza potenzialmente cancerogena c he s i forma durante la cottura. Questi b iscotti s ono cotti con vapore, ottimo conduttor e di calore ma se da una parte questo metodo di cottura dona più f riabilità al b iscotto, per sopperir e alla minor q uantità di grassi, dall’altra fa si che si p roduca più acrilammide .

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News dal mondo scientifico

Una “dolce” causa del tumore al seno

I

l junk food, o cibo spazzatura, è di nuovo sotto accusa.

Questa volta ad essere sul banco degli imputati sono in particolare gli alimenti ad alto contenuto di zuccheri, come bevande gassate o salse, sempre più presenti, ahimé, nella dieta occidentale non solo americana.

Già accusati di essere una delle cause di obesità e malattie cardiache, ora gli alimenti ricchi di zuccheri, e in particolare di saccarosio, sembrano

avere un impatto significativo anche sullo sviluppo di tumore al seno.

Ad a ffermarlo u n recente studio pubblicato da ricercatori del p restigioso M D Anderson Cancer ca Cancer Research. Dopo aver somministrato a cavie di l aboratorio

diverse dosi d i saccarosio, paragonabili a quelle delle diete occidentali, gli studiosi americani hanno scoperto che una dieta ricca di saccarosio aumenterebbe la proliferazione delle cellule tumorali della ghiandola mammaria ma anche la probabilità di una sua diffusione attraverso la produzione di metastasi polmonari. La correlazione tra consumo e levato di zuccheri e carcinoma mammario è legata probabilmente alla generazione d i uno s tato

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ni. I risultati potrebbero essere infatti confutati o confermati da altri studi. eccessivo d i zuccheri nella dieta. In particolare, una dieta ricca di zuccheri semplici aumenterebbe l’espressione di un sistema enzimatico, la 12-LOX (12-lipossigenasi), e del suo metabolita arachidonato, il 12-HETE, che faciliterebbero lo sviluppo di tumore e la diffusione delle metastasi. Gli scienziati hanno approfondito u lteriormenresponsabile d i tale correlazione, tra l e due che compongono il saccarosio: g lucosio e fruttosio, somministrando ai topi le due molecole separate.

I risultati ottenuti suggeriscono che è il fruttosio il principale responsabile dello sviluppo del tumore al seno e delle metastasi, il quale ha un effetto maggiore rispetto al glucosio. Nonostante venga messo in relazione diretta, per la prima volta, il consumo elevato di zuccheri alimentari (saccarosio/fruttosio) con lo sviluppo di tumore al seno e di metastasi, il meccanismo molecolare che è alla base di questa relazione non è tuttavia ancora completamente noto e altri

I risultati di questo studio sono, senza ombra di dubbio, molto interessanti. Tuttavia, per evitare inutili allarmismi è importante sottolineare il fatto che si tratta di un singolo studio e che i test sono stati effettuati al momento solo su cavie e non ancora su esseri umani. I risultati potrebbero essere infatti confutati o confermati da altri studi.

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Questa ricerca offre anche lo spunto per ricordare (se ce ne fosse ancora bisogno) l’importanza di mangiare in modo sano, cercando di ridurre l’assunzione di zuccheri semplici, dolci e b evande esempio in frutta, verdura, legumi e cereali integrali) e zuccheri complessi, quali pasta, riso o patate). Ciò non solo p er ridurre l a possibile i ncidenza d i tumore, ma anche obesità e malattie non trasmissibili, quali diabete e malattie cardiovascolari. Ilaria Proietti Perché limitare lo zucchero e come Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Sivifare? glia della Commissione Europea Sempre più ricerche mettono in luce l’impatto Fonte: Jiang Y, Pan Y, Rhea PR, Tan L, Gagea M, negativo che gli zuccheri hanno sul nostro stato di Cohen L, Fischer SM, Yang PA. Sucrose-Enriched salute. Lo zucchero è un carboidrato esattamente Diet Promotes Tumorigenesis in Mammary Gland in come quello che troviamo nella pasta (che contiePart through the 12-Lipoxygenase Pathway . Cancer Res. 2016 un Jancarboidrato 1;76(1):24-9.complesso), doi: 10.1158/0008-5472. ne amido, nonostante CAN-14-3432. ciò, le linee guida per una corretta alimentazione ci invitano a limitare l’assunzione di zucchero semplice a <15% delle calorie giornaliere. Ad esempio per una persona adulta e sana che può assumere ogni giorno 2000 kcal è possibile consumere circa 75g di zuccheri semplici. Sembrano tanti, ma in fondo non lo sono! Considerando che un’alimentazione salutare prevede due frutti al giorno e un bicchiere di latte o yogurt, che in totale contengono circa 40 grammi di zuccheri semplici, ce ne restano solo altri 35g da spendere. Questo se si ha l’accortezza di non assumere bevande zuccherate


ombra di dubbio, molto interessanti. Tuttavia, per evitare inutili allarmismi è importante sottolineare il fatto che si tratta di un singolo studio e che i test sono stati effettuati al momento solo su cavie e non ancora su esseri umani. I risultati potrebbero essere infatti confutati o confermati da altri studi. Questa ricerca offre anche lo spunto per ricordare (se ce ne fosse ancora bisogno) l’importanza di mangiare in modo sano, cercando di ridurre l’assunzione di zuccheri semplici, dolci e b evande esempio in frutta, verdura, legumi e cereali integrali) e zuccheri complessi, quali pasta, riso o patate). Ciò non solo p er ridurre l a possibile i ncidenza d i tumore, ma anche obesità e malattie non trasmissibili, quali diabete e malattie cardiovascolari. Ilaria Proietti Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Siviglia della Commissione Europea Fonte: Jiang Y, Pan Y, Rhea PR, Tan L, Gagea M, Cohen L, Fischer SM, Yang PA. Sucrose-Enriched Diet Promotes Tumorigenesis in Mammary Gland in Part through the 12-Lipoxygenase Pathway. Cancer Res. 2016 Jan 1;76(1):24-9. doi: 10.1158/0008-5472. CAN-14-3432.

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FOCUS L’Eritritolo: una bomba naturale che dolcifica la vita con zero calorie

S

pesso s i associa la p arola dolce a lla p arola rinuncia, ma che cos’è che rende un dolce negativo per la nostra salute? La risposta è semplice: lo zucchero! Lo zucchero semplice viene assorbito rapidamente e trasformato in energia. Se dopo un pasto ricco di zuccheri ci sediamo davanti la TV e non svolgiamo alcuna attività, lo zucchero viene però trasformato in grasso di riserva.

Siamo talmente abituati ad utilizzare lo zucchero per addolcire bevande, biscotti, dolci che di fronte alla necessità di

doverne fare a meno sembra che non ci sia via d’uscita. In realtà la natura ci ha fatto un regalo:

l’eritritolo!

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COS’E’ L’ERITRITOLO? al gruppo dei polioli (o polialcoli). Prodotto a partire dalla fermentazione di zuccheri naturalmente presenti in frutta e altri alimenti di origine vegetale, comune zucchero da tavola. Dal 2006 la legislazione europea ne autorizza l’impiego i n diversi a limenti, dalle gomme d a mastiuna dose massima. Nei prodotti viene indicato in etichetta con la sigla E968.

5 VANTAGGI DELL’ERITRITOLO:

1. Ha zero calorie a differenza del saccarosio che apporta 4 kcal/g. 2. na nel sangue, rendendolo adatto anche a chi soffre di diabete. 3. Non è cariogeno, p reservando l a salute del


cavo orale. 4. (aspartame o acesulfame) e naturali (stevia). 5. H a un sapore piacevole che lo rende adatto ad essere utilizzato sia nelle bevande calde che in cucina. I polioli, la classe di cui fa parte l’eritritolo, si accumulano generalmente nell’intestino causando un richiamo di acqua con conseguente effetto lassativo. L’eritritolo è invece assorbito per il 90% nell’inteIl suo processo metabolico limita quindi gli effetti causati dagli altri polioli, come lo xylitolo, sul sistema digestivo.

L’utilizzo dell’eritritolo nei dolci permette di ridurre drasticamente gli zuccheri semplici in un dolce, che se preparato anche con le giuste quantità di mela! L’eritritolo può essere anche sostituito i n alcune preparazioni salate come le marinature o nella realizzazione dei sali bilanciati (mix di sale, zucchero e spezie) u tilizzati per aggiungere sapore con meno sale. L’eritritolo non funziona bene nelle frolle, rendendole un po’ gommose rispetto allo zucchero.

DOVE POSSO TROVARE L’ERITRITOLO?

DOVE POSSO UTILIZZARE L’ERITRITOLO AL POSTO DELLO ZUCCHERO?

L’eritritolo può essere acquistato nei supermercati o erboristerie più forniti e online.

• • • • •

come la stevia. Un consiglio: attenzione a leggere la lista degli ingredienti se non volete avere la sorpresa di assaggiare un dolce con il retrogusto della stevia!

Nelle torte Nei sorbetti Nelle meringhe Nelle creme Negli sciroppi (utilizzarlo a caldo perché tende a cristallizzare) • Nelle marmellate

Ilaria Roncaioli Nutrizionista - Nutritional Therapist - Culinary Nutritionist - Responsabile dell’Art joins Nutrition Academy del Centro Sud

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I

L PACKAGING

Il packaging alimentare svolge importanti funzioni legate non solo a contenere i cibi, ma anche e soprattutto a proteggerli dal deperimento aumentandone cosi il tempo di conservazione e permettendone il trasporto anche in luoghi lontani dalla sede di produzione. In questo modo si va nella direzione della riduzione degli sprechi, con lo scopo di raggiungere l’obiettivo “nutrire il pianeta”, che era il tema dell’Expo 2015. Accanto a queste funzioni il packaging permette inoltre a un’azienda di presentare il proprio prodotto, promuovendone la scelta da parte del consumatore, e comunicare i propri valori cercando di entrare in sintonia con il potenziale cliente. In informa c irca i valori nutrizionali e le modalità di conservazione, e può anche suggerire i

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modi di consumo. Negli ultimi anni, al packaging si è demandata una nuova f unzione, che è quella d i preparare e servire una pietanza: sono sempre più diffuse infatti le confezioni monoporzione in cui è possibile d irettamente cuocere e consumare un prodotto senza utilizzare pentole e piatti. In maniera simile, si t rovano sempre più fr equent e-


mente in commercio confezioni contenenti frutta già sbucciata o dolci p ronti da consumare solo dopo apertura dell’involucro.

SCELTA DEI MATERIALI

Una notevole importanza v a data alla scelta del materiale da usare a contatto con l’alimento, sia per questioni di impatto ambientale che di sicurezza. La scelta del materiale è legata infatti al problema delle possibili migrazioni di molecole indesiderate in seguito al contatto con gli alimenti, nel rispetto dei r egolamenti dell’Unione E uropea che i mpongono buone pratiche di fabbricazione le trasferimento agli alimenti non implichi pericoli per la sacettabili della composizione del p rodotto alimentare o un

deterioramento delle sue qualità organolettiche.

MATERIALI A CONTATTO CON ALIMENTI: IL PARERE DELL’EFSA

Dopo opportune consultazioni e approfondimenti della tematica, nel gennaio 2016 l’EFSA ha pubche i materiali di confezionamento dei prodotti alimentari e i contenitori (quali bottiglie, tazze e piatti, utilizzati per migliorare la manipolazione e il trasporto degli alimenti) possono contenere so-

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stanze chimiche in grado di migrare negli alimenti. la sicurezza riguardo le sostanze chimiche usate nella realizzazione dei materiali a contatto con gli alimenti.

BIOPOLIMERI

Negli ultimi anni in contrapposizione alla produzione ed uso di polimeri sintetici, largamente utilizzati per il packaging, è sempre più presente l’esigenza di disporre di materiali più sostenibili in grado di rispondere alle esigenze dell’industria e del consumatore. Tenuto in debito conto la crescente attenzione posta al tema della sostenibilità ambientale, nonché la progressiva d iminuzione della d isponibilità di fonti p etrolifere, cambiare oggi s trategia nell’ambito del packaging alimentare, e non solo, è sempre più una opportunità oltre che una necessità. Di conseguenza è cresciuto l’interesse verso i biopolimeri o bioplastiche, polimeri derivati da materiali di origine vegetale e rinnovabili. In questa ottica lo sviluppo di materiali impiegati per produrre imballaggi sostenibili risulta essere una prerogativa di primaria importanza sia per i produttori che per gli utilizzatori del packaging, oltre a risultare di particolare attenzione per il consumatore.

IL PACKAGING ATTIVO

Tra le proposte innovative destinate a rivoluzionare in un p rossimo futuro il settore del packaging alimentare, ma eventualmente a nche quello d ei

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settori farmaceutico e cosmetico, un ruolo prominente verrà assunto dal packaging attivo. Con il termine di packaging attivo si i ntende u n confezionamento in grado di interagire con il suo contenuto, con effetti positivi. Packaging attivi attualmente in commercio e correntemente impiegati n el confezionamento d egli alimenti sono in genere limitati. Esempi sono i foglietti assorbenti in grado di assorbire il liquido che si libera dalla carne o dal pesce fresco confezionato in vaschette, bustine “assorbi-ossigeno” che consistono i n piccoli sacchetti a ggiunti nelle confezioni s igillate con lo scopo di sequestrare gas presenti nella confezione e quindi rallentare la crescita m icroorganismi e ridurre possibili alterazioni, materiali “assorbi-etilene”, sostanza naturale prodotta dalla frutta durante la maturazione la cui eliminazione rallenta il processo di maturazione. Questo tipo di materiali possono consentire il rilascio di aromi, enzimi, antiossidanti e antimicrobici con il preciso scopo di contrastare la deperibilità degli alimenti e presentano indubbiamente una notevole, indiscussa innovazione.

REALIZZAZIONE DI P ACKAGING ATTIVO “ BIO” E D “EDIBILE”: U NO S PINOFF DELL’UNIVERSITA’ DI PARMA

In questa ottica di continua innovazione nel campo del packaging alimentare può essere collocato quel“packaging edibile”, cioè costituito da materiale commestibile impiegato per


FIGURA 2

biodegradabile, può essere ingerita insieme all’alimento, n on c ontiene allergeni, e p rotegge il p rodotto dal deperimento, prolungandone la shelf-life.

FIGURA 3

Nella figura (foto 3) è riportato un e sempio d i applicazione su h amburger: in basso, dopo 7 2 ore di conservazione in frigorifero, si può notare la -

FIGURA 4

bile, che si mantiene di un rosso vivo e non sviluppa cattivo odore. Ottimi risultati sono stati ottenuti anche con frutta sbucciatae tagliata (foto4). Prof.ssa Antonella Cavazza

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C

hi non ha mai sentito parlare di olio spremuto a freddo alzi la mano!

Sappiamo davvero cos’è e cosa significano questi termini? Innanzitutto è necessario sottolineare che la legge differenzia la spremitura a freddo dall’estrazione a a - “prima spremitura a freddo”: riservata agli oli d’oliva vergini o extra v ergini o ttenuti a meno d i 27°C con una p rima spremitura meccanica della pasta d’olive, con un sistema di estrazione di tipo tradizionale con presse idrauliche; b - “estratto a freddo”: riservata agli oli d’oliva vergini o extra vergini ottenuti a meno

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di 27°C con un processo di percolazione o centrifugazione della pasta d’olive

in maniera molto sottile, ma c iò può trarre in i nganno il consumatore poco informato.

L’aspetto che invece emerge in maniera chiara ed inequivocabile è che la temperatura di riferimento è effettivamente di 27°C; ciò che non si sa è che questa non è l’unica temperatura su cui ci si basa all’interno del processo di molitura.


Vi è i nfatti u n processo successivo a lla frangitura, chiamato gramolazione : essa è la fase che ha come scopo il mescolamento della pasta oleosa, ottenuta dalle o live spremute meccanicamente, favorendo la separazione della f ase liquida (olio ed acqua di vegetazione) da quella solida (sansa) estrazione. La temperatura d i questa f ase è quindi a nch’essa molto i mportante, in quanto le olive che vengono frante e successivamente gramolate aumentano naturalmente di temperatura. L’interazione tra questi due fattori fa sì che la temrati e , mediamente, porta a d un mutamento del tano le note dolci e si perdono l’aroma fruttato ed i sentori vegetali. Questi cambiamenti hanno portato quindi a credere che l’olio di prima spremitura a freddo o estratto a freddo fosse migliore grazie alle temperature di lavorazione più basse non apportando cambiamenti organolettici e, come si credeva, non portando alla perdita di sostanze bioattive quali i polifenoli. mostrato che oli ottenuti a temperature superiori sembrano risultare più r esistenti all’ossidazione grazie all’aumento, dovuto p roprio a lla t emperatura più alta, di queste sostanze chiamate fenoli, i quali rendono l’olio più stabile seppur di sapore leggermente più amarognolo. In più si è visto che il calore rende più biodisponibile il betacarotene contenuto, precursore della vitamina A, quindi si ha l’effetto inverso rispetto a quanto inizialmente ipotizzato ovvero la perdita di I parametri chimici come l’acidità non sembrara mentre i p erossidi aumentano l eggermente in quanto, seppur in maniera modesta, il calore porta l’olio ad una leggera ossidazione.

A risultati simili sono arrivati anche alcuni studiosi dell’Università delle M arche ( Boselli E ., D i Lecce G., Strabbioli R.), i quali si sono spinti con la gra-

Era abbastanza ovvio che l’olio ottenuto con queste temperature di s premitura, gramolatura ed nolettico non gradito a molti consumatori, proprio per la perdita di sostanze aromatiche volatili e per il caratteristico sapore di “cotto”. Gli stessi ricercatori però, sempre attraversogli stessi panel sensoriali, hanno rilevato che tra un olio ottenuto sotto i 27°C ed uno a 35°C non ci sono apprezzabili differenze chimiche né organolettiche .

Spremitura a freddo = falso mito, quindi? SI, se assumiamo come valore assoluto di riferimento la temperatura di 27°C. Teniamo quindi assolutamente in considerazione la temperatura di gramolazione, che andrebbe decisa, insieme con tutti gli altri parametri di lavorazione delle olive, in funzione della cultivar, dell’epoca di raccolta e del tipo di olio che si vuole ottenere. In altri termini, essendo la temperatura di gramolazione così variabile in funzione di tutte le diffescorretto indicare nei 27°C la temperatura ideale di spremitura a freddo. Fabiana Carella Culinary Nutritionist Bibliografia: 1 - Antonio M. Inarejos-García et al, Infuence o f malaxation conditions o n virgin o live oil yield overall quality and composition, Eur Food Res Technol (2009) 228:671–677 2 - Emanuele Boselli et al, Are virgin olive oils obtained below 2 7°C better than t hose p roduced a t higher temperatures?, Food Science and Technology (2009) 42; 748–757

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Voglio essere Chiara

U

no degli alimenti tipici della cucina mediterranea, l’olio extra vergine è famoso per le sue proprietà benefiche per la nostra salute.

Il segreto s ta nel suo contenuto di acidi grassi monoinsaturi (73%), in particolare di acido oleico. I grassi monoinsaturi proteggono il nostro cuore e le nostre arterie e riducono il rischio di mortalità. L’olio extra vergine di oliva è ricco di vitamina E, potente antiossidante che ci protegge dall’invecchiamento cellulare. Allora v ia libera all’aggiunta di olio extra v ergine d i oliva? NO! L’olio è un grasso al 100%

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per ogni cucchiaio di olio aggiunto, aggiungiamo 90 kcal al piatto, le stesse calorie di 2 frollini. Un consumo eccessivo di grassi, di ogni genere, causa un aumento di peso ed un aumento di produzione di radicali liberi che sono alla base di molte patologie.


GRASSO FATTI PIU’ IN LA’: SCOPRI COME FARE CON LA COTTURA SOTTOVUOTO

consistenza morbida che non necessita l’aggiunta di grassi per migliorare la palatabilità del piatto. 3. L’olio extra vergine di oliva è ricco di grassi insaturi e vitamina E, entrambi sensibili all’ossigeno. L a mancanza d i ossigeno nella cottura sottovuoto permette d i preservare con pochi

Cucinare senza grassi è s inonimo d i salute? E’ fondamentale sapere che i grassi sono fondamentali per la nostra vita. Sono necessari per la produzione dei nostri ormoni, per la struttura cellulare e per assimilare le vitamine A, D, E e K. Dobbiamo assumerli nelle giuste quantità. Ecco come la cottura sottovuoto ci regala 3 vantaggi importanti: 1. Grazie ai succhi rilasciati dall’alimento nel sacchetto t utti i sapori restano ben concentrati all’interno, richiedendo l’utilizzo d i meno olio per aggiungere sapore. 2. La carne e il pesce cotti sottovuoto hanno una

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È solo buono o fa anche bene?

Ecco la domanda che da oggi devi farti e devi fare. Entra in cucina con la Culinary Nutrition e trasforma i piatti della nostra tradizione in elisir di lunga vita.

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a frittura è la prima cosa che ci viene vietata nelle diete, nonostante tutto il fritto è un metodo di cottura che conserva molto bene le vitamine più delicate, in partic olare la vitamina C e a volte un fritto ben fatto è meno grasso e calorico di un’insalatona cond ita con un cucchiaio di olio !

Seguendo le basi della Culinar y Nutrition possiamo realizzare un fritto buono e con meno g rassi e calorie di un’insal atona e una mozzarellina da 100 g. 48

Tutto quello che dobbiamo fare è ridurr e al minimo l’assorbimento dell’olio seguendo 3 semplici trucchi: 1. Olio g iusto alla temperatura c orretta: l ’olio deve e ssere abbondante e b en caldo, a 180°C. S e non abbiamo u na friggitrice con termostato, p ossiamo acquistar e un termometro sonda p er tenere la temperat ura s otto controllo. Il grasso m iglio re è l’olio extraver gine d ’oliva, ma vanno b ene anche l’olio d’oliva, l’olio d’arachidi, l’olio di giraso le alto oleico e lo stutto. Quest’ultimo viene


assorbito t re v olte m eno dagli impasti l isci (esempio la pizza) rispetto all’olio e oggi è un grasso p iù i nsaturo r ispetto a dieci anni f a, di allevamento. 2. C ibi rivestiti ma non troppo: l’alimento deve essere poco “rivestito”. Se, p er e sempio, è solo i nfarinato, come n el caso della frittur a di p esce, a ssorbe la metà dell’olio r ispett o ad un alimento impanato, come la cotoletta . Pastella e tempura, invece, a ssorbono t antissimo olio . 3. A fine cottura eliminar e più olio possibile : bisogna scolar e il fritto dall’olio con una pin za o un ragno, in modo da sgocciola re bene il grasso, e poi assorbir e l’olio, tamponand o per tre volte il cibo con la carta assorbente e carta paglia .

Se ancora non sei convinto che l a frittura è un metodo d i cottura salutare, f orse non sai che è tra i tipi di cottura che permette d i conservare i nutrienti. Durante la frittura l’alimento non entra mai a contatto d iretto con l’acqua e quindi non disperde facilmente le sostanze.

Il breve tempo di cottura utilizzato e la croccante crosticina esterna che si forma e che protegge l’alimento dal contatto con l’ossigeno, permette di mantenere il contenuto di vitamina C e di alcune vitamine del gruppo B fino all’80%. Possiamo dire quindi che la frittura è uno dei metodi d i cottura più antiaging: l’importante è seguire i 3 segreti che ti abbiamo svelato . Seguendo i principi della Culinary Nutrition una frittura di pesce a vrà m eno grassi e m eno c alorie di un’insalatona, condita con un cucchiai o di olio, accompagnata da una mozzarellina da 100 g. Non ci credi? Allora ti suggeriamo di p rovare l a frittura di gamberi e calamari realizzata d allo Chef antiaging Antonio Ilardi. Antonio è un giovane chef n apoletano che dirige l a brigata del R istorante Il Pepe Rosa di Lucca. Il pesce è la sua passione. Da anni studia con interesse e assiduità la nutrizione applicata alla c ucina e p repara per i s uoi clienti piatti c he l i fanno felici: golosi e salutari!

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Insalatona con 1 cucchiaio di olio e una mozzarella da 100 g Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 21 g • Grassi 30 g • Carboidrati 3g • Fibra 1,5 g • Energia 363 Kcal

Frittura di gamberi e calamari e insalatona con carciofi e bottarga Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 30 g • Grassi 14 g • Carboidrati 15 g • Fibra 6g • Energia 312 Kcal

Siete ancora convinti che sia più salutare l’insalatona con la mozzarella? La frittura d i pesce che c i propone Antonio Ilardi segue la regola del More&Less realizzando un piatto ricco di gusto ma con meno grassi e meno calorie. Non dimentichiamo gli abbinamenti vincenti: il limone è ricco di vitamina C e ci permette di migliorare l’assorbimento del ferro contenuto nel pesce

Non ti resta che andare in cucina e realizzare una frittura di pesce antiaging!

Ingredienti per 4 persone • 1 litro di olio extravergine di oliva o di arachidi • 400 g di calamari • 400 g di code di gamberi 2 limoni • 5 cucchiai circa di farina e semola • latte parzialmente scremato Per l’insalata: • 4 carciofi • 100 g di insalata mista • il succo di 1 limone • 4 g di bottarga • 1 g di sale iodato • pepe • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva 50

Preparazione

Pulire i calamari facendo attenzione a eliminare le interiora e la sacca contenente il nero, tagliarli ad anelli o a listarelle sottili. Sgusciare le code di gamberi e togliere accuratalatte per 1-2 ore, scolare e passarli i n un m ix d i farina e semola. Friggere in olio extravergine di oliva o di arachidi a 180°C. Tamponare molto bene la frittura passandola tre volte nella carta assorbente da cucina e servirla subito con uno spicchio di limone. Accompagnare con un’insalata mista fatta con dita con sale, pepe, succo di limone, olio extravergine di oliva e una grattugiata di bottarga. Queste e tante altre ricette puoi trovarle nel libro “Antiaging con gusto” della Dott.ssa Chiara Manzi, massima esperta i n Europa d i Culinary Nutrition e cucina antiaging. Maria Mattera Dietista & Culinary Nutritionist


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’inulina è un olisaccaride poco calorico largamente d iffuso nel mondo vegetale anche s e le quantità maggiori si t rovano nei tuberi e nei rizomi delle piante appartenenti alla famiglia delle Composite (Asteraceae in particolare). C on i l termine inulina, s i

identifica u n gruppo e terogeneo d i polisaccaridi i drosolubili, ampiamente diffusi in n atura e utilizza ti come c arboidra ti d i riser va d a circa i l 15% delle p iante da f iore. È una soprattutto per i suoi e ffetti sulla salute e per le proprietà reologiche (formazione di gel, emulsioni, abilità di stabilizzare le schiume). Fra le proprietà salutistiche attribuite c’è quel-

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la d i facilitare l a digestione e d i ridurre i l gas i ne diminuendo quella dei m icrorganismi nocivi infatti molti prodotti a base di ferme nti

lattici co ntengono i nulina.

L’inulina è un glucide caratterizzato dalla presenza di unità fruttosiliche. Appartiene a lla f amiglia dei


frutto-oligosaccaridi (FOS), ingredienti molto usati nell’industria a limentare grazie a ricerche che ne hanno mostrato molteplici proprietà f unzionali. Dal punto d i vista chimico s i tratta d i polimeri o di oligomeri del fruttosio a catena lineare, in cui le molecole di fruttosio sono unite da legami glicosidici beta (2-1) con una molecola di glucosio che si trova tipicamente ad una estremità della catena. Il gruppo di composti è piuttosto eterogeneo per quanto riguarda la l unghezza della catena e il numero di unità d i fruttosio presenti varia d i solito d a 2 a 60 unità, con una media di 10. Poiché queste differenze s trutturali determinano d ifferenti caratteristiche funzionali, a ll’interno dell’inulina si distingue generalmente un sottogruppo d i composti, col nome generico di oligofruttosio, che comprende g li o ligomeri a minor grado di polimerizzazione (DP),

contenenti un numero di unità compreso tra 2 e 10 (DP 2-10) ottenuto per idrolisi enzimatica parziale dell’inulina. Recentemente è stato immesso e reso disponibile nel mercato un tipo di inulina HP, High Performance, che si ottiene rimuovendo una parte delle molecole di oligofruttosio e gli zuccheri residui.

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L’inulina HP ha pertanto un grado medio di polimerizzazione di 25 unità e una distribuzione molecolare in un intervallo tra 11 e 60 unità. Questa distinzione consente di disporre al meglio e utilizzare separatamente i due sottogruppi di molecole a seconda delle qualità che si vogliono impartire all’alimento a cui verrà addizionata.

In g enere l’inulina viene e stratta dalla radice d ella C icoria ( Cichorium intybus), che ne è molto ricca, e si p resenta come u na p olvere di colore bianco-giallastro. L’inulina viene estratta anche dai t opinanbur, dal tartufo bianco e dai tuberi di dalia. La dose giornaliera r accomandata va d a 4 a 8 g. Nella d ieta dei Paesi i ndustrializzati l’ingestione g iornaliera media di inulina va da 1 a 10 g in base alle abitudini alimentari del soggetto.

Proprietà funzionali e n utrizi onali

L’uso di inulina e oligofruttosio come ingredienti incorporati in alimenti e bevande, consente una ampia combinazione di vantaggi tecnologici e nutrizionali, migliorando l’aspetto, la consistenza di un vasto gruppo di categorie di prodotti e favorendo la produzione di alimenti funzionali. L’inulina ha un sapore neutro, senza a lcun r etrogusto. Essendo moderatamente solubile in acqua, risulta integrabile nei sistemi acquosi, nei quali la precipitazione ostacolo e spesso

migliora le propri età

organole ttiche . L’inulina è anche un ottimo sostituto del g rasso. In alte concentrazioni, pre-

di particelle di gel dopo il taglio. La solidità del gel ottenuta dipende dalla concentrazione di inulina, dal contenuto totale della sostanza allo stato secle ritiene una grande quantità di acqua garanten-

Figura 1. Struttura generale dell’inulina

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Essa mostra, inoltre, un comportamento reologico visco-elastico. L ’oligofruttosio incide anche sulla consistenza e sulla sensazione gustativa, ha proprietà umettanti, riduce l’attività acquosa e to. L’inulina è utilizz ata come fat-replacer c ioè sostituto dei grassi. Ad


alte concentrazioni, presenta infatti p roprietà di struttura c remosa f acilmente incorporabile n egli alimenti. O ltre a consentire un abbassamento nel contenuto di g rassi negli alimenti, s ia inulina che oligofruttosio non vengono digeriti dagli enzimi intestinali, ne deriva quindi un ridotto apporto calorico di circa 100 kcal/100g. Sulla base della riva che i prodotti in cui è inserita tra gli ingredienti, possono essere p resentati come alimenti che sostanze come l’effetto sul transito intestinale, la modulazione della concentrazione di colesterolo e trigliceridi nel sangue, il miglioramento della com-

si può prevedere un uso possibile in prodotti per za le glicemia, non stimola la secrezione di insulidell’inulina e degli oligo-fruttosi, riguardano la loro azione prebiotica poiché essi stimolano la cresciscita di microrganismi patogeni. Per tale proprietà sono già usati in numerosi alimenti dal latte ai suoi derivati, tra cui yogurt, latte fermentato, formaggio fresco.

Alcuni studi hanno evidenziato che l’inulina favorendo l ’attività d ei batteri l attici, esercita un e ffetto positivo sull’assorbimento di alcuni minerali, come il magnesio e il calcio contenuti negli alimenti. Studi sono in corso per dimostrare se l’assunzione di inulina favorisce la deposizione di calcio nelle ossa, ed esercita un possibile ruolo nella prevenzione dell’osteoporosi. Alcuni s tudi in laboratorio hanno d imostrato che Lattobacilli nell’intestino. Questi sono i batteri più utili per l’uomo, perchè favoriscono l’assorbimento delle sostanze nutritive presenti nei cibi e

nelle piante medicinali, il funzionamento regolare dell’intestino e perchè combattono lo sviluppo dei tumori intestinali. Questi dati di l aboratorio sono stati confermati da numerosi studi clinici, nei quali l’inulina è stata capace di ridurre anche l’assorbimento intestinale del colesterolo. Uno studio nel ratto ha valutato se l’introito di calcio di breve dunulina sull’assorbimento intestinale del calcio. Gli animali ricevevano una dieta classica addizionata o no col 10% di inulina, alla quale veniva aggiunto il calcio in r agione dello 0 ,25% o dello 0 ,50% o dello 0,75% del peso del cibo per 40 giorni in tutti i gruppi con o senza i nulina. E ’ stato osservato che l’inulina aumentava l’assorbimento intestinale del calcio e del magnesio a tutte le concentrazioni utilizzate, m a tale e ffetto d ipendeva dai livelli d i calcio nella dieta e dal tempo di somministrazione. Quando il calcio era fornito per breve periodo l’effetto dell’inulina era assai evidente sia in presenza di basse, sia di alte concentrazioni di calcio nella dieta, mentre quando il calcio era dato per lungo periodo l’inulina migliorava i l suo assorbimento soprattutto quando l e concentrazioni d i to intestinale del calcio e del magnesio era quindi calcio. Questi dati indicano che l’effetto positivo dell’inulina sull’assorbimento intestinale del calcio e del magnesio è maggiore quando il loro introito è basso e/o quando le richieste dell’organismo sono elevate.

I risult ati degli studi nell’animale e nell’uomo indicano che l’inulina aiuta a ridurre l’assorbimen to del colesterolo e dei triglic eridi. In particolare nei

soggetti i percolesterolemici p redomina l’azione sul colesterolo, mentre nei soggetti normo-colesterolemici p redomina quella sui trigliceridi. S i è cercato anche di studiare quali meccanismi stanno alla base di questo effetto. L’inulina causa un aumento degli acidi grassi liberi a livello intestinale, che possono ridurre i grassi nel sangue inibendo la sintesi epatica del colesterolo e favorendo la redistribuzione del colesterolo dal sangue verso il f egato. I noltre alcuni batteri f avoriti dall’inulina possono ridurre l’assorbimento intestinale del colesterolo, Altri batteri possono direttamente attaccare e distruggere il colesterolo nell’intestino oppure utilizzarlo come fonte energetica. In sintesi i dati esposti in letteratura indicano che l’inulina arriva al grosso intestino con

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trova nelle feci, il che indica che viene urtilizzata sono m olto positivi, e inibisce quella degli anaerobi e di altri batteri pericolosi come Escherichia coli, Salmonella spp, Listeria e Shigella. Tende anche a d abbassare i l colesterolo e la g licemia grazie al rilascio metabolico di acidi grassi a corta catena che l’organismo utilizza esclusivamente a scopo energetico.

Riduce i l rischio del cancro del colon-retto - r ecenti r icerche indica no che l’inulina increme nta i livelli di acido butirric o nel grosso i ntestino,

ed è noto che questa sostanza ha azione protetticolo - e l’assorbimento dell’azoto, riducendo inoltre il carico di scorie azotate a livello r enale. H a anche uno scarso effetto cariogeno a livello dentario. A dosi elevate tuttavia può causare meteorismo e, a causa del suo effetto osmotico, dolori addominali migranti d i discreta entità. N on sono note altre controindicazioni, inoltre g li s tu-

di e ffettuati finora d imostrano che l’inulina è completamente p riva d i effetti n egativi sul feto i nfatti d ato tossicologici indicano che può essere somministra ta in gravidanza, durante l’allattamento e nel bambin o a partire da 1 anno di e tà.

Molti a limenti probiotici vengono potenziati con inulina proprio per migliorare la sopravvivenza dei

sto oligosaccaride si trova soprattutto nelle verdure, la dieta dei vegetariani ne fornisce quantitativi tali d a rendere i nutile i l ricorso alla supplemen-

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dei suoi effetti prebiotici le persone che seguono un’alimentazione povera di frutta e verdura, devono riprendersi da una terapia antibiotica o soffrono d i disordini gastrointestinali in questo caso è bene parlarne prima con il proprio medico curante in quanto, a seconda dei casi, potrebbe avere effetti opposti a quelli sperati. Potrebbe esser consigliata a soggetti affetti da stitichezza, in assenza di patologie gastrointestinali. Per individui che soffrono di iperlipidemia anche se è consigliabile seguire altre strategie.

Vampate di calore, insonnia, i rritabilità, aumento di peso: sono questi alcuni d ei disturbi tipici d ella menopausa c he c aratterizzano la v ita delle donne dopo u na c erta età. Si

tratta di disturbi che in alcuni casi durano anni, in altri spariscono dopo poco tempo ma che possono essere curati sia con l a terapia ormonale sostitutiva che con sostanze naturali con f unzione dalle proteine delle piante leguminose fra le quali la soia, presentano una struttura simile agli estro-


che. Per questo l’assunzione di queste sostanze è in alcuni casi raccomandata dal medico assieme ad una supplementazione di micronutrienti che ne accelerano l’assorbimento da parte dell’organismo. Aiutano a ridurre vampate, i nsonnia, s indrome metabolica. N ell’ambito dell’integrazione a limentare in menopausa, l’Osservatorio A IIPA ( Associazione Italiana Industrie prodotti Alimentari - divisione i ntegratori alimentari) ha evidenziato due Clinical Nutrition che confermano l’utilità di un’in-

L’inulina è una fibra solubile che favorisce l ’assorbime nto degli isoflavoni che, a l oro volta, possono aiutare a migliorare la sindrom e metabolica n elle d onne in m enopausa. Vincenzo Brandolini Professore ordinario e titolare della cattedra di Chimica degli Alimenti dell’Università di Ferrara

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nche l’hamburger (o come si diceva una volta, la svizzera) ha la sua storia. Probabilmente polpette d i carne bovina erano comuni a d Amburgo, il principale porto Tedesco. A ll’inizio dell’Ottocento l a pietanza viaggiò verso il Nordamerica con la numerosa immigrazione tedesca, da qui il nome . Anche il termine italiano “svizzera” d enota un prestito dall’area culturale germanica. Q uesta versione vegana dell’hamburger ci dona proteine nobili come quelle della carne grazie all’abbinamento legumi + cer eali. Nel Luglio 2013 la Pellegrini S.p.A. leader in Italia nella ristorazione aziendale, sigla l’acco rdo in esclusiva per la partecipazione al M aster i n Culinary Nutrition dei propri cuochi, direttori d’impianto e del personale di sala.

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Il programma d i formazione dei c uochi h a l’obiettivo di realizzare una cucina antiaging attrane rilasciata, Gusto&Benesser e – Art joins Nutri tion, è il primo e unico marchio in Italia di qualità nutrizionale garantita.

Vegetale non sempre salutare:

E’ vero che dovremmo aumentare il consumo di verdura, cereali integrali, legumi e diminuire quello di c arni, i nsaccati e formaggi. Ma u na s celta vegetariana non sempr e è sinonimo di salute . strano che u na d ieta senza pesce r addoppia il rischio di morire d’infarto. (Hu, J Am Med Assoc, 2002). Ci sono molti alimenti di origine vegetale, come


margarina e panne v egetali, ricche d i sostanze dannose. Inoltre la cucina vegetariana è spesso molto calorica e grassa .

Possiamo a ffermare c he l a cucina vegetariana è più salutare quando rispetta 3 regole: • Non esclude il pesce • Esclude alimenti vegetali di scarsa qualità, come margarine e panne vegetali • È bilanciata nel contenuto di calorie, grassi, zucchero e sale. Partendo dai p rincipi della c ucina antiaging, lo Chef AjN (azienda di ristorazione Pellegrini SpA) ha realizzato un Hamburger vegetariano evolution: bello, buono e che fa bene .

Quantità:

I ceci sono ricchi di vitamine del gruppo B, che sono idrosolubili. Nell’ammollo dei legumi in acqua, si perdono in parte le preziose vitamine . ha e videnziato che s e si aggiunge del s ucco di limone all’acqua d i ammollo l e vitamine d el gruppo B vengono ritenute maggiormente. (Pr odanov, M ., S ierra, I., Vidal-Valverde, C . (2004).

Chemistry, (6), 271-277) La giusta quantità è un cucchiaio di succo di limone per ogni lit ro di acqua.

I vantaggi del metodo di cottura:

Di s olito g li hamburger si cuociono alla g riglia, metodo di cottura che potrebbe dare origine ad una sostanza cancerogena che si produce quando il grasso cola sulla brace e brucia, il benzopi rene. Noi abbiamo scelto la cottura alla piastra, ma q uella a lla griglia n on d arebbe p roblemi i n quanto la ricetta è povera di grassi .

More & Less

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perché, rallentando l’assorbimento del cibo, ritarda il senso di fame. Lo chef ha arricchito il piatto con lo zenzero, dal-

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le proprietà antitumorali. Limitare i l consumo di c arne a m eno di 3 50g a settimana riduce il rischio di ammalarci di tumori al colon e retto.

Procedimento:

Mettere in ammollo i ceci in acqua acidulata con il s ucco d i limone p er u na n otte i ntera (mettete un cucchiaio di succo di limone per ogni litro d’acqua). diventa morbida. Scolate i ceci dall’acqua di ammollo e fateli cuocere in acqua con il rosmarino. Una volta cotti, scolateli e fateli rosolare in una padella con la cipolla tritata e 10 spruzzi di olio . In u na t errina u nite i ceci rosolati con l a patata fatta a tocchetti; insaporite con lo zenzer o, grattugiato con un micr oplane. Passate il composto allo schiacciapatate per o ttenere u n impasto omogeneo; salate e m odellate tanti h amburger. Sciacquate il pomodoro, tagliatelo a fette s pesse 1-2 cm e g rigliatelo i n una padella antiaderente. Impanate gli hamburger con il parmigiano, grattugiato al micr oplane, e fateli dorare in una padella antiaderente. Tostate le fette di pancarrè nel tostapane e componete i piatti: mettete alla base la fetta di pancarrè e adagiate sopra prima il pomodoro g riverdure grigliate e servite .

Hamburger di ceci Ricetta di pronto in tavola Ingredienti per 4 persone: • 240g ceci cotti sgocciolati • 2 fette di pane senza crosta • 30g noci • 1 pizzico di cumino • 1 cucchiaio di zenzero fresco • 1 uovo medio • *4 panini per hamburger • **olio extravergine d’oliva q.b • sale e pepe q.b Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 15,2 g • Grassi 16,1 g • Carboidrati 64,9 g • Fibra 6,6 g • Energia 465 Kcal

Hamburger diceci - Chef Azienda di Ristorazione Pellegrini Ingredienti per 4 persone: • 140g ceci secchi • 80g di patate • 8g di zenzero fresco • 1 pomodoro da insalata • 12g di parmigiano grattugiato • 1 rametto di rosmarino • 4 fette di pancarrè • 1 limone • verdure grigliate • 2g di olio extravergine d’oliva • 4g di sale iodato Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 9g • Grassi 5 g • Carboidrati 31 g • Fibra 6 g • Energia 212 Kcal

*ho considerato un panino tipo rosetta **ho considerato 30g di olio . Dott.ssa Laura Onorato, Farmacista e Biologa Nutrizionist a Culinary Nutritionist

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o yogurt s embra essere un alimento “salutare”, m a non tutti gli yogurt che troviamo in commercio sono u guali per q uesto è importante s cegliere q uale prodotto consumare. Vediamo le principali caratteristiche e differenze degli yogurt che troviamo in commercio.

Lo yogurt è un alimento molto consumato a colazione o come spuntino dalla maggior parte degli italiani, soprattutto in primavera/estate, ed è presente in molte diete proposte dagli specialisti della nutrizione (dietisti, dietologi, biologi nutrizionisti). Lo yogurt viene p rodotto a partire dal l atte d i vacca a cui vengono aggiunti due f ermenti l attici: S treptococcus t hermophilus e Lactobacillus bulgaricus c he proliferano e f ermentano; durante questo processo i l lattosio viene in parte trasformato in acido l attico aumentandone la tollerabilità. I batteri contenuti nello yogurt contribuiscono al

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intestinale e favoriscono l a sintesi delle v itamine del gruppo B e della vitamina K. Per legge, in Italia, il termine yogurt può essere utilizzato solo per un prodotto o ttenuto dalla f ermentazione d i latte d i vacca ad opera dei due microrganismi sopra citati, tutti gli altri prodotti ottenuti da latte diverso da quello di vacca e/o da microrganismi diversi devono essere denominati latte fermentato. Spesso vengono aggiunti altri i ngredienti allo yogurt per migliorarne il sapore come lo zucchero, la frutta e


a volte alcuni additivi. Inoltre la legge italiana prevede che questi batteri devono essere vivi e vitali (in grado di metabolizzare e moltiplicarsi) in quantità totale non minore di 10 milioni per grammo di prodotto e ciascuna delle due specie deve essere presente in quantità non inferiore a 1 milione per zione. Per garantire la sopravvivenza dei batteri lattici per tutto il tempo di commercializzazione è necessario conservare lo yogurt alla temperatura di 4 °C.

scremato senza l’aggiunta di a ltri i ngredienti, o ltre ai fermenti lattici. Di seguito i valori nutrizionali medi per 100 g di prodotto: 36 Kcal, proteine 3,3 g, grassi 0,9 g, carboidrati 4 g (di cui zuccheri 4 g). Alcuni yogurt vengono addizionati di zucchero per aumentarne la dolcezza come per esempio lo “yogurt Parmalat magro cremoso bianco dolce” che contiene zucchero (6%) con un apporto di 61 Kcal e 10 g di zuccheri per 100 g di prodotto.

Lo yogurt c onserva tutte l e proprietà nutritive e il valore energetico del latte, ma è p iù d igeribile g razie alle m inori dimensioni d elle p articelle p roteiche, a lla m aggiore p resenza di p roteine solubili e a lla p resenza di lattasi in grado di idrolizzare parte del lattosio. Inoltre, l’acido lattico e gli altri metabo-

Lo yogurt intero alla frutta viene addizionato con frutta e zucchero, m a spesso i n alcuni prodotti vengono aggiunti anche coloranti, aromi, addensanti... Il contenuto di frutta e di zucchero varia da prodotto a prodotto. Ad esempio lo yogurt intero

liti prodotti dai fermenti lattici sembrano avere un na. La presenza di beta-galattosidasi nei fermenti lattici – in grado di raggiungere il piccolo intestino e qui svolgere l a sua a ttività d i idrolisi del l attosio – ne diminuisce l’intolleranza. Inoltre, lo yogurt sembra essere in grado d i incrementare l’attività lattasica della mucosa intestinale, grazie al transito intestinale più lento rispetto al latte, migliorare l’idrolisi del lattosio a opera della lattasi intestinale residua.

Yogurt intero bianco Lo yogurt intero b ianco v iene p rodotto con l atte intero senza l’aggiunta di altri ingredienti, oltre ai fermenti lattici. Di seguito i valori nutrizionali medi per 100 g d i prodotto: 66 Kcal, proteine 3 ,8 g , grassi 3,9 g, carboidrati 4,3 g (di cui zuccheri 4,3 g). Alcuni yogurt vengono addizionati d i zucchero per aumentarne la dolcezza come per esempio la “ crema d i yogurt bianco M üller” che contiene zucchero (3,6%) e zucchero d’uva (1,8%) con un apporto di 94 Kcal e 10,8 g di zuccheri per 100 g di prodotto.

Yogurt magro bianco Lo yogurt magro bianco viene prodotto con latte

Yogurt intero alla frutta

apporta Kcal e 6,7 g di zuccheri per 100 g di prodotto.

Yogurt magro alla frutta Lo yogurt magro alla frutta viene addizionato con frutta e zucchero, m a spesso i n alcuni prodotti vengono aggiunti anche coloranti, aromi, addensanti... Il contenuto di frutta e di zucchero varia da prodotto a prodotto. Ad esempio lo yogurt magro coranti (acesulfame k e suclalosio) e apporta 47 Kcal e 6,7 g di zuccheri per 100 g di prodotto.

Yogurt con cereali, frutta secca e semi Negli ultimi anni moltissime aziende hanno introdotto una variante dello yogurt alla frutta: lo y ogurt con cereali e/o frutta secca e semi nell’intento di dare al consumatore una proposta salutare. Vediamo le caratteristiche nutrizionali ad esempio dello yogurt Activia con avena e noci: si tratta di un latte fermentato in quanto contiene anche il Bisari per la produzione dello yogurt, viene prodotto con latte intero e contiene zucchero, fruttosio ed oligofruttosio con un contenuto di zucchero pari a 13,1 g per 100 g di prodotto.

Yogurt greco Lo yogurt greco si differenzia dallo yogurt tradizio-

67


nale per il suo processo di produzione: lo yogurt -

La tabella sottostante mostra il contenuto di zucchero per 100 g di prodotto e per vasetto di alcuni yogurt che troviamo in commercio.

determina le differenze tra le due tipologie di yola maggior parte del sodio contenuto nel latte di partenza e il lattosio che i batteri non hanno fermentato. La massa rimanente ha di conseguenza un maggior contenuto d i proteine e g rassi e un minor contenuto di zucchero rispetto allo yogurt tradizionale. D i seguito i valori nutrizionali medi per 100 g d i prodotto: 115 Kcal, p roteine 6,4 g, grassi 9,1 g, carboidrati 2 g (di cui zuccheri 2 g). Come lo yogurt tradizionale, anche lo yogurt greco può essere p rodotto utilizzando i l latte s cremato, in questo modo il contenuto di latte è pari a zero. Negli ultimi anni è comparso sugli scaffali dei supermercati anche lo yogurt greco ai gusti di frutta, come lo yogurt tradizionale, contiene frutta, zucchero e in alcuni casi anche coloranti, aromi e addensanti... Il contenuto di zucchero nello yogurt greco alla frutta è intorno a 10,9 g per 100 g.

Alternative vegetali allo yogurt Nel banco frigo troviamo anche proposte alternative allo yogurt di vacca come i suoi sostituti vegetali prodotti a partire dalla soia che hanno caratteristiche nutrizionali simili allo yogurt: apportano 72 Kcal, 5 g di proteine, 4,2 g di grassi, 3,9 g di carboidrati (di cui zuccheri 3,9 g) per 100 g di prodotto e sono spesso addizionati in calcio. Come lo yogurt, anche i sostituti vegetali sono al gusto naturale o frutta

68

Zuccheri per 100 g

Zuccheri per vasetto

Yogurt intero bianco Sterzing Vipiteno

4,45

,5 (125 g)

Crema di yogurt bianco Müller

10,8

13,5 (125 g)

Yogurt magro bianco Yomo

5,87

,3 (125 g)

Yogurt Parmalat magro cremoso bianco dolce

10

12,5 (125 g)

Yogurt Yomo intero alla fragola

12,1

15,1 (125 g)

Yogurt Vitasnella mag ro vellutato alla fragol a

6,78

,4 (125 g)

Activia con avena a noci

13,1

16,3 (125 g)

Yogurt greco Fage Total

3,86

,5 (170 g)

46

,8 (170 g)

10,9

16,4 (170 g)

Yogurt greco Fage Total 0% Yogurt greco Oikos Danone alla fragola Provamel soia naturale senza zucchero

00

(125 g)

Yosoi naturale Valsoia

1,11

,4 (125 g)

Yosoi fragola Valsoia

12

15 (125 g)

Sojasun Mirtillo

11

27,5 (250 g)


Alcuni consigliper la scelta dello yogurt: 1. Leggere le etichette alimentari

Prima di acquistare uno yogurt è importante leggere l’etichetta per capirne la sua composizione. L’elenco degli ingredienti - costruito in ordine descrescente - che c i da un’indicazione d i quali ingredienti sono p resenti nel p rodotto. Sono da evitare yogurt con l unghe liste d i ingredienti che contengono diversi tipi di zucchero ( destrosio, sciroppo di glucosio, sciroppo di fruttosio...), dol-

2. Valutare il contenuto di zucchero

Lo yogurt al naturale contiene una quantità di zucchero d i circa 4 g per 100 g di prodotto, dovuta alla presenza di lattosio. Se la quantità di zucchero è superiore è stato aggiunto zucchero o un suo sostituto come destrosio, fruttosio, sciroppo d i glucosio, sciroppo d i fruttosio.. Preferire yogurt senza zuccheri aggiunti e se p roprio non s i riesce a rinunciare ad uno yogurt più dolce evitare un prodotto il cui elenco degli ingredienti contiene lo zucchero tra i primi ingredienti.

Quale yogurt preferire?

La scelta migliore dal punto di vista nutrizionale ricade sullo yogurt bianco da latte intero. Per arricchirne il sapore e renderlo più nutriente e saziante si consiglia l’aggiunta di frutta fresca, frutta secca, bra, vitamine e minerali. Rispetto alla proposta del commercio, l’aggiunta di i ngredienti al momento del consumo determina u n minor contenuto di zuccheri nel p rodotto i n quanto conterrà solo lo zucchero naturale contenuto nello yogurt e nella frutta, eventualmente aggiunta. Dott.ssa Elena Afanasyeva Dietista & Culinary Nutritionist Fonti: CREA Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Tabelle di composizione degli alimenti INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), Latte e prodotti funzionali: la nuova generazione, 2006

3. Aggiunta di frutta

Lo yogurt alla frutta è m olto g radito s ia dai p iù grandi che dai più piccoli. Spesso oltre alla frutta vengono aggiunti anche aromi e coloranti. Preferire un prodotto che contiene la frutta “vera” nella lista degli ingredienti e che sia riportata prima degli zuccheri aggiunti. Ancora meglio sarebbe aggiungere la frutta fresca al momento del consumo ad uno yogurt al naturale.

4. Contenuto di grassi

Lo yogurt magro contiene una bassissima quantità di grassi, ma non è detto che non abbia un elevato contenuto di zuccheri. La presenza di grassi rallenta la velocità d i digestione e assorbimento degli zuccheri contenuti nello yogurt alzando meno la glicemia dopo il pasto.

5. Aggiungi l’inulina

Yogurt più inulina sono una coppia vincente! Lo yogurt ha un’azione p robiotica, ovvero f ornisce batteri “buoni” al nostro intestino, l’aggiunta dell’i-

prebiotico che promuovere la crescita dei batteri “buoni”.

69


ECCELLENZE ITALIANE È IL MOMENTO DELL’ACETO BALSAMICO di Ercole De Masi Gastroenterologo

A Natale regalo sempre, alle persone care, un

barattolo di meravigliose ciliegie sottograppa e una bottiglietta di uno sciroppo ricavato dal vino rosso, fatti da me; sull’etichetta c’è scritto SCIROPPO DIVINO, di vino. E’ realizzato da una VECCHIA RICETTA VALDOSTANA di uno sciroppo che faceva una mia vecchia zia, molto brava in cucina, appunto dal vino rosso, e che può fare da base all’acqua 70

fresca, dissetantissimo, o ad intriganti aperitivi, con champagne, spumante e/o vino bianco. Non è certamente da paragonare all’aceto balsamico “tradizionale”, di gran lunga più buono e molto più impegnativo e lungo da preparare (12 anni), però la definizione che dà il grande Sandro Bellei (l’aceto balsamico: un aceto di vino, ma anche DIVINO) e quella che do io al mio aperitivo, è esattamente la stessa. Dopo questa disquisizione di carattere semantico,


veniamo al significato del titolo dell’articolo. Perchè è il momento dell’aceto balsamico tradizionale, e perché è, a pieno titolo, la prima delle eccellenze italiane che tratteremo nel nostro journal. ACETO da distinguere dagli aceti balsamici non tradizionali che vengono realizzati con aggiunta di zucchero o caramello e/o altri ingredienti. Sarebbe da dedicare un intero numero del giornale alla risposta a questi due quesiti! Intanto però cominciamo a non perdere questa ghiotta occasione del numero di novembre e iniziamo a rispondere, sia pur sinteticamente, sottolineando lo stretto legame tra i due momenti! È il momento dell’aceto balsamico non solo perché lo sta scoprendo il mondo, ma perché è buono e arricchisce i valori sensoriali degli alimenti e dei piatti - sapore/gusto, profumo, vista - ma per di più, fa anche bene alla salute! 1

Quest’ultima affermazione, in linea con la “Culinary Nutrition”, offre una chiave di lettura del tutto innovativa nel mondo dell’enogastronomia e dell’arte culinaria: un piatto o un alimento non devono più essere solamente belli e buoni, ma devono fare anche BENE! Cioè devono essere interessanti anche dal punto di vista nutrizionale e della salute!

principali componenti (acido acetico SCFA4-5-6 – flavonoidi 7-8-9 - acido gluconico10-11) nei confronti del microbiota intestinale; il microbiota12-13 è quel nuovo organo all’interno del nostro organismo, che, guarda caso, pesa quanto il cervello, oggi studiatissimo, sul quale si sta concentrando l’attenzione del mondo medico e scientifico, dell’industria agroalimentare ed al quale ci affidiamo per la sua attività di mediazione positiva14 in tutti i fenomeni che riguardano il funzionamento del nostro corpo e il suo equilibrio psico-fisico. Il microbiota svolgendo la sua funzione diventa il più importante modulatore neuropsichico bidirezionale15 tra cervello e intestino, e tra intestino e cervello (BRAIN GUT-GUT BRAIN), cioè controlla/ interferisce con gli impulsi che dall’intestino vanno al cervello: si apre così un mondo nello studio, nella prevenzione, nel rallentamento delle malattie neurodegenerative16 (Alzheimer-Parkinson) che insieme alle malattie del benessere sono diventate il vero male del secolo! Rappresenta quindi il protagonista di un’alchimia magica tra cibo e vita. E per rispondere alla seconda domanda… perché tra le numerose eccellenze italiane ne parliamo per prima? Certamente non per ragioni alfabetiche!

È superfluo ricordare gli enormi, ormai consolidati, vantaggi dell’aceto balsamico sulla riduzione della pressione, del sovrappeso, della sindrome metabolica, dell’obesità e sul controllo dell’appetito2-3. La vera esplosione dell’interesse sull’aceto balsamico tradizionale deriva, nel suo “far bene”, dall’azione positiva e stimolante di alcuni dei suoi 71


Non solo il legame con il microbiota-flora batterica porta al primo posto l’aceto balsamico tradizionale, ma è tanto concentrata l’attenzione sui derivati del vino che l’industria farmaceutica mondiale li sta prendendo in seria considerazione per importanti preparati terapeutici come il RESVERATROLO (ipotizzato come antitumorale17, antinfiammatorio18, antiaging19, fluidificante del sangue, in dosi ovviamente maggiori di quelle che possiamo trovare negli alimenti) o come l’ACETIUM20 protettivo per lo stomaco acloridrico e per i danni da fumo, anti cancro esofago-gastrico, anti helicobacter, anti acetaldeide. Il meritato primo posto, nella scala delle eccellenze italiane, deriva anche dal fatto che l’aceto balsamico tradizionale è l’unico esclusivamente italiano: nel lontano 1912 la prima azienda a richiedere ed ottenere la licenza Ministeriale per la produzione e la commercializzazione dell’aceto balsamico di Modena è stata l’azienda Monari Federzoni, il cui primato nel mondo, ancora oggi attesta la sua antica tradizione familiare.

Attualmente il Consorzio Tutela 72

Aceto Balsamico di Modena , istituito nel dicembre 2013, raggruppa 50 aziende appartenenti alla filiera produttiva dell’Aceto Balsamico di Modena e il fatturato dell’Aceto Balsamico di Modena alla produzione supera i 400 milioni di euro, quello al consumo supera il miliardo di euro collocando il prodotto nella top ten delle specialità alimentari DOP e IGP italiane, al fianco di Grana Padano DOP, Parmigiano Reggiano DOP, Prosciutto di Parma DOP, Prosciutto di San Daniele DOP e Gorgonzola DOP: altre eccellenze italiane di cui parleremo. Il magico realismo di un prodotto che, se da un lato combatte l’olio e il sale, e dall’altro combatte lo zucchero, giustifica la passione e l’attenzione su un “ingrediente segreto” che sta esplodendo per le sue caratteristiche legate al benessere , al gusto e alla tradizione del cuore italiano.


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73


N

ella società odierna, dove si va sempre di corsa, si lavora fuori casa e non si ha neppure il tempo per “ un P anino”, diventa sempre più difficile mangiare in modo regolare e corretto. Si passa poco tempo tra i fornelli e quel poco, spesso, in modo “fast”. S eguire un’alimentazione g ustosa e al contempo sana è tanto difficile per una persona senza esigenze particolari, q uanto più lo è per chi è celiaco o gluten sensitive. questa condizione, ancora vista, purtroppo, come una malattia i nvalidante, e merge la forte esigenza di voler sentirsi “normali” e, purché sia senza glutine, s i è disposti a mangiare qualsiasi cosa, l’importante è che si chiami pizza, pasta o Hamburger, anche se, nella maggior parte delle volte, si tratta d i prodotti i ndustriali poco p iacevoli alla vista, costosi, ma soprattutto molto ricchi di gras-

74

si di bassissima qualità, zuccheri e ingredienti di dubbia provenienza. A proposito d i hamburger, mi h a incuriosito uno spot che gira on line in questo periodo dove appa-

“Celia-

ci”... hanno chiesto quale era la proposta senza glutine presso un fast drive di un fast food qualunque (nel video si evince chiaramente la catena). La commessa propone un panino gluten free e patatine fritte dichiarandone la sicurezza. I due amici o rdinano due panini senza g lutine e una coca cola e iniziano a osservare la confezione dei panini. Ne ammirano i colori e la tipicità repu-


tandola molto accattivante. Poi aprono la scatola e il panino è incartato in un sacchetto ermetico ed è caldissimo. Uno dei due apre il sacchetto, prende il panino e lo ispeziona internamente. Trova

un liquame giallo che avvolge un surrogato di hamburger e che fuoriesce da d ue f ette d i pane b ianco senza glutine. I commenti sono positivi nei confronti

di quanto vedono, solo le dimensioni della carne appaiono p iccoline e successivamente anche il gusto della stessa non viene apprezzato. Buono il giudizio nei confronti del pane. In due m orsi il panino è p erò terminato e i due chiudono lo spot con le conclusioni di questo test che t utto sommato hanno d ichiarato essere p ositivo e in linea coi loro gusti, sottolineando però che preferiscono i prodotti con il glutine auspicando un miglioramento delle offerte gluten free.

Sono andata a vedere i ngredienti e valori nutrizionali del panino testato nel video e, ho avuto la conferma che “non è e non d eve essere solo una questione di glutine”. Le tabelle nutrizionali del panino sono scaricate dal sito della catena produttrice a cui fa riferimento lo spot.

VALORI NUTRIZIONALI DI UN PANINO C ON H AMBURGER SENZA GLUTINE.

tusiasmo d i tutte l e persone con i ntolleranze al glutine e con celiachia, di fronte alla possibilità di mangiare panino e patatine al fast food, ma, a mio avviso, è a ltrettanto comprensibile e auspicabile che tutti i diretti interessati, prestino attenzione a ciò che viene loro proposto ricordandosi di guardare sempre le etichette e i valori nutrizionali.

E’ o bbligatorio n ei r istoranti, per legge, m ettere a d isposizione dei propri clienti il libro degli ingredienti dove sono elencati proprio tutti gli ingredienti, n onché tutti i p ossibili allergeni, di ogni alimento all’interno d el m enù. E ’ facoltativo, i nvece esibire i valori nutrizionali.

Tabella nutrizionale panino

Il valore che subito mi colpisce in questa tabella è quello dei grassi. Questo panino, purtroppo, contiene ben 25 gr di grassi, di cui 13 gr sono

saturi il che equivale al 37% dei grassi t otali consigliati e i l doppio dei grassi s aturi indicati giornalmente.

75


Le q uantità giornaliere d i grassi i ndicate nei L arn IV ( su u n fabbisogno giornaliero di 2000 Kcal), sono pari a circa 67 gr. Suddividendole nei 3 pasti principali, ad ogni pasto non dovrei superare i 30 g r di g rassi ( di cui solo 3 gr d ovrebbero essere saturi). Solo

nel panino raggiungiamo quasi la nostra quota di grassi per pasto, ma angiare in un fast food prevede nella maggioranza dei casi, il consumo di un panino con anche patatine fritte e una bevanda, il più delle volte gasata. Ho analizzato quindi, oltre al panino sia una pozione di patatine fritte senza glutine e poi una bevanda i n modo d a avere un pasto “completo”. La tabella di seguito riportata, anch’essa scaricata direttamente dal sito del produttore, fa riferimento ad una porzione media di patatine.

VALORI NUTRIZIONALI DI UNA PORZIONE M EDIA D I PATATINE FRITTE.

Tabella nutrizionale patatine fritte

76

Mantenendo l’attenzione sui g rassi, la porzione d i patatine ne contiene 1 7 gr, che aggiunti a quelli contenuti nel panino s i nota come il v a-

lore cresce a quota 42 gr, superando ulteriormente il limite ideale (30gr) con ben 12 gr in più.

La somma delle calorie del panino p iù l e calorie delle patatine dà come risultato 798 Kcal.

Consumando una porzione “regolare” di patatine, potremo ridurre il contenuto di grassi di circa 5 gr, ma preferendo i nvece una i nsalata, l a quota grassi scenderebbe a 6,6 gr, aggiungendo però tante fibre che ci permetteranno d i rallentare l’assimilazione del pasto riducendone il potere calorico.

Aggiungiamo ora i valori della bevanda..(ho preso in considerazione la bevanda più nota)

VALORI NUTRIZIONALI DI UNA COCA COLA MEDIA

Tabella nutrizionale coca cola


Nella coca cola (una porzione media) il contenuto di zuccheri è pari a 42 gr.

La somma delle calorie finali sale a 966 Kcal di cui 42 gr di grassi e 46,7 gr di zuccheri. L’Organizzazione Mondiale della Sanità s tima come limite massimo consigliabile u n consumo giornaliero di 50 gr di zucchero, (su un fabbisogno di 2000Kcal).

Per ridurre il q uantitativo di z uccheri, potrebbe essere utile e consigliabile bere della semplice a cqua, magari con un pezzetto di limone al suo interno, che ci fornirà un po’ di vitamina C e renderà la nostra acqua più g radevole. Inoltre la V itamina C favorisce l’assimilazione del ferro contenuto nella carne. In questo pasto fast, più della metà degli zuccheri sangue. Se a questo aggiungo un buon caffè, con una bustina di zucchero (3,5 gr circa), o un dessert o una porzione di meravigliosa frutta salutare già lavata servita nel fast food, avrò giocato tutte le mie carte e non mi resterà altra possibilità che accumulare grasso di riserva ( con tutte le conseguenze del caso). Intorno al Junk food, si parla e si scrive molto e non t utto i n suo f avore. Spesso a d un aspetto poco appetitoso dei pasti proposti (prevalentemente panini e fritti), si associa una qualità degli ingredienti molto b assa ( come g li o lii d i frittura, per esempio) e con valori nutrizionali non sempre in linea con le raccomandazioni mondiali della sanità. E’ ormai noto come, mangiare spesso questo tipo di cibi, possa favorire una assunzione eccessiva di grassi e zuccheri e calorie tanto da lari, malattie metaboliche e cancro.

In u n rapporto d ella w orld O besity Federation, s i evince c ome le c ause p rimarie di o besità e d iabete nei bambini s iano d a attribuirsi al j unk food e a lle a lle b evande z uccherate.

RICAPITOLANDO

In queste tre tabelle nutrizionali metto a confronto il menù analizzato del fast food (tabella in alto) con un menù alternativo,al centro,, in cui sostituiamo la cola con acqua e le patatine con dell’insalatal e con la tabella ideale secondo l’OMS (in basso). Confrontando le tre tabelle, I valori di grassi e zucValori nutrizionali per porzione Pasto Junk Kcal 966 Proteine 28 gr Carboidrati 117 gr di cui Zuccheri 46,7 gr Grassi 42 gr di cui saturi 14,5 gr Fibre 7,6 gr Sale 2,59 gr Valori nutrizionali per pasto junk alternativo Kcal 570 Proteine 33 gr Carboidrati 36,5 gr Di cui Zuccheri 6,8 gr Grassi 31 gr di cui saturi 17 gr Fibre 5gr Sale 2,32 gr Valori nutrizionali indicativi per pasto racc. OMS Kcal 800 Proteine 20 gr Carboidrati 90 gr Zuccheri 20 gr Grassi 26 gr di cui saturi 9 gr Fibre 8 sale 2 gr

cheri sono molto p iù accettabili nel menù a lternativo (tabella centrale) e si avvicinano molto a l pasto ideale (tabella in basso). Inoltre le Kcal sono quasi dimezzate.

Attraverso p iccole m odifiche d ei nostri c omportamenti, possiamo avvicinarci ad u na s ana e corretta a limentazione, senza privarci del piacere di a ndare al f ast food e senza necessariamente essere a dieta. Oggi possiamo e dobbiamo, i mpara77


re a scegliere e a saper riconoscere il cibo e le sue proprietà. Se useremo il cibo c ome strumento per raggiungere il nostro benessere preservando la nostra salute, avremo vantaggi unici, riscoprendo il piacere della buona tavola, senza mai più sensi di colpa!

Ma se vogliamo prepararlo a casa, un buon panino con hamburger senza glutine, potremmo valutare questa variante, più bella, più buona e che sicuramente ci f a anche bene. L’hamburger è composto da ceci, patate e cipolle, il panino, i nvece può essere tranquillamente acquistato già pronto. L’importante è che s ia senza g lutine e contenga

PANINO FAST-FOOD CON HAMBURGER SENZA GLUTINE / PANINO E VOLUTION G LUTEN-FREE CON HAMBURGER DI CECI

Panino fast-food con hamburger senza glutine

Panino evolution gluten-free con hamburger di ceci

Se è v ero che anche l’occhio vuole la sua parte, non c ’è che d ire che il panino a destra batte quello a sinistra 10 a 1, inoltre nel panino salutare Non rispetterebbe le raccomandazioni nutrizionali e non sarebbe in linea con la nutrizione Culinaria se al mio panino “basico” non aggiungessi 3 olive Taggiasche, delle foglie di insalata e qualche fetta di pomodoro. Aggiungendo questi ingredienti lo arricchisco di vitamina C, Vitamina E, grassi buoni e 78 antiossidanti.


79


QUALITÀ E SICUREZZA LA QUALITÀ E LA SICUREZZA ALIMENTARE COME E DA CHI SONO GARANTITE? di Gian Pietro Molinari

ordinario in Chimica Agraria e docente incaricato di Qualità nell’agroalimentare Università Cattolica del Sacro Cuore Direttore della qualità ECEPA (ente di certificazione prodotti alimentari) Piacenza

L

e esigenze del Consumatore moderno sono cambiate, mosse da alcune convinzioni radicate sulla necessità di una crescente sicurezza e qualità del suo alimento. I cambiamenti delle condizioni di vita hanno portato a modifiche nei comportamenti alimentari del Consumatore singolo e della sua famiglia, con nuove tendenze che però non

80

vanno ad intaccare quelli che sono i presupposti irrinunciabili di garanzia della sicurezza e della qualità del prodotto. La normativa nazionale ed europea cerca di soddisfare queste esigenze del Consumatore con un insieme di leggi spesso alquanto restrittive sui processi di produzione lungo tutta la filiera alimentare “dal campo alla tavola”.


Tutto questo ha comportato, e comporta, nuove richieste al settore agro-alimentare, con modifiche dei sistemi di produzione e distribuzione per avere prodotti con caratteristiche nuove da immettere sul mercato e al consumo. Essere in grado di soddisfare queste esigenze (o requisiti) del cliente vuol dire fare qualità. La qualità di un prodotto o servizio è quindi tanto maggiore quanto maggiore sarà in grado di soddisfare le esigenze del cliente. Spesso fra le convinzioni del consumatore moderno si insinua lo scetticismo sulla capacità dell’industria alimentare e delle autorità pubbliche di essere in grado di garantire la sicurezza degli alimenti. Scetticismo legato alle tante emergenze che si sono manifestate nel corso degli anni e che hanno avuto una forte (a volte anche eccessiva) risonanza sui mass media: BSE, diossina, benzene, farmaci, ecc. Tutto ciò stimola il moderno Consumatore ad informarsi, a leggere le etichette che obbligatoriamente devono essere apposte su tutti i prodotti alimentari. La frenesia della vita attuale che riduce i tempi disponibili per una

lettura attenta di etichette spesso complesse, porta a ricercare dei simboli, dei marchi o “bollini” in grado di riassumere la qualità del prodotto che sta acquistando. Sicurezza, qualità e gusto del cibo sono le garanzie offerte dalle certificazioni alimentari, ma non tutti i “bollini” sono uguali. “Esistono due tipi di marchi utilizzabili nell’agroalimentare: i marchi vincolati per legge e i marchi volontari, usati da aziende o consorzi di filiera produttiva per garantire la qualità dei propri prodotti. Tra i primi ci sono la Denominazione d’Origine Protetta (DOP), l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) e la Specialità Territoriale Garantita (STG) che fanno riferimento all’origine geografica dei cibi. Si tratta di prodotti con caratteristiche finali, metodi e luoghi di produzione che rispondono a precise regole, fissate dalle CEE per ciascuno di essi. Per esempio il Grana Padano o il Parmigiano Reggiano sono formaggi DOP come pure il Prosciutto di Parma o il

Prosciutto San Daniele o la Coppa di Parma. Una coppa prodotta per esempio in America, con maiali della stessa razza, alimentati allo stesso modo e con gli stessi metodi è davvero diversa dalla coppa di Parma perché la tradizione dei produttori influenza molto la qualità dei cibi. Sono mille piccoli accorgimenti, gesti tramandati di padre in figlio che non sono trasferibili in altri luoghi. La cultura alimentare locale è un fattore

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insostituibile che sorprende anche gli scienziati, abituati a ragionare in termini di sostanze chimiche e fenomeni misurabili. La facoltà di Agraria dell’Università Cattolica è nata proprio a Piacenza, oltre cinquant’anni fa, proprio perché questa è una delle città che meglio custodiscono il patrimonio agroalimentare della tradizione italiana”.

Per la legge è la tracciabilità delle filiere è obbligatoria - per le produzione delle carni e dei prodotti di origine animale in generale. Dall’etichetta bisogna poter risalire a tutti i passaggi della vita dell’animale, dalla nascita al supermercato attraverso l’industria di trasformazione; - per le produzione e lavorazione di molti prodotti di origine vegetale quale la frutta. Certificare un sistema di rintracciabilità sia obbligatorio che volontario basato sull’applicazione della norma internazionale UNI EN ISO 22005, ha i seguenti obiettivi: 1. identificare tutte le aziende coinvolte nella filiera agroalimentare aventi la responsabilità del prodotto; 2. migliorare l’effettività, la produttività e la redditività delle aziende;

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3. soddisfare le esigenze (requisiti) del consumatore; 4. sostenere la sicurezza alimentare e gli obiettivi di qualità; 5. facilitare la verifica di specifiche informazioni inerenti il prodotto; 6. soddisfare qualunque legislazione e regolamento vigente regionale, nazionale o internazionale, applicabile; 7. facilitare il ritiro o il richiamo dei prodotti non conformi; E gli altri marchi? Gli altri marchi sono creati da aziende o da gruppi di esse per garantire la qualità dei loro prodotti. Le caratteristiche finali e i metodi di produzione sono decisi da chi inventa e registra il marchio. Esempi di questo tipo sono: la mela Marlene del Trentino o i prodotti Ieic (Istituto Eccellenze Italiane Certificate, associazione che si propone di unire produttori di eccellenze italiane di qualsiasi settore merceologico e aziende di servizi innovative e di alto profilo che possano concorrere agli obiettivi di tutelare, in qualunque sede e con ogni mezzo consentito, il valore economico, culturale e tradizionale delle eccellenze italiane).


Chi controlla che le regole di Come si fa a essere certi produzione siano rispettate? che le aziende rispettino davvero le regole, dato che le Nel caso dei marchi legali DOP e IGP i controlli ispezioni non sono quotidiane? vengono fatti da enti indipendenti riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf). Ad esempio ECEPA, creato dall’Università Cattolica, dalla Camera di Commercio di Piacenza e da altri soci pubblici, è uno di questi enti indipendenti che si occupa tra l’altro di certificare la Coppa di Parma IGP e il Salame Felino IGP oltre che della tracciabilità di processo e prodotto nelle filiere agroalimentari e nelle singole aziende. Per gli altri marchi il produttore è libero di fare come vuole e scegliere gli enti di certificazione che preferisce. La scelta dell’organismo di certificazione è però molto importante in quanto la sua autorevolezza (e non solo la fama mediatica) è la vera garanzia dell’applicazione della qualità del sistema produttivo o del prodotto. La politica di alcuni di questi enti che, in modo poco serio, certificano tutto quello che vuole il cliente, a lungo andare non paga. La certificazione è quindi parte di un sistema di gestione della qualità ed è basata sul controllo di un’azienda e/o di un prodotto mediante ispezioni, campionamenti, analisi dei prodotti o anche delle materie prime. I controlli comunque costano e chi li richiede lo fa per tenere altra la qualità dei suoi prodotti, anche se non ha un marchio legale.

I controlli degli organismi di certificazione vengono eseguiti nei momenti cruciali della produzione (i cosiddetti punti critici di controllo) e comunque tengono in considerazione tutte le attività di autocontrollo che l’azienda compie autonomamente sul proprio processo produttivo e sui prodotti. I prodotti finiti vengono analizzati per verificare la qualità chimico fisica, biologica e organolettica degli alimenti e anche l’assenza di sostanze vietate. A conclusione di questo breve articolo di introduzione alla qualità nell’agroalimentare è necessario sottolineare che il raggiungimento della qualità e della sua certificazione presuppone l’applicazione dei concetti di qualità ad un sistema di gestione aziendale (insieme di processi interconnessi e interagenti che lavorano in armonia) in grado di gestire una qualità vista in un’ottica totale in grado di assicurare garanzia (definita dalla Treccani come: assicurare l’adempimento di un’obbligazione, l’esercizio di una funzione o, in genere, l’osservanza di un precetto legislativo o di un determinato impegno) per la sicurezza del prodotto, compreso il controllo igienico, la sicurezza ambientale e la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro.

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VERO O FALSO VOGLIO ESSERE CHIARA Olio di palma nel latte per l’infanzia: lettera aperta all’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari di Chiara Manzi

Docente - Fondatrice dell’Accademia di Culinary Nutrition

L

o Scorso 15 Ottobre in un’intervista sulla Gazzetta di Parma dichiaravo, a proposito di latte e prima infanzia: vaccino o in polvere? “Dipende. Se il latte materno viene a mancare, fino all’anno di età è preferibile quello «formulato» perché controllato, sicuro e standardizzato ed è un ottimo sostituto per le esigenze nutrizionali del bebè. Attenzione però nell’acquisto del latte formulato, le mamme devono prestare attenzione all’etichetta: non deve contenere

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olio di palma. Il latte materno contiene naturalmente olio palmitico, che è cosa ben diversa dall’olio di palma ottenuto per raffinazione. Dai 12 mesi di vita in poi, via libera al latte vaccino, anch’esso sicuro e controllato” Pochi giorni dopo ricevo una lettera, indirizzata anche alla Gazzetta, da parte della dott.ssa Paonessa, dirigente dell’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari. Il 20 ottobre invio una risposta sia alla dott.ssa Paonessa che alla Gazzetta a


cui non ho mai ricevuto risposta. Ecco il testo. Gentile dott.ssa Paonessa, ringrazio della sua mail che ho letto con attenzione e interesse. Per me è sempre molto gradito il confronto con un intento costruttivo al fine di contribuire con il nostro lavoro al benessere e alla salute dei consumatori. Venendo ai contenuti della sua lettera, le confermo che conosco bene tutte le caratteristiche dell’olio di palma e condividerei la scelta di inserirlo nei latti dell’infanzia se non conoscessi l’opinione scientifica pubblicata l’anno scorso da EFSA sui rischi per la salute legati alla presenza di alcune sostanze cancerogene che si formano durante la raffinazione dei grassi (EFSA 2016 scientific opinion - Risks for human health related to the presence of 3 - and 2- monochloropropanediol (MCPD), and their fatty acid esters, and glycidyl fatty acid esters in food). A tal proposito, considerando l’attenzione che mi ha riservato inviandomi la vostra missiva le chiedo la gentilezza di rispondere in modo puntuale a quattro semplici domande. lei sa che nell’olio di palma il cancerogeno Glicidolo Esterificato è contenuto in quantità 6-7 volte superiori rispetto all’olio di mais, 9 volte superiori rispetto alle miscele di olio per friggere e 4000 volte rispetto all’olio di oliva? Lei sa che EFSA ci dice che per un cancerogeno così potente non c’è una dose sotto la quale non ci siano rischi, ma

stima una dose giornaliera tollerabile e che per un bambino che pesa 5 kg la dose giornaliera tollerabile è di 2 mcg/ die, che troviamo in circa 0,7 g di olio di palma? Mi sa dire quanti grammi di olio di Palma troviamo in 100 ml di latte pronto per l’infanzia? E’ vero che non c’è alcuna legge che impedisca alle aziende di usare l’olio di palma nei prodotti per l’infanzia, ma non crede che Associazioni come la vostra abbiano il dovere morale di adottare una linea prudenziale e incoraggiare gli associati a non usare ingredienti potenzialmente dannosi per la salute soprattutto in alimenti per bambini? Mi occupo di formazione e divulgazione ma le confesso che il lavoro che più mi appassiona è quello di aiutare le industrie a migliorare i prodotti dal punto di vista nutrizionale: collaboro con aziende importanti per migliorare l’equilibrio nutrizionale dei prodotti e per me l’aspetto etico e sociale del lavoro è fondamentale. Sono certa che un dialogo chiaro e costruttivo con voi non possa che portare valore aggiunto al lavoro di entrambi. Un cordiale saluto Chiara Manzi In qualità di Presidente Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina mi rivolgo ora pubblicamente alla Dott.ssa Paonessa, chiedendo risposta, doverosa anche per il pubblico di consumatori facendo presenti 3 documenti 85


1. La dottoressa Helle Knutsen, presidente del gruppo CONTAM (il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare facente parte dell’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha dichiarato che “L’esposizione ai cancerogeni presenti nell’olio di palma dei neonati che consumano esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte il livello considerato a basso rischio per la salute pubblica”. 2. Altroconsumo ha analizzato 13 marche di latte artificiale utilizzato dagli 0 ai 6 mesi, le più conosciute e vendute. I contaminanti pericolosi sono stati riscontrati in tutte le 13 marche prese in esame, e tutti i brand (tranne uno) superano i limiti di contaminanti tollerabili per questa fascia d’età. L’unica eccezione è il latte Crescendo di Coop che non supera i limiti tollerabili (e non usa l’olio di palma). Nel pdf scaricabile a questo link http:// www.sicurezzanutrizionale.org/wpcontent/ uploads/2017/11/altroconsumo.pdf 86

è possibile prendere visione di tutti i risultati dei test commissionati da Altroconsumo. 3. L’OMS, organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che i bambini dopo il primo anno di età non hanno bisogno di latti artificiali e che il marketing delle aziende produttrici di latte sostitutivo può ingannare i genitori. http://www.who.int/nutrition/topics/WHO_brief_fufandcode_ post_17July.pdf http://www.ibfanitalia.org/loms-dichiara-che-i-latti-diproseguimento-e-di-crescita-non-sono-necessari-e-che-illoro-marketing-puo-ingannare-i-genitori/

Anche la dott.ssa Claudia Carletti, nutrizionista presso l’Irccs maternoinfantile Burlo Garofalo di Trieste, consiglia di evitare latti sostitutivi dopo il primo anno di età. Il mio vuole essere un appello alle industrie a produrre latti sostitutivi privi di contaminanti di processo potenzialmente dannosi per la salute dei piccoli e di certificarne l’assenza in etichetta. Chiara Manzi Riccardo Davanzo


AGGIORNAMENTO Il 15 novembre, ho lanciato un appello tramite la mia pagina Facebook sollecitando risposta dall’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari. La risposta è arrivata il 24 novembre quando il Journal era già in lavorazione. Riporto la risposta: Gentile dott.ssa Manzi, facciamo seguito alla sua ultima mail per rispondere alle sue domande. L’olio di palma viene utilizzato nelle formule per l’infanzia perché particolarmente ricco di acido palmitico, l’acido grasso maggiormente presente nel latte materno, e perché contiene anche una buona percentuale di acido oleico e linoleico, ossia di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi. Pur in assenza di una normativa specifica sul Glicidolo estere (GE), le aziende associate sono intervenute su base volontaria definendo dei criteri interni di accettabilità e selezionando fornitori e lotti di olio di palma che rispettassero tali criteri, assicurando in questo modo dei contenuti significativamente inferiori rispetto a quelli generalmente riscontrati

in questa tipologia di olio. E’ anche grazie a questo che i livelli di tali sostanze sono progressivamente diminuiti negli ultimi anni, come riconosciuto da EFSA nella sua opinione. Sappiamo che a breve il Glicidolo estere (GE) sarà oggetto di limiti restrittivi previsti da un Regolamento UE in via di pubblicazione, basati sul parere scientifico EFSA, applicabili agli oli vegetali in generale, compreso quello di palma, come pure specifici per le formule per lattanti (vedi tabella). In conclusione, desideriamo sottolineare che le aziende operano nel pieno rispetto delle indicazioni espressa da EFSA e dal Regolamento UE in via di pubblicazione, per garantire la sicurezza dei propri prodotti. Le associazioni di categoria come la nostra si impegnano affinché le aziende del comparto possano lavorare in un quadro legislativo chiaro e trasparente, a protezione della salute dei consumatori. Ringraziando per la sua attenzione, inviamo cordiali saluti. Anna Paonessa (Responsabile del settore “Alimenti per la prima infanzia” di AIIPA)

87


L’osservanza delle leggi e l’autoregolamentazione da parte dell’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari è doverosa ma credo sia importante andare oltre la legge se questa richiede di diminuire i livelli di cancerogeni nei latti per l’infanzia, consentendone però un uso superiore alle dosi considerate tollerabili da EFSA! Per questi cancerogeni non esiste una dose sicura al di sotto della quale non ci siano rischi per la salute: l’unica risposta accettabile è che, proprio per PRINCIPIO DI PRUDENZA, trattandosi di neonati, i cancerogeni vanno eliminati, o quanto meno portati a dosi inferiori a quelle considerate tollerabili da EFSA! La linea da seguire è quella della prudenza, come hanno fatto alcune catene di supermercati come COOP che, per tutelare la salute dei consumatori, hanno eliminato l’olio di palma dai prodotti a marchio, anche se la legge non li proibisce! 88

In particolare i limiti restrittivi previsti dal Regolamento UE in via di pubblicazione sopra riportati, stabiliti per il latte in polvere a patire dal 2019, consentono 50 microgrammi di glicidolo (cancerogeno) per chilo di latte in polvere: una quantità tre volte superiore a quella considerata tollerabile da EFSA! Infatti un bambino di 5 chili consuma 135 g di latte in polvere al giorno (fa 6 poppate al giorno ognuna con 5 misurini da 4,5g di latte in polvere diluiti in 150 ml di acqua) che conterrà 6,75 microgrammi di glicidolo al giorno: oltre il triplo rispetto alla dose giornaliera considerata “tollerabile” di glicidolo da EFSA (2 microgrammi). L’industria del latte in polvere e le leggi comunitarie non tutelano i nostri bambini. Facciamolo noi acquistando solo latte senza olio di palma! Chiara Manzi


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BLUE FOCUS ZONES I SEGRETI DEGLI ULTRACENTENARI D’OGLIASTRA di Alessandra Piazza

Health food Blogger, diplomata in Culinary Nutrition, Consulente del Benessere ed educazione alimentare - Master in naturopatia scientifica

Nel 1950 in Italia, l’età media era di 28,6 anni. Oggi

la collettività.

è 44,9 con aspettativa di vita per l’uomo di 80,1 e per la donna di 84,7 anni. Si prevede che nel 2040 il 38,6% degli italiani avrà più di 60 anni (oggi sono il 28,5%). A livello mondiale nel 2030 le persone con più di 60 anni saranno 1 miliardo e 400 milioni. E’ quindi di fondamentale importanza far sì che questa enorme popolazione resti attiva e in salute anche dopo i 60 anni e possa produrre ricchezza intellettuale ed economica per se stessi e per

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Le scoperte scientifiche hanno trasformato radicalmente il modo di guardare l’invecchiamento e la longevità e oggi si può dire con certezza che gli stili di vita e l’alimentazione sono in grado di intervenire nella funzione dei geni dell’invecchiamento. Le malattie croniche della terza età sono


causate

da

modificano

processi il

genoma,

infiammatori.

Essi

causando

delle

SARDEGNA

mutazioni ai geni che lo compongono, ma

ITALIA

agiscono in combinazione con il nostro stile di vita. Ecco perché un regolare movimento quotidiano, un’attività mentale costante e una sana alimentazione sono alla base della ricetta per una longevità sana.

Con comportamenti sani possiamo influenzare i processi di invecchiamento riducendo il numero e la gravità delle malattie tipiche dell’età come diabete, malattie cardiovascolari, tumori e malattie neurodegenerative. Bisogna però iniziare questo stile virtuoso da giovani.

Ogliastra

Ogliastra: una popolazione longeva

la prospettiva alimentare dell’Ogliastra.

Una delle 5 popolazioni che ad oggi vive

La

più a lungo e in salute, la troviamo in Italia e precisamente nell’Isola di Sardegna nella provincia dell’Ogliastra.

si iniziò un vero e proprio studio. I pionieri di tale studio furono l’italiano Gianni Pes e il Belga Michel Poulain ai quali si affiancarono numerosi altri scienziati.

di

studio

è

ad

oggi ultra- centenaria, il che significa che l’alimentazione studiata, non è quella attuale,

genetiche,

mondiale. All’epoca la popolazione si divideva in pastori transumanti e contadini, i primi più longevi dei secondi. Vennero quindi messe a confronto le abitudini alimentari dei due gruppi, nello specifico si studiò il consumo di alimenti giornalieri in 28 contadini e 17

Gli studi fino ad ora svolti spaziano da storiche,

oggetto

bensì quella anteriore alla seconda guerra

Già nel 1999 se ne conosceva l’esistenza e

prospettive

popolazione

alimentari,

economico-sociali e di confronto tra le altre popolazioni più longeve. Non abbiamo ancora risposte certe, ma abbiamo numerosi spunti su cui ragionare e numerose ricerche ancora in atto che porteranno ad una sempre maggior chiarezza di quale sia il segreto di queste Blue Zones. Noi oggi, cercheremo di approfondire

pastori in Barbagia. Pur essendo simile l’introito totale delle calorie giornaliere (Pastori Kcal 2719,6; contadini Kcal 2905,2), l’indagine rilevava un maggior consumo di proteine animali nei pastori di un 20% derivanti per lo più da prodotti caseari (Latte e formaggi). Il contributo maggiore di calorie derivava

91


dai carboidrati in entrambi i gruppi (68,8%

Questo tipo di pane è dimostrato in grado di

pastori e 62,5% contadini).

ridurre il picco di glicemia post prandiale e i

L’energia derivante dai grassi era notevolmente

livelli di insulina nel sangue di circa il 25% e

inferiore

potrebbe quindi

rispetto

mediterranea

a

attuale

quella (19%

della

dieta

pastori

e14%

contadini).

prevenire il diabete preservando le cellule del pancreas che secernono insulina. (oggi questo pane non si produce più in Sardegna

Oltre alle differenze quantitative, vi erano delle

ed è stato sostituito con quello lievitato con

differenze qualitative da non sottovalutare. Le

Saccharomyces cerevisiae e quindi di valore

famiglie di pastori preparavano il pane con

nutrizionale notevolmente inferiore).

farina di grano duro, oppure con orzo, a volte mescolato con farina di patate. Il pane

• Nel 1921 il consumo dei prodotti caseari

preparato con l’orzo possedeva una maggiore

in Sardegna era superiore rispetto alla media

densità energetica e un indice glicemico molto

nazionale (79%).

più basso.

L’elevato contenuto di calcio e fosforo nel latte

caprino,

potrebbe

aver

protetto

la

• Tradizionalmente il pane veniva preparato

popolazione sarda dalla perdita di tessuto

a partire da cereali integrali con starter

osseo durante l’invecchiamento, prevenendo

microbici fatti in casa e contenenti grandi

così rischi di fratture, o disabilità motorie.

quantità di lattobacilli.

Infine zinco e selenio, contenuti in quantità nel

92


latte di capra, svolgono un ruolo essenziale

se al momento non sono stati identificati tutti

per il sistema immunitario.

i fattori coinvolti, si ritiene che lo stile di vita e le caratteristiche ambientali (ivi compresa

• Il consumo di pesce era sorprendentemente

l’alimentazione) influiscano per un 75-80%,

basso, soprattutto nelle zone montane e

mentre i fattori ereditari per il restante 20-

si limitava per lo più ai piccoli villaggi di

25%.

pescatori, oppure al ceto benestante. • Il consumo di carne si limitava per lo più a

2-4 porzioni al mese prevalentemente carne di pecora e maiale (nelle zone montane) e pecore e pollame (zone agricole). • Il

consumo

di

vino

si

limitava

La popolazione di montagna ha saputo conservare più a lungo le tradizionali abitudini alimentari ed è quella in cui la longevità è più marcata.

quasi

Mentre da un lato si studiano gli stili di vita

esclusivamente ai piccoli villaggi di pescatori,

e alimentari delle popolazioni più longeve,

oppure al ceto benestante dei centri urbani e

dall’altro si studia come sviluppare strategie

dei monasteri.

scientifiche

Nell’epoca precedente la transizione (ossia

di una vita in salute e che possano far

prima delle modifiche delle abitudini alimentari

rallentare l’invecchiamento e abbassare il

legati al dopoguerra), il consumo di vino in

rischio di patologie associate all’età (BIOLOGIA

Sardegna era inferiore rispetto alla media

POSITIVA). E’ fondamentale sapere che la

nazionale e il contributo delle bevande alcoliche

prevenzione dell’invecchiamento deve partire

nell’introito calorico era trascurabile. Anche

già in età pediatrica.

che

portino

all’allungamento

93


QUALI SONO DUNQUE, AD OGGI, LE GIUSTE REGOLE ALIMENTARI PER UNA VITA LUNGA E IN SALUTE CHE OGNUNO DI NOI PUÒ SEGUIRE? Il segreto per stare in salute è l’alimentazione mediterranea con Omega-3, assunti attraverso il pesce e i vegetali, limitare la carne rossa a 350gr a settimana, prediligere carboidrati integrali e a basso indice glicemico che rilasciano

lentamente

gli

zuccheri

come

frutta, verdura ricchi in polifenoli, flavonoli, terpenoidi e antociani, sostanze benefiche per il nostro organismo che inoltre regolano il metabolismo.

No a cibo spazzatura e ipercalorico, sì a cibi freschi, di stagione e poco elaborati. ECCO ALCUNI ESEMPI DELLE ECCELLENZE CULINARIE D’OGLIASTRA

2. IL PANE PISTOCCU Era il pane degli antichi contadini e pastori sardi, che consumavano durante la transumanza. Si conserva molto a lungo. Ha una forma rettangolare e veniva usato come se fosse un piatto; ha una sfoglia porosa e ruvida dal colore dorato. Gli ingredienti base sono: patate, semola, semolato di grano duro, acqua, sale e lievito di birra.

1. IL CASU AGEDU E’ un formaggio acido ottenuto dal latte di capra e/o pecora. Si tratta di una cagliata acida che subito dopo la coagulazione viene raccolta in appositi contenitori. Non è oggetto a stagionatura e viene consumato come formaggio fresco già 24 ore dopo la fabbricazione. Questo formaggio, grazie al tipo di lavorazione, è ricchissimo di probiotici.

94

3. L’OLIO EXTRAVERGINE I sistemi di raccolta ammessi sono la brucatura e la raccolta con mezzi meccanici. L’estrazione dell’olio

avviene

soltanto

con

mezzi

meccanici atti a garantire la conservazione delle caratteristiche organolettiche originarie del frutto.


RICAPITOLANDO. QUALI ALIMENTI VANNO INSERITI PER AVERE UNA ALIMENTAZIONE SANA E CHE CI PROIETTI VERSO UNA VITA LONGEVA E IN SALUTE? Prima di tutto non far mancare mai in tavola la frutta e la verdura, le famose 5 porzioni al giorno (800gr in totale), seguendo i colori del benessere. Oltre alle fibre di verdura e frutta, sono preziose anche quelle dei cereali in chicchi come farro, grano saraceno, segale, orzo, miglio. Rigorosamente integrali e non più

4. IL PROSCIUTTO D’OGLIASTRA Prodotto di altissima qualità, grazie anche alle condizioni climatiche favorevoli per una buona stagionatura e da maiali allevati in modo naturale. Il sapore è forte e inconfondibilmente salato. Viene servito sopra al pane pistoccu. Grazie alla sapiente stagionatura eseguita sia all’interno che all’esterno delle celle di stagionatura, il prosciutto d’Ogliastra acquista un profumo e un aroma davvero unici.

di 2-3 porzioni al giorno. Riduciamo al minimo il consumo di carne, soprattutto

quella

rossa,

aumentiamo

il

consumo di legumi e mangiamo pesce almeno 3 volte a settimana. Latticini una volta al giorno e non più di 5 gr di sale iodato al dì aggiunti in totale. Prediligere il consumo di olio extravergine di oliva e fino a 30 gr di frutta a guscio ogni giorno. Anche il burro è un ottimo alimento, attenzione però a non superare di 10 gr al giorno. Infine un brindisi con un buon vino non guasta mai, ma, anche in questo caso la dose da non superare è il classico bicchiere al giorno.

Bibliografia: Cucina Evolution. Buona da vivere! Chiara Manzi ( Art Joins Nutrition Editore) Longevità e identità in Sardegna, l’identificazione della “Zona

5. I CULURGIONES Sono il piatto più famoso della cucina Ogliastrina.

Piatto

povero

appartenente

alla cultura agropastorale della zona, è considerato tradizionalmente il piatto delle domenichee delle feste.

Blu” dei centenari d’Ogliastra ( Gianni Pes e Michel Poulain) Editore Franco Angeli I segreti della lunga vita, come mantenere corpo e mente in buona salute. ( Umberto Veronesi, Mario Pappagallo) Editore Giunti

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