ArtJoisNutrition Editore
Journal
N°7 / Luglio 2018
Perché lo butti? Trasforma gli scarti… in risorse!
A tavola contro il cancro con un commensale “di diritto”: il microbiota!
Editoriale – a cura del Prof. Ercole De Masi
economico. (1) È questo il motivo per cui apriamo questo numero di Luglio del Culinary Nutrition Journal con due articoli a cura della Prof.ssa Antonella Ca-
vazza e della Dott.ssa Chiara Manzi
che ci offrono riflessioni e spunti per trasformare gli scarti alimentari in risorse.
Lo sapevi che circa un terzo di tutti gli alimenti prodotti a livello mondiale, va perso o sprecato?
Proseguiamo la lettura con l’articolo della Dott. ssa Laura Onorato che ci svela la ricetta dell’insalata di seppie “buona da vivere”. Un piatto fresco ed estivo, facile da preparare, che ha meno grassi e più fibra di un piatto di pomodori e mozzarella.
Questi sono i dati dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, in pratica ogni anno in
Europa si sprecano circa 88 milioni di tonnellate di cibo lungo l’intera filiera alimen-
tare: dall’azienda agricola, all’ ambito domestico. In un mondo in cui oltre 800 milioni di persone soffrono la fame, oltre al notevole impatto economico ed ambientale, i rifiuti alimentari presentano anche un importante aspetto socio-
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Con l’articolo di Alessandra Pizza continua il nostro viaggio nelle Blue Zones. In questo numero andiamo alla scoperta Ikaria, l’isola dove ci si di-
Editoriale – a cura del Prof. Ercole De Masi
mentica di morire… Scopri come fanno gli abitanti di Ikaria a vivere a lungo ed in salute. Procediamo con il secondo articolo della serie che ci porta alla scoperta del microbiota intestinale. Con l’oncologo Salvatore Palazzo e la Dott.ssa Monica Loizzo scopriremo che i nostri comportamenti alimentari possono riflettersi sulla composizione del nostro microbiota e che questo può favorire o inibire la comparsa di tumori.
Terminiamo il numero in bellezza con un approfondito articolo sugli oli, in particolare sugli oli di semi, del Prof. Vincenzo Brandolini che ci aiuterà a dare risposta a tante domande: Come sono prodotti gli oli di semi? I semi di girasole alto oleico sono OGM? Un nuovo numero da leggere dalla prima all’ultima pagina con la certezza di consolidare il nostro bagaglio di conoscenze per un’alimentazione buona e che pone al centro la salute ed il benessere. Ercole De Masi Maria Mattera
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AUTORI
Hanno contribuito a questo numero
CHIARA MANZI Fondatrice di Art joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea di Culinary Nutrition, la branca della nutriziona applicata alla cucina (www.nutrizioneincucina.it) Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina Docente al Master di Medicina Estetica dell’Università di Roma Tor Vergata. Autrice di diversi libri divulgativi sulla Nutrizione in Cucina.
ERCOLE DE MASI Gastroenterologo-nutrizionista membro del comitato scientifico della LILT (PRES. PROF. Umberto Veronesi) fino al 2012 gastroenterologo del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
SALVATORE PALAZZO
MONICA LOIZZO
LAURA ONORATO
Direttore dell’ UOC di Oncologia Medica, del Dipartimento Oncoematologico dell’Azienda ospedaliera di Cosenza; della Rete Oncologica dell’ Area Nord Calabria e della Rete Calabrese Tumori Rari
Pediatra, Specialista in Igiene e Medicina Preventiva. Responsabile dell’Area Qualità, Accreditamento e Formazione dell’Ospedale di Cosenza, Auditor certificata di Sistemi Qualità in Sanità.
Laureata in Farmacia presso l’università degli studi di Palermo. Laureata in Alimentazione e Nutrizione Umana, presso l’università degli studi di Milano. Master in Culinary Nutrition.
VINCENZO BRANDOLINI
ALESSANDRA PIAZZA
Professore ordinario e titolare della cattedra di Chimica degli Alimenti dell’Università di Ferrara
ANTONELLA CAVAZZA
Consulente del Benessere ed educazione alimentare. Master in Naturopatia scientifica; Health food Blogger; Esperta in alimentazione Gluten free; Master in Culinary Nutrition
Ricercatrice del settore Chimica Analitica presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Parma. Docente di “Metodi bioanalitici”
Journal of Culinary Nutrition Mensile – Numero 7 – Luglio 2018 Direttore responsabile: Professore Ercole De Masi Editore: Art joins Nutrition Editore Presidente ASSIC e Art joins Nutrition Accademy: Dott.ssa Chiara Manzi Staff editoriale: Dott.ssa Ilaria Proietti, Prof. Vincenzo Brandolini, Dott.ssa Silvia Brazzo, Dott.ssa Francesca Grisenti, Dott.ssa Maria Mattera, Dott.ssa Elena Afanasyeva, Dott.ssa Laura Onorato, Prof.ssa Antonella Cavazza, Alessandra Piazza, Dott. Filippo M. Jacoponi, Dott.ssa Stefania Brescia, Dott.ssa Graziella Marino, Prof. Salvatore Palazzo, Prof. Gian Piero Molinari, Dott.ssa Monica Loizzo, Chef Giulia Frank, Prof.ssa Giovanna D’Arcangelo, Prof. Claudio Frank, Dott.ssa Alma Battaglia.
Sommario Rubriche: Pag. 6.........Perché lo butti? Trasforma gli scarti… in risorse! Pag. 11.........Voglio essere Chiara – Sostenibilità e lotta agli sprechi Pag. 14.......È solo buono o fa anche bene? – L’insalata di seppie buona da vivere Pag. 18.......ASSIC - Notizie in breve Pag. 19......Blue zones - Ikaria, l’isola dove ci si dimentica di morire… Pag. 28.......Prevenire & Curare…Mangiando - A tavola contro il cancro con un commensale “di diritto”: il microbiota (II parte) Pag.32.......Focus – Olio di girasole alto oleico: tra gli oli di semi il miglior alleato in cucina
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Perché lo butti? scarti… in risorse G
li scarti alimentari che derivano dai processi di lavorazione delle materie prime alimentari rappresentano spesso quantità notevoli che hanno anche elevati costi di smaltimento. In realtà questi scarti sono ancora ricchi di sostanze bioattive che potrebbero essere recuperate e utilizzate in molti campi. Una direttiva europea emanata lo scorso aprile va nella direzione di ridurre gli sprechi alimentari e incentivare il reinserimento dei sottoprodotti nel ciclo produttivo. La ricerca scientifica sta mettendo a punto diversi sistemi per l’estrazione di molecole utili da scarti vegetali: ad esempio residui di cipolle e carciofi sono ricchi di fibra alimentare e sostanze con spiccata attività antiossidante che potrebbero trovare largo impiego nei settori nutraceutico e cosmetico. Anche a casa possiamo fare qualcosa!! Perché lo butti? Trasforma gli scarti.. in risorse!
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Sai che gli scarti che derivano dai processi di lavorazione delle materie prime alimen-
tari non sono sempre da buttar via..? Spesso sono ancora ricchi di sostanze bioattive che possono essere recuperate e utilizzate per molteplici scopi! E questo vale anche per alcuni scarti che producia-
Trasforma gli e! mo a casa durante la preparazione dei nostri piatti!
Meno spreco.. e nuova vita agli scarti
Lo spreco all’interno del sistema produttivo, sia artigianale che industriale tocca tutti gli step della catena produttiva: produzione, trasformazione, distribuzione e consumo, con modalità e cause specifiche diverse per ogni fase. Ad esempio gli scarti del comparto agroalimentare spesso rappresentano quantità enormi e che hanno un alto impatto ambientale, e possono essere problematiche da smaltire. Basti pensare ai residui di lavorazione delle uve impiegate nella produzione del vino, o dei carciofi, sia in fase di raccolta che successivamente durante la lavorazione. Rilevante è anche il caso degli agrumi: alcune tipologie, quali il bergamotto, sono sfruttate solo per l’estrazione dell’olio essenziale contenuto nelle bucce. In molti casi i sottoprodotti di origine vegetale vengono destinati alla produzione di mangimi destinati agli animali, o per la produzione di bioenergia.
l modello di Economia Circolare
A livello industriale ci si sta muovendo verso il raggiungimento di un obiettivo importante, quello che viene definito un modello di Economia Circolare “Zero Waste” (annullamento dei rifiuti), cioè nella direzione dello sfruttamento completo delle risorse produttive. Questo si auspica che venga rea-
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mediante la valorizzazione degli scarti al fine di ottenere nuove materie prime, che possano essere reinserite nel ci-
lizzato
clo produttivo per dare origine a nuovi prodotti e quindi riacquistare un valore economico. Ciò ha come valore aggiunto anche l’eliminazione di processi di smaltimento a volte problematici e molto costosi.
Le nuove direttive europee per il recupero degli scarti: il “pacchetto rifiuti”
Una direttiva europea emanata lo scorso aprile va proprio nella direzione di incentivare l’economia circolare e stabilisce delle buone pratiche di gestione dei rifiuti in vista di quello che si definisce uno “sviluppo sostenibile”, in grado di integrare politiche industriali e tutela ambientale. L’obiettivo che ci si è prefissati consiste nella riduzione della quota di rifiuti da riciclare che dovrà essere portato al 55% entro il 2025.
Riguardo agli sprechi alimentari, in linea con gli obiettivi delle Nazioni Unite, se ne auspica la riduzione del 50% entro il 2030. Ciò metterà quindi in moto tutta una serie di iniziative che coinvolgono l’intera catena di produzione e saranno volte a una equa distribuzione delle risorse con una attenzione maggiore al recupero e alla valorizzazione dei prodotti. La ricerca scientifica
Numerosi ricercatori si sono interessati già da parecchi anni alla valorizzazione di scarti e sottoprodotti agroalimentari per proporre soluzioni innovative nel rispetto e nella tutela dell’ambiente. La Comunità Europea ha anche finanziato vari progetti di questo tipo, nell’ottica di incentivare la promozione su larga scala di quello che viene spesso realizzato a livello di laboratorio universitario. Anche all’Università di Parma, nel nostro laboratorio di ricerca diretto dal Prof. Claudio Corradini, del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, si portano avanti varie ricerche riguardanti il
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La sostenibilità e la lotta agli sprechi è un tema molto importante oggi per la salute del pianeta. Ecco alcune idee per farci del bene senza buttar via il cibo! LE BUCCE DELLE PATATE
Non è vero che le bucce delle patate fanno male. Dovremmo mangiare un chilo di bucce di patata per stare male e il rischio c’è soprattutto se le patate sono vecchie e completamente germogliate. Consiglio di essiccarle, al sole o al forno a 100 gradi per mezz’ora, e poi frullarle. È un trucco per aggiungere una fibra, simile a quella della crusca ma solubile e gustosa, al proprio piatto.
GAMBI DI ASPARAGI
Sono ricchi di folati, vitamine utili per prevenire le malformazioni del feto, quindi consigliati soprattutto alle donne in età fertile. I gambi vanno messi in acqua, frullati e filtrati, così da eliminare la parte fibrosa. In questo modo, si otterrà un brodo o una bevanda ricchi di folati.
SCORZA DI AGRUMI
L’importante è non utilizzare la parte bianca perché contiene fibra citrica: fa bene, ma è molto amara Come usarla in piatti dolci e salati? Nel primo caso la scorza permette aggiungere meno zucchero perché aromatizza, nel secondo può rinfrescare un piatto, come una pasta al sugo, rendendola più primaverile. Grattuggiamola al posto del parmigiano! La parte bianca Frullata insieme all’agrume conferisce un po’ di acidità alla bevanda creando un contrasto amaro, ma gradevole. Per non rendere il gusto estremo consiglio di usare
solo un terzo della parte bianca di tutto il frutto. Otterremo una spremuta molto più salutare perché più ricca in fibra. Altrimenti i succhi di frutta, privati dalle fibre, diventano bevande ad alto contenuto di zuccheri semplici.
LE BUCCE DELLE VERDURE
Molte verdure, come le carote, concentrano le vitamine all’esterno. I carotenoidi, infatti, difendono l’alimento dagli agenti esterni. Mettiamo l’acqua a bollire, quando si raggiungono i 100 gradi si spegne il fuoco e si mettono in infusione gli scarti di queste verdure. Lasciamole 5-10 minuti e poi filtriamo il brodo, che sarà profumato e vitaminico.
GAMBI DI BROCCOLI
Tagliare finemente queste parti e metterle a cuocere in una pentola bassa e larga a fuoco molto lento. Quando l’acqua viene totalmente assorbita, frullare il tutto. Il risultato? Una crema molto setosa ricca di fibra solubile, nonostante le parti dure utilizzate. Si può mescolare a un purea di patate, per abbassarne l’indice glicemico, oppure a una besciamella, con lo stesso obiettivo.
BUCCE DI POMODORO
Sono ricche di licopene e glutammato naturale, magnifico esaltatore di sapidità. Il licopene è un antiossidante che più viene cotto, più è efficace a livello cellulare. Le bucce di pomodoro frullate sono un ottimo modo per insaporire i nostri piatti. Chiara Manzi Presidente Art joins Nutrition Academy www.nutrizioneincucina.it
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possibile recupero e l’analisi di residui di verdure e ortaggi, con lo scopo di valutare la presenza di composti di possibile interesse per fini diversi, sicuramente più nobili dello smaltimento! Vediamone qualche esempio:
Cipolle e cipollotti:
La dott.ssa Daniela Carà sta seguendo uno studio relativo al recupero di residui di cipolle e cipollotti, procedendo a effettuare l’estrazione, e in seguito l’analisi per la caratterizzazione di molecole appartenenti alla categoria dei carboidrati, e più precisamente di fibra alimentare solubile. Le analisi svolte hanno evidenziato che, in seguito a un semplice processo di riscaldamento in acqua calda, è possibile ricavare dalla parte esterna dei bulbi di cipolla, e dai gambi e le foglie del cipollotto, discrete quantità di frutto- e inulo-oligosaccaridi. Si tratta di molecole con attività prebiotica, cioè che rappresentano un substrato di crescita e nutrimento per la nostra flora batterica intestinale, la quale svolge un ruolo importante in molti processi fisiologici. Dal punto di vista tecnologico, queste
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molecole, se costituite da catene sufficientemente lunghe hanno anche la proprietà di assorbire acqua rigonfiandosi e possono di conseguenza dare origine a gel in grado di conferire corposità e cremosità alle preparazioni alimentari. Questa prerogativa è sfruttata per la realizzazione di creme, yogurt, gelati, budini ecc..
Carciofi:
Seguendo un approccio simile a quello precedentemente descritto, la dott.ssa Maria Grimaldi si occupa del recupero di gambi e foglie di carciofo, realizzando degli estratti per mezzo di una tecnica “green” basata sull’impiego di ultrasuoni. Le analisi effettuate sugli estratti ottenuti hanno rivelato, oltre alla presenza di oligosaccaridi con proprietà prebiotiche, una ricca quantità di polifenoli, molecole ampiamente diffuse nel regno vegetale e caratterizzate da una spiccata attività antiossidante. Questi estratti potrebbero essere impiegati nel campo degli integratori, o degli additivi alimentari con lo scopo di ottenere alimenti funzionali, o anche utili nel campo dei cosmetici.
E quello che rimane..? Si può fare.. ancora di più!
Ovviamente dopo l’estrazione di queste molecole bioattive rimane comunque ancora un residuo. Cosa farne? Ci si può spingere ancora oltre e valorizzare perfino questi ulteriori scarti…!! Il materiale residuo è costituito essenzialmente da lignina e cellulosa, e può trovare ulteriore impiego perché può rappresentare una nuova materia prima per la realizzazione di carta/cartone da proporre ad esempio nel campo del packaging. Si stanno facendo infatti grossi progressi nell’ambito della realizzazione di nuovi materiali “eco”, sostenibili e “bio”, con l’obiettivo di sostituire progressivamente gli imballaggi in plastica che sono visti come una delle più grandi fonti di rifiuti. In alcuni casi sono stati realizzati imballaggi che oltre a provenire da fonti completamente naturali, sono anche attivi, cioè contengono sostanze antiossidanti naturali contenute nella matrice di partenza, che possono aumentare la shelf-life del prodotto contenuto, agendo per contatto o trasferendo gradualmente piccole quantità di principio attivo all’interno della confezione. Dal punto di vista simbolico, considerando quello che il packaging design potrebbe evocare a livello di “comunicazione”, lo sviluppo di queste idee porterebbe a una forma di imballaggio naturale che per quanto riguarda la possibile applicazione al packaging alimentare può sfociare nel concetto di quello che si può definire il “cibo vestito di cibo”, o il restituire al cibo il proprio “vestito”.
E a casa..?
Quanto detto può essere esteso anche alle abitudini dei consumatori a casa. Nel preparare le nostre pietanze spesso siamo portati a considerare
la scarsa quantità ottenuta dopo la mondatura di alcune verdure, in termini di resa finale di prodotto. Consideriamo ad esempio gli abbondanti scarti che produciamo per ottenere dei cuori di carciofo, o per cucinare le punte di asparagi..
Quello che buttiamo via… è proprio davvero da buttare via??
Alcuni scarti, o parti di vegetali considerate poco nobili, possono essere cucinate e fornire un importante valore nutrizionale. Hai qualche idea da divulgare…???
Invitiamo i lettori a scriverci per partecipare alla creazione di un elenco di consigli su come riutilizzare gli scarti a casa!! Antonella Cavazza Università di Parma - Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale Bibliografia: Lattanzio V., Kroon P.V., Linsalata V., Cardinali A. (2009) Globe Artichoke: a functional food and source of nutraceuticla ingredientes. Journal of functional foods I, 131-144. Llorach R., Espin JC., Tomas-Barberan F.A., Ferreres F. (2002) Artichoke byproducts as a apotential source of health-promoting antioxidant phenolics. Journal of Agricultural and Food Chemistry, 50, 3458-3464. Lopez-Molina D, Navarro-Martinez M.D., Melgarejo F.R., Hiner A.N.P., Chazarra S., Rodriguez-Lopez J.N. (2005) Molecular properties and prebiotic effect of inulin obtainde from artichoke. Phytochemistry 66, 1476-1484. Choi S., Cho E.J., Moon J-H., Bae H-J. (2015) Onion skin waste as a valorization resource for the by-products quercetin and biosugar. Food Chemistry, 188, 537-542.
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È solo buono o fa anche bene?
L’insalata di seppie buona da vivere Ecco la domanda che da oggi devi farti e devi fare. Entra in cucina con la Culinary Nutrition e trasforma i piatti della nostra tradizione in elisir di lunga vita.
L
’insalata di seppie è un piatto gustoso e fresco, facile da preparare, ideale per un pranzo o una cena estiva. Un piatto leggero, che ti farà rimanere in forma senza rinunciare al gusto. Le seppie, infatti, hanno pochissime calorie edvunite agli ortaggi di stagione, ricchi di vitamine, sali minerali e fibra, rappresentano un elisir di lunga vita. Occhio però ai condimenti. Aggiungendo la giusta quantità, la por14 tata finale risulterà molto più leggera
di un’insalata caprese, tipico piatto estivo che spesso viene erroneamente considerato “light”.
Buono da vivere perché? Meno grassi di un’insalata caprese
Molto spesso rinunciamo a dei piatti gustosi pensando (erroneamente) che “pesino” sul girovita e ne scegliamo altri che consideriamo “light” ma che in realtà di leggero non hanno pro-
prio nulla. È il caso dell’insalata caprese. Una porzione ha il doppio dei grassi rispetto ad una porzione di insalata di seppie evolution, in cui i grassi sono stati dosati in maniera precisa.
Meno sale, più salute!
In cucina evolution nulla è lasciato al caso. Il “quanto basta- q.b” non esiste. È un parametro del tutto soggettivo che modifica radicalmente i valori nutrizionali di una ricetta. Per di più se questo “q.b” si riferisce al sale, un ingrediente molto importante, il cui utilizzo incide fortemente sul nostro stato di salute. Anche quest’anno la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) in collaborazione con il Gruppo Intersocietario per la Riduzione del Consumo di Sodio in Italia –GIRCSI, ha aderito, a marzo 2018, alla Settimana Mondiale 2018 per la Riduzione del Consumo di Sale proposta dalla World Action on Salt and Health – WASH. La campagna è stata dedicata a sensibilizzare i consumatori sulle modalità pratiche per la riduzione del consumo di sale.
Ma perché il sale fa male? Quanto dovremmo usarne? È ormai noto che l’apporto di sodio è correlato ad un aumento della pressione arteriosa. Poiché l’ipertensione è un fattore di rischio riconosciuto per la coronopatia, si può dedurre che ridurre il consumo di sale nelle persone suscettibili può diminuire il rischio di malattie cardiovascolari. 15
Qual è la giusta quantità?
Il ministero della Salute ci consiglia di consumare non più di 5 g di sale al giorno. Occorre considerare che il sale è già naturalmente presente negli ingredienti: molto spesso si condisce più del dovuto.
Condisci con poco sale, ma iodato: lo iodio è un minerale che contribuisce allo sviluppo e al funzionamento della ghiandola tiroidea in quanto rappresenta uno dei costituenti principali degli ormoni tiroidei. Inoltre condire con poco sale (1g a porzione), iodato, aiuta a prevenire l’ipotiroidismo anche nel feto. La fibra, alleata di salute
Nell’insalata caprese è presente solo 1g di fibra, contro i 4g della ricetta evolution. La fibra, contenuta in maggiori quantità in verdure, frutta, cereali integrali e nei legumi è alleata della nostra salute e non deve mai mancare nella nostra dieta. Tutti i piatti evolution sono caratterizzati dall’avere almeno 3g di fibra a porzione. Un apporto significativo che, unito agli spuntini e alle porzioni di verdura in aggiunta, garantisce il raggiungimento del fabbisogno giornaliero consigliato che è di 30g. La culinary nutrition definisce quantità, metodi di cottura e abbinamenti che permettono di non rinunciare al gusto, restando in forma preservando la nostra salute.
Regine proteine
Per il benessere di muscoli, capelli e unghie fai una ricarica di proteine con le seppie arrosto, le regine di questa insalatina buona e ricca di benessere. Accompagnato a 50g di pane integrale diventa un perfetto piatto unico. Cucina evolution è fedele alla dieta mediterranea, dove le proteine sono presenti in quantità misurata. Un eccesso, infatti, appesantisce reni e fegato.
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Procedimento:
Cuocere le seppie in una padella antiaderente o su una piastra Tagliare le seppie a striscioline In un piatto unire l’indivia tagliata, le seppie, le olive, i pomodorini e il sedano tagliati a cubetti. Condire con la salsa verde.
Insalata caprese Cucina.fanpage.it
Ingredienti per 1 persona •125g mozzarella di bufala •1 pomodoro cuore di bue •10g Olio extravergine d’oliva •Basilico •Sale q.b Valori nutrizionali per una porzione •Proteine 22,07 g •Grassi 40,6g •Carboidrati 3,3g •Fibra 1g •Energia 467 Kcal
Indivia belga con seppie, sedano, olive e pomodori Evolution Tratto da Cucina Evolution buona da vivere Ingredienti per 1 persona •200g Seppie arrosto •100g Indivia belga •50g sedano •50g pomodorini •20g olive nere •20g Salsa verde Ricetta per salsa verde: prezzemolo, aglio, acciughe, capperi tritati + aceto e un cucchiaio di olio extravergine d’oliva. Valori nutrizionali per una porzione •Proteine 31g •Grassi 18g •Carboidrati 8g •Fibra 4g •Energia 326 Kcal
Laura Onorato
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Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging! SETTEMBRE 2018 - PARMA Scopri di piĂš
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Notizie in breve
P
asticceria Antiaging e Acrilammide
Due giorni per imparare a preparare dolci che fanno bene alla salute, adatti anche a chi soffre di diabete! Il corso teorico-pratico si svolge a Parma dal 07/07/2018 al 08/07/2018 dalle 9:00 alle 18:00 con pausa pranzo Evolution e rilascio dell’attestato di partecipazione. Docenti del corso Prof.ssa Chiara Manzi e Prof. ssa Antonella Cavazza. Per iscrizioni ed informazioni visita il sito cucina evolution academy https://academy.cucinaevolution.it/formazione/ corsi-brevi/la-pasticceria-antiaging-e-acrilammide/
Tutti i corsi brevi di Nutrizione Culinaria da non perdere!! 1. Nuove tecniche di pasticceria antiaging: meno zuccheri e piĂš fibra. Dal 22/09/2018 al 23/09/2018 ore 9-18 18
Docenti: Chiara Manzi e PastryChef Davide Comaschi (campione del mondo di Pasticceria) 2. Nuove tecnologie al servizio della salute: piĂš vitamine e meno calorie Dal 20/10/2018 al 21/10/2018 ore 9-18 Docenti: Chiara Manzi e Chef Paolo Cappuccio (Stella Michelin) Visita il sito https://academy.cucinaevolution.it/ formazione/corsi-brevi/ E scopri tutti i corsi brevi di nutrizione culinaria e cucina antiaging.
Blue zones Ikaria, l’isola dove ci si dimentica di morire…
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e chiedi ai centenari di Ikaria come sono riusciti a sopravvivere fino a 90 anni essi di solito rispondono parlando dell’aria pulita e del vino buono. Ma una risposta inaspettata è quella di una signora di 101 anni…. “Ci dimentichiamo di morire.”
L’isola di Ikaria è una delle più belle della Grecia. Ubicata nella zona centro-orientale del Mar Egeo, deve il suo nome al mitologico Icaro. Secondo la
leggenda, è proprio qui che cadde in volo l’eroe che sfidò le leggi della gravità. Ikaria possiede 255 Km di costa e il suo territorio è principalmente montuoso. L’isola offre paesaggi mozzafiato, con una natura rigogliosa e meravi-
gliose spiagge. Un Ikariano su tre vive fino a 90 anni. Non solo, essi hanno anche tassi molto più bassi di cancro e malattie cardiache e soffrono significativamente meno di depressione e di demenza, mantengono una vita sessuale attiva e regolare anche in età avanzata e rimangono fisicamente attivi fino ai 90 anni.
L’isola di ikaria appartiene alle 5 zone più longeve del mondo dette “Blue Zones” insieme a l’Ogliastra in Sardegna in Italia, l’isola di Okinawa in Giappone, la comunità degli avventisti del settimo giorno di Loma Linda in California e la penisola di Nicoya in Costa Rica.
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Qual è il segreto di Ikaria? Cosa sanno i suoi abitanti che il resto di noi non sà? La longevità del popolo di Ikaria, sembrerebbe essere spiegata da una serie di fattori che includono l’ambiente, la cultura, la dieta, lo stile di vita e le prospettive Uno dei più grandi studi fatti sulla popolazione di Ikaria, “The Ikaria study” http://www.hellenicjcardiol.org/archive/full_ text/2011/5/2011_5_479.pdf è stato condotto nel 2009 su 343 uomini e 330 donne di età compresa tra i 65 e 100 anni e tutti residenti nativi di Ikaria. In questo studio sono stati analizzati gli stili di vita, le caratteristiche dietetiche, i fattori di rischio cardiovascolari, gli indici antropometrici e l’attività fisica praticata. I partecipanti sono stati suddivisi in due principali gruppi comprendenti gli anziani e le persone di mezza età. Di questi sono stati valutati lo stile di vita, la dieta, la salute generale e altri fattori chiave. Tra le persone coinvolte il 13% aveva più di 80 anni; quelli che invece avevano oltre 90 anni d’età erano l’1,6% di sesso maschile e l’1,1% di ses-
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so femminile. Mostrando che, su quest’isola, gli uomini sono più longevi rispetto alle donne. Lo studio evidenziò che i soggetti consumavano circa sei volte più fagioli al giorno degli americani, mangiavano pesce due volte a settimana e carne cinque volte al mese, bevevano in media da due a tre tazze di caffè al giorno e assumevano circa un quarto dello zucchero raffinato. Anche il consumo di olio d’oliva è risultato alto insieme anche a due o quattro bicchieri di vino al giorno.
Un moderato consumo di alcool (specialmente durante i pasti e con gli amici) potrebbe aiutare non solo a ridurre lo stress e rilassarsi, ma anche a vivere più a lungo .
Alcuni studi mostrano come un consumo moderato di alcool abbia una azione benefica sulla nostra salute. In una meta-analisi condotta dallo STUDIO MOLISANI su una popolazione di 25.000 persone per circa 8 anni, si deduce che bere vino in giuste quantità riduce del 30% il rischio di malattie cardiovascolari e, al contrario, superare i 30-35 gr di alcool al giorno, ne aumenta il rischio, come aumenta il rischio di numerose altre patologie come il cancro al seno. Sempre dallo stesso studio si nota come condurre una dieta mediterranea senza consumare vino (nelle giuste quantità), può ridurre i benefici della dieta stessa del 15%. Secondo i dati presentati dal dott. Gerbi al convegno SINU nel 2017, i benefici dell’alcol si attivano a partire dai 10-15 gr di alcol al giorno, fino ad un massimo di 30-35 gr .
Superando queste quantità si è scoperto che oltre ai danni al sistema nervoso, al fegato, allo stomaco che gli sono abitualmente associati, sarebbe responsabile anche di una diminuzione della massa ossea, che può essere considerata l’anticamera dell’osteoporosi. I ricercatori della Facoltà di Medicina di Atene e dello Harvard School of Public Health, negli Stati Uniti, nell’ambito del progetto EPIC hanno constatato come i vari costituenti della dieta mediterranea abbiano un’influenza diversa sulla mortalità della popolazione confermando ulteriormente che un moderato consumo di alcool e un basso consumo di carne ma anche il consumo di vegetali, frutta, legumi e olio d’oliva, diminuiscono il rischio di malattia e mortalità. I ricercatori hanno controllato la sorte dei nati di Ikarìa tra il 1900 e il 1920. Poi hanno analizzato le cause di morte. Infine hanno trascorso settimane con gli anziani scoprendo che gli over 90enni sono più del doppio della media nazionale, che sono meno depressi e presentano tassi di demenza senile ridotti. «Tra le cause di
morte, a Ikarìa come nell’Ogliastra le malattie cardiovascolari
sono all’ultimo posto. Il contrario di quello che succede in Occidente». Oggi gli Ikariani sono quasi completamente privi di demenza senile e di alcune malattie croniche che generalmente affliggono gli americani. Ogni anno, 7,7 milioni di persone si ammalano di demenza e, al momento, non esiste una cura diretta per questo tipo di malattia. Si prevede che i tassi di demenza triplicheranno raggiungendo i 135,5 milioni di persone entro il 2050 in tutto il mondo Stanno emergendo dati sempre più convincenti che dimostrano che la dieta mediterranea (DM) potrebbe aiutare a ritardare la progressione del declino cognitivo; la società di Alzheimer (https:// www.alzheimers.org.uk/) raccomanda la dieta mediterranea come approccio per migliorare la memoria e la funzione cognitiva. Il legame tra scelte nutrizionali e protezione delle funzioni cognitive è oramai dimostrato. Conosciamo bene il ruolo dell’alimentazione nel determinare il rischio di malattie cardiovascolari e metaboliche e si sa che proprio queste malattie si riverberano sulla salute del cervello. Già una decina d’anni fa era nota l’associazione tra Dieta Mediterranea (DM), come
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schema alimentare complessivo, e protezione delle funzioni cognitive. La DM nel suo insieme aveva già dimostrato gli effetti favorevoli sul profilo lipoproteico e sul metabolismo glucidico, accanto alla capacità di proteggere l’elasticità delle pareti vasali e di apportare, tra le altre, sostanze in grado di sostenere le difese antiossidanti.
Alcune recenti revisioni della letteratura, ripercorrono una per una le proprietà degli alimenti caratterizzanti della DM, ma precisano anche che gli effetti positivi vengono dal consumo calibrato e armonico di tutti i cibi che ne fanno parte, senza focalizzare un solo gruppo alimentare o un solo alimento. Il consumo regolare (almeno 2 volte alla settimana) di pesce grasso apporta gli omega-3 (DHA + EPA): gli omega-3, insieme con l’olio extravergine di oliva e fibre, riducono la sintesi delle molecole pro-infiammatorie (Proteina C reattiva, Interleuchina-6,TNF-alfa). Un apporto regolare di omega-3, inoltre, contrasta anche il rischio di insufficienza cardiaca e di fibrillazione atriale, quindi anche il rischio di ictus. Per quanto riguarda il solo DHA, EFSA (Autorità europea per la sicurezza degli alimenti) ha accettato il seguente claim (http:// www.trovanorme.salute.gov.it/norme/ renderNormsanPdf?anno=2012&codLe22
g=43249&parte=1%20&serie=S2) «Il DHA contribuisce al mantenimento della normale funzione cerebrale– Questa indicazione può essere impiegata solo per un alimento che contiene almeno 40 mg di DHA per 100 g e per 100 kcal. L’indicazione va accompagnata dall’informazione al consumatore che l’effetto benefico si ottiene con l’assunzione giornaliera di 250 mg di DHA»
Le diete mediterranee sono tradizionalmente ad alto contenuto di frutta, verdura, legumi e cereali, con un consumo moderato di pesce e prodotti lattiero-caseari e basso contenuto di carne, zucchero e grassi saturi. La maggior parte del grasso in questo tipo di dieta viene dall’olio di oliva e l’alcool è consumato con moderazione con i pasti. I centenari Ikariani bevendo vino rosso regolarmente assumono inoltre alti livelli di flavonoidi. I flavonoidi sembrano avere il fantastico potere di ripulire le arterie riducendo quindi il rischio verso malattie cardiovascolari, ma anche verso alcuni tipi di cancro.
Uno studio pubblicato sul “THE LANCET JOURNAL” dell’aprile 2018 ha evidenziato come tra i bevitori analizzati la soglia per il più basso rischio di mortalità per tutte le cause era di circa 100 g di vino alla settimana. Per sottotipi di malattie cardiovascolari diversi dall’infarto del miocardio, non c’erano soglie chiare al di sotto delle quali il consumo di alcol inferiore ha cessato di essere associato a un più basso rischio di malattia. Questi dati supportano l’adozione di limiti inferiori di consumo di alcol rispetto a quelli raccomandati nella maggior parte delle linee guida attuali (https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(18)30134-X/fulltext?code=lancet-site)
Non bere vino durante la settimana non ci autorizza però a berne 7 bicchieri tutti nel week end!! L’abuso di alcol sembra essere un fattore di rischio per l’Alzheimer e la demenza.
In che modo l’alcol può risultare tossico per il cervello? Innanzitutto l’etanolo e il suo metabolita acetaldeide hanno un effetto neurotossico diretto, che determina danni permanenti strutturali e funzionali al cervello. Il consumo eccessivo di alcol è associato alla carenza di tiamina, che porta alla sindrome di Wernicke-Korsakoff: una forma insolita di demenza che si manifesta come conseguenza del grave deficit di alcuni micronutrienti. In terzo luogo, il consumo eccessivo di alcol è un fattore di rischio per altre condizioni che possono anche danneggiare il cervello: come l’epilessia e l’encefalopatia epatica in pazienti colpiti (già) dalla cirrosi epatica. Infine l’assunzione intensa di alcol è associata alla demenza vascolare. Per gli adulti i limiti giornalieri massimi di alcol consentiti corrispondono a 10-12 grammi (1 bicchiere da 125 gr) per le donne e 20-24 grammi (2 bicchieri da 125 gr) per gli uomini.
Anche il napping gioca un ruolo chiave nella longevita! La dott.ssa Christina Chrysohoou, cardio-
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loga dell’Università di Atene che ha studiato gli isolani sospettava anche che il sonno e le abitudini sessuali degli Ikarians potessero avere qualcosa a che fare con la loro lunga vita. Un articolo del 2008 della University of Athens Medical School e della Harvard School of Public Health cita uno studio su più di 23.000 adulti greci. I ricercatori di questo studio hanno seguito i soggetti per una media di sei anni, misurando la loro dieta, attività fisica e quanto hanno sonnecchiato. Hanno scoperto che il PISOLINO pomeridiano occasionale era associato a una riduzione del 12% del rischio di malattia coronarica, e che lo stesso sonnellino ripetuto per almeno tre giorni alla settimana era associato invece ad una riduzione del 37 %.
Quale ruolo gioca la famiglia nella durata della vita? In ognuna delle zone blu citate e studiate, gli esperti sottolineano che: oltre ad una dieta sana e uno stile di vita attivo è di fondamentale incidenza la costante presenza di stretti legami familiari e il coinvolgimento in comunità basate sulla fede. 24
Gli Ikariani infatti sono sempre strettamente connessi alle loro famiglie e ai vicini, e gli anziani svolgono ruoli significativi nella comunità. I nonni aiutano spesso a crescere i nipoti o a gestire le imprese. Gli isolani sono spesso descritti come altamente autosufficienti e fisicamente disciplinati, poiché dedicano la maggior parte del loro tempo alla cura della terra e degli animali. Eppure, allo stesso tempo sono dei bon viveurs che sanno come vivere la vita pienamente e completamente nel presente. Anche se il popolo di Ikaria è tendenzialmente culturalmente preparato e incline a dedicarsi a numerose attività artistiche e culturali, è essenzialmente semplice. Si soddisfa con poco: un orto, una comunità legata dalla lealtà, dall’indipendenza individuale, la capacità di seguire un ritmo quotidiano che si adatta alla loro realtà e un’onorata uguaglianza tra i sessi. Essi non hanno sete di denaro o di fama, e nonostante siano caldi e accoglienti con i visitatori, non sentono il bisogno di trasformare la loro isola in una destinazione turistica raffinata che cambia per soddisfare le esigenze degli altri.
Cosa mangiano i centenari di Ikaria?
Antonia Trichopoulou, dell’Università di Medicina di Atene ed esperta di dieta mediterranea, stima che la dieta di Ikaria, se confrontata con la dieta standard americana, può allungare le aspettative di vita fino a 4 anni. Un basso consumo di grassi saturi della carne e latticini è associato a un minore rischio di malattie cardiache; l’olio di oliva abbassa il colesterolo cattivo e aumenta quello buono. Il latte di capra contiene triptofano, che incoraggia la produzione di serotonina ed è facilmente digeribile per i più anziani. Alcune verdure del luogo hanno 10 volte più antiossidanti che il vino – che comunque se assunto con moderazione aiuta il corpo ad assorbire più flavonoidi. Il pane locale, fatto con lievito naturale, riduce il carico glicemico durante il pasto. Si può anche affermare che le patate contribuiscono a mantenere un cuore sano grazie al potassio, vitamina B6 e fibre. E poiché quasi
tutti gli isolani consumano le verdure del proprio orto, introducono meno pesticidi e più nutrienti.
Ecco alcuni dei piatti tipici di Ikaria Alcune specialità locali includono il soufiko. Questo piatto è preparato principalmente in estate, perché gli ingredienti sono stagionali. È un alimento vegetariano e può essere servito freddo o caldo. Gli ingredienti principali sono peperoni, melanzane, zucchine, aglio olio di olive e vino rosso. La versione greca del Fricandò romagnolo, per intenderci… Il Briam (ratatouille greca): molto simile al precedente, però fritto;
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il kathoura (formaggio di latte di capra) spugnoso e biancoformaggio di capra e zucchine giganti.
Per quanto riguarda le bevande, molto famoso è il fliskouni, una varietà di menta piperita molto più aromatica utilizzate per infusi o ancora per aerosol o aggiunta in zuppe e insalate Ad Ikaria vengono utilizzate quotidianamente erbe selvatiche che sono regolarmente aggiunte a tutti i piatti o anche per preparare bevande simili al tè . Quando Ioanna Chinoi, professoressa all’Università di Farmacia di Atene e una delle maggiori esperte in Europa sulle proprietà delle erbe, ha testato le erbe comunemente usate ad Ikaria, ha scoperto che esse avevano forti proprietà antiossidanti e contenevano dei leggeri diuretici che i dottori usano per curare la pressione alta. Forse, bevendo questo tè, gli Ikariani hanno tenuto naturalmente bassa la loro pressione per tutta la loro vita.
L’ olio d’oliva è presente in tutte le pietanze e il miele viene usato comunemente anche come medicinale (erica bianca, pino, timo, corbezzolo).
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Esiste quindi un segreto per la sana longevità di Ikaria, oppure è la natura che ha fatto il suo corso? A ben guardare, quello che fanno gli Ikariani è vivere una vita ideale, ma fondamentalmente normale e semplice. Vivono in un’isola meravigliosa, vicino al mare con un clima invidiabile e cibo fantastico. Coltivano le amicizie e la vita in famiglia, si riposano spesso e dedicano molto tempo alla cultura. Una vita che tutti noi cerchiamo di fare quando andiamo in vacanza, ma molto spesso anche in queste circostanze lo stress da “turista” non aiuta. Il vero segreto di questo popolo è probabilmente quello di non forzare e stravolgere un vivere naturale ed equilibrato. Il costante e spontaneo contatto e amore verso la natura del proprio luogo d’origine, verso gli affetti
e i valori umani, il rispetto del cibo in quanto tale (semplice e naturale), la moderazione, il riposo e il sapersi godere i momenti sempre unici della quotidianità sono forse il loro segreto più grande. Suona un po’ strano, per noi abituati a correre sempre più veloci per raggiungere mete non ben definite, senza fermarsi ad ascoltare ed apprezzare ciò che ci circonda, ritrovandoci improvvisamente anziani e pensare che la vita è corsa via veloce, convinti che più è corsa veloce e meglio è stata vissuta….Sarà veramente così? Proviamo a fare un respiro profondo e concentriamoci riordinando la mente e proviamo a mettere nei nostri propositi mattutini un pizzico di “Buone abitudini Ikariane” auspicando ad un miglioramento generale delle nostre abitudini che potranno far bene alla nostra tanto auspicata longevità:
1. Beviamo tanta acqua, attraverso bevande e infusi a base di erbe ogni giorno 2. Mangiamo frutta e verdura fresche, possibilmente del nostro orto, 3. Seguiamo la sana Dieta mediterranea, quella vera, povera di grassi saturi e carne, ma ricca di polifenoli e antiossidanti 4. Assumiamo Omega-3 ogni giorno 5. Facciamo un pisolino quotidiano 6. Dedichiamo il giusto tempo all’attività fisica e all’aria aperta 7. Celebriamo le feste e coltiviamo la buona compagnia 8. Diminuiamo lo stress… 9. Poniamoci degli scopi di vita 10. Non dimentichiamoci di bere un
buon bicchiere di vino rosso durante il pasto Potremo forse avvicinarci così un po’ di più ad uno stile di vita ideale per una longevità in salute. Alessandra Piazza Consulente del Benessere ed educazione alimentare. Master in Naturopatia scientifica; Health food Blogger; Esperta in alimentazione Gluten free; Master in Culinary Nutrition. Fonti: http://www.bbc.com/travel/story/20171116-the-greek-island-with-the-key-to-longevity https://www.travel365.it/ikaria-grecia-isola-con-elisir-di-lunga-vita.htm http://www.greece-is.com/greek-islands-ikaria/ http://www.bbc.com/news/magazine-20898379 https://www.nytimes.com/2012/10/28/magazine/ the-island-where-people-forget-to-die.html https://en.wikipedia.org/wiki/Ikaria_Study https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/ PMC3010635/ http://www.lastampa.it/2011/07/15/scienza/dieta-di-mare-e-siesta-le-chiavi-della-longevita-HjCnxZ7LORT1gAu1FJ4OlK/pagina.html https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/labuso-di-alcol-e-un-fattore-di-rischio-per-lalzheimer https://www.alzheimers.org.uk/about-dementia/risk-factors-and-prevention/mediterranean-diet-and-dementia http://www.mdpi.com/2072-6643/9/7/674/htm#B6-nutrients-09-00674 https://www.herbalgreece.com/product/fliskouni-mint-pennyroyal/ h t t p s : / / w w w. c o r r i e r e . i t / s a l u t e / 1 2 _ n o v e m bre_05/formula-immortalita-grecia_5a7d227c-271f-11e2-a3d0-4a01526cb6a5.shtml https://www.dionidream.com/lisola-dove-ci-si-dimentica-di-morire-e-i-tumori-scompaiono/
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Prevenire & Curare…Mangiando
A tavola contro il cancro con un commensale “di diritto”: il microbiota II parte: COLTIVIAMOLO
S
e indaghiamo tra i milioni di germi che costituiscono la nostra impronta digitale intestinale genotipica e fenotipica , riusciamo a scoprire quelli che possono avere una azione anticancro, potendo così in via teorica fornire nuove armi biologiche nella terapia dei tumori.
di esercitare il loro effetto sulla salute attraverso una combinazione di meccanismi, includenti lo spostamento competitivo di patogeni nel lume intestinale, nell’epitelio e nella mucosa intestinale; la produzione di proteine tossiche contro i batteri patogeni per l’ ospite; la produzione di substrati metabolici per il mantenimento della barriera intestinale e ultima, ma non meno importante, la capacità di modulazione della funzione immunitaria.
La Letteratura scientifica ha acclarato come i nostri comportamenti alimentari, alcuni riconosciuti come sconsiderati altri come virtuosi, possano riflettersi sul microbiota favorendo o inibendo la comparsa di neoplasie o la progressione di lesioni preneoplastiche. Ad esempio, i probiotici somministrati
La letteratura scientifica documenta
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per os sono da considerarsi a tutti gli effetti “modificatori della risposta biologica” in quanto in grado
come la somministrazione di probiotici può modulare sia l’ immunità innata che quella adattativa. In uno studio su topi nei quali era stato impiantato il melanoma, la somministrazione orale da sola di Bifidobacteria breve –tipicamente presente nello yogurt- ha rallentato lo sviluppo del tumore, mentre la stessa somministrazione orale in combinazione con l’immunoterapia ne ha addirittura arrestato la crescita in maniera completa. Esiste anche un microbiota mammario all’interno del tessuto mammario, con diverse popolazioni di batteri, e questa diversità non dipende da una storia di allattamento: le donne con cancro al seno presentano in genere una maggiore abbondanza di Enterobacteriaceae , di Staphyolococcus e di Bacillus rispetto alle donne senza cancro al seno. Gli studi che confrontano i profili microbici in donne sane e in quelli con carcinoma mammario possono rafforzare la nostra comprensione circa i diversi fattori che cooperano nello sviluppo del cancro al seno e aiutare nella individuazione di nuove terapie. Il Lactobacillus acidophilus, una famiglia di probiotici presente nello yogurt e kimchi, può raggiungere la ghiandola mammaria e ha un certo numero di effetti anti-cancro. Le donne che ingeriscono prodotti lattiero-caseari fermentati possono trarre benefici dalla protezione antiossidante dei probiotici: Lactobacillus e Lactococcus spp. sono più comuni nei tessuti sani del seno che in tessuti cancerosi, e possono avere un ruolo nella prevenzione del cancro al seno.
Verosimilmente l’ effetto è mediato dalla attivazione dei macrofagi, che cooperano con le cellule linfatiche in un’ azione altamente specifica antitumorali. Pertanto i probiotici rivestirebbero un ruolo non solo come farmaci aggiuntivi, di supporto nelle terapie anticancro, in quanto capaci, attraverso il mantenimento dell’integrità della membrana intestinale, di ridurre la tossicità derivante da trattamenti contro il cancro come la radioterapia, ma giocherebbero un ruolo proattivo nella prevenzione e nel trattamento del cancro, attraverso la loro capacità di modulare la risposta immunitaria e il microbiota intestinale. 29
Pertanto, la farmacobiotica, definita come la somministrazione mirata di colture probiotiche vive, è la nuova frontiera di potenziali terapie dirette o coadiuvanti. I batteri intestinali provenienti dalla digestione di frutta e verdura possono produrre un segnale chimico che colpisce il genoma umano, innescando cambiamenti che aiutano a prevenire il cancro. Il meccanismo attraverso il quale i batteri “buoni” nell’intestino possono controllare l’espressione dei geni nelle nostre cellule, e di conseguenza come una dieta sana abbia un ruolo protettivo contro i tumori , è stato chiarito da uno studio in cui si è visto che alcuni acidi grassi a catena corta prodotti dai batteri nell’intestino dalla digestione di frutta e verdura, possono influenzare la composizione del genoma delle cellule che compongono il rivestimento intestinale e quindi influenzarne il comportamento. I batteri possono influire sulla risposta dell’organismo al tumore e aiutare a prevenirne così alcuni tipi: studiando topi, che avevano perso la maggior parte dei batteri nel loro intestino, i ricercatori hanno infatti mostrato che rispetto a topi normali, le loro cellule contenevano maggiori quantità di alcune specifiche proteine dette HDAC2, collegate ad un aumentato rischio di cancro del colon-retto. Prof. Salvatore Palazzo e Dott.ssa Monica Loizzo
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BIBLIOGRAFIA [Vitetta, L.; Palacios, T.; Hall, S.; Coulson, S. Gastrointestinal tract commensal bacteria and probiotics: Influence on end-organ physiology. Prog. Drug Res. 2015, 70, 1–33. ]; [Ozen, M.; Dinleyici, E.C. The history of probiotics: The untold story. Benef. Microbes 2015, 6, 159–165.] (Vitetta L. et al. , Adjuvant Probiotics and the Intestinal Microbiome: Enhancing Vaccines and Immunotherapy Outcomes, Vaccines 5(4):50 · December 2017) (Luis Vitetta, Comunicazione al Probiota Asia Summit Nov 2017) (Jennifer Brubaker, The breast microbioma: a role for probiotics in breast cancer prevention, Microbial Sciences, 8 Jul 2017) ( Ferreira, R.B.; Antunes, L.C.; Finlay, B.B. : Should the human microbiome be considered when developing vaccines? PLoS Pathog. 2010 Nov 18;6(11):e1001190) [Vitetta L, Hall S, Linnane AW., Live probiotic cultures and the gastrointestinal tract: symbiotic preservation of tolerance whilst attenuating pathogenicity., Front Cell Infect Microbiol. 2014 Oct 15;4:143. [Vitetta L1,2, Saltzman ET3,4, Thomsen M5, Nikov T6, Hall S, , Adjuvant Probiotics and the Intestinal Microbiome: Enhancing Vaccines and Immunotherapy Outcomes. Vaccines (Basel). 2017 Dec 11;5(4).]. [Fellows R, et al. . , Microbiota derived short chain fatty acids promote histone crotonylation in the colon through histone deacetylases., Nat Commun. 2018 Jan 9;9(1):105]. Chunxu Gao, et al., Gut Microbe–Mediated Suppression of Inflammation-Associated Colon Carcinogenesis by Luminal Histamine Production, American Journal of Pathology, October 2017 Volume 187, Issue 10, Pages 2323–2336
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FOCUS Olio di girasole alto oleico: tra gli oli di semi il miglior alleato in cucina
L
’olio extravergine d’oliva è riconosciuto come il migliore lipide vegetale, tuttavia la sua produzione, commercializzazione e consumo rimane assolutamente marginale rispetto agli altri oli. La produzione di tutti gli oli di oliva, compresi quindi anche i rettificati, rappresenta infatti meno del 3% di tutti gli oli vegetali.
Gli oli di semi, rispetto a quelli di oliva, sono molto più ricchi di acidi grassi polinsaturi e in particolare di omega 6 e omega 3 quali gli acidi linoleico, linolenico e ara32
chidonico sostanze indispensabili all’organismo umano. Ciò però li rende allo stesso tempo meno resistenti al calore e quindi meno adatti per le fritture. Secondo la legge è denominato olio di semi quello ottenuto dall’estrazione a mezzo di solventi o di pressione meccanica di semi oleosi e successivamente sottoposto, per essere reso commestibile, a processo industriale di rettifica o raffinazione.
L’olio ottenuto da un solo tipo di seme va posto in commercio con l’indicazione del nome del seme da cui è stato estratto. Se invece l’olio è stato ottenuto dalla miscela di prodotti estratti da semi diversi si avrà l’olio di semi vari. Negli oli di semi vari non è sempre possibile
stabilire le percentuali dei singoli componenti, per cui è sempre preferibile utilizzare oli di semi monovarietali e possibilmente ottenuti con spremitura a freddo. Sulle confezioni devono essere riportate le stesse indicazioni necessarie per gli oli d’oliva. Tutti gli oli hanno lo stesso valore calorico, pari a 900 kcal o g n i
100 g. La cosiddetta “pesantezza” dell’olio è data soprattutto dall’abitudine di consumarlo cotto. Infatti, gli acidi grassi per effetto della cottura subiscono delle trasformazioni chimiche che li rendono meno digeribili. Gli oli differiscono tra loro anche per la resistenza alla cottura infatti, il più indicato per la frittura non è quello di semi vari, ma l’olio d’oliva, seguito da quello di arachide e di vinacciolo o dalle nuove produzioni definite alto oleico.
Produzione
I diversi semi oleosi, contengono normalmente circa il 20% di olio, per cui dopo essere stati decorticati e puliti vengono ridotti a farine con mulini speciali. Dopo macinazione sono riscaldati e umidificati in speciali condizionatori. Si prosegue con la spremitura che si effettua utilizzando presse continue che consentono di applicare alte pressioni e temperature superiori ai 170°C. I prodotti estratti sono ricchi di mucillagini, farine di semi e varie impurezze che non li rendono idonei al consumo per cui sono necessari ulteriori trattamenti. Raffinazione o rettifica indicano una serie di trattamenti industriali destinati ad eliminare da un olio l’acidità eccessiva e le sostanze estranee.
Le diverse tecnologie applicate possono essere a seconda delle necessità: • degommazione (rimozione di gomme e mucillagini); • deacidificazione; • decolorazione; • deodorazione; • demargarinazione (la rimozione delle cere). Degommazione
Decolorazione L’olio viene trattato con filtri per 15-30 minuti a 110 °C per rimuovere tutti i pigmenti, le sostanze aromatiche naturali ed eventuali tracce di saponi residui di precedenti trattamenti. Durante questo processo, gli acidi grassi essenziali subiscono delle modifiche con formazione di perossidi e acidi grassi con doppi legami coniugati. Deodorazione L’olio viene distillato a 240-270 °C, sotto pressione e in assenza di aria, per 30-60 minuti. Sono rimosse in tal modo le sostanze aromatiche, gli acidi grassi liberi, e molecole generate da eventuali processi precedenti e che sono responsabili di sapori sgradevoli. Durante questo processo si possono formare acidi grassi trans.
Questa fase del processo, operando a circa 60 C°, rimuove fibre, carboidrati complessi, peptidi, polipeptidi, fosfolipidi, clorofilla e minerali.
Deacidificazione
L’olio viene trattato a circa 75 °C con idrossido di sodio o con una miscela di idrossido e carbonato di sodio. Operando stechiometricamente, questo trattamento permette di neutralizzare gli acidi grassi liberi portando l’acidità totale ai valori di legge (<0,5%). L’olio ottenuto dopo separazione, mantiene ancora pigmenti, che gli conferiscono un colore giallo. 33
Alla fine dei trattamenti, l’olio ottenuto sarà neutro, incolore, inodore, insapore sarà pronto per essere utilizzato dal consumatore oppure per essere utilizzato negli alimenti che contengono oli vegetali come ad esempio molti prodotti da forno confezionati e/o inscatolati.
Oli di semi da pressione. Sono oli di semi definiti naturali, perché ottenuti per semplice pressione a freddo, come si spremono, appunto, le olive per fare un ottimo extra vergine. In etichetta possono riportare ottenuto senza l’uso di solventi o altre affermazioni simili per invogliare i consumatori al loro acquisto. Recentemente sono stati messi in commercio oli di semi di girasole estratti a freddo con il metodo meccanico riportando in etichetta che l’estrazione è avvenuta meccanicamente e non chimicamente. Solitamente, dato il costo, sono oli provenienti da agricoltura biologica. Gli oli da estrazione meccanica sono prodotti che possono presentare alcuni problemi di stabilità con una vita media non particolarmente elevata e un’acidità spesso superiore agli oli di semi raffinati.
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Oli di semi ad alto oleico Nel 1976 è stata sviluppata in
Russia la prima varietà mutante di girasole, Pervenets, con alto contenuto di acido oleico. La mutazione, ottenuta chimicamente produceva una percentuale di acido oleico anche superiore al 70%. Negli anni successivi con tecniche di miglioramento genetico tradizionali, negli USA sono stati prodotti molti ibridi, in cui è rintracciabile il gene alto oleico del Pervenets. Con il nome generico di NuSun i cultivar di girasole ad alto oleico nordamericani hanno raggiunto in USA il milione di acri coltivati. Nonostante molte cultivar siano state sviluppate sia con mutagenesi chimica sia con radiazioni, le si considerano varietà naturali non essendo transgeniche. Con mutazioni transgeniche è stato possibile, come per l’olio di colza, realizzare cultivar derivati dal girasole in grado di produrre oli con una specifica distribuzione di acidi grassi. Attraverso alcune tecniche convenzionali di miglioramento genetico, quindi non OGM, è stato possibile ottenere varietà di semi oleosi (girasole in particolare) ad alto contenuto di acido oleico con concentrazioni maggiori dell’80%. Questa caratteristica li rende interessanti per diversi impieghi, in particolare, quello alimentare. Per le produzioni non sono necessarie particolari condizioni agronomiche perché le tecniche colturali sono le stesse utilizzate per le normali varietà. Unica attenzione la coltivazione deve essere isolata, in maniera tale che non avvengano delle impollinazioni incrociate con cultivar tradizionali. Infatti, con una possibile ibridazione, l’olio ottenibile non sarebbe così ricco di acido oleico e
perderebbe quindi il valore commerciale. Gli oli di semi ad alto oleico sono ottenuti da piante appositamente selezionate per arrivare a un rapporto fra gli acidi grassi che si avvicini il più possibile a quello dell’extravergine, i cui benefici sono noti fin dai primi studi sulla dieta mediterranea. Il processo di raffinazione tuttavia, può ridurre anche del 40% il contenuto in tocoferoli che sono, assieme ai fitosteroli, gli antiossidanti naturali di questi grassi vegetali. Entrambe queste classi di composti tuttavia non hanno proprietà antiossidanti comparabili con quelle dei polifenoli presenti nell’olio di oliva. L’olio di semi di girasole è l’olio estratto dai semi del girasole (Helianthus annuus L.) della famiglia delle Composite e da cultivar o varietà mutanti sviluppate appositamente per modificarne la composizione in acidi grassi. La coltivazione del girasole è tipica dell’Est europeo, ma negli ultimi anni si è estesa anche in Europa e in Italia. L’olio di semi di girasole contiene lecitina, tocoferoli, carotenoidi e trigliceridi, con un elevato contenuto di acido linoleico. L’olio di semi di girasole normale contiene mediamente il 20% di acido oleico, 70% di acido linoleico e dal 10% di grassi saturi. L’olio di semi di girasole alto oleico è composto da circa 80% di acido oleico, 10% di acido linoleico e 10% di grassi saturi. La composizione in acidi grassi dell’olio è influenzata dalle condizioni ambientali di crescita della pianta. Attualmente ci sono cultivar di girasole che forniscono oli con diverso profilo lipidico ovvero ad alto contenuto di acido linoleico, a medio contenuto di acido oleico e ad alto contenuto di acido oleico. La maggiore percentuale di acidi grassi polinsaturi dell’olio di semi di girasole lo rende particolarmen-
te suscettibile all’ossidazione e all’irrancidimento quindi non è indicato per cucinare e friggere, e andrebbe conservato in frigorifero in bottiglie opache come del resto tutti gli oli. Da diverso tempo è in commercio un olio di girasole diverso da quello tradizionale ovvero l’olio di girasole alto oleico. L’acido oleico è l’acido grasso maggiormente rappresentato nell’olio d’oliva e possiede un solo doppio legame nella sua struttura e, a differenza dell’acido linoleico, l’acido grasso maggiormente rappresentato nell’olio di girasole tradizionale, che possiede due doppi legami e per questo definito polinsaturo.
Figura 1. Gascromatogramma (GC/MS) di un olio di oliva extravergine commerciale 35
ne un olio con un punto di fumo intorno ai 130° per cui sarebbe impossibile raggiungere i 200-220° che sono il punto di fumo degli oli da frittura. Come quelli che usano un mix con alta frazione di palma bifrazionato.
Il punto di fumo è una caratteristica fondamentale per un grasso destinato alla cottura infatti è la temperatura alla quale le molecole degli acidi L’industria alimentare quindi inizia grassi si degradano dando luogo ad a produrre un olio di semi di girasole altri composti tossici per l’organismo. alto oleico (80% dichiarato), arricchi- Quindi dovrebbe essere il più è elevato possibile. to di vitamina E ed antiossidanti na- Per ottenere questo risultato l’industria, durante la turali, di rosmarino, alloro e salvia. Si fase di distillazione presente nella produzione di Figura 2. Gascromatogramma (GC/MS) di un olio di semi di girasole commerciale.
tratta di un olio molto simile all’olio di oliva con in più la possibilità di essere considerato ottimo per friggere in quanto viene dichiarato stabile superiori a 200 °C. L’olio di semi di girasole alto oleico possiede una shelf-life di 24 mesi. In futuro potrebbe nascere una famiglia di prodotti simili anche perché le fonti di antiossidanti naturali da aggiungere si moltiplicano e diventando sempre più economiche. Partendo dai semi di girasole tradizionali si ottie-
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tutti gli oli di semi estratti con solventi organici, separa la frazione di acido oleico raccogliendo in tal modo la parte di monoinsaturi dell’olio più idonei per la cottura dell’olio così ottenuto. In tal modo si ottiene un prodotto per frittura che riesce a essere più stabile anche dell’olio d’oliva e di quello di arachidi che, possiedono un punto di fumo di circa 180°. Non solo, minori concentrazioni di acido linoleico rispetto ad altri oli di semi, conferiscono un ridotto potere infiammatorio in quanto l’acido
linoleico favorisce la produzione di prostaglandine nell’organismo e un eccesso sbilancerebbe il rapporto omega 6-omega 3 determinando una possibile infiammazione sistemica. Altro vantaggio derivante dall’utilizzo di un olio che apporti elevate dosi di acido oleico è la regolazione delle lipoproteine plasmatiche. L’acido oleico infatti tende ad aumentare la produzione di HDL (colesterolo buono), migliorando il profilo lipidemico e la prevenzione nelle patologie cardiovascolari.
Anche se i vantaggi possono essere considerati importanti, si tratta sempre di un olio di semi. Attualmente, tra gli oli vegetali sembrerebbe quindi la scelta migliore per l’utilizzo in cottura e, specialmente, per le fritture. Anche in cosmetica l’olio di girasole è utilizzato come emolliente per ammorbidire e rendere liscia la pelle. L’effetto sulla pelle è pressoché immediato e si può recuperare in poco tempo un buon livello di elasticità e tono, soprattutto per quelle pelli che si stanno divenendo cadenti ed opache con l’avanzare dell’età. Il nome dell’olio di semi di girasole secondo la classificazione INCI è Helianthus annuus (Sunflower) Seed Oil. La varietà ad alto oleico viene denominata: Helianthus annuus Hybrid Oil. In cosmetica, è considerato anche come non comedogenico. Anche se solo la varietà ad alto contenuto di acido oleico presenta una conservabilità che ne consente l’inserimento nelle formulazioni cosmetiche commerciali. Inoltre, l’olio di semi di girasole può essere utilizzato sia per la prevenzione, sia per la cicatrizzazione di ferite e l’industria cosmetica lo utilizza crudo anche come ingrediente in moltissime preparazioni.
Naturalmente nessun olio di semi sarà paragonabile all’olio extravergine di oliva perché gli oli di semi devono subire, per legge, processi chimici che ne riducono fortemente il valore nutrizionale, motivo per cui alcuni vengono addizionati con vitamine ed antiossidanti con l’obiettivo di aumentarne la shelf-life e il punto di fumo. L’olio extravergine d’oliva invece non potendo subire per legge processi chimici, rimane il più naturale e salutare. Annalisa Maietti, Paola Tedeschi, Edison Vasquez Corales, Vincenzo Brandolini
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