Journal of Culinary Nutrition - Dicembre 2017

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Dicembre 2017 2017 - N° Novembre N. 10 8

É meglio la margarina del burro?

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Art joins Nutrition Editore


EDITORIALE a cura del Prof. Ercole De Masi

E’ proprio vero: è un momento del cavolo. Lo è dal punto di vista generale, sociale, politico…e calcistico, ma per fortuna lo è anche perché è la stagione dei cavoli, di questa meravigliosa famiglia di ortaggi che in questo periodo ci offre enormi e gradite possibilità di utilizzo in cucina e di applicazioni terapeutico/preventive. Il primo articolo ci introduce appunto al cavolo! Il secondo di Ilaria Proietti ci apre un mondo: quello dell’errata associazione, durante i pasti, tra cibo e bevande zuccherate. In effetti mangiar bene non basta se non si beve bene! Alla bellissima frase di Virginia Woolf “Non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si ha mangiato bene“ aggiungerei “e bevuto ancora meglio!” E vale anche il contrario, con dimostrazioni scientifiche rigorose: la bevanda zuccherata associata per esempio all’hamburger ha un impatto negativo non solo sul metabolismo energetico, ma anche sul senso di sazietà e sull’ossidazione degli acidi grassi. Paradossalmente ben venga quindi la “tassa” sulle bevande zuccherate, ma ancora meglio ben venga l’idea di seguire le regole della Cucina Evolution che ha tra i suoi punti di forza proprio l’abbinamento dei cibi, e dei cibi con le giuste bevande. Nel terzo articolo, la nostra Chiara Manzi, anticipa i richiami che stanno arrivando dall‘OMS, in una importante POSITION PAPER dove segnala i rischi metabolici ed oncologici connessi con il GLICIDOLO ESTERIFICATO contenuto nell’olio di palma, generalmente, ed a sproposito, inserito nei latti dell’infanzia. Fortunatamente cominciano ad esserci delle eccezioni virtuose, ma la migliore rimarrà sempre il latte materno. Sono suggerimenti, frutto di anni

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di studio e di confronti, che non possono non essere tenuti nella dovuta considerazione dalle aziende produttrici e dalle istituzioni, che dovrebbero cominciare a capire che la vera prevenzione delle malattie dell’età adulta, inizia fin dalla nascita! Segue un interessante articolo di Alessandra Piazza, che ci porta nel pieno della malattia celiaca e della gluten sensitivity proponendoci un decalogo, pratico e pragmatico, di grande utilità per pazienti celiaci e non! Nell’articolo successivo si parla di bellezza; sia d’estate che d’inverno, sia gli uomini che le donne, se adottano un sano stile di vita, con una alimentazione “antiossidante”, dice bene Maria Mattera, esperta di bellezza, mantengono la pelle giovane, ma anche lo spirito. Torna Alessandra, proseguendo la serie BLUE ZONES, sull’isola di OKINAWA, che tutti dovremmo andare a visitare. Da fedele allievo del Prof . VERONESI proposi, all’inizio del mio incarico, un approfondimento con esplorazione delle BLUE ZONES; la bravissima Alessandra ha subito condiviso il viaggio, che partendo dalla nostra meravigliosa Sardegna, prosegue per l’isola tanto amata dal prof (LONGEVITA’ : DOVE E PERCHE’), l’isola di Okinawa, con risvolti intrigantissimi Segue la frittura… Chiara, da brava rivoluzionaria (riEVOLUTION ), ci insegna che non solo la frittura, fatta bene, può essere bella, buona e può far bene, ma è meglio di tanti altri metodi di cottura, meno protettivi per gli alimenti e per noi… Cancellando la carne rossa e utilizzando meglio la carne bianca, la ricetta sugli spiedini di pollo, è, come dice Laura Onorato nel suo articolo, di gran gusto e fa bene alla salute! Sempre colpa degli acidi grassi TRANS! Elena Afanasyeva, nell’articolo che segue, in un confronto leale tra margarina e burro, ci fornisce gli elementi per scegliere tra i due: io personalmente, da buon montanaro, scelgo il burro! Attenzione però sempre al “giallo”.

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AUTORI CHIARA MANZI Fondatrice di Art joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea di Culinary Nutrition, la branca della nutriziona applicata alla cucina (www.nutrizioneincucina.it) Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina Docente al Master di Medicina Estetica dell’Università di Roma Tor Vergata. Autrice di diversi libri divulgativi sulla Nutrizione in Cucina

ERCOLE DE MASI Gastroenterologo-nutrizionista . Gastroenterologo del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).

Hanno contribuito a questo numero:

Dott.ssa Alessandra Piazza

Health food Blogger, diplomata in Culinary Nutrition, Consulente del Benessere ed educazione alimentare - Master in naturopatia scientifica

Dott.ssa Elena Afanasyeva Nutrizionista - Diplomata in Culinary Nutrition

Dott.ssa Maria Mattera

Dietista – Dott.ssa in Scienze della Nutrizione Umana Culinary Nutritionist

Dott.ssa Ilaria Proietti Dietista - Diplomata in Culinary Nutrition

Dott.ssa Laura Onorato

Farmacista e Biologa Nutrizionista - Culinary Nutritionist

Journal of Culinary Nutrition Mensile – Numero 10 – Dicembre 2017 Direttore responsabile: Prof. Ercole De Masi Editore: Art joins Nutrition Editore Presidente ASSIC e Art joins Nutrition Accademy: Dott.ssa Chiara Manzi Staff editoriale: Prof. Massimiliano Rinaldi, Dott.ssa Ilaria Proietti, Prof. Vincenzo Brandolini, Dott. ssa Silvia Brazzo, Dott.ssa Francesca Grisenti, Dott.ssa Ilaria Roncaioli, Dott.ssa Maria Mattera, Dott.ssa Elena Afanasyeva, Dott.ssa Laura Onorato, Chef Massimo Salvadei, Prof.ssa Antonella Cavazza, Alessandra Piazza, Dott. Filippo M. Jacoponi, Dott.ssa Stefania Brescia, Dott.ssa Fabiana Carella, Dott.ssa Graziella Marino, Prof. Salvatore Palazzo, Prof. Gian Piero Molinari.

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SOMMARIO Rubriche: Pag. 06

E’ un momento del cavolo!!!

Pag. 12 News dal mondo scientifico Il consumo di bevande zuccherate durante i pasti riduce la capacità di bruciare i grassi e aumenta il desiderio di mangiare

Pag. 16 Voglio essere Chiara Olio di palma nel latte per l’infanzia: lettera a perta All’Associazione Italiana Industri Prodotti ALimentari

Pag. 20 Prospettive Gluten-free

Attenzione! Consumare solo se celiaci

Pag. 28

Nutrire e proteggere la pelle

Pag. 31 ASSIC

Notizie in breve

Pag. 32 Blue Zones Okinawa

Pag. 40

Ti piace la Frittura? Puoi mangiarla tutti i giorni... se sai come farla!

Pag. 44 E’ solo Buono o fa a nche bene? Gli spiedini di pollo buoni da vivere

Pag. 47 Vero o Falso? E’ meglio la margarina del burro?

Pag. 50 Eccellenze Italiane Dall’oro nero all’oro verde 5


FOCUS

È un momento del cavolo !!! di Ercole De Masi

Gastroenterologo

L

Sentendo la parola CAVOLO viene in mente la frase: “c’entra come i cavoli a merenda!”

Il cavolo entra nei modi di dire fondamentalmente per due ragioni: la prima è data dal suo scarso valore commerciale, la seconda da una vaga assonanza eufemistica con il termine 6

popolare usato per l’organo genitale maschile. Per entrambi questi motivi, e nei modi di dire, in genere, il cavolo è divenuto ed è usato come simbolo di cosa spregevole oppure di scarso valore, fino ad essere esclamato nei momenti di rabbia.


Peggio di così non poteva andare! La “scarsa” conoscenza dell’ortaggio fa si che non sia ancora entrato tra gli alimenti che suscitano passione ed entusiasmo tra i consumatori. Considerato insignificante da alcuni, poco fine da altri, il cavolo e i suoi cugini non vengono apprezzati da molte persone. In realtà è tutto sbagliato!!! Raccolti in stagione, e preparati nel modo giusto, questi ortaggi possono essere davvero buoni. Malgrado tutto quello che di negativo si possa dire dei cavoli, con le relative battute poco ortodosse, si riabilitano meravigliosamente in quanto non solo sono buonissimi “in tutte le salse”, anche da soli, ma sono tra gli alimenti più efficaci nel contrastare lo sviluppo del cancro. Il cavolo è il prototipo di una famiglia di ortaggi, dette crucifere, un termine che designa la forma a croce delle

infiorescenze prodotte da queste piante per riprodursi. Le piante della famiglia del cavolo appartengono a un sottogruppo di crucifere, noto come brassica. Le principali varietà oggi consumate sono il cavolo cappuccio, i broccoli, il cavolfiore, i cavolini di Bruxelles e i cavoli senza infiorescenza come la verza e il cavolo nero. Adesso si comincia a capire perché ho scritto che la sottovalutazione del cavolo è un grande errore! E’ un errore perché elencando e degustando le suddette varietà, sono una più bella dell’altra, ma non solo, sono una

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un po’, fanno a gara a produrre i migliori effetti sulla salute, e non solo in ambito oncologico, da sempre riconosciuto come loro primato. E quindi BELLE, BUONE e fanno BENE. Le tre B della CULINARY NUTRITION che insistono sulla ricerca dell’effetto SALUTE, ad integrare gli altri importanti valori sensoriali. Il lato debole di questi ortaggi è però nella cottura, e tra poco vedremo perché .

Cavolo che storia! Nell’antichità le piante della famiglia delle crucifere erano coltivate essenzialmente per le loro proprietà medicinali. Che fosse la senape, la cui coltivazione in Cina risale a più di 6000 anni fa, o ancora le diverse varietà di cavolo descritte dai botanici greci e romani, tutte queste piante venivano coltivate principalmente per curare determinati

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disturbi, come la sordità, la gotta, e i problemi gastrointestinali. Il cavolo, in particolare, veniva considerato un alimento curativo talmente importante, tra le popolazioni greche e romane, da poter sostituire addirittura l’aglio, principe delle “medicine naturali” dell’epoca. Interessante ricordare Marco Porcio Catone, noto come Catone il Vecchio, che fu il primo ad utilizzare il termine “BRASSICA”, usato ancor oggi per indicare gli ortaggi appartenenti a questa famiglia. Catone considerava il cavolo un rimedio universale contro le malattie, una fonte di giovinezza cui attribuiva il merito della sua buona salute e della sua virilità (ebbe un figlio a 80 anni); scrisse nel suo trattato DE AGRICOLTURA che “mangiato crudo con aceto, cotto con olio o altri grassi, il cavolo scaccia tuti i malanni e guarisce tutti i disturbi”. Commetteva però un errore: la cottura, che non può essere una cottura qualsiasi. Non sapeva che una cottura sbagliata


riduce in maniera sostanziale la quantità di sostanze anticancro che vengono liberate una volta che l’ortaggio viene consumato.

Come preservare le sue proprietà? Gli studi svolti confermano l’azione positiva delle proprietà antitumorali su una serie di tumori: da quelli della vescica a quelli del seno, da quelli del polmone a quelli dello stomaco, del colon-retto e della prostata. In quest’ultimo caso, tre o più porzioni alla settimana di crucifere, si sono dimostrate ancora più efficaci nel contrastare lo sviluppo del tumore alla prostata rispetto ai pomodori, notoriamente considerati tra i principali alimenti in grado di prevenire questo tipo di tumore (licopene).

Le sostanze fitochimiche presenti nei cavoli sono le responsabili dell’attività antitumorale, in particolare i glucosinolati, comprendenti i potentissimi isotiocianati e gli indoli. Non va dimenticato che la loro azione è attivata e potenziata dalla masticazione, mentre la cottura in acqua bollente, prolungata fino a 10 minuti, riduce drasticamente ogni attività antitumorale, essendo i glucosinolati idrosolubili, come peraltro alcune importanti vitamine (vit c-complesso b -pp). Scarsa l’efficacia antitumorale se li consumiamo crudi perché gli isotiocianati si attivano se vengono idrolizzati, cosa che avviene con una breve cottura. 9


La Culinary Nutrition non esisteva ai tempi di Catone il Vecchio, ma il vecchio saggio, già parlava anche di non cottura, prevedendone i danni. Oggi questa nuova disciplina esiste e suggerisce, secondo la regola del “more and less”, come salvaguardare al 90% le vitamine idrosolubili e gli altri fattori anticancro.

I fattori anticancro Usare poca acqua; 2. Tempi brevi (4-5 m); 3. Cottura rapida in padella o ancora meglio a vapore con calore moderato; 4. Buona masticazione.

molte forme di cancro, soprattutto del polmone, in grande aumento, e del tratto gastroenterico. Un regime alimentare che prevede alla settimana tre o quattro porzioni di broccoli, alternate con altri tipi di crucifere, quantità ben lungi da essere eccessiva, si è confermato essere sufficiente a proteggere anche dai polipi intestinali, i quali possono degenerare in tumori del colon-retto. L’azione inibitrice di alcuni componenti delle crucifere nei confronti degli estrogeni, rende questi ortaggi un elemento essenziale anche nella lotta contro il cancro al seno. Grazie al cavolo quindi… Buono, Bello e che fa Bene alla salute, ma anche alle tasche, perché è molto economico!

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Per concludere, questa enorme varietà di crucifere offre un potentissimo strumento anticancro per l’eccezionale contenuto di sostanze fitochimiche antitumorali, soprattutto glucosinolati, con l’imbarazzo della scelta per gli intriganti sapori che variano da tipo a tipo, nel rispetto per l’ortaggio con il metodo di cottura. Aumentare il consumo di questi ortaggi rappresenta dunque un modo molto semplice, ed anche piacevole, per apportare all’organismo quantità considerevoli di queste molecole e quindi per prevenire lo sviluppo di 10

Bibliografia 1 Johnson IT; Phytochemicals and cancer; Proc Nutr Soc. 2007 May; 66(2): 207-15 2 Kapusta-Duch J, Kopeć A, Piatkowska E, Borczak B, Leszczyńska T.; The beneficial effects of Brassica vegetables on human health; Rocz Panstw Zakl Hig.; 2012; 63(4): 389-95 3 Palermo M, Pellegrini N, Fogliano V; The effect of cooking on the phytochemical content of vegetables; J Sci Food Agric. 2014 Apr; 94(6): 1057-70 4 Nagendra Singh Chauhan, Vikas Sharma, V. K. Dixit, and Mayank Thakur; A Review on Plants Used for Improvement of Sexual Performance and Virility; Biomed Res Int. 2014; Volume 2014, Article ID 868062, 19 pag. 5 Pellegrini N, Chiavaro E, Gardana C, Mazzeo T, Contino D, Gallo M, Riso P, Fogliano V, Porrini M; J Effect of different cooking methods on color, phytochemical concentration, and antioxidant capacity of raw and frozen brassica vegetables; Agric Food Chem. 2010 Apr 14; 58(7): 4310-21 6 Anubhuti Sh, Ashok Sh, Prashant Y, Dhiraj S; Isothiocyanates in Brassica: Potential Anti Cancer Agents; Asian Pac J Cancer Prev. 2016 Jan 9; 17(9): 4507-4510 7 Lynn A, Collins A, Fuller Z, Hillman K, Ratcliffe B; Cruciferous vegetables and colo-rectal cancer; Proc Nutr Soc. 2006 Feb; 65(1): 135-44. 8 Novío S, Cartea ME, Soengas P, Freire-Garabal M, Núñez-Iglesias MJ; Effects of Brassicaceae Isothiocyanates on Prostate Cancer; Molecules. 2016 May 12; 21(5) pii: E626 9 Verkerk R, Schreiner M, Krumbein A, Ciska E, Holst B, Rowland I, De Schrijver R, Hansen M, Gerhäuser C, Mithen R, Dekker M; Glucosinolates in Brassica vegetables: the influence of the food supply chain on intake, bioavailability and human health; Mol Nutr Food Res. 2009 Sep; 53 Suppl 2: S219


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NEWS FOCUSDAL MONDO SCIENTIFICO Il consumo di bevande zuccherate durante i pasti riduce la capacità di bruciare i grassi e aumenta il desiderio di mangiare di Ilaria Proietti

Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Siviglia (Spagna) della Commissione Europea, diplomata in Culinary Nutrition

Pranzo o cena al fast food? La proposta diventa ancora piu’ discutibile, dal punto di vista nutrizionale, se all’hamburger aggiungiamo una bevanda zuccherata come quelle comunemente incluse nei menu’. Un recente studio pilota condotto da ricercatori dell’USDA Agricultural Research Service (Stati Uniti) ha, infatti, evidenziato come il consumo

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di bevande zuccherate durante i pasti ha impatto non solo sul metabolismo energetico, ma anche sul senso di sazieta’ e sull’ossidazione degli acidi grassi. Studi precedenti hanno dimostrato come il consumo di alimenti ad alto contenuto proteico aumenta potenzialmente la capacita’ dell’organismo di bruciare i grassi. Tuttavia, se questi alimenti vengono accompagnati da una


bevanda zuccherata, l’effetto non solo si annulla, ma sembra invertirsi: l’abilita’ dell’organismo di bruciare i grassi viene infatti ridotta. I ricercatori dell’USDA Agricultural Research Service hanno misurato il metabolismo energetico, il senso di sazieta’ e l’ossidazione degli acidi grassi in 27 giovani adulti normopeso e in buono stato di salute. Le misurazioni sono avvenute in una stanza isolata (camera metabolica) dopo il consumo di un pasto a medio (15%) o ad alto (30%) contenuto proteico, in associazione con una bevanda zuccherata o contenente un dolcificante artificiale. Il contenuto di carboidrati e’ stato aggiustato allo scopo di mantenere lo stesso equivalente di kcal in entrambi i pasti, che apportavano inoltre lo stesso contenuto di grassi (17 g) e calorie (500 kcal) ed erano composti dagli stessi ingredienti.

Durante il loro “soggiorno” nella camera metabolica, ai partecipanti e’ stata offerta la colazione e il pranzo, entrambi i pasti contenente il 15% di proteine. Ogni pasto e’ stato servito con una bevanda contenente o zucchero o un dolcificante artificiale. Se la bevanda zuccherata era stata data a colazione, i partecipanti consumavano la bevanda con dolcificante artificiale a pranzo e viceversa. Nel successivo “soggiorno” nella camera metabolica, le fasi dell’esperimento si sono riprodotte allo stesso modo con la sola differenza che sono stati serviti pasti con un alto contenuto di proteine, pari al 30%. Dopo i pasti i partecipanti sono stati osservati per 4 ore, durante le quali i ricercatori hanno potuto valutare gli effetti della bevanda zuccherata sul metabolismo postprandiale.

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I risultati dello studio sono molto interessanti. Il consumo di bevande zuccherate durante i pasti, oltre a incidere sul bilancio energetico, come intuibile, ha effetto anche sull’ossidazione degli acidi grassi e influenza il senso di sazieta’. Gli studiosi hanno riscontrato, infatti, che se un pasto viene accompagnato da una bevanda zuccherata, la capacita’ dell’organismo di bruciare i grassi si reduce in media dell’8% e, per giunta, l’intake di calorie addizionali non solo non contribuisce ad aumentare il senso di sazieta’, ma se associato ad un pasto ad alto contenuto proteico (30%), favorisce il desiderio di consumare cibi saporiti e salati. Altri risultati interessanti sono da ritrovare nel consumo di pasti ad alto contenuto proteico, se non associati ad

una bevanda zuccherata contribuiscono a ridurre il senso di sazieta’ e il desiderio di consumare cibi saporiti, salati e ad alto contenuto calorico. Lo studio pilota e’ stato condotto su uomini e donne normopeso. Sarebbe interessante verificare se il consumo di bevande zuccherate produce gli stessi effetti sul metabolismo di individui in sovrappeso e obesi. Questi risultati sottolineano la necessita’ di ridurre il consumo di bevande zuccherate durante e fuori dai pasti si fa sempre piu’ evidente, soprattutto se i principali consumatori sono i bambini, categoria ormai il cui eccesso ponderale e’ ahime’ in continua crescita nel nostro Paese.

Tabella. Alimenti inseriti in ogni pasto e loro quantita’

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Articolo originale: Casperson, S.L., Hall, C.B., Roemmich, J.N. 2017. Postprandial energy metabolism and substrate oxidation in response to the inclusion of a sugar- or non-nutritive sweetened beverage with meals differing in protein content. Biomed Central (BMC) Nutrition. 3:49. https://bmcnutr.biomedcentral.com/articles/10.1186/s40795-017- 01 15


VERO O FALSO VOGLIO ESSERE CHIARA Olio di palma nel latte per l’infanzia: lettera aperta all’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari di Chiara Manzi

Docente - Fondatrice dell’Accademia di Culinary Nutrition

L

o Scorso 15 Ottobre in un’intervista sulla Gazzetta di Parma dichiaravo, a proposito di latte e prima infanzia: vaccino o in polvere? “Dipende. Se il latte materno viene a mancare, fino all’anno di età è preferibile quello «formulato» perché controllato, sicuro e standardizzato ed è un ottimo sostituto per le esigenze nutrizionali del bebè. Attenzione però nell’acquisto del latte formulato, le mamme devono prestare attenzione all’etichetta: non deve contenere

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olio di palma. Il latte materno contiene naturalmente olio palmitico, che è cosa ben diversa dall’olio di palma ottenuto per raffinazione. Dai 12 mesi di vita in poi, via libera al latte vaccino, anch’esso sicuro e controllato” Pochi giorni dopo ricevo una lettera, indirizzata anche alla Gazzetta, da parte della dott.ssa Paonessa, dirigente dell’Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari. Il 20 ottobre invio una risposta sia alla dott.ssa Paonessa che alla Gazzetta a


cui non ho mai ricevuto risposta. Ecco il testo. Gentile dott.ssa Paonessa, ringrazio della sua mail che ho letto con attenzione e interesse. Per me è sempre molto gradito il confronto con un intento costruttivo al fine di contribuire con il nostro lavoro al benessere e alla salute dei consumatori. Venendo ai contenuti della sua lettera, le confermo che conosco bene tutte le caratteristiche dell’olio di palma e condividerei la scelta di inserirlo nei latti dell’infanzia se non conoscessi l’opinione scientifica pubblicata l’anno scorso da EFSA sui rischi per la salute legati alla presenza di alcune sostanze cancerogene che si formano durante la raffinazione dei grassi (EFSA 2016 scientific opinion - Risks for human health related to the presence of 3 - and 2- monochloropropanediol (MCPD), and their fatty acid esters, and glycidyl fatty acid esters in food). A tal proposito, considerando l’attenzione che mi ha riservato inviandomi la vostra missiva le chiedo la gentilezza di rispondere in modo puntuale a quattro semplici domande. lei sa che nell’olio di palma il cancerogeno Glicidolo Esterificato è contenuto in quantità 6-7 volte superiori rispetto all’olio di mais, 9 volte superiori rispetto alle miscele di olio per friggere e 4000 volte rispetto all’olio di oliva? Lei sa che EFSA ci dice che per un cancerogeno così potente non c’è una dose sotto la quale non ci siano rischi, ma

stima una dose giornaliera tollerabile e che per un bambino che pesa 5 kg la dose giornaliera tollerabile è di 2 mcg/ die, che troviamo in circa 0,7 g di olio di palma? Mi sa dire quanti grammi di olio di Palma troviamo in 100 ml di latte pronto per l’infanzia? E’ vero che non c’è alcuna legge che impedisca alle aziende di usare l’olio di palma nei prodotti per l’infanzia, ma non crede che Associazioni come la vostra abbiano il dovere morale di adottare una linea prudenziale e incoraggiare gli associati a non usare ingredienti potenzialmente dannosi per la salute soprattutto in alimenti per bambini? Mi occupo di formazione e divulgazione ma le confesso che il lavoro che più mi appassiona è quello di aiutare le industrie a migliorare i prodotti dal punto di vista nutrizionale: collaboro con aziende importanti per migliorare l’equilibrio nutrizionale dei prodotti e per me l’aspetto etico e sociale del lavoro è fondamentale. Sono certa che un dialogo chiaro e costruttivo con voi non possa che portare valore aggiunto al lavoro di entrambi. Un cordiale saluto Chiara Manzi In qualità di Presidente Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina mi rivolgo ora pubblicamente alla Dott.ssa Paonessa, chiedendo risposta, doverosa anche per il pubblico di consumatori facendo presenti 3 documenti 17


1. La dottoressa Helle Knutsen, presidente del gruppo CONTAM (il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare facente parte dell’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha dichiarato che “L’esposizione ai cancerogeni presenti nell’olio di palma dei neonati che consumano esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte il livello considerato a basso rischio per la salute pubblica”. 2. Altroconsumo ha analizzato 13 marche di latte artificiale utilizzato dagli 0 ai 6 mesi, le più conosciute e vendute. I contaminanti pericolosi sono stati riscontrati in tutte le 13 marche prese in esame, e tutti i brand (tranne uno) superano i limiti di contaminanti tollerabili per questa fascia d’età. L’unica eccezione è il latte Crescendo di Coop che non supera i limiti tollerabili (e non usa l’olio di palma). Nel pdf scaricabile a questo link http:// www.sicurezzanutrizionale.org/wpcontent/ uploads/2017/11/altroconsumo.pdf 18

è possibile prendere visione di tutti i risultati dei test commissionati da Altroconsumo. 3. L’OMS, organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che i bambini dopo il primo anno di età non hanno bisogno di latti artificiali e che il marketing delle aziende produttrici di latte sostitutivo può ingannare i genitori. http://www.who.int/nutrition/topics/WHO_brief_fufandcode_ post_17July.pdf http://www.ibfanitalia.org/loms-dichiara-che-i-latti-diproseguimento-e-di-crescita-non-sono-necessari-e-che-illoro-marketing-puo-ingannare-i-genitori/

Anche la dott.ssa Claudia Carletti, nutrizionista presso l’Irccs maternoinfantile Burlo Garofalo di Trieste, consiglia di evitare latti sostitutivi dopo il primo anno di età. Il mio vuole essere un appello alle industrie a produrre latti sostitutivi privi di contaminanti di processo potenzialmente dannosi per la salute dei piccoli e di certificarne l’assenza in etichetta. Chiara Manzi Riccardo Davanzo


100 ricette

Antiaging facili e veloci

Art joins Nutrition Editore

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PROSPETTIVE GLUTEN-FREE

Attenzione! Consumare solo se celiaci di Alessandra Piazza

Health food Blogger, diplomata in Culinary Nutrition, Consulente del Benessere ed educazione alimentare - Master in naturopatia scientifica

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n questo particolare periodo storico vi è un’eccessiva richiesta e consumo di alimenti senza glutine da parte di falsi celiaci o Celiaci per Moda. Qualcun sostiene che questi alimenti possono causare gravissimi danni alla salute di chi non è malato. Sarà vero?

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Il mondo della celiachia e della gluten sensitivity (Sensibilità al glutine), è ancora in evoluzione, e mentre sulla celiachia la scienza e la medicina hanno raggiunto discreti risultati, per quanto riguarda la sensibilità al glutine, c’è ancora tanto da fare.


In uno studio sulla divergenza tra Celiachia e Sensibilità al Glutine (Sapone A, BMC Medicine 2011, 9:23), si legge: I risultati di questo studio suggeriscono che celiachia e sensibilità al glutine sono entità cliniche distinte causate da diverse risposte della mucosa intestinale al glutine. Sebbene i meccanismi responsabili della perdita della funzione della barriera intestinale nella Celiachia siano stati delineati in parte, i fattori responsabili della perdita di tolleranza al glutine e lo sviluppo di autoimmunità nella Sensibilità al glutine sono ancora incompleti. Riteniamo che questo studio possa contribuire alla caratterizzazione clinica della Sensibilità al glutine come una condizione associata all’attivazione di una risposta immunitaria innata indotta dal glutine in assenza di cambiamenti della mucosa intestinale. Studi a doppio cieco e controllati con placebo sono necessari per consolidare ulteriormente la definizione dei pazienti con Sensibilità al glutine e per cercare biomarker specifici per una corretta diagnosi.

vertiginosamente e di conseguenza anche il consumo di alimenti privi di glutine.

Il numero di persone sensibili ad alimenti come il glutine, sta crescendo

Gli alimenti preconfezionati per celiaci, infatti, contengono una serie di ingredienti

In un articolo di Repubblica del maggio scorso, si denunciava l’eccessiva richiesta e consumo di alimenti senza glutine da parte di falsi celiaci o Celiaci per Moda, evidenziando come questi alimenti causassero gravissimi danni alla salute di chi non è malato. La domanda che non si sono posti nell’articolo di Repubblica è però la seguente: Gli alimenti industriali gluten-free, fanno male solo a chi non è celiaco, o fanno male a tutti? C’è da dire che nessun alimento fa male per definizione, è però l’assunzione eccessiva di alimenti ad alto indice glicemico, poveri di fibre e ricchi in grassi e zuccheri, che può seriamente scatenare infiammazioni cellulari e predisporre a numerose malattie. Non solo verso i “finti celiaci”, ma verso tutti coloro che ne abusano.

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come additivi, addensanti, zuccheri e grassi necessari per una corretta conservazione e per ottenere consistenze e lievitazioni simili ai prodotti tradizionali glutinati. Consumare quotidianamente e più volte al giorno biscotti, merendine, pane o fette biscottate con le caratteristiche sopra descritte, rischia di farci superare oltre modo le quantità raccomandate dall’OMS. I prodotti industriali senza glutine, inoltre, sono i meno ricchi di fibre, rispetto ad altri prodotti integrali formulati con farine classiche.

ciò che mettiamo nel nostro carrello. Il grande vantaggio di un celiaco o gluten sensitive, è quello di saper leggere gli ingredienti nel retro delle confezioni alimentari e di saper scrutare in ogni angolo nascosto le scritte più piccole che possono

Le farine utilizzate nei prodotti gluten free, sono tendenzialmente di riso e di mais con aggiunta di amidi, sempre di riso e di mais, che hanno un Indice glicemico molto alto e possono quindi favorire l’aumento di peso, la resistenza insulinica, il diabete di tipo 2, le malattie metaboliche e l’infiammazione cellulare. Che fare dunque? Chi è celiaco o è sensibile al glutine deve accettare il triste destino di ammalarsi e incorrere nel rischio diabete, oppure può scegliere in modo consapevole quale deve essere l’atteggiamento più corretto per vivere a lungo e in salute pur avendo una difficoltà oggettiva? Anche se l’industria alimentare sta facendo un lavoro grandioso nel tentare di migliorare le qualità nutritive degli alimenti senza glutine arricchendoli di fibre, diminuendone zuccheri o selezionando grassi migliori, c’è ancora tanta strada da fare, e noi consumatori dobbiamo fare ancora attenzione a 22

minare la sicurezza di quell’alimento. Possiamo e dobbiamo, quindi sfruttare questo enorme benefit e trasformarlo in un punto di forza, ricercando con meticolosa attenzione tutti gli ingredienti che oltre al glutine potrebbero mettere a rischio la nostra


salute. Vorrei suggerire quindi qualche piccolo accorgimento da mettere in pratica ogni giorno durante i nostri acquisti: 1.

Controlliamo sempre il primo ingrediente della lista.

Evidenze scientifiche dimostrano che un eccessivo consumo di zuccheri è correlato all’aumento di peso e all’obesità, al diabete di tipo 2, alla resistenza insulinica, ma anche al cancro. L’OMS indica come limite giornaliero accettabile la dose di 50gr di zuccheri. 2. Controlliamo il tipo di grasso presente. Se la dicitura indica grasso vegetale, deve essere specificato il tipo. Se notiamo che il grasso vegetale indicato è olio di palma, di colza, di cocco, o addirittura margarina vegetale, probabilmente i nostri biscotti non saranno ideali per la nostra salute. Il consumo di grassi saturi oltre il 10% del nostro fabbisogno, favorisce l’aumento del colesterolo LDL nel sangue e aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. Inoltre le margarine vegetali contengono grassi Trans, colpevoli di abbassare il colesterolo buono (HDL) e di alzare invece quello cattivo (LDL) aumentando ulteriormente i rischi cardiovascolari.

Gli ingredienti v e n g o n o elencati sempre in ordine di quantità. Il primo è quello presente in maggior percentuale. Se in un pacco di biscotti notiamo che il primo ingrediente è lo zucchero, esso ne conterrà certamente una quantità notevolmente superiore al necessario.

3. Verifichiamo se tra gli ingredienti vi sono fibre vegetali aggiunte come inulina, semi di psillo, fibra di patata o di soya ecc. Le fibre abbassano l’indice glicemico degli alimenti rallentando anche l’assimilazione di zuccheri e grassi. Donano un benefico senso di sazietà che durerà a lungo e ci impedirà di mangiare più del necessario. La fibra prebiotica INULINA, 23


agisce in modo positivo sul microbiota intestinale, nutrendolo e favorendo lo sviluppo di batteri utili. 4. Controlliamo anche il tipo di farina utilizzato. Se l’impasto contiene esclusivamente farina di riso e mais (e relativo amido di mais e amido di riso), esso avrà un altissimo indice glicemico e scarsissime qualità nutritive. Se invece contiene farine come grano saraceno, quinoa, sorgo, miglio ecc… il valore nutritivo e il contenuto di fibre sarà migliore. Il grano saraceno, per esempio contiene 10gr di fibra/100gr (il riso ne contiene solo 1gr), ben 110 mg di calcio contro i 7 del riso, 4 mg di ferro contro 0,4 del riso e ben 450 mg di potassio contro i 104. Nella tabella ho messo a confronto le farine più comuni senza glutine, con la farina di frumento. Ho evidenziato in giallo quindi quelle che risultano meno favorevoli dal punto di vista nutrizionale. Si può notare infatti

come siano più povere di fibre, ma anche di potassio, ferro e calcio. Gli altri pseudocereali, invece, si avvicinano moltissimo ai valori nutritivi del frumento, risultando a volte anche migliori, come nel caso del grano saraceno. Dopo aver letto tutti gli ingredienti presenti nella confezione, non dobbiamo dimenticarci di dedicare pochi secondi anche ad osservare i valori nutrizionali quelli dove vengono indicate le calorie e le quantità dei vari nutrienti su 100 gr. di prodotto. La prima cosa da controllare in questa tabella è il contenuto di fibre. Più fibre vi sono, migliore sarà l’indice glicemico e minore sarà l’assimilazione di grassi e zuccheri eventualmente contenuti. 5. Le Fibre devono essere più del 6%. 6. Gli zuccheri: non devono superare il 20%. Rivolgendo lo sguardo alla voce zuccheri, dovremmo accertarci che essi siano tra i 7 e i 10 gr a porzione, o che non superino i 15 gr a porzione. 7. I Grassi non dovranno essere più del 10%. Se i grassi contenuti sono grassi buoni, e quindi non prevalentemente saturi, la quantità ideale dovrà essere di 8-10 gr a porzione. 8. Il Sale non dovrebbe essere presente. Attenzione inoltre al sale nascosto. Esso non è sempre necessario nelle preparazioni da forno, ma in caso di presenza, controlliamo che ve ne sia

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una quantità minima mai superiore 0,3 gr su 100 gr di prodotto. E’molto difficile non trovare sale aggiunto nei prodotti confezionati, la cosa migliore è individuare quello con il minor contenuto possibile. 9. Un ultimo punto che non troveremo scritto in etichetta, ma a cui dovremo porre massima attenzione, è la scelta di alimenti che favoriscano il nostro microbiota intestinale e che nelle persone celiache èparticolarmente sensibile e alterato. Si è visto che, nonostante i disturbi e il rischio di complicazioni e conseguenze nel lungo termine (cancro, celiachia refrattaria), il 30-50% dei celiaci non riesce ad attenersi a un

rigido protocollo alimentare gluten-free mettendo a dura prova il proprio intestino. Alla luce di numerosi dati esistenti sulle alterazioni del microbiota intestinale in pazienti affetti da celiachia, diversi studi dimostrano che l’integrazione di probiotici può rappresentare un valido e promettente supporto alla terapia per la celiachia. Non dimentichiamoci mai, di volerci bene e di mantenere sempre alta l’attenzione su tutto quanto sia in nostro potere per occuparci di noi e della nostra salute, curando l’alimentazione, seguendo una vita attiva, praticando attività fisica e coltivando i rapporti sociali e le amicizie. Gli alimenti senza glutine distribuiti dalle

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aziende produttrici, se rispecchiano e rispettano le raccomandazioni nutrizionali evidenziate dagli organismi mondiali della Nutrizione, non potranno mai essere pericolosi per la nostra salute, ma al contrario saranno alimenti che favoriranno il nostro benessere senza dover rinunciare a nulla.

Bibliografia: Cucina Evolution. Buona da vivere! Chiara Manzi ( Art Joins Nutrition Editore) Fonti: http://www.valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella20031.php http://www.dietabit.it/alimenti/cereali/quinoa/ http://sapermangiare.mobi/tabelle_alimenti/000260/100/farina_di_mais.htm http://www.dietabit.it/alimenti/farina/fecola-di- patate/ http://www.dietabit.it/alimenti/farina/farina-di- miglio/

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Fondamentale è saperli scegliere! Se invece amiamo preparare torte e biscotti a casa, la scelta oggi cade su una favolosa torta di mele rigorosamente senza glutine, ma ricchissima di fibre e con pochissimi grassi, quella ideale per una colazione buona da vivere!


PubblicitĂ

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proteine

3g

grassi

7g

zucchero

6g

fibre

3g

kcal

133

Torta di mele Evolution

per 8 persone

Mele renetta 2 albumi 3 tuorli Burro Farina di riso Zucchero

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120 g

50 g 50 g 38 g

Eritritolo Inulina Fecola di patate Mandorle tostate Lievito in polvere 2 gocce di aceto

Ricetta tratta dal libro CUCINA EVOLUTION BuonaDaVivere! di Chiara Manzi

38 g 25 g 25 g 13 g 4g


www.cucinaevolution.it

Art joins Nutrition Editore

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VERO O FALSO

Nutrire e proteggere la pelle di Maria Mattera

Dietista – Dott.ssa in Scienze della Nutrizione Umana - Culinary Nutritionist

U

Una pelle sana, luminosa e dall’aspetto giovane è uno degli obiettivi più ricercati non solo dalle donne, ma anche dagli uomini. Purtroppo però la pelle è la prima che risente di momenti di stress, poco riposo, condizioni climatiche (caldo, freddo, vento...) e dello stile di vita poco sano. Tutto ciò si somma all’inesorabile trascorrere del tempo. Adottare uno stile di vita che preveda un’alimentazione che nutre e

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protegge la pelle può aiutarci a mantenere la pelle giovane più a lungo.

Radicali liberi: i veri “killer” della pelle

I radicali liberi sono molecole che danneggiano le cellule velocizzando i processi d’invecchiamento, determinano danni anche alla pelle: perdita dell’elasticità e formazione di rughe. La produzione di radicali liberi è accelerata da: fumo, abuso di alcol,


eccesso di peso, lunghe esposizioni al sole, vita sedentaria o un’eccessiva attività fisica. Fortunatamente il nostro organismo riesce a difendersi da questi “killer” ma con il passare del tempo le nostre difese diventano meno efficaci. Per questo motivo è fondamentale che l’alimentazione sia ricca di alimenti che contengono naturalmente molecole antiossidanti che combattono i radicali liberi e potenziano le nostre difese.

Antiossidanti e dove trovarli

La vitamina C svolge un ruolo fondamentale nella crescita e nella riparazione dei tessuti, ed è coinvolta anche nella sintesi del collagene, un’importante proteina la cui riduzione comporta la comparsa di rughe e rilassamento cutaneo. Gli alimenti più ricchi di questa vitamina sono: peperoni rossi e gialli, rucola, ribes, kiwi, fragole, ed agrumi. È contenuta anche in uno degli ingredienti fondamentali della cucina italiana, il basilico.

esposta all’aria. In pratica una spremuta d’arancia per essere un concentrato di benessere per la nostra pelle deve essere bevuta al momento della preparazione. La vitamina E contrasta l’azione ossidante dei radicali liberi proteggendo la pelle dall’invecchiamento precoce. L’olio extravergine d’oliva è uno degli alimenti più ricchi di vitamina E, già dagli antichi egizi, ai greci e ai romani erano note le sue proprietà emollienti e benefiche, per il potere di calmare arrossamenti, prevenire screpolature e contrastare l’invecchiamento. Sono ricchi di questa vitamina anche le mandorle ed altra frutta secca nonché il germe di grano. Anche questa vitamina è sensibile al calore, alla luce e all’ossigeno per questo motivo si consiglia sempre di utilizzare l’olio extravergine d’oliva a crudo e di conservarlo ben chiuso e lontano da fonti di luce e calore.

Attenzione a come maneggiate questi alimenti. La vitamina C perde il suo potere antiossidante se sottoposta a cottura in acqua (ad esempio se si fanno bollire i peperoni) e se

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Il licopene fa parte della famiglia dei carotenoidi, ed ha un’azione antiossidante. A differenza della vitamina C ed E, non risente in modo negativo del trattamento termico, bensì ne aumenta la biodisponibilità. L’alimento che ne è più ricco è il pomodoro e considerando che il trattamento termico aumenta la biodisponibilità possiamo dire che la salsa di pomodoro è un vero toccasana per la pelle. Altri alimenti che contengono licopene sono: l’anguria e il pompelmo.

Una salsa che nutre e protegge la pelle

In pratica per fare il pieno di antiossidanti possiamo preparare un ottimo sugo di pomodoro, quasi come quello che facevano le nonne che iniziavano a cuocerlo alle 6 del mattino, condito con un cucchiaio di olio extravergine d’oliva spremuto a freddo ed aggiunto a crudo (mi raccomando scegliete sempre un olio di qualità) e con una manciata di basilico fresco.

Bibliografia - DUGO, L., NEGIS, Y. e AZZI, A., «Antioxidants», in Encyclopedia of Life Sciences, John Wiley & Sons, Ltd, 2011, pp. 1-9. - NIKI, E., «Assessment of antioxidant capacity in vitro and in vivo», Free Radical Biology & Medicine, vol. 499, n. 15, agosto 2010, pp. 503-15. - FARDET, A., ROCK, E. e REMESY, C., «Is the in vitro antioxidant potential of who- le-grain cereals and cereal products well reflected in vivo?» in The Journal of Cereal Science, vol. 48, n. 2, 2008, pp. 258-76. http://www.sicurezzanutrizionale.org/2017/12/01/ nutrire-e- proteggere-la- pelle/

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Notizie in breve

T

utti gli appuntamenti con l’Art joins Nutrition Academy scoprire cosa accade al Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging 11 Dicembre: Cena Evolution a Roma Un indimenticabile Cena Evolution vi aspetta al Ristorante “La locanda di Pietro” a Roma. Lo Chef Roberto Cipolla, diplomato in Culinary Nutrition e Cucina Antiaging vi farà gustare le sue ricette certificate Gusto e Benessere: dalla pizza al tiramisù. Novità della serata è l’introduzione della “Pizza Chiara”, dedicata appunto a Chiara Manzi e composta dagli ingredienti che più le piacciono: porcini, carciofi e provola affumicata. Scrivici a clienti@cucinaevolution.it oppure chiama allo 05211640539 Cucina Evolution approda su LA 5 e diventerà un programma televisivo. Un format completamente innovativo

dove la Dott.ssa Chiara Manzi incontrerà tutte le persone che vogliono dimagrire senza rinunciare a pizze, fritti edolci. Vi terremo aggiornati perché potrete raccontare anche voi la vostra testimonianza. In forma senza dieta Sai che puoi davvero mangiare bene e rimanere in forma? Siamo felicissimi di presentare l’innovativo metodo “In Forma Senza Diete” di Cucina Evolution, pensato per tutti coloro che vogliono iniziare un percorso di Gusto & Benessere attraverso un piano culinario personalizzato specifico.

Lasciati guidare in un percorso mirato alla tua felicità, PRENOTA SUBITO scrivendo una mail a clienti@cucinaevolution.it oppure chiama 05211640539 dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 18.00. 33


BLUE ZONES

Okinawa di Alessandra Piazza

Health food Blogger, diplomata in Culinary Nutrition, Consulente del Benessere ed educazione alimentare - Master in naturopatia scientifica

ECCO I 5 SEGRETI CHE TI PORTERANNO VERSO UNA SANA LONGEVITA’ La letteratura scientifica sta evidenziando fortemente come mangiare troppo e male ci metta in una condizione di altissimo rischio per la nostra salute diminuendo la durata della nostra vita. Alcuni studi pubblicati su Science e Nature confermano che il segreto per una lunga vita in salute, risiede in un atteggiamento frugale a tavola. 34

Recentemente è stata individuata una molecola (Creb1) che protegge i neuroni dall’invecchiamento e che si attiva proprio se si mangia meno. Questa molecola si accende seguendo una dieta a basso contenuto calorico e attiva dei geni importanti per la longevità e il buon funzionamento del cervello. Mai come in questo periodo storico,


HARA

HACHI

BU

è il principio su cui la popolazione di Okinawa fonda la sua alimentazione. Significa MANGIARE FINO ALL’80% DI SAZIETA’. Essi godono della più alta speranza di vita in buona salute e di una delle percentuali più alte di centenari. Inoltre gli abitanti di Okinawa si ammalano meno di tumore e di disturbi cardiocircolatori non solo rispetto agli americani, ma anche rispetto al popolo giapponese.

si è parlato tanto di sana alimentazione, longevità e salute e mai si sono viste tante “teorie” su come raggiungere una sana longevità. Eppure vi sono alcuni popoli nel mondo che ignari di tutto ciò che dicono i massimi esperti in nutrizione, hanno superato ampiamente i 100 anni di età. Essi sono i centenari delle Blue Zones del mondo. Parliamo quindi di cinque zone oggi tenute in osservazione da numerosi studiosi: La Sardegna in Italia, l’Isola di Okinawa in Giappone, Gli avventisti del settimo giorno in California (Lomalinda), Nicoya in Costa Rica e l’isola di Ikaria in Grecia. L’isola di Okinawa, in Giappone, è stata la prima area ad essere oggetto di studi. Gli abitanti di Okinawa godono della più

alta speranza di vita in buona salute e di una delle percentuali più alte di centenari. L’aspettativa di vita, infatti è di 78 anni per gli uomini e 86 per le donne (dati al 2000). Nel 2007 il numero di centenari era di 457 ossia 35 ogni 100 abitanti. Ma la cosa più sensazionale è la bassa incidenza di malattie come il diabete, l’ictus, l’Alzheimer e l’obesità alle quali questa popolazione sembra essere immune. Oltre a mantenere uno stato di salute ottimale, i centenari di Okinawa mantengono una forza e un’energia fisica da far invidia ai ventenni dei giorni nostri. Secondo gli studi svolti da Dan Buettner, esploratore e scrittore che ha studiato a lungo le abitudini di vita dei centenari di Okinawa, bisogna 35


Durante il periodo della guerra, questo popolo ha dovuto affrontare una vita molto difficile, dove il cibo scarseggiava e anche l’acqua era pochissima. Ciò che riuscivano a mangiare erano patate dolci (anche tre volte al giorno) e raramente un po’ di pesce. Una volta all’anno riuscivano a macellare il maiale di famiglia e mangiavano così la carne. Erano però di norma costantemente affamati. Dopo la guerra, lo stile alimentare del popolo di Okinawa è rimasto prevalentemente vegetariano con un consumo regolare di frutta, verdura, soia, alghe e tantissimo pesce. Le alghe utilizzate e il pesce, sono note per l’alto contenuto di acidi grassi essenziali Omega-3, che svolgono un ruolo chiave nel modulare il gioco dell’infiammazione a tutti i livelli dell’organismo. - A seconda della loro struttura chimica, gli acidi grassi essenziali Omega-3, si dividono in due gruppi: Gli ALA (acido Ω-linoleico) contenuti in alimenti di origine vegetale, come per esempio nelle noci, nei semi di lino e nella soya, e gli EPA e DHA a lunga catena (acido eicosapentaenoico e docosaesaenoico), contenuti prevalentemente nel pesce. I pesci più ricchi di

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Omega-3 sono il tonno fresco, il salmone, lo sgombro, l’anguilla, la sarda e l’aringa. I pesci di grande taglia hanno un alto contenuto di mercurio, è dunque preferibile prediligere i piccoli pesci. Via libera quindi a sgombro, alici, sarde e aringhe!! - Importante è anche il tipo di cottura da utilizzare. Tutte le cotture causano una minima perdita di Omega-3. I pochi studi effettuati fino ad ora hanno dimostrato che la cottura a vapore e alla griglia per non più di 15 minuti risultano le migliori nel caso dell’orata. Con questo metodo la perdita di Omega-3 varia dal 4 al 25%. Per quanto riguarda il salmone, si è visto che sia in frittura (6 minuti) sia a vapore (12 minuti), la perdita di Omega-3 è quasi nulla. Gli acidi grassi Omega-3 e Omega-6, sono componenti fondamentali delle membrane plasmatiche e la loro trasformazione metabolica dà origine agli eicosanoidi, importanti mediatori di numerose reazioni cellulari. Essi si modulano a vicenda e il giusto rapporto Omega-6/Omega- 3 dovrebbe rientrare tra l’ 1:1 o 3:1.


I longevi giapponesi hanno un rapporto di 1,5:1, mentre gli americani hanno un rapporto di 15: 1. In Italia questo rapporto è di 20:1. L’eccessiva quantità di Omega-6 insieme ad una alimentazione ad alto indice glicemico, è in grado di innescare infiammazioni cellulari con conseguente rischio di sviluppare numerose malattie. Ciò significa che mangiamo molto male e che i cibi preferiti, soprattutto dai giovani sono patatine fritte industriali, merendine piene di zuccheri, grassi e sale. Ecco cosa fare per garantirci il giusto equilibrio tra Omega-6 e Omega-3! - Mangiamo pesce almeno 3-4 volte alla settimana prediligendo le varietà elencate sopra, nelle

quantità indicate nei LARN IV: (Pesci, Molluschi e crostacei freschi/ surgelati 150 gr, Pesci, molluschi e crostacei conservati 50 gr) - Aumentiamo il consumo di frutta a guscio come noci, nocciole e mandorle, anche 20, 30 gr al dì - Limitiamo il contenuto di alimenti ricchi di acido linoleico (Omega-6), come gli oli vegetali quali l’olio di vinacciolo, di soia di girasole e arachidi e che troviamo soprattutto nei prodotti industriali come cibi fritti e prodotti dolciari. Quali sono dunque le abitudini alimentari che contraddistinguono i centenari di Okinawa?

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In uno studio effettuato dal dott. Craig Wilcox, sono state messe a confronto le abitudini alimentari del tipico anziano di Okinawa con un tipico cittadino americano. Ne è emerso che gli americani consumano 10 volte di più cibo di origine animale (29% contro il 3% di Okinawa) e tre volte di più frutta (20% contro 6% Okinawa). Gli americani consumano però molto meno pesce, metà verdure (16% contro 34%) e un terzo di cereali (11% contro 32%). Per contro gli abitanti di Okinawa consumano molti più cibi ricchi di Omega-3 (11% contro 1%) e molti più prodotti a base di Soia e legumi in genere (12% contro 1%) Lo stesso studio ha dimostrato come gli abitanti di Okinawa si ammalano meno di tumore e di disturbi cardiocircolatori non solo rispetto agli americani, ma anche rispetto al popolo giapponese.

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L’alto consumo di cibi di origine vegetale da parte degli anziani di Okinawa favorisce l’assunzione di vitamine, minerali e fito-nutrienti, nonché di composti polifenolici che stimolano la produzione di antiossidanti endogeni che combattono l’azione dei Radicali Liberi che sono la causa dell’invecchiamento precoce delle cellule e della conseguente insorgenza di varie patologie come cancro, sclerosi multipla, diabete, artrite reumatoide, morbo di Parkinson, Alzheimer ecc... Un’altra caratteristica alimentare di questo popolo è l’utilizzo di erbe e spezie. Ne è un esempio “l’artemisia” che è una pianta quasi infestante della zona e che la gente consuma quotidianamente anche come antipiretico. Sembra che l’OMS abbia riconosciuto la massima priorità al progetto di rendere disponibile la pianta di artemisia nei paesi in via di sviluppo


per il suo potere di combattere la malaria. Anche il the verde ad Okinawa viene consumato molte volte al giorno. Esso è ricchissimo di polifenoli (epicatechine) che molte ricerche confermano sembri proteggere dal cancro.

una fonte di grasso. In assenza di uno dei tre elementi, la biodisponibilità della curcuma risulterebbe quasi nulla.

Un’altra spezia che non manca mai nelle tavole di Okinawa è la curcuma. La curcuma ha un quinto della potenza della cisplatina (farmaco chemioterapico). Ha un potere antinfiammatorio e sembra proteggere dai tumori favorisce la produzione di antiossidanti endogeni, contribuisce a ridurre il colesterolo e i trigliceridi ed è un’ottima alleata per il nostro cuore.

Secondo recenti studi, la curcuma potrebbe avere anche una potente azione nella prevenzione dell’Alzheimer o della demenza senile. Cinque grammi al giorno sono sufficienti per sfruttare appieno le sue proprietà. L’alimentazione dei centenari di Okinawa è quindi ricca di polifenoli e vitamine grazie al consumo quotidiano di frutta e verdura, è ricca di Omega-3, grazie al consumo di alghe e pesce, è ricca di spezie ad azione antinfiammatoria e antiossidante.

Essa inoltre è in grado di inibire la produzione di nuove cellule grasse. Per poter essere assimilata la curcuma necessita di idonei abbinamenti come il pepe nero o il the verde o ancora con

Siamo sicuri che basti solo mangiare alimenti positivi per raggiungere una vecchiaia sana? HARA HACHI BU è il principio su cui la popolazione di Okinawa fonda la sua

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alimentazione. Significa MANGIARE FINO ALL’80% DI SAZIETA’. Il vecchio detto di alzarsi da tavola con un 20% di fame, è qui applicato quotidianamente. Mangiare meno, non significa necessariamente privarsi dei nutrienti necessari alla propria sopravvivenza, ma al contrario, significa potenziare l’effetto nutraceutico di ogni singolo pasto, guadagnandone in salute e longevità. Il pasto di Okinawa è tre o quattro volte più voluminoso e nutriente, ma contiene solo la metà delle calorie di un hamburger.

Per i centenari di Okinawa, però, oltre all’alimentazione giocano un ruolo fondamentale altri due fattori. 1. Il primo è la vita all’aria aperta e in movimento. Infatti tutti praticano giardinaggio o coltivano l’orto e le ore trascorse in questa attività gli permette di fare il pieno di Vitamina D. La carenza di vitamina D accelera le cardiopatie e può determinare fragilità ossea, indebolimento dei muscoli e aumentare così il rischio di fratture delle ossa. 2. Il secondo riguarda la vita sociale e la quasi totale assenza di stress. Essi godono quotidianamente della compagnia dei loro coetanei sorseggiando sakè e facendo qualche chiacchiera e non mancano mai di fare un pisolino pomeridiano. Dopo aver sofferto fame e carestie, 40

le nuove generazioni di Okinawa hanno imparato presto ad apprezzare la carne in scatola e il fast food. Le conseguenze: un forte aumento delle patologie legate all’obesità e tra gli uomini di mezza età uno dei tassi più alti di morte prematura per cardiopatie. Oggi gli uomini ad Okinawa, sotto i 55 anni di età, sono tra i più obesi e non vivono più a lungo del giapponese medio. Ecco che il segreto di Okinawa, non è più così segreto e possiamo riassumere dicendo che, cinque semplici regole possono aiutarci a migliorare la nostra vita rendendola più lunga e in salute: 1. Definire un Ikigai: Alzarsi al mattino con un obiettivo ben preciso ci dà la consapevolezza di essere necessari e avere quindi la giusta motivazione a volerci bene. 2. Seguire una dieta a prevalenza vegetale e ipocalorica. 3. Consumare alimenti ricchi fibre, polifenoli e di Omega-3 e povera di grassi e sale. 4. Fare giardinaggio o attività fisica ogni giorno e all’aria aperta. 5. Sviluppare una vita sociale stabile.

Bibliografia: La dieta della longevità (Valter Longo)- Vallardi editore Alla tavola della longevità (Valter Longo) Vallardi Editore) Cucina Evolution, Buona da Vivere! (Chiara Manzi)- Art Joins Nutrition editore Lezioni di lunga vita, Le Zone Blu, i segreti delle popolazioni ultracentenarie (Dan Beutner)- National Geografic editore I segreti della lunga vita, come mantenere corpo e mente in buona salute (Umberto Veronesi e Mario Pappagallo)- Giunti Editore Fonti: h t t p : / / w w w. g i a p p o n e . c c / L a - p o p o l a z i o n e - g i a p p o n e s e / g l i ultracentenari- di-okinawa.html http://www.mangiaviviviaggia.com/okinawa-3- principi/ https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18408140 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17045449 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26950145


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FRITTO PERFETTO TI PIACE LA FRITTURA? PUOI MANGIARLA TUTTI I GIORNI…SE SAI COME FARLA! di Chiara Manzi

Docente - Fondatrice dell’Accademia di Culinary Nutrition

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utte le diete vietano la frittura, nonostante sia un metodo di cottura che conserva benissimo molte vitamine e che se fatta nel modo giusto può contenere meno grassi di un’insalatona con una mozzarellina da 100 g. Puoi mantenerti in forma rinunciare al gusto!

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senza

3 Motivi per i qual la frittura fa bene: 1. L’alimento non entra mai in contatto diretto con l’acqua in cui si disperdono soprattutto le vitamine idrosolubili (vitamina C e vitamine del gruppo B). 2. Il breve tempo di cottura permette di non danneggiare le vitamine più sensibili al calore.


3. La crosticina croccante esterna che si forma protegge l’alimento dall’ossigeno, portando ad una perdita della vitamina C e vitamine del gruppo B solo del 20%. Il contatto ridotto con l’ossigeno permette di proteggere anche i grassi Omega 3, grassi buoni che fanno bene al cuore, ma sensibili all’ossidazione.

1 unico motivo per cui la frittura fa male: l’assorbimento del grasso! Un’eccessiva assunzione di grassi causa un’iperproduzione di radicali liberi e costituisce uno dei principali fattori che aumentano il rischio di tumore. Pensate che un solo cucchiaio di olio aggiunge 90 kcal al vostro piatto, pari alle calorie fornite da 2 vasetti di yogurt magro.

scolare bene l’olio in eccesso. 3. Tamponare con carta assorbente subito dopo aver estratto i cibi dal grasso di frittura per ridurre l’assorbimento di olio. Ripetere questa operazione almeno 3 volte, cambiando ogni volta la carta. 4. L’alimento deve essere poco “rivestito”. Gli alimenti infarinati assorbono la metà del grasso di alimenti impanati, facendoci risparmiare 54 kcal su 100 g di frittura. Da evitare anche pastelle e tempure, che trattengono molto grasso. Seguendo questi accorgimenti 100 g di frittura di pesce preparato con farina assorbirebbe solo 6 g di olio ottenendo un piatto buono con meno di 200 kcal e meno grassi di un cucchiaio di olio.

Ecco 4 trucchi per preparare una frittura buona con meno grassi e più vitamine: 1. Occhio alla temperatura dell’olio: l’olio deve essere abbondante (1L per ogni 100g di prodotto) e ad una temperatura di 170°C. Per ottenere risultati eccellenti è bene scegliere le friggitrici con termostato digitale. L’alimento deve essere freddo poiché maggiore sarà la differenza tra la temperatura dell’olio e quella dell’alimento e meno grasso sarà assorbito dalla frittura. 2. Scolare il fritto dall’olio con una pinza o un ragno. Le migliori friggitrici professionali sono quelle con i cestelli a sollevamento automatico: terminata la cottura il cestello si alza e permette di 43


Non dimenticarti di… Evitare la formazione di sostanze dannose: acroleina e acrilammide. L’acroleina è una sostanza tossica per il fegato e si crea quando il grasso raggiunge il suo punto di fumo che dipende dall’acidità libera del grasso. In frittura l’acidità libera può essere aumentata dall’aggiunta dell’acqua: se friggiamo alimenti ricchi in acqua, l’acqua fuoriesce dal cibo e raggiunge l’olio. Per tale motivo l’olio dura di meno quando friggiamo alimenti ricchi di acqua. L’acrilammide, si forma solo negli alimenti contenenti glucosio e asparagina come patate e cereali sottoposti a temperature maggiori di 120°C. L’acrilammide è una sostanza cancerogena che fortunatamente può essere facilmente individuata con i nostri occhi: una colorazione marroncina delle patate fritte o di alimenti impanati con farine di cereali indica formazione di acrilammide. E’ fondamentale quindi mantenere il nostro fritto dorato e non marroncino. Scegliere un olio di qualità. I migliori oli da usare per la frittura sono l’olio di girasole alto oleico, oliva extravergine e olio di arachidi perché ricchi di grassi monoinsaturi che fanno bene al cuore e con un buon puntodi fumo.

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I 3 elementi necessari per una frittura bella, buona e che fa anche bene: Olio di semi di girasole alto oleico: l’olio di girasole alto oleico deriva dalla selezione di semi di girasole particolarmente ricchi di acido oleico, un grasso insaturo amico del nostro cuore e delle nostre arterie. L’olio di girasole alto oleico contiene minino l’80% di acido oleico, più dell’olio extra vergine di oliva e ha un punto di fumo maggiore. Friggitrice con termostato per frittura a temperature costanti, meglio ancora se con filtraggio automatico dell’olio e cestello che si alza automaticamente a fine cottura Carta assorbente per il fritto, dalla doppia assorbenza grazie ad uno strato di carta paglia e strato di pura cellulosa che permettono di assorbire più grasso. Risultato: una frittura che si trasforma da potenziale nemico ad alleato del nostro benessere e della nostra salute!


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È SOLO BUONO O FA ANCHE BENE?

Gli spiedini di Pollo Buoni da Vivere di Laura Onorato

Farmacista e Biologa Nutrizionista - Culinary Nutritionist

Ecco la domanda che da oggi devi farti e devi fare. Entra in cucina con la Culinary Nutrition e trasforma i piatti della nostra tradizione in elisir di lunga vita.

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na preparazione semplice ma di gran gusto e che fa bene alla salute, se siete stanchi del solito petto di pollo arrostito, provate gli spiedini di pollo evolution! Buono da vivere perché? Il pollo è una carne magra e un’ottima fonte di proteine, i mattoni dei nostri

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muscoli che ci sostengono e permettono il movimento del nostro corpo. Questo piatto contiene meno grassi di un cucchiaio di olio, l’ideale per chi vuole mantenersi in forma senza rinunciare al gusto. Preferiamo il consumo di carne bianca. Limitiamo invece il consumo di carne


rossa: non più di 50 g al giorno o 350 g alla settimana che secondo molti studi sono le quantità che possiamo consumare tranquillamente senza correre rischi per la salute. Uno spiedino in 3 B: bello, buono e che fa bene. Andiamo in cucina a prepararli

Procedimento:

• Tagliare a cubetti la carne e i pomodori e i peperoni a fettine. • Preparare lo spiedino alternando carne, peperone e pomodoro. • Condire con l’olio, il sale, erbe aromatiche a piacere e pepe. • Cuocere su una teglia ricoperta da carta forno a 180C per 10-15 minuti.

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VERO O FALSO?

É meglio la margarina del burro? di Elena Afanasyeva

Dietista - Diplomata in Culinary Nutrition

L

a margarina vegetale è presente da anni negli scaffali dei supermercati come sostituto salutare al burro, in quanto ha forma solida come il burro e contiene grassi di origine vegetale (olio di mais, girasole, colza...). É stata prodotta con il fine di unire la salubrità degli oli vegetali con le esigenze tecnologiche dell’industria e della pasticceria per la preparazione di prodotti da forno dolci e salati.

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Ma siamo sicuri che è davvero più salutare? Vediamo innanzitutto prodotta...

come

viene

La margarina vegetale è spesso prodotta tramite idrogenazione, processo industriale che rende saturi i grassi insaturi degli oli ottenendo un prodotto di consistenza solida. Questo processo porta alla formazione di acidi grassi trans


che sono pericolosi per la salute, ancor più dei grassi saturi, in quanto aumentano il colesterolo LDL (colesterolo cattivo) e abbassano il colesterolo HDL (colesterolo buono), aumentando il rischio cardiovascolare, tant’è che la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) consiglia nei LARN il minor apporto possibile di acidi grassi trans, mentre per gli acidi grassi saturi consiglia un apporto inferiore al 10% dell’energia giornaliera introdotta.

Contiene però un’elevata quantità di grassi trans derivati dalla raffinazione e idrogenazione dei grassi di cui è composta, mentre il burro ne contiene una piccola percentuale e si tratta di acidi grassi coniugati che vengono prodotti naturalmente dai ruminanti ed hanno effetti positivi per la salute: azione antimicrobica e immunomodulatoria.

Per offrire un prodotto più salutare, le industrie hanno introdotto in commercio la margarina vegetale non idrogenata che viene prodotta per frazionamento, processo industriale che separa gli acidi grassi saturi - solidi - dagli acidi grassi insaturi - liquidi - utilizzando l’olio di palma e l’olio di cocco che contengono elevate quantità di acidi grassi saturi. Per tanto si tratta di un prodotto ad elevato contenuto di grassi saturi che favorisce l’innalzamento del colesterolo LDL. L’Istituto superiore di Sanità (ISS) ha definito l’eccessivo consumo di grassi saturi come la principale causa di ipercolesterolemia (eccesso di colesterolo). Dal punto di vista nutrizionale la margarina potrebbe sembrare più salutare rispetto al burro per tre motivi: - contiene grassi vegetali; - ha un minor contenuto di grassi saturi rispetto al burro; - ha un maggior contenuto di grassi insaturi rispetto al burro;

Qualcosa in più sul burro... Il burro viene prodotto dall’estrazione della crema dal latte di vacca e successiva concentrazione del grasso ed emulsione con acqua. Contiene circa l’82-85 % di grassi, il 15-18 % di acqua, lo 0,4-0,8% di proteine e lo 0,5-1 % di lattosio. 49


Oltre ai trigliceridi, la frazione grassa contiene anche fosfolipidi, steroli e colesterolo (250 mg di colesterolo ogni 100 g di burro). É fonte di vitamine liposolubili (vitamina A, E, D) e minerali come il calcio e il fosforo. Il burro, inoltre, contiene acido butirrico, acido grasso a corta catena, che è la principale fonte energetica per le cellule dell’intestino, favorendone quindi la crescita, svolge un ruolo nel mantenimento dell’omeostasi del colon.

Dunque quale grasso è meglio utilizzare? Il consumo di burro è stato demonizzato in passato per il suo elevato contenuto di calorie, grassi saturi e colesterolo. Ma la margarina non si è rivelata essere un sostituto salutare al burro, infatti, il suo elevato contenuto di grassi trans la rende più pericolosa per la salute del burro. Pertanto si consiglia di limitare il più possibile l’utilizzo della margarina nelle preparazioni e di leggere le etichette dei prodotti confezionati privilegiando alimenti contenenti olio di oliva o extravergine, burro, olio di mais o di girasole. Da un punto di vista nutrizionale non è possibile consigliare l’utilizzo di burro come principale condimento da utilizzare nel quotidiano in quanto è preferibile il consumo di olio extravergine di oliva fonte di acidi grassi monoinsaturi che svolgono un’azione protettiva per il sistema cardiovascolare (contribuiscono ad abbassare i livelli di colesterolo LDL nel sangue), ma allo stesso tempo, 50

nell’ambito di un’alimentazione sana ed equilibrata, non deve essere bandito dalle nostre tavole. Può essere utilizzato dalla popolazione sana, in moderate quantità, nella preparazione dei dolci della tradizione o per la mantecatura del risotto.

Alcuni suggerimenti per l’utilizzo del burro in cucina: - Non utilizzarlo per la cottura di carne, risotti, sughi o verdure...perché ha un punto di fumo intorno a 130 °C, temperatura alla quale gli acidi grassi che contiene iniziano a degradarsi con formazione di acroleina, sostanza tossica per il fegato. Meglio utilizzarne moderate quantità a crudo saltuariamente. - Utilizzane moderate quantità nelle tue ricette, ricordando che in moltissime preparazioni il burro può essere sostituito dall’olio extravergine di oliva.


- Manteca il risotto con una noce di burro congelata e mescola energicamente. La differenza di temperatura tra il burro e il risotto permette di ottenere un’ottima mantecatura con una quantità ridotta di burro rispetto alla ricetta tradizionale,

senza influenzarne il risultato finale. Bibliografia: CREA - Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, Tabelle di composizione degli alimenti SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana), LARN Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la Popolazione Italiana, Bologna, 2014 http://www.cuore.iss.it/prevenzione/colesterolo.asp CUCINA EVOLUTION per la tecnica della mantecatura

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ECCELLENZE ITALIANE

Dall’oro nero all’oro verde di Ercole De Masi Gastroenterologo

D

opo l’articolo del journal di novembre sulla prima delle eccellenze italiane, l’aceto balsamico tradizionale di Modena, proseguiamo con una serie di articoli sull’olio. Rivendichiamo la paternità italiana dell’olio perché pur essendo, l’ulivo, nato 6000 anni fa in medio oriente, dopo aver attraversato l’Egitto e la Grecia, il Mediterraneo , l’Africa e il sud Europa , approdò a Roma (VII Secolo ac), in quella che divenne

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l’epoca di maggiore sviluppo della sua coltivazione: i romani diffusero la pianta in tutti i territori conquistati e addirittura imposero il pagamento dei tributi sotto forma di olio di oliva. Grazie ai romani il processo di coltivazione, estrazione e conservazione dell’olio migliorò notevolmente, e la diffusione del prodotto arrivò fino ai territori del Nord Europa: DISCIPLINARE di PRODUZIONE di Marco Porcio Catone (234 ac 149 ac) nel trattato DE AGRICOLTURA.


Con la caduta dell’impero romano (476 d.c.), anche la coltivazione dell’olivo cadde in disgrazia e per centinaia di anni gli uliveti sopravvissero solo in poche regioni. Solo durante il Rinascimento(XIV-XVI secolo) , l’Italia ritornava ad essere il maggior produttore di olio d’oliva nel mondo. Nel 1700 i missionari francescani portarono i primi alberi di olive nel nuovo mondo e sempre gli immigrati italiani ne realizzarono il debutto commerciale in America.

Dopo la crisi del Novecento, l’olio, considerato elemento povero, vide diminuire la propria valenza di ingrediente nutrizionale, venendo sostituito gradualmente dai più ricchi grassi animali, contribuendo questi ultimi in maniera decisiva allo sviluppo di malattie degenerative e patologie del benessere. Nel XXI secolo, il trionfo della dieta mediterranea e la conseguente rivalutazione della valenza nutrizionale dell’olio di oliva, come suo elemento cardine, l’hanno riportato ad essere uno degli alimenti più graditi al mondo e, a pieno titolo, una delle più importanti eccellenze italiane. Introduciamo quindi nella prima parte di questa serie di articoli sull’olio l’idea della pianta di origine, della “radice gentile”, l’ulivo. C’è qualcosa oggi, in un momento di identità sovrapposte ed incerte, che sembra resistere al cambiamento e sfidare il tempo: la lunga vita delle piante e degli alberi . E’ un mondo, quello degli alberi, che noi abbiamo usato e violentato, ma che ancora permette esercizi di trascendenza, perché guardare in silenzio, un albero antico significa guardare una vita che è partita molto prima della

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nostra e probabilmente la sorpasserà, accompagnando quella dei nostri figli. Parlare del nostro albero, dell’ulivo, è quindi un atto d’amore per la nostra terra, un riconoscere un suo tratto particolare che la fa diversa da tutte le terre che non sono il Mediterraneo.

Si possono immaginare la Puglia e il sud italiano senza il mare, il cielo e gli ulivi? Sulle origini dell’ulivo c’è ancora discussione, e ogni studioso ha la sua congettura, ma ciò che è certo è che questo albero ha attraversato ripetutamente il nostro mare, è andato da est a ovest e da sud a nord, e ancora oggi rimane un elemento di unità, di riconoscimento e di potenziale fraternità tra i popoli che si affacciano sul mare comune.

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Entrando nel merito di tutti gli usi che possiamo fare dell’ulivo, è senza dubbio un inesauribile fonte di vita attraverso i suoi prodotti, come l’olio, che non rimane solo sulla tavola, ma si trasforma e ci avvolge ed accompagna, diventando balsamo, profumo, sapone, illuminazione e componente importante di tanti prodotti industriali. L’ulivo ci ha fatto capire di appartenere ad una patria più vasta della nostra nazione e della nostra regione : la religione dell’ulivo ha una grande saggezza , perché unisce e non separa i popoli; da qui il termine di “radice gentile”. Miele per l’interno ed olio per l’esterno rispondeva a chi gli domandasse il segreto della sua longevità, Democrito di Abdera, il filosofo greco morto nel 370 a.c. alla rispettabile età di 100 anni (per


l’epoca straordinaria) e rimasto famoso nella storia perché fu il primo ad intuire che la materia è composta da atomi; in effetti tra i greci era molto diffusa la convinzione che l’olio di oliva donasse vigore al corpo. La commensalità rimaneva fortemente ritualizzata nel corso dei secoli e la cura del corpo non poteva che conservare un’importanza fondamentale: presentarsi al convivio senza aver fatto un’accurata toilette era, più che disdicevole, inammissibile. E se per una qualche ragione, non era stato possibile prendere il bagno, bisognava almeno (era il suggerimento di Ippocrate), farsi una buona frizione con olio e vino. Né bastava

ungersi una volta sola al giorno; i capelli, il viso e le mani dovevano essere sempre rilucenti. Rispetto alle sopracitate malattie del benessere, dobbiamo ricordare che greci e romani non ne soffrivano; non ebbero modo quindi di intuire e sperimentare i benefici effetti dell’olio di oliva nella prevenzione dell’infarto miocardico e dell’angina pectoris. Comunque le prescrizioni di olio di oliva in ambito medico, alla ricerca di un effetto placebo o reale che fosse, si sprecavano. Come unguento era impiegato per curare le ustioni, le contusioni, il prurito; per lenire dolori muscolari ed articolari 55


causati da reumatismi, addirittura nei casi di colera; a gocce, intiepidito, era instillato nelle orecchie per curare la sordità, probabilmente soltanto quella causata da tappi di cerume; come balsamo disinfettante e cicatrizzante era cosparso sulle ferite e sulle piaghe; In ginecologia lo si usava per impiastri ed irrigazioni in diversi trattamenti. Infine in ostetricia per facilitare al momento del parto, la cosiddetta “rottura delle acque”. Tra gli usi interni: come emetico nei casi di intossicazione, ma anche per curare il tetano. Nel levitico (terzo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana), è riportato che l’olio di oliva veniva usato per curare i lebbrosi. 56

Galeno lo consigliava per il mal di pancia, Ippocrate per curare le ulcere e Dioscoride credeva nell’efficacia dell’olio di oliva come antidoto contro i veleni mortiferi. È un dato di fatto che, placebo o no, anticipazioni o meno dell’epoca moderna, malgrado i limiti delle loro conoscenze scientifiche, gli antichi avevano accertato che l’olio di oliva faceva bene alla salute. La scienza medica moderna, in un percorso di rivalutazione e riscoperta dell’olio, nel più grande scenario della DIETA MEDITERRANEA, ha solo dimostrato il come e il perché, e ne parleremo nei prossimi articoli.


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