Journal of Culinary Nutrition
Gennaio 2017 - N. 1
Ricerche scientifiche, ricette, articoli, informazioni e approfondimenti La rivista online a cura del comitato scientifico dell’Associazione e dei nostri esperti sulla Sicurezza Nutrizionale in Cucina
VOGLIO ESSERE CHIARA Batteri buoni: gli alimenti su cui puntare
Mi va di mangiare … Alcune semplici linee guida che ci possono aiutare a rendere l’atto di mangiare un piacere!
Editoriale – a cura del Prof. Michele Rubbini
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Chi ben comincia è a metà dell’opera” , o ancora “il buongiorno si vede dal mattino” : proverbi, modi di dire dai quali traspare come un buon inizio sia la premessa per portare a termine con successo una impresa, qualunque essa sia. Nel nostro caso, con questo primo numero del 2017, ricco di spunti e temi di grande interesse ed attualità, intendiamo consolidare la presenza del nostro Journal e dare ad esso un ruolo sempre più centrale nel campo della sicurezza nutrizionale. Allo stesso tempo, il Comitato di Redazione del Journal intende esprimere , con questo primo numero, il proprio concreto e migliore augurio di Felice Anno Nuovo a tutti i nostri lettori.
di mortalità o malattie e come questo possa essere limitato anche dalla scelta di quello che poniamo nel nostro piatto. Proprio con questa finalità, Maria Mattera riporta, in un breve commento, in quali alimenti troviamo le diverse tipologie di grassi alimentari e le quantità giornaliere da assumere. A questo commento fa seguire una interessante e preziosa disamina su come ottenere una frittura di qualità , che riduce al minimo la degradazione delle Vitamine, mantiene inalterati i nutrienti ed assicura una attività antiaging , mantenendo ed esaltandone il gusto . In questo numero parliamo ancora di Acrilammide, ma questa volta lo facciamo non per trasmettere i risultati di studi o ricerche giunti alla nostra attenzione ma per riferire, attraverso la penna di Antonella Cavazza e Collaboratori, di una ricerca originale che Art Joins Nutrition Academy ha condotto assieme ai Dipartimenti di Chimica e di Scienze degli Alimenti dell’Università degli Studi di Parma e che puntualizza le modalità per riconoscere la formazione dell’Acrilammide in fase di cottura , suggerendo quindi le azioni concrete per ridurne al minimo la formazione. Ilaria Proietti, sempre in tema di attualità della ricerca scientifica , riprende i risultati di uno studio condotto presso la Harvard School of Public Health per ribadire come la diversa qualità dei Grassi alimentari sia correlata ad una diverso indice
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Editoriale – a cura del Prof. Michele Rubbini
Dopo un breve intermezzo nel quale vengono ripresi il senso ed il piacere di lasciarsi andare al gusto della tavola, ma osservando alcune regole a tutela del nostro benessere, un nuovo intervento di Chiara Manzi che interviene su una tematica di grande interesse: l’apporto e la funzione del Lattobacilli e dei Bifidobatteri nella regolazione del Microbioma e le funzioni che questo svolge a salvaguardia ed implementazione del nostro benessere . Francesca Grisenti riprende il tema dell’utilizzazione del sale nelle nostre cucine, fornendoci alcuni semplici e pratici metodi per ridurre il Sale da Cucina, che tutti conosciamo, ed aumentare o comunque compensare la necessità di salvaguardia del gusto producendo Sali bilanciati a partire da quello contenuto in origine negli alimenti. Infine Elena Afanasyeva che, al termine di un periodo nel quale forse abbiamo ceduto a qualche eccesso alimentare, ci offre alcuni pratici consigli per compensarli non certo una nuova Dieta ma attraverso una serie di indicazioni molto ben circostanziate su come comportarsi e cosa preferire riproponendo il tema del connubio tra gusto e salute.
Dal cibo infatti assumiamo sia il substrato per produrre l’energia vitale ma anche quello per garantirci gusto , soddisfazione e quindi benessere. Buon Anno a tutti!
Michele Rubbini Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara
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Un numero ricco, dunque, con il quale iniziamo il nuovo anno garantendo ai nostri lettori che saremo al loro fianco con i nostri consigli, le nostre osservazioni, i nostri commenti, ma anche la nostra passione e convinzione che il cibo non è un nemico ma, un potente alleato nella vita di tutti i giorni. 3
AUTORI
Hanno contribuito a questo numero
CHIARA MANZI Fondatrice di Art joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea di Culinary Nutrition, la branca della nutriziona applicata alla cucina (www.nutrizioneincucina.it) Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina Docente al Master di Medicina Estetica dell’Università di Roma Tor Vergata. Autrice di diversi libri divulgativi sulla Nutrizione in Cucina
MICHELE RUBBINI Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara
MARIA MATTERA
ELENA AFANASYEVA
ILARIA PROIETTI
Dietista – Culinary Nutritionist
Dietista - Culinary Nutritionist, Piacenza
Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Siviglia della Commissione Europea
ANTONELLA CAVAZZA
FRANCESCA GRISENTI
Ricercatrice del settore Chimica Analitica presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Parma. Docente di “Metodi bioanalitici”
Laureata in Scienze Gastronomiche all’Università degli Studi di Parma Diplomata in Culinary Nutrition
Journal of Culinary Nutrition Mensile – Numero 1 – Gennaio 2017 Direttore responsabile ed Editore: Professore Michele Rubbini Presidente ASSIC e Art joins Nutrition Accademy: Dott.ssa Chiara Manzi Staff editoriale: Prof. Massimiliano Rinaldi, Dott.ssa Ilaria Proietti, Prof. Vincenzo Brandolini, Dott.ssa Silvia Brazzo, Dott. Giuseppe De Carlo, Pasticciera Patrizia Lombardi, Dott.ssa Francesca Grisenti, Dott.ssa Ilaria Roncaioli, Dott.ssa Maria Mattera, Dott.ssa Elena Afanasyeva, Dott.ssa Laura Onorato, Chef Massimo Salvadei.
Sommario Rubriche: Pag. 6.........Patate al forno: formazione di acrilammide e colore Pag. 10........News dal mondo scientifico – Differenti tipologie di grassi = differente rischio di mortalità Pag. 14.......È solo buono o fa anche bene? – Sei un’amante della frittura? Scopri come realizzarla per gustarla tutti i giorni! Pag. 18.......Mi va di mangiare… Pag. 24......Voglio essere Chiara - Batteri buoni: gli alimenti su cui puntare Pag. 27......Vero o Falso - Più sapore con meno sale. È possibile? Pag. 30.......Diete - Quale “dieta” scegliere per rimettersi in forma dopo le feste? Pag. 34.......ASSIC - Notizie in breve
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Patate al forno: formazione di acrilammide e colore L
’ACRILAMMIDE
L’acrilammide (Figura 1) è una sostanza presente in alcuni cibi e descritta come potenzialmente tossica e cancerogena. In particolare sembra espli-
care azione neurotossica ed effetti negativi su organi quali fegato, reni e intestino. Non è naturalmente presente negli alimenti e nelle materie prime, ma si può formare in seguito ai processi di cottura per reazione di zuccheri e amminoacidi (in particolare asparagina) ad alte temperature. In particolare si genera a temperature superiori ai 120 °C, per cui è assente in alimenti sottoposti a bollitura. Il contenuto di acrilammide è notevole in molti alimenti, soprattutto patate fritte e al forno, pane, pizza, caffè, biscotti, cereali per la colazione. 6
Figura 1 - Formula chimica dell’Acrilammide
IL PROCESSO DI COTTURA DEGLI ALIMENTI: PRO E CONTRO La cottura va considerata come un trattamento termico che generalmente ha risvolti positivi, in quanto migliora le caratteristiche organolettiche e la palatabilità di molti cibi, rendendo in alcuni casi
commestibili prodotti che non lo sarebbero; inoltre inattiva enzimi e distrugge microrganismi che avrebbero azioni deleterie sulla conservabilità di alcuni cibi. D’altro canto però le alte temperature provocano perdita di alcuni nutrienti quali vitamine e alcuni amminoacidi essenziali, e l’allontanamento di composti volatili che spesso sono responsabili di odori e profumi. In più le alte temperature possono provocare l’innesco di reazioni chimiche che generano composti potenzialmente tossici, come nel caso appunto dell’acrilammide, ma anche di altre molecole quali ammine eterocicliche, nitrosamine, idrocarburi policiclici aromatici.
ACRILAMMIDE E COLORE Il contenuto di acrilammide sembra essere maggiore quando il prodotto alimentare sviluppa un colore più scuro in seguito alla cottura. Pane ben cotto, bordi croccanti della pizza, patate abbrustolite, bruschette colorite ne sono degli esempi.
L’acrilammide di per sé è una polvere cristallina di colore bianco, per cui non è direttamente la sua presenza a influenzare l’aspetto dell’alimento. Bensì, lo sviluppo del colore bruno in seguito a cottura di cibi è correlato al procedere di un complesso di reazioni chimiche che portano alla formazione di composti scuri e che sono collegate alle stesse reazioni responsabili della generazione di acrilammide. Per questo motivo le misure dei due parametri potrebbero andare di pari passo, e in effetti alcuni studi riportati dalla letteratura scientifica hanno evidenziato un comportamento di questo tipo.
L’EFSA A partire dal 2005 l’EFSA si è occupata di acrilammide. Dopo anni di consultazioni e
approfondimenti della tematica, nel giugno 2015, ha pubblicato il proprio parere scientifico, attestando che l’acrilammide negli alimenti è motivo di preoccupazione per la salute pubblica per tutte le fascie di età. Gli organi decisionali europei e nazionali do-
vranno tenere conto della consulenza scientifica dell’EFSA allo scopo di ridurre l’esposizione dei consumatori a tale contaminante. I bambini vengono considerati più a rischio degli adulti probabilmente perché con la loro dieta assumono una quantità di calorie maggiore rispetto al peso corporeo, e per l’abitudine a consumare una quantità notevole di cibi che contengono acrilammide, quali patatine, cereali, biscotti.
LA RICERCA Presso i Dipartimenti di Chimica e di Scienze degli Alimenti dell’Università degli Studi di Parma, in collaborazione con Art Joins Nutrition Academy, è stata svolta una ricerca con lo scopo di verificare una eventuale correlazione tra intensità del colore assunto dall’alimento in seguito alla cottura e contenuto di acrilammide. I campioni di patate oggetto dello studio sono stati reperiti dal commercio e appartenevano a tre varietà diverse: Primura, Spunta e Arizona. Sono state realizzate le seguenti tipologie di preparazione: • Purea di patate (ottenuta macinando circa 1 Kg di patate crude e stendendole sulla teglia con uno spessore di 1 cm - Figura 2).
Figura 2 - Esempio di teglia purea di patate prima della cottura; Forno Electrolux impiegato per le cotture.
• Cubetti di patate (dimensioni 2x2x1 cm). Entrambe le tipologie sono state sottoposte a cottura in forno, a varie condizioni di tempo (da 20 a 40 minuti), temperatura (da 160 a 200 °C), e presenza di vapore (vapore assente o al 25%). In questo modo è stato possibile ottenere porzioni di alimento caratterizzate da gradazioni di colore diverso. Sono stati oggetto dello studio un totale di 40 campioni. Lo scopo era quello di verificare se colori simili, anche ottenuti in condizioni di cottura diverse, fossero collegati comunque a contenuto simile di acrilammide.
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Sui campioni sono state eseguite analisi del contenuto di acrilammide mediante cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa, dopo opportuno pretrattamento del campione che ha portato ad ottenere soluzioni caratterizzate da diversa intensità di colore (Figura 3).
Risultati della ricerca E’ stata verificata l’esistenza di una correlazione tra intensità del colore e contenuto di acrilammide, come si può vedere anche dalla Figura 3 in cui sono riportate alcune soluzioni di campioni sottoposti ad analisi caratterizzate da contenuto di acrilammide crescente. La formazione di acrilammide è risultata essere dipendente, come atteso, dalle condizioni di cottura, cioè temperatura, tempo e presenza di vapore.
In particolare si è notato che quest’ultima incrementa la formazione di acrilammide e quindi il livello di imbrunimento del prodotto pur donando maggior palatabilità al prodotto. Ciò è probabilmente dovuto alla maggiore temperatura che si ottiene sulla superficie dell’alimento dovuta a un più efficace trasferimento di calore dell’aria umida rispetto all’aria secca. Il miglior modo per ottenere patate chiare e palatabili è quello di cuocere con un 25% di vapore ma a temperature basse (140-150°C)
Figura 3 - Strumentazione HPLC-MS utilizzata per le analisi dell’acrilammide; Alcuni dei campioni sottoposti ad analisi.
Su corrispondenti porzioni di campioni sono state eseguite anche le valutazioni del colore lavorando sulle immagini digitalizzate, mediante il software ImageJ (Figura 4).
Figura 4 - Software utilizzato per la determinazione del colore. 8
L’elaborazione dei dati ottenuti dalle analisi dell’acrilammide e dai valori del colore ha permesso di calcolare un grado di correlazione tra l’intensità dei canali del colore (R, G, e B) e contenuto di acrilammide, con un coefficiente R2 pari a 0,844. Ciò permette di assumere la gradazione del colore osservato come marker che può dare indicazioni del livello dell’analita nel preparato (Pedreschi et al., 2007). Sulla base di tale correlazione, coi dati ricavati è stato possibile costruire una sorta di “righello” (Figura 5) che mette in relazione i due valori tra loro, e dal quale si può evincere il grado di colorazione critico che può mettere in guardia il consumatore da un’assunzione eccessiva di acrilammide. Le prove di cottura eseguite sulle patate a cubetti hanno mostrato risultati che vanno nella stessa direzione di quanto descritto dagli esperimenti appena descritti. Dai dati ottenuti è stato verificato che una cottura ideale delle patate a cubetti per ottenere un prodotto con una quantità irrilevante di acrilammide, ma che allo stesso tempo soddisfi gli standard del consumatore, è quella che prevede le seguenti condizioni: temperatura di 150-
Figura 5 - “Righello”ottenuto dalle prove eseguite sulla purea di patate.
160°C per un tempo di circa 30-40 minuti. In tali condizioni, anche impostando la funzione vapore al 25%, si ottiene un alimento più croccante senza incremento del livello di acrilammide prodotta.
Figura 6 - Esempio di patate a cubetti dopo cottura a 160 °C per 30 minuti.
Come si può vedere dalla Figura 6, il colore del prodotto appare giallo dorato con piccole zone appena brune. Con una colorazione del
genere abbiamo rilevato la presenza di 0.034mcg di acrilammide/g di patate ( Varietà arizona). In soli 30 g di patate così chiare si raggiunge la dose giornaliera considerata da EFSA (Agenzia Europea di Sicurezza Alimentare) trascurabile per un adulto che pesa 60 kg, considerato la dose con effetto trascurabile e il margine di esposizione. Prof.ssa Antonella Cavazza Ricercatrice del settore Chimica Analitica presso il Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Parma. Docente di “Metodi bioanalitici” per il Corso di Laurea magistrale in Biotecnologie Genomiche, Molecolari e Industriali
Ringraziamenti
La ricerca è stata svolta con la collaborazione del Prof. Massimiliano Rinaldi e grazie al contributo della Dott.ssa Carmen Laganà, della Dott.ssa Chiara Bignardi e della dott.ssa Maria Mattera. Bibliografia E. Capuano, V. Fogliano. Acrylamide and 5-hydroxymethylfurfural (HMF): a review on metabolism, toxicity, occurrence in food and mitigation strategies. LWTFood Science and Technology 44 (2011) 793-810. F. Pedreschi, J. Leon, D. Mery, P. Moyano, R. Pedreschi, K. Kaack, K. Granby. Color development and acrylamide content of pre-dried potato chips. J Food Engineering 79 (2007) 786-793. K. Hoenicke, R. Gatermann, W. Harder, L. Hartig. Analysis of acrylamide in different foodstuffs using liquid chromatography-tandem mass spectrometry and gas chromatography-tandem mass spectrometry. Analytica Chimica Acta 520 (2004) 207-215. Y. Zhang, G. Zhang, Y. Zhang. Occurrence and analytical methods of acrylamide in heat-treated foods. Review and recent developments. J Chromatography A, 1075 (2005) 1-21. K. Skog, G. Viklund, K. Olsson, I. Sjoholm. Acrylamide in home-prepared roasted potatoes. Mol. Nutr. Food Res. 52 (2008) 307-312.
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News dal mondo scientifico
Differenti tipologie di grassi = differente rischio di mortalità C
he i grassi saturi non facessero bene alla salute è ormai piuttosto noto, soprattutto grazie al sempre maggiore interesse e la crescente sensibilità dei consumatori verso la composizione nutrizionale degli alimenti. Quello che però ora è stato scientificamente provato è il legame tra la tipologia dei grassi (saturi, insaturi, polinsaturi etc.) e il rischio di mortalità. Lo studio in questione è stato condotto da ricercatori statunitensi della Harvard T.H. Chan School of Public Health, su un campione molto vasto di individui considerati sani, o meglio che non presentavano malattie cardiovascolari, carcinomi e diabete di tipo 1 e 2: 83 349 donne e 42 884 uomini, seguiti per una trentina di anni circa, dal 1980 al 2012 le donne e dal 1986 al 2012 gli uomini. L’obiettivo dell’indagine era quello di trovare un’eventuale associazione tra consumo di grassi e rischio di mortalità totale e causa-specifico (dovuta a malattie cardiovascolari, carcinoma, malattie neurodegenerative o respiratorie).
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I grassi alimentari oggetto dell’indagine sono stati: • Grassi trans (grassi sottoposti a reazioni di conversione chimica); • Grassi saturi (da carne rossa o da prodotti lattiero - caseari); • Grassi insaturi: polinsaturi (es. da olio di girasole od olio di soia) o monoinsaturi (es. da olio di oliva e di arachidi); • Acidi grassi omega 3 e omega 6. Nella valutazione dei risultati, i ricercatori hanno tenuto conto anche di fattori di confondimento (confounding factors), quali età, etnia, indice di massa corporea, attività fisica, anamnesi e tabagismo. Il consumo di grassi è stato valutato attraverso
l’uso di questionari validati a cui sono stati sottoposti i partecipanti allo studio. All’inizio dell’indagine e ogni 2-4 anni, i 126 233 volontari hanno risposto a domande specifiche e compilato tabelle sulle loro abitudini alimentari e le frequenze di consumo (food frequency questionnaires) allo scopo di valutare la dieta, la salute e il loro stile di vita. Durante la durata dell’indagine si sono verificati 33 304 decessi e i ricercatori hanno cercato eventuali correlazioni tra i decessi avvenuti, totali e causa-specifici e il consumo alimentare di grassi.
I risultati dell’indagine, pubblicati a luglio nella rivista “JAMA Internal Medicine”, hanno evidenziato che il consumo di differenti grassi alimentari è associato a un rischio differente di mortalità: un consumo maggiore di grassi saturi porta a un rischio maggiore di mortalità e, viceversa, un consumo maggiore di grassi insaturi viene associato a un rischio minore di mortalità. I grassi trans hanno mostrato il maggiore impatto negativo sulla salute.
Analogamente, un consumo maggiore di grassi saturi è stato correlato ad un rischio maggiore di mortalità. Se comparato ad un quantitativo di carboidrati apportanti le stesse kcal, ad ogni aumento del 5% del consumo di grassi saturi è stato associato un rischio maggiorato del 8% di morte per malattie respiratorie. Al contrario, un consumo maggiori di grassi insaturi (sia mono- che polinsaturi) è stato associato ad un rischio di mortalità per malattie neurodegenerative o respiratorie diminuito di una percentuale compresa tra il 11% e il 19%, sempre paragonato agli effetti di un quantitativo di carboidrati apportanti le stesse kcal. In particolare, un maggiore consumo di acidi grassi omega 3 e omega 6 hanno riportato il tasso maggiore di riduzione del rischio di mortalità. Il consumo di omega 3 derivanti dall’acido alfa-linolenico (presente soprattutto in oli vegetali e noci) è stato correlato ad un rischio minore di morte per malattie neurodegenerative e quello derivante da fonti ittiche è stato associato ad un rischio minore di morte per malattie respiratorie e cardiache. Il consumo di acidi grassi omega 6 (presente soprattutto in oli vegetali, frutta secca e semi), invece, è stato associato ad un rischio minore di morte totale e di morte per malattie cardiovascolari, respiratorie e carcinomi.
Ad ogni aumento del 2% del consumo di grassi trans è stato associato un rischio maggiorato del 16% di morte prematura per malattie neurodegenerative o respiratorie.
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GRAFICO: Rapporto tra la variazione del rischio di mortalità totale (%) e le calorie provenienti da specifiche tipologie di grassi” Inserendo questa dicitura per esteso sopra il grafico
Adattato da Wang et al., JAMA Intern Med, 2016.
I ricercatori hanno inoltre valutato l’effetto della sostituzione dei grassi saturi con grassi insaturi e carboidrati e i risultati si sono rivelati interessanti. I partecipanti che ad esempio hanno sostituito nella loro dieta i grassi saturi con i grassi insaturi (soprattutto polinsaturi), hanno riportato un rischio minore di mortalità totale e mortalità causa-specifico, dovuta a malattie cardiovascolari, carcinoma, malattie neurodegenerative o respiratorie, in rapporto agli individui che avevano mantenuto un consumo elevato di grassi saturi. Infine, coloro che hanno sostituito i grassi saturi con i carboidrati hanno mostrato solo una ridotta diminuzione del rischio di mortalità e, invece, la sostituzione totale dei grassi con i carboidrati è stata associata ad un leggero incremento del
rischio di mortalità. Anche se sembra un risultato sorprendente, non stupisce poi troppo se pensiamo che i carboidrati nella dieta americana sono costituiti prevalentemente da amidi e zuccheri raffinati, i quali hanno un influenza simile a quella dei grassi saturi sul rischio di mortalità. In conclusione, i risultati di questo studio sono in linea con le raccomandazioni dei vari organismi di sanità e sottolineano l’importanza di ridurre il consumo di grassi trans e di grassi saturi e di sostituirli nella dieta con i grassi insaturi Ilaria Proietti JRC - Commissione Europea Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27379574
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Dove si trovano i grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi? E quanti se ne devono assumere quotidianamente? I grassi “saturi” sono caratteristici dei prodotti di origine animale: burro, strutto, lardo, formaggi in genere come caciotta, parmigiano o groviera, panna, insaccati e carni grasse. Nonostante ciò, ci sono alimenti di origine vegetale che ne sono altrettanto ricchi come l’olio di palma e di cocco oppure il cioccolato. Quando una dieta è troppo ricca di acidi grassi saturi, il livello di colesterolo nel sangue può aumentare. Meglio limitarne il consumo attenendosi al fabbisogno giornaliero. I grassi saturi devono rappresentare al massimo il 10% dell’apporto giornaliero di grassi. Per un fabbisogno energetico di 2000 kcal i grassi totali non devono superare i 67 g e di questi al massimo 22 g possono essere grassi saturi.
Alimento
Grassi saturi g/100g
1) Olio di cocco
86.8 g
2) Cocco, essiccato
54.8 g
3) Burro
48.78 g
4) Olio di palma
47.1 g
5) Strutto o sugna
42.47 g
6) Lardo
33.12 g
7) Cocco
30.93 g
8) Cioccolato al latte
21.86 g
9) Cioccolato fondente
20.59 g
10) Olio di arachide
19.39 g
11) Caciotta mista
19.31 g
12) Parmigiano
18.54 g
13) Groviera
17.64 g
14) Grana
17.53 g
Gli acidi grassi monoinsaturi si trovano in abbondanza nell’olio di oliva, extravergine d’oliva, ma anche in frutta secca come mandorle, nocciole e pistacchi e in alcuni alimenti di origine animale. Nelle giuste quantità fanno diminuire il colesterolo LDL (ovvero quello “cattivo”) e aumentare l’HDL (“buono”). I grassi monoinsaturi devono rappresentare il 1510% dell’apporto giornaliero di grassi. Per un fabbisogno energetico di 2000 kcal i grassi monoinsaturi devono essere dai 33 ai 22 g.
Grassi monoinsaturi g/100g
Alimento 1) Olio di oliva
74.45
2) Olio di oliva extra vergine
72.95
3) Olio di colza
61.52
4) Macadamia
59
5) Olio di arachide
52.52
6) Strutto o sugna
43.11
7) Olio di sesamo
40.1
8) Mandorle dolci, secche
39.44
9) Olio di palma
38.92
10) Nocciole, secche
38.62
11) Lardo
37.14
12) Pistacchi
36.47
13) Olio di girasole
33.37
14) Olio di mais
30.66
Anche i grassi polinsaturi hanno un’influenza positiva sulla salute del cuore, perché diminuiscono il colesterolo LDL. Si trovano negli oli di semi, ma anche nella frutta secca come omega 6, e nel pesce. In particolare, il pesce azzurro (ovvero alici, sgombri, sarde, ecc...) è ricco di acidi grassi “omega 3”. I grassi polinsaturi devono rappresentare il 5-10% dell’apporto giornaliero di grassi. Per un fabbisogno energetico di 2000 kcal questi devono essere circa 11-23 g di cui 9-18 g di omega 6 e 250 mg – 4 g di omega 3.
Alimento
Grassi polinsaturi g/100g
1) Olio di vinacciolo 2) Olio di germe di grano 3) Olio di soia 4) Olio di mais 5) Olio di girasole 6) Maionese 7) Olio di sesamo 8) Noci, secche 9) Olio di colza 10) Lardo 11) Olio di arachide 12) Noci pecan 13) Arachidi, tostate 14) Burro d'arachidi
67.99 59.3 58.96 50.43 50.22 46.06 42.2 40.66 29.62 28.77 27.87 22 14.19 13.45
Maria Mattera Dietista & Culinary Nutritionist
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È solo buono o fa anche bene?
Sei un’amante della frittura? Scopri come realizzarla per gustarla tutti i giorni! Ecco la domanda che da oggi devi farti e devi fare. Entra in cucina con la Culinary Nutrition e trasforma i piatti della nostra tradizione in elisir di lunga vita.
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Tutto quello che dobbiamo fare è ridurre al minimo l’assorbimento dell’olio seguendo 3 semplici trucchi:
Seguendo le basi della Culinary Nutrition possiamo realizzare un fritto buono e con meno grassi e calorie di un’insalatona e una mozzarellina da 100 g.
1. Olio giusto alla temperatura corretta: l’olio deve essere abbondante e ben caldo, a 180°C. Se non abbiamo una friggitrice con termostato, possiamo acquistare un termometro sonda per tenere la temperatura sotto controllo. Il grasso migliore è l’olio extravergine d’oliva, ma vanno bene anche l’olio d’oliva, l’olio d’arachidi, l’olio di girasole alto oleico e lo stutto. Quest’ultimo viene
a frittura è la prima cosa che ci viene vietata nelle diete, nonostante tutto il fritto è un metodo di cottura che conserva molto bene le vitamine più delicate, in particolare la vitamina C e a volte un fritto ben fatto è meno grasso e calorico di un’insalatona condita con un cucchiaio di olio!
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assorbito tre volte meno dagli impasti lisci (esempio la pizza) rispetto all’olio e oggi è un grasso più insaturo rispetto a dieci anni fa, grazie alla specifica alimentazione dei maiali di allevamento. 2. Cibi rivestiti ma non troppo: l’alimento deve essere poco “rivestito”. Se, per esempio, è solo infarinato, come nel caso della frittura di pesce, assorbe la metà dell’olio rispetto ad un alimento impanato, come la cotoletta. Pastella e tempura, invece, assorbono tantissimo olio. 3. A fine cottura eliminare più olio possibile: bisogna scolare il fritto dall’olio con una pinza o un ragno, in modo da sgocciolare bene il grasso, e poi assorbire l’olio, tamponando per tre volte il cibo con la carta assorbente e carta paglia.
Se ancora non sei convinto che la frittura è un metodo di cottura salutare, forse non sai che è tra i tipi di cottura che permette di conservare i nutrienti. Durante la frittura l’alimento non entra mai a contatto diretto con l’acqua e quindi non disperde facilmente le sostanze.
Il breve tempo di cottura utilizzato e la croccante crosticina esterna che si forma e che protegge l’alimento dal contatto con l’ossigeno, permette di mantenere il contenuto di vitamina C e di alcune vitamine del gruppo B fino all’80%. Possiamo dire quindi che la frittura è uno dei metodi di cottura più antiaging: l’importante è seguire i 3 segreti che ti abbiamo svelato. Seguendo i principi della Culinary Nutrition una frittura di pesce avrà meno grassi e meno calorie di un’insalatona, condita con un cucchiaio di olio, accompagnata da una mozzarellina da 100 g. Non ci credi? Allora ti suggeriamo di provare la frittura di gamberi e calamari realizzata dallo Chef antiaging Antonio Ilardi. Antonio è un giovane chef napoletano che dirige la brigata del Ristorante Il Pepe Rosa di Lucca. Il pesce è la sua passione. Da anni studia con interesse e assiduità la nutrizione applicata alla cucina e prepara per i suoi clienti piatti che li fanno felici: golosi e salutari!
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Insalatona con 1 cucchiaio di olio e una mozzarella da 100 g Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 21 g • Grassi 30 g • Carboidrati 3g • Fibra 1,5 g • Energia 363 Kcal
Frittura di gamberi e calamari e insalatona con carciofi e bottarga Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 30 g • Grassi 14 g • Carboidrati 15 g • Fibra 6g • Energia 312 Kcal
Siete ancora convinti che sia più salutare l’insalatona con la mozzarella? La frittura di pesce che ci propone Antonio Ilardi segue la regola del More&Less realizzando un piatto ricco di gusto ma con meno grassi e meno calorie. Non dimentichiamo gli abbinamenti vincenti: il limone è ricco di vitamina C e ci permette di migliorare l’assorbimento del ferro contenuto nel pesce e nei carciofi. Non ti resta che andare in cucina e realizzare una frittura di pesce antiaging!
Ingredienti per 4 persone • 1 litro di olio extravergine di oliva o di arachidi • 400 g di calamari • 400 g di code di gamberi 2 limoni • 5 cucchiai circa di farina e semola • latte parzialmente scremato
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Per l’insalata: • 4 carciofi • 100 g di insalata mista • il succo di 1 limone • 4 g di bottarga • 1 g di sale iodato • pepe • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
Preparazione
Pulire i calamari facendo attenzione a eliminare le interiora e la sacca contenente il nero, tagliarli ad anelli o a listarelle sottili. Sgusciare le code di gamberi e togliere accuratamente il filo nero sul dorso. Mettere a bagno nel latte per 1-2 ore, scolare e passarli in un mix di farina e semola. Friggere in olio extravergine di oliva o di arachidi a 180°C. Tamponare molto bene la frittura passandola tre volte nella carta assorbente da cucina e servirla subito con uno spicchio di limone. Accompagnare con un’insalata mista fatta con carciofi crudi tagliati finemente e misticanza, condita con sale, pepe, succo di limone, olio extravergine di oliva e una grattugiata di bottarga. Queste e tante altre ricette puoi trovarle nel libro “Antiaging con gusto” della Dott.ssa Chiara Manzi, massima esperta in Europa di Culinary Nutrition e cucina antiaging. Maria Mattera Dietista & Culinary Nutritionist
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Mi va di mangiare… I
lettori meno giovani probabilmente ricordano l’edizione del 1968 del Festival di Sanremo, caratterizzata dalla partecipazione , tra gli ospiti internazionali , di Louis Armstrong che , con la sua inconfondibile voce , cantava “… ciao staserà son qui mi va di cantare , felice con te…” ed , aiutato dalla sua altrettanto inconfondibile mimica facciale, esprimeva il senso della intima felicità che cantare stando assieme ad una persona particolare, procura. Quante volte ognuno di noi ha provato un simile senso di intima soddisfazione pensando a cosa avrebbe avuto voglia di mangiare Mangiare, infatti, è un modo di esprimere soddisfazione e comunicare emozioni, preferibilmente in compagnia: è cosa risaputa che la soddisfazione data dall’atto di mangiare è molto diversa se compiuta in solitudine o assieme ad altri. Noi ci riuniamo attorno ad una tavola per festeggiare una nascita, per celebrare un matrimonio, in 18
talune culture persino per ricordare, assieme, la perdita di una persona cara. Il cibo, l’atto di assumerlo, è infatti intimamente collegato ad una sensazione di benessere o almeno così dovrebbe essere. Da alcuni decenni però all’atto individuale di mangiare si è associata la consapevolezza di quanti eventi negativi possono essere determinati da quell’atto, ed in termini di popolazione di quanto le patologie da iperalimentazione abbiano ormai superato quelle da scarsità di cibo.
Nel mondo ci sono ancora circa 800 milioni di persone che non hanno cibo a sufficienza e soffrono di malattie da denutrizione e/o comunicabili ma è di molto superiore la quota di coloro che soffrono di patologie da ipernutrizione come l’Obesità, il Diabete, le Cardiopatie, i Tumori ed altro.
Mentre risulta difficile , come individui, riuscire ad incidere sul complesso della problematica legata alla denutrizione in varie parti del Mondo se non, con misure di solidarietà e volontaristiche di supporto , maggiore risulta la nostra capacità di agire anche individualmente per contrastare la tendenza allo sviluppo di patologie da ipernutrizione. Lo si può fare con gesti semplici che possono modificare le nostre abitudini alimentari e facendo ricorso a ciò che la scienza e la cultura gastronomica ci mettono a disposizione. Ecco allora che possiamo individuare alcune semplici linee guida che ci possono aiutare a rendere
l’atto di mangiare un piacere pur nel mezzo di tali e tanti problemi che lo condizionano.
La prima in assoluto è di scegliere un Ristorante del Network di Cucina Evolution o prodotti certificati dalla nostra Accademia. In questo modo siamo certi che sono rispettate sia le regole di sicurezza alimentare che nutrizionale. Mangeremo cibi buoni e che fanno bene. Se invece non abbiamo
questa opportunità e ci procuriamo autonomamente gli alimenti allora, avendo come elemento determinante della nostra scelta oltre al gusto anche la nostra salute, gli elementi di valutazione da rispettare potrebbero essere: 1. Per i cibi che prendiamo al supermercato. Attenzione a quanto riportato in etichetta. Il Regolamento (UE) 1169/2011 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 Ottobre 2011 all’Articolo 9 ( Fig.1) elenca ben 12 informazioni che devono obbligatoriamente essere presenti e che riguardano la sicurezza alimentare ed in parte anche quella nutrizionale del prodotto. Leggiamola con calma e valutando attentamente quanto riportato pur sapendo che i modi di aggirare le leggi sono molti ed alcuni dovuti alla indeterminatezza di alcune
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normative. Vale per tutti l’esempio delle frodi a carico dell’ olio extravergine di oliva denunciata dalla Coldiretti , dove ad olii di origine italiana ne venivano mescolati altri di dubbia provenienza , spacciandoli poi per olii italiani.(Comunicato stampa del 29 Settembre 2016 - http://www. coldiretti.it/News/Pagine/658---29-Settembre 2016.aspx) 2. Controllare sempre la composizione in Lipidi, Glucidi e Protidi per 100 gr di prodotto facendo attenzione alla qualità dei Grassi ( Saturi od Insaturi, Idrogenati o Vegetali) e le percentuali relative. Per quanto attiene all’Olio di Palma rimando al numero del Journal di Novembre ; degli Zuccheri ( valutando in particolare se ci sono zuccheri aggiunti o meno e se si tratta di mono o polisaccaridi) ; del Sale ( ricordando che la quantità totale non deve superare i 5gr/ die). Su questi temi abbiamo già pubblicato numerosi articoli negli scorsi numeri del Journal
Fig 1. 20
ed a questi rimando. 3. Controllare il contenuto in fibre ed il rapporto tra queste e le Calorie ( Indice di fibra ovvero il rapporto tra gr di Fibre in 100 gr di prodotto e Kcal in 100 gr : IF= (F/ kcal) x 100) Un alimento infatti può essere ricco in fibre e povero in calorie ( da preferire) o viceversa, oppure avere un elevato valore in fibre ma contemporaneamente anche di calorie. Ricordiamo che le fibre nel giusto mix di solubili e non solubili esercitano numerose funzioni positive sulla regolazione metabolica dei nutrienti e, non ultima, quella di condizionare lo sviluppo di un microbioma favorevole. 4. Valutare la presenza di Componenti Alimentari Bioattivi. Questo aspetto riguarda prevalentemente, ma non esclusivamente , i Vegetali . Il contenuto in CAB ( Flavonoidi, Carotenoidi, o Polifenoli in Generale e Glucosinolati ) varia da alimento ad alimento. A questi composti vengono attribuite attività antinfiammatorie, antiossidanti, antitumorali o anti proliferative, detossificante di stimolo del sistema immunitario . In linea di massima il calore ne aumenta la biodisponibilità così come a seconda del livello di liposolubilità l’aggiunta di un grasso . Il contenuto in CAB può essere valutato in base a vari parametri: al colore dell’alimento, alla sua forma , alla sede di produzione, al tempo e modalità di conservazione. Non basta però conoscere il con tenuto nel singolo alimento ma è necessario saper come trattare gli alimenti ottenerne la maggiore biodi-
sponibilità possibile. 5. Utilizzare le Spezie , che aggiungono sapore e benessere e consentono di esprimere la propria creatività nella produzione di ricette e sapori. Ci possono essere vari mix di spezie , come l’aggiunta di peperina alla curcuma in misura del 3% circa che ne aumenta enormemente la biodisponibilità . In genere le spezie sono e semplici da reperire nella forma secca , da utilizzare possibilmente non in polvere e controllando che non siano esauste, ( private degli oli essenziali che ne caratterizzano le proprietà). (Etichetta!!) 6. Le carni. Abbiamo già trattato ampiamente questo tema sul Journal. La deliberazione dello IARC ( International Agency for Research on Cancer) dell’ottobre 2015 ha creato più dubbi che certezze. Grande importanza riveste la modalità di cottura, dato che durante la esposizione ad alte temperature ( griglia) si formano amine eterocicliche , che costituiscono un potenziale elemento tossico e cancerogeno. Il rischio in assoluto va però valutato assieme a numerosi altri fattori individuali e generali che rendono le generalizzazioni quantitative sull’aumento del rischio difficilmente standardizzabili . In definitiva un consumo limitato a 400-500 gr settimana di carni rosse non modifica sostanzialmente il rischio di ammalare di cancro . Le cari lavorate , (Salumi ed insaccati in genere) avrebbero un maggiore potere di aumentare il rischio di tumore ma anche di patologie cardiovascolari sia per la presenza di
composti azotati che della quantità di Grassi saturi presenti. La IARC ne consiglia un uso molto limitato. Anche in questo caso però è necessario sapere dove sono stati prodotti, come sono stati allevati gli animali , da quali tagli di carne derivano , quali conservanti sono stati aggiunti. Un colore rosso vivo che si mantiene nel tempo è indice della presenza massiccia di questi e di un possibile maggiore contenuto di nitriti e nitrati. 7. Le nuove tecnologie. Un tempo si conservavano gli alimenti sotto sale o con affumicatura. Oggi cosi come abbiamo a disposizione per la conservazione degli alimenti la refrigerazione e la surgelazione che hanno rappresentato un punto di svolta nel contribuire a diminuire il rischio di alcune malattie, come ad esempio il cancro dello Stomaco, siamo anche in grado di utilizzare nuovi tipi di forni, o il sottovuoto ed altro ancora . Si tratta di metodiche che non solo mantengono ed esaltano i sapori ma contribuiscono notevolmente ad utilizzare meno additivi ,meno condimenti grassi e meno sale. Fin qui nulla di nuovo. Una volta in Cucina invece la musica cambia. E’ proprio qui , nella trasformazione degli alimenti in cibi che possiamo fare la differenza perchè è proprio qui che abbiamo a disposizione uno strumento formidabile per garantirci gusto e salute: i principi, le regole, gli accorgimenti introdotti dalla Cunlinary Nutrition , la scienza sorta negli Stati Uniti nel 1999
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che, come ben specificato nel sito dedicato ( www. culinarinutrition.it) “ ..studia come variano i nutrienti e la loro biodisponibilità nei cibi a seconda di come vengono cucinati, trattati, abbinati, dosati con l’obiettivo di realizzare una cucina gustosa e salutare…” E’ conoscendo e seguendo questi principi che daremo valore alle nostre scelte , rendendo la presenza di elementi positivi per la nostra salute in grado di esprimere al meglio le loro potenzialità . Soprattutto lo faremo garantendoci al contempo gusto e sapore: un vero piacere per il palato e le nostre cellule. Non una dieta quindi ma
un nuovo modo di pensare la salute in cucina.
Lascio dunque ai nostri Cuochi Evolution il compito di approfondire le tematiche specifiche relative alle caratteristiche di manipolazione , abbinamento, composizione e presentazione di come qualunque piatto della tradizione italiana possa diventare buono e salutare e rivolgo a coloro che ancora non lo hanno fatto, che siano Cuochi o semplici amanti della Cucina, l’invito ad iscriversi al Master in Culinary Nutrition dove troveranno la sintesi di ciò che stiamo dicendo e che possiamo tradurre nello slogan: Buono e che fa bene . Le ricette che su ogni numero del Journal i nostri Nutrizionisti propongono ne sono l’esempio concreto. Non mi resta che concludere, rivolto a tutti coloro che hanno avuto la pazienza e la costanza di arrivare fin qui , che se ancora avvertono come un intimo piacere la prospettiva di mangiare lo facciano aderendo a quanto di innovativo la Culinary Nutrition ha introdotto nella nostra cultura alimentare. A tutti questi credo quindi di poter suggerire, in conclusione e senza paura di essere smentito, di lasciarsi andare a cantare un motivetto che suona così: “Ciao, stasera son qui, mi va di mangiare, felice con te..” Michele Rubbini Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara
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Due Nuove edizioni del Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging! 30 GENNAIO 2017 PARMA 20 MARZO 2017 CARSOLI
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Voglio essere Chiara
Batteri buoni: gli alimenti su cui puntare N
on solo lo yogurt, ma anche il kefir, il tempeh, il miso, i crauti, sono ricchi di microrganismi utili per aumentare le difese dell’organismo e tenere lontani molti disturbi compresi i malanni di stagione. Ecco i consigli per potenziarne al massimo i loro benefici.
La salute dell’organismo dipende molto da quella dell’intestino. Una cattiva alimentazione povera di acqua, verdura e frutta e stili di vita sbagliati, possono metterne a dura prova la funzionalità, facendo aumentare nella flora intestinale la quantità di batteri nocivi a discapito di quelli “buoni”. Per mantenerlo in equilibrio è importante a tavola consumare regolarmente cibi ricchi di probiotici, in particolare i bifidobatteri e i lattobacilli. Questi microrganismi che in miliardi popolano l‘intestino sono dei veri e propri alleati della salute perché soprattutto in autunno e in inverno quando è più facile incorrere in 24
virus o stati infiammatori come febbre e raffreddori aumentano le difese del sistema immunitario, permettendo all’organismo di funzionare in modo efficiente. La presenza nell’intesti-
no di grandi quantità di batteri benefici, oltre a facilitare la digestione dei cibi, aiuta a proteggere l’organismo dall’attacco degli agenti patogeni, migliorandone il benessere psicofisico e tenendo lontani molti disturbi. Ma come prendersene cura? CONSUMA I C IBI ALLEATI DEI PREBIOTICI
Per avere una flora batterica in salute oltre ad assumere alimenti ricchi di batteri buoni è utile mangiare cibi che contengono prebiotici, sostanze in grado di nutrirli e che ne favoriscono la sopravvivenza e la proliferazione all’interno dell’intestino. In particolare gli alimenti che contengono
fibre solubili, come banane, broccoli, cereali integrali (avena, orzo, soia, etc.), rucola, ecc. . E ancora cibi ricchi di inulina, una sostanza che fa aumentare la quantità dei microrganismi buoni a discapito di quelli nocivi. Si trova in aglio, cipolla, asparagi, porri, cicoria, carciofi, ecc.
chero del latte, il lattosio, e aiutano a combattere le infiammazioni dell’intestino. Questi batteri si integrano con la flora intestinale e rafforzano le difese naturali dell’organismo contro i possibili agenti patogeni. Ma attenzione, la maggior parte dei yogurt in commercio con il processo di pastorizzazione al quale è sottoposto disperde i batteri con cui è prodotto. Meglio sceglierne uno al naturale arricchito con lattobacilli vivi e senza zuccheri aggiunti. L’ideale è consumarlo lontano dai pasti. I microrganismi di cui è ricco infatti se vengono assunti dopo aver mangiato rimangono per più tempo nello stomaco a causa del rallentamento della digestione e rischiano più facilmente di essere aggrediti e distrutti dai succhi gastrici e di non essere quindi efficaci nei confronti della flora intestinale.
IL KEFIR CONSUMA CIBI RICCHI DI SUPER BATTERI Per tenere alla larga la disbiosi, lo squilibrio della flora batterica, meglio puntare con regolarità su alimenti che consentono di fare il pieno di batteri che riescono a resistere all’azione dei succhi gastrici che tendono invece a distruggerli. Affinché siano efficaci infatti e riescano a moltiplicarsi a discapito di quelli cattivi, è importante che i microrganismi arrivino vivi e attivi nell’intestino. Si stima che solo il 10% riesce ad arrivare integro nel colon, ultimo tratto intestinale e a sopravvivere al passaggio dell’intero sistema digerente. Ma quali sono i cibi che ne sono più ricchi?
LO YOGURT CON FERMENTI LATTICI VIVI
E’ una fonte eccellente di batteri “buoni”, microrganismi che favoriscono la digestione dello zuc-
Ottenuto dal latte fermentato grazie all’uso di una speciale miscela di fermenti lattici, il kefir è un ottimo ricostituente non solo perché è ricco di nutrienti utili all’organismo come sali minerali, in particolare come calcio, magnesio e fosforo, proteine e vitamine, ma contiene tanti lattobacilli. Questi batteri favoriscono la digestione, la regolarizzazione dell’intestino e lo sviluppo della flora batterica. Bevine un bicchiere al mattino: aiuta a difendere dai microbi, potenzia il sistema immunitario e favorisce il benessere generale dell’organismo.
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IL TEMPEH
IL MISO
Originario dell’Indonesia, il tempeh è ricavato dalla fermentazione dei semi della soia gialla con un fungo chiamato Rhizopus oligosporus. Oltre ad essere ricco di vitamine, in particolare del gruppo B, di fibre e proteine, è una eccellente fonte di super batteri che aiutano l’equilibrio della flora intestinale e producono anticorpi che proteggono da alcuni germi patogeni. Come tutti gli altri alimenti fermentati, rafforza il sistema immunitario e riduce i batteri cattivi che popolano l’intestino.
Buone quantità di lattobacilli sono contenuti anche nel miso, un cibo di origini giapponesi. E’ ricavato attraverso un lungo processo di fermentazione dai semi cotti di soia con sale e un fungo chiamato koji. Per non distruggere i batteri buoni di cui è ricco è importante cuocerlo a fuoco lento. Le temperature elevate rischiano di uccidere i microrganismi di cui è ricco.
CRAUTI & CO
Chiara Manzi Fondatrice di Art joins Nutrition Academy Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina
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Non solo cavoli, ma anche cetrioli, zucchine, cipolle e altri ortaggi se sottoposti al processo di fermentazione si arricchiscono di batteri probiotici, microrganismi simili a quelli contenuti nello yogurt, utili per rafforzare la flora intestinale. La fermentazione, oltre a conservare i cibi, aumenta il valore nutritivo degli alimenti rendendoli più digeribili, li arricchisce di antiossidanti, enzimi e vitamine, in particolare B e C, e ne distrugge i batteri nocivi. 26
Vero o Falso
Più sapore con meno sale. È possibile? M
eno sale non vuol dire mangiare insipido ma incentivare una maggiore creatività in cucina. Sono tanti i modi per insaporire i piatti riducendo la quantità di sale. Scopri i segreti per preparare i tuoi piatti con un pizzico in meno di sale e un pizzico in più di sapore. Il cloruro di sodio, meglio conosciuto come sale da cucina, è costituito per circa il 40% dal sodio, elemento chimico che ha un ruolo importante nella regolazione della pressione sanguigna ed è fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso. Il sodio che assumiamo con la dieta lo possiamo classificare in: sodio discrezionale, quello che aggiungiamo nelle nostre preparazioni e che usiamo per condire; sodio non discrezionale ovvero quello presente negli alimenti naturalmente o aggiunto industrialmente. Il sodio assunto con la dieta proviene principalmente dal consumo di cibi che sono stati sottoposti a lavo-
razioni industriali attraverso l’aggiunta di esaltatori di sapidità o dall’uso del sale durante la fase di preparazione e cottura. Quali sono gli alimenti che lo contengono maggiormente? Salumi, formaggi, pane e prodotti da forno.
Consumo eccessivo di sale: conseguenze
Studi sperimentali hanno dimostrato che un eccessivo intake giornaliero di sale è correlato all’aumento della pressione arteriosa. L’ipertensione arteriosa è una delle principali patologie dell’apparato cardiovascolare, quindi diminuire il consumo giornaliero di sale riduce il rischio di malattie al cuore. Inoltre, vari studi condotti sulle persone hanno evi-
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denziato che la mortalità per cancro allo stomaco è correlata ad un consumo eccessivo di cibi salati così come alla affumicatura o alla presenza Aflatossina nelle farine utilizzate per prodotti di panificazione.
Qual è la giusta quantità?
Il Ministero della Salute ci consiglia di consumare non più di 5 g di sale al giorno. In un recente articolo pubblicato su The Lancet il consumo di sodio viene messo in relazione alla presenza o meno di patologie cardiovascolari: Va mantenuto entro i 5 gr /die in coloro che hanno ipertensione ma non deve essere inferiore a 3 gr /die in coloro che non hanno patologie cardiovascolari. In generale il range del consumo può variare a seconda della presenza o meno di patologie cardiovascolari da 3 a 7 gr /die.
Poco sale ma iodato
Lo iodio è un minerale che contribuisce allo sviluppo e al corretto funzionamento della tiroide, in quanto rappresenta uno dei componenti principali degli ormoni tiroidei. La conseguenza più conosciuta della carenza di iodio è il gozzo (ingrandimento della tiroide). Una particolare attenzione va rivolta alle donne in gravidanza e che allattano, in quanto, una carenza di iodio durante lo sviluppo del feto e del neonato porta a danni irreversibili del cervello e del sistema nervoso centrale e di conseguenza, ad un ritardo mentale permanente. In Italia una parte rilevante della popolazione è carente di iodio, infatti, la quantità media assunta con la dieta è insufficiente a soddisfare il fabbisogno giornaliero. Gli alimenti più ricci di iodio sono i pesci, i crostacei, la carne, le uova e il latte ma il loro consumo non è sufficiente. Una soluzione per far fronte a questa carenza è quella di utilizzare , nell’ambito di una dieta variata e bilanciata, il sale arricchito di iodio al posto di quello comune. Quindi: poco sale ma iodato!
Come ridurre il sale ma esaltare i sapori La diminuzione dell’introito giornaliero di sale può essere effettuata sia attraverso una riduzione dell’apporto discrezionale di sale, sia attraverso una riduzione dell’apporto non discrezionale, quello contenuto negli alimenti. Come? • Materie prime. Scegli materie prime poco salate e se hai dei cibi conservati sotto sale, risciacquali prima di utilizzarli. • Metodi di cottura. Preferisci metodi di cottura che concentrino il sapore. 28
Il sottovuoto è il metodo di cottura per eccellenza per preservare il sapore (e le vitamine). Prepara delle riduzioni (es: bisque, fondo bruno). Quando prepari un risotto, metti il sale all’inizio della tostatura. Il riso assorbirà bene il sale e ne basterà di meno. • Spezie, erbe aromatiche e non solo. Per insaporire senza aggiungere sale, oltre ad utilizzare spezie ed erbe aromatiche, si possono creare Sali di verdure (sedano, carota) facendole essiccare per poi tritarle. Un altro “trucchetto” è quello di usare il concentrato di pomodoro che conferisce sapore perché naturalmente ricco di acido glutammico. • Sfumare con il vino permette di insaporire senza aggiungere le calorie dell’alcol perché evapora • Acidità utilizza aceti aromatici, citronette, salsa di soia dolce per dare sapore ai tuoi piatti • Sali aromatizzati bilanciati. Un pizzico di zucchero in più per usare un pizzico di sale in meno.
Prepara il tuo sale bilanciato I Sali bilanciati aromatizzati sono dei mix di sale, eritritolo e spezie che ci consentono di utilizzare meno sale utilizzando il sapore dolce dello zucchero.
Cosa ci serve: 625 g di sale grosso iodato, 375
g eritritolo, 30-50 g di spezie. Si può preparare anche una quantità inferiore di sale bilanciato mantenendo però le proporzioni.
Procedimento: in un barattolo di vetro interval-
lare nell’ordine strati di sale, eritritolo, spezie prescelta (salvia, rosmarino, menta, zenzero, cipolla, aglio, zeste di arancio o limone…). È come una sorta di sandwich in cui la spezia sta in mezzo ai due strati di eritritolo mentre il sale grosso sta alla base e alla sommità. Lasciare riposare il mix a temperatura ambiente senza coprire il barattolo per circa 3 giorni, al termine dei quali frullare con un mixer. Se il sale ottenuto risulta un po’ umido lasciare asciugare il sale all’aria per un giorno. Divertiti a creare sali aromatizzati con diversi aromi e utilizzali per condire al posto del comune sale da cucina: più colore, più sapore e più originalità per i tuoi piatti.
Più sapore con meno sale. È possibile? VERO! Dott.ssa Francesca Grisenti Laureata in Scienze Gastronomiche all’Università degli Studi di Parma - Diplomata in Culinary Nutrition
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Buona da morire...anzi da vivere BRIOCHE EVOLUTION
Caratteristiche nutrizionali
kcal
130
Il Benessere, firmato dal campione del mondo di pasticceria Davide Comaschi. Diplomato in Culinary Nutrition con il massimo dei voti.
lipidi
2g
zuccheri semplici
4g
fibre
3g
Una brioche dal gusto unico, ottenuta da ingredienti di qualità sapientemente dosati e abbinati con il principio del “More & Less”: più fibre, vitamine, sali minerali e antiossidanti; meno grassi, calorie, sale e zuccheri.
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Diete
Quale “dieta” scegliere per rimettersi in forma dopo le feste?
S
e durante le feste avete esagerato a tavola e vi sentite appesantiti e con qualche chilo di troppo la tentazione di seguire diete drastiche, che promettono ottimi risultati in poco tempo, è molto forte. Esistono moltissime diete,spesso sprovviste di fondamento scientifico, che attirano la nostra attenzione perchè pubblicizzate dalla televisione, dalla radio, dalle riviste e da internet, e la scelta è difficile. Quale “dieta” scegliere?
I regimi alimentari tanto pubblicizzati dai media prevedono un apporto calorico molto basso e sono spesso carenti in carboidrati (la maggior parte di queste diete prevede l’esclusione di pane, pasta ecc ), ma anche in proteine come nel caso delle diete detox o di alcune diete mono alimento (es. dieta del minestrone). Pertanto portano ad un rapido calo ponderale, ma è importante valutare a cosa è dovuto il calo di peso! La speranza di tutti è perdere l’eccesso di massa 30
grassa accumulato, ma queste diete portano anche ad una perdita di acqua e massa muscolare. Un basso apporto calorico causa un aumento del catabolismo proteico : “distruzione” delle proteine dei muscolie rischio di riduzione del metabolismo basale, ovvero la quantità di energia che il nostro organismo utilizza quotidianamente in condizioni di riposo. Il risultato lo conosciamo tutti: una volta smessa la “dieta”, riprendendo le proprie abitudini alimentarisi riacquistano i chili persi con gli intereressi. La Dieta Mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, prevede il consumo di frutta, verdura, cereali preferibilmente integrali, olio di oliva, frutta secca, pesce, carne e latticini. Nella scelta di quali alimenti consumare consideriamo gli alimenti previsti dalla Dieta Mediterranea come un punto di partenza, ma questo non è sufficiente per tornare e mantenerci in forma.
É importante porre la propria attenzione non solo sulla scelta degli alimenti, ma anche sulla scelta degli abbinamenti, delle porzioni e dei metodi di cottura pensando ad un regime alimentare da seguire durante tutto l’anno che diventi uno stile di vita (e non una dieta drastica da seguire per breve tempo) che permette di controllare il peso e prevenire l’insorgenza di patologie metaboliche e cardiovascolari. Quali accorgimenti seguire dopo le feste?
ATTIVITA’ FISICA
COMPOSIZIONE E DISTRIBUZIONE DEI PASTI
• Consumare sempre la colazione e i pasti principali (pranzo e cena). Saltare i pasti e digiunare per molte ore non aiuta a perdere peso perchè porta il nostro organismo ad utilizzare una minore quantità di energia in condizioni di riposo. • I pasti principali dovrebbero apportare il 35-40 % dell’energia introdotta nella giornata. Sarebbe preferibile comporli nel seguente modo: una fonte di carboidrati (pane, pasta, riso, patate...), preferendo i prodotti integrali e i cereali a chicco intero, una fonte di proteine (carne, pesce, uova, formaggio, legumi) preferendo il consumo di pesce e legumi, una fonte di grassi, preferendo l’utilizzo di olio di oliva extravergine, e una porzione di verdura.
L’attività fisica è molto importante per tornare e mantenersi in forma: aiuta nel controllo del peso, aumenta la quantità di energia utilizzata dal nostro organismo durante la giornata, migliora la sensibilità delle cellule all’insulina, contribuisce ad abbassare i livelli di colesterolo e pressione arteriosa. É consigliabile riprendere il prima possibile l’attiva sportiva praticata abitualmente e cercare di mantenere uno stile di vita attivo facendo delle camminate, muovendosi a piedi o in bicicletta il più possibile e facendo le scale al posto di usare l’ascensore.
• Consumare quotidianamente verdura, frutta e prodotti integrali perchè sono fonte di fibra. La fibra regola la funzionalità intestinale favorendo il transito intestinale e la formazione della massa fecale, modula l’assorbimento di carboidrati, grassi e colesterolo impendendo il “picco” di nutrienti subito dopo il pasto, ha un effetto di “sconto” sulle calorie introdotte e contribuisce a mantenere il senso di sazietà più a lungo. • Preferire il consumo di frutta e verdura di stagione, e possibilmente locale, perchè hanno un maggior contento di vitamine, minerali, antiossidanti e componenti alimentari bioattivi che svolgono effetti benefici per il nostro organismo. • Limita il consumo di frutta a non più di due o tre porzioni al giorno perchè ha un elevato contenuto di zuccheri semplici. Per porzione si intende una mela, una pera, un’arancia, una banana, due kiwi, due mandarini... • La frutta secca è un’ottima fonte di fibra, grassi poliinsaturi (omega 3 e omega 6), vitamine (folati, niacina, vitamina E) e minerali (potassio, calcio, magnesio), non superare la porzione giornaliera consigliata di 30 g perchè ha un eleva31
ta, mantenendo a lungo la sazietà grazie alla presenza della fibra. • Lo spuntino, che non dovrebbe superare il 5% delle calorie introdotte nella giornata, consente di non arrivare troppo affamati al pasto. Preferire il consumo di frutta fresca.
CONDIMENTI E METODI DI COTTURA
to contento di grassi. • Non sostituire i pasti con tè o latte e biscotti, panettone, pandoro o dolci pensando di fare un pasto “più leggero”: apportano zuccheri semplici che vengono rapidamente assorbiti dal nostro organismo e hanno un elevato contenuto di grassi, in particolare saturi, mentre hanno un basso contenuto di proteine e fibra. Pertanto un pasto composto in questo modo risulta essere sbilanciato in nutrienti rispetto alla composizione del pasto consigliata sopra che soddisfa i fabbisogni nutrizionali del nostro organismo e permette di mantenere il senso di sazietà più a lungo grazie alla presenza della fibra. • Masticare lentamente: iniziamo a sentire il senso di sazietà dopo circa 20 minuti dall’inizio del pasto. Questo ci consentirà di limitare le dimensioni delle porzioni consumate raggiungendo il giusto senso di sazietà. • Consumare il pane a tavola solo con il secondo piatto, evitare dunque di metterlo a tavola all’inizio del pasto, questo consentirà di non eccedere nella
quantità di carboidrati introdotti al pasto. • La colazione dovrebbe costituire il 20% dell’apporto energetico della giornata. Preferire il consumo di pane o cereali integrali, una porzione di frutta fresca, frutta secca e se graditi latte parzialmente scremato o yogurt magro per dare al nostro organismo l’energia per affrontare la giorna32
• Preferire l’utilizzo di olio extravergine d’oliva, limitando burro, strutto, margarina e pancetta perchè contengono grassi saturi a differenza dell’olio extravergine di olive che è fonte di grassi monoinsaturi ma anche vitamina E che ha una potente azione antiossidante. • Per limitare la quantità di olio utilizzato preferire l’utilizzo di padelle antiaderenti, brodo vegetale e vino bianco.Misurare l’olio utilizzato con un cucchiaio da tavola oppure utilizzare uno spray per l’olio che permette di distribuire in modo uniforme l’olio limitandone la quantità. • Evitare l’utilizzo di grassi vegetali come la margarina e la panna vegetale perchè contengono un’elevata quantità di grassi saturi, a differenza dell’olio di oliva o extravergine. • Per ridurre la perdita di vitamine e minerali durante la cottura delle verdure preferisci cotture brevi, in poca acqua salata. La presenza di sale in acqua limita la fuoriuscita di sali minerali dall’alimento. • Lavare le verdure a foglia intere e non lasciarle a lungo in ammollo per limitare la perdita di vitamine e minerali. • Aggiungere un cucchiaio di succo di limone per ogni litro di acqua durante l’ammollo dei legumi secchi per ridurre la perdita delle vitamine del gruppo B. • Preferire il sugo di pomodoro per condire i primi piatti o i secondi rispetto al pomodoro fresco: la cottura aumenta il potere antiossidante del licopene contenuto nel pomodoro che ha un’azione protettiva per la pelle. Durante la preparazione del sugo o a crudo aggiungere una piccola quantità di olio extravergine di oliva che favorisce l’assorbimento di licopene.
BEVANDE
• Preferire il consumo di acqua, the e tisane durante la giornata perchè idratano il nostro organismo senza apportare zuccheri semplici contenuti nei succhi di frutta e nelle bibite zuccherate. • Evitare il consumo di succhi di frutta, bibite zuccherate e bevande alcoliche. Sicuramente durante le feste il vino non sarà mancato sulle nostre tavole, farne a meno per qualche settimana aiuterà a ridurre le calorie assunte durante la giornata. Ricordate che l’alcol pur non essendo un nutriente, ha un elevato apporto calorico (7 kcal/g). La dose giornaliera limite consigliata è un bicchiere di vino (125 ml) per la donna e due bicchieri per l’uomo.
DOLCI E ZUCCHERO
• Evitare l’utilizzo di zucchero per dolcificare le bevande. • Preparare i dolci utilizzando farine con un buon contenuto di fibra (contenuto minimo di fibra 4-8 g per 100 g di farina) come la farina di legumi, la farina di castagne, farina di frumento tipo 1 e 2, aggiungi tra gli ingredienti anche la frutta secca e la frutta fresca per aumentare il contenuto di fibra e dare il sapore dolce. Aggiungere inoltre una piccola quantità di inulina, fibra con attività prebiotica che favorisce la crescita di Lattobacilli e Bifidobatteri che compongono la flora batterica intestinale e modula l’assorbimento dei nutrienti con effetto di “sconto” sulle calorie introdotte.
• Ridurre la quantità di zucchero aggiunto nelle preparazioni dei dolci sostituendo in parte o del tutto il saccarosio (zucchero da tavola) con miele che ha un potere dolcificante maggiore rispetto al saccarosio oppure con eritritolo, dolcificante ottenuto dalla fermentazione industriale della frutta, senza calorie che non alza la glicemia, oppure con sciroppo d’agave, che ha un potere dolcificante maggiore rispetto al saccarosio e minore potere calorico, oppure aggiungendo frutta fresca o essiccata nella preparazione.
É NECESSARIO RINUNCIARE AL GUSTO? La Culinary Nutrition permette di coniugare il piacere di stare a tavola con il benessere. Attraverso la scelta degli ingredienti, degli abbinamenti, delle quantità e il calcolo dei valori nutrizionali è possibile consumare i nostri alimenti preferiti restando in forma, ma è importante seguire in toto quanto previsto dalla ricetta Evolution. Attenzione però alla ricetta. Preparare i piatti della tradizione culinaria italiana assicurndosi gusto e benessere antiaging e calorie limitate è possibile seguendo la ricetta Evolution che ha un contenuto controllato di grassi e zuccheri e sono arricchite in fibra, vitamine, minerali, antioasidanti e fitocomposti. In ogni numero del Journal of Culinary Nutrition trovi una ricetta Evolution tutta da provare. Dott.ssa Elena Afanasyeva Dietista & Culinary Nutritionist Fonti Standard quantitativi delle porzioni, LARN IV Revisione 2014, SINU
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Notizie in breve
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hiara Manzi al Tg 4: Il Successo Continua!
In TV si parla ancora di Culinary Nutrition e Cucina Antiaging con la Dott.ssa Chiara Manzi, Fondatrice dell’Art joins Nutrition Academy e Presidente ASSIC. Chiara Manzi, già per tre volte ospire nello spazio di approfondimento del Tg 4 è stata nuovamente in diretta sabato 10 Dicembre alle 19:30 per svelarci preziosi consigli nutrizionali su tantissimi cibi, rivelando anche come cucinarli e abbinarli per godere al massimo dei benefici antiaging “nascosti” in questi alimenti.
Si è conclusa la 27° edizione del Master in Culinary Nutrition partita il 12 Settembre!
Una nuova generazione di cuochi, pasticcieri e nutrizionisti sono pronti per portare a tavola la cucina antiaging, tra loro anche lo Chef Stellato Paolo Cappuccio.
Edizione che va, edizione che viene!
Il 30 Gennaio 2017 a Parma inizia la 28° edizione del Master in Culinary Nutrition e
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cucina antiaging. L’unico master dedicato ai professionisti del food che imparano a rendere salutari e antiaging anche i piatti più golosi e calorici della tradizione italiana e ai professionisti della salute che imparano a sostituire le inutili diete in piani culinari golosi e antiaging.
Cucina Antiaging per tutti!
In partenza a gennaio 2017 i CORSI AMATORIALI di CUCINA ANTIAGING a Cinisello Balsamo, Milano, presso Show Room Frigo 2000! Sei appuntamenti della durata di 3 ore per scoprire e sperimentare in cucina
• Sabato 21 gennaio 2017 ore 10-13 Modulo 1: La cucina BuonaDaVivere: lo stile di vita Cucina Evolution, dimagrire e stare in forma con piatti golosi della nostra tradizione Obiettivo: trasformare la cucina della tradizione in cucina non solo buona, ma buona e antiaging Ricette: cacio&pepe; cotoletta e muffin al cioccolato
• Sabato 18 febbraio 2017 ore 10-13 Modulo 2: Decidi la durata della tua vita; scopri gli antiossidanti in cucina Obiettivo: come arricchire i tuoi piatti di antiossidanti Ricette: amatriciana; vitel tonnè; gelato al lampone
• Sabato 11 marzo 2017 ore 10-13 Modulo 3: Il risotto antiaging Obiettivo: Come realizzare dei fantastici risotti antiaging Ricette: risotto alla milanese, cavoli che risotto!, risotto pere e noci
• Sabato 8 aprile 2017 ore 10-13 Modulo 4: Lo sconto sulle calorie Obiettivo: scoprire il segreto per scontare calorie dai piatti in modo semplice e naturale Ricette: orecchiette con le cime di rapa; hamburger Evolution; crostata di frutta
Trani – Venerdì 10 marzo 2017 dalle 10:00 alle 17:00 Corso di frittura Antiaging Carsoli - Martedì 21 febbraio 2017 dalle 10:00 alle 17:00 Parma – Martedì 16 maggio 2017 dalle 10:00 alle 17:00 Open day Academy: tutti gli appuntamenti con l’Art joins Nutrition Academy per scoprire cosa accade al Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging Parma - martedì 17 Gennaio 2017 dalle 10:00 alle 17:00 (Ravadese) Carsoli - mercoledì 18 Gennaio 2017 e martedì 21 Febbraio 2017 dalle 10:00 alle 17:00 Milano - lunedì 23 Gennaio 2017 dalle 10:00 alle 17:00 (Peschiera Borromeo) (MI) 10.0017.00 Open day Academy
• Sabato 20 maggio 2017 ore 10-13 Modulo 5: La dieta del goloso Obiettivo: imparare a mangiare di Gusto con dolci golosi, senza rinunciare al Benessere Ricette: Crostata di lamponi, profitterol Evolution, krapfen Evolution
• Sabato 17 giugno 2017 ore 10-13 Modulo 6: Abbronzatissima Obiettivo: creare piatti ricchissimi di beta carotene per un’abbronzatura perfetta! Ricette: timballo verde alla romana, calamari ripieni su crema di carote, cestini di melone e ananas In ogni modulo sarà realizzata una diversa tipologia di vitality drink. Info e prenotazioni (http://www.cucinaevolution.it/ shop/)
Altri corsi in programma: Menù antiaging Stellato con lo Chef Paolo Cappuccio Carsoli - Martedì 7 febbraio 2017 e Giovedì 13 Aprile 2017 dalle 10:00 alle 17:00 35
Via Ferrara 14 - 43122 Parma Tel. 0521 1640539 - C.F. 97569720580 info@sicurezzanutrizionale.org - www.sicurezzanutrizionale.org