Journal of Culinary Nutrition - Febbraio 2017

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Journal of Culinary Nutrition

Febbraio 2017 - N. 2

Ricerche scientifiche, ricette, articoli, informazioni e approfondimenti La rivista online a cura del comitato scientifico dell’Associazione e dei nostri esperti sulla Sicurezza Nutrizionale in Cucina

Una buona alimentazione inizia da qui: Il pane. Proteggiamoci da un grave pericolo. Il meglio del 2016.


Editoriale – a cura della Dott.ssa Chiara Manzi

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Editoriale – a cura della Dott.ssa Chiara Manzi

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imagrire, Dieta, Ricetta, Salute, Cucina... sono le tematiche più trattate dai media e tra le parole più ricercate su internet.

Ma c’è tanta confusione nella divulgazione scientifica. I consumatori sono bombardati da informazioni contrastanti. La divulgazione accademica e’ rigorosa ma spesso noiosa e punitiva. La divulgazione di intrattenimento e’ superficiale e priva di fondamento scientifico.

Il journal of Culinary Nutrition si propone di divulgare in modo semplice e accattivante messaggi rigorosamente avvallati da ricerca scientifica. Parliamo con un linguaggio facile di tutti gli aspetti della nutrizione che si applicano in cucina. E cioè di Come variano i nutrienti e il loro effetto sul nostro organismo a seconda di come vengono trattati cucinati dosati e abbinati i cibi.

Il nostro obiettivo? Aiutare il lettore a cucinare in modo gustoso e ricco di benessere. Ringrazio quindi i cuochi, i ricercatori, gli scienziati e i professionisti che scrivono in questa rivista dell’impegno che mettono per rendere facili concetti complessi e presentare sempre soluzioni agli eventuali rischi per la salute.

Ringrazio i lettori che ci scrivono per complimentarsi con noi, siete tantissimi! Sono benvenute le vostre richieste e suggerimenti.

In questo numero vi riproponiamo alcuni temi trattati nel 2016 ancora molto attuali e importanti con l’intento di fornirvi un numero da leggere e conservare come riferimento per un 2017 buono da morire anzi... BuonoDaVivere! Chiara Manzi Presidente ASSIC e Art joins Nutrition Accademy

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AUTORI

Hanno contribuito a questo numero

CHIARA MANZI Fondatrice di Art joins Nutrition Academy, l’Accademia Europea di Culinary Nutrition, la branca della nutriziona applicata alla cucina (www.nutrizioneincucina.it) Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina Docente al Master di Medicina Estetica dell’Università di Roma Tor Vergata. Autrice di diversi libri divulgativi sulla Nutrizione in Cucina

MICHELE RUBBINI Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara

MARIA MATTERA

ELENA AFANASYEVA

ILARIA PROIETTI

SILVIA BRAZZO

FILIPPO M. JACOPONI

Dietista – Culinary Nutritionist

Dietista - Culinary Nutritionist, Piacenza

Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Siviglia della Commissione Europea

Dietista-Culinary Nutritionist responsabile dell’AjNpoint di Pavia

Psicologo clinico esperto in psicologia alimentare approccio cognitivo-comportamentale, Roma.

ILARIA RONCAIOLI

FRANCESCA GRISENTI

MASSIMO SALVADEI

Laureata in Scienze Gastronomiche all’Università degli Studi di Parma Diplomata in Culinary Nutrition

MASSIMILIANO RINALDI

LAURA ONORATO

Nutrizionista - Nutritional Therapist - Culinary Nutritionist Responsabile dell’Art joins Nutrition Academy del Centro-Sud

Laureata in Farmacia presso l’università degli studi di Palermo. Laureata in Alimentazione e Nutrizione Umana, presso l’università degli studi di Milano. Master in Culinary Nutrition.

Chef AJN Executive chef Hotel Ristorante Le Sequoie

Tecnologo alimentare e ricercatore di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Parma

Journal of Culinary Nutrition Mensile – Numero 2 – Febbraio 2017 Direttore responsabile ed Editore: Professore Michele Rubbini Presidente ASSIC e Art joins Nutrition Accademy: Dott.ssa Chiara Manzi Staff editoriale: Prof. Massimiliano Rinaldi, Dott.ssa Ilaria Proietti, Prof. Vincenzo Brandolini, Dott.ssa Silvia Brazzo, Dott. Giuseppe De Carlo, Pasticciera Patrizia Lombardi, Dott.ssa Francesca Grisenti, Dott.ssa Ilaria Roncaioli, Dott.ssa Maria Mattera, Dott.ssa Elena Afanasyeva, Dott.ssa Laura Onorato, Chef Massimo Salvadei, Prof.ssa Antonella Cavazza.


Sommario Rubriche: Pag. 6.........Voglio essere Chiara - Acrilammide…questa sconosciuta! Pag. 12........Una ricerca…, un approdo…, un nuovo viaggio. Pag. 16.......È solo buono o fa anche bene? – L’amatriciana buona da vivere Pag. 18.......È solo buono o fa anche bene? – La cotoletta buona da vivere Pag. 22.......Tecnologia in cucina - I prodotti di glicazione avanzata (AGE) questi sconosciuti Pag. 26......Stupidometro - Non riesco a dimagrire! E’ sicuramente colpa del mio metabolismo che ha smesso di funzionare! Pag. 30......ASSIC - Notizie in breve Pag. 31.......News dal mondo scientifico - Vitamina K per proteggere non solo ossa e cuore, ma anche la mente Pag. 33.......AliMenti - Il mattino ha l’oro in bocca: dai comportamenti alle proposte per una colazione in famiglia Pag. 36......FOCUS - Gravidanza e folati: il metodo di cottura prima di tutto! Pag. 38......Diete - Ad ogni gruppo sanguigno la sua dieta? Pag. 43.......Vero o Falso - Il vino rosso fa buon sangue? Vero, ma… Pag. 46.......Il talento e la formazione

Vieni a trovarci sul nostro sito 5


Voglio essere Chiara

Stop acrilammide: dal piatto Cos’è l’acrilammide?

In base alle indicazioni dell’EFSA (Scientific Opinion on acrylamide È una sostanza potenzialmente can- in food - EFSA 2015) per gli effetti cerogena che si forma durante la cot- dell’acrilammide correlati al cancro, tura, l’esposizione della popolazione è così quando alimenti ricchi di zuccheri riducenti e alta da costituire un allarme per la asparagina (amminoacido), ad esempio le patate salute pubblica. e i cereali, sono sottoposti a temperature maggiori di 120° C come accade durante la frittura o la cottura al forno e acquistano un colore marroncino che li rende più appetitosi. Il processo chimico che porta alla formazione dell’acrilammide è noto come “reazione di Maillard”.

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Quali rischi si corrono assumendo l’acrilammide? Esiste una dose sicura? L’acrilammide ha un effetto genotossico e cancerogeno, in altre parole è una so-

stanza potenzialmente in grado di mutare il DNA aumentando il rischio di sviluppare il cancro nei consumatori di tutte le fasce d’età. Aumenta il rischio di Tumore all’endometrio, ovaio e reni e produce effetti nocivi su sistema nervoso, sviluppo prenatale e postnatale e sulla riproduzio-


via i cancerogeni ne maschile. Proprio per questi suoi effetti l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) dichiara che non si può definire una dose “sicura” ma una dose con effetto “trascurabile”

pari a 0,17 mg per Kg di peso corporeo al giorno. EFSA afferma che per le sostan-

ze cancerogene un MOE (margine di esposizione) di 10000 è di lieve preoccupazione per la salute pubblica, perciò la dose con effetto “trascurabile” va divisa per 10000 in modo da ottenere un parametro più sicuro.

Uomo adulto di 60kg. dose “innocua” 1mcg. al giorno

1 g di patate chips, 3 g di patate fritte o al forno, 4 g di biscotti e 3 g di plasmon first month (dati riportati dalle ricerche EFSA). vare in

In considerazione del fatto che la dose “innocua” dipende dal peso corporeo, i bambini rappresentano la fascia d’età più a rischio.

Bambino di 30kg. dose “innocua” 0,5mcg. al giorno

Ad esempio per un uomo di 60 kg la dose “innocua” è (0,17x 60)/10000 = 1microgrammo al giorno di acrilammide, la quantità che possiamo tro-

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Quali sono i cibi che contengono acrilammide?

Come riconoscere l’acrilammide negli alimenti?

I prodotti che maggiormente apportano acrilammide sono: patate fritte, chips e al forno, caffè, prodotti da forno come pane, pizza, biscotti, fette biscottate, cereali da colazione e crackers.

In particolare i prodotti a base di segale e farina integrale producono quantità più elevate rispetto agli stessi prodotti realizzati con la farina bianca. Questo si verifica perché la parte cruscale del cereale ha un contenuto maggiore di asparagina.

Il colore degli alimenti è di aiuto per individuare la presenza di acrilammide. Nello specifico è il colore dal marroncino al marrone scuro che possiamo osservare sulle patate, il pane, la pizza, i biscotti, i cereali da colazione, le fette biscottate ecc... ad indicarci chiaramente la presenza di questa sostanza cancerogena. Più sarà scuro il colore ed estesa l’area interessata, maggiore sarà la quantità di acrilammide. Se il colore, invece, è dorato la presenza di acrilammide potrebbe essere “trascurabile”. Nella mollica del pane o nelle patate bollite, non c’è acrilammide.

Il colore delle patate indica il contenuto di acrilammide (mcg di acrilammide per grammo di patate)

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Fino ad oggi nessuno aveva realizzato uno strumento che permettesse di riconoscere quale colorazione nelle patate fosse indice di acrilammide. ASSIC, Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in Cucina, ha promosso una specifica ricerca scientifica al fine di realizzare uno strumento che fosse di aiuto al consumatore per riconoscere tale contaminante nelle patate. La ricerca ha analizzato il contenuto di acrilammide nelle patate cultivar Primura cotte in formo a diverse temperature (da 140°C a 180°C) e tempi (dai 15 minuti ai 60 minuti) in assenza di vapore e 8 in funzione combinata aria/vapore. Il contenuto di acrilammide è stato analizzato e messo


Come ridurre la formazione e l’esposizione all’acrilammide?

5. Sbollenta le patate per 6-8 minuti in acqua e aceto prima di friggerle o cuocerle al forno (14 g di aceto per ogni litro di acqua di cottura). Il PH acido rallenta la formazione di acrilammide.

La scelta della materia prima, il metodo di conservazione e la temperatura alla quale il cibo è cucinato influenzano la quantità di acrilammide nei diversi tipi di alimenti. Vediamo più nel dettaglio.

6. Per friggere le patate aggiungi 1g di estratto di rosmarino in 1lt di olio. Puoi realizzarlo a casa utilizzando una centrifuga o meglio un estrattore.

PATATE

7. Per le patate al forno utilizza questa cottura: - 150-160°C per 30-40 minuti, meglio se con un 25% di vapore. - Usa la carta forno per evitare che si brucino a contatto con la teglia. - Disponi le patate ben stese sulla teglia in modo che cuociano in modo omogeneo. Seguendo queste indicazioni si riduce la formazione di acrilammide ed otterrai delle patate dorate e croccanti.

1. Conserva le patate a temperatura ambiente superiore ad 8°C. A temperature inferiori le patate sviluppano più zuccheri riducenti. 2. Prediligi le patate appena raccolte. Le patate si raccolgono tutto l’anno ma soprattutto durante i mesi estivi. Durante lo stoccaggio, nei mesi successivi alla raccolta si sviluppano più zuccheri riducenti.

8. Controlla sempre il colore delle patate durante la cottura, queste devono risultare dorate e non marroncine.

3. Scegli delle patate che contengono poca asparagina e/o zuccheri riducenti come le varietà: Agria, Jelli e Spunta.

9. Dopo la frittura di patate e cereali puoi riutilizzare l’olio solo se lo filtri per eliminare residui di prodotto bruciati. 10. Metti in ammollo le patate con estratto di tè verde per 1 minuto prima di cuocerle al forno o friggerle (1 g di estratto per litro di acqua): l’acrilammide si riduce del 62%.

4. Taglia le patate in modo uniforme scartando eventuali residui e pezzi troppo piccoli che durante la cottura potrebbero scurirsi più facilmente.

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in relazione alla colorazione assunta dal prodotto. La ricerca ha confermato che il colore è indice del contenuto di acrilammide, a prescindere dalle condizioni di cottura (tempi, temperature, vapore). La ricerca ha visto protagonisti la prof.ssa Antonella Cavazza dell’Università di Parma, il prof. Massimiliano Rinaldi dell’Università di Parma, Chiara Manzi Presidente ASSIC, Maria Mattera dietista ASSIC. La ricerca è stata realizzata con il supporto di Art joins Nutrition Academy. Si ringrazia Luca Balsamo che ha svolto la sua tesi di laurea in Scienze Gastronomiche 9 presso l’Università di Parma su tale ricerca.”


CEREALI – PANE, PIZZA, DOLCI 1. La farina di segale e quelle integrali producono più acrilammide. È preferibile utilizzare farine raffinate addizionate con altre fibre, come ad esempio la fibra di bambù o l’inulina, in questo modo si riduce la formazione di acrilammide senza rinunciare alla fibra, un importante nutriente per la nostra salute. Se preferisci prodotti integrali il colore deve essere appena dorato. 2. Prediligi una lievitazione più lunga, i lieviti si nutrono di zuccheri e quindi riescono a ridurre la quantità di zuccheri riducenti responsabili della formazione di acrilammide. 3. Quando prepari una panatura aggiungi un 3% di tè verde al pangrattato: l’acrilammide si riduce di circa il 50%. 4. Prediligi delle cotture più lunghe ma a temperatura più bassa. L’acrilammide si forma più velocemente a temperature superiori a 180°C. 5. L’aggiunta alla farina di segale e di grano saraceno di un 2% di noce moscata, finocchio, anice e chiodi di garofano, riduce la formazione di acrilammide di circa il 20%. 6. Controlla sempre che il colore degli alimenti sia dorato e non marroncino

Chiara Manzi Fondatrice di Art joins Nutrition Academy Presidente dell’Associazione per la Sicurezza Nutrizionale in cucina Fonti: Scientific Opinion on acrylamide in food
EFSA 2015 Panel on Contaminants in the Food Chain (CONTAM) European Food Safety Authority (EFSA), Parma, Italy. Acrylamide-Forming Potential and Agronomic Properties of Elite US Potato Germplasm from the National Fry Processing Trial - Yi Wang et al. Crop Science - 2015 Effect of natural extracts on the formation of acrylamide in fried potatoes Gema Morales et al., Food Science and Technology – 2014 Effect of green tea extract and microwave pre-cooking in the formation of acrylamide in fried chicken drumsticks and chicken wings Eda Demirok, Nuray Kolsarici, Food Research International – 2014 Stabilisation of sunflower oil and reduction of acrylamide formation of potato with rosemary extract during deep-fat frying - Simona Urbancic et al. - Food Science and Technology 2014 Impact of pre-treatments on the acrylamide formation and organeleptic evolution of fried potato chips - Samir Abdel et al. - American Journal of Biochemistry and Biotechnology 2013 Role of spices on acrylamide formation in buckwheat ginger cakes - L. Markováa,b, Z. Ciesarováa, K. Kukurováa, H.Zielińskic, D.Zielińskad, A. Bednáriková 2012

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Buoni da morire...anzi da vivere FROLLINI CACAO E SCORZA D’ARANCIA

Caratteristiche nutrizionali per porzione (40 g)

Lo sapevi?

kcal

123

zuccheri

5g

fibre

8g

lipidi

4g

Claims nutrizionali

I polifenoli del cacao non vengono assimilati in presenza di caseina. Per questo abbiamo sostituito il burro con olio extravergine di oliva.

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Per il mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue è ricco di grassi insaturi

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Ad alto contenuto di fibre

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Fonte di omega 3

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Contiene Prebiotici 11

www.cucinaevolution.it


Una ricerca…, un approdo…, un nuovo viaggio. …All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio….” (“Alla ricerca del tempo perduto” M. Proust).

ovunque. Gran parte del suo tempo lo impiegava in cucina ed io, stando con lei e spinto dalla curiosità e dallo spirito di intraprendenza tipici di ogni bambino, iniziai, poco a poco a sentire l’esigenza di fare e imitare. Ancora oggi, questo ricordo mi restituisce sensazioni e sentimenti a tratti teneri e a tratti malinconici.

Come per Proust la madeleine è il simbolo della memoria che emerge involontariamente e permette il manifestarsi del suo essere intrappolato in un tempo antico, incapace di dimenticare, così per me i sapori e gli aromi della cucina rappresentano con forza momenti passati della mia vita.

Il momento che ricordo con più nitidezza di quel periodo è quello della domenica mattina. Mia madre si alzava di buon’ora per preparare la pasta fatta in casa, metteva sul tavolo la spianatoia e prendeva il mattarello. Il rumore leggero del mattarello poggiato sulla spianatoia mi svegliava, così andavo in cucina e salivo in ginocchio sulla sedia. Lei mi preparava in un angolo la farina e io iniziavo a giocare e pasticciare. Non sapevo ancora che la pasta all’uovo sarebbe diventata la protagonista della mia attività.

Se dovessi tornare indietro nel tempo e fermare l’istante in cui ho iniziato a muovere i primi passi in cucina dovrei tornare a quando avevo solo un anno. Mia madre venne operata ad un occhio e io fui costretto a stare lontano da lei per un mese. Il trauma subito per l’improvviso distacco mi portò ad attaccarmi a lei morbosamente: avevo bisogno di averla vicino e seguirla

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Con il passare degli anni il cibo fu uno strumento privilegiato di complicità. Grazie ad esso potevo confidarmi, starle vicino, sperimentare , esprimerle dubbi e desideri, svelarle segreti e passioni. Ma fu anche motivo di scontro. Proprio in uno di quei momenti che tanto mi piacevano, le confidai


il desiderio di fare della mia passione un’occasione di studio. Ma mia madre, che nutriva per me altre aspettative, mi convinse a desistere. Scelsi, quindi, il Liceo Scientifico del mio paese: una scuola vicina che non mi avrebbe fatto allontanare da casa. Forse, inconsapevolmente, lei non accettava l’idea di pensarmi di nuovo lontano. Dopo due anni di scontri, una bocciatura e la mia ostinata testardaggine, maturò la convinzione che assecondare la mia passione poteva essere l’opportunità per fondare un vero e proprio progetto di vita. Iniziai, così, con notevole entusiasmo, a frequentare l’Istituto Alberghiero. Fu per me un grande laboratorio di studio, di pratica, luogo privilegiato per immaginarmi protagonista di grandi strutture ristorative e ricettive. Ero affascinato dalle divise, da alberghi maestosi, da nuove situazioni e nuove culture. Mi piaceva pensare alla possibilità di abbandonare la quotidianità, le abitudini, le certezze e scoprire me stesso fuori dai vincoli del mio ambiante. Fu così che, una volta diplomato, partii alla volta dell’Inghilterra. Qui il mio progetto di vita assunse la sua vera fisionomia e il suo senso. Attraverso sapori, colori, aromi, tipicità iniziai un percorso di ricerca dentro e fuori di me.

Piano piano, però, la sperimentazione della materia prima, il carattere e le sfumature di alcuni sapori, mi riportavano con forza a momenti passati della mia vita. Sentivo il bisogno di ritrovare luoghi e situazioni colmi di storia, di tradizione, ma anche di semplicità, di essenzialità, per potermi avvicinare in modo più autentico e vivo alla trasformazione della materia prima in prodotto. Capii che mettere a fuoco la qualità di un alimento e conservarne il valore nutritivo, significava anche apprezzare il valore della stagionalità e indagare tecniche di coltivazione. La mia attività di studio, pertanto, si concentrò intorno ad una delle funzioni vitali della nostra mac-

china biologica, l’alimentazione, che considera il cibo un carburante in grado di regolare e far funzionare efficacemente il nostro organismo. Fermiamo per un momento l’attenzione su queste due parole chiave: carburante – funzionamento. Immaginiamo di avere una macchina con motore diesel e fare rifornimento con la benzina. Cosa accadrebbe? Il carburante entrerebbe in circolazione generando gas ad altissima temperatura e i meccanismi, non essendo in grado di gestire la combustione di un materiale diverso da quello per cui sono stati pensati, subirebbero un grave danneggiamento. Allo stesso modo si comporta il nostro organismo, che richiede una dieta bilanciata attenta ai fabbisogni nutrizionali della persona, al valore nutrizionale di un alimento e ai cambiamenti a cui vanno incontro i cibi attraverso la cottura e la conservazione. Da qui lo studio sempre più orientato verso gli effetti benefici della corretta alimentazione sul nostro organismo e verso le caratteristiche specifiche dei prodotti, in particolar modo quelle organolettiche. L’acquisizione di queste nozioni ha sicuramente accompagnato, per un certo periodo di tempo, il mio modo di lavorare, indugiando, però, nel campo dell’esplorazione, senza caratterizzare in modo significativo la mia professione. Ecco che , ancora una volta, un altro momento doloroso legato alla mia famiglia, si intrecciava prepotentemente con il mio progetto di vita: il dolore di mia madre che non riusciva a comprendere e a elaborare la perdita prematura di sua sorella. Lunghi anni di sofferenza per la malattia di mia zia, la tristezza e il tormento che leggevo nello sguardo di mia madre, mi portavano ad accanirmi sulla conoscenza dei tumori. Ma, come accade spesso, in un processo di conoscenza c’è sempre quella parte di sapere “riservato”, segreto , oscuro, che spinge l’uomo a porsi domande, a indagare. Volevo mettere meglio a fuoco la relazione tra cibo e l’insorgenza di alcune patologie, in particolare il tumore, così insidioso e così diffuso. Il campo di indagine era sicuramente vastissimo e mi orientai verso la ricerca on-line, lavoro niente affatto semplice, perché fa entrare in contatto con informazioni legittimate da vere e proprie evidenze scientifiche, ma anche con opinioni personali e speculazioni. Man mano, quindi, che il mio affannoso desiderio di trovare nuovi legami tra salute e sapori andava avanti, prendeva corpo un progetto: approfondire lo studio

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della dieta mediterranea e i suoi benefici effetti sulla longevità.

La ricerca, dunque, di nuovi legami tra salute e sapori mi ha condotto al fortunato incontro con l’Accademia Europea di Culinary Nutrition, la cui mission è coniugare l’arte della cucina con la scienza della nutrizione.

Approfondendone la visione, il modo di intendere l’alimentazione, i fondamenti scientifici, avevo la sensazione di trovare le risposte a tutti quegli interrogativi rimasti, fino ad allora, irrisolti. Senza rifletterci troppo decisi di iscrivermi e frequentare l’Accademia. Ho compreso subito che avevo aperto una finestra su prospettive attese, ma sconosciute. Erano elementi nuovi e di valore, concetti evolutivi e interessanti che mi venivano offerti. Ho visto principi e certezze nutrizionali, consolidate nel tempo, crollare come castelli di carta, essere messe in discussione da solidi fondamenti scientifici. Ho cambiato prospettiva guardando alla pratica culinaria con un occhio diverso. Ho iniziato a intendere il piatto come realizzazione di un perfetto connubio tra gusto e salute, tra piacere e benessere. Man mano che acquisivo conoscenze e competenze diverse, crescevano in me stimoli e impulsi a riprendere quella pratica di ricerca, che per buona parte della mia attività professionale si era espressa con fervore, ma che, consolidando una solida prassi culinaria sicura, senza rischi né incognite, aveva subito una battuta di arresto, fossilizzandosi e conservandosi sempre uguale a se stessa.

Forse, il primo elemento di valore consegnatomi dall’Accademia è proprio questo: considerare l’acquisizione di una nuova conoscenza come il punto di partenza per un nuovo processo di ricerca. Cercare sempre di andare avanti, evolvere, migliorare, svincolarsi dalle abitudini. Ho maturato la convinzione che l’uomo, qualsiasi professione o mestiere svolga, non debba mai sottrarsi all’innovazione, al progresso. 14

Pensiamo alla medicina, a quante vite in più vengono salvate ogni anno grazie alla continua ricerca, alle nuove scoperte, agli studi sempre più innovativi. E se poi tra queste scoperte risulta esserci anche il legame tra alimentazione e malattia, perché non accettarlo e non partecipare al progresso scientifico? Se la conoscenza gastronomica e l’attività culinaria possono entrare a far parte del cammino evolutivo della scienza medica, perché non intraprendere questa strada?

Se si guarda in questa direzione, forse, l’aspetto più rivoluzionario introdotto da Chiara Manzi nell’Art Joins Nutrition Academy, è il lavoro congiunto di queste figure professionali: da un lato i professionisti del Food, dall’altro medici, nutrizionisti e dietisti. Lavoro che, avvalendosi di tali competenze, riesce a coniugare in modo perfetto e bilanciato i concetti di gusto e benessere, che generalmente viaggiano su binari paralleli. Costituente di pregio e di distinzione è l’intenzionalità di ancorare scientificamente la nutrizione alla salute. Come protagonisti di una società in continua evoluzione la nostra scelta naturale deve essere quella di sposare ogni processo evolutivo, farne parte. La mia sarà quella di divulgare e promuovere, con tutti i mezzi a mia disposizione, questa nuova frontiera della nutrizione alimentare, questa nuova scienza dello stare in cucina, questo fondamentale assioma del mangiare sano ma con gusto. Massimo Salvadei Chef AjN

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Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging! 20 MARZO 2017 CARSOLI Scopri di piĂš


È solo buono o fa anche bene?

L’amatriciana buona da vivere Ecco la domanda che da oggi devi farti e devi fare. Entra in cucina con la Culinary Nutrition e trasforma i piatti della nostra tradizione in elisir di lunga vita.

…E li tra gli armeti, da magica mano, nascesti gioiosa nel modo più strano, la pecora mite e il bravo maiale, donarono insieme formaggio e guanciale” così il poeta Carlo Baccari racchiude nei suoi versi l’essenza e la semplicità degli ingredienti dell’amatriciana. La ricetta tradizionale vede come protagonisti: il guanciale, il pecorino e la salsa di pomodoro. Nonostante pochi e semplici ingredienti, se non li bilanciamo in modo adeguato, otteniamo un piatto gustoso ma ricco di grassi, calorie e sale responsabili dell’insorgenza delle principali patologie metaboliche: sovrappeso, obesità, diabete, dislipidemie ecc… Saresti contento se fosse possibile restare in forma

Amatriciana tradizionale Chef Alessandro Borghese Ingredienti per una porzione: • Pasta • Guanciale • Pecorino • Salsa di pomodoro • Pepe e peperoncino

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100 g 50 g 25 g 100 g q.b.

Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 29.5 g • Grassi 22.3 g • Carboidrati 82.2 g • Fibra 4g • Energia 647 Kcal

e in salute mangiando tutti i giorni un’amatriciana? Nella cucina antiaging è vietato vietare, l’unica regola da rispettare è il “More & Less”. Tutti i nostri piatti devono avere:

-Più vitamine, minerali, antiossidanti e fibra, -Meno grassi, calorie, zuccheri e sale.

Partendo da questo principio è stata realizzata l’amatriciana evolution, un piatto che rispetta i sapori della tradizione ed è impreziosito da un ingrediente magico: il benessere antiaging. Una porzione di Amatriciana evolution ha meno grassi, più fibra e 250 calorie in meno rispetto alla versione tradizionale.

Amatriciana evolution Ricetta AjN Academy Ingredienti per una porzione: • Pasta • Guanciale • Pecorino • Salsa di pomodoro • Inulina

70 g 30 g 8g 100 g 2g

Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 13.3 g • Grassi 10 g • Carboidrati 58 g • Fibra 5 g • Energia 385 Kcal


3 motivi che rendono l’amatriciana evolution, un piatto buono da vivere. 1. Più sazi con la fibra. L’inulina è una fibra vegetale di tipo solubile che si estrae naturalmente dalla cicoria. Grazie all’aggiunta di questo ingrediente, nel nostro piatto abbiamo il doppio della fibra presente in una porzione d’insalata. Perché è così importante la fibra? La fibra aumenta il volume del contenuto gastrico, distendendo le pareti dello stomaco. Questo produce un maggiore senso di sazietà e ci aiuta a mangiare meno. Inoltre rallenta la digestione e l’assorbimento di zuccheri e grassi, compreso il colesterolo, facendoci risparmiare calorie. 2. Meno grassi e calorie con il metodo di cottura giusto. Un solo grammo di grasso ci fornisce ben 9 calorie. Lo chef è riuscito a ridurre del 30% il contenuto di grassi del guanciale facendolo tostare in padella. Questo metodo di cottura ci permette di renderlo croccante in modo da esaltarne il gusto di risparmiare calorie. Il risultato è un piatto gustoso con meno della metà dei grassi presenti in una porzione di amatriciana tradizione. 3. Più sani e più belli con il pomodoro. La passata di pomodoro è ricca di licopene un carotenoide che gli dona il colore rosso ed impreziosisce il nostro piatto di antiossidanti. La cottura prolungata del pomodoro ci permette di aumentare il potere antiossidante. Il calore libera il licopene dalle pareti cellulari del pomodoro aumentando di cinque volte il suo assorbimento intestinale e rompendo la sua struttura molecolare lo rende maggiormente attivo a livello cellulare. Il guanciale ci assicura la presenza dei grassi che ne facilitano l’assorbimento. Il licopene è in grado di proteggere la nostra pelle molto più di una crema antirughe in quanto penetra all’interno

delle cellule epiteliali, mentre le creme agiscono solo all’esterno. Ora non ti resta che andare in cucina e metterti all’opera per preparare un’amatriciana bella, buona e che ti fa bene.

Preparazione: Togliere la cotenna al guanciale e tagliarlo finemente. Soffriggerlo in padella a bassa temperatura in modo da farlo sgrassare fino a raggiungere 1/3 del prodotto iniziale. Dopo averlo tamponato bene con carta assorbente unire metà del guanciale alla passata di pomodoro e proseguire la cottura per 30 minuti, sempre a fuoco basso inserendo l’inulina. Nel frattempo cuocere la pasta in acqua bollente con poco sale. Grattugiare il pecorino. Durante la mantecatura della pasta aggiungere metà del pecorino. Utilizzare il restante guanciale e pecorino per la guarnizione. Dott.ssa Mattera Maria Dietista & Culinary Nutritionist

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Amatriciana evolution Ricetta AjN Academy Riconosci la ricetta antiaging se c’è il marchio di certificazione

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È solo buono o fa anche bene?

La cotoletta buona da vivere Ecco la domanda che da oggi devi farti e devi fare. Entra in cucina con la Culinary Nutrition e trasforma i piatti della nostra tradizione in elisir di lunga vita.

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a cotoletta alla milanese è uno dei piatti lombardi più conosciuti al mondo Il nome “cotoletta” deriva dal francese cotôlette, abbreviato in côte = “costoletta” e si riferisce ad una delle prime sei costole della lombata di vitello. Nella versione milanese viene prima impanata in uovo sbattuto e pangrattato e poi fritta nel burro. Il requisito fondamentale per una buona cotoletta alla Milanese è la morbidezza della carne e una panatura croccante e dorata. In dialetto milanese viene chiamata cutelèta e non va confusa con l’orecchia d’elefante, che prevede di battere la carne fino a farla diventare un’enorme fettina sottile, anzichè spessa 1,5 cm come la vera cotoletta milanese.

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La cotoletta in 3 B: Bella, Buona e che fa Bene

Nella cucina antiaging, le caratteristiche che devono avere i secondi piatti (così come per i primi) sono 3: 1. Una quantità di proteine moderate: troppe proteine non fanno bene alla salute. Troppa carne è correlata ad un aumento dell’incidenza di tumori Massimo 350g di carne a settimana. Preferibilmente carne bianca (pollo, tacchino, coniglio). Pesce fino a 4 volte a settimana e uova. 2. Occorre accompagnare il piatto proteico a delle verdure minimo 250g. Le verdure grazie al loro contenuto di vitamine e minerali ci aiutano a stare bene ritardando l’invecchiamento. 3. Quantità di grassi moderata : massimo 10g a


porzione, per un totale di 70g nell’arco della giornata. 10g di grassi li troviamo in 1 cucchiaio di olio, 100g di ricotta, 2 uova, 35g di parmigiano, 20g di frutta secca. Nel Luglio 2013 la Pellegrini S.p.A. leader in Italia nella ristorazione aziendale, sigla l’accordo in esclusiva per la partecipazione al Master in Culinary Nutrition dei propri cuochi, direttori d’impianto e del personale di sala. Il programma di formazione dei cuochi ha l’obiettivo di realizzare una cucina antiaging attraverso la certificazione delle ricette, nell’ambito specifico dei ristoranti aziendali. La certificazione rilasciata, Gusto&Benessere – Art joins Nutrition, è il primo e unico marchio in Italia di qualità nutrizionale garantita.

E se fosse possibile restare in forma e in salute mangiando una cotoletta alla milanese senza sensi di colpa?

Nella cucina anti-aging è vietato vietare, l’unica regola da rispettare è il “More & Less”: più vitamine, minerali, antiossidanti e fibra, meno calorie, grassi saturi e trans, zuccheri semplici e sale. Partendo da questo principi lo Chef AjN (azienda di ristorazione Pellegrini SpA) ha realizzato la cotoletta evolution, un piatto che rispetta i sapori della tradizione. La cotoletta è tradizionalmente fritta nel burro, lo chef sceglie di friggerla in olio di arachidi con un’impanatura ricca di elementi antiaging.

Abbinamenti vincenti: l’impanatura della cotoletta è arricchita di curcuma, spezie e pepe nero che inibiscono la formazione di cellule grasse. La vitamina C del limone aumenta l’assorbimento del ferro presente nella carne e negli spinaci I vantaggi del metodo di cottura: lo chef sgrassa perfettamente la carne e la frigge in modo da ridurre al minimo l’assorbimento dell’olio di frittura. Ha eliminato i grassi saturi presenti nel tuorlo (utilizza solo gli albumi): sembra uovo ma non lo è! Grazie alla presenza di curcuma che dona il colore giallo e insieme al pepe nero aiuta a tenere sotto controllo colesterolo e peso corporeo. A cottura ultimata con una pinza sgronda l’olio dalla cotoletta e poi tampona la cotoletta con una particolare carta fatta da un doppio strato di carta assorbente + carta paglia, in questo

modo verrà eliminato l’eccesso di olio che in cottura ha perso le sue proprietà benefiche e fornisce solo calorie e la cotoletta rimarrà croccante.

Cotoletta alla milanese tradizionale Accademia Barilla Ingredienti per una porzione: • 1 costoletta di vitello tagliata alta quanto l’osso (250g) • Burro 100 g • 2 uova • Farina 100 g • Pangrattato 200g • 1 limone • sale Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 25.1 g • Grassi 28.5 g • Carboidrati 58.5 g • Fibra 0,6 g • Energia 591 Kcal

Cotoletta evolution Chef Azienda di Ristorazione Pellegrini Ingredienti per una porzione: • Carne di vitello magra 100g • Pangrattato 15 g • Farina 5 g • 1 albume • rosmarino e maggiorana 2g • olio extravergine d’oliva 2 g • 1 pizzico di curcuma • 1 pizzico di sale iodato • pepe nero • spinaci freschi 250g • 1 spicchio di limone • olio di arachidi per friggere ½ litro Valori nutrizionali per una porzione: • Proteine 34 g • Grassi 15 g • Carboidrati 23 g • Fibra 5 g • Energia 364 Kcal

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Procedimento: Sgrassare e battere la carne. Passarla nella farina, poi nell’albume sbattuto con la curcuma e il pepe nero e infine nel pangrattato, insaporito con il sale iodato, rosmarino e maggiorana. Friggere in abbondante olio di arachidi a 180 C. E’ molto importante che la temperatura sia costante durante la frittura della carne. È necessario munirsi di friggitrice con termostato e tamponare bene con una speciale carta assorbente. Dopo aver sgrondato la cotoletta con una pinza, tamponarla con carta assorbente e carta paglia per 3 volte cosi da eliminare tutto l’eccesso d olio. Servire con uno spicchio di limone e 250g di spinaci freschi saltati in padella con poco olio extravergine d’oliva. Poche calorie, tanto gusto e tante vitamine Buon appetito! Dott.ssa Laura Onorato, Farmacista e Biologa Nutrizionista Culinary Nutritionist

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Tecnologia in cucina

I prodotti di glicazione avanzata (AGE) questi sconosciuti

N

egli ultimi anni, con l’industrializzazione e l’innalzamento del tenore di vita, si sono verificati dei mutamenti nelle abitudini alimentari della popolazione. Alla base di questi cambiamenti ci sono vari fattori, tra cui le modificazioni dello stile di vita, la disponibilità sul mercato di una grande varietà di nuovi prodotti alimentari largamente pubblicizzati e i cambiamenti socio-demografici. Le conseguenze sulle abitudini alimentari si sono caratterizzate in un aumento costante dei pasti consumati fuori casa, dei piatti pronti, dei prodotti “semi preparati” e dei pasti fast food1. Il mix tra questi cambiamenti e un aumento della sedentarietà ha portato ad un incremento di diverse patologie su cui l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale. Tra queste, il sovrappeso, l’obesità infantile, il diabete, le patologie cardiovascolari e renali. L’accumulo nel tempo di sostanze nocive nell’organismo favorisce l’insorgenza di queste patologie. Una delle fonti di produzione di sostanze nocive è la cottura degli alimenti. La combinazione tra zuccheri, proteine e grassi esposti al calore genera i prodot22

ti di glicazione avanzata (AGE) che se assunti in grande quantità per periodi di tempo prolungati possono favorire l’insorgenza delle patologie sopracitate. L’accumulo di queste sostanze nell’organismo può essere dovuto a fattori sia esogeni che endogeni.

Fisiologicamente, gli AGE si formano in maniera lenta ma costante nell’organismo, ad iniziare dalle prime fasi dello sviluppo fetale, accumulandosi nel tempo. Caratteristica chiave di alcuni reagenti o precursori degli AGE è la loro attitudine a stabilire legami tra proteine, alterando la loro struttura e funzione, sia nella matrice cellulare che nelle membrane basali e nelle componenti delle pareti vascolari. La formazione degli AGE però non è dovuta unicamente a fattori fisiologici (produzione endogena), ma avviene anche con i processi di cottura degli alimenti, in particolare quando si raggiungono temperature elevate. Gli alimenti che sviluppano maggiormente queste sostanze sono, nell’ordine, quelli ad alto contenuto di


grassi (burro, margarina, strutto, formaggi), carni (principalmente carni grasse), carni lavorate (wurstel, carne in scatola, insaccati). Negli alimenti caratterizzati da alti contenuti di carboidrati complessi e nelle verdure è stata evidenziata una produzione inferiore di AGE. È stata inoltre riscontrata una quantità elevata di AGE negli snack, o preparati per la prima colazione, a causa dei loro processi di produzione industriale (estrusione ad alta temperatura), i nutrienti subiscono delle modifiche strutturali, con conseguente sviluppo di prodotti di glicazione avanzata. E’ possibile identificare e rilevare la presenza e la concentrazione di queste sostanze (AGE - Advanced Glycation End-products) o Prodotti di Glicazione Avanzata, derivanti dalle reazioni chimiche che entrano in gioco durante la preparazione e la lavorazione dei cibi2. Recentemente è stato evidenziato che questi prodotti possono compromettere l’azione dell’insulina, possono interferire con il funzionamento di segnalazione della stessa e ne riducono la secrezione fisiologica dell’ormone. Si può ipotizzare che gli AGE si accumulino nei muscoli scheletrici a causa dell’obesità legata al diabete e contribuiscano sia allo sviluppo di insulino-resistenza sia alla degenerazione muscolare3.

L’accumulo degli AGE ha quindi un impatto significativo sulla salute della popolazione. Questi prodotti, a causa della loro struttura e composizione chimica, vanno ad alterare la funzione di alcune cellule presenti nell’organismo umano, riducendo la durata media della vita cellulare, quindi contribuendo all’invecchiamento dei tessuti. Gli AGE possono influenzare diversi distretti dell’organismo, determinando l’insorgenza di complicanze patologiche, quali ad esempio il diabete. L’accumulo di AGE può anche indurre nefropatia diabetica, disfunzione delle cellule delle pareti vascolari, cardiomiopatia diabetica, neuropatie e retinopatie. Inoltre, queste sostanze nocive

contribuiscono a compromettere i meccanismi di funzionamento dell’insulina, inducendo insulinoresistenza. Inoltre favoriscono la perdita di massa ossea e muscolare, facilitando l’invecchiamento. Gli AGE costituiscono un gruppo eterogeneo di molecole formatesi dalla reazione non enzimatica di riduzione degli zuccheri con gruppi di amminici liberi delle proteine, lipidi ed acidi nucleici. Più precisamente queste molecole sono prodotte per via non enzimatica quando le proteine si trovano in un ambiente ad alta concentrazione di zuccheri.

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Temperature elevate (e il tempo di esposizione dei cibi alle alte temperature), ridotti contenuti di umidità e presenza di metalli sono fattori determinanti nella produzione degli AGE Non meno importanti sono i metodi di preparazione e lavorazione, quali cottura alla griglia, frittura in forno, fritture, bollitura, piastra, ecc. Metodi di preparazione quali bollitura e stufatura permettono di ridurre fino al 50% l’assunzione di AGE, mantenendo anche inalterato l’apporto nutritivo degli alimenti4. La mitigazione di queste sostanze può essere effettuata principalmente secondo due approcci fondamentali, sia per prevenirne la formazione o l’assunzione, sia per gestirne l’accumulo e i conseguenti effetti negativi. Dagli studi effettuati in materia si evince come la formazione elevata di AGE sia riscontrata principalmente all’interno di alimenti che subiscono trattamenti termici con temperature elevate. Si può evidenziare come la scelta della materia prima sia fondamentale per poter gestire l’assunzione e l’accumulo di AGE con la dieta. Materie prime a contenuto lipidico ridotto, a parità di metodologia di preparazione, generano valori di AGE notevolmente inferiori.

Un fattore importante per la mitigazione della formazione di AGE in seguito alla cottura consiste nella marinatura: è stato dimostrato, infatti, che porre un alimento a contatto con una sostanza acida, quale il succo di limone o l’aceto, determina una riduzione importante dello sviluppo e della predisposizione dell’alimento stesso alla formazione di AGE5.

La limitazione di alimenti ad alto contenuto di zucchero e di carboidrati raffinati e la moderazione della quantità giornaliera di carboidrati assunti permettono un migliore controllo della glicemia, della secrezione di insulina, e una protezione dall’incremento della insulino resistenza6. Altri fattori legati allo stile di vita influenzano i processi infiammatori come il fumo o l’eccesso di stress psicosociale. È dimostrata la necessità di modulare le proprie abitudini al fine di ridurre i fenomeni di glicazione7. La scoperta di agenti chimici capaci di inibire le reazioni di glicazione potrebbe avere un enorme potenziale terapeutico. Ad esempio, la piridossamina (composto organico derivato dalla vitamina B6), ha la capacità di inibire la formazione degli AGE e dei prodotti di Maillard derivanti dai lipidi, prodotti avanzati della lipossidazione (ALE8). Inoltre ha dimostrato ridurre lo sviluppo di complicanze vascolari e renali nei ratti obesi9.

Considerando che il contenuto di AGE aumenta sensibilmente in alimenti cotti a temperature elevate, è deducibile come sia preferibile (ove possibile) assumere verdure crude o cotte a basse temperature, ma anche carni magre e pesce azzurro, preparati a fuoco lento e a temperature non elevate.


Attualmente sono in corso studi volti a validare la potenziale pericolosità di questi prodotti e al contempo fornire materiali e metodi di comparazione dell’efficacia delle attuali tecniche utilizzate per l’individuazione degli AGE. Sarebbe importante approfondire l’argomento per individuare dei valori soglia di riferimento da utilizzare per l’impostazione di regimi dietetici con finalità preventive, volte ad evitare l’insorgenza di patologie o di complicanze patologiche relative all’assunzione e all’accumulo degli AGE. Inoltre, l’individuazione dei suddetti valori potrebbe costituire un approccio fondamentale per le finalità terapeutiche, consentendo di intervenire sull’assunzione dietetica di AGE in modo mirato, per evitare l’insorgenza di complicanze nelle patologie metaboliche già conclamate. Tuttavia, la necessità di formare e informare la popolazione sull’adozione di stili di vita sani, da un lato è importante e fondamentale per la salute, ma al contempo non deve provocare inutilmente allarmismo o terrorismo psicologico riguardo alle abitudini e alle culture alimentari della popolazione. Prof. Massimiliano Rinaldi Tecnologo alimentare e ricercatore di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Parma & Antonio Mazzone – Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università degli Studi di Parma

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1. ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) 2007. 2. Scheijen et al. 2016. 3. Uribarri et al. 2011. 4. Krauss et al. 2000. 5. Uribarri et al. 2010. 6. Uribarri et al. 2011. 7. Suji e Sivakami 2004. 8. Metz et al. 2003. 9. Alderson et al. 2003.

Bibliografia Alderson, N. L., Chachich, M. E., Youssef, N. N., Beattie, R. J., Nachtigal, M., Thorpe, S. R., & Baynes, J. W. (2003). The AGE inhibitor pyridoxamine inhibits lipemia and development of renal and vascular disease in Zucker obese rats. Kidney international, 63(6), 2123-2133. ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (2007). Consumi Extra Domestici dei prodotti alimentari. Indagine qualitativa II semestre 2006. Roma: ISMEA; Krauss, R. M., Eckel, R. H., Howard, B., Appel, L. J., Daniels, S. R., Deckelbaum, R. J., ... & Lichtenstein, A. H. (2000). AHA dietary guidelines revision 2000: a statement for healthcare professionals from the Nutrition Committee of the American Heart Association. Circulation, 102(18), 2284-2299. Metz, T. O., Alderson, N. L., Thorpe, S. R., & Baynes, J. W. (2003). Pyridoxamine, an inhibitor of advanced glycation and lipoxidation reactions: a novel therapy for treatment of diabetic complications. Archives of Biochemistry and Biophysics, 419(1), 41-49. Scheijen, J. L., Clevers, E., Engelen, L., Dagnelie, P. C., Brouns, F., Stehouwer, C. D., & Schalkwijk, C. G. (2016). Analysis of advanced glycation endproducts in selected food items by ultra-performance liquid chromatography tandem mass spectrometry: Presentation of a dietary AGE database. Food chemistry, 190, 1145-1150. Suji, G., & Sivakami, S. (2004). Glucose, glycation and aging. Biogerontology, 5(6), 365-373. Uribarri, J., Woodruff, S., Goodman, S., Cai, W., Chen, X., Pyzik, R., ... & Vlassara, H. (2010). Advanced glycation end products in foods and a practical guide to their reduction in the diet. Journal of the American Dietetic Association, 110(6), 911-916. Uribarri, J., Cai, W., Ramdas, M., Goodman, S., Pyzik, R., Chen, X., ... & Vlassara, H. (2011). Restriction of advanced glycation end products improves insulin resistance in human type 2 diabetes potential role of ager1 and sirt1. Diabetes Care, 34(7), 1610-1616

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Stupidometro

Non riesco a di E’ sicuramente colpa del mio metabolismo che ha smesso di funzionare!

Q

uesta è la frase che più mi sento dire durante gli incontri che ho con le persone che vogliono perdere qualche chilo. Siamo proprio sicuri che il nostro metabolismo non funzioni più? IMPOSSIBILE!

respiratorio, circolatorio, ormonale, renale)….ossia l’energia che serve a cuore, reni, polmoni ecc.. per funzionare (nell’adulto fegato, cervello, cuore e reni contribuiscono per più del 50% al consumo energetico di base, mentre i muscoli sono responsabili solo del 22% della spesa energetica; il tessuto adiposo, infine, incide solo per il 4%).

Scopriamo perché.

Quando il nostro metabolismo smetterà di funzionare?

Il metabolismo basale rappresenta la somma dei consumi di energia utilizzata dall’organismo a riposo per compiere i lavori interni necessari al mantenimento dei tessuti ed organi (sintesi e/o degradazione dei vari costituenti cellulari, cicli biochimici, turnover proteico ecc..), in altre parole, la quota di energia indispensabile per l’attività vitale degli organi della vita vegetativa (apparato

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Quando saremo “morti” in quanto i nostri organi interni non lavoreranno più!

Esiste il metabolismo basso o rallentato?

Il metabolismo basale varia del + 10% tra soggetti della stessa età, sesso, peso e composizione corporea, variazioni che sembrerebbero attribuibili


magrire! in parte a differenze genetiche. Ad esempio una donna di 40 anni con una altezza di 1.60 m ed un peso di 56.3 kg potrebbe avere un metabolismo basale di 1305 kcal (secondo i Larn 2012) oppure di 1175 kcal qualora fosse ridotto del 10% ossia circa 152 kcal in meno. Seguire diete eccessivamente ipocaloriche, con kcal più basse del proprio metabolismo basale, è

pericoloso perché l’organismo reagisce riducendo il metabolismo basale e utilizzando la massa muscolare come fonte energetica. Il metabolismo basale di un adulto è determinato dalla sua massa e dalla sua composizione corporea, oltre che da età e sesso. Ricordando che la massa magra è superiore nei maschi rispetto alle femmine (a parità di peso e altezza) e che si riduce in entrambi i sessi con l’avanzare dell’età, il metabolismo basale sarà maggiore nel sesso maschile e tenderà a diminuire progressivamente in ambo i sessi a partire dai 50 anni. Altri fattori quali l’attività del sistema nervoso centrale, la temperatura corporea, il tipo di dieta, lo stato di nutrizione, l’attività sportiva, il clima, l’altitudine, il sonno e lo stress possono concorrere a modificare il dispendio energetico di base, come

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pure lo stato ormonale e gli agenti farmacologici. La febbre comporta un incremento medio del 13% per ogni grado di temperatura corporea superiore ai 37°C, mentre, mantenendo costanti tutte le altre variabili, il consumo energetico a riposo è minimo quando la temperatura ambientale è intorno ai 2728°C e tende ad aumentare quanto l’ambiente è più freddo o più caldo. In gravidanza il metabolismo basale aumenta di circa 50 kcal/die nel primo trimestre, di 95 kcal/die nel secondo e 260 kcal/die nell’ultimo trimestre. Le persone obese hanno di solito un metabolismo basale più alto rispetto alle persone normopeso.

Visto che è impossibile che il metabolismo basale non funzioni più, come mai non dimagrisci?

Il dispendio energetico totale giornaliero (ossia le kcal che ti servono in un giorno) è dato dalla somma di diverse componenti come ad esempio: • Il metabolismo basale che rappresenta il 5570% del dispendio energetico totale (DET). • il dispendio energetico da attività fisica che rappresenta circa il 20-40% del dispendio energetico totale giornaliero. • la termogenesi indotta dalla dieta (ossia

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l’energia legata ai processi di digestione, assorbimento e metabolismo di proteine, carboidrati, lipidi e alcool) che corrisponde a circa il 10% dell’apporto energetico totale di una dieta a composizione mista. Il grasso corporeo si accumula quando le kcal degli alimenti e delle bevande superano l’energia richiesta dal metabolismo e dall’attività fisica dell’individuo. Quindi se il tuo peso non scende nonostante tu stia seguendo una dieta ipocalorica adeguata (ossia non inferiore al metabolismo basale) significa che introduci più kcal di quelle suggerite o che hai ridotto eccessivamente l’attività fisica. Facciamo un esempio: Donna di 47 anni Altezza 165 cm; Peso 73 kg; BMI 26.8 kg/m2

Metabolismo basale 1440 kcal Dispendio energetico attuale (considerando un profilo sedentario) 2088 kcal


Con una dieta ipocalorica da 1500 kcal potrai perdere 2.3 kg al mese (prevalentemente di massa grassa) ed imparare a mangiare meglio al fine di non riprendere più i chili persi. Con una dieta ipocalorica da 1200 kcal il primo mese probabilmente perderai 3.5 kg ma la tua massa muscolare diminuirà e il tuo metabolismo basale si abbasserà: in questo modo il dimagrimento sarà più lento e facilmente riprenderai i chili persi. Con una dieta equilibrata da 1800 kcal perderai circa 1 kg al mese e in 1 anno 12 kg: il tuo metabolismo rimarrà attivo, l’umore anche, non riprenderai i kg persi ed il gusto per il cibo si conserverà! Riassumendo: • Il metabolismo basale rappresenta le calorie bruciate dall’organismo a riposo per sopravvivere; • I bambini hanno un metabolismo basale più alto degli adulti e questi ultimi più alto degli anziani; • Il metabolismo basale dipende dall’età (è maggiore nei bambini e diminuisce invecchiando), dal sesso (è più alto nei maschi), dalla muscolatura (più muscolo = metabolismo più alto), dalla temperatura del corpo e dell’ambiente (sappiamo che con il freddo consumiamo di più); • Le diete eccessivamente ipocaloriche (con kcal inferiori al metabolismo basale) riducono il metabolismo basale; • Per dimagrire non bisogna ridurre troppo le kcal giornaliere, ma imparare a ritrovare il giusto equilibrio dei cibi, con le giuste quantità e gli abbinamenti adeguati e naturalmente fare regolarmente attività fisica. Silvia Brazzo Dietista-Culinary Nutritionist Fonti LARN- Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana- SINU-INRAN 2014 Roggi-Turconi- Igiene degli alimenti e nutrizione umana- La sicurezza alimentare- Ed Emsi 2009

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Notizie in breve

A

l via la 28° edizione del Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging. Il 30 Gennaio 2017 a Parma

è iniziatai una nuova edizione dell’esclusivo master dedicato ai professionisti del food che imparano a rendere salutari e antiaging anche i piatti più golosi e calorici della tradizione italiana e ai professionisti della salute che imparano a sostituire le inutili diete in piani culinari golosi e antiaging.

In TV si parla ancora di Culinary Nutrition e Cucina Antiaging.

La Dott.ssa Chiara Manzi, Fondatrice dell’Art joins Nutrition Academy e Presidente ASSIC è ormai ospite fisso alle 19:30 nello spazio di approfondimento del Tg 4! Ma non finisce qui… Chiara Manzi è stata ospite a Canale 5 a “Domenica live” il 15 gennaio e nuovamente in diretta il 2 Gennaio nella trasmissione “Tempo e denaro” su Rai 1.

A febbraio non perderti gli esclusivi corsi di Cucina Evolution: 21 febbraio 2017 a Carsoli dalle 10:00 alle 17:00 – Corso di frittura Antiagin con lo chef Rudy Speranzoni diplomato in Culinary Nutrition e cucina antiaging.

Altri corsi in programma: Menù antiaging Stellato con lo Chef Paolo Cappuccio Carsoli - Giovedì 13 Aprile 2017 dalle 10:00 alle 17:00 Trani – Venerdì 10 marzo 2017 dalle 10:00 alle 17:00 30

Corso di frittura Antiaging Parma – Martedì 16 maggio 2017 dalle 10:00 alle 17:00

Open day Academy: tutti gli appuntamenti con l’Art joins Nutrition Academy per scoprire cosa accade al Master in Culinary Nutrition e cucina antiaging Carsoli - 20 Febbraio 2017 dalle 10:00 alle 17:00

La stampa riporta l’importante ricerca sull’Acrilammide svolta da ASSIC e l’Università di Parma:

Domenica 22 gennaio 2017 sulla Gazzetta di Parma a pag. 23, a pagina intera, un articolo dal titolo: NO ALLE PATATE “TOSSICHE”: DORATELE MA NON BRUCIATELE a firma di Monica Tiezzi. E’ una lunga intervista alla prof.ssa Antonella Cavazza sulla ricerca fatta sull’Acrillammide e condotta dall’Università di Parma nelle figure di Antonella e il prof. Massimiliano Rinaldi; di ASSIC nelle figure della Dott.ssa Chiara e dell’Art joins Nutrition Academy tramite la Dott.ssa Maria Mattera. Sponsor della ricerca Electrolux. Nell’articolo e nell’intervista alla prof.ssa Antonella, vengono citati i protagonisti del lavoro e nella stessa pagina ci sono scritti i segreti della perfetta cottura a cura della Dott.ssa Chiara Manzi.

Sul Fatto Alimentare, in home page un articolo intitolato: l’acrillammide aumenta il rischio di tumore ed è presente in patatine fritte, pane,caffè. Le cose da fare per ridurre al minimo le quantità. L’articolo è a firma della Dott.ssa Chiara Manzi e di ASSIC.


News dal mondo scientifico

Vitamina K per proteggere non solo ossa e cuore, ma anche la mente

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a un recentissimo studio, condotto dall’Università francese di Angers, una maggiore assunzione di vitamina K è associata a minori problemi di memoria nella terza età. Allo studio, pubblicato online lo scorso febbraio sulla rivista scientifica Maturitas, si sono sottoposti 160 adulti sani di età superiore a 65 anni, non facenti uso di antagonisti della vitamina K (ovvero di farmaci anticoagulanti). Ai soggetti che si sono resi disponibili allo studio è stato sottoposto un questionario alimentare con lo scopo di valutare la loro assunzione giornaliera di vitamina K e, attraverso un ulteriore formulario, sono stati valutati i casi di disturbi cognitivi soggettivi verificatisi in ognuno di essi. A questi dati sono stati poi messi in relazione dei cofattori generali e specifici tra cui età, genere, indice di massa corporea, livello di educazione, concentrazioni di vitamina B12 nel siero, i livelli dell’ormone tiroideo THS. I risultati mostrano che i partecipanti con gravi disturbi cognitivi presentavano un’assunzione giornalie-

ra di vitamina K inferiore rispetto ai partecipanti che non presentavano problemi cognitivi soggettivi seri (298.0 ± 191.8 μg/day versus 393.8 ± 215.2 μg/day, P = 0.005). Senza tenere in considerazione la variabilità dei risultati dovuta ai cofattori generali e specifici, la conclusione principale dello studio è che un aumento del consumo di vitamina K è associato a un’incidenza minore e meno severa di disturbi cognitivi soggettivi negli adulti.

Cos’è la vitamina K?

Con il termine vitamina K si indica un gruppo di composti liposolubili, raggruppati sotto il nome di naftochinoni. Ne esistono due forme: K1 (fillochinone) ottenuta dalle piante e K2 (menachinone) prodotta dai batteri intestinali. Esiste inoltre una terza forma conosciuta come K3 (2-metil-1,4-naftochinone), che è una forma sintetica idrosolubile. La vitamina K, forse meno nota rispetto ad altre vitamine, deve il suo nome al ruolo che ha 31


nei processi di coagulazione del sangue, in tedesco “Koagulationsvitamin”. Una delle funzioni fondamentali della vitamina K è, infatti, quella di intervenire come fattore antiemorragico nella coagulazione del sangue. Studi recenti hanno anche riportato una stretta correlazione tra il consumo di tale vitamina e il benessere cardiovascolare (grazie alla sua capacità di inibire i processi di calcificazione delle arterie). La vitamina K svolge inoltre una funzione chiave anche nel metabolismo del calcio, il principale minerale delle ossa. In particolare, la vitamina K2 attiva la capacità di due proteine (chiamate matrice proteica GLA e osteocalcina) di legare il calcio, consentendole di unirsi ad esso e di fissarlo al tessuto osseo.

Alimento

Vitamina K µg /100g

Amaranto

1140

Bieta

830

Tarassaco

778.4

Cavolo verde

704.8

Spinaci

482.9

Barbabietola verde

400

Cicoria

297.6

Radicchio

255.2

La vitamina K si trova in molti alimenti, in particolare negli ortaggi a foglia verde (come bieta, cavoli, spinaci, cime di rapa, lattuga) e in misura minore anche nei cereali, nel fegato, nella carne e nei latticini. Senza dimenticare quella prodotta dalla microflora batterica intestinale. Poiché le verdure, soprattutto quella a foglia, sono la principale fonte di vitamina K, è molto importante includerle nella dieta diaria.

Lattuga

126.3

Carote

13.2

Contenuto di vitamina K per 100g di alimento crudo (a fianco alcuni esempi)

Burro

7

In quali alimenti si trova?

Ilaria Proietti Ricercatrice del Centro Comune di Ricerca di Siviglia della Commissione Europea Referenze: Anne Soutif-Veillon, Guylaine Ferland, Yves Rolland, Nancy Presse, Kariane Boucher, Catherine Féart, Cedric Annweiler. Increased dietary vitamin K intaKe is associated with less severe subjective memory complaint among older adults. Maturitas, Available online 11 February 2016 (in Press).

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Soia

47

Kiwi

40.3

Anacardi

34.1

Fagioli rossi

19

Papaya

5.5

Pere

5.2

Sgombro

5

Lenticchie

5

Vitello

4.6

Manzo

3.6

Agnello

3.6

Formaggio Fontina

2.6

Tuorlo d’uovo

0.7

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference

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AliMenti

Il mattino ha l’oro in bocca: dai comportamenti alle proposte per una colazione in famiglia

A

liMenti – la rubrica apre oggi con un articolo dedicato alla primo pasto della giornata.

Se il mattino ha l’oro in bocca è attraverso la bocca che facciamo scorta del carburante necessario per il funzionamento dell’organismo. Il corpo, come la macchina non partirebbe se ci fossimo dimenticati di fare rifornimento, risente dei nostri comportamenti di trascuratezza rispetto al pasto considerato necessario dopo la notte lontano dal cibo ma questi stessi comportamenti sono frutto dell’influenza di diversi fattori (bio-psico-sociali) che possono essere considerati (Engel, 1977).

Come genitore le capita di non sapere quali scelte fare per l’alimentazione dei suoi figli? Spesso le informazioni derivanti dai giornali, internet e televisione possono indurre confusione, se

non proprio favorire «convinzioni disfunzionali» su ciò che è bene o male mettere in atto rispetto all’alimentazione, su quale immagine corporea sia giusta o sbagliata. Il cibo diventa un oggetto di tendenza e moda, perdendo il suo significato primario, ossia quello di nutrirci. Secondo la teoria socio-cognitiva (Bandura, 1986), ognuno di noi è portatore di idee e convinzioni derivanti dalla propria esperienza personale (storia di vita, famiglia, cultura del territorio) ed è inserito in un ambiente con il quale interagisce e dal quale riceve stimoli, messaggi, apprendimenti (Engel, 1977). La consapevolezza di quello che può influenzare le nostre scelte quotidiane consente di valutare il nostro comportamento come uno dei fattori all’interno di un sistema più complesso, diminuendo il senso di colpa e l’ansia di essere a tutti i costi « dei bravi genitori, di fare sempre la cosa giusta». L’appetenza per il cibo nei bambini e ragazzi risente della particolare fase evolutiva in cui sono inseriti (es. velocità di crescita corporea, predilezione cibi particolari, scarso interesse per 33


alcuni cibi), nonché dei bisogni individuali di autonomia e affermazione, oppositività all’insistenza, questioni relazionali all’interno del contesto famiglia o scuola, confronto con i coetanei (Linee Guida Larn, 2014).

Cosa fare come genitore rispetto all’alimentazione dei propri figli? Obbligare all’assunzione di determinati cibi non tiene conto dei gusti personali del bambino/a o ragazzo/a che vanno invece osservati e tenuti in considerazione.

Quanto le nostre idee e convinzioni stanno contribuendo a farci scegliere un certo cibo piuttosto che un altro? Talvolta intorno al mangiare ruotano questioni che non hanno a che fare con la nutrizione: ad esempio potremmo imporre un certo cibo promettendo un futuro premio (o anticipando una punizione in caso non venga mangiato il pasto). Tali strategie non sempre funzionano e per lo più rimandano associazioni disfunzionali sull’alimentazione diminuendo la naturale capacità di percepire la propria sazietà e il proprio appetito. Per uscire dall’obbligo e l’imposizione può essere utile passare per l’ascolto e l’osservazione, promuovendo un approccio di graduale avvicinamento rispettando le naturali predisposizioni personali al gusto, alla consistenza, alla forma del cibo. Promuovere il «mangiare consapevole» è una delle finalità educative in tema di comportamento alimentare. Il genitore può agire da modello per i figli, rispettando il momento della colazione (e gli altri pasti) nei suoi tempi e modalità, condividendo un pensiero sull’origine, la storia, i processi che hanno consentito l’arrivo sulla nostra tavola di quello specifico cibo e, perché no, immaginare di poterlo raccogliere insieme direttamente dal contesto naturale durante una passeggiata.

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Fumetto a cura di Valentina Di Giacomo

Dott. Filippo M. Jacoponi psicologo clinico esperto in psicologia alimentare approccio cognitivo-comportamentale, Roma. www.azionipensate.com


Smoothie frutti bosco Ingredienti per 2 persone 150 gr frutti bosco congelati 100 gr yogurt bianco magro 10 gr miele 300 ml acqua 2 cime di menta fresca Valori nutrizionali per porzione: Proteine

2,5 g

Grassi

0,7 g

Carboidrati

11 g

Fibra

3,5 g

Energia

59 Kcal

Per preparare gli smoothie l’unica cosa di cui abbiamo bisogno è in frullatore o Bimby. In questo caso mettiamo tutti i nostri ingredienti nel contenitore, escluse le foglie di menta che useremo per decorare, azioniamo la macchina alla massima velocità per un minimo di trenta secondi, più lungo sarà il tempo più il nostro Smoothie risulterà vellutato. Con meno calorie e zuccheri di una mela, questo smoothie è l’ideale per la merenda/colazione di un bambino. Il frullato, è ancora meglio di un centrifugato per la salute del tuo bambino perchéé permette di mantenere la fibra. La fibra aiuta a rallentare e in parte ridurre l’assorbimento degli zuccheri e aumenta il senso di sazietàà. La frutta congelata può anche dimostrarsi più salutare di quella fresca poichéé una volta raccolta viene surgelata senza rimanere sugli scaffali a lungo dove ossigeno e luce riducono le vitamine e gli antiossidanti in essa presenti. Consigli per le mamme: Per fare in modo che nel nostro congelatore ci sia sempre un po’ di frutta ghiacciata, che arricchisce i nostri Smoothie di vitamine, possiamo, nei vari periodi dell’anno, far scegliere la frutta di stagione che i nostri bimbi preferiscono, frullarla con poca acqua e versarla nei contenitori per fare i cubetti di ghiaccio, riporli in congelatore e utilizzarli all’occorrenza.

Chef Antiaging Massimo Salvadei

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FOCUS Gravidanza e folati: il metodo di cottura prima di tutto!

N

on c’è donna in gravidanza che non sappia quanto sia importante l’acido folico, ma siamo davvero sicuri che ne assumano abbastanza per la loro salute e quella del nascituro?

L’ACIDO FOLICO E I FOLATI: COSA SONO?

L’acido folico o folati sono vitamine del gruppo B, denominate anche vitamina B9. Il nome deriva da “folium”, foglia in latino, in particolare quelle degli spinaci, dove per la prima volta venne isolato nel 1939. I folati sono naturalmente presenti negli alimenti mentre, con il termine acido folico si intende la molecola di sintesi presente negli integratori e negli alimenti fortificati. 36

A COSA SERVONO?

I folati sono necessari per la sintesi e la riparazione del DNA e delle proteine. In particolare, i folati sono fondamentali per il corretto sviluppo del sistema nervoso del feto. Sono necessari per la formazione dei globuli rossi e riducono i livelli di omocisteina, correlata ad un aumento del rischio cardiovascolare.

DI QUANTI FOLATI ABBIAMO BISOGNO?

Tutti dobbiamo assumere lo stesso quantitativo di folati al giorno. SBAGLIATO! Il fabbisogno giornaliero di folati per un uomo adulto è di 400 µg/die. Aumenta nella donna in gravidanza a 600 µg/die e nella donna che allatta al seno a 500 µg/die.

QUALI ALIMENTI LI CONTENGONO E QUANTO NE DEVO MANGIARE?

Alimenti ricchi in folati sono gli alimenti vegetali come gli spinaci, asparagi, broccoli, lattuga, piselli, fagioli e lenticchie. Tra gli alimenti animali, il fegato è un’ottima fonte di folati.

SPINACI BOLLITI, COTTI A VAPORE O SOTTOVUOTO: CHE DIFFERENZA C’E’?

Introdurre alimenti ricchi in folati nella dieta non ci assicura di assumere un apporto corretto di folati.


LA COTTURA DEI LEGUMI: CHE PRECAUZIONI DOBBIAMO AVERE?

Fagioli e lenticchie hanno un alto contenuto di folati: bastano 50 g di fagioli e 40 g di lenticchie per assumere il quantitativo giornaliero raccomandato. L’ammollo dei legumi porta ad una drastica perdita di queste vitamine. L’ammollo prima della cottura è una fase necessaria per allontanare i fitati, sostanze che riducono l’assorbimento dei minerali. Come possiamo fare per non perdere i folati e nello stesso tempo allontanare i fitati? Aggiungere un cucchiaio di limone per litro di acqua di ammollo aumenta la ritenzione di vitamine B, come i folati, dopo la cottura. Ilaria Roncaioli Nutrizionista - Nutritional Therapist - Culinary Nutritionist - Responsabile dell’Art joins Nutrition Academy del Centro-Sud

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Alimento

QUANTITA’ DI ALIMENTO DA ASSUMERE PER RAGGIUNGERE IL FABBISOGNO

Fegato

70 g

Lenticchie

42 g

Fagioli

51 g

Spinaci

103 g

Piselli

307 g

Broccoli

317 g

Asparagi

384 g

Come le altre vitamine del gruppo B, i folati sono idrosolubili, ovvero si disperdono in acqua. Bocciate le verdure bollite, via libera invece alla cottura a vapore che preserva le vitamine B fino al 90%. Le verdure possono essere cotte sottovuoto, l’unico metodo di cottura in cui l’alimento non entra in contatto con l’acqua di cottura. 37


Diete

Ad ogni gruppo sanguigno la sua dieta?

L

a dieta del gruppo sanguigno è stata ideata da Peter D’Adamo, naturopata statunitense, che nel suo libro “Eat Right For Your Type” ha proposto un’associazione tra i gruppi sanguigni e la dieta. Secondo questa teoria, a ciascun gruppo sanguigno (0, A, AB e B) corrispondono caratteristiche genetiche ancestrali che incidono sul sistema immunitario, il metabolismo, il peso forma, la predisposizione a intolleranze, allergie e altre patologie e determinano qual è l’alimentazione migliore da seguire. A seconda del gruppo sanguigno, gli alimenti possono influenzare lo stato di salute dell’individuo e il rischio di insorgenza di malattie croniche, come quelle cardiovascolari. D’Adamo parte dal presupposto che i vari gruppi sanguigni si siano formati durante l’evoluzione della specie e che essi riflettano in qualche modo specifiche attitudini alimentari e comportamentali. In base

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a questa teoria, ad ogni gruppo sanguigno

corrisponde un profilo alimentare e di stile di vita consigliato per mantenere un buon stato di salute.

GRUPPO 0 – IL CACCIATORE/ RACCOGLITORE É il gruppo più antico, comparso in Africa circa quaranta mila anni fa quando gli uomini erano cac-


ciatori e si nutrivano di carne, ma anche di semi e radici che raccoglievano. Il gruppo 0 ha un buon sistema immunitario e apparato digerente. L’a-

limentazione consigliata per questo gruppo prevede il consumo di proteine animali, mentre è sconsigliato il consumo di prodotti lattiero caseari e cereali. Inoltre è consigliato lo svolgimento di un’attività fisica regolare e intensa.

GRUPPO B – IL PASTORE E IL NOMADE L’alimentazione consigliata a questo gruppo sanguigno prevede un’ampia varietà di alimenti: carni magre (pollo escluso), pesce, verdure a foglia verde, frutta. Per quanto riguarda l’attività fisica, al gruppo B è consigliata un’attività moderata come il nuoto, la bicicletta o le arti marziali.

GRUPPO A – L’AGRICOLTORE Secondo la teoria di D’Adamo le persone di tipo A si sentono meglio seguendo una dieta vegetariana, eredità tramandata dai loro antenati che erano diventati stanziali, contadini e poco aggressivi. Il gruppo A ha infatti un apparato digerente fragile e lo stesso vale per il suo sistema immunitario. Ottiene benefici praticando attività di tipo distensivo e rilassante, come lo yoga. Per quanto

riguarda la dieta dovrebbe evitare carne, grano, latte e derivati preferendo un’alimentazione a base di legumi, verdure, frutta fresca e secca, semi oleosi e cereali.

GRUPPO AB – IL MODERNO O L’ENIGMATICO É il gruppo sanguigno più giovane apparso circa mille anni fa. Alcune caratteristiche sono simili al gruppo A, altre al gruppo B, è chiamato da D’Adamo l’enigmatico proprio per la difficoltà di definirlo con precisione. Per quanto riguarda l’a-

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limentazione questo gruppo dovrebbe limitare il consumo di carne rossa, insaccati e pasta prediligendo invece pesce, latticini, ortaggi, grassi vegetali, frutta e bevande come tè e caffè. L’attività fisica consigliata è yoga, tai chi, bicicletta, tennis o nuoto.

Questa dieta è davvero efficace per mantenere un buon stato di salute? Nonostante le numerose testimonianze di coloro che hanno provato questa dieta, non è possibile affermare che sia davvero efficace per mantenere un buon stato di salute. Non sono stati condotti molti studi che hanno dimostrato l’efficacia di questa dieta. Un gruppo di ricercatori canadesi ha condotto uno studio su 1455 giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 29 anni con l’obiettivo di valutare l’esistenza di un’associazione tra la dieta del gruppo sanguigno e alcuni marker di salute (trigliceridi, insulina, glicemia, colesterolo, pressione sanguigna, BMI...) e se il gruppo sanguigno modifica questa associazione. Questo è stato il primo studio a valutare l’associazione tra la dieta dei gruppi sanguigni e i marcatori di salute i risultati mostrano che l’adesione a questa dieta ha portato ad una riduzione del rischio cardiovascolare e metabolico dei soggetti presi in esame, ma questa riduzione non è direttamente correlata al gruppo sanguigno.

Vediamo perché...

L’associazione tra la dieta del gruppo A e un basso rischio cardiometabolico non è sorprendente,

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considerando che la dieta prevede un elevato consumo di frutta e verdura e un basso consumo di alimenti di origine animale. E’ infatti simile ai pattern dietetici raccomandati dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), dal Ministero della Salute e dall’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) per mantenere un buon stato di salute. L’aderenza alla dieta del gruppo AB è anch’essa associata ad un basso rischio cardiovascolare e metabolico, nonostante sia raccomandato anche il consumo di lattici e carne. Questo potrebbe essere associato alla tipologia di alimenti consigliati come uova e pesce rispetto al burro. La dieta del gruppo B prevede, invece, minori restrizioni sulla scelta degli alimenti di origine animale; ha quindi un profilo cardiometabolico meno favorevole rispetto alla dieta di tipo AB (i prodotti di origine animale sono di solito più ricchi di grassi saturi che contribuiscono all’aumento del colesterolo totale e LDL). La dieta del gruppo 0 è associata ad un minore livello di trigliceridi a causa della minore produzione a livello


epatico e/o dell’aumentato assorbimento cellulare di trigliceridi in risposta ad un basso apporto di carboidrati.

La mia conclusione?

A mio avviso la dieta per il gruppo 0 è ricca di proteine e grassi saturi; può quindi sovraccaricare i reni e favorire l’aumento del colesterolo. Con questo tipo di alimentazione si supera il limite consigliato di consumo di carne rossa per prevenire l’insorgenza dei tumori del tratto gastroenterico. E se un soggetto di gruppo 0 avesse il diabete? Introdurre pochi carboidrati comporterebbe un rischio per la salute. La dieta di gruppo A deve essere ben controllata per evitare carenze nutrizionali e difficilmente viene seguita a lungo, mentre la dieta per il gruppo B porta ad un eccessivo apporto di grassi saturi e spesso di sodio: quindi attenzione a colesterolo e pressione. Per mantenere un buon stato di salute e prevenire l’insorgenza di patologie cardiovascolari, metaboliche e tumori è necessario, quindi, seguire un’alimentazione varia ed equilibrata in nutrienti, oltre che avere uno stile di vita attivo. Seguire diete restrittive e rinunciare al piacere della buona tavola, invece, porta a risultati transitori nel tempo, con effetti controproducenti sia per la composizione corporea che a livello psicologico. La culinary nutrition ci permette di

seguire un’alimentazione equilibrata e varia, ricca di fibra, vitamine, minerali e molecole bioattive per mantenerci in salute senza rinunciare al piacere della tavola e ai piatti della tradizione culinaria italiana, arricchiti di un ingrediente in più: il benessere antiaging. Dott.ssa Elena Afanasyeva Dietista & Culinary Nutritionist Bibliografia: D’Adamo P, Whitney C (1996) Eat Right 4 Your Type: The individualized diet solution to staying healthy, living longer & achieving your ideal weight. New York: Putnam. Wang et al, ABO Genotype, ‘Blood-Type’ Diet and Cardiometabolic Risk Factors, Plos One, 2014, Toronto

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Buono da morire...anzi da vivere CORNETTO EVOLUTION

Caratteristiche nutrizionali

kcal

195

Farina di manitoba 0 Burro Fibra vegetale Uova intere Miele Eritritolo Lievito di birra Sale iodato

zuccheri semplici

9g

3g

fibre

3g

Claims nutrizionali

Ingredienti • • • • • • • •

lipidi

• Olio di oliva extravergine 1% • Lievito madre • Liposomi • Bacche di vaniglia • Scorza di limone

1

Ricco di fibra

2

A tasso ridotto di zuccheri

3

Minore aumento di glucosio ematico dopo l’assunzione

4

Contiene Prebiotici

5

Con olio di oliva extravergine

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www.cucinaevolution.it


Vero o Falso

Il vino rosso fa buon sangue? Vero, ma.. E

bbene si, la salute del cuore di chi beve con moderazione vino ma anche altri alcolici è migliore di chi è astemio. Scopri quali alcolici, in che quantità e quando è meglio consumarli.

rosso è davvero irrisoria: da 2 a 13 milligrammi per litro; questo vuol dire che per ottenere gli effetti benefici dovremmo bere dai 4 ai 36 litri di vino rosso al giorno!

Se non è il resveratrolo a migliorare la salute cardiaca, di chi è il merito?

Per molti anni si è creduto che gli effetti benefici del vino rosso fossero collegati ai polifenoli e alle differenti sostanze di natura fenolica presenti nel vino.

Tra queste si ricorda la quercitina, i tannini e il resveratrolo. Tali sostanze hanno manifestato in esperimenti in vitro una marcata azione antiossidante, tuttavia la ricerca scientifica ha dimostrato successivamente che tale effetto viene perso a livello intestinale, le cellule infatti modificano i polifenoli rendendoli incapaci di legarsi ai radicali liberi e quindi di svolgere la loro azione antiossidante. Oltretutto la quantità di resveratrolo presente nel vino

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Le ricerche scientifiche riguardanti i rapporti tra le differenti bevande alcoliche e le malattie cardiocerebrovascolari non trovano nessuna evidenza che riesca ad ascrivere l’effetto protettivo ad uno specifico tipo di bevanda, suggerendo che l’etanolo possa essere il maggiore responsabile di tale fenomeno.

Il responsabile della salute del cuore è l’alcol! Quindi non è solo il vino rosso a fare bene ma anche il vino bianco, la birra e i superalcolici. L’etanolo (alcol etilico) non è un nutriente necessario per il nostro organismo e conferisce 7 kcal/g, ad esempio un bicchiere di vino fornisce circa 100 Kcal. L’alcol viene assorbito dallo stomaco e dall’intestino per passare direttamente nel sangue e arrivare poi al fegato. Il fegato è in grado di metabolizzare un bicchiere di vino all’ora, in presenza di quantitativi maggiori l’alcol rimane nel sangue che lo porta al cervello e ha un effetto narcotizzante.

Effetti benefici dell’alcol, se assunto in quantità moderate L’alcol è un vasodilatatore quindi contribuisce ad abbassare la pressione sanguigna e favorisce la circolazione. Inoltre un consumo moderato di alcol produce acido urico, potente antiossidante endogeno in grado di neutralizzare i radicali liberi e prevenire malattie cardiovascolari.

In altre parole consumare nelle giuste quantità vino rosso, vino bianco, birra o un superalcolico ha lo stesso effetto benefico.

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Quali sono le giuste quantità? Le raccomandazioni della WHO e le linee guida del Word Cancer Research Fund definiscono come consumo a basso rischio di bevande alcoliche quello equivalente ad una quantità di etanolo pari a 20-25 g/die per gli uomini e 10-12 g/die per la donna e l’anziano. Il sesso femminile infatti ha una minore tolleranza all’alcol rispetto al sesso maschile e raggiunge concentrazioni più elevate di etanolo nel sangue dopo aver bevuto quantità equivalenti, questo perché le donne producono meno alcol-deidrogenasi, l’enzima che scinde l’alcol prima che passi nel sangue.

Bevanda

Contenuto di alcol

1 birra (330 mL)

10 g di alcol

1 bicchiere di vino (150 mL)

13 g di alcol

1 superalcolico (40 mL)

13 g di alcol

In pratica le giuste quantità di alcol che si possono consumare sono:

Per le donne*, un bicchiere di vino da 150 mL al giorno o una lattina di birra da 330 cc o un bicchierino da 40 mL di superalcolico (nocino, limoncino, grappa..).


*fatta eccezione per le donne in gravidanza e che allattano per le quali è raccomandata l’astensione totale dal consumo di bevande alcoliche.

Per gli uomini il doppio, 2 bicchieri di vino (300 mL) o due lattine di birra (660 cc) oppure 80 mL di superalcolico. Il consiglio in più Preferisci il consumo di alcol a pasto e non a digiuno. Utilizza il vino, la birra o gli alcolici in cucina per sfumare le tue preparazioni, è un ottimo modo per insaporire senza aggiungere calorie e grassi. L’alcol evaporando perde il suo potere calorico lasciando però gli aromi e l’acidità che danno sapore al piatto. Il vino rosso fa buon sangue? Vero, ma anche vino bianco, birra e superalcolici nelle giuste quantità.

Dott.ssa Francesca Grisenti Laureata in Scienze Gastronomiche all’Università degli Studi di Parma - Diplomata in Culinary Nutrition

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Il Talento e la formazione I

l grande interesse suscitato dalle tematiche relative al rapporto tra alimentazione e salute , che nell’ultima decade ha accompagnato in varie forme la nostra vita personale e professionale , ha avuto , come abbiamo sostenuto in più occasioni, ripercussioni più e meno positive. Tra le prime possiamo senz’altro annoverare la maggiore attenzione che la gran parte delle famiglie, soprattutto giovani, ha dedicato alla scelta degli alimenti ed alle etichette che li accompagnano, a testimonianza della aumentata consapevolezza che la propria salute e quella dei propri figli può essere enormemente condizionata dalla qualità di ciò che mangiamo. Abbiamo anche in più occasioni sottolineato come la proliferazione di trasmissioni televisive, di riviste ed esperti più o meno specializzati e/o improvvisati , volte più alla ricerca di notizie ed eventi che generano sensazione che nuova conoscenza in materia, abbia rappresentato un fattore di distorsione anche nei confronti di coloro che desiderano, attraverso tali fonti di informazione, aumentare la propria 46

cultura gastronomica. Il desiderio di conoscenza si è cioè spesso scontrato con la riproposizione di una immagine standard della alimentazione , della nutrizione o più semplicemente del cibo che fa riferimento a modelli che privilegiano solo alcune delle caratteristiche che compongono l’universo del tema alimentazione e salute per scivolare sempre più verso la proposizione di programmi dove giovani talentuosi competono tra loro alla ricerca del piatto migliore , più buono e stupefacente.

Non si è, in definitiva, dato spazio in questo tipo di trasmissioni al maggiore elemento di novità che invece è da considerare il vero motore dell’interesse così alto delle persone verso questa problematica: il valore intrinseco del cibo nel contribuire a mantenere uno stato di benessere ed ad abbassare il rischio di malattia.


Se analizziamo, brevemente i programmi tipo che popolano le nostre serate televisive , non meno delle mattinate o dei pomeriggi, possiamo constatare che queste sono basate sulla competizione tra giovani che cercano di esprimere sotto gli occhi attenti e talora feroci di Chef di fama, il proprio talento.

Questo talento, risorsa indispensabile per riuscire in qualunque attività, si esprime, in questo caso, nel produrre una pietanza, un dolce, un piatto in generale, gradevole alla vista ed al palato utilizzando ingredienti pre-definiti e quindi mostrando la propria abilità (talento) nella composizione e commistione di questi.

Va da se che il requisito fondamentale (in realtà unico) per il successo è il gusto: la sensazione di piacere che quel prodotto genera a contatto con i sensi, in particolare con le papille gustative. Questa caratteristica è propria del Cuoco o Chef che si è fatto da solo, che ha sviluppato una propria ricerca e che è riuscito a produrre una propria linea di prodotti che lo hanno reso celebre e che vende nel proprio locale. Lo schema riproposto è quindi quello classico di colui che utilizza una propria innata qualità per ottenere il miglior risultato possibile, avendo come unico punto di riferimento il gusto. Questo schema ripropone quindi anche la convinzione che per fare buona cucina siano sufficienti una innata predisposizione e la conoscenza tecnica dell’abbinamento e manipolazione degli ingredienti (alimenti) per produrre cibi di qualità. In questo caso il concetto di qualità si sostanzia esclusivamente nella gradevolezza formale della presentazione del prodotto e nella sua palatabilità.

L’unica innovazione introdotta riguarda la ricerca di alimenti di qualità, che si limita però a ritenere sufficienti le caratteristiche di produzione , di conservazione, la regionalità e la riproposizione riveduta e corretta di consolidate tradizioni culinarie.

L’espressione del talento è quindi vista come fatto formale ed individuale, attorno al quale costruire le caratteristiche dei prodotti ed indirettamente dei nuovi Chefs. Talenti naturali da educare tra urla sulla faccia, improperi e mortificazioni per coloro che non ne possiedono a sufficienza, e promesse di successo per coloro che più degli altri riescono ad emulare gli inizi di carriera della passata generazione di venerati Maestri della Cucina. L’aumento vertiginoso nelle iscrizioni di tanti giovani agli Istitut i

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Alberghieri ha testimoniato, da un lato, la centralità della tematiche di cui stiamo trattando, dall’altro la intima convinzione che , se in possesso del necessario talento, fosse in qualche modo semplice emergere in questo settore, dove era necessaria poca conoscenza e molto saper fare.

In realtà le cose sono molto diverse. Prima di tutto gli Istituti Alberghieri, da molti considerati, almeno in passato, il luogo dove riuscire a prendere un Diploma senza troppa fatica, hanno dimostrato di essere luoghi ove, al contrario, la severità e complessità dei programmi di studio impone impegno e fatica intellettuale al pari di altre Scuole Secondarie, e dove , imparare il mestiere è risultato molto più complesso di quanto ci si poteva aspettare. Il talento non è sufficiente se a questo non si affianca un percorso formativo, fatto di conoscenza, tecnica e tirocinio pratico di avvio alla professione, sotto al guida di pazienti e tenaci Maestri dai quali apprendere come incanalare quel talento, avendo come retroterra una cultura moderna ed appropriata non solo su come manipolare gli alimenti ma sulle loro caratteristiche intrinseche e su come questi possono essere trasformati, in cucina, non solo in cibi buoni ma anche che fanno bene. Questa è la vera innovazione nel campo della professione di Chef. Oggi non è più sufficiente saper produrre un buon piatto. O meglio, il buon piatto non è più solo quello che soddisfa il gusto. La nuova generazione di Chefs ha come elemento strutturante quello di non poter disgiungere ciò che è buono da ciò che fa bene o per lo meno che non contribuisce ad aumentare il

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rischio di malattia. La qualità dei prodotti dello Chef moderno non è più misurabile solo in termini di sapore, di edonismo gustativo, ma deve saper coniugare a questo la qualità intrinseca dei Componenti Alimentari Bioattivi, delle caratteristiche di produzione, di conservazione, di quelle nutrizionali ed organolettiche in rapporto al loro mantenimento ed alla loro biodisponibilità. In definitiva lo Chef di nuova generazione deve saper esprimere in Cucina quella capacità tecnica e culturale frutto di un mix tra il proprio talento ed un percorso formativo dove cultura e conoscenza sono, assieme alla tecnica culinaria , gli elementi fondanti di una nuova capacità di produrre cibi buoni e non dannosi per la salute. Il vecchio e superato modello del Cuoco talentuoso che stupisce il Mondo con la sua arte , oggi fatica a mantenere quel ruolo e quella posizione. Continuare a riproporre gare di Cuochi tra strilli e pianti, tra fornelli infuocati, rappresenta non solo il passato ma un inganno per i giovani cui si prospetta un futuro di successo basato sul puro talento , quasi a voler caparbiamente confermare che per “fare da mangiare” non servono ne cultura ne tecnica , ne tanto meno Scuola. Ne frattempo però sono cambiate le esigenze, è aumentata la consapevolezza delle persone nei confronti del cibo, ci sono a disposizione nuove tecnologie, ma c’è soprattutto una nuova voglia di innovare e modificare la cultura culinaria : c’è voglia e necessità di evolvere anche in Cucina.

Art joins Nutrition Academy ha compreso tutto questo e, con fatica, ma con perseveranza cerca oggi di essere interprete attenta di queste esigenze e , unica in un panorama che ancora non riesce ad uscire dai vecchi schemi, si è fatta promotrice di quella innovazione complessiva che si esprime, non certo in gare rabbiose, ma nei percorsi formativi basati sulla cul-


tura della Cucina Evolution dove il talento viene educato da scienza e conoscenza, ma anche da garbo e creatività, da consapevolezza delle scelte nutrizionali e di quelle di esaltazione del gusto. La nuova generazione di Chef formata in questo contesto sta crescendo e contribuendo ad affermare un diverso ed innovativo modo di stare in cucina : con loro volgiamo fare crescere anche la consapevolezza delle persone che si può mangiare con gusto ma anche contemporaneamente salvaguardare la propria salute. E’ proprio da questa ricerca e da questa convinzione profonda che sono uscite la Carbonara e la Cacio e Pepe ma anche il Tiramisù o la Sacher, la Pizza ed i Tortelli, Evolution, espressione piena di questa nuova concezione di come il cibo possa essere substrato bilanciato dal punto di vista nutrizionale per produrre energia per le funzioni vitali ma anche, rimanere uno dei grandi piaceri della vita.

E’ da questa nuova Scuola che escono Chefs orientati verso una nuova concezione dello stare in Cucina , e che, soprattutto, sono destinati a soppiantare i vecchi schemi e modelli , ormai esauriti storicamente e culturalmente ma che caparbiamente e tristemente la parte più conservatrice del mondo della Culinaria cerca di mantenere vivi. Michele Rubbini Professore del dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara

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Via Ferrara 14 - 43122 Parma Tel. 0521 1640539 - C.F. 97569720580 info@sicurezzanutrizionale.org - www.sicurezzanutrizionale.org


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