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La città (in)giusta / The Just and the Unjust City
03 YouTube link: https://www.youtube.com/watch?v=EhpVI7r-m8s&list=PL4700 1udlZD1vgYv75VONymITvZAlvbLP&index=3
Francesco Indovina, urbanista, Università Iuav di Venezia; Università di Sassari
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Francesco Indovina, Urbanist, University Iuav of Venice; University of Sassari
e-mail: indovinaf@gmail.com
The projection of society into organised space determines the existence and quality of the city. From this point of view, it is difficult, indeed impossible, to speak of the ‘just city’ in a society characterised by structural injustice. Our society produces an articulated social differentiation. The richest and least numerous are at the top of the social pyramid, and people with the least or no income are at the bottom. Based on market mechanisms, which are not instruments of freedom - each spends his resources as he wishes - rather tools of discrimination, this diverse population finds its own living space in the city. Therefore, the housing market puts everyone in ‘their place’ due to specific terms, and everyone is ‘free’, so to speak, to go and live only where the cost of the house corresponds to their available income. If we take a closer look, a unique and compact city consists of socially homogeneous zones within themselves, but still, each zone is different from the others.
Hence, what can we mean by the ‘just city’? We must assume that the concept of social justice is one of the most relevant products of social organization and its evolution - indeed, the city. Social justice consists of the willingness to recognise and respect the rights of others by giving each person his share according to reason and law. However, we know that the present social organisation arose from a thousand-year-long process of transformation and struggle, accelerated by the industrial revolution. The process consisted of struggle and defeat, but also of the achievements of people who were most marginalized by social mechanisms. It reached the point of claiming a kind of right to equality and against segregation. It is no coincidence that Article 3 of the Italian Constitution gives the Republic the task of removing all economic and social obstacles. These issues include limited freedom and equality or problems that hinder a person’s full development. La proiezione della società nello spazio organizzato determina esistenza e qualità della città. Assumendo questo punto di vista è difficile, anzi impossibile, parlare di città giusta in una società caratterizzata da ingiustizia strutturale. La nostra società produce un’articolata differenziazione sociale, la piramide sociale ha alla cima i più ricchi e meno numerosi e in basso le persone con la disponibilità di reddito minore o anche nulla. Questa diversa popolazione sulla base dei meccanismi di mercato, che non sono strumenti di libertà (ciascuno spende le sue disponibilità come vuole), ma piuttosto strumenti di discriminazione, trova il proprio spazio di vita nella città. Così il mercato immobiliare della casa colloca ciascuno al “suo posto”, in termini specifici, ciascuno è “libero”, per così dire, di andare ad abitare solo dove il costo della casa corrisponda alle sue disponibilità di reddito. Cosi la città, unica e compatta, in realtà ad un’analisi attenta, si presenta composta da zone omogenee socialmente al loro interno, ma ciascuna differente dalle altre zone. Ma cosa possiamo intendere per città giusta? Nel nostro caso si deve assumere il concetto di giustizia da un punto di vista sociale: la città, infatti, è uno tra i più rilevanti prodotti dell’organizzazione sociale e della sua evoluzione. La giustizia sociale consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui “attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge”. Questa definizione ha il difetto di condannare l’individuo al meccanismo sociale dato, senza possibilità di modificazione. Ma ci è noto che il tipo di organizzazione sociale di questo secondo millennio è l’esito di un lungo millenario processo di trasformazioni e di lotte, che la rivoluzione industriale ha accelerato; di lotte, di sconfitte ma anche di conquiste delle persone che più erano emarginate dai meccanismi sociali, fino a rivendicare una sorta di diritto all’eguaglianza e contro la segregazione. Non è un caso che la Costituzione italiana all’articolo 3 dà alla Repubblica il compito “di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà
e l’eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Si assume, infatti, anche a livello costituzionale, che il meccanismo sociale possa essere di ostacolo al pieno sviluppo della persona umana e alla loro uguaglianza. Così, è evidente a tutti che la città non si presenta come un organismo compatto e senza differenze significative tra le varie zone, ma piuttosto come un insieme formato da parti tra di loro differenti e abitate da cittadini che sono socialmente diversi da zona a zona. Queste zone, oltre ad essere diverse socialmente, sono diverse per la tipologia edilizia, in alcune zone molto scadente, per la dotazione dei servizi collettivi, sia pubblici che privati, per la dotazione di infrastrutture urbane, per la quantità e qualità della viabilità, per la presenza del verde, ecc. Si tratta cioè di zone, dal punto di vista urbanistico tra di loro strutturalmente diverse e in ciascuna zona risiede una popolazione specifica, che vi è allocata in ragione del reddito disponibile. La differenziazione del reddito determina, quindi, l’articolazione sociale e urbanistica dei singoli quartieri. In epoca recente la popolazione immigrata (extra-comunitaria) costituisce un altro elemento che arricchisce la frammentazione della città. Siamo cioè in una proiezione delle ingiustizie sociali nella città, per questo città ingiusta. Ma una città caratterizzata da ingiustizia sociale può trasformarsi in una città giusta? Credo proprio di no, ma questo non significa che niente si possa fare. Facciamo un passo di fianco. Per una persona il suo reddito disponibile è quello che ha guadagnato con il suo lavoro o la sua professione, ecc. Ma se questa persona ha l’accesso gratuito (o a un prezzo controllato), all’ospedale, alla scuola, alle biblioteche, alle palestre, ai trasporti, ecc. vedrà il proprio reddito disponibile aumentare della quota che risparmia utilizzando quei servizi invece di acquistarli nel mercato.
Indeed, even at the constitutional level, it is assumed that the social mechanism can hinder the full development of human and their equality. Thus, what is evident to everyone is that the city does not present itself as a compact organism without significant differences between areas. It is more likely that the city is a whole that consists of parts that differ from each other and in which live citizens who are socially different from one area to another.
These areas differ not only in social terms but also in terms of the type of building (sometimes, extremely poor), the provision of collective services (both public and private), the urban infrastructure, the quantity and quality of the road network, the presence of green spaces, etc. Simply put, these areas are structurally different from the point of view of urban planning. Each area has a specific population, which is allocated based on its disposable income. Income differentiation, in this way, determines the social and urban structure of a singular neighbourhood. In recent times, the immigrant population (non-EU) is another element that enriches the fragmentation of cities. In other words, we are witnessing a projection of social injustices in the city, which is why the ‘city is unjust’. The question is: can we transform the city characterized by injustice into a ‘just city’? I really do not think so. However, this does not mean that nothing can be done. Let us take a step to the side. A ‘disposable income’ per person is defined by personal income earned at work or in the profession. If this person had free or affordable access to services (hospital, school, libraries, gyms, transportation, etc.), he/she would see an increase in disposable income by the amount he/she saves by using those services instead of buying them on the market.
What we are not thinking about enough are collective services. They not only provide structures and resources to those who need them but help increase disposable income. This view would seem, in my opinion, a good starting point for our theme if we reflected that the weaker social groups, which would most need (and have a right to) the collective services, are deprived. Suppose that, as things stand, it is difficult to intervene in economic structures to guarantee a fair distribution of income; the government does not have this power, nor do mayors or local operators. Can we be satisfied with this thinking? I do not think so. If this is true, as it is, different neighbourhoods show their profound differences in terms of social services and urban facilities. Therefore, one way to ‘alleviate’ these inequalities would be to provide all with essential social services (nurseries, schools, emergency services, etc.) and principal urban facilities (parks, playgrounds, parking, public transport, etc.). Moreover, we must enrich neighbourhoods with higher-quality facilities such as libraries, meeting rooms, etc., and thus transform the geography of the city. These changes would no longer result in differentiated neighbourhoods, rather homogeneous concerning collective services. However, it is not enough solely to consider how this endowment ultimately affects disposable income, improving further the economic conditions of many families, especially the weakest. Quello al quale non si riflette abbastanza è che i servizi collettivi non solo mettono a disposizione di chi ne ha bisogno strutture, persone e risorse, ma contribuiscono a far lievitare il loro reddito disponibile. Questo mi sembrerebbe un buon punto di partenza per il nostro tema se riflettessimo che le fasce sociali più deboli che avrebbero maggior bisogno (e diritto) a questi servizi ne sono privati. Assumiamo che allo stato dei fatti pare molto difficile intervenire sulle strutture economiche per garantire distribuzione equa del reddito; non ha questo potere il governo, non i sindaci, non gli operatori del territorio. Ma possiamo contentarci di questa riflessione? Credo di no. Se fosse vero, come è vero, che i diversi quartieri fanno mostra delle loro profonde differenze relativamente ai servizi sociali e alle attrezzature urbane, allora un modo i qualche modo per mitigare tali diseguaglianze è quello di dotare tutti i quartieri dei servizi sociali essenziali (dagli asili nido, dalle scuole obbligatorie, dei pronti soccorsi, ecc.), delle attrezzature urbane principali (parchi, campi gioco, parcheggi, mezzi di trasporto, ecc.), ma anche arricchirle di attrezzature di qualità superiore come per esempio biblioteche, sale di riunioni, ecc., trasformando così la geografia della città: non più quartieri differenziati per dotazione di servizi, ma quartieri da questo punto di vista omogenei. Ma non basta; bisogna anche considerare che questa dotazione finisce per influire sul reddito disponibile, migliorando le condizioni economiche di molte famiglie, soprattutto di quelle più deboli.
Va ripetuto che una politica di questo genere tende a mitigare la situazione di squilibrio esistente dentro la città, ma non a rendere uguale la fruizione della città a tutta la popolazione. La città è un prodotto storico ed è collocata nel territorio questi due fatti danno luogo alla “produzione”, per così dire, di beni posizionali, di beni di grande valenza (culturale, estetica, ecc.) ma non riproducibili. Un grande duomo con la sua piazza, un teatro storico con la sua pregevole architettura, palazzi monumentali, ecc. danno una qualità allo spazio non riproducibile altrove, così come fanno anche alcuni elementi naturali (la vicinanza di un bosco, l’affaccio al mare o a un lago o fiume, ecc.); queste caratteristiche forniscono qualità al luogo ma non sono né riproducibili né trasferibili. Chi abita nei pressi di questi beni gode di una qualità del luogo negata agli altri abitanti. Ma su questo c’è poco da fare. Così come la sicurezza: da una parte i quartieri abitati dalle persone più ricche possono usufruire di un servizio di sicurezza pagato in proprio in aggiunta al servizio pubblico a garanzia delle persone e dei beni; mentre nei quartieri meno centrali mancano, per ovvi motivi, i servizi di scurezza privati e più rarefatti sono i servizi pubblici di sicurezza. Si tratta di ulteriori di elementi di differenziazione dello spazio urbano. La battaglia politica e culturale per una riqualificazione di tutti i quartieri attraverso la dotazione di servizi sociali e collettivi e di attrezzature urbane deve essere portata avanti con determinazione, non pensando così di realizzare una città giusta, ma almeno una città meno ingiusta.
I must emphasize that policies of this kind tend to alleviate the situation of existing urban imbalances without intending to make the city equally accessible to the entire population. The city is a historical product located on the territory. This fact gives rise to the “production”, so to say, of positional goods, goods of a great value (cultural, aesthetic, etc.) but not reproducible. A beautiful cathedral with its square, a historic theatre with its fine architecture, monumental buildings, etc., give a quality to the space that cannot be reproduced elsewhere. Certain natural elements (the proximity of a wood, a view of the sea or a lake or river, etc.) also constitute a unique quality of the place, which is neither repeatable nor transferable. Those who live near these assets enjoy a quality of place denied to other inhabitants. But there is little to be done about this. The same goes for security. The neighbourhoods where the wealthiest people live, in addition to the public service for the protection of people and property, benefit from self-paying security services. And vice versa, the less central neighbourhoods lack private security services, for obvious reasons, and public security services are rarer. These are additional elements of differentiation of urban space. The political and cultural battle for the redevelopment of all neighbourhoods must be fought resolutely, aiming to provide social and collective services and urban facilities. However, we must not think that this would result in a ‘just city’ but, at least, a ‘less unjust’ one.
Alcuni principali riferimenti A few key references
Indovina, F. (2021).“The City, Local Conflict and Public Policies”, in L. Fregolent e O Nel.lo (Eds.), Social Movementes and Public Policies in Southern European Cities, Springer. Indovina, F. (2017). Ordine e disordine nella città contemporanea. Milano: FrancoAngeli. Indovina, F. (2016). “Ventun domande a Francesco Indovina”, in G. Belli, A colloquio con l’urbanistica italiana. Napoli: Clean edizioni. Indovina, F. (2014). La metropoli europea. Una prospettiva. Franco Angeli. Indovina, F. (2009). Dalla città diffusa all’arcipelago metropolitan. Franco Angeli. Font, A., Indovina, F. & Portas, N. (Eds.), (2004). L’explosio de la Ciutat. Barcellona: COAC publicacion. Francesco Indovina, Del analisi del territorio al gobierno de la ciudad, a cura di Oriol Nel-lo, Icaria, Barcellona, 2012. AAVV, Economia, società e territorio, riflettendo con Francesco Indovina, a cura di L. Fregolent e M. Savino, ebook Franco Angeli.