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by Vincenzo PascucciPremessa / Preface

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Autori / Authors

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Premessa / Preface

by Vincenzo Pascucci

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Vincenzo Pascucci, professore di geologia stratigrafica e sedimentologica; Università di Sassari. Coordinatore della Scuola di Dottorato in Architettura e Ambiente dal 2016.

Vincenzo Pascucci, Professor of Stratigraphic and Sedimentological Geology, University of Sassari; Coordinator of the PhD School in Architecture and Environment since 2016.

e-mail: pascucci@uniss.it

Quando mi è stato proposto un corso alternativo, diverso per i dottorandi del Dottorato in Architettura e Ambiente, non ho avuto dubbi. Non ho avuto dubbi sull’efficacia e forza mediatica del “prodotto”, come lo ha definito Bibo Cecchini, né della sua innovatività. Ho avuto molti pensieri e dubbi, invece, sul titolo: L’ambiente della specie umana. Sono un geologo e la parola ambiente e specie per me hanno, spesso, un significato diverso da quello comune. L’ambiente per me è un qualcosa in continua evoluzione, che cambia in modo naturale funzione dei cambiamenti climatici anche in modo drastico. Nella storia della Terra ci sono state almeno tre estinzioni di massa legate ai cambiamenti climatici e una di queste, almeno a mio modesto vedere, ha come concausa il fatto che gli abitanti dominanti si erano mangiati tutto il mangiabile e venivano poco mangiati dai pochi carnivori presenti. Negli ultimi 300.000 anni la Terra ha visto il livello dal mare alzarsi e abbassarsi, i ghiacciai espandersi e ridursi quasi fino a zero, la CO2 salire e scendere fino ai livelli che stimiamo raggiungeremo nel 2100, innumerevoli volte senza che ci fosse lo zampino dell’uomo. È’ lampante che i cambiamenti climatici in atto abbiano un grosso contributo antropico. L’uomo (inteso come specie) è riuscito ad accelerare questi cambiamenti redendoli quasi visibili. Eventi climatici che prima succedevano in migliaia (se non centinaia di migliaia) di anni, oggi si succedono in qualche decina (se non meno). Da qui la mia domanda che poi è anche il mio dubbio: L’ambiente della specie umana è naturale o artificiale (ne senso di umo-indotto). Parliamo di Antropocene come del nuovo Periodo geologico senza renderci conto che vogliamo influenzare anche i Periodi Geologici. Quelli del passato prendevano il nome dalle montagne (Giurassico dalle Alpi del Giura), posti (Devoniano, dal Devon in UK), dalle città (Messiniano dalla città di Messina) in cui erano state definiti i così detti stratotipi. Gli strati cioè che caratterizzano quel determinati Periodo geologico. Quando penso a quello che potrebbe

When I was offered an alternative, different course for PhD students in Architecture and the Environment, I had no doubts. I had no doubts about the effectiveness and media power of the ‘product’, as Bibo Cecchini defined it, nor of its innovativeness.

I had many thoughts and doubts, however, about the title: The environment of the human species. I am a geologist, and the words ‘environment’ and ‘species’ often mean something different to me. The environment is something constantly evolving, that changes naturally as a function of climate change, even drastically. In the history of the Earth, there have been at least three mass extinctions linked to climate change, and one of these, at least in my humble opinion, could linked to the fact that the dominant species had eaten everything that could be eaten and were scarcely eaten by the few carnivores present. In the last 300,000 years, the Earth has seen sea levels rise and fall, glaciers expand and contract to almost nothing, CO2 rise and fall to the levels we estimate will be reached in 2100, without any human contribution.

It is clear that current climate change has a major anthropogenic contribution. Man (as a species) has accelerated these changes by making them almost visible. Climatic events that used to happen in thousands (if not hundreds of thousands) of years are now happening in a few tens (if not less). Hence my question, which is also my doubt: is the environment of the human species natural or artificial (in the sense of human-induced). We speak of the Anthropocene as the new Geological Period without realizing that we also want to influence Geological Periods. Those of the past were named after mountains (Jurassic from the Jura Alps), places (Devonian, from Devon in the UK), cities (Messinian from the city of Messina) in which the so-called stratotypes were defined. That is, the layers characterizing that particular geological period. When I think of what could be

a typical Anthropocene stratotype, the only thing that comes to mind is the plastic being nowadays everywhere. It would be interesting to define the stratotype of the human species with a product/ waste of it. I share with Bibo that we are a unique species. I agree that we have grabbed rights that may not have been ours, but that is the law of the strongest. I agree that the city is our environment outside of which we feel lost. In sharing these points, however, I am beginning to rethink the natural environments that we like. We love going to man-made beaches full of umbrellas and kiosks, mountains full of cable cars and huts that look like fancy restaurants, streets full of cars, wi-fi even on top of Everest! Perhaps our concept of the natural also needs to be redefined. I conclude with an open reflection on the word Anthropocene. Why not call it Romanocene or Newyorkcene or Citycene, since the city is the common dwelling element of the homo species, perhaps finding a different stratotype than plastic would be easier. essere lo strato tipo dell’Antropocene mi viene in mente solo la plastica che è ormai ovunque. Interessante sarebbe definire lo stratotipo della Specie Uomo con un prodotto/ rifiuto di questa. Condivido con Bibo il fatto che siamo una specie unica. Condivido che ci siamo accaparrati dei diritti che forse non ci spettavano, ma questa è la legge del più forte. Condivido che la città sia il nostro ambiente al di fuori del quale ci sentiamo persi. Condividendo questi punti sto, però, cominciando a ripensare agli ambienti naturali che a noi piacciono. Amiamo andare in spiagge antropizzate piene di ombrelloni e chioschi, montagne piene di funivie e rifugi che sembrano ristoranti di lusso, strade piene zeppe di macchine, wi-fi anche in cima all’Everest! Forse anche il nostro concetto di naturale è da ridefinire. Concludo con una riflessione aperta sulla parola Antropocene. Perché non chiamarlo Romanocene o Newyorkcene o Citycene all’inglese, visto che la città è l’elemento dell’abitare comune della specie homo, forse trovarvi uno stratotipo diverso dalla plastica sarebbe più facile.

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