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A colloquio con Angelo Ferrari, il Commissario straordinario

alla PSA

Ad un anno dalla comparsa del virus della Peste suina africana sul territorio dell’Italia continentale, facciamo il punto sull’emergenza PSA: qual è a oggi la situazione epidemiologica? Come si sta diffondendo il virus?

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Al 5 febbraio i casi di PSA accertati erano 362 nei suini selvatici e 2 nei domestici.

Nel cluster/focolaio di Piemonte e Liguria sono state riscontrate 314 positività in cinghiali abbattuti o trovati morti, di cui 214 in Piemonte e 100 in Liguria

I casi, specialmente i più recenti, si distribuiscono soprattutto lungo la direttrice est-ovest e alcune carcasse di cinghiali positive alla PSA sono state trovate fuori dalle recinzioni installate per rallentare il fronte dell’onda epidemica.

Nella regione Lazio, invece, non si registrano nuovi casi da settembre 2022: la conta dei positivi è dunque ferma a 48 cinghiali e 2 suini domestici, nonostante prosegua l’attività di controllo e campionamento alla ricerca del virus.

I segnali positivi che arrivano dal Lazio sono incoraggianti, ma i continui casi riscontrati – ahimè – in Piemonte e Liguria ci ricordano che la fase emergenziale non è terminata. Anzi, occorre continuare a lavorare in modo coordinato e determinato per affrontarla.

Quali azioni sono state intraprese per controllare la diffusione del virus PSA sul territorio continentale indenne della infezione ed eradicare la malattia nelle zone infette?

Per poter mettere a sistema le azioni di contrasto alla malattia è stato individuato dal 2 marzo 2022 un Commissario straordinario alla peste suina africana. Il mio compito di coordinamento e monitoraggio, si è concretizzato da subito con l’emanazione di cinque ordinanze che indicano con precisione alle Regioni, dalle Province, delle Amministrazioni Comunali, alle ASL e agli allevatori le misure da adottare anche attraverso l’adozione di Piani Regionali di Interventi Urgenti da parte di tutte le Regioni e di Piani di Eradicazione specifici da parte delle Regioni colpite.

Secondo quanto previsto dalle più aggiornate linee guida tecnico-scientifiche europee e nazionali e nel rispetto della normativa di riferimento è prevista innanzitutto l’individuazione di due zone soggette a restrizione (ZR), sulla base delle caratteristiche del territorio e della malattia: una ZR II, in cui sono presenti casi di malattia nei suini selvatici e una ZR I, esente da casi, ma ad alto rischio, immediatamente esterna alla prima.

Ho poi coordinato l’azione delle Regioni attraverso la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni e ho sollecitato più volte l’azione delle Autorità Sanitarie Locali per l’abbattimento dei suini selvatici (al fine di creare un’area di “vuoto sanitario” che renda più difficile la circolazione del virus) e per la ricerca attiva e la rimozione delle carcasse, una attività fondamentale per valutare l’efficacia delle azioni messe in campo e per definire le strategie di intervento, nonché per eliminare una fonte di contagio sul territorio: le carcasse sono infatti un serbatoio duraturo del virus.

Per quanto riguarda gli operatori del settore suinicolo sono state disposte, per prevenire l’introduzione del virus nella popolazione suina domestica indenne e per limitarne la diffusione nei selvatici, stringenti misure di biosicurezza (ad esempio: recinzioni negli stabilimenti, utilizzo del sistema Classyfarm, impiego di misure igieniche durante la caccia, dove consentita). È stato programmato il depopolamento degli stabilimenti, con le dovute differenze dettate dalla tipologia di allevamento, nelle Zone di Restrizione, salvo deroghe. Parimenti si è provveduto al blocco o alla regolamentazione della movimentazione di animali e merci dalle ZR. Vige tuttora il divieto di ripopolamento degli allevamenti, sempre declinato in funzione del livello di rischio, ma nell’ultima ordinanza ho prorogato questa misura di soli tre mesi, auspicando una pronta ripresa delle attività.

A questo si è affiancata la recinzione dell’area in cui sono presenti i casi positivi nella Zona di Restrizione II mediante barriere (reti metalliche a tratti elettrificate) al fine di rallentare la diffusione dell’onda epidemica, limitando i movimenti dei cinghiali in ingresso e in uscita dalla zona di maggior diffusione del virus. I chilometri di tracciato inizialmente previsti erano 170, ridotti poi a 144 nel tracciato esecutivo grazie all’integrazione di strutture preesistenti, per limitare l’impatto ambientale e contenere i costi. Per poter velocizzare i lavori, il tracciato delle barriere è stato suddiviso in lotti: questo ha permesso di lavorare in contemporanea su più aree, affidando i lavori a ditte diverse. Ad oggi i chilometri realizzati sono 120 (circa l’80% dell’opera complessiva). È in corso di realizzazione il lotto 3, del quale sono stati messi in opera 15 km. La consegna del lotto è prevista tra pochi giorni: con questo lotto saranno posati 126 km sui 144 complessivi (circa il 90% dell’opera complessiva) e il perimetro di pertinenza della Regione Piemonte sarà completato.

Cosa ancora c’è da fare?

Quali sono le necessità in termini di risorse economiche, dotazioni di personale, materiali e attrezzature?

Per innalzare le barriere, il Governo ha stanziato 10 milioni di euro (di questi 6,8 milioni per i lavori e 3,2 milioni per gli espropri).

Questi 10 milioni di euro sono a oggi stati tutti impegnati, ma non sono stati sufficienti a causa dell’aumento dei costi di realizzazione della recinzione dovuti all’aumento dei prezzi delle materie prime, delle limitazioni imposte dalle zone impervie in cui sono posizionati molti tratti di recinzione (che hanno spesso richiesto attrezzature specifiche per i lavori), della necessità di accelerare la realizzazione dei lavori per far fronte all’avanzata dell’onda epidemica (fattore che ha imposto alle ditte di impegnarsi su più turni – aumentando così i costi della manodopera), dell’esigenza di coprire i costi di assicurazione e manutenzione, inizialmente non previsti dal legislatore.

Restano da completare due lotti della barriera in territorio ligure, e son partiti i lavori del lotto a est, a protezione della Regione Lombardia, per quali saranno necessari circa 6 milioni di euro, già richiesti nel mese di agosto.

In attesa che queste risorse mi fossero rese disponibili, le Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna hanno stanziato rispettivamente 1,5 e 1,97 milioni di euro, per il completamento dei tracciati a protezione anche dei loro confini.

A questo si aggiunge che il ritrovamento di carcasse positive esterne alla recinzione (ma comunque interne alla ZR II) renderà necessario, come sottolineato anche dal Gruppo Operativo degli Esperti, la costruzione di barriere aggiuntive, il cui costo stimato è di circa 4 milioni di euro.

Come dimostrato dalle esperienze maturate in altri Paesi europei che hanno eradicato il virus, le recinzioni non sono concepite per impedire del tutto il passaggio degli animali, ma sono uno strumento che deve essere utilizzato con flessibilità, adeguandosi al contesto epidemiologico.

C’è qualcosa, a suo parere, che potrebbe essere migliorato nella modalità di implementazione delle misure adottate? O qualche misura che non è stato ancora possibile adottare ma che sarebbe a suo avviso necessaria? È necessario e fondamentale continuare e migliorare l’attività di ricerca attiva delle carcasse: proprio in questi giorni, sto proponendo alle Autorità nazionali e regionali la possibilità di affidare il compito ricerca delle carcasse in tutte le ZR e di depopolamento nella ZR II

Allevamenti suinicoli nelle Provincie interessate a professionisti specializzati. Sebbene preziosa in quest’anno di epidemia, risulta evidente che non si possa più fare solo affidamento sulla collaborazione delle associazioni venatorie e in generale su iniziative di natura volontaristica. Occorre di conseguenza dare continuità e tracciabilità a queste azioni, indispensabili per poter uscire dalla emergenza.

È possibile fare una previsione su come evolverà la situazione nei prossimi mesi?

Partiamo da un aspetto più che positivo: la situazione nel Lazio sembra stabile, e credo sia realistico auspicare che tale possa restare nel tempo.

Diversa è la situazione che si presenta in Piemonte e Liguria. Le ultime settimane sono state caratterizzate da un forte incremento di casi: nel solo mese di gennaio 2023 le positività alla PSA sono passate da 221 a 301, con un incremento del 35% circa. Questo denota una fortissima accelerazione della malattia.

A questo si aggiunge l’arrivo della stagione riproduttiva dei cinghiali, che desta ulteriore allarme. Come è facile comprendere, ad oggi, per questa area, non si possono fare previsioni: possiamo solo aumentare il nostro impegno, confermando e rafforzando le strategie già messe in atto.

In che modo dovrebbero/potrebbero intervenire le Autorità regionali, nazionali e la Commissione europea?

Sono le Autorità regionali e locali i principali attori a cui è affidata la concreta messa in opera delle azioni pre -

Il tracciato delle recinzioni

foreste, degli Affari regionali e le autonomie) la necessità di prevedere forme di ristoro per gli agricoltori e gli allevatori, sia per i danni diretti che per quelli indiretti della PSA, eventualmente mediante l’accesso a fondi europei. Così come le Autorità nazionali, anche le Regioni possono attivarsi in queste azioni di ristoro.

Sono stati registrati progressi nella ricerca per un vaccino contro il virus della PSA?

viste. Non mi stancherò mai di dire che la ricerca delle carcasse è strategica. Quindi occorre che le Amministrazioni a tutti i livelli diano impulso a questa attività e che poi coordinino il depopolamento dei suini selvatici nelle ZR. Anche i piani di depopolamento in zona libera, che prevedono un aumento dello sforzo venatorio dell’80% superiore rispetto agli scorsi anni, dovranno essere perseguiti con forza dalle Regioni. Alle Amministrazioni comunali e ai cittadini chiediamo uno sforzo nella direzione della corretta gestione dei rifiuti.

È poi necessario che aumenti la collaborazione e l’impegno di chi, per hobby o per lavoro, frequenta le zone a maggior rischio, nel rispettare le norme di biosicurezza e continuare a ricercare e segnalare le carcasse di cinghiali.

Ho rappresentato ai Ministri di riferimento (della Salute, dell’Agricoltura della sovranità alimentare e delle

La PSA è notoriamente complessa da affrontare anche perché non esistono terapie o vaccini efficaci: la ricerca deve impegnarsi su entrambi i fronti per aumentare la nostra capacità di affrontare la PSA con maggiore forza e, auspicabilmente, eradicarla a livello globale.

Numerosi gruppi di ricerca, in tutto il mondo, stanno lavorando in questa direzione, ma al momento, purtroppo, la comunità scientifica non prevede novità eclatanti riguardo la possibilità di ottenere un vaccino efficace e sicuro nel breve periodo. Il genoma del virus e i meccanismi immunologici coinvolti devono ancora essere studiati a fondo: dobbiamo continuare a lavorare nella concretezza della situazione attuale, senza quest’arma nel nostro arsenale. Anche la messa a punto di test rapidi, che aumenterebbe notevolmente la nostra velocità diagnostica e quindi la tempestività di intervento, deve ancora passare al vaglio di necessari test di validazione. Abbiamo imboccato la strada verso la possibilità di utilizzare nella pratica zootecnica presidi immunologici, terapeutici e diagnostici più efficaci, ma il percorso è ancora lungo.

LENTI (PRESIDENTE DI ASSICA): AD UN ANNO DALLA PSA, INSISTERE CON MAGGIOR FORZA

Dopo oltre un anno dalla comparsa della malattia veterinaria sul territorio continentale nazionale, la situazione dimostra di essere stata fin qui ben gestita. Governo, Regioni, Commissario Straordinario e aziende hanno fatto in questi mesi la loro parte: chi coordinando l’attività a livello centrale e destinando risorse all’attività del Commissario, chi intervenendo con fondi a sostegno di iniziative di contenimento della fauna selvatica e di supporto alle aziende in difficoltà, chi mettendo in essere misure più rigide di biosicurezza, decisamente ben al di là dei requisiti normativi e funzionali a ridurre la diffusione di una malattia che per quanto non pericolosa per l’uomo risulta comunque estremamente contagiosa per gli animali e purtroppo ancora priva di cure e vaccini.

Siamo lieti che le azioni messe in campo dall’innalzamento di recinzioni di contenimento allo svolgimento di mirati abbattimenti selettivi abbiano fin qui messo in sicurezza la suinicoltura nazionale – dichiara Ruggero Lenti presidente ASSICA - evitando che i contagi giungessero in zone a più alta intensità di capi suini allevati e di stabilimenti produttivi di carni e salumi, aree in cui i danni sarebbero stati inimmaginabili e molto onerosi da indennizzare”.

Le zone finora colpite dalla malattia, infatti, sono limitate ad alcuni comuni tra Piemonte e Liguria e ad alcuni territorio del Lazio, aree in cui per fortuna sono presenti pochi allevamenti suinicoli, ma che confinano con zone geografiche storicamente vocate alla suinicoltura e in cui si concentrano oltre i due terzi dei suini allevati in Italia, base per la produzione dei pregiati salumi DOP come il prosciutto di Parma e il prosciutto di San Daniele.

“Per garantire tranquillità e serenità ad allevatori e produttori di carni e salumi in un contesto già duramente provato da tante sfide economiche – ha proseguito Lenti – è indispensabile che il governo non molli la presa su questo tema. Il recente cospicuo aumento di casi di positività nei cinghiali in zone limitrofe a quelle ad alta vocazione suinicola suona come un forte campanello di allarme. La vicenda deve continuare a restare sotto controllo: per questo invitiamo il governo a destinare una parte delle risorse dei fondi nazionali per lo sviluppo agroalimentare al mantenimento, consolidamento e sviluppo delle iniziative di contenimento e contrasto alla diffusione della malattia, permettendo alla struttura commissariale – che ha finora svolto un ottimo lavoro - di agire con tempestività ed efficacia. Allo stesso modo siamo certi che anche le Regioni direttamente interessate non faranno mancare il loro sostegno anche economico alla gestione della malattia fino alla sua completa eradicazione, che auspichiamo possa avvenire più rapidamente possibile per liberare milioni di euro di export, oggi bloccati a causa proprio della PSA”. All’indomani della comparsa della PSA sul territorio continentale italiano, molti Paesi del Mondo hanno bloccato tutte le esportazioni di carni suine e salumi dall’Italia, con una perdita per il settore di 20 milioni di euro al mese di export. Il danno è peraltro duplice, in quanto oltre al mancato export si perdono quote di mercato che diventano sempre più difficili da recuperare man a mano che passa il tempo e si lascia il posto all’Italian Sounding: la richiesta di salumi italiani all’estero è consistente e non poter inviare i nostri prodotti fa sì che le imitazioni trovino terreno fertile al posto degli originali.

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