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Marea rossa in America Latina?

Lavittoria elettorale di Lula in Brasile è l’ultimo tassello di una situazione che si è andata definendo negli ultimi anni: la sinistra si sta riprendendo l’America Latina. Tranne quattro Paesi conservatori (Ecuador, Uruguay, Paraguay e Guatemala), e quattro moderati (Panama, Costa Rica, El Salvador e Repubblica Dominicana) tutti gli altri sono controllati dalla sinistra, anche estrema. Si parla di una “marea rossa” che sta inghiottendo il continente.

Che ci sia un piano continentale – promosso tra l’altro dal cosiddetto Forum di San Paolo e, dietro di esso, dalle forze rivoluzionarie internazionali – è un dato di fatto, e ormai nessun analista latinoamericano lo pone in dubbio.

Non si tratta, però, del comunismo classico, sovietico o cinese, anche se essi vi giocano ancora un ruolo importante. Si tratta di ciò che il francese Félix Guattari chiamò una “rivoluzione molecolare”, ossia la distruzione di ogni struttura di Ordine. Qualcosa di simile a quella “rivoluzione totale” propugnata dagli alfieri più radicali del Sessantotto e il cui scopo è il caos.

L’America Latina è oggi un immenso laboratorio dove si sta testando questa nuova formula rivoluzionaria, che prima aveva sfiorato anche gli Stati Uniti e alcuni Paesi europei, col nome di woke o cancel culture.

Nell’impossibilità di analizzarla con la dovuta profondità, offriamo ai nostri lettori tre casi emblematici: Cile, Perù e Colombia.

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