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Editoriale. Quel maledetto granello di sabbia
Claudio Puppione
Direttore responsabile di “Made In Cuneo”
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Quel maledetto granello di sabbia
Una lezione che, ahimé, forse non sarà tenuta nel debito conto è arrivata da Suez e dall’“intoppo” che, di recente, ha portato il canale artificiale sotto la luce dei riflettori: l’incagliamento della super portacontainer “Ever Given”, creando un gigantesco ingorgo, ha bloccato per sei giorni i passaggi dal Mediterraneo al Mar Rosso, e viceversa, attraverso l’opera costruita tra il 1859 e il 1869. Per avere più chiara la situazione, basti pensare al fatto che ogni anno navigano nel canale di Suez circa il 7 per cento del traffico mercantile globale e il 12 per cento delle merci, con carichi di ogni tipo. La situazione è tornata alla normalità in tempi più brevi di quelli, catastrofici, preventivati da alcune fonti, ma l’evento ha dimostrato una volta di più che nessun meccanismo è perfetto: ogni ingranaggio, anche quello più sofisticato (anzi, forse più è sofisticato, più è esposto a pericoli inopinati), corre il rischio di incamerare quel fatidico granello di sabbia capace di farlo inceppare. È un po’ ciò che, su scala immensa, ha fatto il Coronavirus, provocando danni incalcolabili all’economia mondiale e, soprattutto, portando via un elevatissimo numero di vite umane. Questa eventualità nelle stanze dei bottoni non era contemplata sino all’inizio dell’emergenza sanitaria globale che si spera si stia esaurendo, malgrado qualche voce isolata sottolineasse con preoccupazione come, da decenni, il pianeta fosse esente dalla piaga delle pandemie che l’affliggono sin dall’apparire sulla scena dell’homo sapiens e come, in Europa, essa si fosse “fermata” alla famigerata Spagnola di giusto un secolo fa. Da sempre le Cassandre sono invise a molti. Il perché si capisce, ma, a volte, dar ascolto a chi avvisa in merito a pericoli potenziali e latenti evitirebbe, o attutirebbe, mosse autolesionistiche come quelle decise nel nostro Paese, e non solo, in tema di tagli draconiani alla sanità per mere ragioni economiche, non tenendo presente che avrebbe potuto profilarsi all’orizzonte qualcosa come un virus chiamato Covid-19. Torniamo all’incidente avvenuto in Egitto, il quale ha aggiunto ulteriore pressione a una situazione già di tensione del commercio globale. Di certo l’evento ha mostrato a tutti l’importanza del trasporto marittimo, la sua natura essenziale per l’economia globale. A tal proposito segnalo il preoccupante aumento del costo dei noli marittimi (in un semestre sono più che triplicati) che, associato alla carenza dei container, contribuisce ad acuire l’allarme ingenerato dalla crescita generalizzata dei prezzi delle materie prime. Sono temi approfonditi dal Centro studi di Confindustria Cuneo, in occasione della presentazione dell’indagine di previsione congiunturale per il secondo trimestre del 2021. L’intraversamento della “Ever Given”, con i suoi 21.000 container, del resto ha prodotto nel giro di poche ore un rialzo del 5 per cento del prezzo del petrolio, proprio come accade ogni volta che si verifica qualche incidente oppure qualche attentato al naviglio commerciale nel Golfo Persico, dove transitano 17 milioni di barili di greggio al giorno. È la “rivincita della geografia”, ha detto qualcuno. Basta la sventatezza di un timoniere e la catena va in crisi in tutto il mondo. Oltre al salutare stimolo alla riflessione sulla caducità delle cose umane, ciò certifica che «nessuna nuova tecnologia, nessun sofisticato dispositivo, nessuna transazione nel mondo immateriale del web può sostituire l’importanza cruciale degli stretti entrati nella storia degli imperi e delle potenze che, su di essi, hanno costruito fortune, dichiarato guerre, sacrificato vite umane e velleità politiche». Sono i “colli di bottiglia”, passaggi obbligati attraverso i quali il mondo comunica via mare e da dove transita l’80% delle merci del pianeta e il 54% del grano e dei fertilizzanti. E, come il temporaneo blocco del canale di Suez dimostra, sono possibili fonti di stallo quasi totale per l’attuale sistema economico ultraglobalizzato. Nel mondo spirano venti, se non di guerra, di fortissime tensioni internazionali che, a breve, potrebbero riverberarsi sui citati “colli di bottiglia” e quindi, sui commerci mondiali. Non aspiro a fare la Cassadra di turno e scopro l’acqua calda, ma credo converrebbe tenersi pronti e, per quanto possibile, predisporre piani d’emergenza.