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Arte Industriale. A Mondovì il Momuc “produce”
Ceramica della
Questa istituzione è un tassello dell’opera da svolgere per rendere giustizia a ciò che ha sostenuto l’economia locale per ben due secoli
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Gianni Scarpace
«Non è una struttura espositiva tradizionale, questo è un museo che produce, mentre racchiude due secoli di storia». Lo dice Christiana Fissore, direttrice del Museo della Ceramica di Mondovì, realtà nata nel dicembre del 2010. Parlare di ceramica nella città del Belvedere vuol dire rendere omaggio ad attività lavorative importanti, come la Richard Ginori, che qui aveva sede, oppure la Ceramica Besio, marchio tuttora esistente e che “dimora” ancora oggi nelle case di tanti piemontesi. Il passato e il presente sono “fissati”, da 11 anni, grazie al Museo, con la tradizione ceramista monregalese che affonda le radici della sua storia in secoli fa. Il Momuc sulla collina di Piazza prosegue la storia della ceramica, con numeri e dimensioni diverse, ma procede. Prima di tutto con il Museo stesso, perché dispone di un vero laboratorio che crea: si chiama Unità produttiva (Up). E poi perché si avvale di tecniche moderne senza scordare la manualità del passato, ancora fondamentale per creare opere. Infine c’è la nuova tecnologia fatta di virtuale e olografia, divertente e illuminante insieme: si sceglie un manufatto ceramico da una consolle, lo si appoggia su una mensa e così si dà vita, una a una, a otto tavole da pranzo che si apparecchiano con gesti semplici e quotidiani. Tutto virtuale, grazie all’olografia e altre soluzioni tecnologiche, ma con una tale qualità di immagine e di veridicità, da far nascere un sorriso divertito anche allo storico più serio.
Arte Industriale A MONDOVÌ IL MOMUC “PRODUCE”
Un’attesa di vent’anni
Fare tutto ciò nelle sale del nuovo Museo della Ceramica di Mondovì, in piazza Maggiore, ha un sapore particolare perché, per il territorio, l’apertura di questo luogo della cultura è stata una conquista vera, attesa circa vent’anni. Il Museo sorge nello stesso quartiere di Mondovì Piazza che vanta l’esistenza di “Casa Giolitti”
Visitare il Museo significa ripercorrere le tecniche produttive e i filoni decorativi che si sono succeduti nel corso di quasi due secoli
La direttrice del Momuc, Christiana Fissore, con Gianni Rovea che ha rilevato lo storico marchio Besio 1842 e l’artista, stilista e costumista Antonio Marras (a destra), protagonista di una mostra a Mondovì
e gli affreschi prospettici di Andrea Pozzo nella splendida chiesa della Missione. Undici anni fa Mondovì e il suo territorio hanno salutato l’inaugurazione del Museo desiderato dal mecenate Marco Levi sin dalla fine degli anni Novanta. Ultimo rappresentante della comunità ebraica a Mondovì (la sinagoga è nella vicina via Vico), morì nel 2001 dopo un’esistenza vissuta come imprenditore della ceramica e della finanza e come protagonista di altre attività imprenditoriali. Levi (ultimo proprietario e direttore della fabbrica “Vedova Besio e Figlio”, che aveva acquistato da Carlo Baggioli la più imponente collezione di ceramiche del distretto monregalese) strappò una promessa al sindaco di allora, Riccardo Vaschetti: la sua collezione di oltre 2.300 pezzi artigianali e industriali sarebbe stata nella disponibilità del Comune solo se l’ente avesse costruito un museo innovativo. Mondovì l’ha realizzato, non senza traversie (anche legali) connesse ai lavori di realizzazione della realtà culturale nello storico palazzo “Fauzone di Germagnano” che si affaccia, con una vista superba, nella medievale piazza Maggiore, su Alpi Marittime, pianura cuneese e Langhe. «Visitare il Museo», spiega la direttrice Fissore, «significa ripercorrere le tecniche produttive e i filoni decorativi che si sono succeduti nel corso di quasi due secoli». «La storia dello sviluppo industriale, artistico e culturale del distretto ceramico monregalese», aggiunge l’attuale presidente della Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”, Andreina d’Agliano, «è raccontata nei pannelli espositivi con un linguaggio accessibile e accattivante, arricchito da impianti multimediali di forte e immediato impatto scenografico». Il Museo nacque dalla collaborazione tra il Comune e la Fondazione Museo della Ceramica “Vecchia Mondovì”, guidata allora da Guido Neppi Modona, nipote di Marco Levi, e venne realizzato grazie ai contributi di Ministero dei beni culturali, Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo e Fondazioni Crc e Crt. Tra gli oltre seicento pezzi presenti, non mancano quelli pregiati: ci sono gli straordinari manufatti di oltre 200 anni fa, secondo i modelli di “cream ware” dell’inglese Wedgwood. E poi le suggestioni ottocentesche, liberty, art déco, del futurismo e del design industriale: un prezioso patrimonio destinato a esaurirsi con la crisi inarrestabile delle principali manifatture ceramiche fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso.
Per il territorio
Il Museo racconta la cultura e l’economia della città di Mondovì e di un ampio distretto (Villanova, Roccaforte, Chiusa di Pesio, Vicoforte,
Oltre che sul sito www.museoceramicamondovi.it, il Museo della Ceramica in questo periodo pandemico è molto attivo anche sui maggiori social. Ecco dove trovarlo: www.facebook.com/MuseoCeramicaMondovi, www.instagram.com/fond_momuc
Mombasiglio), generando simboli inconfondibili: tra questi il galletto dalla coda variopinta e le vivaci decorazioni a spugna intagliata. L’unica azienda ancora in attività è la Besio 1842 di Gianni Rovea che ha rilevato lo storico marchio e con la quale il Museo ha una convenzione di collaborazione. Così nella parabola entusiasmante e amara della ceramica monregalese il visitatore (e le numerose scolaresche invitate) coglie l’essenza stessa dell’industria moderna: la produzione in serie e a costi contenuti di oggetti di uso quotidiano che hanno rivoluzionato abitudini, rapporti, costumi e stili di vita delle persone. Nelle case di tante famiglie monregalesi si possono ancora trovare pezzi di uso comune di questa incredibile era della ceramica.
Il debito con l’economia cittadina
«Il Museo della Ceramica di Mondovì giunge a saldare un debito della città con il suo passato, a chiudere il cerchio di un impegno di lunga data. Oggi quasi nulla è rimasto del passato di Mondovì come centro industriale ceramico di prim’ordine, tra Otto e Novecento», spiega l’insegnante e storico locale Cesare Morandini. «La città e il suo distretto», aggiunge Morandini, «hanno prodotto per due secoli una stoviglieria in terraglia tenera per un mercato europeo ed extracontinentale, a prezzi contenuti e con decorazioni a colori vivaci di elevati carattere e riconoscibilità. Restano i grandi scheletri vuoti degli impianti, rimasti dagli anni Ottanta, presenze inquietanti al centro della città, la diaspora di un immenso patrimonio di cultura, ingegno operativo e imprenditoriale, i colorati manufatti diventati oggetto di affettuoso collezionismo, hanno fatto maturare nella coscienza dei monregalesi la consapevolezza di non avere ancora reso giustizia a ciò che ha sostenuto l’economia cittadina per due secoli».
I visitatori qui possono cogliere l’essenza stessa dell’industria moderna
Le mostre e i convegni
A causa della situazione emergenziale legata alla pandemia da Covid-19 il Museo della Ceramica è temporaneamente chiuso al pubblico, ma fino a pochi mesi fa l’attività si è concretizzata in una serie cospicua di eventi. Ricordiamo soltanto alcuni degli artisti passati da qui: Ugo La Pietra, Celeste Boursier Mougenot, Ai Weiwei, Carla Accardi, Franco Vimercati, Elisabetta Di Maggio, Bouke De Vries, Antonio Marras, Ezio Gribaudo, Cecil Kemeprink, Andrea Blasich, Matteo Rubbi, Hilario Isola, Paolo Polloniato... e
Innovazione e tradizione con la stampante in 3D
Grazie all’attivazione di un crowfunding di successo, da oltre un anno il Museo della Ceramica di Mondovì si è arricchito di nuove possibilità di fruizione. Si tratta della moderna stampante digitale in 3D, la Lutum 3D Clay, acquistata grazie anche al sostegno della Compagnia di San Paolo. La stampante, in dotazione all’Unità produttiva (Up) del Museo, è tra le più sofisticate sul mercato e consente di realizzare qualunque tipo di disegno, conferendo una forma tridimensionale. Realizzata artigianalmente, è compatta e versatile e può essere usata con varie tipologie di argilla, permettendone la sia stampa che l’incisione, inclusa la lavorazione di oggetti di piccole dimensioni. La stampante affianca le attrezzature già utilizzate per le lavorazioni tradizionali: tornio, stampi in gesso per il colaggio, bascula per lo stampaggio, forno per terraglia, forno per porcellana. Il nuovo macchinario è anche l’utile strumento di formazione per gli allievi del corso accademico di arte ceramica dell’Accademia Albertina di Torino, prestigiosa istituzione artistica con cui il Museo ha sottoscritto una convenzione il 29 gennaio del 2014. Il corso, che si svolge nei locali dell’Up del Museo della Ceramica, conferisce crediti formativi agli allievi del triennio di base e si è sviluppato con caratteristiche di corso monografico. Il Museo inoltre mette il nuovo macchinario a disposizione di istituti di formazione, artigiani, artisti, designer, aziende e startup per momenti formativi, produttivi, di creazione artistica contemporanea “site specific”.
Scopri online
poi tanti convegni, anche in concomitanza con la Mostra dell’artigianato agostana che ogni anno si svolge a Mondovì Piazza.
Il Momuc è attivo sul web
Il Museo della Ceramica di Mondovì, in attesa della fine delle retrizioni anti Covid, segue le indicazioni dei decreti che ne limitano la fruibilità, ma l’attività online è rimasta costante e notevole, come il QR Code sopra riportato consente di verificare attraverso il sito web.