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Sliding Doors. Le nuove strade di Peraria
Gabriele Destefanis
«Se sono contento di quello che ho fatto in questi 25 anni? Non cambierei neanche una virgola della mia vita, errori inclusi. Rifarei tutto. Il mio è il lavoro più bello del mondo». Quando abbassi la cornetta dopo una telefonata con Livio Cismondi, ti senti come travolto dall’entusiasmo che trasmette. Peraria, azienda di Villafalletto che ha fondato 25 anni fa e di cui è amministratore, è la sua vita. Lo senti da come parla che è follemente innamorato del suo lavoro e di tutti i dipendenti, che lui chiama “colleghi”, anche se è il capo. Contagioso, ma nel senso buono del termine, e non come il virus che ci ha sconvolto la vita e che lui ha deciso di combattere trovando una nuova strada. La sua azienda, specializzata nella produzione di strutture gonfiabili pubblicitarie e nella gestione di eventi, tour itineranti, mostre e fiere, in questo anno di pandemia è stata capace di reinventarsi. Prima la produzione di mascherine, poi la struttura che ha consentito agli ospiti delle case di riposo di tornare ad abbracciarsi in sicurezza, infine il Pharma Safe Space, il box da sistemare fuori da farmacie e studi medici per tamponi e vaccini. E non finisce qui. Signor Cismondi, riavvolgiamo il nastro fino a oltre un anno fa. Come avete reagito all’arri-
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Sopra: la struttura che ha consentito agli ospiti delle case di riposo di tornare ad abbracciarsi in sicurezza. Sotto: il Pharma Safe Space, il box da sistemare fuori da farmacie e studi medici per tamponi e vaccini
Le nuove strade di Peraria
vo della pandemia in Italia? «Guardi, io credo di avere dei santi protettori che mi hanno sempre aiutato (ride, ndr). Otto giorni prima della chiusura generale, quando ancora la situazione non era grave, ho deciso di chiudere. Non so dirle come, ma ho avuto un presentimento: qualcosa non mi tornava. Ci siamo fermati per il 95% della produzione, ma dopo qualche giorno ho cominciato a fare rientrare a turno un po’ di persone a lavorare. Non potevo abbandonare i miei collaboratori tra casse integrazioni e lungaggini burocratiche, così abbiamo provato a iniziare un nuovo
L’azienda di Villafalletto fondata 25 anni fa da Livio Cismondi ha reagito al Covid-19 reinventandosi con progetti che hanno consentito di aprire promettenti linee di sviluppo
percorso. Anche se le confesso che non immaginavo che il cambiamento sarebbe stato così grande». Il primo passo è stata l’idea di produrre mascherine, che nella prima fase della pandemia erano molto difficili da reperire. Come avete deciso di prendere questa strada? «Me lo ricordo come se fosse ieri. Era il 19 marzo: stavo passeggiando di sera intorno a casa, quando mi chiama un amico: “Livio, facciamo le mascherine?”. Ci ho pensato un attimo e gli ho risposto: “Se credi che sia una cosa fattibile, facciamole”. Dal mattino dopo abbiamo iniziato a lavorarci su. Abbiamo fatto due giorni di prove, ci siamo guardati intorno cercando i materiali e poi abbiamo scoperto di avere in casa un tessuto idrorepellente che non veniva usato da un anno e mezzo, ideale per fare le mascherine. Il 21 marzo c’è stata la prima consegna di tremila pezzi». E i riscontri sono stati subito entusiastici. Se lo aspettava? «Sinceramente no, non mi aspettavo una simile reazione. Appena la cosa si è saputa, ho ricevuto un’infinità di chiamate. Le racconto questo: di recente ho cambiato telefono e, quando ho consegnato quello vecchio al tecnico, mi ha detto che ci doveva essere un errore perché avevo qualcosa come 5.200 contatti. In quei giorni il cellulare squillava in continuazione, la gente era interessata e voleva le mascherine. Abbiamo iniziato a lavorare senza sosta: cominciavamo alle 8 del mattino e andavamo avanti fino alle 10 di sera, arrivando a produrre centomila mascherine a settimana. In pochi giorni siamo stati capaci di trasformarci completamente e le assicuro che è stato un grande orgoglio vedere il personale adattarsi così in fretta al cambiamento. Tante mascherine le abbiamo anche regalate, mi sembrava doveroso in un periodo come quello che stavamo vivendo. Anche umanamente abbiamo ricevuto davvero tanto: non ha idea di quante persone, anche sconosciute, mi hanno chiamato per ringraziarmi. E queste sono le cose che fanno più piacere». Poi è arrivata “La forma degli abbracci”, la struttura che consente agli ospiti delle case di riposo di abbracciarsi in sicurezza: come è nato il progetto? «In quel periodo abbiamo iniziato a lavorare con le case di riposo: c’era bisogno di dividere determinate aree e i pannelli che utilizziamo per le fiere erano ideali. Abbiamo quindi cominciato a entrare nelle strutture, percependo la tristezza di queste persone, costrette a restare lontane dai propri cari per i rischi del contagio. Così è nata l’idea di una struttura meccanica, trasparente e facile da usare, che permettesse alla gente di tornare ad abbracciarsi, un gesto tanto semplice, ma ormai diventato proibito. Il progetto è subito piaciuto molto: l’abbiamo voluto proporre a basso costo, per venire incontro alle esigenze di tutti in un momento così difficile, e abbiamo avuto numerosissime richieste, che continuano ad arrivare. Poter restituire un po’ di felicità alle persone, vedere le emozioni di gente che non si incontrava da tempo e che ha potuto riabbracciarsi, è stato qualcosa di impagabile». Il passo successivo è stato il “Pharma Safe Space”, iniziativa partita con l’inizio del 2021. «Abbiamo pensato che per le esigenze del momento potesse essere utile avere uno spazio chiuso da collocare all’esterno delle farmacie o degli studi medici per effettuare le operazioni di prevenzione per il Covid. Con “Pharma Safe Space” riusciamo a rispondere a diverse
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Padel, la grande opportunità del futuro
Per Livio Cismondi (foto) il futuro è una grande opportunità. Non stupisce, quindi, che Peraria sia pronta a una nuova e intrigante avventura: i campi da padel, lo sport “cugino” del tennis che impazza in tutta Italia. «A settembre ero a Rimini per lavoro e sono rimasto impressionato dal lungomare, trasformato in un’enorme palestra a cielo aperto: ovunque c’erano macchinari per fare esercizi, personal trainer e gente che si allenava. Ma anche campi da padel. Ho fatto una chiacchierata con il Sindaco, che conosco bene. Poi sono andato a Riccione e ho trovato la stessa situazione: in un attimo ho avuto un’illuminazione, ho capito che quella era una strada da perseguire. Mi sono subito attivato, ho preso il telefono e ho cominciato a chiamare clienti e amici. E siamo partiti». Campi da padel e coperture: la novità è recentissima per Peraria, che ha venduto le prime strutture poco più di un mese fa, comprendendo le potenzialità di questa nuova strada. Forse in Granda non ha ancora preso tanto piede, ma in altre parti d’Italia la “padel mania” è davvero esplosa. «Per noi è un altro spiraglio che si apre e sono convinto che ci potrà dare grandi soddisfazioni. E presto sveleremo altre interessantissime novità».
Un paio di esempi di allestimenti realizzati da Peraria prima dell’emergenza sanitaria. Secondo Livio Cismondi, specie nel settore delle fiere molto cambierà una volta terminata la crisi epidemiologica
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necessità: è un’area facilmente sanificabile, in linea con tutti i parametri definiti dalla normativa per gli ambienti di lavoro, e inoltre è un box facilissimo da montare. In pochi giorni siamo stati sommersi dalle richieste. Siamo contenti, anche perché possiamo mettere la nostra esperienza al servizio della comunità in un periodo difficile per tutti. Ogni lavoro ti lascia tanto, e ti insegna. E noi in questo ultimo anno abbiamo imparato moltissimo». Cosa ha imparato di questo periodo storico e, in generale, del futuro? «Ho capito che per la prima volta dal dopoguerra anche il lavoratore dipendente si trova senza stipendio certo. Questo vuol dire che la gente, per un po’, non tornerà a spendere come prima. Ci vorranno anni. Per quanto riguarda il nostro settore, credo che il mercato non abbia ancora compreso che nel futuro ci saranno sempre meno fiere. Le grandi aziende non vogliono più farle: hanno capito che spendono cifre folli per eventi in cui c’è moltissima concorrenza. Non è meglio invitare i possibili compratori a casa propria? Il futuro è questo, il “porte aperte”. Si assisterà a un drastico cambiamento, sarà necessario evolversi. Ma le dico anche che l’uomo ha bisogno della socialità, grazie alla quale siamo arrivati fino a qui. Anche Peraria ha costruito la storia dell’azienda su questo. I 5.200 contatti di cui le parlavo prima sono persone che ho incontrato. Tanto cambierà, ma per fortuna si tornerà alla socialità e agli incontri. Non potrà che andare così». Peraria è pronta a questi cambiamenti? «Io credo di sì. Questo periodo ci ha fatto capire che siamo capaci di reinventarci e di adattarci alle nuove situazioni. L’intenzione è quella di affiancare, alla tradizionale attività di fiere ed eventi, che manterremo, percorsi paralleli per riempire i tempi morti della produzione e dare maggiore respiro e serenità a tutti». Avete festeggiato i 25 anni di Peraria: è l’occasione giusta per tracciare un bilancio. Se guarda indietro, cosa vede? «Vedo cinque lustri straordinari, bellissimi. Il lavoro di fare allestimenti è il più bello del mondo. Ti fa incontrare trasversalmente tante realtà e professioni diverse: passi dal produttore di vini alle macchine agricole, dalle auto alle farmacie. Quando fai l’allestimento per un evento, è come se prendessi un po’ possesso della piazza, è una sensazione bellissima, che ci manca tanto. Io prima ero un costruttore di macchine agricole speciali, questa azienda è nata quasi per gioco ed è diventata una grande famiglia in cui si è creato un rapporto speciale, anche con i nostri clienti. Non mi pento di nulla di quello che ho fatto nella mia vita. Rifarei tutto, anche gli errori. Si vive una volta sola e bisogna farlo con fiducia e ottimismo».
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«Questo periodo ci ha fatto capire che siamo capaci di reinventarci e di adattarci alle nuove situazioni: affronteremo percorsi paralleli alla nostra attività tradizionale»