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di Gian Marco Passerini

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Porte aperte agli Uffizi, ma i turisti non ci sono

TURISMO Dopo i mesi di chiusura imposta

dall’emergenza pandemica, riaprono le porte del celebre museo. Il mondo però è ancora troppo distante

di Valerio Lento Mai così tanto spazio. La prima e Fadi Musa sensazione che regala la Galleria degli Uffizi dopo 77 giorni di chiusura, è quella di un vuoto insolito. Nessuna fila all’ingresso, nessuna babele di lingue straniere che si mischiano alle porte del museo. L’accento è quello fiorentino, toscano. I visitatori sono i cittadini di Firenze e qualche loro corregionale; ognuno finalmente solo in compagnia dell’arte, a tu per tu con Giotto e Botticelli. La presenza più ingombrante è l’assenza dei turisti, nazionali e internazionali. La Toscana è stata dichiarata zona gialla, ci si può spostare al suo interno, ma per arrivare dal resto d’Italia sono necessari motivi di lavoro o di salute. Giungere dai quattro angoli del pianeta è ancora più complicato. «Si sa benissimo che i numeri del turismo in questa città non erano dati dai fiorentini e dai toscani, ma dal turismo americano – il commento di una guida della Galleria - Finché non si riapriranno le frontiere, l’afflusso al museo resterà molto limitato». Non tutti i mali, però, vengono per nuocere. Per una visitatrice fiorentina, anche lei impiegata come guida turistica, perdere l’occasione di visitare le sale sgombre da folle di curiosi «sarebbe un errore imperdonabile. Quando ci troviamo a gestire gruppi numerosi di turisti siamo costretti a rintanarci in un angolo per raccontare le opere, ma spesso finisce che le persone passano più tempo a guardare noi che spieghiamo piuttosto che a immergersi nei capolavori. Adesso ognuno può restar solo con l’arte senza fretta e senza ansie». La riapertura degli Uffizi è comunque un segnale incoraggiante per la ripresa delle attività artistiche e culturali nel nostro Paese. Come dichiarato dal direttore dei musei, Eike Schimdt: «Sebbene l’emergenza non sia ancora finita, questo è un segno della presenza della cultura. Ho paragonato questa riapertura ai concerti che si davano

foto originali degli autori

alla National Gallery di Londra durante la Seconda guerra mondiale. Noi ci auguriamo di guarire per l’arte». Il paragone con la guerra non è azzardato: era dai tempi del secondo conflitto mondiale che gli Uffizi non restavano chiusi al pubblico per un periodo tanto prolungato. All’epoca le opere d’arte furono addirittura trasferite dalle sale museali per essere messe al sicuro nella Villa medicea di Poggio a Caiano, vicino Prato. Lo spostamento avvenne nel giugno del 1940, pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra alla Francia e al Regno Unito, e solo cinque anni e mezzo più tardi, nel dicembre del 1945, i capolavori poterono far ritorno a casa. Oggi la “guerra” è al Covid e, nonostante la situazione sia ancora lontana da una conclusione felice e definitiva, la Cultura sta compiendo i primi passi verso la rinascita. Il museo più importante d’Italia ha riaperto i battenti al mondo, in attesa che il mondo torni a bussare alle sue porte. ■

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