n. 10 / marzo aprile 2012
speciale Big Data
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Financière de l’Echiquier / East Capital / BullionVault / Clerical Medical
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Editoriale
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Flash News
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Focus corner • Il cubo di Warren Buffett / Didier Le Menestrel di Financière de l’Echiquier
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• Per chi punta sul Renminbi / Stefan Scheurer di Allianz Global Investors
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• Oltre le sorprese del primo trimestre / Marcus Svedberg di East Capital
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• Investire in oro nel 2012: pro e contro / Ben Traynor di BullionVault
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• Quei porti (non più) sicuri / Ana Cukic Armstrong di Clerical Medical
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News&Eventi • Le nuove misure per il credito alle Pmi
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• UniCredit si impegna per il Made in Italy
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• Pmi: così si finanzia l’internazionalizzazione
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• Furto d’identità: spetta alla banca l’onere della prova
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• Come ottimizzare la liquidazione sinistri
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Spot • Servizi a 360 gradi nel mercato dell’oro
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• Dal controllo alla gestione / CeTIF: Paolo Gatelli
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• Aprirsi ai dati per soddisfare il cliente / Gruppo Banca Carige: Luca Falco
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• Oggi si recita a soggetto / Cedacri: Piero Ingraito
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Speciale: Big Data
n.10 marzo - aprile 2012
• La BI abbraccia il cliente / Teradata: Adolfo Norì
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• BI e Big Data, matrimonio d’interesse / Ibm: Michele Destino
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• Sap: alla ricerca del tempo ottimizzato / Sap Italia: Giovanni Ravasio
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• Rischi? No grazie / Sas: Mirella Cerutti
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• Analisi giuste al momento giusto / Banca Popolare di Vicenza: Carlo Finetto
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Performance
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Carriere
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Storie di business • La via dell’efficienza
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• Business continuity, da necessità a opportunità
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• Una piattaforma integrata per l’internal rating
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Speciale convegno
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Banca&Mercati è un periodico on line Registrazione presso il Tribunale di Milano, n. 291 del 26/05/2010 Banca&Mercati è una testata di Business Gallery di Andrea Bigi, P.Iva IT07041300968 C.F. BGINDR69H16E897M Anno III numero 10 marzo - aprile 2012
Banca&Mercati Blend Tower, Piazza IV Novembre 7 20124 Milano Tel. +39 02 87 34 30 19 Fax +39 02 87 34 44 44 www.bancaemercati.com BG Business Gallery di Andrea Bigi P.Iva IT07041300968 C.F. BGINDR69H16E897M Via Ariberto 22, 20 123 Milano
Direttore responsabile Andrea Bigi Testi a cura di Andrea Bigi e Elena Giordano Bellini Grafica e web Carlo Ghelfi per informazioni e segnalazioni info@bancaemercati.com per informazioni commerciali Valeria Rossana Volpe commerciale@bancaemercati.com hanno collaborato Ana Cukic Armstrong, Didier Le Menestrel, Stefan Scheurer, Marcus Svedberg, Ben Traynor
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Editoriale
I soldi delle banche
Andrea Bigi, direttore di Banca & Mercati
Chi per caso si fosse illuso sulla prematura fine della tempesta finanziaria che da mesi si è abbattuta sull’Unione Europea è stato risvegliato dall’improvviso ritorno della febbre da spread. Purtroppo si tratta invece di una trama abbastanza scontata. Nel senso che la crisi del debito sovrano nel Vecchio Continente non è ovviamente scomparsa, e tornerà a battere cassa su tutte le piazze finanziarie europee ogni volta che il sentiment degli investitori (e degli speculatori) non subirà qualche contraccolpo. Più in dettaglio, finché i dati macroeconomici dell’Unione, ma soprattutto dei principali paesi responsabili della crisi del debito (tra cui l’Italia), non indicheranno una chiara inversione di tendenza, facendo prevedere un ritorno alla fase di crescita, e non semplicemente il contenimento del deficit e del debito attraverso le solite manovre correttive, lo scenario non cambierà: l’Europa resterà sotto lo scacco della speculazione, finendo probabilmente per pagare anche colpe non sue, come ad esempio la crescita minore del previsto in Cina, la ripresa più contenuta degli Stati Uniti o l’inflazione rampante nei Paesi Emergenti. L’illusione di chi pensava che il peggio fosse ormai alle spalle era del resto supportata da elementi piuttosto inconsistenti. E’ vero che nei primi mesi del 2012 lo spread Btp/Bund si era ridotto in modo sostanziale, scendendo anche nettamente sotto quota 300, ma il vulnus sottostante che aveva generato il terrificante gap degli ultimi mesi del 2011 è rimasto, non è stato certo cancellato con la bacchetta magica dal Governo Monti. Anzi, il quadro macroeconomico globale è addirittura peggiorato, perché il 2012 sarà un anno di recessione per tutta l’Europa e agli effetti della crisi sul nostro Paese bisognerà sommare quelli depressivi originati dalle varie manovre correttive attuate dall’Esecutivo (prima quello Berlusconi e poi quello Monti) nel corso dell’ultimo anno. Purtroppo in questo momento l’Italia è come un gatto che per sopravvivere è costretto a mangiarsi la coda: da un lato abbiamo il problema del debito pubblico esponenzialmente elevato, dall’altro quello di una crescita economica inesistente, quest’anno addirittura negativa. Le manovre necessarie per rasserenare i mercati e dare un po’ di ossigeno ai conti pubblici hanno sì centrato l’obiettivo, ma al costo di deprimere ulteriormente la nostra capacità di crescere: basta guardare alla crisi dei consumi e al drammatico credit crunch con cui devono fare i conti le imprese. In questo quadro Monti ha portato una iniezione di fiducia sui mercati rappresentata innanzitutto dalla sua faccia (ossia dalla sua affidabilità comprovata da anni in Commissione Europea) e da un Governo ritornato a disporre di una
maggioranza solida in Parlamento. Ma non molto altro. Il forte calo degli spread nei primi tre mesi dell’anno è stato determinato soprattutto dal dividendo di fiducia del bond-Monti con cedola immediata, piuttosto che dal dividendo del bond-Italia dalla incerta solvibilità. Tutto questo Monti ovviamente lo sa, come sa che il suo pacchetto di riforme a più riprese per ammodernare il Paese ha al momento un valore più simbolico che reale. Sarebbe necessario un ulteriore scatto in avanti, ma non di Monti, bensì dei partiti che lo sostengono, i quali invece lo sostengono proprio perché non vogliono fare uno scatto in avanti e preferiscono barcamenarsi nella gestione della propria base sotto il paravento del governo tecnico. In realtà, come abbiamo più volte sottolineato, gli strumenti attualmente a disposizione del Governo per far ripartire l’economia sono piuttosto scarsi. Si fa un gran parlare della riforma del mercato del lavoro, ma questa riforma (posto che l’esame del Parlamento non ne comprometta oltre l’impianto, già sufficientemente annacquato dalla trattativa con i sindacati) potrà avere effetti solo nel medio periodo. Oggi serve ben altro. Nel settembre 2008, all’indomani del crack di Lehman e con il mercato finanziario degli Stati Uniti davvero sull’orlo del baratro, il segretario repubblicano al Tesoro Henry Paulson confezionò un piano di salvataggio per le banche americane da 700 miliardi di dollari (850 miliardi con gli sgravi fiscali). Si trattò di un’enorme iniezione di liquidità sul mercato che permise alle banche di ripianare le proprie enormi perdite sui titoli-spazzatura e, almeno nelle intenzioni, far ripartire il motore dell’economia, ossia il finanziamento delle banche al sistema delle imprese. Ebbene, i prestiti speciali concessi in due aste dalla Bce alle banche dell’Unione Europea (Ltro - Long Term Refinancing Operation) hanno più o meno gli stessi obiettivi. Il primo, quello più immediato e verificabile, ossia il rifinanziamento del sistema bancario, è stato sicuramente raggiunto. Solo che ora occorre che questi soldi vengano veicolati dalle banche alle imprese, e che qualcuno (la Bce) controlli severamente che ciò avvenga. Senza esagerare, si tratta di un passaggio di importanza fondamentale per il salvataggio dell’Europa. E’ in nome di questo interesse superiore che sono state aiutate le banche, ed è proprio per questo che il processo deve completarsi anche prescindendo dall’interesse delle singole banche. Altrimenti, l’unico risultato che otterrà Francoforte sarò quello di salvare i bilanci delle banche con i soldi di tutti noi contribuenti dell’Unione. Andrea Bigi 7
Flash news
Le polizze Ergo per la Banca della Provincia di Macerata Accordo di bancassurance nei comparti vita e danni Ergo (gruppo Munich Re) ha siglato un accordo distributivo con la Banca della Provincia di Macerata per lo sviluppo di attività di bancassurance nei comparti vita e danni. L’intesa prevede la distribuzione di prodotti assicurativi Ergo Previdenza ed Ergo Assicurazioni attraverso la rete dell’istituto, che comprende filiali, BPrM PuntoServizi e promotori finanziari che operano su gran parte del territorio marchigiano. “La partnership con Banca della Provincia di Macerata, ha dichiarato Gino Conte, direttore commerciale di Ergo Italia,
consentirà un solido sviluppo alla nostra attività traendo vantaggio dalla collaborazione con un istituto di credito attivo e dinamico, ben radicato sul territorio, davvero vicino alle esigenze della propria clientela e che rappresenta un punto di riferimento per la collettività. Offriamo un supporto mirato per integrare i prodotti vita e danni che abbiamo in portafoglio rivolti a specifici target come piccole imprese, professionisti, famiglie proprio il bacino di clientela della Banca della Provincia di Macerata con i prodotti che il nostro partner offre. Con Banca della Provincia
di Macerata condividiamo un forte orientamento al cliente e un approccio innovativo alle esigenze di gestione, sia finanziaria che non finanziaria”.
A C-Card (Cedacri) la gestione delle carte di credito Credem La migrazione si è svolta lo scorso ottobre, senza interruzioni dell’operatività per i clienti Credem e dell’attività di back office della banca Credem ha affidato a C–Card (Gruppo Cedacri) la gestione in outsourcing delle carte di credito, migrandole dal precedente gestore. La migrazione delle oltre 300mila carte di credito gestite dalla banca, che poneva i due partner di fronte a sfide impegnative, a partire dallo switch istantaneo del sistema autorizzativo, si è svolta con successo nell’ottobre 2011, senza interruzioni dell’operatività per i clienti Credem e dell’attività di back office della banca. Prosegue così la pluriennale collaborazione fra Cedacri e Credem, che negli ultimi anni ha scelto Cedacri quale partner tecnologico di riferimento, affidandole la gestione in facility management dell’intera infrastruttura tecnologica, oltre a quella dei terminali Atm, delle carte di debito e alle attività di Business Process Outsourcing per la rete di promotori. La scelta di C-Card, che si propone al mercato come gestore unico dell’intera catena del valore legata alle carte di credito, è fortemente legata alla flessibilità della sua offerta, che punta a soddisfare le differenti esigenze delle banche attraverso due modelli di business, l’issuing - adottato tipicamente da banche medio-piccole e da realtà extrabancarie prive di licenza propria - e l’outsourcing, rivolto agli istituti finanziari che, come Credem, sono già titolari di licenza presso i circuiti internazionali ma intendono affidare a un partner esterno tutti i servizi di gestione operativa relativi all’emissione di carte di credito, i servizi aggiuntivi di gestione delle dispute, l’investigazione delle frodi e il servizio di call center. Credem inoltre potrà contare su una infrastruttura tecnologica come la piattaforma TS2 di Total System, già utilizzata da alcune tra le maggiori banche a livello mondiale. “L’adesione al modello di ‘community’, dichiara Enzo Romano, responsabile monetica di Credem, ci consente di ridurre i costi dell’attività della filiera dei sistemi di pagamento con minore valore aggiunto e garantire prodotti e nuovi servizi altamente competitivi e innovativi. I sistemi di pagamento rappresentano un business strategico per le banche oltre che il biglietto da visita nei confronti dei clienti: siamo consapevoli che si tratta e sempre di più sarà un business ‘volume sensitive’, pertanto affidare le attività tecnologiche a un outsourcer condiviso consentirà di concentrare sempre più gli sforzi sulla qualità del servizio. Inoltre la partecipazione di altri istituti al progetto ‘monetica’ di Cedacri consentirà ai nostri clienti di accedere a servizi e iniziative esclusive non solo presso gli oltre 560 sportelli Credem, ma anche presso quelli delle banche aderenti al network”. 8
Flash news
Aira-Anopo: si legalizzi il settore dell’oro Le associazioni si schierano contro i negozi “Compro Oro”
Aira, l’Associazione Italiana Responsabili Antiriciclaggio e Anopo, Associazione Nazionale Operatori Professionali Oro, scendono in campo contro il fenomeno dei negozi “Compro Oro”, sempre più diffusi nelle città italiane. Attualmente se ne contano circa 28mila, con un giro d’affari pari a 7-8 miliardi di euro, ma secondo Aira e Anopo si tratta di soldi che affluiscono in larga misura verso riciclaggio, usura, ricettazione e criminalità organizzata. Dalle operazioni condotte dalla polizia giudiziaria emerge del resto il dato secondo cui il 60% di queste attività sarebbe soggetto a infiltrazione criminale, correlata a fenomeni delinquenziali quali il riciclaggio e l’evasione fiscale. Nell’ultimo periodo, inoltre, si è passati anche a negozi on line, dalla provenienza e legalità dubbia (probabilmente con sedi in paradisi fiscali) che acquistano oro usato.
Un altro problema, segnalano le associazioni, sta nell’utilizzo che i negozi “Compro Oro” fanno dell’oro acquistato. La legge in vigore definisce sia le modalità di identificazione della natura dei beni che possono essere qualificati come oro, sia le caratteristiche che un’azienda deve assumere per poter esercitare lecitamente tale commercio, ma tale normativa non viene sempre rispettata e pone dei limiti minori rispetto a ciò che i professionisti dell’oro richiedono. “Ci si trova davanti a una filiera di commercio illegale, sottolinea Andrea Zironi, presidente di Anopo. La nostra professione è a rischio, nonostante le norme vigenti. I Compro Oro e le attività che non rispettano i requisiti imposti dalla legge 7/2000 commercializzano prodotti per fini industriali provenienti da ‘situazioni ambigue’. Sono anni che lamentiamo l’uso ‘sfalsato’ delle bilance, il mancato
rilascio di un’adeguata ricevuta, l’applicazione di prezzi reali e non da usura , l’obbligo di possedere tutti i requisiti di legge e i presidi antiriciclaggio, così come prevede il decreto 231/07. Si pensi che a essere registrati all’Albo degli operatori Professionali Oro della Banca d’Italia, su oltre 20mila attività, siamo in soli 380, tra cui la Zecca dello Stato”. Per questo è stata recentemente presentata una proposta di legge che vuole regolamentare il settore e che parla di “ricevuta fiscale” come unico mezzo in grado di tutelare i cittadini. “Aira, in qualità di associazione che rappresenta le esigenze dei Responsabili Antiriciclaggio anche in sede normativa, spiega il presidente dell’associazione Ranieri Razzante, si è impegnata a studiare il fenomeno che, nonostante la scarsità di dati ufficiali attualmente in circolazione, denota un incremento esponenziale pari al 22,5% su base nazionale. Inoltre abbiamo attivato un tavolo di lavoro con le autorità, già impegnate sul territorio nazionale in numerose operazioni di polizia, e con gli operatori del settore oro. Tale tavolo sta consentendo un ampio confronto sulla tematica, al fine di cercare soluzioni condivise che riducano il fenomeno illegale e modifichino la normativa vigente trovando una soluzione soddisfacente alle carenze attuali”.
On line su Fineco i fondi di Aberdeen Asset Management Aberdeen è molto attiva nella gestione diretta e indiretta di patrimoni immobiliari FinecoBank ha ampliato la sua offerta di fondi on line con i prodotti di Aberdeen Asset Management, società di gestione del risparmio indipendente quotata alla borsa di Londra dal 1991. Aberdeen, che dal luglio 2009 è presente in Italia con una branch a Milano, è specializzata nella gestione di attività finanziarie tradizionali sui mercati azionari e obbligazionari ed è molto attiva nella gestione diretta e indiretta di patrimoni immobiliari, dove a seguito di acquisizioni strategiche è oggi tra i primi cinque player in questo mercato. Tra i fondi distribuiti da Fineco, disponibili per il cliente attraverso il Fund Center su www.fineco.it, figurano il Select Emerging Markets Bond Fund, l’Asian Local Currency Short Duration Bond Fund, l’Asia Pacific Multi Asset Fund, il World Equity Income Fund e l’Asia Pacific Equity Fund. 9
Flash news
Anche Cariparma Crédit Agricole fra i partner di MutuiSupermarket.it Diventano 22 le banche che veicolano l’offerta mutui sul canale del broker MutuiSupermarket.it MutuiSupermarket.it ha aggiunto ai propri partner il Gruppo Cariparma Crédit Agricole. Diventano pertanto 22 le banche che veicolano l’offerta mutui sul canale MutuiSupermarket.it. Il motore di comparazione e scelta mutui on line in 12 mesi di attività (è nato a febbraio 2011 su iniziativa di un pool di professionisti con un’esperienza decennale nel settore della mediazione mutui on line) ha
raccolto oltre 800mila richieste di preventivo e più di 20mila richieste di mutuo da parte di privati e famiglie. “Siamo davvero lieti di accogliere fra i nostri partner le banche del Gruppo Cariparma Crédit Agricole, dice Stefano Rossini, fondatore e amministratore di FairOne, la società che gestisce il servizio MutuiSupermarket.it. Cariparma, Friuladria e Carispezia offrono infatti soluzioni di
finanziamento a condizioni a oggi fra le più convenienti di mercato, in grado di soddisfare perfettamente le aspettative della nostra utenza. La condivisione di un forte spirito di vicinanza alle famiglie che intendono realizzare il progetto casa, uno dei più importanti e impegnativi, è per noi un ulteriore elemento di ricchezza della partnership di cui siamo certi molti beneficeranno nei mesi a venire”.
Bce: la recessione fa risalire gli spread Nel bollettino di aprile Francoforte sottolinea inoltre il problema dell’elevato fabbisogno di rifinanziamento pubblico per l’Italia nel 2012 La risalita degli spread di Italia e Spagna nelle ultime settimane è da addebitarsi ai timori degli investitori sulle prospettive di crescita di questi paesi. Parola della Banca Centrale Europea, che nel suo bollettino mensile di aprile evidenzia come “nel complesso la fiducia dei mercati obbligazionari non ha recuperato completamente”. Francoforte, che continua comunque a prevedere “una graduale ripresa dell’economia dell’Eurozona nel 2012” pur nel contesto di un ulteriore peggioramento nel breve termine del mercato del lavoro, segnala inoltre per il 2012 l’elevato fabbisogno di rifinanziamento pubblico (superiore al 20% del Pil) per l’Italia, così come per Belgio, Francia, Grecia, Olanda, Portogallo e Spagna. In queste condizioni, conclude l’Eurotower, è necessario che i paesi dell’area Euro taglino i debiti pubblici a livelli “decisamente inferiori al 60% del Pil”, e per questo “molti paesi avranno bisogno di conseguire avanzi di bilancio primari pari o superiori al 4% del Pil”.
Il money transfer via Pos Grazie alla partnership fra Moneynet (Gruppo Bassilichi) e Western Union Italia Inviare denaro all’estero e in Italia anche attraverso un punto Eft/Pos. Da oggi è possibile grazie alla partnership tecnica e commerciale siglata da Moneynet, società del gruppo Bassilichi specializzata nei sistemi di pagamento elettronico per il mercato bancario, e Western Union Italia. La partnership, di validità quinquennale, permette di utilizzare il servizio money transfer di Western Union attraverso i terminali retail e bancari Eft/Pos su cui viene installata l’applicazione sviluppata da Moneynet. Il nuovo servizio verrà erogato inizialmente da un network potenziale di migliaia di punti Pos che compongono una parte della rete Moneynet di Pos già installati per effettuare pagamenti elettronici ed erogare servizi a valore aggiunto (borsellino elettronico, raccolta punti, gift card, ricariche telefoniche). Per utilizzare il nuovo servizio di rimesse direttamente da Pos, gli utenti dovranno presentare un documento d’identità valido e, se già in possesso della Western Union Gold Card, la transazione sarà ancora più veloce perché tutti i dati anagrafici sono preregistrati. Una volta che l’operatore del punto vendita avrà identificato il mittente, la transazione verrà perfezionata attraverso la consegna del denaro e il rilascio della ricevuta. “Questa soluzione tecnologica, realizzata dal nostro reparto di Ricerca e Sviluppo, dice Marco Di Marco, presidente di Moneynet, è una novità assoluta per il mercato europeo e rappresenta una grande opportunità di business a livello italiano in ambito bancario e retail perché consentirà di canalizzare nuovi flussi finanziari, andando a soddisfare le esigenze di trasferimento veloce e sicuro di denaro, indipendentemente dall’esistenza di un conto corrente bancario”. 10
Flash news
I prestiti Compass per il Gruppo Bper Siglato un accordo distributivo che coinvolge oltre 850 sportelli del Gruppo Bper Compass e il Gruppo Bper hanno siglato un accordo commerciale che prevede la distribuzione dei prestiti personali della società finanziaria di Mediobanca attraverso oltre 650 sportelli del gruppo che fa capo alla Banca Popolare dell’Emilia Romagna. L’intesa, oltre alla capogruppo, riguarda altre due banche del Gruppo Bper, la Banca della Campania e la Banca Popolare del Mezzogiorno. Una volta esteso anche a tutte le altre banche del Gruppo, l’accordo di distribuzione riguarderà 1.272 sportelli su tutto il territorio nazionale. Compass porta
così a oltre 4.700 gli sportelli bancari serviti come outsourcer. “L’accordo con Compass, sottolinea Pierpio Cerfogli, direttore commerciale del Gruppo Bper, permetterà alla banca di ampliare la propria gamma d’offerta, per seguire la clientela in modo puntuale e perfettamente in linea con i bisogni espressi, in questo caso avvalendosi della specializzazione e del know-how di Compass”.
Pierpio Cerfogli, direttore commerciale del Gruppo Bper
JP Morgan Asset Management è già KIID compliant Con due mesi di anticipo rispetto alla scadenza europea Con un anticipo di oltre due mesi sulla scadenza prevista a livello europeo, JP Morgan Asset Management ha dato piena attuazione ai KIID (Key Investor Information Documents), che sono stati introdotti dalla Direttiva europea 2009/65/CE in riferimento agli Ucits IV e andranno a sostituire i prospetti semplificati già esistenti. Al fine di rispettare la normativa, JP Morgan Asset Management ha prodotto 18mila documenti tradotti in 14 lingue per 193 fondi comprensivi di circa 1.400 classi di azioni attive, che potranno essere scaricati dai diversi siti
web europei della società sia dagli investitori istituzionali che dai consulenti. Oltre alla pubblicazione sul sito web italiano dei KIID di tutti i comparti autorizzati alla distribuzione in Italia la sede locale di JP Morgan Asset Management metterà a disposizione dei collocatori un cd-rom con indice interattivo per agevolare la ricerca e la consultazione del comparto e della classe di azioni di interesse. “Rendere disponibili i KIID con così largo anticipo, dichiara Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di JP Morgan Asset Management, è stata un’impresa complessa, ed è per noi motivo di
grande soddisfazione poter offrire questo nuovo documento agli investitori e ai distributori tramite un supporto interattivo che, in un’ottica di servizio, testimonia ancora una volta la nostra attenzione al cliente”.
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Flash news
La nuova immagine di Anasf Restyling per il brand e il sito dell’Associazione Anasf, l’Associazione Nazionale promotori finanziari, rinnova la propria immagine con un nuovo logo e un sito istituzionale rinnovato www.anasf. it. “Abbiamo svolto un grande lavoro di riposizionamento, dichiara Felice Graziani, responsabile dell’area Marketing e Sviluppo Associativo di Anasf, che si è tradotto nel restyling del marchio, originale ed esclusivo, e nel lancio del nuovo sito, concepito come una testata giornalistica con aggiornamento giornaliero dei contenuti, anche video, e con sezioni ad hoc e più funzioni, come il ‘Trova socio’”. Sono disponibili inoltre un’App dedicata per iPad e iPhone e una nuova newsletter che settimanalmente collegherà direttamente i soci al sito per aggiornarli sulle attività dell’associazione e sulle novità della professione. Infine nuovo formato a colori per PFnews, con l’approfondimento dei temi riguardanti Anasf e la categoria dei promotori finanziari.
Il pericolo “hacktivisti” sul web Verizon evidenzia la crescente presenza di figure a metà tra hacker e attivisti Il Data Breach Investigations Report 2012, lo studio annuale di Verizon sulla violazione dei dati giunto alla quinta edizione, segnala la crescente presenza della nuova figura degli “hacktivisti”, a metà tra hacker e attivisti, che puntano a colpire obiettivi di natura politica e sociale. Nel 2011, il 58% degli attacchi analizzati dal report (855 casi di violazione dei dati con 174 milioni di record sottratti) è risultato assimilabile a questa categoria. In calo del 19% gli attacchi “fisici” (10%), mentre crescono gli attacchi esterni, che contano il 98% dei casi attribuibili ad outsider ( crimine organizzato, attivisti, ex dipendenti, hacker solitari). Tra i settori colpiti, il Finance (10%) registra un calo del 12% rispetto allo scorso anno. Cinque partner hanno collaborato con Verizon contribuendo con i loro dati alla realizzazione del report: i Servizi Segreti degli Stati Uniti, la National High Tech Crime Unit della Polizia Olandese, l’Australian Federal Police, il Reporting & Information Security Service irlandese e la Police Central e-Crime Unit della London Metropolitan Police. “Grazie alla partecipazione dei nostri partner, ha dichiarato Wade Baker, Direttore del Risk Intelligence Team di Verizon, il 2012 Data Breach Investigations Report offre quella che riteniamo essere la più completa panoramica mai realizzata sullo stato della cyber sicurezza. Il nostro obiettivo è aumentare la consapevolezza del cyber crimine globale per migliorare le capacità di contrasto da parte di chi opera nel settore della sicurezza e aiutare enti pubblici e privati a sviluppare piani di sicurezza personalizzati”.
Investire Informati, una guida per i risparmiatori E’ un blog nato per offrire le basi di una corretta informazione finanziaria E’ un blog nato per fornire informazioni riguardanti il mondo della Finanza Personale in materia di risparmio, investimenti, finanziamenti, mutui e previdenza. Investire informati punta a rappresentare una guida per i risparmiatori per una corretta valutazione degli strumenti finanziari nelle loro caratteristiche, nella convenienza ed anche nei rischi. Oggi si parla molto di educazione finanziaria, ma l’investitore medio, nelle proprie scelte di investimento, solitamente preferisce affidarsi alla banca o a un consulente. Investire informati non vuole sostituirsi a queste figure e neanche consigliare il prodotto migliore, ma si adopera per offrire le basi per una corretta informazione, non solo per quanto riguarda i servizi e i prodotti finanziari, ma anche sul sistema di distribuzione, di vendita e consulenza. Il presupposto è che, per scegliere un investimento o un mutuo, l’informazione è fondamentale. Antonino Ciancimino, il titolare di Investire Informati, ha maturato una buona esperienza nel settore bancario e della promozione finanziaria, e ciò rappresenta una garanzia per ottenere informazioni precise e competenti. Investire informati ha dunque l’ambizioso obbiettivo di diventare un punto di riferimento per l’investitore che cerca utili informazioni finanziarie. 12
Flash news
Crif: un credit bureau per la Giamaica La jv Crif-Neal&Massy ha ottenuto la licenza per un credit bureau privato con adesione su base volontaria
Carlo Gherardi, presidente e amministratore delegato di Crif
Crif NM, joint venture tra Crif e Neal & Massy, ha ottenuto da Bank of Jamaica e dal ministero delle Finanze la licenza per costituire in Giamaica un credit bureau privato con adesione su base volontaria. Inoltre, Bank of
Jamaica ha ufficialmente approvato l’informativa e il consenso forniti da Crif NM relativamente alla gestione dei dati personali presenti nel credit bureau. “La nostra esperienza nella gestione di credit bureau in vari Paesi nel mondo, afferma Carlo Gherardi, presidente e amministratore delegato di Crif, garantirà al mercato giamaicano un sistema efficiente, scalabile e modulare, in linea con le specifiche esigenze del contesto locale. Il successo nello sviluppo di soluzioni simili in Europa, Asia e Africa, consentirà ai cittadini e alle imprese giamaicane un accesso al credito più agevole e a condizioni più favorevoli. Al contempo, le banche e le istituzioni finanziarie del Paese potranno gestire al meglio la concessione di finanziamenti ed evitare una eccessiva esposizione creditizia da parte dei prenditori”. Il credit bureau che verrà sviluppato da Crif NM raccoglierà informazioni creditizie relative a privati e
imprese provenienti da istituti finanziari, bancari e non bancari, di credito al dettaglio e da banche di credito cooperativo giamaicane. Gli istituti avranno accesso a report di informazioni aggiornati relativamente all’affidabilità del richiedente e potranno quindi segmentare i clienti sulla base del livello di rischio effettivo. “Crif NM, sottolinea il presidente della società Stefano Stoppani, si pone l’obiettivo di diventare un partner affidabile per la gestione del rischio di credito in Giamaica e nei Caraibi contando sull’esperienza, il know-how e il supporto di Crif e di Neal & Massy. Da un lato, Crif metterà a disposizione piattaforma tecnologica, competenze specifiche acquisite a livello internazionale e servizi a valore aggiunto, dall’altro Neal & Massy offrirà infrastrutture It, conoscenza approfondita del mercato locale e una lunga esperienza nel gestire attività di business nei Caraibi”.
Nasce Experian Cerved Information Services La joint venture fra Experian e Cerved sarà focalizzata in ambito Sic Un più potente Sistema di Informazioni Creditizie a supporto di banche e finanziarie. E’ l’obiettivo della joint venture che costituiranno Experian e Cerved. In base all’accordo, Cerved Group conferirà le risorse di cui dispone in ambito Sic a Experian Information Services, che opera in questo mercato in Italia dal 1995. Cerved Group avrà una partecipazione di minoranza del capitale della società, che assumerà la denominazione di Experian Cerved Information Services. È prevista la possibilità di un aumento della partecipazione di Cerved Group in funzione dei risultati che saranno conseguiti in futuro, restando la collocazione della società nel gruppo Experian. La joint venture, che sarà operativa entro la prima metà del 2012, opererà esclusivamente in ambito Sic, mentre le due
società rimarranno indipendenti e concorrenti nelle rimanenti aree di business. Experian Cerved Information Services offrirà agli operatori finanziari una capacità di osservazione del merito creditizio integrale a livello nazionale, attraverso la visibilità dell’andamento di decine di milioni di contratti, grazie all’integrazione delle basi informative in capo ai due partner verso le banche e le società di servizi finanziari, coprendo tutte le forme tecniche di finanziamento. “La collaborazione con Cerved Group, commenta Marco Benvenuto, responsabile per l’Europa di Experian Credit Services, ci permette di mettere una marcia in più nel mercato italiano delle informazioni creditizie, che resta strategico per Experian e che ha grandi potenzialità per chi sa innovare”. “Grazie all’accordo con un partner prestigioso come 13
Experian, afferma Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group, potremo valorizzare le risorse investite nel Sic e fornire agli intermediari finanziari un’offerta in grado di rispondere in modo più puntuale alla domanda di valutazione del merito creditizio”. Amministratore delegato di Experian Cerved Information Services sarà Angelo Padovani, già managing director di Experian Credit Services, una delle tre linee di business con cui Experian opera in Italia, mentre Gianandrea De Bernardis ricoprirà la carica di presidente del CdA.
Flash news
Ignis Asset Management punta sull’Absolute Return Via al collocamento in Italia del fondo Ignis Absolute Return Government Bond
Arcangelo Barletta, responsabile di Ignis Asset Management per il mercato italiano
E’ un fondo obbligazionario globale che mira a generare rendimenti positivi attraverso la gestione attiva di un portafoglio di bond governativi AAA e valute del G10. Ignis Asset Management ha ottenuto l’autorizzazione al collocamento in Italia del fondo
Ignis Absolute Return Government Bond. Il fondo, che non ha nessuna esposizione alle obbligazioni corporate ed è gestito da Russ Oxley, head of Rates, e Stuart Thomson, chief economist di Ignis Asset Management, ha l’obiettivo di generare un rendimento di 200/300 basis point superiore al benchmark di riferimento (Eonia), mantenendo una bassa volatilità (4-6%): dal suo lancio, il 31 marzo 2011, ha generato una performance del 7,42%, contro lo 0,8% dell’indice Eonia, e ha raccolto 380 milioni di euro. La strategia di investimento del fondo, che sarà distribuito da Banca Ifigest e Skandia attraverso le unit linked e la piattaforma dedicata ai promotori finanziari, è basata sull’uso di un modello proprietario definito ClearCurve, sviluppato internamente dal Rates Team di Ignis, che consente di sfruttare al meglio le anomalie di pricing grazie all’uso di posizioni long e short su titoli obbligazionari
liquidi e di alta qualità. L’obiettivo del modello è scomporre la curva dei tassi in porzioni più piccole per concentrasi sui segmenti a più alto rendimento. Inoltre, grazie a un’ampia diversificazione di portafoglio, Ignis Absolute Return Government Bond ha finora generato rendimenti decorrelati dall’andamento dei mercati azionari e obbligazionari. “L’Absolute Return Government Bond, commenta Arcangelo Barletta, responsabile di Ignis AM per il mercato italiano, è gestito da un team stabile e di grande esperienza, che ha sviluppato un processo di investimento e una tecnologia proprietaria innovativi. Crediamo nell’approccio di investimento unico di questo fondo, che è ben posizionato per continuare a generare performance positive nonostante l’attuale contesto di incertezza che caratterizza i mercati obbligazionari governativi a livello globale”
Zurich completa il progetto “Agents on the Web” E’ stato realizzato un sito Internet per ciascuna delle circa 600 agenzie Zurich sul territorio italiano Zurich ha annunciato il completamento del progetto “Agents on the Web”, operazione che ha permesso di realizzare un sito Internet per ciascuna delle circa 600 agenzie Zurich sul territorio italiano. L’intera rete agenziale della compagnia è oggi on line, con foto, profili, specializzazioni e punti di contatto. Avviato all’inizio del 2011, progetto ha visto due fasi di sviluppo: prima la produzione di tutti i siti di agenzia, successivamente il lancio degli strumenti di web marketing a supporto della loro efficacia commerciale. Attraverso il “RoadShow Fotografico”, un tour itinerante in 22 tappe su tutto il territorio nazionale, gli agenti Zurich sono stati intervistati e fotografati, dopodiché il materiale raccolto è stato caricato nella piattaforma informatica che gestisce in modo personalizzato tutti i siti. Il lancio dei siti di agenzia ha consentito il passaggio alla seconda fase del progetto: coinvolgere il cliente nel corso della sua Internet experience, dai motori di ricerca, ai social media e al mobile, in particolare attraverso l’utilizzo di Google e Facebook. Le campagne on line, che proseguiranno per tutto il 2012, sono state realizzate a livello di singola agenzia, raggiungendo così una porzione specifica di pubblico, grazie anche all’integrazione a valle con la piattaforma Zurich di Crm denominata Zurich Agency Dashboard, che offre al personale di ciascuna agenzia una visibilità completa sulla situazione del cliente e la gestione delle campagne. “Agents on the Web, commenta Andrea Rapetti, direttore Marketing di Zurich in Italia, interpreta in modo nuovo il concetto di multicanalità, rompendo il ‘digital divide’ che separava il canale tradizionale da Internet. L’utente web può così entrare in contatto con la professionalità e la consulenza specialistica che solo l’agente assicurativo può offrire. Per l’agente si tratta di una nuova modalità di presentazione e dell’apertura di opportunità commerciali che fino a oggi non potevano essere colte”. 14
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Focus corner
Il cubo di Warren Buffett L’oro ha rappresentato un rifugio “istintivo” e remunerativo in un periodo di blocco del mercato e di incertezze sulla seconda moneta del mondo. Ma se si crede a una semplice normalizzazione dei mercati, è giunto il momento di ritornare ai veri asset
Didier Le Menestrel, presidente di Financière de l’Echiquier È l’ora delle scelte: il cubo A, 20 metri cubi di metallo giallo, o il cubo B, più voluminoso ma soprattutto più remunerativo? Infatti il cubo B è costituito da attivi reali che, nel linguaggio “Buffett”, sono sinonimo di attivi che producono un rendimento. Rendimento che consisterebbe in tonnellate di mais, frumento e latte per le terre agricole e 144 miliardi di dollari di dividendi l’anno per le 16 Exxon Mobil. Quando tutto ciò sarà realizzabile è da vedere, ma l’esito è indubbio: prima o poi, per un semplice effetto di composizione del rendimento, il cubo A sarà inevitabilmente superato dal cubo B. Oltre a essere un eccellente investitore, Buffett ha il merito di fornire risposte semplici a domande complesse, e in un inizio d’anno che vede reiterarsi la sempiterna questione dell’asset allocation, i due cubi rappresentano un aiuto prezioso. Ci ricordano che, sulla durata, il rendimento fa la performance. L’oro è stato un rifugio “istintivo” e remunerativo in un periodo di blocco del mercato e di dubbi sulla seconda moneta del mondo. Ma se si crede a una semplice normalizzazione dei mercati, è giunto il momento di ritornare ai veri asset. E chi subisce ancora il fascino dell’oro giallo, dovrebbe ricordarsi il vecchio adagio: quello che il saggio fa all’inizio, il pazzo lo fa alla fine.
I vecchi broker hanno una serie di appuntamenti regolari che attendono con nervosismo o con vivo piacere: la lettera annuale di Warren Buffett agli azionisti rientra innegabilmente nella seconda categoria. L’edizione 2012 mantiene le promesse ed esordisce con un abile “teasing”: Warren Buffett ha trovato il suo successore… Inutile precipitarsi a leggere la lettera: non viene svelato nessun nome! Lo slogan è stato ampiamente commentato dalla stampa finanziaria (il talentuoso Ajit Jain avrà la meglio?) ma è la conclusione della lettera, con il suo riferimento all’asset allocation, ad attirare la nostra attenzione. Una sola pagina per parlare di obbligazioni, oro, terre agricole, azioni. Eppure contiene tutto l’essenziale. Sorvoleremo sulle obbligazioni di Stato, dato che abbiamo più volte sottolineato che negli Stati Uniti, in Germania o in Francia il loro rendimento anemico non può in alcun caso essere allettante, neanche in uno scenario di bassa inflazione. Del resto, un rendimento dello 0,8% per titoli di Stato quinquennali, siano essi tedeschi o americani, come ben sintetizza un cronista dello Wall Street Journal con una formula difficilmente traducibile, non è più un “risk-free return” (ossia un rendimento senza rischio) bensì un “return-free risk”, ovvero un rischio senza rendimento.
Oro e azioni a confronto Analizziamo allora le altre due classi di attivi, l’oro e le azioni. Il primo sfavilla di tutte le sue luci da cinque anni... e può riassumersi in tre punti: è giallo, non distribuisce dividendo ed è espresso in questa curiosa unità che è l’oncia (anche se si conosce il prezzo, 1.750 dollari, non si capisce bene a che cosa corrisponda). Le azioni invece stanno ritrovando un certo lustro dall’inizio dell’anno. ma scontano ancora il loro passato erratico. E qui Warren Buffett costruisce i suoi due cubi: il primo, il cubo A, è costituito dalla totalità delle riserve auree del mondo, 170mila tonnellate, che formano un cubo di 68 piedi (20 metri) di lato. Rimanendo nel vocabolario anglosassone, questo cubo “pesa” circa 9,6 trilioni di dollari (per agevolare il lettore diffidente, 32mila once formano una tonnellata). Poco meno di 10 triliardi di dollari in un volume così compatto rappresentano un enorme valore concentrato in un unico posto… La saggezza ottuagenaria di Buffett prende il sopravvento ed ecco che ci presenta il cubo B, di identico valore, costituito da tutte le terre coltivabili degli Stati Uniti (400 milioni di acri), 16 aziende Exxon Mobil (la società la più redditizia del mondo: 40 miliardi di dollari di utile netto l’anno) e 1000 miliardi di dollari… 16
Focus corner
Per chi punta sul Renminbi In uno scenario come quello attuale, caratterizzato da tassi di interesse estremamente bassi, investire nella valuta e nelle obbligazioni Renminbi può consentire all’investitore con profilo di rischio basso di ottimizzare il rendimento
Stefan Scheurer, senior Capital Market analyst di Allianz Global Investors mantenere stabile il tasso di cambio del Renminbi piuttosto che incoraggiare un trend di deprezzamento. Infatti, il 16 aprile la Banca Centrale Cinese, per consentire una maggiore flessibilità della valuta, ha deciso di allargare la banda di oscillazione dal precedente ±0.5% al ±1.0% come prima parte del suo programma di riforma finanziaria - da considerarsi come un passo sano e necessario nel quadro di internazionalizzazione del Renminbi.
Apprezzamento nel lungo termine La nostra view sul Renminbi, alla luce delle recenti dichiarazioni sulla crescita, non è cambiata perché non si tratta di notizie inaspettate per il nostro scenario sulla valuta. Continuiamo a ritenere che, a lungo termine, il fattore strutturale dovrebbe supportare un apprezzamento del Renminbi di circa il 5% in quanto sottoposto al processo di internazionalizzazione. Tuttavia quest’anno il ritmo di apprezzamento del Renminbi dovrebbe essere più lento circa 3% a causa dell’incertezza delle prospettive economiche globali. Ci aspettiamo che la stabilità della moneta possa essere lo scenario preferito per la Cina per riequilibrare l’economia domestica dal traino delle esportazioni a una economia basata sulla crescita interna, e quindi un graduale apprezzamento del Renminbi dovrebbe contribuire a spostare le risorse dai beni tradable a quelli non-tradable. Anche in presenza di un ritmo di apprezzamento del Renminbi un po’ più lento quest’anno, il rendimento di mercato della valuta Renminbi è tornato a un livello più ragionevole grazie alle recenti politiche e ai cambiamenti normativi che hanno maggiormente incoraggiato i flussi crossborder. Il vantaggio del rendimento pick-up, il modesto potenziale di apprezzamento del potenziale del Renminbi insieme alla sua bassa volatilità dovrebbero incoraggiare l’investimento off-shore come interessante asset class. Recentemente abbiamo notato una domanda crescente e l’ampliamento della base degli investitori. Questo testimonia che gli investitori non sono solo interessati alla componente valutaria, ma sono anche attenti alla componente di rendimento che svolge un ruolo importante nell’attrarre la domanda degli investitori alla luce dello sviluppo positivo del mercato off-shore del Renminbi. In uno scenario come quello attuale, caratterizzato da tassi di interesse estremamente bassi, investire nella valuta e nelle obbligazioni Renminbi può consentire infatti all’investitore con profilo di rischio basso di ottimizzare il rendimento.
In Cina, durante le scorso National People Congress, il premier Wen ha dichiarato la riduzione del target di crescita cinese al 7,5% dall’8 per cento. E’ la prima volta dal 2004 che l’obiettivo viene fissato al di sotto dell’8% e questo incrementa la preoccupazione tra gli investitori per le prospettive di rallentamento economico in Cina. I dati ufficiali non sono stati per noi una sorpresa, in quanto ci aspettavamo una crescita tendenziale della Cina intorno al 7-8% allineata all’obiettivo del governo. Inoltre, fissare l’obiettivo di crescita inferiore all’8% non significa necessariamente mantenere la crescita al di sotto dell’8 per cento. Crediamo che la dichiarazione di un target leggermente inferiore di Pil rispecchi una politica di neutralità; il governo sembra più interessato ad allontanare le aspettative dei mercati su eventuali stimoli di politica aggressiva o su misure di liquidity easing nel corso di quest’anno. Tutto ciò è in linea con la nostra opinione che, se la crescita economica rallenta rispetto al target, non necessariamente sono richieste politiche urgenti di relax policy da parte del governo. Inoltre crediamo che le autorità cinesi vogliano 17
Focus corner
Oltre le sorprese del primo trimestre In questo periodo è quasi scontato dire che ci troviamo in una fase incerta e interessante. Ma gli sviluppi sui mercati finanziari nei primi tre mesi dell’anno sono stati veramente inaspettati, con una rinnovata propensione al rischio degli investitori e performance brillanti in particolare sui mercati emergenti
Marcus Svedberg, capo economista di East Capital sui mercati finanziari, ma certamente questo insolito avvio d’anno avrà profonde conseguenze per il resto dell’anno, indipendentemente dagli avvenimenti del primo trimestre.
I mercati azionari hanno registrato un’improvvisa e brusca ripresa all’inizio dell’anno dopo un lungo periodo di crolli. La rinnovata propensione al rischio degli investitori li ha spinti nuovamente verso il mercato azionario dopo un periodo in cui avevano privilegiato la liquidità e gli investimenti più difensivi, come obbligazioni e oro. Tuttavia non tutti gli investitori lo hanno capito, e chi lo ha fatto si è comportato in modo diverso da ciò che normalmente accade nel caso di un ritorno della propensione al rischio. Persistono numerose incertezze
Rinnovata propensione al rischio Ma partiamo dall’inizio. Il 2011 è stato in buona parte caratterizzato da incertezza e volatilità sui mercati finanziari globali a causa del previsto rallentamento dell’economia in generale e dalla crisi nell’Area Euro in particolare. Nonostante questi problemi non siano stati risolti alla fine dell’anno, all’inizio del nuovo anno abbiamo assistito a un ritorno della propensione al rischio. Le ragioni principali di questo rinnovato ottimismo vanno ricercate nell’immissione di liquidità da parte della Bce e nei dati macroeconomici migliori del previsto provenienti dagli Stati Uniti, mentre gli sviluppi economici in Eurolandia non sono stati peggiori del previsto. La Bce, attraverso due aste rivolte a diverse centinaia di banche, ha immesso più di 1.000 miliardi di euro nel sistema finanziario e questi fondi sono stati in buona parte diretti verso attività con un rendimento superiore al tasso di interesse dell’1% addebitato dalla Bce su questi finanziamenti a tre anni. Di conseguenza i rendimenti obbligazionari sono scesi nei paesi periferici dell’Area Euro in generale, e in Spagna e Portogallo in particolare, mentre i mercati azionari si sono ripresi brillantemente. Hanno guadagnato in particolare i mercati emergenti, con ottimi risultati per azioni e valute. Tuttavia questo non dovrebbe sorprenderci, dato che queste categorie di investimento avevano registrato un brusco calo delle quotazioni nel 2011 sulla scorta dei problemi nell’Area Euro.
Focus sui mercati emergenti La ripresa nei mercati emergenti comunque è stata piuttosto insolita. Gli investitori spesso si concentrano sui grandi mercati in Asia e America latina prima di rivolgere l’attenzione alla Russia e all’Europa orientale. E probabilmente molti hanno pensato che valesse la pena di ripetere questo schema, vista la vicinanza geografica e l’integrazione economica con l’Area Euro. Invece finora è stata la Russia ad attirare l’interesse degli investitori, una strategia che ci sembra logica poiché il mercato azionario e valutario del paese è stato tra i più brillanti 18
Focus corner
finora quest’anno. Gli investitori hanno osato investire in Russia nonostante l’incertezza politica più forte del solito. Probabilmente ciò dipende in parte dal prezzo elevato e in aumento del petrolio. Tuttavia, se consideriamo che gli investitori stanno abbandonando il mercato brasiliano (dove c’è una forte concentrazione di società del settore energetico), non può essere l’unica ragione. Una ragione ancora più importante dell’interesse per la Russia dipende semplicemente dal fatto che i fondamentali sono interessanti. Il mercato russo è più conveniente del 40% circa rispetto a quello brasiliano (in termini del rapporto tra prezzo e utili) e le società russe del settore dell’energia hanno iniziato a distribuire dividendi più alti. L’economia russa inoltre non solo sta crescendo rapidamente, ma l’inflazione è più bassa e le finanze pubbliche sono più solide rispetto al Brasile.
Molti gestori di fondi probabilmente sono in fermento per non aver saputo sfruttare, totalmente o parzialmente, la ripresa del primo trimestre. Effettivamente è molto difficile recuperare il 15% del rendimento relativo (la differenza tra le obbligazioni globali e le azioni dei mercati emergenti finora quest’anno) mantenendo un approccio neutrale. O si adotta un approccio estremamente aggressivo, sperando che la propensione al rischio continui, oppure si assume una posizione difensiva scommettendo su una rinnovata incertezza e sulla crisi finanziaria
Quali le implicazioni per il resto dell’anno? Dopo tutto sono trascorsi solo pochi mesi del nuovo anno. Primo, molti gestori di fondi probabilmente sono in fermento per non aver saputo sfruttare, totalmente o parzialmente, la ripresa del primo trimestre. Effettivamente è molto difficile recuperare il 15% del rendimento relativo (la differenza tra le obbligazioni globali e le azioni dei mercati emergenti finora quest’anno) mantenendo un approccio neutrale. O si adotta un approccio estremamente aggressivo, sperando che la propensione al rischio continui, oppure si assume una posizione difensiva scommettendo su una rinnovata incertezza e sulla crisi finanziaria. La minicorrezione di marzo può essere interpretata in due modi: come l’occasione di capitalizzare i profitti oppure come l’opportunità di tornare sul mercato in una fase di ribasso. Secondo, i più agguerriti probabilmente continueranno a puntare sui mercati emergenti, ma la domanda è: quali di questi mercati presenta le prospettive migliori per il resto dell’anno? La Russia ha registrato i flussi più consistenti e l’andamento migliore tra i paesi Bric finora ma è ancora il paese più conveniente in presenza di diversi catalizzatori (la politica, l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio, le privatizzazioni, la riforma del mercato finanziario). La Cina ha rallentato, non solo negli ultimi tre mesi ma negli ultimi tre anni, facendo scendere le valutazioni, ciò nonostante l’economia è ancora una di
quelle in più rapida crescita al mondo. Il governo cinese ha iniziato ad acquistare azioni per sostenere il mercato fissando quindi una soglia minima. È probabile che nei prossimi mesi gli investitori a caccia di rendimento si rivolgeranno alla Russia per il valore e alla Cina per la crescita, nella misura in cui proseguirà questa fase di rinnovata propensione al rischio. 19
Focus corner
Investire in oro nel 2012: pro e contro Dall’analisi della Gold Survey di Thomson Reuters GFMS emergono segnali sia bullish che bearish per chi sta considerando un investimento in oro nel 2012
Ben Traynor, chief economist di BullionVault crisi dell’Eurozona. In Nord America e in America Latina si è verificata una crescita leggera, mentre in Asia Orientale e nel subcontinente indiano si è verificata una riduzione, così come nel Medio Oriente, dove il calo è stato di oltre 100 tonnellate. GFMS si attende che l’offerta d’oro usato avrà un aumento durante quest’anno, mentre sul mercato mancherà un’altra fonte tradizionale, le banche centrali. Si noti che tra il 1987 e il 1999 ci fu un “aumento storico” dell’offerta derivante da oro usato, hedging dei produttori e vendite delle banche centrali, una combinazione che contribuì alla diminuzione del prezzo. D’altra parte, l’offerta da queste fonti è stata ferma dal 2000, nonostante l’aumento dell’offerta di oro usato avvenuto all’inizio della crisi finanziaria. Questo periodo di stasi dell’offerta ha coinciso con il bull market dell’oro. • Le banche centrali continueranno a comprare oro. GFMS si attende che le banche centrali continueranno a essere acquirenti netti di oro anche quest’anno, anche se dovrebbe verificarsi un leggero calo rispetto all’anno scorso, visto che nel 2011 gli acquisti del settore ufficiale sono saliti del 491% annualmente. Il fatto che le banche centrali siano diventate acquirenti netti è un fattore chiave del calo dell’offerta. I membri del Central Bank Gold Agreement hanno effettuato “vendite irrilevanti” negli anni scorsi, mentre le banche centrali dei paesi emergenti hanno comprato oro in quantità significative.
In aprile è stata lanciata la Gold Survey 2012 di Thomson Reuters GFMS, la principale agenzia di ricerca in tema di metalli preziosi. È bene che coloro che stanno considerando i pro e contro di un investimento in oro durante il 2012 sappiano che convivono segnali bullish e bearish.
Segnali bullish • La domanda di oro da investimento toccherà un nuovo record durante il 2012. GFMS ritiene che, così come nel 2011, anche nell’anno in corso la domanda di oro da investimento sarà il driver principale del prezzo. Inoltre, si attende che l’oro stabilisca un nuovo record di domanda che sfiorerà le 2.000 tonnellate. Un fattore chiave che continuerà a favorire la diffusione degli investimenti in oro sarà ancora una volta la politica monetaria accomodante delle banche centrali. “Il corollario al lassismo della politica monetaria” ha dichiarato Philip Klapwijk, global head of metal analytics, “è il timore dell’inflazione, che diventa sempre più probabile se il prezzo del petrolio continua a salire per le tensioni crescenti tra Iran e Usa”. • La domanda di oro fisico da investimento è rimasta forte durante lo scorso anno. La domanda di oro fisico da investimento ha avuto ”una performance eccellente” lo scorso anno, ha dichiarato Klapwijk durante il lancio della Gold Survey. In Europa, Cina, Thailandia e India si è notata una crescita della domanda di lingotti da investimento, mentre nel Nord America si tende a preferire le monete. A livello globale, la domanda combinata di monete e lingotti è stata di 1.543 tonnellate, ovvero il 30% in più rispetto al 2010, e un nuovo record storico. È infatti vero che l’investimento in oro fisico ha fatto la parte del leone, visto che la maggior parte degli investimenti in oro nel 2011 sono stati in forma di oro fisico. L’importanza di questo dato è che l’oro fisico tende a essere un investimento più impegnativo rispetto alle altre forme di esposizione al metallo (per esempio i futures), perché chiudere una posizione in oro fisico è normalmente un processo che richiede più tempo. Alcuni fattori continueranno a influenzare la domanda di oro fisico, nonostante tutto. Tra questi, si noti una situazione economica con tassi di interesse reali negativi e il timore dell’inflazione. • L’offerta di oro usato non cresce. A livello globale, l’offerta di oro usato è diminuita di circa 50 tonnellate durante il 2011, una quantità che equivale a circa i due terzi della crescita annuale della produzione mineraria. L’offerta di oro usato è diminuita per il secondo anno di seguito. Soltanto l’Europa ha avuto un aumento dell’offerta di oro usato durante il 2011, probabilmente come risultato della
Segnali bearish • La quantità di oro estratta aumenterà anche quest’anno. L’estrazione mineraria di oro è cresciuta per il terzo anno di seguito durante il 2011. Lo scorso anno si è verificato un aumento del 2,8%, pari a 78 tonnellate. 47 tonnellate provengono da nuovi giacimenti. L’Africa è stata la regione con la maggiore crescita, avendo aumentato la produzione di 51 tonnellate (e questo nonostante il fatto che il player più importante, il Sudafrica, abbia avuto invece una contrazione di 5 tonnellate). Klapwijk ritiene che l’estrazione mineraria abbia iniziato una nuova era, e si attende una crescita del 3% durante quest’anno. • È necessaria una forte domanda dal settore degli investimenti per mantenere il prezzo al livello attuale. L’aumento della produzione mineraria contribuisce a quello che GFMS chiama il “surplus” del mercato, la differenza tra la fornitura combinata di oro usato e di nuova estrazione e la domanda dei settori orafo e industriale. GFMS stima tale surplus in circa 110 tonnellate. Gli investimenti in oro devono quindi assorbire tale quantità. Al prezzo attuale, si tratta di un valore di 130 miliardi di dollari. 20
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• In questo momento l’attività di hedge delle aziende minerarie aumenta l’offerta. Per gran parte degli anni 80 e 90 le aziende minerarie si proteggevano dal rischio legato al prezzo vendendo in anticipo la produzione futura per bloccare il prezzo, aumentando l’offerta sul mercato in quel dato momento e quindi deprimendo il prezzo.
secondo la loro relazione con il movimento del prezzo dei gold futures (ovvero il delta), il totale delle posizioni di hedge dello scorso anno è stato un equivalente di 157 tonnellate. Lo scorso anno è stato il primo in oltre dieci anni che l’hedging netto è stato positivo, per un totale aggregato di sei tonnellate. Si consideri che le posizioni di hedging nel ’99 e nel 2000 erano un totale di circa 3.000 tonnellate. La maggior parte del de-hedging sembra quindi che sia già stato compiuto. Klapwijk ha dichiarato che l’hedging dei produttori “non può considerarsi una fonte di richiesta nel futuro. Potrà soltanto essere una fonte di offerta. Rimane da stabilire: a quanto ammonterà?” Klapwijk ha notato che la maggior parte dell’hedging dello scorso anno era relativo a specifici progetti minerari, aggiungendo che rimane comunque scarso l’interesse per un hedging strategico contro la possibile caduta del prezzo dell’oro da parte dei produttori. • La domanda del settore orafo è destinata a ridursi. La domanda del settore orafo ha avuto una contrazione del 2,2% nel 2011, anche se dato l’aumento del prezzo il fatto che la domanda non sia calata di più porta GFMS a considerare la domanda “resistente”. La maggior parte della domanda anche in questo caso proviene dalle nazioni in via di sviluppo, dove i prodotti orafi vengono acquistati come investimento e non solo come mero ornamento. Nonostante nella maggior parte del mondo ci sia stato un ribasso della produzione orafa in termini di peso, la Russia ha avuto un leggero incremento e l’Asia Orientale una crescita di circa 40 tonnellate, di cui, secondo Klapwijk, “è responsabile la Cina”. Nonostante la spinta dell’Oriente, GFMS si attende che l’acquisto di beni di oreficeria diminuirà nuovamente quest’anno, a causa del prezzo e del rallentamento della crescita globale. • Uno sguardo al prezzo dell’oro. Considerando i fattori sopra descritti, insieme ad alcuni altri, GFMS prevede un prezzo medio nel 2012 di $1.731/oz, in un range tra i $1.530 e i $1.920. Klapwijk aggiunge che “una spinta verso i $2000 avverrà probabilmente prima della fine dell’anno, anche se la rottura del limite avverrà con tutta probabilità nella prima metà dell’anno prossimo”. I profitti di breve termine non sono la ragione per la quale si investe in oro, sopratutto in forma fisica. Nelle nazioni in via di sviluppo dell’Est e in quelle occidentali che soffrono gli allargamenti monetari delle banche centrali, l’investimento in oro serve a difendere il valore d’acquisto e come assicurazione contro il cosiddetto rischio di coda. Le dinamiche che sottendono la maggior parte degli investimenti in oro continueranno quindi a giocare un ruolo importante anche ben dopo la fine di quest’anno.
Questo processo si è rovesciato quando è cominciato il bull market dell’oro. Man mano che i prezzi salivano, i produttori hanno cominciato il de-hedge, chiudendo le posizioni forward e contribuendo in questo modo alla domanda d’oro. Misurato come il totale di forward e prestiti, più le posizioni di option sull’oro aggiustate 21
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Quei porti (non più) sicuri L’avversione al rischio degli investitori ha spinto i cosiddetti “safe-haven assets” - i porti sicuri - in un territorio a rischio bolla, rendendo molti di questi asset altamente rischiosi per gli investitori
Ana Cukic Armstrong, gestore dei fondi Clerical Medical
I mercati hanno ormai preso coscienza dei problemi del debito e del deficit che la zona euro, il Regno Unito e gli Stati Uniti stanno fronteggiando. Di certo, le possibili conseguenze che possono derivare da livelli così alti di debito così come gli stessi rischi di insolvenza sono già stati prezzati dal mercato. Ma l’avversione al rischio degli investitori ha spinto i cosiddetti “safe-haven assets” - i porti sicuri - in un territorio a rischio bolla rendendo molti di questi asset altamente rischiosi per gli investitori. L’esperienza ci insegna che dopo una grande crisi, anche per una questione psicologica, gli investitori sono portati a rifugiarsi nelle asset class che meglio hanno performato durante il periodo di turbolenza. E questo porta a una sopravalutazione di questi asset tanto da produrre una nuova bolla.
Safe-haven assets vecchi e nuovi Ecco alcuni esempi che la storia ci consegna: i titoli tecnologici hanno resistito alla crisi delle valute asiatiche del 1998 perché la forte crescita dei fatturati di queste società aveva convinto gli investitori a riporre fiducia sulle prospettive del settore nonostante la crisi a livello macroeconomico. Passati due anni, i titoli tecnologici sono implosi proprio perché sovrastimati. Allo scoppio della bolla della new economy, iniziata nel 2000, tutte le attenzioni si sono riversate sul mercato immobiliare e sulle commodity in virtù delle ottime performance, decorrelate dall’andamento dei mercati azionari. Questo ha creato i presupposti per afflussi ingenti (oltre a tanta speculazione) verso queste asset class. I titoli legati al mercato immobiliare hanno incominciato così a recitare un ruolo da assoluto protagonista all’interno dei portafogli, gettando le basi per la nascita di nuovi strumenti legati ai mutui immobiliari che poi hanno portato alla crisi del 2008, mentre l’S&P Gsci Oil Index registrava un -60 per cento. E veniamo ai “porti sicuri” usciti indenni dalla crisi del 2008: oro, bond governativi, franco svizzero e yen. Il peggiore errore che gli investitori possono commettere è di farsi prendere dal panico e aggiungere ai propri portafogli altri “porti sicuri”. Storicamente le obbligazioni hanno reso di più rispetto all’inflazione. Questo è del tutto logico visto che altrimenti gli investitori riceverebbero un rendimento reale negativo sul loro capitale. Ai prezzi correnti, i bond governativi inglesi a dieci anni perderebbero il 20% se i rendimenti dei bond salissero tanto da eguagliare gli attuali livelli di inflazione. L’oro è stato un investimento di successo in quest’ultimo decennio, oggi però il suo prezzo è troppo a rischio di movimenti repentini. A settembre 2011 è caduto del 15% e attualmente la volatilità implicita è attorno al 30%, non proprio una caratteristica che si addice a un “porto sicuro”. Se passiamo alle valute, il franco
svizzero e lo yen giapponese vengono ora percepiti quali asset rifugio. Le banche centrali dei due paesi hanno, in modi diversi, cercato di controllare la forza delle loro valute. Per raggiungere questo obiettivo la Svizzera ha agganciato la propria valuta all’euro, una valuta che molti pensano non possa sopravvivere nella sua forma. Dall’agosto 2011 il franco svizzero ha perso oltre il 20% nei confronti del dollaro statunitense e il 17% nei confronti dell’euro: dunque è difficile considerarlo un porto sicuro. L’attenzione degli investitori, ora molto propensi all’acquisto di bond Usa, inglesi e tedeschi, dovrebbe focalizzarsi non più sul problema del debito, ma piuttosto su come i governi e le banche stanno affrontando la questione. Il rischio per chi investe negli Stati Uniti e nel Regno Unito non è quello del default, ma piuttosto le politiche monetarie aggressive e quindi la persistenza dell’inflazione. Questo perché storicamente questi paesi hanno sempre monetizzato il loro debito una volta che è divenuto insostenibilmente alto. Per chi guarda alla zona euro non è così semplice. L’Eurozona è un insieme di economie diverse con programmi e priorità differenti. Ha un nucleo forte e una periferia debole e sovraindebitata. In più, è noto come la Germania, a differenza di Stati Uniti e Gran Bretagna, non sia incline a politiche di quantitative easing proprio per il timore dell’inflazione. Attualmente i piani di salvataggio non sembrano guardare al lungo periodo e il mercato tende a forzare i rendimenti dei bond verso l’alto. L’Italia è sicuramente uno dei 22
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di garantire e incrementare nel tempo il valore reale dell’investimento. Un esempio? Le società in grado di generare alti rendimenti e con flussi di cassa stabili come i titoli farmaceutici europei e le telecom globali. Le valutazioni rimangono attraenti, particolarmente nel comparto telecom. Operando in settori difensivi,
Ci attendiamo che il mercato si tirerà fuori dai cosiddetti “porti sicuri” ormai sopravvalutati, orientandosi verso asset in grado di garantire e incrementare nel tempo il valore reale dell’investimento. Un esempio? Le società in grado di generare alti rendimenti e con flussi di cassa stabili come i titoli farmaceutici europei e le telecom globali. Le valutazioni rimangono attraenti, particolarmente nel comparto telecom
problemi più grossi viste le dimensioni del suo mercato obbligazionario che è pari a 1,8 trilioni di euro e che non può prescindere dall’aiuto incondizionato e illimitato della Bce.
La Boe e l’inflazione La Banca d’Inghilterra (Boe) continua poi a sottostimare l’impatto dell’inflazione. Nel suo rapporto sull’inflazione del febbraio 2010, le proiezioni sull’inflazione annuale (indice dei prezzi al consumo) parlavano di un’inflazione appena sopra l’1% nella prima metà del 2011! I valori registrati nella prima metà del 2011 si sono invece attestati al 4,5 per cento. Il rapporto pubblicato a maggio 2011 prevedeva un picco dell’inflazione del 4,8% nel terzo trimestre del 2011 (la lettura effettiva è stata poi pari al 5,2%) per poi scendere rapidamente fino a poco sopra il tasso-obiettivo del 2% un anno dopo. Questa rapida caduta nelle stime di inflazione si basa sull’impatto di provvedimenti come il venir meno dell’effetto dell’aumento dell’Iva all’inizio del 2011 e di quello dei prezzi delle materie prime. Noi crediamo invece che se quest’anno la Boe aiuterà il paese a tagliare di un punto percentuale il rapporto debito/pil tenendo gli interessi bassi, l’inflazione tornerà inesorabilmente a salire. Ci attendiamo dunque che il mercato si tirerà fuori dai cosiddetti “porti sicuri” ormai sopravvalutati, orientandosi verso asset in grado
un cambiamento nello scenario globale, magari verso una leggera crescita, non farà che renderle ancora più interessanti. Riguardo al comparto obbligazionario, l’unico strumento che mantiene il proprio appeal sono i short duration bond Usa ad alto rendimento. Perché? Semplicemente perché rendono più dell’inflazione. Chiudiamo con le commodity: l’oro è ancora nei nostri portafogli multi-asset, ma in chiave di copertura contro le inevitabili politiche monetarie espansive che ormai caratterizzano le economie occidentali. 23
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Le nuove misure per il credito alle Pmi L’obiettivo dell’intesa firmata dall’Abi, le associazioni d’impresa e il Governo è assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le imprese. Previsti tre tipi di interventi: si va dalle operazioni di sospensione e allungamento dei finanziamenti a quelle per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività patrimoniale le banche si impegnano a concedere un finanziamento proporzionale all’aumento dei mezzi propri realizzati dall’impresa”. Infine, c’è l’impegno a definire nuovi accordi nel corso dei prossimi due mesi per favorire il finanziamento per la realizzazione di nuovi ordini, incoraggiare progetti di investimento e il consolidamento delle passività; agevolare un rapido smobilizzo dei crediti delle imprese nei confronti della Pa, attraverso la certificazione dei crediti in modo da qualificarli certi ed esigibili, oppure attraverso altre forme di anticipazione di questi crediti; valorizzare il ruolo dei Confidi e dei fondi pubblici di garanzia ai fini di un ampliamento delle possibilità di accesso al credito da parte delle Pmi.
È stata firmata l’intesa “Nuove misure per il credito alle Pmi” da Abi e Alleanza Cooperative Italiane (che riunisce Legacoop, Confcooperative, Agci), Assoconfidi, Cia, Claai, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confedilizia, Confetra, Confindustria, Rete Imprese Italia (che riunisce Cna, Confartigianato, Confesercenti, Confcommercio, Casartigiani). L’obiettivo dell’accordo, che in rappresentanza del Governo è stato sottoscritto da Corrado Passera, ministro dello Sviluppo Economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti, e da Vittorio Grilli, viceministro dell’Economia e delle Finanze, è “assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le imprese che pur registrando tensioni presentano comunque prospettive economiche positive”. Di qui l’azione per “creare le condizioni per il superamento delle attuali situazioni di criticità e una maggiore facilità nel traghettare le imprese verso un’auspicata inversione del ciclo economico”.
Tre tipi di interventi Gli interventi finanziari previsti per le imprese sono di tre tipi. Innanzitutto le operazioni di sospensione dei finanziamenti. In questo campo rientrano la sospensione per 12 mesi della quota capitale delle rate di mutuo, e quella per 12 o 6 mesi della quota capitale prevista nei canoni di leasing immobiliare e mobiliare. “Possono essere ammesse alla sospensione, sottolinea una nota dell’Abi, le rate dei mutui e delle operazioni di leasing finanziario che non abbiano già usufruito della sospensione prevista dall’Avviso comune del 3 agosto 2009. Le rate non devono essere scadute da oltre 90 giorni”. Per quanto riguarda le operazioni di allungamento dei finanziamenti, è prevista la possibilità di allungare la durata dei mutui, quella di spostare in avanti fino a 270 giorni le scadenze del credito a breve termine per esigenze di cassa con riferimento all’anticipazione di crediti certi ed esigibili e quella di allungare per un massimo di 120 giorni le scadenze del credito agrario di conduzione. “Possono essere ammessi alla richiesta di allungamento i mutui che non abbiano beneficiato di analoga facilitazione secondo quanto previsto dall’Accordo per il credito alle Pmi del 16 febbraio 2011. Possono essere ammessi all’allungamento anche i mutui sospesi al termine del periodo di sospensione”. La terza categoria di interventi è quella delle operazioni per promuovere la ripresa e lo sviluppo delle attività, che sono connesse ad aumenti dei mezzi propri realizzati dall’impresa. “Anche alla luce delle agevolazioni fiscali previste dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 per le imprese che avviano processi di rafforzamento 24
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UniCredit si impegna per il Made in Italy Il nuovo piano UniCredit per l’Italia, che rinnova la collaborazione di Piazza Cordusio con Confindustria e R.ETE. Imprese Italia, mette a disposizione 40 miliardi di euro in tre anni per la ripresa economica, oltre al supporto all’internazionalizzazione di 15mila imprese Quaranta miliardi di euro per la ripresa economica da oggi al 2015, e il supporto all’internazionalizzazione di 15mila imprese. Sono i principali contenuti di UniCredit per l’Italia, il nuovo piano di Piazza Cordusio che rinnova la collaborazione con Confindustria e R.ETE. Imprese Italia. UniCredit per l’Italia, i cui obiettivi saranno realizzati anche attraverso sette piani di sviluppo territoriale, costituiti da oltre 200 progetti modellati in base alle esigenze specifiche delle singole economie locali del Paese, si sviluppa in due filoni: UniCredit per i Territori, per finanziare la crescita delle imprese italiane, andando a scommettere in particolare sui settori di punta del Made in Italy con le maggiori potenzialità di crescita (agro-alimentare, turismo, moda, arredamento/ design e meccanica), e UniCredit International, la nuova piattaforma per l’incentivazione dell’export e di “politiche virtuose di internazionalizzazione”.
Finanziare la ripresa economica Con UniCredit per i Territori vengono dunque messi a disposizione 40 miliardi di euro in tre anni per finanziare la crescita delle imprese italiane, con interventi articolati su piani diversi. Una parte dei fondi (7 miliardi) verrà destinata al rafforzamento patrimoniale delle imprese attraverso prodotti che ne facilitino la ricapitalizzazione e consentano di usufruire degli incentivi Ace, un’offerta e un modello dedicato per la costituzione di reti di imprese e la valorizzazione delle garanzie dei Confidi. L’attenzione alla crescita dimensionale delle imprese è collegata al supporto diretto all’innovazione (12 miliardi), altra condizione necessaria per competere su mercati contraddistinti da sempre maggiore concorrenza e una spinta decisa verso le nuove tecnologie. “In questo ambito, dice una nota di UniCredit, un focus particolare sarà riservato alla nuova imprenditoria e alla riprogettazione di specifici distretti e aree industriali”. Parte dei fondi, infine, verrà destinata al finanziamento e all’ottimizzazione del capitale circolante (21 miliardi), con un piano specifico che fa leva su UniCredit Factoring per accelerare lo smobilizzo dei crediti verso la Pubblica Amministrazione. Nello specifico, UniCredit aumenterà del 50% il proprio livello di operatività per quanto riguarda l’anticipo fatture dei crediti delle imprese verso la Pa.
Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit
Attraverso la nuova piattaforma UniCredit International è previsto un piano di orientamento e formazione per imprenditori che si aprono all’export (20 eventi di orientamento sui mercati esteri e 40 corsi di formazione all’esportazione nei prossimi tre anni), un percorso di facilitazione nella ricerca di clienti all’estero, basato sull’accesso alla rete di relazioni internazionali di UniCredit (40 incontri B2B tra imprese italiane e operatori stranieri) e soprattutto il supporto fornito da una nuova rete di 200 specialisti in 50 Centri UniCredit International dedicati, in stretto collegamento con 22 desk internazionali attivi presso le banche commerciali del Gruppo presenti all’estero e 28 fra filiali estere e uffici di rappresentanza che la banca conta oltre confine.
Il supporto all’internazionalizzazione La seconda parte del piano UniCredit per l’Italia prevede l’impegno di UniCredit a supportare il percorso di internazionalizzazione di 15mila imprese italiane. 25
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Pmi: così si finanzia l’internazionalizzazione Intesa Sanpaolo e Sace hanno finalizzato un accordo che mette a disposizione un plafond di 500 milioni di euro per finanziare i piani di sviluppo oltreconfine delle Pmi italiane “Soprattutto in questa fase, particolarmente delicata per tutto il Sistema Italia, ha dichiarato Stefano Stangoni, responsabile Direzione Global Banking and Transaction di Intesa Sanpaolo, sottolineiamo l’importanza della nostra collaborazione con Sace, esempio brillante di quel partenariato pubblico e privato indispensabile per realizzare, in modo coordinato e sinergico, le migliori soluzioni per il tessuto industriale italiano. L’accordo si pone l’obiettivo di ampliare la gamma di prodotti e servizi offerti alle imprese italiane e mette a loro disposizione un’ulteriore opportunità per la crescita e il consolidamento sui mercati esteri del Made in Italy”. “Nell’attuale congiuntura economica e finanziaria, ha dichiarato Raoul Ascari, chief operating officer di Sace, l’insufficienza del credito è un nodo importante da sciogliere per garantire la crescita delle imprese e richiede azioni di risposta concertate tra più soggetti. Per questo siamo molto lieti dell’accordo, che ci vede al fianco di un gruppo bancario di primario rilievo come Intesa Sanpaolo, unendo le nostre esperienze nella valutazione e assunzione dei rischi e le nostre capacità distributive per sostenere l’internazionalizzazione delle imprese italiane, in particolare le Pmi, più esposte alla morsa del credito”.
L’obiettivo è finanziare le imprese che investono in progetti di respiro internazionale, senza richiedere garanzie reali. Intesa Sanpaolo e Sace (gruppo assicurativo-finanziario attivo nell’export credit che assiste i suoi 25mila clienti in oltre 180 paesi) hanno finalizzato un accordo che mette a disposizione un plafond di 500 milioni di euro a cui le imprese con fatturato non superiore a 250 milioni di euro, generato almeno al 10% all’estero, potranno accedere per finanziare i propri piani di sviluppo oltreconfine. I finanziamenti, per importi tra 250mila e 5 milioni di euro e durate tra 3 e 5 anni, beneficeranno della garanzia di Sace fino al 70% e saranno erogati da Mediocredito Italiano, banca del Gruppo Intesa Sanpaolo specializzata nello sviluppo delle imprese attraverso il nuovo prodotto International+ con garanzia Sace. Per quanto riguarda le attività finanziabili, si va dall’acquisto, riqualificazione o rinnovo di impianti, macchinari, attrezzature industriali e commerciali alla promozione, pubblicità, tutela di marchi e brevetti, ricerca, sviluppo e partecipazione a fiere internazionali, fino all’acquisizione di partecipazioni non finanziarie all’estero, all’acquisto di terreni e loro riqualificazione, immobili e loro ristrutturazioni e ad accordi di cooperazione e joint venture con imprese estere.
I vantaggi per le imprese In effetti, i vantaggi per le imprese che beneficeranno dell’accordo sono molteplici. Innanzitutto, la garanzia rilasciata da Sace consente alla banca di finanziare i progetti di internazionalizzazione fino all’80% del costo senza garanzie reali quali pegni e ipoteche. Inoltre gli specialisti di Mediocredito Italiano valutano i progetti di internazionalizzazione, oltre che dal punto di vista del merito creditizio, anche sotto il profilo delle prospettive e dei piani di sviluppo dell’impresa. Peraltro, l’impresa può ottenere un’assistenza personalizzata di elevato profilo anche grazie alle analisi dell’Ufficio Studi di Sace e del Servizio Internazionalizzazione di Intesa Sanpaolo su scenari economici, mercati, rischi e opportunità di crescita connessi ai suoi progetti. “Le nostre strutture specialistiche, sottolinea Carlo Stocchetti, direttore generale di Mediocredito Italiano, sono caratterizzate dalla capacità di comprendere la validità tecnicoindustriale delle iniziative per un’analisi dinamica e prospettica dell’azienda a completamento della tradizionale analisi di merito di credito, ancora più importante in una fase storica come quella attuale. Essere partner di Sace per noi vuol dire mettere a disposizione degli imprenditori servizi di assistenza e consulenza a 360 gradi per favorire e sostenere concretamente la crescita della loro impresa e dell’economia del Paese”.
Il nodo del credito Con questo accordo Intesa Sanpaolo punta evidentemente a consolidare il suo rapporto con il mercato delle Pmi nel difficile contesto dell’attuale congiuntura economica. 26
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Furto d’identità: spetta alla banca l’onere della prova La Corte di Cassazione, in un contenzioso inerente il furto d’identità, ha stabilito che spetta alla banca l’onere della prova per la scusabilità del suo errore. Per banche e finanziarie diventa pertanto fondamentale la prevenzione, anche attraverso il supporto di strumenti sofisticati come la piattaforma Antifrode.net di Lending Solution Il furto di identità è oggi molto più diffuso di quello che comunemente si crede e gli strumenti di cui si avvalgono i truffatori sono sempre più evoluti. In Italia infatti, stando ai dati dell’Osservatorio sulle frodi creditizie di Crif, una persona su quattro ne è vittima. Si va dall’utilizzo di mail pirata per l’ottenimento dei dati personali (il cosiddetto phishing) o dagli stessi social network, per quanto riguarda il mondo virtuale, all’utilizzo di documenti rubati o smarriti e alla contraffazione degli stessi per il mondo reale. Il furto di identità non è infatti un fenomeno esclusivamente legato a Internet. Basti pensare ai numerosi casi di cronaca anche nel nostro Paese relativi ad arresti per questa fattispecie di reato, particolarmente frequenti negli ultimi anni e a scapito in generale del settore del credito al consumo. A destare ulteriori preoccupazioni per gli istituti di credito è la sentenza della Corte di Cassazione n. 3350 dell’11 febbraio scorso relativa a un contenzioso inerente il furto d’identità: ebbene, secondo la Corte spetta alla banca l’onere della prova per quanto riguarda la scusabilità del suo errore.
Puntare sulla prevenzione In questi casi l’unica arma a disposizione per banche e finanziarie è la prevenzione, anche usufruendo del supporto di strumenti sofisticati. In questa ottica la piattaforma Antifrode.net di Lending Solution punta a fornire il più evoluto servizio on line sul mercato di prevenzione delle frodi creditizie, sia rispetto ai furti di identità che alle dichiarazioni infedeli. In particolare, per la verifica dell’identità dei potenziali clienti, la piattaforma provvede a verificare i seguenti aspetti: • veridicità del codice fiscale e del documento di identità; • presenza di denunce sugli stessi; • congruità della tessera sanitaria per il soggetto richiedente (aspetto spesso trascurato dalle banche, ma che costituisce un notevole deterrente); • veridicità della quota cedibile emessa per il pensionato Inps. Elemento particolarmente significativo di queste analisi è inoltre che, contrariamente a quanto in uso per questo genere di servizi, vengono effettuate su informazioni attuali e non storiche. Infine è possibile anche verificare informazioni di carattere personale che solo il soggetto interessato può fornire, a ulteriore e definitiva conferma della reale identità del richiedente. 27
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Come ottimizzare la liquidazione sinistri CeTIF ha presentato i risultati del rapporto di ricerca “Innovare l’area sinistri Fase I: Modelli di servizio e operativi”, da cui emergono le criticità e le possibili azioni di miglioramento per ottimizzare il processo di liquidazione l’incompletezza delle informazioni raccolte sono solo alcune delle cause di inefficienza nella liquidazione dei sinistri. Per migliorare questi aspetti, così come per favorire il rispetto delle scadenze e la qualità delle perizie elaborate, si potrebbe pensare di introdurre sistemi premianti o sanzionatori per gli altri attori coinvolti nel processo di liquidazione. In un’ottica di change management, è inoltre imprescindibile un’azione di educazione sulla rete agenziale e sui medici legali; allo stesso modo una maggiore formazione relazionale dei liquidatori è necessaria anche per poter gestire al meglio l’interazione con i clienti e le controparti. Il miglioramento dei sistemi informativi può avvenire in primo luogo attraverso lo sviluppo di sistemi che strutturino il processo guidando l’agente e gli addetti di filiale nella creazione di database e che permettano di disporre di statistiche sulle valutazioni effettuate dai diversi fiduciari per una medesima tipologia di lesione e danno. A oggi gli strumenti informatici in uso nelle imprese di assicurazione sono rivolti nel 90% dei
Negli ultimi anni le compagnie di assicurazione hanno effettuato sforzi significativi per migliorare il processo di liquidazione dei sinistri. Le forti perdite registrate nel ramo danni nel 2010 (che secondo la Relazione di Isvap sull’attività svolta nel 2010 si attestano intorno a 1.018 milioni di euro) hanno infatti imposto la necessità di ridurre i costi e di analizzare il processo di liquidazione da un punto di vista dell’efficienza, intesa come eliminazione di sprechi e ricicli produttivi, e di efficacia, intesa come correttezza degli output. Ma si può fare ancora molto per migliorare ulteriormente. Tre sono le variabili principali sulle quali è auspicabile un impegno da parte delle compagnie: le persone, i sistemi informativi e i processi. Ogni fase del processo di liquidazione (apertura della pratica, incarico ai fiduciari, gestione dei riparatori e negoziazione e offerta) può essere ottimizzata individuando in primo luogo le principali criticità che la caratterizzano, e successivamente ricercando le possibili azioni di miglioramento.
I supporti forniti dai sistemi informativi alla rete di fiduciari (Fonte: CeTIF 2011)
Training e sistemi informativi
casi all’assegnazione automatica dell’incarico ai fiduciari e all’invio di comunicazione alla clientela; vengono inoltre utilizzati nell’80% dei casi a supporto della raccolta dei dati e nel 70% per la preventivazione automatica. I fiduciari si avvalgono sempre di questi strumenti per la ricezione e la chiusura dell’incarico e nel 73% dei casi per la gestione delle fatture presentate dal cliente; solo nel 36% dei casi i sistemi informativi vengono utilizzati direttamente per
Come risulta dalla survey svolta da CeTIF nell’ambito della ricerca “Innovare l’area sinistri: evoluzione normativa e modelli di valutazione dei costi operativi e delle performance” (i risultati della prima parte della ricerca sono stati recentemente presentati in un workshop a cura di CeTIF presso l’Università Cattolica di Milano, ndr), la scarsa tempestività nell’apertura delle pratiche e 28
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I criteri adottati per l’assegnazione della pratica ai periti (Fonte: CeTIF 2011)
network di riparatori convenzionati. Questo network è definito principalmente sulla base di tre criteri: la distribuzione sul territorio, la qualità del servizio offerto e la velocità nell’erogazione del servizi. La specializzazione della struttura è ritenuta meno importante. Nel processo di liquidazione dei sinistri, infine, un’altra forte criticità si rileva nell’attribuzione delle pratiche ai fiduciari (periti e medici legali) che spesso viene effettuata unicamente sulla base della competenza territoriale e della specializzazione. Per quanto riguarda i carichi di lavoro, non tutte le compagnie adottano sistemi basati su dati statistici e sul numero di pratiche attribuite in quel momento al fiduciario per assegnare l’incarico. Il carico di lavoro viene preso in considerazione solo nel 64% dei casi di assegnazione ai periti e nel 36% di assegnazione ai medici. Intervenire sui criteri di assegnazione degli incarichi ai fiduciari è una delle possibili azioni per migliorare i processi; ulteriori miglioramenti sono possibili attraverso lo sviluppo di workflow integrati del processo liquidativo che integrino le attività di tutti gli attori coinvolti nel processo e attraverso il monitoraggio dei tempi di attraversamento delle pratiche e della qualità degli elaborati peritali.
l’elaborazione peritale. Inoltre è significativo come siano quasi completamente assenti workflow integrati; ci si può quindi attendere che nei prossimi anni le compagnie saranno chiamate a investimenti importanti per favorire l’integrazione e la strutturazione delle informazioni e delle attività.
Agenzia e call center i canali più utilizzati Considerando gli elementi che caratterizzano il modello di servizio delle compagnie (che di può definire come l’insieme delle modalità attraverso le quali le imprese di assicurazione si rapportano con il cliente nella gestione delle attività di liquidazione sinistri), la ricerca rileva che il canale privilegiato per l’apertura delle pratiche è quello agenziale che viene scelto nel 69% dei casi. Il secondo canale più utilizzato è il call center che, grazie alla forte standardizzazione, permette di ottenere benefici in termini di velocità di espletamento della pratica e snellimento del processo a valle; l’uso del call center permette inoltre di gestire direttamente la relazione con il cliente e offre maggiori possibilità di correttezza della pratica. La ricerca (che nel 2012 continuerà con l’approfondimento del processo Card e con l’innovazione degli strumenti di gestione del liquidatore, ndr) ha fotografato inoltre lo stato di diffusione e i criteri di scelta delle strutture convenzionate. Anche se a oggi la percentuale di clienti che usufruiscono di questa rete è ancora modesta (in media solo nel 14% di sinistri), praticamente tutte le compagnie hanno costruito sul proprio territorio di riferimento un
A cura del gruppo di ricerca CeTIF - Serena Piccirillo
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Servizi a 360 gradi nel mercato dell’oro Attraverso Studio 18 Karati è possibile acquistare oro da investimento e vendere preziosi e oro usato. Inoltre da alcuni anni l’azienda è passata alla produzione in proprio con la fonderia Estense Metalli, all’interno della quale, grazie a un sofisticato centro di affinazione, vengono trasformati i rottami auriferi in lingotti di oro puro 999,9 millesimi rappresenta un vantaggio per il cliente, che, visti anche i continui cambi di valore dell’oro, può comprare e rivendere senza doversi preoccupare di “piazzare” il proprio oro e in tempi brevi, mantenendo alto il guadagno del proprio investimento. Studio 18 Karati SpA fornisce anche un servizio di acquisto on line al prezzo corrente di mercato. Il cliente può controllare sul sito l’andamento del valore dell’oro, scegliere il momento più proficuo per comprarlo (o rivenderlo), prenotarsi e ritirare il suo acquisto nel punto vendita più vicino o riceverlo direttamente a casa entro 48 ore. Investire in oro, infatti, si è dimostrato negli ultimi anni un’ottima scelta. L’oro puro, a oggi, è un’importante forma d’investimento alternativo ed è diventato il bene rifugio per eccellenza. Questo grazie alla sua monetizzabilità in tempi brevi. Inoltre esso è considerabile alla stregua di uno strumento finanziario e al pari di un’azione, con il vantaggio però di non essere soggetto a Iva. Lo Studio 18 Karati SpA rispetta tutti i requisiti Studio 18 Karati SpA nasce a Padova nel 1989 da un’idea di Andrea Zironi, il suo amministratore Unico. Si afferma velocemente su tutto il territorio nazionale grazie alla professionalità dei suoi dipendenti. Un gruppo forte, unito, fondato su valori di serietà, competenza e professionalità. Nel 2003 lo Studio 18 Karati, diviso in quattro marchi (Mercato dell’Oro, Oro da Investimento, I Mercanti del Tempo, Estense Metalli), diventa una SpA con sede a Ferrara che vanta più di 60 agenzie specializzate nel commercio dell’oro in tutta Italia. Nel 2011 si riunisce sotto un unico marchio, Studio 18 Karati SpA, per rafforzare l’idea di un gruppo con l’obiettivo comune di soddisfare il cliente. Nel mercato dell’oro, lo Studio fornisce servizi a 360 gradi. È possibile acquistare oro da investimento e vendere preziosi e oro usato, inoltre da alcuni anni l’azienda è passata alla produzione in proprio con la fonderia Estense Metalli, all’interno della quale, grazie a un sofisticato centro di affinazione, vengono trasformati i rottami auriferi in lingotti di oro puro 999,9 millesimi.
La purezza dell’oro è una garanzia Tra i prodotti oro acquistabili per investimento si possono trovare monete d’oro e lingotti. Si passa da quantitativi “regalo” a grossi investimenti. La produzione di lingotti varia da 5 grammi a 1 Kg (5 gr, 10 gr, 20 gr, 50 gr, 100 gr, 200 gr , 500 gr, fino a 1 Kilo).Tutti i lingotti prodotti vengono a loro volta controllati e certificati come oro puro a 999,9 millesimi. La purezza dell’oro è una garanzia per il cliente. L’azienda, per tutelare il proprio consumatore, ha inserito nel contratto una clausola per la quale qualsiasi prodotto-oro acquistato è rivendibile presso di lei, il che
imposti dalla legge 7/2000 e i presidi antiriciclaggio. È registrato presso l’Albo degli Operatori Professionali Oro della Banca d’Italia. Andrea Zironi, però, per tutelare il proprio consumatore, ha aggiunto per spirito deontologico e rispetto dei diritti dei consumatori un altro importante obbligo: fornisce in caso di acquisto di oggetti preziosi da privati l’importante Ricevuta Fiscale, non obbligatoria per legge, ma vista come unico mezzo in grado di tutelare i cittadini. Alta professionalità, quindi, e un unico obiettivo: la soddisfazione e la tutela della propria clientela. 30
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Andrea Zironi Amm. Unico Studio 18 Karati S.p.A.
Negli ultimi anni investire in oro si è rivelata un’ottima scelta. È un bene rifugio monetizzabile in brevissimo tempo, uno strumento finanziario al pari di un’investimento in azioni con il vantaggio di non essere soggetto a iva. Nelle agenzie STUDIO 18 KARATI potrai trovare personale competente, che ti indicherà come investire acquistando lingotti in oro puro 999,9 millesimi e monete d’oro. Inoltre potrai avere valutazioni e consigli sul momento migliore, in base ai trend di mercato per vendere oro, argento e preziosi. Visita il nostro sito o chiama il numero verde per conoscere il negozio finanziario più vicino a te. ...e se decidi di rivendere i tuoi lingotti o monete, ritorna da noi, li valuteremo in base al prezzo corrente di mercato.
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Speciale
Speciale Big Data Nelle prossime pagine le testimonianze di: • Paolo Gatelli, Research manager del CeTIF • Luca Falco, Cio del Gruppo Banca Carige • Piero Ingraito, responsabile divisione Contabilità e Sistemi di Sintesi Cedacri • Adolfo Norì, responsabile Mercato Finance di Teradata • Michele Destino, Ibm Financial Sector Industry leader • Giovanni Ravasio, Industry Sales director di Sap Italia • Mirella Cerutti, Sales director Finance di Sas • Carlo Finetto, responsabile Servizio Bank Support, Special Projects & Technical Architecture di Banca Popolare di Vicenza
Big Data: dal controllo alla gestione Non più solo strumento di analisi per pochi, ma pre-requisito per prendere decisioni di business day by day, dal top management in giù. CeTIF racconta la nuova vita della Business Intelligence, partendo dai due must del settore bancario: diminuire i costi operativi e dell’It all’esempio, con una conoscenza puntuale fornita sul cliente dai sistemi di BI è possibile, prima di stabilire se erogare un credito a un’azienda o meno, capire come questa si comporterà, e quale prodotto è più efficace per le sue necessità. “Con questo tipo di valutazioni, prosegue Gatelli, è possibile evitare le sofferenze e mantenere la profittabilità. Il tutto è realizzabile se si utilizzano dati provenienti da molteplici fonti. Ecco spiegato come la BI possa passare da strumento di mero controllo a strumento di gestione operativa, non più relegato solo a un certo ambito, per esempio quello della rendicontazione, ma allargato agli altri”.
Stringere, restringere, ottimizzare. Per le banche, è il tempo di pensare alla restrizione dei costi operativi e anche, se possibile, della sfera It. Gli istituti sono chiamati - lo chiede il mercato - a fornire risposte puntuali di business, e allo stesso tempo a innovare la gestione dei dati in funzione del business stesso. Si pensi all’ambito del credito alle imprese, e di quanto i temi di scoring siano oggetto di studi. Se ci si riferisce alla Business Intelligence, ci si ritrova a orientarsi in un ambito nel quale vi è molto fermento. Mentre prima, però, la BI era considerata funzionale solo alle attività direzionali e di controllo, appannaggio del top management, oggi, spiega Paolo Gatelli, Research manager del CeTIF, centro di ricerca su Tecnologie Innovazione e Servizi Finanziari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è diventata una necessità anche operativa. O meglio, “gli strumenti di BI sono in grado sempre di fornire dati di estrema sintesi, ma anche di fornire informazioni predittive che possono servire a tutti i livelli della piramide della conoscenza bancaria. Sino ad arrivare, per esempio, alla previsione di sofferenze e incagli legati all’erogazione di un prestito. In sintesi, la nuova frontiera di questi strumenti è costituita dalla distribuzione di dati previsionali sulla rete, legata al mondo del credito e alle imminenti normative di Basilea 3”. Sempre tornando
Gestire i dati in real time La BI diventa un supporto al cambiamento di percorso della banca, chiamata a passare da una logica reattiva a una proattiva e previsionale, allargando inoltre a dismisura il perimetro d’azione, dato che è possibile incanalare in queste analisi anche dati non strutturati provenienti dall’esterno dell’azienda, e incrociare gli stessi con altri database forniti da terze parti. Proprio da queste considerazioni sulla “nuova vita” della Business Intelligence hanno origine le considerazioni relative all’uso dei Big Data da parte delle 32
Big Data
banche italiane, ossia di quella mole di dati che cresce nel tempo e che va gestita al meglio e con rapidità per diventare opportunità di business e non fardello inconcludente. “Se i sistemi informativi di una banca si trovano a gestire un carico elaborativo eccessivo, sottolinea Gatelli, il rischio è che non sia possibile rispettare tempi e scadenze. Per esempio, è fondamentale che gli operatori di filiale abbiano a disposizione, di prima mattina, dati aggiornati, necessari allo svolgimento dell’attività commerciale. La nuova frontiera tecnologica legata all’hardware ci presenta uno scenario in fermento, peraltro già concretizzatosi in progetti attuati da istituti di credito italiani e relativi al credito e al Crm. Tra gli altri, è opportuno menzionare i sistemi hardware ingegnerizzati, ovvero componenti tecnologiche che integrano hardware e software in un’unica unità che offre elevatissime capacità di storage ed elaborazione dati. La possibilità di interfacciare un sistema di questo tipo con l’architettura preesistente, unitamente alle caratteristiche di modularità e scalabilità, hanno determinato un forte interesse presso le istituzioni finanziarie, facilitandone l’impiego in diversi progetti di Business Intelligence”. Gatelli precisa che questi strumenti rappresentano un’efficace soluzione per erogare uno specifico servizio informativo al business della banca, migliorandone le performance complessive e senza modificare in modo sostanziale l’architettura dati esistente. “L’impiego dei sistemi integrati risulta essere infatti un’interessante alternativa alla creazione di imponenti datawarehouse con approcci massivi e tradizionali, secondo una logica innovativa e ‘modulare’ al consolidamento dati. Alcune importanti istituzioni finanziarie hanno infatti iniziato a farne uso, adottando un approccio tattico in progetti che necessitano risultati tempestivi e soddisfino richieste stringenti, come per esempio la normativa e/o la domanda di servizi erogati da macchine le cui performance hanno ormai raggiunto il plateu di produttività”.
Paolo Gatelli, Research manager del CeTIF
costante, anche nel 2012, per gli istituti bancari: nel frattempo, però, c’è una macchina da gestire, e servizi da erogare; e ci sono strutture da ripensare. Una di queste è il mondo del credito, fortemente sollecitato dalla crisi economica. “Oggi è fondamentale che si presti attenzione a efficientare questo segmento, spiega Gatelli, e a diminuire il rischio di credito. Da questo punto di vista, l’uso della BI è essenziale. Siccome il credito rappresenta il 60-70% del business delle banche italiane, è impossibile che queste, per mantenere alti i profitti, virino per esempio verso il mondo della finanza. Ciò significa che il credito andrà modernizzato, e questa è un’innovazione alla quale è impossibile rinunciare anche in un regime di risorse scarse come quello attuale”.
Il 2012 per la Business Intelligence Come già indicato, la Business Intelligence passerà sempre più da sistema di controllo a sistema di gestione. La diminuzione dei costi operativi e della spesa It sarà
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Speciale
Carige: aprirsi ai dati per soddisfare il cliente Non solo più analisi di BI: oggi la banca chiede di più. Se il cliente è sui social media, da lì occorre desumere nuove informazioni, che unitamente alle classiche reportistiche della Business Intelligence sapranno, in real time, proporre prodotti personalizzati. Il ritorno della relazione one to one La Business Intelligence è uno degli strumenti assodati che una banca come Carige utilizza, principalmente legando le analisi alle operazioni di Crm volte a conoscere meglio il cliente. La reportistica che nasce dall’analisi di dati strutturati fa per il momento ancora riferimento a informazioni che sono presenti all’interno del Gruppo e non vengono attinte dall’esterno. Il passo successivo a questa attività ormai consolidata, da qui a pochissimo tempo, andrà nella direzione dell’abbinamento dati-cliente al suo comportamento nella società allargata. È questo il parere di Luca Falco, Cio del Gruppo Banca Carige. “Se volgiamo lo guardo a un futuro prossimo, mi attendo che la Business Intelligence vada oltre i suoi compiti attuali. Per esempio: grazie alle analisi di BI, oggi riesco a conoscere il rischio di abbandono di un cliente. Se però a questi indicatori aggiungo informazioni provenienti dai social media, vado più in profondità nella conoscenza, e riesco a cogliere opportunità di business veicolando queste indicazioni sulle filiali”. Fidarsi di dati non strutturati sarà l’imperativo, da qui a cinque anni, per il settore bancario. “E’ vero, precisa Falco, che bisognerà imparare a discriminare, attraverso l’attività dei clienti nei social media, quali informazioni sono serie e reali e quali non sono importanti. Ma certamente la percentuale di dati utili e veri sarà la grande maggioranza, perché ormai la diffusione di tali strumenti impone che le informazioni fornite in rete siano ‘vere’, pena l’essere smascherati immediatamente”.
Luca Falco, Cio del Gruppo Banca Carige
I Big Data? Finalmente servono
che il cliente stesso sta tenendo su un social media, per esempio legato al comportamento che sta agendo in qualità di attore su un blog. Una volta che la banca si è dotata di un sistema di scoring delle informazioni, l’analisi dei dati potrà diventare più semplice e il suo utilizzo più efficace”. In una visione di questo genere, l’It ha il compito di mettere a disposizione le informazioni, mentre l’area vendite eseguirà ciò che il marketing avrà studiato. Occorre però fare una distinzione: questo approccio che analizza dati non strutturati è perfetto per la relazione che si instaura con il cliente su Internet. Nella filiale, invece, il rapporto tra l’operatore e il cliente è ancora basato sulla conoscenza, la fiducia, il servizio. “Con le informazioni esterne, in un approccio basato su Internet, si può davvero rendere concreto il famoso marketing one to one. Proporre un servizio o un prodotto, in real time, basato sull’esigenza di quel preciso cliente, è un’occasione aggiuntiva per catturare la sua attenzione e attivare la vendita. Un’operazione che altrimenti, sul web, riuscirebbe abbastanza ardua se non colta nel momento dell’espressione del bisogno”. I social media saranno la nuova frontiera che attende le banche come Carige: “Gli istituti dovranno imparare a fidarsi dei
Banca Carige, come tutto il settore, sta studiando in questi mesi quale approccio scegliere per questo tema. “Da anni si sente accusare il settore bancario del fatto che non sappia utilizzare al meglio il potenziale di conoscenza che ha dei propri clienti. Ecco, il momento è arrivato. Per capire quale direzione scegliere, è utile guardare alla Grande Distribuzione Organizzata, che da anni riesce a operare sui clienti con una puntualità e un’efficacia incredibili: si pensi alla ricchezza informativa contenuta nelle carte fedeltà. Oggi dati eterogenei esterni al vissuto bancario possono essere abbinati alla possibilità di avere appliance dedicate alla BI”. La tecnologia consente, grazie a software e hardware studiati all’uopo, di macinare quantità rilevanti di dati, e fornire indagini sugli stessi dati in parallelo, praticamente in real time. “Il tema dei Big Data, spiega Falco, sta esplodendo perché finalmente le banche hanno a disposizione strumenti affidabili per trattare queste informazioni. Per esempio, al cliente che sta navigando tramite Internet banking sarà possibile proporre un prodotto basato sulla conoscenza del comportamento 34
Big Data
momento di crisi la banca deve sapere a chi vende i soldi, e deve sapere quando e se questi soldi ritorneranno. La BI aiuta a passare da un Crm operativo, che analizza i dati per generare campagne per cluster, a un Crm con una personalizzazione spinta. Questo passo in avanti è fondamentale, perché consente alla banca di sfruttare in modo nuovo la relazione con il cliente. Banca Carige poggia il suo agire su un forte radicamento nel territorio, su una relazione che non si è mai persa, nel tempo, con le persone. Conoscere il cliente in modo ancora più approfondito non è solo un modo per valutare il rischio a esso legato, ma per riuscire a proporgli, al momento opportuno, il prodotto di cui ha bisogno”. Il tutto senza dimenticare che gli istituti bancari si ritrovano a rincorrere un cliente che padroneggia i nuovi mezzi di comunicazione; che ha uno spirito curioso e consapevole; che ingaggia un dialogo con la banca improntato alla trasparenza. “Non capire tutto questo, conclude Falco, significa perdere con quel contatto così prezioso che può fare la differenza tra un cliente soddisfatto e uno disposto a cambiare fornitore”.
dati provenienti dal social networking; dovranno sapere scremare tra buone e inutili informazioni; dovranno fornire output in tempo reale”.
Ai fornitori It va chiesto di più In questa partita, dove si collocano i fornitori di tecnologia? Secondo Falco attualmente le soluzioni proposte indirizzano la capacità di aggregare grandi moli di dati, spetta poi alla banca fornire la spunta funzionale al prodotto, per tararlo sulle esigenze dell’istituto e derivare dai dati informazioni utili al processo di relazione con la clientela. Attualmente i fornitori puri di soluzioni sono lontani da un concetto di marketing one to one: “I vari passaggi aggregare-scremare-generare regole tipici della BI non sono più così completi, se presi da soli. Se la potenza di calcolo ci permette di arrivare all’analisi ‘uno a uno’ del cliente, perché non procedere in questo senso? Posto che il mestiere della banca, in modo molto schematico, sia quello di comperare e vendere soldi, ancor più in un
Cedacri: oggi si recita a soggetto La conoscenza del business che avviene grazie alla BI di Cedacri precisa i contorni dell’agire in diversi ambiti della banca. Fino ad aprire la strada a nuove opportunità. Nella rappresentazione del mercato, più lo scenario è aperto, più alto è il vantaggio competitivo essere appropriatamente descritta come processo di trasformazione di dati e informazioni in conoscenza, ricopre un ruolo fondamentale per qualsiasi tipo di organizzazione, soprattutto per quelle di medio-grandi dimensioni, non solo in quanto strumento necessario per comprendere l’andamento delle proprie performance aziendali, ma anche per consentire la rappresentazione dello scenario competitivo di riferimento e, di conseguenza, studiare strategie efficaci di risposta. “La possibilità di dotarsi di strumenti efficaci e flessibili per analizzare rapidamente grandi quantità di dati, anche complessi, relative alle performance di business aziendali, precisa Ingraito, consente alle banche clienti di Cedacri di beneficiare di una fonte di informazioni oggettive e di qualità per formulare analisi del mercato di riferimento rapide ed efficaci, che permettano l’individuazione preventiva di nuove opportunità commerciali e una più veloce identificazione delle criticità”.
Nell’esperienza Cedacri, le applicazioni di Business Intelligence hanno ormai una storia e un utilizzo consolidati nelle unità di governo della banca. Le banche territoriali clienti di Cedacri, che è in grado di realizzare investimenti significativi nello sviluppo del proprio sistema informativo, hanno avuto l’opportunità di disporre di soluzioni di alto profilo come quelle utilizzate da realtà di maggiori dimensioni. La relativa semplicità ed economicità di utilizzo di questi applicativi ha fatto il resto e la loro diffusione è oggi significativa. Le soluzioni di Business Intelligence sono state usate dapprima come strumenti specializzati di singole funzioni di governo quali la Pianificazione e il Controllo di Gestione, poi come modelli in grado di integrare viste e interpretazioni diverse dei fatti aziendali al servizio di funzioni quali il controllo e la gestione delle diverse tipologie di rischio connesse all’intermediazione finanziaria, lo sviluppo commerciale e i monitoraggi interni di controllo. “Il successo e la diffusione di queste soluzioni, spiega Piero Ingraito, responsabile divisione Contabilità e Sistemi di Sintesi Cedacri, a fronte di un’appropriata modellizzazione dei dati, sta proprio nella capacità di fare sintesi di analisi multidisciplinari come quelle di redditività, commerciali, di rischio, di adeguatezza patrimoniale e alla fine di sviluppo del valore. Gli utenti finali di questi applicativi sono conseguentemente tutti i livelli di management, dalla direzione generale al singolo client manager responsabile di sviluppo di un portafoglio clienti”. La Business Intelligence, che potrebbe
Tutto parte e si sviluppa in funzione del cliente La possibilità di disporre di grandi quantità di dati a costi relativamente contenuti, e l’organizzazione degli stessi in base a relazioni logiche tra un numero crescente di attributi di business, hanno favorito la diffusione di dati riferiti alla clientela e di viste organizzate degli stessi presso un numero crescente di funzioni aziendali. La notevole quantità di informazioni raccolte al massimo 35
Speciale
e operazione, le funzionalità interattive di calcolo e navigazione consentono di modificare gli indicatori di tempo al fine di paragonare determinati periodi o andamenti, articolare interrogazioni su specifici business, costruire visualizzazioni personalizzate dei dati aziendali, decomporre le informazioni, individuare andamenti, modelli ed eccezioni e generare i benchmark più appropriati in base agli attributi associati alle informazioni”.
La conoscenza distribuita arriva in filiale Soluzioni di business intelligence possono oggi essere fornite alla singola filiale, ma anche ai singoli gestori di portafogli di clienti. Fino a pochissimo tempo fa, però, questa non era la prassi. Tipicamente, questi utenti accedevano a viste precostituite dei dati, studiate sia per ridurre i costi e tenere sotto controllo gli aspetti prestazionali degli applicativi di BI, sia per ridurre la dispersione nella fruizione dei dati e favorire l’immediatezza nella percezione degli indicatori di risultato e di eventuali segnali di anomalia. L’interattività è stata spesso limitata a semplici funzioni di drill-down per la ricerca degli elementi di dettaglio nelle relazioni di causa-effetto. “Più recentemente, però, osserva Ingraito, l’evoluzione delle direttive di vigilanza sul governo del rischio di credito e soprattutto del rischio di liquidità hanno favorito l’adozione di modelli in grado di responsabilizzare il management di rete, rendendo necessario il decentramento di funzioni di analisi sempre più sofisticate. Gli ‘stili di direzione’ su questo aspetto sono molto variegati e non sono univoche le opinioni circa la convenienza di attestare i sistemi su livelli di servizio in grado di supportare adeguatamente la disseminazione di funzioni ad elevato costo elaborativo”.
Piero Ingraito, responsabile divisione Contabilità e Sistemi di Sintesi Cedacri
livello di dettaglio e rese disponibili attraverso strumenti di Business Intelligence ha favorito la capacità di analisi a tutti i livelli, costituendo un sistema d’informazione aziendale facilmente utilizzabile da una pluralità di utenti centrali e periferici. “A partire da dati estremamente dettagliati, raccolti giornalmente per singolo contratto
Teradata: la BI abbraccia il cliente Il progressivo aumento dell’uso di Internet e mobile banking, sottolinea Adolfo Norì di Teradata, sta producendo enormi volumi di dati da gestire, e la principale opportunità per conoscere i clienti è rappresentata dall’analisi di questi dati attraverso soluzioni di Datawarehouse e Business Intelligence Bpm, utilizzano la tecnologia Teradata in area Marketing, Cfo, Pianificazione e Controllo di Gestione, Crediti, Commerciale, Audit, con diverse finalità: si va dal controllo della performance finanziaria e dei driver di redditività alla customer retention, dall’aumento di redditività della base clienti, al monitoraggio del credito, al monitoraggio commerciale e delle performance della rete”.
Un player It come Teradata, che ha come vocazione originaria l’analisi dei dati - attraverso soluzioni di integrated datawarehousing, big data analytics e business application - sa bene quanto il tema della Business Intelligence sia cogente per il settore bancario, e quanto il momento sia critico, e richieda risposte tempestive a richieste pressanti. “La crescente pressione competitiva, la sempre maggior attenzione alla qualità del credito e alla redditività, afferma Adolfo Norì, responsabile Mercato Finance di Teradata, stanno spingendo un utilizzo pervasivo di soluzioni Business IntelligenceDatawarehouse a uso dell’intera gerarchia aziendale, dal top management alle filiali. Le nostre referenze bancarie in Italia, tra cui UniCredit, Mps, Bnl, Credem e
Il focus attuale delle banche Negli ultimi tempi l’attenzione delle banche si è spostata, oltre che verso il più consolidato controllo della performance aziendale, anche verso nuovi ambiti, quali le iniziative di customer retention e di incremento di 36
Big Data
di verificare l’allineamento tra gli obiettivi di vendita dei singoli gestori e gli obiettivi aziendali, vengono richiesti dati certificati e giornalieri di monitoraggio sia da utenti di direzione che di rete. Ancora, in fase di apertura di una linea di credito, gli strumenti di front end possono invocare motori di calcolo che insistono su sistemi datawarehouse per il calcolo on line del rating, mentre la reportistica di
Spesso limitazioni tecnologiche portano alla creazione di ambienti separati contenenti copie dei dati a uso dei diversi livelli organizzativi, con inevitabili incoerenze informative
redditività del cliente, che sono obiettivi prioritari e che stanno portando a iniziative pilota anche nell’ambito dei Big Data. “In questo momento di mercato, spiega Norì, la versione univoca dei dati aziendali (dal numero di clienti alla percentuale di cross selling) è un’esigenza sentita per comprendere quanto accaduto e basare le previsioni su informazioni affidabili limitando al minimo necessario l’insieme delle ipotesi. Quindi l’integrazione dati quale strumento per avere informazioni tempestive, complete, certificate e tracciabili a uso di tutte le funzioni aziendali è un’esigenza sentita sia dal business che dall’area It, che spesso è chiamata a motivare, con enormi difficoltà, differenze tra metriche che arrivano al management provenienti da silos informativi diversi e non coerenti a livello di qualità del dato e metadati”. Teradata supporta i clienti bancari nell’integrazione dati attraverso la tecnologia database, i servizi di consulenza e il modello logico dei dati. Un altro aspetto che sta molto a cuore al settore Finance è quello della conoscenza del cliente, prioritaria per trasformare l’analisi in occasione di nuovo business, il più possibile profilato. Norì utilizza un esempio per precisare quanto la BI sia importante anche per questo ambito: “Consideriamo un cliente mass market, che per caratteristiche demografiche, patrimoniali, di rischio e reddituali, potrebbe migrare nel segmento Affluent a maggior redditività. Tale cliente ha poche interazioni con la filiale, dato che fa uso principalmente del canale web e mobile e normalmente non ha un gestore di relazione assegnato. L’unica possibilità, per intraprendere azioni mirate volte ad aumentare la redditività di un cliente di questo genere, è sviluppare soluzioni di Datawarehouse e BI con un’integrazione delle informazioni marketing, commerciali, di rischio e degli eventi sui vari canali. Il progressivo aumento dell’uso di Internet e mobile banking sta producendo enormi volumi di dati (strutturati e multistrutturati) da gestire, e la principale opportunità per conoscere i clienti è rappresentata dall’analisi di questi dati attraverso soluzioni di Dwh e BI”.
Adolfo Norì, responsabile Mercato Finance di Teradata
direzione insiste sullo stesso ambiente. “Spesso, osserva Norì, limitazioni tecnologiche portano alla creazione di ambienti separati contenenti copie dei dati a uso dei diversi livelli organizzativi, con inevitabili incoerenze informative. Per garantire coerenza informativa, occorre predisporre un ambiente sul quale centinaia di analisi complesse (utenti di direzione) convivono con decine di analisi ad hoc (power user) e con migliaia di analisi semplici (utenti di filiale), accedendo alla stessa fonte dati. La scalabilità, le prestazioni, l’affidabilità e la capacità di gestire carichi di lavoro differenziati sono le caratteristiche tecnologiche di un fornitore come Teradata che abilitano la fruizione di informazioni coerenti e tempestive dagli utenti di direzione così come dagli utenti di filiale”. La BI rappresenta poi anche un valido supporto nel momento in cui più istituti bancari si fondono tra loro. Uno degli aspetti più critici di questo momento è proprio quella della customer retention, una criticità sentita a tal punto da portare gran parte delle banche concorrenti ad aprire un dossier per acquisire clienti insoddisfatti. L’insoddisfazione dei clienti e il conseguente abbandono sono legati al potenziale abbassamento del livello di servizio (razionalizzazione delle filiali, motivazione del personale di filiale), oppure al cambio delle condizioni sui prodotti posseduti. “Poiché in fase di fusione i sistemi informativi sono diversi, è necessario disporre di un ambiente di BI a elevate prestazioni e scalabile, sul quale agilmente caricare i dati provenienti da sistemi disomogenei ed effettuare analisi su razionalizzazione delle filiali, obiettivi di cross selling, monitoraggio giornaliero delle vendite e retention”.
Un patrimonio anche della filiale Nel sistema bancario è ultimamente sempre più sentita l’esigenza di fornire informazioni adeguate e coerenti a tutti il livelli organizzativi, dal top management alla singola filiale. In ambito commerciale, ad esempio, al fine 37
Speciale
Ibm: BI e Big Data, matrimonio d’interesse Gli uni sono strutturati e ben organizzati, gli altri multiformi e variabili. Dall’unione di dati dissimili tra loro è tuttavia possibile estrarre conoscenza sul cliente. Senza aspettare che passi troppo tempo e il cliente cambi la banca di riferimento analizzare e che tipo di relazioni adottare. Lo studio di questi dati avviene indipendentemente da come essi sono: numerici, di post, di tweet”. Alla banca si prospetta dunque una nuova opportunità legata ai social media: ottenere informazioni aggiuntive rispetto a quelle chi si possiedono, recuperare dati anche fuori dal proprio dominio aziendale e correlarli per aumentarne il valore.
Ogni banca cerca la sua strada L’interesse delle banche per questa nuova frontiera delle conoscenza del cliente varia a seconda della dimensione degli istituti. “Per la nostra esperienza - spiega Destino notiamo che il marketing delle grandi realtà è interessato al tema, e cerca di capire come sfruttare le potenzialità dei Big Data. L’interesse è più tiepido nelle realtà di minore dimensione. I piccoli istituti, però, sono per esempio interessati ai tool di automazione di marketing, che consentono di vendere servizi aggiuntivi al proprio portafoglio. È il caso del supporto alla compravendita di immobili e dei prodotti finanziari associati. Non va dimenticato che le banche hanno il timore, per quanto riguarda il possesso dei dati, di essere disintermediate, per esempio da operatori telefonici, dai retailer e dai player delle carte di credito. Ogni volta che si padroneggiano i dati del cliente, diventa più semplice orchestrare un’offerta mirata, dunque trattenere il cliente a sé”. Michele Destino, Ibm Financial Sector Industry leader
Dalla conoscenza all’azione
Il mercato della Business Intelligence è, per il settore Finance, consolidato e ormai maturo, e pronto a recepire le potenzialità dei Big Data, presenti in maniera rilevante in ogni attività della banca. Mentre le analisi di BI vengono effettuate su dati aziendali generati dai sistemi bancari - e si tratta di un’attività strutturata - le analisi che si possono legare ai Big Data possono essere effettuate su dati non strutturati, che vadano a colpire per esempio le attività dei clienti, per una loro più approfondita conoscenza. “Questo significa, spiega Michele Destino, Ibm Financial Sector Industry leader, che si possono catturare informazioni nuove, e arrivare a leggere dati esterni al contesto aziendale. L’approccio è completamente diverso, rispetto alla Business Intelligence classica, ma con essa integrato. Infatti, le analisi di BI rappresentano un ciclo chiuso fortemente strutturato, mentre con i Big Data la prospettiva è nuova: immaginate di avere di fronte la Sand Box con la quale si giocava da piccoli. Da quell’insieme di informazioni, in base a una fase di sperimentazione ed esplorazione grafica, è possibile disegnare, in libertà ed autonomia, le analisi che si desiderano, e andare a recuperare i dati che il cliente ‘lascia’ per esempio su Facebook o su un altro social media. È l’operatore deputato all’analisi che sceglie quali fonti
A livello generale, i Big Data vengono utilizzati soprattutto per effettuare analisi di prodotto o di brand, reputazionali. Questo per capire se il livello di soddisfazione della clientela è alto, e in caso di problemi intervenire aggiustando il tiro. Questo cambiamento di rotta non è però semplice. Spiega infatti Destino: “Le banche scontano ancora un problema di business agility. Come abbiamo visto, i Big Data forniscono una mole importante di informazioni, che tecnicamente si traducono in report. Per trasformare l’analisi in cambiamento proattivo, occorrerebbe però verificare quale area bancaria è interessata, e intervenire di conseguenza e velocemente. Attualmente le banche non sono ancora strutturate per muoversi con l’agilità richiesta dai social media, dato che sono organizzate per prodotti, a silos verticali. È necessaria invece una visione orizzontale per lavorare su tutto il processo”. Le regole della Business Intelligence, se ben sposate con strumenti quali il Business Rule Management Systems and Optimization di Ibm - che a fronte di eventi utilizza regole grazie alle quali intervenire in automatico - e se trasformati in strumenti di tipo enterprise, e non di uso al singolo professionista all’interno della banca, possono davvero aiutare gli istituti a compiere un importante passo avanti fornendo capacità di manovra da 38
Big Data
Oggi la maggior parte delle analisi viene effettuata in modalità differita, batch. Un mercato sempre più interconnesso, e quindi virale, richiede però che le analisi siano effettuate in tempo reale. Ecco perché le banche dovranno anche rivedere questi modelli; invece di memorizzare le informazioni per poi eseguire le analisi, come avviene nei modelli tradizionali, ci si sposta verso modelli dove vengono analizzati in tempo reale i flussi di dati rendendo disponibili istantaneamente i risultati agli analisti e alle applicazioni fornendo una capacità di reazione necessaria senza precedenti
Verso il real-real time
windsurf nonostante si stia guidando un transatlantico. In futuro Destino prevede che si osserveranno due comportamenti distinti. “Ci sarà chi capirà che questi strumenti di analisi sono efficaci, perché consentono alle aziende Finance di rispondere meglio, in tempi di crisi, al mercato. Questi soggetti bancari vorranno crescere sempre più nella conoscenza del cliente per organizzare proposte di business mirate: convinti che l’It sia uno strumento di innovazione, sfrutteranno la Business Intelligence e guarderanno con favore alle analisi di Big Data e alla gestione delle regole per i cambiamenti di strategia. Chi invece non percepirà queste evoluzioni, continuerà a cercare innovazioni nei prodotti bancari in un mercato, come quello del risparmio amministrato e gestito, dove non si percepisce una reale necessità di sofisticazione. Per questa categoria resterà molto difficile ragionale in modo customer centric”. Oltre allo studio dei Big Data, Ibm rileva un’altra area di forte interesse da parte delle banche, sempre correlate alla Business Intelligence. È il caso del dynamic pricing, ossia della capacità di segmentare la clientela in piccolissimi gruppi, per arrivare a offrire a ciascun cliente il miglior prezzo di un certo prodotto o servizio.
Destino tiene poi a precisare che il tema della tempistica risulterà sempre più cogente: “Oggi la maggior parte delle analisi viene effettuata in modalità differita, batch. Un mercato sempre più interconnesso, e quindi virale, richiede però che le analisi siano effettuate in tempo reale. Ecco perché le banche dovranno anche rivedere questi modelli; invece di memorizzare le informazioni per poi eseguire le analisi, come avviene nei modelli tradizionali, ci si sposta verso modelli dove vengono analizzati in tempo reale i flussi di dati rendendo disponibili istantaneamente i risultati agli analisti e alle applicazioni fornendo una capacità di reazione necessaria senza precedenti. Proprio per favorire un’analisi in real time, l’azienda ha realizzato un’architettura per la gestione del ciclo di vita dell’informazione, dove grazie a soluzioni come Netezza è in grado di macinare milioni di dati praticamente in modalità broadcast”. Le innovazioni e le ricerche compiute da Ibm per il settore Finance sono a disposizione di clienti e prospect presso il Demo Center di Barcellona, presso i laboratori di Zurigo e la sede di Segrate (dove è disponibile anche la demo sulle soluzioni di “dynamic pricing”). 39
Speciale
Sap: alla ricerca del tempo ottimizzato Arriva il real-real time di Sap a supporto della gestione dei dati bancari. Tra analisi sempre più integrate, il canale da ripensare, la mobilità che incalza, occorre muoversi su più fronti, per dare modo alla BI di intercettare le giuste informazioni che poi gli operatori trasformeranno in azioni
Cos’è la banca, se non un insieme di dati? In effetti, solo grazie ai dati - e al loro sapiente utilizzo - le banche riescono a studiare azioni al proprio interno, ed esternamente in funzione dei cliente, per reagire alle sollecitazioni del mercato. “Ora più che mai, è il parere di Giovanni Ravasio, Industry Sales director di Sap Italia, si assiste però a un nuovo posizionamento: non solo le banche si occupano dell’analisi dei dati, ma sulla base di questi sono chiamate ad agire. È richiesto dunque un presidio efficace del controllo di gestione, ma anche degli ambiti commerciale e di marketing”. Proprio il settore del marketing è quello che più sollecita il mondo Finance, secondo Ravasio. Il consumatore sta cambiando, evolvendo e crescendo; il giovane che usava Twitter per diletto ora è un cliente consapevole, e si chiede per quale motivo non possa interagire in questa modalità con la sua banca di riferimento. “Ecco perché le banche sono sollecitate a ripensare al canale, prendendo spunto da quanto sta già accadendo in altri paesi, per esempio negli Stati Uniti: ci sono nuove interazioni da studiare, nuovi dati da trasformare in preziose informazioni”. Qui ritorna il tema iniziale della gestione del dato, che attualmente, nel mondo Finance, è ancora verticalizzato in business unit.
enorme mole di dati in modo integrato, con una nuova modalità, che punta sulla rapidità e ai nuovi risultati che ne derivano”. Facciamo un passo indietro: erano i primi anni 90. In quel tempo Sap aveva creato i primi sistemi per piattaforme client-server, sempre accompagnati dal suffisso “R”, che stava a indicare “real time”. Adesso l’azienda è giunta al “real real time”, grazie al software High-Performance Analytic Appliance (Hana). Al centro di Sap Hana sta il motore di in-memory computing Sap, strumento integrato di calcolo e database che consente di elaborare grandi quantità di dati in tempo reale in memoria centrale, per fornire istantaneamente i risultati di analisi e transazioni. “Questa soluzione, spiega Ravasio, garantisce un’estrema velocità di analisi, riferita a una mole importante di dati, e permette di eseguire ogni genere di interrogazione, anche in modalità cross rispetto alle diverse business unit”. Grazie a una velocità di analisi ormai garantita ai massimi livelli, le banche sono in grado di monitorare per esempio il rischio sul cliente in real time; di fornire alle filiali dati aggiornati; di elaborare complessi modelli statistici e consegnarli nei tempi richiesti dalle chiusure contabili; di produrre informazioni più affidabili, che si possono trasformare in conseguenti azioni di business.
In real time grazie ad Hana
Integrazione possibile con il mobile
Sap propone una nuova visione: “Diamo per assodato che la banca oggi si trovi a gestire dati a cui si richiede il massimo dell’integrità e della compliance alle nuove normative, non ultima Basilea 3. Noi offriamo la possibilità di gestire una
Grazie a un approccio che vede l’integrazione in real-real time di Hana e Sybase IQ per la business intelligence e per la parte di datawarehouse, le banche potranno sempre più dedicarsi all’analisi dei dati che a questo punto giungeranno 40
Big Data
da ogni fonte, anche dai device mobili. “Il cambiamento è già in atto: tablet e cellulari personali hanno fatto il loro ingresso nelle aziende, e richiedono di essere integrati. Questo consentirà alle banche di sviluppare nuovi canali di vendita, e permetterà ai clienti-utenti di gestire i dati in modo fruibile”. Anche in questo caso Sap fornisce una piattaforma di sviluppo. “Si pensi al caso delle soluzioni per l’e-banking, alla creazione di un Application Store proprio interno all’azienda e alla reportistica fruibile via Business Intelligence o in formati standard quali il Pdf su Ipad. In futuro prevediamo grandi cambiamenti, a partire dalle nuove modalità di accesso ai pagamenti come ad esempio i pagamenti via cellulare, ma Sap è già pronta ad accompagnare le banche in questo passaggio”.
Il feedback degli operatori Le banche sanno perfettamente che il periodo è delicato. Non solo per la crisi finanziaria, ma anche per i complessi rapporti con i clienti: nuovi player sono attivi e aggressivi sul mercato, basti pensare a quelli che gestiscono le transazioni bancarie per i pagamenti su Internet. “In questa situazione, dice Ravasio, stare fermi significa perdere quote di core business. Prevediamo che nei prossimi mesi gli istituti bancari si orienteranno verso due approcci: relativamente al back end, ci sarà sempre più standardizzazione software; lato front end, occorrerà impegnarsi per scoprire quali azioni intraprendere per accontentare i clienti. In un panorama siffatto, il canale continua a cambiare: occorre dunque una strategia di indirizzamento, e il supporto di aziende tecnologiche che possiedano gli enabler tecnologici per garantire il massimo della velocità d’azione”.
Giovanni Ravasio, Industry Sales director di Sap Italia
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Banca&Mercati mag commerciale@bancaemercati.com 41
Speciale
Sas: rischi? No grazie Il presidio delle posizioni critiche dei clienti nell’ambito della gestione del credito, sottolinea Mirella Cerutti di Sas, in questo momento è essenziale per le banche. La conoscenza predittiva del dato le può aiutare non solo a gestire il tema del rischio, ma anche a conoscere meglio il cliente prodotti facilitano la definizione delle strategie ottimali per recuperare situazioni critiche. Un argomento di estrema attualità è, per esempio, quello legato al miglioramento delle attività di relazione con il cliente. “Le banche, spiega Cerutti, stanno rafforzando le occasioni di contatto diretto con i clienti. Al bancario-consulente è richiesta una nuova attività: quella del servizio ad personam, da effettuare tramite la conoscenza della sua ‘storia’ creditizia e la definizione dei suoi desideri e delle sue richieste. In questo quadro, i Business Analitycs permettono di avere una visione del cliente utile a prevenire frodi e contemporaneamente a migliorare il servizio e l’esperienza”.
Quando a integrarsi sono le banche In Italia si verifica spesso che piccoli gruppi bancari vengano acquisiti o incorporati in realtà di maggiori dimensioni. In questa particolare situazione, un notevole supporto proviene dall’Information Management e, in particolare, dalla Data Integration e Data Quality. Nelle banche la realtà informatica è complessa, i software operazionali spesso hanno funzioni sviluppate in periodi diversi e in caso di fusioni e acquisizioni tra banche il problema si complica ulteriormente. “Le soluzioni e tecnologie Sas giocano un ruolo centrale nell’integrazione di dati e sistemi diversi. Non è raro, infatti, il caso in cui una stessa banca abbia due indirizzi diversi per un utente che ha traslocato, uno per il mutuo e uno per il conto corrente”. BI e Business Analitycs sono poi determinanti se si parla di migliore conoscenza del cliente - per avere un approccio integrato verso tutti i canali e tutti i processi di marketing: “Garantire al cliente un’esperienza olistica continua e ‘senza strappi’; soddisfare il cliente facendolo sentire ascoltato, coinvolto e appagato, sono diventati un must per qualsiasi banca che non voglia perdere clientela. Indipendentemente dal punto di contatto, il cliente deve poter sperimentare un’esperienza coerente con la strategia non solo del marketing, ma di tutte le funzioni aziendali: ad esempio, la campagna mutui di una banca deve tenere conto delle linee guida della divisione Risk Management, in modo tale da non contattare i correntisti più a rischio”.
Mirella Cerutti, Sales director Finance di Sas
Quando si parla di Business Intelligence, riferirsi alle soluzioni Sas è sostanzialmente automatico visto lo storico posizionamento dell’azienda nel settore. Mirella Cerutti, Sales director Finance, ci racconta qual è la sensibilità delle aziende del mondo Finance sul tema, e soprattutto quali sono gli aspetti più caldi che interessano - perdurando la crisi economica - gli istituti bancari: “Stiamo notando che la rischiosità delle posizioni in portafoglio sta esercitando un forte impatto sul business in tutti i suoi aspetti, a cominciare dal costo del credito per arrivare ai ricavi e agli stessi corsi azionari. Le banche si trovano nella necessità non solo di valutare il tasso di rischiosità nel suo complesso, ma anche di prevederne la dinamica. Poter monitorare, per mezzo di report analitici e cruscotti direzionali sintetici, l’evoluzione delle posizioni critiche, l’andamento dei flussi di cassa e gli effetti degli interventi messi in atto per la rinegoziazione e il recupero diventa cruciale. In questo ambito i Business Analitycs fanno la differenza, perché consentono di ottimizzare l’allocazione delle risorse e l’offerta dei servizi e, al contempo, suggeriscono tra le alternative disponibili la più efficace e redditizia, simulandone gli effetti e le conseguenze sui costi”. L’individuazione tempestiva dei segnali anomali e la capacità di esaminare nel dettaglio le cause che li hanno
E poi c’è l’high performance computing Anche per il 2012 Sas prevede buoni margini di crescita. “Sicuramente continuerà il trend positivo di investimento sul risk management e in particolare il liquidity risk, afferma Cerutti, e sulle soluzioni in ambito Crm analitico. Un’altra area a forte espansione è quella dell’Information Management, relativa al trattamento di grandi moli di dati con l’introduzione di importanti innovazioni tecnologiche come l’in-data base processing dei modelli analitici o l’inmemory processing, che permette l’high performance computing anche su volumi finora non gestibili”. 42
Big Data
Popolare di Vicenza: analisi giuste al momento giusto Mentre si fa strada il real time come modalità di erogazione della reportistica basata sui motori di Business Intelligence, l’istituto si confronta con i social media e i dati non strutturati il momento non è possibile studiare operazioni di cross selling personalizzate e basate sulle informazioni che l’operatore estrapola in real time, mentre ha il cliente di fronte a sé. Al momento le elaborazioni eseguite producono una quantità di dati molto importante, che viene lavorata la notte e trasformata in report per la fruizione successiva della rete”. La banca si sta però muovendo, elevando il livello di attenzione sulla tematica: “Vi è infatti la richiesta di analizzare e studiare nuovi strumenti per integrare quantità di dati rilevanti a uso commerciale, proprio per personalizzare l’offerta e renderla disponibile con rapidità”. Cautela sui dati dei social media Come le realtà popolari del credito, anche la Popolare di Vicenza mantiene un approccio tranquillo, ma allo stesso tempo attento, nei confronti di tutto ciò che sta all’interno della definizione “social media”. L’approccio è la diretta conseguenza di quanto espresso anche nel piano di comunicazione della banca “Tradizione e futuro”, che significa, secondo Finetto, “che la banca rimane tradizionale, ma guarda con interesse alle nuove soluzioni e ai nuovi temi. Con un approccio che definirei dei piccoli passi. Certamente vi è l’intenzione di studiare come incrociare al meglio i dati non strutturati che provengono dai social media. Gli strumenti per farlo già esistono, ma l’atteggiamento tranquillo è segno di saggezza. Prima si segue l’andamento del mercato, per poi inserirsi al momento più opportuno, con la giusta modalità”. Peraltro, sottolinea Finetto, bisogna sempre tenere presente che il vero business delle banche è realizzato ancora sui canali tradizionali. Al momento è infatti molto difficile affermare che gli utenti-clienti che usano Facebook o Twitter garantiscano una buona raccolta. In ogni caso la Banca Popolare di Vicenza ha attivato un profilo Twitter e un canale Youtube sul quale vengono inseriti video promozionali o relativi alle iniziative dell’istituto. “Nel momento in cui la banca deciderà di essere presente in maniera più massiccia e integrata sui canali dei social media, la tecnologia sarà pronta a seguire questa indicazione del marketing, che nel frattempo avrà strutturato ogni cosa in modo che la banca utilizzi lo stesso linguaggio e le stesse modalità interattive richieste da questi nuovi strumenti digitali”. A fronte di una crisi bancaria che ha cambiato gli assetti dei mercati e chiamato le banche a muoversi con più prudenza e attenzione, anche l’atteggiamento nei confronti della tecnologia è mutato. Ciò è avvenuto anche in casa Popolare di Vicenza, che oggi attribuisce ancor più valore al beneficio atteso dagli investimenti e dalle innovazioni tecnologiche. “E’ infatti molto importante, conclude Finetto, avere puntuali riscontri in merito al fatto che quello che si sta facendo è sia efficace che efficiente”.
L’anima tecnologica della Banca Popolare di Vicenza si trova in realtà presso Sec Servizi, da quando l’istituto veneto ha delegato alla struttura tutta la gestione dell’Internal It. Il Gruppo, che vanta una rete di oltre 680 filiali distribuite in tutta Italia, 5.600 dipendenti, un milione di clienti e oltre 65mila soci, ha scelto l’esternalizzazione dei servizi It e ha demandato a suoi professionisti, passati in Sec, il supporto operativo tecnologico, lo studio di nuovi progetti e iniziative. In qualità di responsabile Servizio Bank Support, Special Projects & Technical Architecture, Carlo Finetto è nella posizione di recepire gli input che provengono dalla banca e di far corrispondere loro le giuste soluzioni It. Relativamente al tema della Business Intelligence, Finetto conferma che non ci si trova di fronte a soluzioni che impattano direttamente sul core business della Popolare, cioè sull’operatività della rete, ma che sono fondamentali per specifiche aree aziendali. “Il top management, dice Finetto, utilizza certamente soluzioni di BI, unitamente a uffici specializzati in tematiche quali il rischio, le politiche commerciali, il controllo di gestione. Queste analisi, che hanno alla base motori di intelligence, vengono da noi realizzate, anche esplicitamente per la Popolare di Vicenza, e possono essere fruite praticamente in tempo reale. È poi il singolo operatore che utilizza i motori a suo piacimento, per crearsi una reportistica personalizzata a seconda delle necessità”.
La sfida? Il real time Unitamente alla BI, la sfida per il settore bancario sarà quella di armonizzare le interrogazioni di una grande mole di dati con il real time. Attualmente, per esempio, le informazioni che sono a disposizione degli addetti alle vendita sono in modalità batch, con fruizione giornaliera, oppure ogni 10-15 giorni, o mensile, eseguite sempre tramite motori di Business Intelligence. “Dunque, per 43
Performance
Intesa Sanpaolo: conti in rosso dopo la maxi-svalutazione dell’avviamento sempre contraddistinto il Gruppo anche
finanziamenti e crediti e ad attività
in questi anni di crisi finanziaria globale,
finanziarie disponibili per la vendita, si
con il Core Tier 1 ratio al 10,1% (dal
sarebbe registrato un impatto negativo
7,9% nel 2010), il Tier 1 ratio all’11,5%
ante imposte sul risultato dell’attività di
(dal 9,4%) e il coefficiente Eba al 9,2%
negoziazione del 2011 pari a 11 milioni.
(dunque superiore al requisito minimo del
Il risultato
9%) anche dopo la proposta di dividendo
ammonta a 540 milioni di euro, rispetto
di cinque centesimi per azione tramite la
ai 654 milioni del 2010, che avevano
distribuzione di circa 822 milioni di euro
beneficiato di plusvalenze da cessione
dalle riserve. Scenario positivo anche dal
di titoli. Gli oneri operativi ammontano
punto di vista della liquidità: il Gruppo
a 9.137 milioni di euro (-1,8% rispetto
detiene infatti a fine dicembre 2011 attività
al 2010), a seguito di una diminuzione
liquide per 97 miliardi di euro, salite a 101
del 2% delle spese del personale e del
miliardi ai primi di marzo 2012, quindi
3% delle spese amministrative e di un
Enrico Cucchiani, consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo
in pratica risultano già oggi rispettati
aumento del 6% degli ammortamenti.
(in largo anticipo sulla data prevista del
Conseguentemente, il risultato della
“Risultati solidi in un anno difficile, che
2018) i requisiti di liquidità Net Stable
gestione operativa ammonta a 7.648
dimostrano la capacità della banca di
Funding Ratio di Basilea 3. Entrando più
milioni di euro (+5,9% rispetto al
remunerare gli azionisti”. Così Enrico
in dettaglio nella gestione operativa, il
2010), con un cost/income ratio in
Cucchiani, consigliere delegato e Ceo di
conto economico consolidato registra
miglioramento al 54,4% dal 56,3% del
Intesa Sanpaolo, ha commentato i numeri
proventi operativi netti pari a 16.785
2010. Il complesso degli accantonamenti
dell’esercizio 2011 del Gruppo. Numeri sui
milioni (+1,5% rispetto al 2010). In questo
e delle rettifiche di valore nette è pari a
quali pesa come un macigno la maxi-
ambito, gli interessi netti ammontano
5.530 milioni rispetto ai 3.631 milioni del
svalutazione sul goodwill da ben 10,23
a 9.780 milioni (+0,8% rispetto ai 9.700
2010. Gli accantonamenti per rischi e
miliardi di euro che si è tradotta in una
milioni del 2010). Le commissioni nette
oneri diminuiscono a 218 milioni da 366
perdita in bilancio da 8,19 miliardi.
sono invece pari a 5.466 milioni (-3,3%
milioni del 2010; le rettifiche nette su
Come ha precisato il successore di
rispetto al 2010), con un aumento dell’1,1%
crediti ammontano a 4.243 milioni, di cui
Corrado Passera al timone di Ca’ de
delle commissioni da attività bancaria
circa 650 milioni di natura non ricorrente,
Sass, tali svalutazioni degli avviamenti
commerciale e una diminuzione del 7,6%
rispetto ai 3.170 milioni del 2010; le
“sono solo un fatto contabile” di natura
delle commissioni da attività di gestione,
rettifiche nette su altre attività sono pari
“fortemente
fronte
intermediazione e consulenza. Il risultato
a 1.069 milioni (comprendenti 939 milioni
carta
dell’attività di negoziazione è pari a 920
di svalutazione di titoli governativi greci),
contro carta, “senza alcun impatto per
milioni (inclusivi di un impatto negativo
rispetto ai 95 milioni del 2010. Il risultato
il Gruppo su cash-flow, liquidità, solidità
di 73 milioni dalla svalutazione di derivati
netto consolidato ante impairment del
patrimoniale e nessuna influenza sulla
rientranti nel rischio Grecia) rispetto ai
goodwill è pari a 2.043 milioni (-24,5%
redditività prospettica”. In ogni caso,
460 milioni del 2010, con la componente
rispetto al 2010; se si escludono le
anche se il risultato netto per Intesa
relativa alla clientela che si attesta a 345
principali componenti non ricorrenti, il
Sanpaolo
delle
milioni rispetto ai 356 del 2010, quella di
risultato netto normalizzato è invece pari
rettifiche all’avviamento e delle altre
capital markets e attività finanziarie Afs
a 1.930 milioni (-17,1% rispetto al 2010).
componenti non ricorrenti sembra più
che sale a 474 milioni (comprendenti 426
Per quanto riguarda lo stato patrimoniale
che accettabile (1.930 milioni, -17,1%
milioni derivanti dalle cessioni delle quote
consolidato, al 31 dicembre 2011 i crediti
rispetto al 2010), questa operazione
in Prada e Findomestic) da 170 milioni,
verso la clientela raggiungono quota
di pulizia del bilancio certifica l’inizio
quella dell’attività di proprietary trading e
377 miliardi (-0,5% rispetto al 2010), “a
della nuova epoca che stanno vivendo
tesoreria che passa a un apporto positivo
seguito di una riduzione dei crediti alle
le banche, costrette a fare i conti con
di 52 milioni da uno negativo di 162 e
grandissime imprese e di un aumento di
prospettive incerte sui mercati finanziari e
quella dei prodotti strutturati di credito
quelli alle piccole, medie e grandi imprese”.
una ripresa economica quanto mai fragile,
che diminuisce l’apporto positivo a 49
Il complesso dei crediti
“potenzialmente soggetta a nuovi shock”.
milioni da 96. Senza la riclassificazione
ammonta a 22.696 milioni (+6,9%
I conti di Intesa Sanpaolo confermano
IAS in anni passati di attività finanziarie
rispetto al 2010); in quest’ambito, i crediti
peraltro la solidità patrimoniale che ha
detenute
in sofferenza registrano un aumento a
di
operazioni
prudenziale”
a
prevalentemente
senza
tenere
conto
ai
fini
di 44
negoziazione
a
dell’attività
assicurativa
deteriorati
Performance
8.998 milioni dai 7.394 milioni del 2010,
127 per cento. Le attività finanziarie della
rispetto al 2010); la raccolta indiretta
con un’incidenza sui crediti complessivi
clientela risultano pari a 766 miliardi
raggiunge i 406 miliardi (-5% rispetto al
pari al 2,4% (2% nel 2010) e un grado di
(-7,6% rispetto al 2010). La raccolta
2010. L’ammontare di risparmio gestito
copertura del 64% (analogo a quello di fine
diretta bancaria ammonta a 360 miliardi
è pari a 222 miliardi (-5,1%) mentre
2010). Considerando, oltre alle rettifiche
(-10,5%), dovuta principalmente alla
la nuova produzione vita ammonta a
specifiche, anche il valore delle garanzie
clientela istituzionale), e il complesso di
11,5 miliardi (-20,8%); infine la raccolta
reali e personali relative alle sofferenze,
raccolta diretta assicurativa e riserve
amministrata raggiunge i 184 miliardi
il grado di copertura complessivo è pari al
tecniche è pari a 73 miliardi (-2,9%
(-4,8% rispetto al 2010).
UniCredit: sui conti pesano le svalutazioni miliardarie avviamento (-8,6
netti si attestano a 15.433 milioni di
miliardi di euro).
euro nel 2011 (-1,8% a/a), con una lieve
“UniCredit,
dice
diminuzione nel quarto trimestre a €3,816
una nota ufficiale
milioni (-0,4% trim/trim). Le commissioni
dell’istituto,
nette risultano pari a 8.307 milioni nel
ha
le
2011 (-1,8% su base annua), con un buon
previsioni
recupero dei servizi di finanziamento
rivisto
sue
finanziarie le
(+10,0%
a/a)
che
compensano
la
strategie
diminuzione dei servizi di investimento
incluse nel Piano
imputabile a minori commissioni upfront
Strategico,
che
sui prodotti di investimento, mentre nel
portato
quarto trimestre 2011 le commissioni
alla svalutazione
ammontano a €2.040 milioni (+1,8%
dell’avviamento
trim/trim). Al 31 dicembre 2011 i volumi
relativo
hanno
Evolution of Strategic Plan – Turnaround Italy (2/2)
e
ad
gestiti dalla divisione Asset Management
“La performance del 2011 ha confermato la
acquisizioni
del Gruppo risultano pari a €162,1 miliardi,
tenuta del Gruppo in uno scenario molto
effettuate negli anni passati. Nonostante
con una dinamica decrescente (-1,7%) in
difficile; questo, insieme al significativo
questo
di
un contesto di mercato estremamente
rimbalzo dei risultati del nostro business
svalutazione, tale posta non ha impatto
difficoltoso, nonostante la performance
italiano, dimostra l’adeguatezza delle
né di cassa né sui coefficienti patrimoniali
positiva e l’andamento favorevole dei
nostre azioni e il nostro approccio
regolamentari”. In ogni caso, al netto di
tassi di cambio. Il risultato netto della
Federico
elementi straordinari, l’utile netto per
negoziazione, copertura e fair value
Ghizzoni, amministratore delegato di
il 2011 risulta pari a 1,1 miliardi di euro
risulta pari a 909 milioni nel 2011, in
UniCredit, ha commentato i risultati
rispetto agli 1,5
dell’esercizio 2011 che registra una
miliardi del 2010.
perdita di pertinenza del Gruppo di 9,2
Da
miliardi di euro. Di conseguenza, il CdA di
il
Piazza Cordusio proporrà all’assemblea
miglioramento nel
annuale degli azionisti un dividendo pari a
quarto trimestre,
zero per il 2011. Proprio come nel caso di
con l’utile netto a
Intesa Sanpaolo, sulla redditività del 2011
247 milioni di euro
di UniCredit hanno pesato negativamente
al netto di poste
strategico
“numerosi
mirato”.
elementi
Così
non
operativi
elevato
ammontare
segnalare significativo
straordinarie
e straordinari per un totale di -10,3
da
-474
milioni
miliardi di euro”. Si tratta di svalutazioni
del
di avviamento e marchi commerciali,
(sempre al netto
perdite su investimenti (ad es. 399
di
milioni imputabili ai titoli di Stato greci) e
d’intermediazione
quota
I costi operativi ammontano invece a
oneri di integrazione, laddove per quanto
25.200 milioni di euro nel 2011 (-3,4% a/a)
15.460 milioni nel 2011 (+0,9% a/a).
riguarda il 2011 hanno inciso comunque
e 6.092 milioni nel quarto trimestre 2011
Al netto delle Bank Levies, il risultato
in modo preponderante le svalutazioni di
(+6,4% trim/trim), mentre gli interessi
è costante a/a. Nel 2011 le spese
terzo poste
Total Revenues
straordinarie).
Il
margine
raggiunge
45
diminuzione da €1.053 milioni del 2010.
Performance
per il personale sono invariate a/a,
a fine dicembre 2011 è pari all’8,40%,
2011 e il Total Capital Ratio raggiunge
raggiungendo €9.209 milioni, mentre le
tuttavia se si considera l’aumento di
il 12,37 per cento. Il coefficiente Core
altre spese amministrative si attestano a
capitale (+157 pb) il coefficiente diventa
Tier 1 è anche conforme alle regole della
€5.116 milioni (+2,4% rispetto al 2010) e il
9,97%; inoltre, a inizio 2012 UniCredit ha
Autorità Bancaria Europea, sopra la soglia
rapporto Costi/Ricavi è pari al 61,4% nel
completato il riacquisto di titoli Tier 1 e
richiesta del 9%, mentre il Common
2011. Il risultato lordo di gestione arriva
Upper Tier 2, che aggiungeranno circa 10
Equity Tier 1 secondo le nuove regole
a €9.740 milioni nel 2011 (-9,4% a/a).
pb al coefficiente Core Tier 1, eccedendo
di Basilea 3 è in linea per raggiungere
Infine, per quanto riguarda i coefficienti
in tal modo il 10% pro-forma. Il Tier 1
l’obiettivo di superare il 9% annunciato
di patrimonializzazione, il Core Tier 1
Capital è uguale a 9,32% a dicembre
nel Piano Strategico per il 2012.
Bpm: calano i proventi, bene il cost management Il Consiglio di Gestione della Banca
contrazione di circa 113 milioni a/a. I costi
la
Popolare di Milano ha approvato i risultati
operativi segnano invece un andamento
(+0,6 miliardi), nonostante l’anticipata
dell’esercizio 2011, un anno decisamente
soddisfacente (-5% sull’anno precedente,
conversione del Prestito Convertendo nel
difficile per l’istituto non solo per la
pari a una contrazione per 55 milioni). Il
quarto trimestre 2011 (-0,4 miliardi) e delle
crescita
dei
titoli
in
circolazione
complessità dello scenario economico generale ma anche per i problemi interni alla banca, culminati con l’assemblea straordinaria dello scorso ottobre che ha portato a un radicale riassetto della governance con l’introduzione del sistema duale. I risultati d’esercizio presentano una perdita di 614 milioni di euro, che depurata dalle componenti straordinarie, quasi
interamente
riconducibili
alle
svalutazioni degli avviamenti (336 milioni)
Si conferma la crescente attenzione ai costi …
e partecipazioni e agli accantonamenti per rischi e oneri, si attesta comunque a
confronto dei valori normalizzati è solo
passività a fair value (+0,4 miliardi). La
quota 176 milioni. Sul risultato di gestione
leggermente inferiore (-4,6% a/a). Nel
raccolta indiretta da clientela ordinaria si
normalizzato a 347 milioni (-6,4% a/a)
dettaglio il costo del personale si posiziona
posiziona invece a 32,1 miliardi (-14,3%
ha inciso soprattutto il calo dei ricavi: a
a 651 milioni (-47 milioni), nel quadro di
a/a). Nel dettaglio, il risparmio gestito si
dicembre 2011 i proventi operativi si
una flessione di 135 risorse a/a del numero
attesta a 13,1 miliardi (-17,9% a/a), mentre
attestano infatti a 1.352 milioni (-7,7%
del personale (8.467 unità), così come
il risparmio amministrato da clientela
a/a). Sulla base dei valori normalizzati,
sono in calo le spese amministrative
ordinaria a valori di mercato si posiziona a
nell’anno i proventi operativi sono stati
(308 milioni, -4,5% a/a). Da sottolineare
quota 19 miliardi (-11,6% a/a). Gli impieghi
pari a euro 1.390 milioni (-5% sull’anno
anche il forte incremento delle rettifiche
a clientela sono stati pari a 35,7 miliardi,
precedente). Tale andamento media la
nette su crediti e altre operazioni: 483
sostanzialmente stabili rispetto a fine 2010
crescita del margine di interesse per 91,5
milioni, con un incremento di 239 milioni
(+0,4%), con una dinamica caratterizzata
milioni (+12,5%), con minori commissioni
rispetto a fine 2010. A tale dinamica
dal progressivo ridimensionamento verso
nette e un minor risultato della finanza,
hanno concorso rettifiche specifiche su
il segmento “imprese” e dall’incremento
complessivamente per 165 milioni (-22,6
crediti in sofferenza per 326 milioni, 172
dei crediti verso clientela privata. La
per cento). Il margine da servizi si attesta
milioni a copertura esposizioni incagliate,
crescita si è concentrata in particolare nel
a 527 milioni (565 milioni “normalizzato”),
ristrutturate e scadute e 63 milioni per
segmento mutui (+1,3 miliardi a/a, pari
in flessione del 27,9% rispetto al 2010. Nel
rettifiche generiche di portafoglio, cui si
a + 8,6%), a fronte di erogazioni di nuovi
dettaglio le commissioni nette (523 milioni)
sono contrapposte riprese di valore per
mutui per circa 4,4 miliardi nel 2011. Infine
scendono del 14,3%, principalmente per
oltre 78 milioni. Quanto agli aggregati
i coefficienti patrimoniali del Gruppo,
effetto della diminuzione delle commissioni
patrimoniali,
si
che includono gli effetti delle maggiori
di
la
raccolta
diretta
milioni),
attesta a quota 35,1 miliardi (-1,8% a/a).
ponderazioni richieste dalla Banca d’Italia,
dell’attività
Guardando alle singole componenti, si
vedono il Core Tier 1 all’8,02%, il Tier 1
finanziaria si attesta a -27 milioni (+11,4
registra una contrazione dei debiti verso
all’8,6% ed il Total Capital ratio all’11,8
milioni “normalizzato”), segnando una
clientela (-1,6 miliardi), cui si contrappone
per cento.
collocamento
mentre
il
(circa
risultato
-77
netto
46
Performance
Veneto Banca: bene raccolta e impieghi, pieno di utili
Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca
esercizio siamo stati in grado di garantire
al 3,41%, riflesso del protrarsi della
ai nostri soci un’adeguata redditività e
congiuntura negativa. “La capogruppo
una valorizzazione del patrimonio. Poche
si attesta comunque al 2,63%, ben al di
banche in questi anni hanno distribuito
sotto della media di sistema del 3,14%,
dividendi e incrementato il valore delle
precisa una nota dell’istituto, mentre
loro azioni. Noi abbiamo saputo farlo, e
il dato consolidato è influenzato dalle
di questo siamo molto orgogliosi”. Veneto
banche rete di più recente acquisizione,
Banca ha concluso il 2011 con un aumento
impegnate in un’attenta revisione della
del 3,22% delle masse amministrate,
gestione dei crediti”. Infine, per quanto
registrando un prodotto bancario lordo
riguarda gli indici patrimoniali, il Gruppo
di 76,47 miliardi di euro. La raccolta
si attesta solidità su valori nettamente al
totale ha raggiunto i 49,43 miliardi di
di sopra dei livelli prudenziali, con il Tier
euro (+2,22% a/a), contro una media del
1 è al 7,63%, il Core Tier 1 al 7,01% e il
sistema bancario dell’1,30 per cento. Nel
Total Risk Ratio al 10,10 per cento.“Tra
dettaglio, la raccolta diretta ha toccato
tanti numeri, ha sottolineato Consoli, in
i 25,90 miliardi di euro (+5,19%) e la
un momento così difficile per l’economia
raccolta indiretta si è attestata a 23,53
nazionale,
Il CdA di Veneto Banca ha approvato
miliardi (-0,86%) a causa dell’andamento
evidenziare quello relativo ai crediti,
il bilancio dell’esercizio 2011, chiuso
dei mercati finanziari. Gli impieghi hanno
aumentati di oltre 5 punti percentuali,
con un utile netto di 160,05 milioni di
raggiunto quota 27,05 miliardi (+5,09%
contro una media di sistema del 3,60 per
euro, in crescita del 41,59% rispetto al
su base annua), mentre il margine di
cento. In un anno non certo positivo per
2010. Agli azionisti verrà distribuito un
interesse ha fatto registrare un +3,3%,
il contesto nel quale operiamo abbiamo
dividendo di 0,60 euro per azione. “La
da 567,8 a 586,6 milioni di euro. In crescita
incrementato il sostegno a famiglie
missione della nostra banca, ha dichiarato
anche il margine di intermediazione,
e imprese e lo abbiamo fatto curando
credo
sia
importante
Vincenzo
passato da 976,5 a 977,7 milioni di
con la massima attenzione la qualità del
Consoli, è creare valore nel tempo per
euro. Nel 2011 il rapporto sofferenze
credito ed erogando 1,31 miliardi di euro
soci, dipendenti e clienti. Anche in questo
nette su impieghi è passato dal 3,20%
in più rispetto al 2010”.
l’amministratore
delegato
Banca Popolare di Vicenza: ok raccolta e impieghi
Gianni Zonin, presidente della Banca Popolare di Vicenza
miliardi di euro erogati nel 2011, più di 3,2
del 2010 (+46,4 per cento ). Il margine
miliardi sono andati a piccole e medie
di intermediazione si attesta quindi a
imprese e alle famiglie, a conferma della
981,7 milioni (+5,6% a/a). Le rettifiche
nostra missione di banca cooperativa al
di valore nette per deterioramento di
servizio dei territori”. Così Gianni Zonin,
crediti ammontano a 159 milioni rispetto
presidente della Banca Popolare di Vicenza,
ai 157,4 del 2010 (+1%), mentre le rettifiche
ha commentato i risultati 2011 dell’istituto,
di valore nette per deterioramento di
che ha chiuso l’esercizio con un utile netto
attività finanziarie disponibili per la vendita
di gruppo a 95,1 milioni di euro (+1% a/a/).
ammontano a 29,6 milioni (+20,8% rispetto
La crescita dei ricavi e il contenimento dei
al passato esercizio). Il risultato netto
costi operativi hanno prodotto un risultato
della gestione finanziaria e assicurativa
netto della gestione operativa di 120,9
si attesta a 789,9 milioni (+5,1% a/a). I
milioni di euro, che corrisponde a un
costi operativi ammontano a 669 milioni
significativo +95,2% rispetto al 2010. In
e risultano in flessione in valore assoluto di
questo quadro, il margine di interesse
20,5 milioni (-3% rispetto al 2010), grazie
si attesta a 534,7 milioni di (+3,3% a/a),
anche ai primi effetti positivi derivanti
“Per il quarto anno consecutivo la crescita
mentre le commissioni nette assommano
dagli efficientamenti legati al progetto di
dei nostri impieghi è stata tripla rispetto
a 344,7 milioni (+0,9% sul 2010) e il
ristrutturazione del Gruppo. Nel dettaglio,
a quella della media del sistema bancario
margine dell’attività finanziaria è positivo
le spese per il personale si attestano a
italiano. Dei nuovi impieghi per oltre 4,2
per 102,3 milioni a fronte dei 69,8 milioni
412,2 milioni (-2,2% sul 2010), mentre le
47
Performance
altre spese amministrative ammontano
all’1,8% (fonte Abi), mentre le sofferenze
quota 28,6 miliardi (+8,6% a/a), mentre la
a 269 milioni, sostanzialmente invariate
nette verso clientela sono pari al 3,24%
raccolta indiretta si attesta a 16,7 miliardi
al netto della componente relativa alle
dei crediti netti (2,75% al 31 dicembre
(-3,5 per cento). Per quanto attiene i ratios
imposte indirette e tasse. Quanto agli
2010) per 958,6 milioni e una percentuale
patrimoniali consolidati al 31 dicembre
aggregati patrimoniali, gli impieghi verso
di copertura del 51,2% (53% nel 2010). La
2011, infine, il Core Tier 1 e il Total Capital
clientela raggiungono i 30 miliardi (+5,8%
raccolta totale assomma a 45,3 miliardi
Ratio
a/a), a fronte di una media del sistema pari
(+3,8% a/a). La raccolta diretta raggiunge
all’8,16% e all’11,50 per cento.
si
attestano
rispettivamente
Bper: tiene la redditività spiega una nota ufficiale dell’istituto,
variazione anno su anno è imputabile
è
principalmente
riferibile
principalmente
all’effetto
alla
diminuzione
di
volumi, sia degli impieghi che delle
operazioni finanziarie con controparti
attività finanziarie rispetto alla fine del
istituzionali,
2010 e alle azioni di repricing dell’attivo
dell’operatività con clientela retail e
dovute al crescente costo della raccolta
private (+1,3%)”. La raccolta indiretta
causato dalle tensioni sul mercato del
da clientela è pari invece a 25,6 miliardi
debito sovrano”. Le commissioni nette,
(-8,7% a/a), a causa di movimenti
pari a 693,7 milioni nell’anno (+0,5%,
imputabili in larga parte a controparti
+1,4% trim/trim), mostrano un leggero
istituzionali, ma soprattutto al calo dei
incremento, con un trend in progressivo
prezzi di mercato; su base nominale
miglioramento negli ultimi due trimestri,
infatti l’ammontare al 31 dicembre 2011
mentre il risultato netto delle attività
risulta in crescita dell’1,6% rispetto
di negoziazione (compresi i dividendi) è
al 31 dicembre 2010. Il portafoglio
positivo per 76,7 milioni (+45,6% a/a).
premi assicurativi, non compreso nella
Il margine di intermediazione risulta
raccolta indiretta, si quantifica in 2,1
pari a 2.100,8 milioni nel 2011 (+3,4%
miliardi (+2,6%), pressoché totalmente
Un risultato economico in crescita, al
a/a, +4,7% al netto delle componenti
riferibile al ramo vita. I crediti verso
netto delle componenti straordinarie,
straordinarie del 2010). Quanto alle
la clientela, al netto delle rettifiche di
grazie all’andamento positivo del margine
rettifiche nette su crediti e su altre
valore, sono pari ad 48,2 miliardi, +0,85%
di interesse, al contenimento dei costi
attività finanziarie si attestano a 350,1
da inizio anno, mentre l’ammontare
operativi e alla riduzione delle rettifiche
milioni (-12% rispetto al 2010). Il risultato
dei crediti deteriorati netti è di 4,3
su crediti. Il CdA della Banca Popolare
netto della gestione finanziaria, pari a
miliardi, +22,5% da inizio anno, con una
dell’Emilia
approvato
1.750,7 milioni, registra una crescita del
componente di sofferenze pari a 1,56
i risultati individuali della banca e
7,1% a/a (+11,3% trim/trim), mentre
miliardi (+28,4%); tali importi risultano
consolidati di Gruppo per l’esercizio 2011,
i costi operativi, al netto degli oneri
rispettivamente pari al 9% e al 3,2%
chiuso con un utile netto complessivo di
e proventi di gestione, risultano pari
del totale dei crediti verso clientela. Il
237,4 milioni di euro (-27,5% rispetto
a 1.242,6 milioni (-0,6% a/a), anche
livello di copertura dei crediti deteriorati
al 2010, ma +42,2% a/a al netto delle
grazie al netto dei proventi straordinari
è del 33,85% e del 52,8% quello delle
poste straordinarie presenti nei due
relativi alla plusvalenza realizzata dalla
sofferenze. Infine, per quanto riguarda
periodi). L’esercizio 2010 includeva infatti
cessione del Ramo Fondi di Optima
i ratios patrimoniali, determinati sulla
proventi
dalla
Sgr. In questo quadro, le spese per il
base della metodologia standard di
cessione della quota di controllo di Arca
personale ammontano a 785,9 milioni
Basilea 2, i dati evidenziano un sensibile
Vita ed Arca Assicurazioni quantificabili
(+1,0%)
maggiori
incremento rispetto al 2010, grazie
in 136 milioni netti, mentre il 2011
costi per esodi incentivati e rinnovi dei
anche alle azioni di capital management
presenta oneri e proventi straordinari
contratti integrativi aziendali, e le altre
intraprese da Bper nell’ultimo trimestre
quantificabili complessivamente in -34,6
spese amministrative totalizzano 501
dell’esercizio, con il Core Tier 1 ratio al
milioni. Il margine di interesse si attesta
milioni (+0,95 per cento). Quanto ai
7,83% e il Tier 1 ratio al 7,86% (a fronte
a 1.330,4 milioni (+3,2% a/a, +1,1%
valori patrimoniali, la raccolta diretta
del 6,78% e del 6,81% a fine 2010), e il
trim/trim). “Il buon risultato, in crescita
da clientela si attesta a 48,6 miliardi
Total capital ratio all’11,54% (10,55% a
per
(+0,6% a/a, +1,9% trim/trim). “La
fine 2010).
Luigi Odorici, amministratore delegato della Banca Popolare dell’Emilia Romagna
il
Romagna
straordinari
terzo
ha
derivanti
trimestre
consecutivo,
e
ricomprendono
48
a
fronte
di
aumento
Performance
Azimut: i conti soffrono il calo delle commissioni
Pietro Giuliani, presidente e Ceo del Gruppo Azimut
amministrato e gestito da case terze
impegno e determinazione, il Gruppo
direttamente collocato (14,6 miliardi
Azimut è riuscito a creare valore per i
le masse gestite internamente). La
suoi azionisti e clienti, chiudendo l’anno
Posizione Finanziaria Netta consolidata
con un utile importante e una solidità
a fine dicembre risultava positiva per
patrimoniale di primario livello. Inoltre,
98,8 milioni, in miglioramento rispetto
i primi mesi del 2012 hanno beneficiato
ai 73,1 milioni del 30 settembre 2011
di mercati positivi contribuendo a un
e sostanzialmente in linea con i 102,1
buon dato di raccolta e performance
milioni del 31 dicembre 2010. Nel 2011
sia per i clienti che per il Gruppo.
sono stati pagati dividendi per circa 33,7
Continuiamo, inoltre, ad attirare nuove
milioni, sono state acquistate azioni
competenze e professionisti nelle nostre
proprie per circa 29,1 milioni, mentre in
reti distributive e nel team di gestione in
data 1 luglio 2011 Azimut ha proceduto
Italia e all’estero, dove stiamo investendo
al rimborso parziale del prestito “Azimut
per sostenere la crescita futura”.
2009-2016 subordinato 4%” per un ammontare pari a 17,7 milioni. Positivo
Il CdA di Azimut Holding SpA ha
infine il saldo per il reclutamento di
approvato il Progetto di Bilancio al 31
promotori finanziari: nel 2011 Azimut
dicembre 2011 che evidenzia ricavi
Consulenza, AZ Investimenti ed Apogeo
consolidati pari a 325,7 milioni di euro
hanno registrato 127 nuovi ingressi,
(in calo rispetto ai 358,4 milioni del
portando il totale delle reti del Gruppo
2010) e un utile netto consolidato di
Azimut a fine 2011 a 1390 unità. “Il
80,4 milioni (rispetto ai 94,3 del 2010).
2011, ha commentato Pietro Giuliani,
La principale causa del calo di fatturato
presidente e Ceo del Gruppo, è stato
e profitti, spiega una nota ufficiale di
un anno difficile sia per l’industria
Azimut, “è la netta diminuzione delle
del risparmio gestito che per i mercati
commissioni
variabili
finanziari. Ciò nonostante, negli ultimi
rispetto al 2010”. In questo quadro, il CdA
tre anni, le masse in gestione del
ha deliberato di proporre all’assemblea
Gruppo Azimut hanno registrato una
dei soci la distribuzione di un dividendo
crescita cumulata del 34%, contro
totale pari a € 0,25 per azione ordinaria
un 11% dell’industria italiana (dati
al lordo delle ritenute di legge (invariato
Assogestioni), e la performance media
rispetto al 2010). Il patrimonio totale
ponderata dei nostri fondi, al netto dei
a fine 2011 si è attestato a quota 16,5
costi, è stata del 14%, superiore sia al
miliardi, comprensivo del risparmio
risk free che all’indice di settore. Con
di
gestione
Banca&Mercati .com aggiornamenti in tempo reale con approfondimenti e interviste 49
Carriere
Crédit Agricole
Mps Alessandro
nuovo
Jean-Paul Chifflet, direttore generale di Crédit Agricole, ha nominato Giampiero
presidente di Banca Mps. Lo ha eletto lo
Profumo
Maioli senior country officer del gruppo Crédit Agricole in Italia. Maioli, 55 anni, già
scorso 27 aprile, insieme al nuovo CdA,
amministratore delegato e direttore generale di Cariparma Crédit Agricole dall’aprile
l’assemblea dei soci della più antica
2010, entra così a far parte del Comitato esecutivo di Crédit Agricole succedendo
banca al mondo.
ad Ariberto Fassati (direttore del Gruppo Crédit Agricole per l’Italia dal 2005), che
è
il
resta altresì presidente di Cariparma. In qualità di senior country officer, Maioli diventa il rappresentante del gruppo Crédit Agricole in Italia. Questa posizione è stata creata nei Paesi dove il Gruppo è presente con più attività finanziarie, per assicurarne un miglior coordinamento, creare sinergie, seguire le evoluzioni del mercato. Questo ruolo trasversale è volto a garantire attività commerciali di cross-selling, ottimizzazione delle risorse e dei costi, sostegno alle nuove linee di business. Nell’esercizio delle sue funzioni, Maioli rappresenterà la direzione generale di Crédit Agricole
Alessandro Profumo, presidente di Banca Mps
presso le istituzioni. Maioli inizia la sua
Giampiero Maioli, senior country officer del gruppo Crédit Agricole in Italia
carriera nel 1979 al Credito Emiliano, L’ex
di
poi in Chemical Bank. Nel 1992, arriva in Cariparma e Piacenza, prima responsabile
UniCredit, il cui primo simbolico gesto è
amministratore
delegato
dell’area ex Credito Commerciale, poi successivamente direttore commerciale. Nel
stato quello di rinunciare ai 500mila euro
2003, viene nominato vicedirettore generale, poi nel marzo 2007 direttore generale.
di stipendio previsti (accontentandosi
E’ amministratore delegato e Ceo del Gruppo Cariparma Crédit Agricole dal 2010.
dei 60mila da consigliere), succede così al presidente uscente Giuseppe Mussari.
Genovese,
classe
1957,
JP Morgan Asset Management
Profumo ha maturato una significativa
Lorenzo Alfieri è stato nominato country
esperienza nell’ambito del credito, della
head per l’Italia di JP Morgan Asset
finanza e della consulenza ricoprendo
Management. Alfieri è in JP Morgan
incarichi di responsabilità negli istituti
Asset Management dal 1999, e ricopre il
Banco Lariano, McKinsey, Bain, Cuneo &
ruolo di direttore commerciale dal 2001.
Associati, Riunione Adriatica di Sicurtà.
“Sono lieto di affrontare questa nuova
Nel 1994 entra nel Credito Italiano, dove è
fase del mio percorso professionale,
prima condirettore centrale, poi direttore
dichiara Alfieri, e di ricoprire un ruolo così
generale e amministratore delegato,
importante. Il mio obiettivo sarà quello di
carica che conserva con la successiva
continuare a far crescere il business di
fusione della banca in UniCredit e
JP Morgan Asset Management in Italia”.
mantiene fino alla sua uscita dal gruppo
JP Morgan Asset Management ha di
nel 2010. Numerosi gli incarichi di
recente modificato la propria struttura
amministrazione e controllo attualmente ricoperti
da
Profumo.
Dal
2011
presidente della società di consulenza finanziaria
Appeal
Strategy&Finance,
membro del supervisory board della ban ca russa Sberbank, consigliere di amministrazione dell’Eni e consigliere della Fondazione Tog. Dal 20
organizzativa al fine di migliorare la
è Lorenzo Alfieri, country head per l’Italia di JP Morgan Asset Management
qualità del servizio che fornisce ai clienti creando la divisione Global Funds Management, con il mandato di veicolare
le migliori soluzioni di investimento ai risparmiatori attraverso le istituzioni finanziarie partner. Massimo Greco, entrato in JP Morgan nel 1992, è stato nominato responsabile europeo della nuova divisione Global Funds Management. Opererà da Londra.
50
Carriere
Veneto Banca Alberto Morini è stato designato responsabile della Direzione Territoriale Centro Nord di Veneto Banca, la struttura che gestisce le 99 filiali di Veneto Banca dislocate in Lombardia, Veneto e nelle città di Roma e Ferrara, organizzate in 6 aree con quasi 700 operatori sul territorio. Morini, 48 anni, è entrato nel Gruppo nel 2010, prima come responsabile Corporate della Popolare di Intra e dal 2011 della capogruppo Veneto Banca. Nella sua intensa carriera professionale, iniziata al Credito Italiano, ha ricoperto importanti ruoli dirigenziali tra i quali responsabile della Direzione Territoriale Triveneto e dell’Area Milano di UniCredit Corporate Banking. “La Direzione Territoriale Centro Nord, dichiara Morini, è in un’area strategica per l’istituto, che comprende alcune tra le province a più alto tasso imprenditoriale d’Italia, basti pensare ai settori orafo e conciario di Vicenza e a quello vinicolo di Verona, rilevanti a livello nazionale e internazionale. Si tratta indubbiamente di un territorio vivace e stimolante, con il quale dialogare al meglio per servire in modo ancora più preciso e puntuale le Pmi, principale interlocutore di Veneto Banca”. L’arrivo del nuovo responsabile coincide con l’ingresso degli uffici direzionali nella nuova sede, in Corso Porta Nuova 1 a Verona. La location, completamente restaurata e rinnovata, è il prestigioso “Palazzo della Borsa
Alberto Morini, responsabile della Direzione Territoriale Centro Nord di Veneto Banca
di Commercio” a ridosso di Porta Nuova, tra la torre pentagonale e il palazzo della Gran Guardia. L’edificio che ospiterà gli uffici della Direzione Territoriale risale al 1928 ed è stato progettato e costruito da Giovan Battista Rizzardi.
Farad Investment Advisor Marco Caldana, amministratore delegato di Farad Investment Advisor Farad Investment Advisor, società lussemburghese indipendente specializzata nell’attività di gestione, advisory e financial brokerage, prosegue l’attività di rafforzamento della sua struttura di relationship manager con l’inserimento di Giovanni Tosi, che assume il ruolo di senior Relationship manager e avrà l’incarico di sviluppare i servizi di advisory e gestione personalizzata verso la clientela di target elevato, con un particolare focus sul mercato italiano. Tosi ha iniziato la propria attività di consulente finanziario indipendente nel 2003, prima come amministratore delegato di Ifa Consulting e, successivamente, sempre come amministratore delegato, di Advin Partners Sim. “L’ingresso di Giovanni Tosi, afferma Marco Caldana, amministratore delegato di Farad Investment Advisor, conferma la strategia di crescita di Farad Investment Advisor nel settore degli investitori istituzionali e dei consulenti indipendenti, grazie a servizi e a soluzioni proprietari volte a garantire alla clientela un offerta di qualità sempre maggiore nella logica della massima indipendenza”.
Banca&Mercati Vuoi comunicarci gli eventi in programma nelle prossime settimane? eventi@bancaemercati.com 51
Carriere
Pharus Management
Artigiancassa
Luca Zampana è il nuovo responsabile
Gianluigi Serafini, della Confederazione
della clientela istituzionale di Pharus
Nazionale dell’Artigianato, è il nuovo
Management, società fiduciaria svizzera
presidente di Artigiancassa, la banca
specializzata nelle gestioni patrimoniali.
del Gruppo Bnp Paribas dedicata al
Zampana, 39 anni, si occuperà della
mondo dell’artigianato e delle Pmi.
commercializzazione
e
Succede a Silvano Berna, in scadenza
dei
prodotti
Management
di mandato. Serafini, 55 anni, avvocato
nell’ambito della clientela istituzionale,
di Ravenna, è managing partner di
occupandosi anche delle attività di
Lexjus Sinacta di Bologna, associazione
Marketing
Business
professionale tra avvocati e dottori
Development. L’area di riferimento è
commercialisti. E’ stato vicepresidente
Italia, Svizzera e Lussemburgo. Zampana
di Artigiancassa dal 1994 al 2005
vanta un’esperienza nell’ambito della
e membro del CdA di Bnl dal 1999
dei
servizi
di
Pharus
Strategico
e
al 2002, oltre a ricoprire numerosi
consulenza nel settore del risparmio gestito: si è occupato dello sviluppo della clientela istituzionale di Morningstar
Luca Zampana, responsabile della clientela istituzionale di Pharus Management
incarichi in ambito associativo, bancario
Italia dal 2005 al 2008, per poi ricoprire il ruolo di Business & Development manager presso Casa4Funds Luxembourg European Asset Management. “Le passate esperienze di Luca Zampana, afferma Davide Pasquali, vice presidente di Pharus Management, serviranno a supportare l’attività di sviluppo della costituenda Pharus Management Lux S.A. che offrirà servizi di compliance, risk management/control, Legal a tutti quei fondi (Sicav, Sif ecc.) che nel prossimo anno si dovranno dotare di strutture eterogestite”.
Janus Capital International Janus Capital International, la divisione internazionale di Janus Capital Group, ha annunciato l’ingresso di Carlo Roncalli nel team commerciale italiano in qualità
Gianluigi Serafini, presidente di Artigiancassa
di Sales director. Roncalli, che proviene da
JP
Morgan
Asset
Management,
dove ricopriva il ruolo di associate Sales executive ed era responsabile dello sviluppo del segmento retail in Italia, riporterà ad Andrea Cardone, Sales director per il Sud Europa, e sarà basato presso l’ufficio di Milano. Nel suo nuovo ruolo, Roncalli avrà l’incarico di sviluppare le relazioni con i principali Carlo Roncalli, Sales director Italy di Janus Capital International
operatori istituzionali: gestori di fondi di fondi, reti di distribuzione e private bank. “Il mercato italiano è una delle aree per
noi più importanti - dichiara Augustus Cheh, presidente di Janus Capital International - e offre un ampio potenziale di crescita per la nostra gamma di prodotti. Gli investitori italiani apprezzano sempre di più l’approccio fondamentale di Janus basato sulla ricerca, l’offerta value di Perkins e il processo matematico orientato alla gestione del rischio di Intech. L’esperienza di Carlo Roncalli ci permetterà di sviluppare la nostra attività in maniera ancora più significativa”. 52
ed assicurativo. Contestualmente alla nomina di Serafini, sono stati rinnovati anche gli altri membri del Consiglio di Amministrazione di Artigiancassa, che è ora così composto: presidente Gianluigi Serafini (Cna); vicepresidente vicario Mario Girotti (Bnl); vicepresidente Fabio Banti
(Confartigianato);
consiglieri
Luigi Abete, Marco Tarantola, Fabio Montena, Mariano
Giovanni Miola
Di
Leva
(Bnl);
(Confartigianato)
e
Nicola Molfese (Casartigiani). Il nuovo collegio sindacale è composto da Enzo Giancontieri (presidente), Francesco Bilotti e Marco Fazzini (sindaci), Carlo Ciccaglioni e Carlo Allegrezza (sindaci supplenti).
Formula low cost
M o s t r a - C o n v e g n o
mostra convegno solo
95 €
DIGITAL signage
& VISUAL
communication forum 2012
Display eliminacode
Con le preziose Testimonianze di:
� BRIAN & BARRY � CONAD � GRANDI STAZIONI* � GRUPPO TRENORD FNM* � H3G* � IPER MONTEBELLO � M-CUBE � MEDIAMARKET � MESTRE CITYPLEX � NEC DISPLAY SOLUTIONS � NEO ADVERTISING � OSPEDALE NIGUARDA � OXO ITALIA � POSTE ITALIANE* � REGIONE LOMBARDIA* � REGIONE VALLE D’AOSTA � SAMSUNG ELECTRONICS *In attesa di conferma
ositiva p s e a are ngresso a i tuito gra
Videowall
Totem multimediali
Software Digital Signage
Chioschi interattivi Main Sponsor
Milano, 22 maggio 2012 Mercedes Benz Center
La prima mostra convegno interamente dedicata alle nuove tecnologie, per conoscere da vicino: � Che cos’è il Digital Signage e come risponde ai nuovi bisogni di comunicazione in store e out of home � Quali strumenti e prodotti hanno già implementato altre istituzioni e aziende e quali benefici hanno ottenuto � Come ottimizzare il ROI attuando strategie di co-marketing e cross-marketing e come risparmiare grazie al Digital Signage
INFORMAZIONI E ISCRIZIONI TEL. 02.83847.627 � FAX 02.83847.262 info@iir-italy.it � www.iir-italy.it/digitalsignage 53
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La via dell’efficienza Il gruppo bancario svizzero Cornèr Banca ha adottato la soluzione Infor di Enterprise Asset Management per gestire in modo automatizzato, coerente, trasparente e documentato tutte le informazioni sugli asset aziendali e sulle operazioni relative. Il risultato?Benefici non solo ai servizi logistici, ma anche ad altre funzioni aziendali. delle informazioni relative a questi asset e alle operazioni che si svolgono nelle strutture della banca. Al centro di questo progetto si colloca Infor10 Eam, soluzione largamente utilizzata in tutto il mondo, della quale, oltre alle caratteristiche tipiche dei prodotti di asset management e gestione della manutenzione, viene apprezzata soprattutto la presenza del modulo OpenCAD. Si tratta di un modulo completamente integrato, che, utilizzando i più diffusi standard Cad senza richiedere l’installazione delle applicazioni, consente di leggere graficamente, navigare e analizzare i disegni e le planimetrie, realizzando un’interfaccia grafica per le attività di gestione degli asset e degli spazi, senza uscire dall’applicazione Eam.
E’ un gruppo bancario svizzero con sede a Lugano, privato e indipendente, che dal 1952 offre servizi di banca universale, con una specializzazione nei settori del private banking, del finanziamento e delle carte di pagamento. Nel corso degli anni, Cornèr Banca ha sviluppato la propria attività avviando un processo di internazionalizzazione e diversificando la propria offerta di prodotti e servizi. E così, negli anni 80, Cornèr Banca è arrivata a registrare una notevole crescita dell’attività, dell’organico, delle sedi e delle infrastrutture, fino al punto in cui, racconta Charles Inches, condirettore dei Servizi Corporate e Logistica “ci siamo resi conto che sarebbe presto diventato impossibile gestire tutte queste risorse con gli strumenti a disposizione, carta e penna e più recentemente fogli Excel. Queste complessità di gestione comportavano sempre più rischi di disallineamento dei dati. Si è resa quindi necessaria una soluzione di Enterprise Asset Management in grado di gestire in modo automatizzato, coerente, trasparente e documentato tutte le informazioni sugli asset aziendali e sulle operazioni relative, che avrebbe portato benefici non solo ai servizi logistici, ma anche ad altre funzioni aziendali”. L’iniziativa di un progetto di Asset e Facility Management è iniziata dai Servizi Logistici di Cornèr Banca nell’estate 2010 con contatti, presentazioni e colloqui organizzati per valutare l’interesse e l’opportunità di realizzare un sistema automatizzato. Nel settembre del 2010 la direzione ha esaminato lo studio realizzato con un prototipo di gestione che aveva per oggetto i locali di un piano in uno stabile della banca e ha valutato positivamente i risultati. Il progetto di Asset e Facility Management, iniziato a marzo 2011, doveva consentire a Cornèr Banca di rendere più efficienti strutture, asset, edifici, locali, impianti e attrezzature, grazie a una accurata gestione
Facility management e Kpi Dopo aver acquisito da Infor le licenze di Infor10 Eam si è passati alla fase di implementazione del software. Inizialmente è stato costituito un team di progetto a cui hanno partecipato i servizi logistici di Cornèr Banca e i consulenti di Know-How e Cad Service, società partner di Infor. Know-How ha fornito un supporto di programmazione e le competenze sulle modalità standard di implementazione del prodotto, mentre il ruolo più specificamente legato al progetto è stato ricoperto da Cad Service, che ha anche fornito il modulo OpenCAD integrato in Eam. La fase iniziale del progetto si è concentrata sulla componente di Facility Management con una prima fase che ha portato alla definizione e realizzazione delle anagrafiche, con l’inserimento in Eam delle informazioni riguardanti le facility che, grazie alle funzioni avanzate del sistema Infor10 Eam, si enunciano tramite due alberi gerarchici distinti. Il primo afferente le ubicazioni, e il
Privato e indipendente dagli Anni 50 Cornèr Banca è un gruppo bancario svizzero, privato e indipendente, che offre servizi di banca universale ed è stato fondato nel 1952 a Lugano, la terza piazza finanziaria più importante della Confederazione Elvetica dopo Zurigo e Ginevra. I prodotti destinati alla clientela coprono l’intera gamma dell’offerta bancaria tradizionale, con una specializzazione più specifica nei settori del private banking, del finanziamento e delle carte di pagamento Visa e MasterCard. Nel corso degli anni, la banca ha aperto succursali in altre importanti città elvetiche e ha dato avvio a un vitale processo di internazionalizzazione. Oltre alla casa madre Cornèr Banca SA di Lugano e alle quattro succursali svizzere di Chiasso, Locarno, Losanna e Zurigo, fanno parte del Gruppo le due affiliate estere Cornèr Banque (Luxembourg) SA e Cornèr Bank (Overseas) Ltd. di Nassau.
La sede di Cornèr Banca a Lugano
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– spiegano Inches e i suoi collaboratori - interrogando la banca dati di Infor10 Eam riusciamo a sapere esattamente di quanti posti di lavoro disponiamo, quanti sono occupati e quanti sono liberi. Se la direzione richiede un certo numero di posti di lavoro da collocare in un particolare contesto, interrogando il sistema possiamo rispondere che in una determinata unità vi è un determinato numero di posti liberi mentre gli altri disponibili sono su un altro piano. Sono informazioni che riusciamo ad avere a diversi livelli di dettaglio e secondo ‘viste’ differenti: per immobile, per piano, per ufficio, per singolo locale”. Questi risultati sono importanti non solo per il lavoro dei Servizi Logistici, ma anche per altre divisioni e servizi della banca. La contabilità analitica, ad esempio, oggi può disporre di dati certi e inequivocabili su occupazione e disponibilità degli spazi per calcolarne in modo preciso i costi, che con questo sistema integrato comprendono anche tutte le componenti e rispettive quote-parte delle infrastrutture tecnologiche censite nelle anagrafiche.
L’evoluzione del progetto Inches sottolinea che il progetto di Corner Banca è un progetto di Enterprise Asset Management; e quindi, una volta completata la fase sulle facility, l’attività si svilupperà su altre tematiche. Per esempio sulla gestione delle infrastrutture tecnologiche dell’It. “Queste non fanno ancora parte del sistema perché a oggi sono state censite e inserite solo le informazioni relative alle infrastrutture tecnologiche degli edifici - cavi, reti, impianti d’allarme e di climatizzazione, ecc. - mentre prossimamente è previsto l’inserimento delle informazioni su valore, investimenti effettuati, ammortamenti, contratti di manutenzione, interventi di riparazione effettuati e programmati riguardanti le infrastrutture tecnologiche finora censite”. Eam, ricorda Inches, è un prodotto di Asset Management e non di semplice Facility Optimization. Inoltre, poiché gli asset non si trovano solo nelle facility, una volta completata la fase del progetto sulle facility verranno approcciati tutti gli altri servizi che gestiscono beni aziendali. “Chiederemo loro di fare un’analisi costi benefici per valutare l’interesse ad integrare nel prodotto le informazioni utili per la gestione dei loro asset”. Un esempio riguarda la flotta aziendale, oppure i cellulari in dotazione al management, i Pc portatili, tutti asset di gestione complessa poiché contemplano costi di acquisto, di installazione e gestione, di personale di supporto, di monitoraggio sui tempi e i costi di riparazione o di manutenzione. “Ci sono inoltre aspetti normativi sulla gestione dei beni aziendali, in quanto le leggi europee sono sempre più severe sulle modalità della loro gestione, censimento, e valorizzazione: non è più sufficiente affermare che determinati oggetti si trovino in azienda, ma occorre anche sapere dove sono situati, qual è il loro valore e come sono protetti, per certificare il rischio”.
Charles Inches, condirettore Servizi Corporate e Logistica di Cornèr Banca
secondo inerente ai sistemi tecnologici. Il progetto si propone di ottenere la massima efficienza degli immobili a disposizione per le attività di Cornèr Banca. Un obiettivo che, spiega il responsabile dei Servizi Logistici Mauro Lupatini, “consentirà alla nostra struttura di mostrare come sono realizzati questi immobili, quali sono gli elementi che li compongono e che caratteristiche hanno, come sono gestiti e utilizzati in termini di superfici occupate e di postazioni di lavoro presenti, occupate e non. Queste informazioni, a vari livelli di dettaglio, consentiranno anche una documentata attribuzione dei relativi costi da parte della contabilità analitica”. Per monitorare il raggiungimento di questi obiettivi, nel sistema di gestione costruito con Eam sono presenti alcuni Key Performance Indicator, come ad esempio quelli che mostrano l’efficienza distributiva o l’occupazione effettiva degli impieghi (posti occupati in percentuale rispetto alle disponibilità) e così via.
La gestione organizzativa Un altro obiettivo è poter calcolare la quantità di posti di lavoro per ogni unità organizzativa della banca, la loro ubicazione e il loro utilizzo in termini di spazio ufficio e di conoscere anche numero e ubicazione degli impieghi non occupati. “Con questa implementazione di funzionalità innovative, sviluppate per noi in Eam da Cad Service, oggi 55
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Business continuity, da necessità a opportunità Prima gli standard, poi le certificazioni: la compliance alle normative diventa uno strumento di business se adottata con i giusti criteri. Business continuity e security, afferma Luigi Brusamolino, managing director Southern Emea di Bsi, fanno parte di un processo allargato che coinvolge l’operatività della banca realtà bancarie incontrano le specifiche competenze di Bsi lungo tre percorsi. Il primo è quello della compliance, tema ancora caldo negli istituti. Le banche devono essere conformi a regolamenti sia nazionali che internazionali, si pensi solo a quanto richiesto dalla Banca d’Italia, da Basilea 2 e 3. Bsi supporta le aziende finance a costruire controlli basati su best practice e sugli standard”. Il secondo ambito di intervento cui fa riferimento Brusamolino è quello della dematerializzazione dei documenti. “Il processo che vede una progressiva sparizione della carta in favore di documenti fruibili a tutti gli attori della banca in digitale è anch’esso una priorità. Questo cambiamento, che conduce a un miglioramento dell’efficienza e all’abbattimento dei costi, richiede però anche una buona dose di sicurezza e la garanzia della continuità del business. Bsi supporta i processi di back office nel mantenimento dell’efficienza”. Infine, lato front office, Bsi è vicina alle banche che sposano la multicanalità, che dunque forniscono un servizio continuativo alla clientela, che deve essere connotato, per essere appealing, di soluzioni It di qualità e di continuità garantita. Come si può notare, le tematiche che interessano il mondo bancario ruotano sostanzialmente attorno a business continuity e security.
Oltre allo standard c’è di più Luigi Brusamolino, managing director Southern Emea di Bsi
Bsi è l’ente di normazione che ha creato lo standard di riferimento per la business continuity (BS 25999), sul quale si basano tutte le linee guida adottate dalle aziende. Lo standard riguarda procedure, organizzazione, compresi aspetti quali il personale, l’It, i processi di business. “La business continuity entra in gioco nel momento in cui si verificano eventi avversi, poco probabili certo, ma dall’impatto molto elevato. I regolamenti imposti dalla Banca d’Italia e dagli altri enti regolatori indicano che ogni banca deve possedere un piano di continuità operativa. Lo standard BSI fornisce le linee guida per implementarlo e mantenerlo in un framework di riferimento”. Una volta implementato lo standard, di sicurezza o continuità operativa, le aziende finance possono però spingersi oltre, e decidere di certificare il loro sistema. “La certificazione, fornita da una terza parte indipendente, quale Bsi, fornisce anche al cliente finale la certezza di avere a che fare con una banca efficiente, sicura e affidabile, diventando dunque una leva di marketing importante. Il valore aggiunto della certificazione, che può valere per un processo, un prodotto, un sito, o l’intera banca, è molto alto, e fornisce alla banca
Il Bsi, British Standard Institution, è l’ente di normazione indipendente dal quale prendono vita i più importanti standard di livello internazionale, che molto spesso si trasformano in standard Iso. La società, presente in 150 paesi tra cui l’Italia, con 2.500 dipendenti worldwide, sviluppa circa 2.000 standard l’anno. Il Bsi non si occupa solo di standard, però: suo compito è anche quello di certificare le aziende e garantire a queste formazione, verifica e supporto per un continuo miglioramento dei sistemi di gestione. L’ambito bancario non è avulso al tema degli standard e delle certificazioni, anzi. I due mondi si compenetrano, e temi come la security o la business continuity assumono una forte rilevanza. “In questo periodo, spiega Luigi Brusamolino, managing director Southern Emea di Bsi, un passato in Symantec e PWC, le banche sono sotto pressione per diversi motivi: sono soggette a ristrutturazioni interne, e anche a operazioni di merge&acquisition; sono chiamate a ripensare rapidamente al loro modello di business. Le necessità delle 56
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La certificazione, fornita da una terza parte indipendente, quale Bsi, fornisce anche al cliente finale la certezza di avere a che fare con una banca efficiente, sicura e affidabile, diventando dunque una leva di marketing importante. Il valore aggiunto della certificazione, che può valere per un processo, un prodotto, un sito, o l’intera banca, è molto alto, e fornisce alla banca un vantaggio competitivo che si prolunga nel tempo, riuscendo - tra l’altro in modo misurabile - a diminuire i costi e ad aumentare l’efficienza
un vantaggio competitivo che si prolunga nel tempo, riuscendo - tra l’altro in modo misurabile - a diminuire i costi e ad aumentare l’efficienza”. I ragionamenti applicati, per quanto riguarda standard e certificazioni, alla sicurezza e alla continuità del business valgono anche per un tema che si sta presentando al mondo finance: quello dell’efficienza energetica (Green Banking). L’adozione dello standard sulla gestione dell’energia ISO 50001 può portare a un miglioramento dell’efficienza energetica, una consistente riduzione dei costi, oltre a dare un’immagine di banca “sostenibile”.
Da BS a ISO Lo standard della business continuity vedrà nel 2012 un importante cambiamento: ad aprile, infatti è previsto che la BS 25999 diventi ISO 22301, il che comporterà un riconoscimento e una diffusione internazionali. BS 25999, pubblicato nel 2006, vanta globalmente circa 1.200 certificati (fonte 2010), ottenuti da banche, aziende Ict e dei Professional Services (solo le banche ne possiedono circa 3-400). In Italia il Gruppo Iccrea è stato uno dei primi a certificarsi Bsi. L’Italia nel suo complesso ha intuito le potenzialità delle certificazioni, basti pensare che a livello mondiale il Paese è al secondo posto per certificazioni di sistema di gestione per la qualità (ISO 9001) e al quarto posto per il sistema di gestione per l’ambiente (ISO 14001).
“Un ottimo segnale – conclude Brusamolino – che ci fa credere, anche per gli ambiti della security e della business continuity, che le aziende considerino questi temi come parte del proprio modello di business”.
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Una piattaforma integrata per l’internal rating Con la nuova piattaforma Sas il Gruppo Bper gestisce motori di calcolo andamentali e di accettazione del rating per ogni segmento di clientela. La rapidità e l’efficacia sostituiscono un approccio non integrato alla gestione del rating maniera più efficiente, in termini di rilascio dei modelli, di monitoring e di analisi di backtesting”.
I plus: dal versioning alle analisi di impatto La piattaforma è stata progettata in linguaggio Sas, in modo che non nascessero problematiche legate al differente “linguaggio” utilizzato dalle funzioni di Business e dalle funzioni It. “Fino alla fine del 2011, spiega Luca Rubbiati, responsabile Sezione Applicativa Credit Risk, nell’ambito Ufficio Rischi di Credito, nel Gruppo erano presenti varie piattaforme, con motori di gestione del rating diversi, che era difficile integrare. Nell’ottica Basilea 2 abbiamo deciso di definire un piano di adeguamento basato su un’unica soluzione software in grado di coprire le necessità del Gruppo. Oggi tutti i motori sono conferiti all’interno della piattaforma, per una migliore omogeneità di gestione del sistema di rating”. La piattaforma, essendo integrata (ambienti di laboratorio, sviluppo, collaudo e produzione), permette una gestione snella del ciclo di vita del software e mette a disposizione delle funzioni di business un ambiente di collaudo utile alle attività di certificazione e test utente. Tra i plus della piattaforma spicca il versioning, ossia la replicabilità dei risultati in ambiente di esercizio e la ricostruzione degli stessi in ambiente di laboratoriocollaudo a una qualsiasi data, permettendo attività di fine tuning e calibrazione dei modelli. “È inoltre possibile, prosegue Cristini, eseguire analisi di impatto molto tempestive, prima del rilascio in produzione, oltre che valutare le what if analysis. Si pensi, ad esempio, alla recente moratoria siglata dall’Abi sui mutui. Il Gruppo deve essere in grado di gestire richieste analoghe a questa: attraverso l’utilizzo della piattaforma si riesce, ad esempio, a capire in tempi rapidi quali effetti avrebbe sul rating l’applicazione di tale accordo”.
Emanuele Cristini, responsabile dell’ufficio Rischi di Credito di Bper, e Luca Rubbiati, responsabile Sezione Applicativa Credit Risk nell’ambito Ufficio Rischi di Credito
Un’area dedicata, all’interno dell’ufficio Rischi di Credito, per la gestione della piattaforma del sistema di rating interno in ottica di validazione; un progetto che, seguendo le indicazioni di Basilea 2, permea tutte le banche del Gruppo. Un piano strategico sia in ambito gestionale del credito (dall’erogazione al monitoraggio e alla collection) che nell’ambito dei benefici patrimoniali. Tutto questo è la nuova piattaforma integrata di Gruppo per la gestione del sistema di rating interno, introdotta dalla Banca Popolare dell’Emilia Romagna, tra i primi dieci gruppi a livello italiano, con 1.305 sportelli e una presenza forte nel Nord-Est, Sud e Isole. “La piattaforma sviluppata da Sas, spiega Emanuele Cristini, responsabile dell’ufficio Rischi di Credito, rientra tra gli asset fondamentali del programma Basilea 2, altamente strategico nell’ambito del piano industriale 2012-2014 che è stato studiato a livello di Gruppo. Abbiamo deciso di progettare un’unica piattaforma integrata, che fosse in grado di gestire tutte le attività del sistema di rating interno, e di farlo in
La componente di Strategy Management “Così progettata, precisa inoltre Rubbiati, la piattaforma si è progressivamente allargata fino a diventare un processo core all’interno del Gruppo. Si pensi ad esempio al calcolo dei requisiti patrimoniali. Ha dato inoltre la possibilità al Gruppo di utilizzare concretamente i modelli studiati, arrivando a valutare in tempo reale gli impatti dei rating nei vari ambiti di applicazione”. Operativamente la piattaforma integrata viene utilizzata a livello informativo dall’ufficio Rischi di Credito, dalla divisione It e dall’ufficio Convalida. Sotto forme diverse accedono alla piattaforma 58
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Abbiamo deciso di progettare un’unica piattaforma integrata, che fosse in grado di gestire tutte le attività del sistema di rating interno, e di farlo in maniera più efficiente, in termini di rilascio dei modelli, di monitoring e di analisi di backtesting
anche la rete commerciale e la filiera creditizia, sino ad arrivare agli operatori di filiale. La piattaforma è adottata da tutte le banche territoriali che rientrano nel perimetro di convalida. È prevista in un prossimo futuro l’estensione dei modelli anche alle fabbriche prodotto (corporate banking, leasing e factoring). La piattaforma Sas è stata scelta per il valore aggiunto garantito dalla componente di Strategy Management, integrata in tutta la gestione del calcolo di rating di accettazione in modalità real time. Il motore a oggi permette 3.200 calcoli del rating di accettazione al giorno, 4.000 calcoli di Lgd (Loss Given Default) on line al giorno, la produzione delle componenti andamentali con cadenza mensile, l’accesso e l’utilizzo in tempo reale alle informazioni presenti su basi dati esterne.
Big Analytics nell’era dei Big Data “Think big with big analytics”. Per pensare in grande alle aziende serve una grande capacità di analisi. E’ il leit motiv che ha caratterizzato la settima edizione del Sas Forum Italia tenutasi a Milano lo scorso aprile di fronte a un pubblico di oltre un migliaio di partecipanti. “Tutte le aziende, pubbliche e private, ha dichiarato Marco Icardi, amministratore delegato di Sas in Italia, devono e dovranno sempre più affrontare la sfida dei Big Data, la grande, enorme massa di dati che costituisce un problema se usata poco o male. Ma che diventa una formidabile opportunità se sfruttata nel modo corretto. Sia che si tratti di un’azienda retail che voglia ottimizzare l’assortimento di migliaia di articoli, di un ospedale che intenda identificare i programmi terapeutici che migliorano le condizioni dei pazienti o di una banca che deve prevenire nuove tipologie di frodi, i nostri Big Analytics affrontano volumi massivi di dati strutturati e non, estraendone un quadro completo e indicazioni utili per prendere decisioni migliori e consapevoli”. La sfida dei Big Data, ossia dei sistemi informatici sovraccarichi con basi dati difficili da maneggiare, si declina con quello che Sas definisce “il paradigma delle quattro V”: il Volume dei dati, la loro Velocità di evoluzione e Varietà, e infine il Valore che può esserne Marco Icardi, amministratore delegato di Sas in Italia ricavato. Oggi questa sfida è sempre più complessa, ha sottolineato Shekar Iyer, general manager del Center of Excellence delle aree Emea e Asia-Pacific di Sas, a causa dell’impatto di tre fattori sull’incremento esponenziale dei dati: il cloud computing, i social network e la mobility. “La chiave per riuscire a gestire questa mole di dati, ha detto Iyer, sta nella capacità di integrare l’infrastruttura It con i processi aziendali. La possibilità di ottenere informazioni accurate per prendere decisioni tempestive rientra infatti in una finestra sempre più ridotta di opportunità. Non si tratta solo di agire su problematiche sempre più complesse, ma di farlo velocemente e in tempo reale, incorporando gli strumenti analitici nei processi e avvicinandoli ai punti di decisione”. 59
Speciale convegno
Beni rifugio, istruzioni per l’uso Dall’opera d’arte al lingotto d’oro, il mercato rende disponibili forme di investimento alternative per diversificare il portafoglio e incrementare la redditività con un tranquillo margine di sicurezza. E’ quanto è emerso in occasione del convegno “Beni Rifugio: la via d’uscita dalla crisi finanziaria” a cura di Banca&Mercati, che si è tenuto a Milano lo scorso 7 maggio è sempre più appannaggio del continente asiatico, la cui quota sta crescendo in maniera esponenziale (anno su anno del 40 per cento)”. In sostanza, dati alla mano, l’Asia si appresta a diventare il principale centro degli investimenti in arte. “A titolo di esempio, ha detto Ripa, basti citare il top lot mondiale del 2011, l’artista cinese Qi Baishi, e soprattutto il fatto che sei delle dieci opere più battute nelle aste sono di artisti cinesi (così come gli acquirenti che se le sono aggiudicate, ndr). Anche la gioielleria (perle e diamanti) si attesta attualmente su buoni risultati, ha sottolineato inoltre Ripa, e in questo trend possiamo vedere un collegamento con l’investimento in oro, perché le persone desiderano spesso ‘pesare’, oltre che ammirare, il proprio investimento”. Naturalmente, ha concluso Ripa, esistono forme molto diverse di investimento in opere d’arte, più o meno rischiose: se ad esempio i dipinti d’arte moderna possono essere assimilati ai bund tedeschi (bassissimo rischio, ma anche basso rendimento), le opere degli artisti contemporanei sono simili a un investimento azionario: elevati ritorni possibili, ma anche rischio molto alto. In ogni caso l’investimento in arte, conferma Edoardo Didero, amministratore delegato di ArtNetWorth, permette di diversificare il portafoglio e garantisce ancora un certo beneficio fiscale. “Il problema del settore è però la scarsa trasparenza: per le persone non addentro a questi temi è difficile capire le logiche dell’investimento così come è difficile reperire le informazioni”. Non solo, le differenti posizioni tra gallerista e collezionista in certi casi pongono seri problemi di scelta, arrivando anche ad allontanare i potenziali investitori. Per rispondere a questi problemi, ArtNetWorth propone due soluzioni: la prima è la certificazione del valore dell’opera d’arte, espressa da una realtà terza, dunque indipendente. “Abbiamo sviluppato ad hoc un modello e un codice proprio per studiare i fattori che determinano la quotazione del prezzo. Inoltre, risolviamo il problema della tracciabilità proponendo di inserire la documentazione relativa all’opera in uno sticker hologram da apporre dietro la tela”. Secondo Claudio Borghi, professore di Economia e Mercato dell’arte dell’Università Cattolica di Milano e autore del volume “L’oro bellissimo. Il mercato dell’arte visiva da spesa a investimento”, il settore dell’arte sta attraversando un periodo di forte cambiamento rispetto al passato grazie all’influenza di Internet. “Nel momento in cui le grandi case d’asta hanno messo on line le aggiudicazioni, anche quelle del passato, hanno fornito a tutti i potenziali investitori un prezzo di stima degli artisti e delle loro opere, permettendo ad esempio di capire se il prezzo di un autore sale o scende nel corso del tempo. In questo modo, si facilita la transizione del mercato dell’arte da semplice mercato di spesa a vero e proprio mercato di investimento. E un mercato che
Andrea Bigi, direttore responsabile di Banca&Mercati
La paura fa novanta, e non solo: in questi ultimi mesi il rischio che le proprie scelte in campo finanziario non si rivelino azzeccate, generando costose perdite, è molto aumentato. Per questo motivo le persone e le aziende sono alla ricerca di porti più sicuri ai quali far approdare i propri investimenti: si parla di oro e preziosi, opere d’arte, e in qualche caso anche di opportunità immobiliari. L’argomento è stato oggetto del convegno “Beni Rifugio: la via d’uscita dalla crisi finanziaria”, organizzato da Banca&Mercati, che si è tenuto a Milano lo scorso 7 maggio.
Il quadro: bello e profittevole, con le giuste accortezze L’investimento in arte è stato presentato da Pietro Ripa, dirigente Area Pianificazione strategica, research e I.R. di Banca Mps. “Chi acquista in arte, un mercato che oggi vale 61 miliardi di dollari, per il 70% sceglie di acquistare in pittura, con l’avvertenza che, a livello mondiale, l’attenzione del pubblico (e soprattutto la sua capacità di investimento) 60
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diventa più efficiente attrae un numero sempre maggiore di soggetti”.
Interventi e relatori
Quando il lingottino vale
• INTRODUZIONE di Andrea Bigi, Chairman e Direttore di Banca&Mercati
Oro da vendere o acquistare? Il suggerimento degli esperti è quello di rivolgersi solo ai negozi che aderiscono all’Associazione Nazionale Operatori Professionali Oro. Il gruppo, nato nel 2010, ha proprio lo scopo di tutelare sia le aziende che i privati, proponendo un servizio serio, con quotazioni reali e documentazione a disposizione. “Nel 2011, Spiega Andrea Zironi, presidente dell’associazione nonché amministratore unico di Studio 18 Karati, l’intero settore dell’oro è cresciuto del 2%, mentre l’oro da investimento è cresciuto del 36 per cento. I nostri associati consigliano l’acquisto dell’oro - la cui quotazione è salita dal 1978 al 2000 passando da 200 dollari l’oncia a 2.000, attestandosi ora sui 1.600 dollari - sia come bene rifugio che come strumento per fare trading. Si tratta di un buon prodotto per proteggere i propri risparmi e diversificare e normalizzare il portafoglio. I lingotti dello Studio 18 Karati vanno dai 5 grammi al chilo, e sono completamente tracciati a livello di materia prima utilizzata”. Dell’oro da investimento si occupa anche Unione Fiduciaria, dopo aver notato che il prezioso giallo era oggetto di ingenti quote di capitali scudati da parte di clienti italiani. Fabrizio Vedana, vicedirettore generale della società, spiega le tipologie di investimento legate all’oro: “Si va dal lingotto al fondo di investimento. L’oro fisico può essere acquistato o dai privati o presso alcune banche, attraverso un contometallo, in grado di produrre la documentazione in linea con le richieste della Banca d’Italia. Da un punto di vista fiscale, l’oro è allineato agli altri strumenti finanziari”.
• INVESTIRE IN ARTE: LUSSO O OPPORTUNITÀ? Pietro Ripa, Dirigente Area Pianificazione Strategica, Research e I.R., Banca MPS • ORO: IERI E OGGI, Andrea Zironi, Presidente Associazione Nazionale Operatori Professionali Oro • ORO: ASPETTI LEGALI E FISCALI, Fabrizio Vedana, Vice Direttore Generale Unione Fiduciaria • RENDIMENTI. ORO: COME, QUANDO E QUANTO INVESTIRE, Andrea Zironi, Amministratore Unico Studio 18 Karati S.p.A. • L’ARTE COME ALTERNATIVE ASSET CLASS: CERTIFICAZIONE E TRACCIABILITÀ,
Edoardo Didero, Amministratore Delegato di ArtNetWorth • L’ARTE, DA MERCATO DI SPESA A MERCATO DI INVESTIMENTO,
E poi c’è il caro mattone
Claudio Borghi, Professore di Economia e Mercato dell’arte, Università Cattolica
Un’alternativa interessante alla finanza è rappresentata ancora dal mattone perché, spiega Francesco Assegnati di Assoimmobiliare, continua a tenere nel medio-lungo periodo. “Dal punto di vista delle opportunità degli immobili legate agli strumenti finanziari anche l’Italia si sta adeguando agli standard europei, attraverso la creazione di fondi immobiliari e società di investimento quotate. Questi strumenti, secondo il volere del legislatore, dovrebbero essere appetibili dal punto di vista fiscale”. Secondo Marzia Morena, architetto Rics Italia, anche nel settore immobiliare, così come accade per l’oro e per l’arte, occorre puntare sulle stesse tematiche: qualità, trasparenza, regole. “Questo per uniformare il mercato a livello internazionale, e sfruttare il patrimonio italiano per uscire dalla crisi. Solo con la creazione di standard,
• STRUMENTI FINANZIARI E SERVIZI IMMOBILIARI: LA VIA D’USCITA DALLA CRISI FINANZIARIA,
Francesco Assegnati, membro del Comitato Scientifico di Assoimmobiliare, Marzia Morena, Architetto RICS Italia
da adottare tutti insieme, sarà possibile eseguire l’esatta valutazione di un immobile, e parametrarsi non solo a livello nazionale, ma planetario, dato che oggi il mercato è rappresentato dal mondo intero”. 61
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