n. 4 / febbraio marzo 2011
editoriale
Vade retro, patrimoniale!
storie di business Gruppo Bassilichi / Emc Italia
interviste
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Flash News
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Focus corner • L'anno del decoupling / Trevor Greetham, Fidelity Investment Managers
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• Un altro anno no per i contrarian? / Ad Van Tiggelen, Ing Investment Management
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• La sfida del rifinanziamento per le banche europee / Chantana Sam, Axa Investment Managers
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• Il sistema dei modelli organizzativi per prevenire reati non è incostituzionale / Maurizio Arena, studio legale Arena
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• Antiriciclaggio e cultura del controllo: la tesi e l’antitesi / Ranieri Razzante, Aira
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• La crisi dei Pigs? Un déjà vu da cui si può uscire / Florian Esterer, Swisscanto Asset Management
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Interviste
• Dinamismo prima di tutto, Antonio di Salvo e Filippo Foi di Europ Assistance
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News&Eventi • Intesa Sanpaolo fa crescere le Pmi di Milano
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• Il credito al consumo tra prudenza e maturità
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• La user experience si vive anche in banca
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• Le banche e l’economia “low carbon”
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• Quando la crescita è bipolare
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n.4 febbraio - marzo 2011
• Meglio puntare sulle azioni
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• Ma quanto costa il ripristino dei sistemi It
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• Tra carte di debito e prepagate
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• Solvency II? Costa troppo
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Carriere
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Storie di business • Gruppo Bassilichi: Triveneto Bassilichi vuol dire monetica
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• Emc Italia: I dati, il cloud e lo storage per il mondo finance
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Stile • Vorrei ma posso: la vacanza benessere
Banca&Mercati è un periodico on line Registrazione presso il Tribunale di Milano, n. 291 del 26/05/2010 Banca&Mercati è una testata di Business Gallery di Andrea Bigi, P.Iva IT07041300968 C.F. BGINDR69H16E897M Anno II numero 4 febbraio - marzo 2011
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Editoriale
Vade retro, patrimoniale!
Andrea Bigi, direttore di Banca & Mercati
Nelle scorse settimane si è improvvisamente riaperto il dibattito politico su un provvedimento fiscale che quasi tutti gli italiani, dai più onesti contribuenti agli evasori più incalliti, considerano come un vero e proprio spauracchio: la tassa patrimoniale. Intendiamoci, qualsiasi tassa è per natura “antipatica” e mal digerita da chi deve pagarla, ma l’imposta patrimoniale presenta un vizio d’origine che la rende insopportabile agli occhi dei più: non si applica al cittadino nel momento in cui consuma (come l’Iva) o si guadagna da vivere (come l’Irpef ), ma su quanto ha accumulato nel corso della sua vita, avendoci quindi teoricamente già pagato sopra tutti i tributi del caso. Appare quindi come un prelievo forzoso, una sorta di “furto legalizzato” come ad esempio fu vista la famigerata Ici sugli immobili. E’ ovvio che a temerla maggiormente siano i possessori di patrimoni cospicui, il che spiega anche perché questo genere di imposta sia sempre stato un cavallo di battaglia di una certa sinistra e del suo obiettivo di redistribuire la ricchezza attraverso la leva fiscale. Non stupisce pertanto che il primo a rispolverare il tema della patrimoniale sia stato proprio l’ex presidente del consiglio Giuliano Amato, ossia chi alla guida del Governo nel luglio del 1992, in piena emergenza Tangentopoli e con la lira sotto scacco degli speculatori, decise di prelevare dai conti correnti di tutti gli italiani il 6 per mille da ogni deposito. Oggi, quasi vent’anni dopo, secondo Amato è venuto il momento di un altro sacrificio per gli italiani, in modo da abbattere la voragine del debito pubblico che sta strangolando la nostra economia e anche il nostro futuro, visto che sulla testa di ogni contribuente pende un fardello di oltre 30mila euro. Senza entrare nel merito delle varie proposte di patrimoniale che si sono via via succedute, la domanda da porsi è probabilmente una sola: ha senso un provvedimento di questo tipo? Una gigantesca “una tantum” patrimoniale che tagliasse il debito di almeno un terzo sarebbe capace di risanare davvero l’economia oppure si tratterebbe piuttosto di un sostanzioso palliativo, unicamente in grado di fornire più libertà di manovra ai politici, ad esempio rinnovando la possibilità di agire sul debito pubblico per incrementare la crescita? Il punto ineludibile è che, restando così le cose, prima o poi si renderà necessario affrontare il problema del debito pubblico. E le “cose” che probabilmente non cambieranno sono: la crescita del Pil estremamente contenuta, pur in presenza di tassi d’interesse ormai prossimi allo zero, e uno stato sociale sempre più oneroso e insostenibile per
un Paese con un tasso d’invecchiamento sempre più accentuato. Queste sono problematiche comuni a tutte le grandi democrazie occidentali, e chi per puro spirito di critica si attacca all’esempio dei paesi nordici, che la questione dello stato sociale non se la pongono nemmeno, dimentica che non si possono confrontare con l’Italia paesi come la Norvegia (cinque milioni di abitanti e un mare di petrolio) oppure la Svezia (enormi risorse minerarie e una popolazione inferiore a quella della Lombardia). Le differenze fra l’Italia e i suoi principali partner europei (Germania, Francia, Gran Bretagna) sono tre: una cronica deficienza del Sistema Paese, che impedisce di tenerne lo stesso passo sul piano della crescita, la spada di Damocle del debito pubblico, che di fatto impedisce ai governi di utilizzare la leva fiscale per favorire l’economia, e una fortissima incidenza sul Pil (nell’ordine di quasi il 25%) dell’economia sommersa, il che produce un livello intollerabile di evasione fiscale. Appare quindi evidente che la via maestra per uscire da questa situazione, oltre alla lotta agli evasori, sarebbe quella di attuare finalmente quelle riforme di cui il Paese ha bisogno per recuperare la competitività perduta nel corso degli ultimi decenni. Ma è altrettanto ovvio che, nel clima politico che da troppi anni si respira in Italia, è impossibile attendersi una riforma realistica ad esempio dello stato sociale fatta da una sola parte con la tacita approvazione dell’altra. L’utilizzo in chiave populistica della “piazza”, lo abbiamo visto e rivisto anche troppe volte, sarebbe assolutamente inevitabile da parte dell’opposizione del momento, compromettendo sul nascere l’esito di qualsiasi progetto riformatore. L’unico modo per fare queste riforme è dunque attraverso l’accordo di tutte le forze politiche, magari sulla scorta di un salomonico “pareggio” elettorale. L’alternativa all’orizzonte è l’una tantum patrimoniale, che nessun governo annuncerà mai in campagna elettorale né in qualsiasi documento di programmazione economica, perché farebbe ovviamente uscire dal Paese ingenti quantità di capitali, ma realizzerà “a sorpresa” come nel ‘92. Senza però risolvere davvero i problemi. La patrimoniale del Governo Amato intendeva innanzitutto lanciare un segnale ai mercati per salvare la lira dagli attacchi speculativi, ma nel giro di qualche mese la nostra moneta fu comunque costretta a uscire dal Sistema Monetario Europeo. Andrea Bigi 7
Il mercato dei pagamenti cresce nonostante la crisi. Ma la Sepa è ancora lontana “A quasi tre anni dalla partenza del nuovo bonifico Sepa, dice Massimo Arrighetti di Sia-Ssb, la quota in Europa è inferiore al 10%, mentre in Italia siamo addirittura al 3 per cento” Carlo Tresoldi, presidente di Sia-Ssb
in Italia siamo addirittura al 3 per cento”. Secondo Carlo Tresoldi, presidente di Sia-Ssb, le difficoltà nel recepimento della Direttiva sui servizi di pagamento negli ordinamenti nazionali dei diversi Paesi dell’Area euro hanno posticipato i tempi di realizzazione della Sepa. “In tal senso va giudicato positivamente l’intervento della Commissione Ue che, su richiesta del mercato e delle banche centrali, ha evidenziato la necessità di stabilire con precisione una data finale entro cui i bonifici e gli addebiti diretti standardizzati a livello europeo dovranno sostituire quelli domestici. Tuttavia, la Commissione ha al tempo stesso stabilito anche i cosiddetti ‘essential requirements’, ovvero una serie di standard tecnici che dovrebbero caratterizzare Massimo Arrighetti, amministratore delegato di SiaSsb
I volumi dei pagamenti nella Ue? Nonostante la crisi sono cresciuti del 4%, come indica il World Payments Report 2010 realizzato da Capgemini, Rbs ed Efma. Il rapporto, che è stato presentato in occasione del convegno “Do You Sepa? - Drawing the future of the European payments market” a cura di Sia-Ssb, evidenzia che le carte rimangono lo strumento preferito di pagamento non-cash, con una copertura di oltre il 40% nella maggior parte dei mercati e del 58% a livello globale. Nel 2009 sono stati fatti passi avanti verso il raggiungimento della Sepa (Single Euro Payments Area), ma il cammino è ancora molto lungo, come afferma l’amministratore delegato di Sia-Ssb Massimo Arrighetti: “L’Europa è in ritardo nella realizzazione della Sepa, perché non si è costituita la massa critica per un unico, vero sistema dei pagamenti. I numeri, purtroppo, non ci sono ancora: basti pensare che a quasi tre anni dalla partenza del nuovo bonifico conforme agli standard Sepa, la quota in Europa è inferiore al 10%, mentre
i nuovi strumenti di pagamento, ma che non sono completamente omogenei rispetto agli standard unici adottati finora dalle banche commerciali. Ciò significa dare enfasi alle differenze, con il rischio che ciascun soggetto mantenga i propri sistemi e con il conseguente declino del progetto Sepa”. 8
Flash news
Ti rubo l’identità e ne faccio ciò che voglio Secondo l’Osservatorio sulle Frodi Creditizie di Crif, nel primo semestre 2010 i casi di frode creditizia sono stati circa 11mila: +9% rispetto al 2009
parte dei furti di identità viene scoperta dopo oltre sei mesi per cui, senza un sistema di detection della frode, qualunque servizio – anche di tipo assicurativo – risulterebbe totalmente inefficace per proteggere il consumatore”.
Se le rapine alle banche sono poche, è perché i furti si stanno spostando direttamente sui clienti per colpa delle frodi creditizie. Secondo l’Osservatorio sulle Frodi Creditizie realizzato da Crif, nel primo semestre 2010 i casi di frode creditizia siano stati circa 11mila (+9% rispetto al primo semestre 2009), per un importo complessivo pari a oltre 92 milioni di euro (+7% rispetto al 2009). Meglio non parlare dei tempi necessari per scoprire la frode: solo nel 21% dei casi sono sufficienti sei mesi. Per molti altri casi ci vogliono 2-3 anni (15 per cento). Le frodi sono molto frequenti in Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia. Il loro oggetto? I prestiti finalizzati (71%), per acquistare soprattutto auto e moto. L’aumento del fenomeno, specie negli ultimi anni, è da ricondursi all’uso massiccio di Internet (oggi oltre il 51,7% degli italiani si connette alla rete), con impatti diretti sulle dinamiche di socializzazione, sui comportamenti di acquisto e, soprattutto, sulla circolazione dei dati personali. Basti pensare che 16,5 milioni di italiani sono iscritti e attivi su Facebook.
Fonte: Osservatorio CRIF sulle frodi creditizie
Tre nuovi prodotti per il credito agricolo da Unionfidi Piemonte e Cariparma Forniranno alle aziende del Nord-Ovest la liquidità necessaria per migliorare il proprio posizionamento competitivo Sono dedicati alle aziende associate del territorio i prodotti che consentono un più facile accesso al credito proposti da Cariparma grazie a un accordo con Unionfidi Piemonte. Gli ultimi tre nati sono un medioprestito agrario, un mutuo ipotecario agrario e un prestito di conduzione-sconto cambiale agraria, che si aggiungono alle opportunità proposte nel settore della Green Economy. Le tre soluzioni, messe a punto grazie a un tavolo di confronto continuo, permettono di rispondere alle principali esigenze emerse dalle imprese a seguito degli accordi stipulati da Unionfidi con Confagricoltura Piemonte e Coldiretti Nordovest. In sostanza, consentiranno alle aziende di disporre della liquidità necessaria per migliorare il proprio posizionamento competitivo. “Dall’inizio della crisi, spiega Giovanni Borlenghi, responsabile Servizio Filiere Produttive e Credito Agevolato di Cariparma, la collaborazione con i Confidi si è rafforzata e sviluppata, consentendo alla banca una ulteriore crescita degli impieghi a sostegno dell’economia, ed in particolare delle Pmi, in un contesto economico di estrema difficoltà. L’attenzione di Cariparma verso il comparto agroalimentare, che ha visto tra l’altro l’avvio nel corrente anno di una business unit dedicata, ha portato all’inserimento in convenzione con Unionfidi Piemonte dei prodotti specifici per il comparto agricolo e dell’intera filiera agroalimentare.”
Fonte: Osservatorio CRIF sulle frodi creditizie
Per rispondere a questa minaccia Crif ha annunciato il lancio di Sicurnet. Tramite questo servizio di protezione dei dati sulla rete il consumatore può controllare e monitorare in ogni momento la circolazione dei propri dati personali e finanziari sul web e valutare se siano esposti in maniera troppo estesa (ad esempio sui social network) o, peggio, siano oggetto di appropriazione indebita da parte di terzi e stiano circolando in ambienti web ritenuti ad alto rischio (ad esempio nelle chat room o nei forum nascosti dove avviene la commercializzazione di dati personali e finanziari carpiti dalle organizzazioni criminali spesso attraverso software malevoli). “Per prevenire possibili furti di identità, che potrebbero concretizzarsi in una frode, spiega Beatrice Rubini, responsabile della direzione Consumer di Crif, è fondamentale che i consumatori accrescano il livello di consapevolezza riguardo questo fenomeno criminale, non sottovalutando i rischi connessi a comportamenti ormai abituali, come la comunicazione di propri dati e informazioni personali su Internet. Bisogna infatti considerare che buona 9
Flash news
Icbpi-Equens: al via la fase 2 della partnership Equens Se acquisisce il 50% del capitale di Equens Italia, detenuto da Icbpi, arrivando così a detenere il 100% della società.
Per le microimprese è finito il tempo del pessimismo L’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici di Crif Decision Solutions-Nomisma evidenzia un recupero nella disponibilità a investire
Ha preso il via la seconda fase del progetto di partnership, avviato nel 2008, tra Icbpi (specializzata in servizi e sistemi di pagamento nazionali e internazionali Sepa compliant, e servizi amministrativi e finanziari) ed Equens Se, società che opera nel processing dei sistemi di pagamento. In questa seconda fase Equens Se acquisisce il 50% del capitale sociale di Equens Italia, detenuto da Icbpi, arrivando così a detenere il 100% della società. Nello stesso tempo, Icbpi incrementa la propria quota in Equens Se dall’attuale 10% al 20%, divenendo il secondo socio di Equens Se dopo Dz Bank. “Le positive evoluzioni di oggi, dichiara Giuseppe Capponcelli, direttore generale Icbpi, sono la più concreta dimostrazione della bontà della scelta fatta tre anni fa. L’alleanza tra il nostro Gruppo e Equens SE è maturata nella piena condivisione dei medesimi
L’Osservatorio Crif Decision Solutions-Nomisma sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici, giunto alla sedicesima edizione, riscontra che nel 2010 è calato il numero delle aziende che hanno investito (25,3%) rispetto al 2009 (26,6%), anche se il trend negativo del periodo si sta attenuando. Il calo degli investimenti effettuati dai Poe nel 2010 si lega nella percezione dei microimprenditori alla generale contrazione della domanda e al quadro economico negativo. Secondo il 67% dei Poe, il principale ostacolo alla crescita deriva da una generalizzata diminuzione della domanda, che dipende primariamente dalla condizione economica nazionale, e dall’andamento negativo del settore nel quale le imprese operano, mentre l’ingresso nel mercato di nuovi concorrenti è percepito come ostacolo secondario. In ogni caso i Poe (soprattutto le microimprese del Nord-Est e del Centro) iniziano a sperare maggiormente nel futuro: il 25,6% prevede infatti di effettuare investimenti nel 2011. Tuttavia, il clima di relativa incertezza sta determinando l’adozione di strategie rivolte sia al rafforzamento dell’efficienza finanziaria aziendale, sia al consolidamento del proprio business all’interno del mercato di riferimento. Infatti, se nel 2010 gli operatori hanno destinato una maggiore quota di risorse principalmente all’acquisto di macchinari e attrezzature e al rafforzamento della sicurezza aziendale, saranno proprio queste le voci di investimento che in futuro subiranno la riduzione più consistente (rispettivamente dal 24,6% del 2010 al 17,5% del 2011 e dal 23,3% al 16,8%); al contempo, aumenteranno gli investimenti a carattere immateriale, come quelli finalizzati alla ricerca di nuovi mercati (dall’8,7% del 2010 al 12,4% del 2011) e al rafforzamento dell’area finanziaria (dal 10,0% del 2010 al 12,1% del 2011). Per quanto riguarda il credito bancario, infine, gli impieghi erogati alle imprese nei primi sei mesi del 2010 hanno continuato a mostrare un certo rallentamento, con valori prossimi allo zero (-0,3%). Si registra però una situazione divergente: gli impieghi delle imprese individuali sono in crescita (+5,2% a giugno 2010) rispetto a dicembre 2009, mentre quelli delle società non finanziarie fanno registrare un valore negativo, seppur in lieve miglioramento (-0,9% a giugno 2010) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In compenso, cominciano a essere rilevati i primi segnali di miglioramento sul fronte della qualità del credito concesso alle microimprese rispetto al deciso deterioramento che emergeva a fine 2009 e nel primo trimestre 2010.
Giuseppe Capponcelli, direttore generale Icbpi
ideali e obiettivi di crescita. Ricoprire la posizione di leadership nell’industria dei pagamenti in Europa, attraverso l’eccellenza del servizio, l’attenzione ai nuovi standard e all’innovazione, per garantire alle banche italiane un approccio sempre più competitivo al mercato, resta oggi come allora il nostro principale, comune obiettivo”. In coincidenza con il cambiamento della struttura di governance di Equens Se ed Equens Italia, Icbpi ha incrementato la propria rappresentanza nel supervisory board di Equens Se da uno a due membri. Si è aggiunto infatti al vicepresidente di Icbpi, Roberto Romanin Jacur, il direttore generale di Icbpi Giuseppe Capponcelli, che ha mantenuto anche l’incarico di consigliere di Equens SpA. Inoltre, Alessandro Baroni è stato nominato membro del board of directors di Equens Se con la carica di amministratore delegato di Equens SpA.
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Flash news
Previsioni Abi: le banche e lo scenario economico del prossimo biennio L’utile netto delle banche segnerà una lieve ripresa pari a 5,5 miliardi di euro nel 2011-2012, mentre il Roe raggiungerà nel 2012 un livello del 3,3 per cento
nel 2012 un livello del 3,3%, valore comunque ancora inferiore ai livelli pre-crisi. Infine, il Rapporto Abi rileva una significativa contrazione del margine di interesse (-3,4%) nel 2010 e una ripresa nel biennio 2011-12. Per il margine di intermediazione è previsto, dopo un calo dello 0,3% per il 2010, un aumento medio annuo del 2,8% nel biennio 2011-12 (ritmo coerente con la debole fase congiunturale) pari a un apporto di risorse reddituali per 4,5 miliardi di euro.
L’Italia risente ancora delle incertezze congiunturali, perciò la crescita economica del Paese nel 2010 dovrebbe attestarsi attorno all’1%, nel 2011 allo 0,9% e nel 2012 all’1,3 per cento. E’ il quadro tracciato dal Rapporto di Previsione Afo-Financial Outlook 2010-2012 dell’Abi. Negativi invece i dati per il 2011 del mercato del lavoro, con un tasso di disoccupazione all’8,5%, che potrebbe scendere all’8% nel 2012. Quanto al tasso d’inflazione, dovrebbe stabilizzarsi all’1,5% nel biennio 2010-2011, con un lieve incremento nel 2012. In questo scenario difficile, sottolinea Abi, le banche restano solide continuando a fornire credito a famiglie e imprese. Gli impieghi al settore non finanziario dovrebbero crescere nel 2010 a un tasso del 2,2%, simile a quello del 2009, per poi crescere poco meno del 5% nel biennio 2011-2012. In particolare, presenta variazioni positive e in accelerazione il flusso di prestiti alle imprese: da una riduzione annua del 2,3% nel 2009 a tassi di espansione del 4,9% nel 2012. In ogni caso, il ciclo economico attuale determinerà un ulteriore incremento del 10% delle sofferenze bancarie per il 2011 (dopo la crescita di oltre il 20% nel 2010) per poi attenuarsi nel 2012 stabilizzandosi al -1,7 per cento. Dopo una riduzione del 29% nel 2009, l’utile netto delle banche potrà segnare una lieve ripresa pari a 5,5 miliardi nel 2011-2012, mentre il Roe raggiungerà
Frodi d’identità, il rischio è dietro l’angolo Una ricerca commissionata da Cpp Italia a Unicri rivela che nell’ultimo anno un italiano su quattro sarebbe stato esposto a un potenziale furto d’identità Addirittura un italiano su quattro sarebbe stato esposto, nell’ultimo anno, a una potenziale frode di identità. Lo indica una ricerca commissionata da Cpp Italia all’Unicri, l’agenzia delle Nazioni Unite che ha lo scopo di supportare i paesi nella prevenzione del crimine. L’indagine rivela come ben l’80% degli 800 intervistati sia preoccupato dal fenomeno, e tuttavia da qui a porre in essere tecniche di difesa efficaci il passo è ancora lungo. A essere considerato fumoso è il concetto stesso di “furto di identità”, così come l’iter da seguire per essere supportati in caso di frode. Si rivela contraddittorio, inoltre, l’atteggiamento vissuto nei confronti del web, che da una parte viene ritenuto luogo “pericoloso” dal quale tutelarsi con appropriate difese (in realtà piuttosto blande, Walter Bruschi, managing director di Cpp Italia a parte l’uso dell’antivirus), e dall’altra è considerato il “luogo” preferito dove effettuare operazioni potenzialmente rischiose, quali rilasciare proprie informazioni personali, eseguire transazioni economico-finanziarie e scambiare informazioni “personali” con amici. “Attivarsi da subito per prevenire il furto d’identità è nell’interesse del consumatore, ma anche dell’intero Sistema Paese, dichiara Walter Bruschi, managing director di Cpp Italia. Infatti, nel momento in cui il consumatore perde la fiducia e riduce anche l’utilizzo delle carte di credito - sfiducia che viene poi trasmessa alla propria comunità di riferimento anche grazie agli strumenti Web 2.0 che favoriscono la condivisione di informazioni, quali social network e chat - ciò determina un danno a catena per tutto il sistema economico”. A questo proposito, Cpp Italia ha messo a punto il prodotto Cpp Identity Protection, che rappresenta la prima soluzione assicurativa e di servizio completa in Italia per proteggersi contro il furto d’identità, a partire dalla prevenzione fino alla risoluzione e al ripristino dell’onorabilità. 11
Flash news
I banchieri cinesi in Italia Il colosso Icbc ha aperto una filiale a Milano
Acquisire nuovi clienti è più facile Con la nuova versione di Delphi for New Business di Experian È lo strumento che permette di capire come evolveranno i rapporti di credito dalla richiesta di finanziamento ai 12 mesi successivi sulla base delle posizioni censite nel Sistema di Informazioni Creditizie di Experian. Rende inoltre più efficace la politica di acquisizione di nuovi clienti a parità di rischio di insolvenza, ponendo in essere adeguate politiche di responsible lending. E’ ciò che offre la nuova versione di Delphi for New Business di Experian. A essere analizzate dalle griglie della soluzione sono non solo le informazioni socio-demografiche del richiedente, ma anche i comportamenti del soggetto, per sapere quali decisioni prende e conoscere la storia dei suoi pagamenti. “Nella fase economica attuale, commenta Cristina Iacob, business manager della divisione Cristina Iacob, business manager della divisione Consumer Consumer Information di Experian Information di Experian, condurre politiche commerciali più incisive di sviluppo del portafoglio clienti a parità di rischio di credito è un fattore fondamentale di crescita per banche e finanziarie. La nuova versione di Delphi for New Business permette di farlo in condizioni di assoluta sicurezza e rispetto del richiedente, rispondendo e innovando anche su questo fronte”.
Jiang Jianqing, presidente di Icbc
Icbc, la più grande banca commerciale cinese (vanta oltre 16mila sportelli nel mondo per 235 milioni di clienti, ed è leader globale per capitalizzazione di borsa), ha aperto una filiale a Milano. Il lancio della filiale italiana rientra in un progetto più ampio di espansione europea di Industrial and Commercial Bank of China incentrato sull’attivazione di cinque nuove filiali nel Vecchio Continente: oltre a Milano, Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Madrid. Icbc, dal proprio quartier generale europeo in Lussemburgo, metterà a disposizione di clienti cinesi ed europei servizi finanziari come depositi, prestiti, trade finance e investment banking. L’obiettivo, ha affermato il presidente Jiang Jianqing, è “intercettare le opportunità di vendita di servizi derivanti da un volume d’affari tra Cina ed Europa che nei primi dieci mesi del 2010 ha raggiunto un valore di 388,4 miliardi di euro. Del resto, Icbc ha sempre rivolto un’attenzione particolare al potenziale di crescita nel lungo periodo del mercato europeo e anche se recentemente l’Euro e il mercato europeo hanno incontrato alcune difficoltà l’Europa rappresenta ancora una delle maggiori realtà politiche ed economiche del mondo”.
Banca&Mercati .com aggiornamenti in tempo reale con approfondimenti e interviste 12
Flash news
Banca, abbiamo elaborato il software GSL (Gestione Sicurezza Lavoro), che è divenuto un modello anche per altre banche. Grazie al programma, utilizzabile da tutti i dipendenti tramite la intranet aziendale, è possibile consultare la documentazione sulla prevenzione e ricevere un’efficace formazione per il miglioramento della qualità degli ambienti di lavoro, del lay-out e dell’ergonomia delle postazioni di lavoro. I colleghi possono inoltre verificare la funzionalità e la manutenzione di immobili, impianti, macchine e attrezzature. Soprattutto, il software consente di coinvolgere direttamente tutti coloro che lavorano nel nostro centro direzionale e nelle nostre filiali in un progetto condiviso, che ha come obiettivo la diffusione della cultura della sicurezza e favorire un impegno concreto da parte di tutti”.
La sicurezza sul lavoro premia Veneto Banca Il riconoscimento attesta che l’istituto garantisce ai dipendenti e ai clienti ambienti sicuri e una migliore gestione delle emergenze Veneto Banca, seconda in Europa dopo Monte dei Paschi di Siena, ha ottenuto da parte della società CisqCert di Milano la certificazione relativa alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (BS OHSAS 18001:2007, British Standard Occupational Health and Safety Assessment). Il riconoscimento, per il settore di accreditamento EA 32, conferma che l’istituto garantisce ai dipendenti e ai clienti ambienti sicuri e una migliore gestione delle emergenze, come si è effettivamente verificato nel caso dell’alluvione
Intesa Sanpaolo con le imprese italiane in Arabia Saudita Siglato un accordo di cooperazione con Bank Saudi Fransi, prima banca saudita con oltre 100 filiali Intesa Sanpaolo ha siglato con Bank Saudi Fransi un accordo di cooperazione a sostegno delle imprese italiane interessate a sviluppare piani di ingresso produttivo e rapporti commerciali nel Paese. Bank Saudi Fransi è la prima banca in Arabia Saudita con oltre 100 filiali e 2.400 dipendenti. L’accordo è stato stipulato in occasione della prima missione organizzata da Confindustria, Abi, Ice e dal Governo italiano in Arabia Saudita. Il sistema imprenditoriale italiano ha in progetto per il prossimo triennio di raggiungere un livello di interscambio tra i due paesi pari a 10 miliardi di euro. “Al fine di sostenere il nostro sistema imprenditoriale, dichiara Marcello Sala, vicepresidente esecutivo del Consiglio di Gestione di Intesa Sanpaolo, che proprio in occasione di questa missione si è dato come obiettivo per il prossimo triennio il raggiungimento di un livello
Da sinistra: Mauro Gallea, Vice Direttore Generale di Veneto Banca; Fabio Roversi, Direttore Generale CisqCert; Massimo Lembo, Responsabile Direzione Compliance di Veneto Banca.
in Veneto pochi mesi fa. “Questo riconoscimento, afferma Mauro Gallea, vicedirettore generale di Veneto Banca, conferma l’impegno del nostro Gruppo nel garantire ai dipendenti e ai clienti ambienti idonei e sicuri, condizioni che spesso vengono date per scontate, ma sono invece frutto di importanti investimenti. Seguire standard internazionali ha consentito di rafforzare ulteriormente le nostre attività di prevenzione e la gestione delle emergenze, garantendo adeguati livelli di continuità operativa in caso di eventi disastrosi”. Per ottenere miglioramenti sistemici e continui di prestazione complessiva, il sistema di gestione di Veneto Banca è stato integrato con il modello di organizzazione previsto dal D.Lgs. 231/01 in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni. “Al nostro interno, evidenzia Lamberto Tentonello, responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dei Veneto
di interscambio tra i due paesi pari a 10 miliardi di euro, Intesa Sanpaolo ha sottoscritto un importante accordo per accompagnare e assistere le imprese italiane in Arabia Saudita fin dalle fasi iniziali dei loro progetti di internazionalizzazione. L’intesa raggiunta con la principale banca saudita è la dimostrazione delle consolidate relazioni raggiunte dal Gruppo a livello internazionale e dell’importante capacità di offrire prodotti e servizi studiati appositamente per la crescita del nostro tessuto imprenditoriale, in tutti i principali mercati del mondo”. 13
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L’anno del decoupling Trevor Greetham, direttore Asset Allocation e gestore dei fondi Multi Asset Strategic di Fidelity Investment Managers
Il decoupling dei mercati emergenti rispetto ai paesi sviluppati sarà probabilmente il tema dominante del 2011 e la maggior parte delle opportunità di crescita saranno nel settore azionario dei mercati emergenti e in quello delle materie prime
L’anno che si sta concludendo è stato caratterizzato da due fenomeni di ampia portata che hanno influito sui mercati: la crisi del debito sovrano nell’Eurozona e la risposta delle Autorità al rallentamento della crescita nei mercati sviluppati. Il 2011 sarà probabilmente soggetto a un decoupling (disaccoppiamento dei mercati, ndr) ancora più netto fra economie sviluppate ed emergenti, con aumenti significativi dei prezzi delle materie prime che metteranno alla prova le banche centrali impegnate nel tentativo di superare la difficile fase congiunturale.
I governi dei paesi sviluppati devono affrontare il problema del livello di indebitamento lasciato in eredità dalla crisi finanziaria del 2008. Mentre l’Europa ha scelto la strada dell’austerità per ridurre il deficit, gli Stati Uniti hanno preferito controbilanciare il rischio di deflazione immettendo nell’economia domestica liquidità per 600 miliardi di dollari
2010: risposte diverse alla crisi I governi dei paesi sviluppati devono affrontare il problema del livello di indebitamento lasciato in eredità dalla crisi finanziaria del 2008. Mentre l’Europa ha scelto la strada dell’austerità per ridurre il deficit, gli Stati Uniti hanno preferito controbilanciare il rischio di deflazione immettendo nell’economia domestica liquidità per 600 miliardi di dollari tramite un secondo intervento di quantitative easing (QE2). Paesi come il Regno Unito e gli Usa possono infatti compensare l’impatto negativo dei tagli alla spesa pubblica sia adottando una politica monetaria espansiva sia svalutando la propria moneta e il QE2 deciso dalla Federal Reserve persegue entrambi gli obiettivi. Gli stati periferici dell’Eurozona hanno a disposizione, alla luce del contesto valutario europeo, un numero limitato di possibilità. In queste aree sussiste infatti il rischio che i tagli alla spesa si traducano in un paradosso, ossia in un aumento del debito pubblico conseguenza di una crescita debole e della diminuita ricchezza delle famiglie in seguito al calo del prezzo degli immobili.
le economie sviluppate. Occorre considerare che i policy maker preferiscono gestire l’inflazione futura piuttosto che affrontare nel breve una spirale deflazionistica. Lo spazio di manovra peraltro non manca, visto che il Consumer Price Index core negli Stati Uniti (indicatore dell’inflazione) è ai minimi storici degli ultimi sessant’anni. Per quanto concerne i mercati emergenti è invece probabile che le autorità continuino ad attuare politiche monetarie restrittive per limitare l’inflazione. La crescita in questi mercati non è infatti ostacolata da limitazioni al credito e la capacità inutilizzata è minima. Inoltre, la persistente debolezza del dollaro Usa abbinata al QE2 rappresenterà uno stimolo per queste economie aumentando le pressioni inflazionistiche. Il decoupling rispetto alle indebolite economie sviluppate dovrebbe sostenere ulteriormente la forza delle valute dei paesi emergenti ed è probabile che i titoli di questi mercati mettano a segno buone performance in assenza di forti politiche restrittive. Al contempo a fine 2010 si sono
Lo scenario del 2011 Lo scenario di base prevede che la crescita delle economie sviluppate rimanga modesta, limitata dalla ridotta disponibilità del credito. I mercati immobiliari sono deboli, la spinta propulsiva della ricostituzione delle scorte si sta affievolendo e pre sto si faranno sentire gli effetti delle misure di austerità. Ci aspettiamo che altre banche centrali, prima fra tutte la Bank of England, seguiranno l’esempio della Federal Reserve e immetteranno altro denaro nel sistema. L’inflazione d’altro canto non è un pericolo concreto per 14
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registrati nei mercati più sviluppati importanti segnali di miglioramento dei livelli di crescita, in particolare con percentuali di disoccupazione in calo negli Stati Uniti e nei paesi del G7 e revisioni al rialzo del Pil da parte degli economisti. La Germania registra attualmente il livello massimo di occupazione mai registrato e, per la prima volta dal 1998, salari reali in aumento oltre alla crescita del Pil, delle esportazioni e delle importazioni. Inoltre le vendite al dettaglio nel Regno Unito e negli Usa sono a buoni livelli e anche la fiducia delle imprese negli Stati Uniti ha registrato un solido miglioramento. Una forte ripresa che coinvolga al contempo i mercati emergenti e quelli più sviluppati non è dunque da escludere. In questo frangente la crescita vivace delle economie maggiormente sviluppate ridurrebbe i potenziali rendimenti degli investimenti nei mercati emergenti, che ciò nondimeno riteniamo si manterrebbero positivi. Inoltre sia in un contesto di decoupling sia in uno di forte crescita globale, le materie prime sarebbero favorite e tenderebbero a un apprezzamento. E’ dunque probabile che i listini dei mercati sviluppati possano sorprendere positivamente una volta che il ciclo industriale riprenderà a marciare, ma potrebbero volerci 3-6 mesi per esaurire le scorte in eccesso e incrementare la produzione. Mantengo un atteggiamento prudente riguardo all’Eurozona poiché la Bce sembra poco propensa a immettere nuovo denaro nel sistema o a procedere a una svalutazione competitiva. La Spagna potrebbe però svolgere un ruolo chiave per determinare un esito migliore. Infatti, nonostante i timori relativi a questo paese, bisogna considerare che un eventuale miglioramento della domanda globale consentirebbe a Madrid di beneficiarne fortemente in virtù del peso per l’economia spagnola del settore manifatturiero e delle esportazioni.
titoli governativi europei potrebbe indurre a elevate oscillazioni dei corsi di questi bond. Questo fenomeno, unito a una crescita dei tassi d’interesse nelle economie dei paesi in via di sviluppo, potrebbe generare perdite sulla parte obbligazionaria dei portafogli. Opportunità crescenti si ravvisano invece per quanto riguarda la componente azionaria in quanto la fiducia delle imprese comincia a crescere e non sconta ancora una possibile ripresa globale. Poiché è probabile che i cicli economici globali si confermino essere di breve durata e che i prezzi rimangano volatili è decisamente opportuno mantenere un portafoglio ben diversificato nel 2011 e adottare un approccio flessibile in termini di asset allocation, in modo da trarre vantaggio dalle opportunità tattiche di cui la congiuntura non sarà certo avara appena le misure annunciate alla fine del 2010 inizieranno, in positivo e in negativo, a fare sentire i propri effetti.
Più opportunità nell’azionario Il decoupling fra i mercati emergenti e quelli sviluppati potrebbe continuare. I paesi emergenti beneficiano sia della domanda interna che dei tassi di cambio competitivi che proteggono l’economia dal deficit di crescita che affligge tuttora l’Occidente. Nel contempo nei paesi più sviluppati a fianco a realtà dinamiche come quella tedesca, ve ne sono altre che presentano incertezze che potrebbero durare ancora 3-6 mesi. I prezzi delle materie prime infine continueranno a salire sia in uno scenario di decoupling sia in uno di crescita globale. La permanente instabilità che affligge il mercato dei 15
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Un altro anno no per i contrarian? Nel 2010, la view degli investitori contrarian non ha pagato. E nel 2011, almeno per quanto riguarda la prima metà dell’anno, lo scenario non dovrebbe cambiare
Ad Van Tiggelen, senior Investment specialist di Ing Investment Management
I problemi del Vecchio Continente
Il consensus degli investitori, in queste prime settimane del 2011, è simile a quello dell’inizio del 2010: bisogna puntare sulle azioni, perché i bond governativi offriranno rendimenti ben poco interessanti. L’anno scorso questa view si è dimostrata corretta, anche se la maggior parte degli investitori ha dovuto aspettare l’ultimo trimestre dell’anno per vedere realizzate le proprie aspettative. Nel 2010, quindi, avere una posizione contrarian (cioè controcorrente: il che significa evitare le azioni che la massa degli investitori sta seguendo per concentrarsi su quelle che sta ignorando, ndr) non ha pagato. Cosa succederà nel 2011?
Il rischio più grande rimane la crisi dell’Eurozona, ma noi siamo convinti che quest’area continuerà a mantenere la sua integrità e la sua forma attuale; inoltre pensiamo che quest’anno le Autorità politiche e monetarie faranno di tutto per scoraggiare nuovi attacchi speculativi del tipo di quelli che lo scorso maggio hanno causato fortissime ripercussioni sui mercati. Qualunque soluzione alla crisi dell’Eurozona richiederà comunque ulteriori spostamenti di denaro dai paesi più virtuosi a quelli più in difficoltà, che potrebbero portare a uno sforamento del tetto di aiuti da oltre 1000 miliardi di euro previsto dall’European Financial Stability Facility, anche se questo potrebbe far crescere il sospetto tra gli investitori che ci siano altri scheletri negli armadi. Un’altra possibile mossa per risolvere la crisi del Vecchio Continente potrebbe essere una massiccia emissione di Eurobond, che farebbe scendere il costo del denaro nei paesi del Sud Europa, ma lo farebbe aumentare in quelli più virtuosi. Sono due strade possibili, entrambe percorribili, ma che richiedono tempo per essere condivise e grossi sforzi per essere attuate. Nel frattempo, la Bce dovrà continuare a guadagnare tempo. A questo proposito, riteniamo più probabile che la Banca Centrale continui a immettere liquidità nel sistema bancario e ad acquistare bond.
Tempo sereno sui mercati Oggi sui mercati il cielo appare sereno. Lo stato di salute delle economie dei paesi sviluppati è buono e gli utili aziendali sono sorprendentemente in rialzo. L’inflazione costituisce un problema solo in alcuni mercati emergenti ma le misure adottate dai policy maker locali sembra stiano riuscendo a contrastarla adeguatamente, anche se potrebbero indebolire temporaneamente il loro tasso di crescita economica dirottando l’attenzione degli investitori verso i paesi sviluppati. Gli Usa continueranno a stampare moneta, almeno fino a luglio. E, in Europa, la ripresa dell’economia tedesca, che riveste un ruolo fondamentale, va oltre le più rosee aspettative degli analisti, persino di quelle dei più ottimisti. Dati questi elementi, il consensus sui mercati azionari è comprensibilmente positivo. D’altro canto, gli investitori contrarian si fanno forza facendo notare che, durante questo terzo anno di ripresa, il rischio di delusione degli utili è in aumento. Inoltre sottolineano i rischi connessi alla lotta all’inflazione nei mercati emergenti, alla mancata ripresa dell’occupazione e del settore privato negli Stati Uniti e, ovviamente, alla persistente crisi causata dagli ingenti debiti pubblici nei paesi periferici dell’Eurozona. Secondo noi queste sono argomentazioni valide che potrebbero portare a fasi di volatilità anche accentuata, ma non giustificano certo un outlook negativo sulle azioni! Dopotutto, il problema dell’inflazione nei mercati emergenti non è stato ignorato e il persistere della disoccupazione negli Stati Uniti, che pure costituisce una minaccia, dall’altro canto contribuisce a mantenere la politica monetaria accomodante.
Meglio le azioni nella prima metà del 2011 Attualmente, non pensiamo che abbia senso, per gli investitori, essere contrarian vendendo azioni e comprando bond governativi; tuttavia con il passare dei mesi le cose potrebbero cambiare. Potrebbero arrivare delusioni sul fronte degli utili aziendali e gli stimoli alla crescita economica varati dai governi potrebbero venir meno. Ci dovremo domandare se le misure di “quantitative easing” decise dalla Fed negli Stati Uniti continueranno anche dopo luglio e se le banche centrali occidentali continueranno a mantenere i tassi così bassi per tutto l’anno. La nostra idea è che la Bce potrebbe essere la prima ad alzarli, magari già verso la fine dell’anno. Tutto ciò considerato, pensiamo che i mercati azionari potranno offrire i migliori risultati nella prima metà del 2011.
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L’unica iniziativa in Italia che dal 1995 propone innovazioni tecniche e di business sulle Carte!
Novità e trend per Carte e Servizi di Pagamento 29-30 marzo 2011, Milano, AtaHotel Executive
27 Relatori, in rappresentanza di..
.. Enti Istituzionali: ‡ EPC - European Payment Council ‡ Consorzio Bancomat
.. Banche e IMEL: ‡ UBI Banca ‡ Intesa Sanpaolo ‡ UniCredit ‡ Webank
‡ Banca Popolare dell’Emilia Romagna ‡ Gruppo Cariparma Friuladria ‡ CartaLIS Imel
.. GDO e Retailer: ‡ Noverca Italia ‡ Nectar Italia ‡ TotalErg ‡ Euronics ‡ Decathlon
‡ Gruppo Coin ‡ Largo Consumo
.. Pubbliche Amministrazioni: ‡ Segreteria di Stato per le Finanze Repubblica di San Marino ‡ ASM Venaria
.. Aziende di Trasporto: ‡ Trenitalia ‡ APS Holding
‡ ATM
In collaborazione con i Centri di Ricerca: ‡ School of Management Politecnico di Milano ‡ CeTIF - Università Cattolica del Sacro Cuore
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La sfida del rifinanziamento per le banche europee In un contesto difficile (rischio sovrano, riforme legislative), gli istituti finanziari europei sono riusciti a rispondere alle imponenti esigenze di finanziamento del 2010 nonostante un volume netto di emissioni negativo. Ma nei prossimi anni le esigenze di rifinanziamento resteranno elevate e le banche dovranno affidarsi maggiormente ai mercati
Chantana Sam, strategist di Axa Investment Managers sulle banche europee
All’inizio del 2010, gli istituti finanziari europei avevano da rifinanziare circa 540 miliardi di euro di debito durante l’anno: 350 miliardi di debito non cartolarizzato e 190 in obbligazioni coperte. Inoltre, queste significative esigenze di rifinanziamento si sono manifestate in un contesto difficile, offuscato da due venti contrari: il rischio sovrano e le riforme legislative. Le banche periferiche sono quelle che hanno risentito maggiormente della crisi sovrana e le più deboli tra di loro, perdendo accesso ai mercati obbligazionari, ma anche a quelli interbancari, sono diventate particolarmente dipendenti dalle operazioni di liquidità della Banca Centrale Europea. Le banche più solide dell’area non hanno avuto difficoltà a collocare le proprie emissioni, ma hanno dovuto affrontare spread relativamente elevati a causa delle incertezze sulla loro esposizione ai titoli sovrani e sul rischio di contagio. Particolarmente intensi i timori sistemici a causa della crisi irlandese. Il dibattito circa il contributo degli investitori obbligazionari delle banche irlandesi ha penalizzato gli spread dei finanziari europei, anche se finora solo i detentori di debito subordinato hanno registrato perdite. Oltre al rischio sovrano, anche le incertezze sulle riforme normative, in particolare Basilea 3, hanno gravato sulle banche. Basilea 3 restringe la definizione di capitale e obbliga le banche a rispettare vincoli di capitale e liquidità molto più stretti, anche se le tempistiche per adeguarsi a queste nuove regole sono relativamente lunghe.
miliardi di euro da rifinanziare quest’anno e 1.620 miliardi nei prossimi tre anni. Quasi la metà di questo debito (750 miliardi) è non cartolarizzato e non garantito (oltre che in gran parte senior). Un quarto è garantito dai governi stessi e corrisponde a un’eredità della crisi finanziaria 2008-2009, quando è stato necessario l’intervento dei governi europei per sostenere i sistemi bancari. Una percentuale significativa di tale debito scadrà quest’anno (130 miliardi), la maggior parte nel 2012 (quasi 200 miliardi). Per le scadenze successive al 2012, i volumi scendono piuttosto drasticamente. Le obbligazioni coperte rappresentano circa il 25% del debito con scadenza nei prossimi tre anni ma comprendono una percentuale più ampia di debito con scadenze più ampie, il che è logico considerandone le scadenze relativamente più lunghe. Ovviamente, l’offerta netta potrebbe continuare a essere negativa nei prossimi anni nel caso in cui le banche continuino a ridurre i bilanci e a diversificare le fonti di finanziamento. Il processo di de-leveraging non potrà però continuare per sempre e le banche probabilmente dovranno fare maggiore affidamento sulle proprie attività di prestito per incrementare le entrate. E’ probabile che i depositi continuino a essere una fonte interessante di finanziamento ma a causa dell’intensificazione della lotta per questi depositi i margini subiranno intense pressioni. Infine, riguardo alle operazioni di liquidità illimitata della Bce, la banca centrale ha insistito sulla loro natura temporanea, anche se le tempistiche di uscita restano incerte
Un impegno imponente
Più emissioni cartolarizzate
Nonostante questi venti contrari, le banche sono riuscite a emettere 405 miliardi di euro di debito nel 2010, con 250 miliardi di euro in debito non cartolarizzato e 155 in obbligazioni coperte. L’offerta netta è dunque stata negativa (soprattutto sul debito non cartolarizzato), ma le banche sono riuscite ad affrontare il divario continuando il “de-leveraging” sui propri bilanci, trovando altre fonti di finanziamento (come i depositi) e utilizzando i finanziamenti della Bce. In questo inizio d’anno, le necessità di rifinanziamento delle banche europee restano considerevoli, con 550
Pertanto, anche presupponendo un’offerta netta negativa, le banche dovranno dipendere maggiormente dai mercati nei prossimi anni e questo in un contesto che resta difficile con la predominanza del rischio sovrano. Inoltre, lo status “sacrosanto” degli investitori in obbligazioni senior è ulteriormente scosso in questa prima parte dell’anno. Infatti, la Commissione Europea ha recentemente proposto una nuova serie di misure volte alla ristrutturazione delle banche in cui sarà richiesto 18
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Le banche periferiche sono quelle che hanno risentito maggiormente della crisi sovrana e le più deboli tra di loro, perdendo accesso ai mercati obbligazionari, ma anche a quelli interbancari, sono diventate particolarmente dipendenti dalle operazioni di liquidità della Banca Centrale Europea
esplicitamente il contributo dei detentori di debito senior di istituzioni bancarie in difficoltà, incassando le perdite, al fine di mantenere la stabilità finanziaria senza costi per il contribuente. Questo processo di bail-in potrebbe essere implementato tramite l’introduzione di una legislazione che consenta alle autorità di svalutare o convertire in azioni tutto il debito non cartolarizzato (analogamente alle leggi votate l’anno scorso in Germania e in Irlanda). Un altro approccio consisterebbe nell’introduzione di clausole di bail-in direttamente in emissioni future di debito. In ogni caso, è stato reso ben chiaro che le proposte di bail-in non coinvolgeranno il debito esistente, ma questo non ha rassicurato gli investitori in quanto gli spread dei finanziari si sono significativamente ampliati (di circa 25 bp) dopo la diffusione della proposta. E’ molto probabile che quest’ultima venga applicata e ciò rappresenterebbe un vero e proprio stravolgimento per i detentori di obbligazioni bancarie senior che fino a oggi godevano dello stesso status dei conto correntisti. Nel complesso, riteniamo che la domanda per il debito senior non cartolarizzato subirà gli effetti negativi di questo nuovo cambiamento di paradigma e che la domanda per i covered bond, che non sarebbero impattati da queste nuove normative, potrebbe ampiamente beneficiarne. Le emissioni fino a oggi nel 2011 sembrano confermare la maggiore rilevanza delle obbligazioni coperte.
2011, solo la metà è denominata in euro. Inoltre, le banche dovrebbero affidarsi maggiormente alle emissioni flottanti poiché la domanda dovrebbe beneficiare di previsioni di tassi d’interesse più elevate. Fino a oggi, il 40% delle emissioni di quest’anno è a tasso variabile. Peraltro, sarà anche interessante vedere se le banche saranno in grado di attrarre la domanda di un nuovo formato di debito subordinato che risponda ai criteri di capitale secondo Basilea 3, vale a dire includendo un’opzione per essere deprezzato o convertito in azioni.
Scenario neutro L’offerta lorda di debito per le banche europee continuerà a essere significativa nei prossimi anni, gravando sugli spread dei finanziari. Ma oltre al volume, conterà anche la composizione della nuova offerta. Le problematiche di bail-in sul debito cartolarizzato (compreso quello senior) dovrebbero favorire la domanda per le obbligazioni coperte. Le banche più solide dovrebbero emettere altra moneta per diversificare le proprie basi di finanziamento. Quanto al debito subordinato, l’esistenza di una domanda per il nuovo formato sotto Basilea 3 resta poco chiara e dovrebbe dipendere molto dal prezzo. Stimare le valutazioni obbligazionarie in un mercato che deve affrontare tali sovvertimenti e che resta ancora molto esposto al rischio sovrano resta chiaramente una sfida e preferiamo rimanere neutrali sul settore nonostante gli spread elevati rispetto ai settori non finanziari.
Come cambiano le emissioni non cartolarizzate Riguardo al debito non cartolarizzato, l’offerta netta potrebbe continuare a essere negativa ma è possibile una sorpresa positiva se le banche scegliessero di anticipare i requisiti di liquidità introdotti da Basilea 3 che le obbligano a dipendere maggiormente dai finanziamenti di lungo termine. Le banche europee in grado di accedere ai mercati in altre valute potrebbero dipendere maggiormente da questi ultimi per diversificare ulteriormente la base dei finanziamenti. Pertanto, tra le 80 transazioni non cartolarizzate emesse fino ad oggi nel 19
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Il sistema dei modelli organizzativi per prevenire reati non è incostituzionale Partendo dalla recente sentenza contro Banca Italease da parte del Gup di Milano, alcune riflessioni sugli assetti organizzativi e procedurali per le società che esercitano attività bancaria
Maurizio Arena, avvocato titolare studio legale Arena nonché curatore del sito www.reatisocietari.it
Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano (D’Arcangelo) ha condannato (udienza 3 novembre 2010) Banca Italease come persona giuridica, ai sensi del d.lg. 231/2001, in relazione ai delitti di false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza e manipolazione del mercato. La banca ha subito una sanzione pecuniaria di €.1.858.800,00 e la confisca del profitto illecito (euro 64.200.000,00). Nel corso dell’udienza è stata eccepita l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 del decreto 231 per difetto di determinatezza e, pertanto, per contrasto con le disposizioni di cui agli artt. 24, 25 e 27 della Costituzione. Secondo la difesa, infatti, il decreto 231 si limiterebbe a postulare l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, “senza tuttavia offrire indicazione alcuna in ordine al contenuto o al grado di specificità che tali modelli devono soddisfare”. L’assenza nell’esperienza giuridica italiana e nella prassi societaria di tali regole cautelari di condotta non consentirebbe all’ente che intenda conformarsi alle prescrizioni del medesimo decreto di rinvenire adeguati parametri normativi o giurisprudenziali per orientare le proprie scelte organizzative. Infine il giudice, tradizionalmente estraneo per formazione e per esperienza alla organizzazione di impresa ed alla governance aziendale, sarebbe privo di sicuri elementi di valutazione per riconoscere l’adeguatezza del modello dopo la realizzazione del reato e, pertanto, sarebbe inevitabilmente influenzato dalla distorsione cognitiva del “post hoc, ergo propter hoc” (l’inadeguatezza del modello deriverebbe automaticamente dalla commissione del reato). La questione è stata ritenuta, per quel che qui interessa, manifestamente infondata. Il Giudice ha evidenziato che il decreto 231 delinea un sistema di corporate compliance incentrato sul “dovere di autocontrollo” dell’ente e su un sistema di incentivi ad adempiere. La previsione dei modelli organizzativi si inserisce in realtà in un quadro sistematico coerente, già presente nel 2001 e successivamente precisatosi in modo ancor più nitido per effetto della riforma del diritto societario del 2003. I modelli organizzativi, pertanto,
vengono ascritti sistematicamente a quelle norme del diritto societario (e in particolare agli artt. 2381 e 2403 c.c.) che sanciscono il “principio di adeguatezza” nel governo societario. Una nota sentenza del Tribunale di Milano ha evidenziato tali collegamenti sistematici, affermando una responsabilità civile degli amministratori da inadeguatezza organizzativa in caso di mancata adozione dei modelli ex decreto 231 (Sezione VIII civile, 13 febbraio 2008 n. 1774). Per usare le incisive parole del Giudicante: “L’agire in conformità a legge è, pertanto, sottratto alla discrezionalità dell’imprenditore e il rischio di non conformità non può rientrare tra i rischi accettabili da parte degli amministratori”. La predisposizione di adeguati assetti organizzativi e procedurali è, inoltre, stabilita, per le società che esercitano attività bancaria, da una pluralità di fonti primarie e sub-primarie (Testo Unico bancario, Testo Unico Finanziario, Istruzioni di Vigilanza). Il contenuto del dovere di auto-organizzazione dell’ente (e dell’onere di adottare modelli organizzativi) è, inoltre, precisato da codici di autodisciplina e da guide lines emesse dalle associazioni di categoria che indicano il contenuto delle misure di prevenzione. Ci si riferisce in particolare alle Linee guida dell’Abi per l’adozione di modelli organizzativi sulla responsabilità amministrativa delle banche, edite nel febbraio 2004. E’ parimenti obbligatoria, per tutti gli intermediari finanziari, l’adozione di modelli organizzativi e di un organismo di vigilanza che permetta di individuare, prevenire e gestire il rischio di commissione di fatti manipolativi del mercato (art. 187-nonies T.U.F.). Ecco perché è stata respinta la prospettazione difensiva: “Il legislatore agli artt. 6 e 7 del decreto 231, delinea un contenuto tipico degli stessi e ciascun ente può mutuare le prescrizioni organizzative di dettaglio dall’insieme della disciplina primaria e sub-primaria di settore, dagli atti di autoregolamentazione vigenti e dalle linee guida emanate dalle associazioni di settore”. Parimenti il giudice chiamato a delibare l’idoneità di un modello organizzativo deve far riferimento alla disciplina di un determinato settore con riferimento al tempo della condotta criminosa in contestazione 20
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(la c.d. prognosi postuma) e verificare quali cautele organizzative siano state adottate dall’ente per scongiurare un dato fatto criminoso e come le stesse in concreto siano state attuate “con riferimento al miglior sapere tecnico disponibile all’epoca”. Il modello cautelare idoneo è, infatti, (come si desume anche dal contenuto dell’art. 30 del Testo unico per la sicurezza sul lavoro) “quello forgiato dalle migliori conoscenze, consolidate e condivise nel momento storico in cui è commesso l’illecito, in ordine ai metodi di neutralizzazione o di minimizzazione del rischio tipico”. Ad avviso di chi scrive la soluzione prospettata può condividersi nei settori già ampiamente regolamentati: si pensi all’attività bancaria, finanziaria, assicurativa. O, per altri versi, alla dettagliata normativa sugli infortuni. A diverse conclusioni potrebbe giungersi per la prevenzione di rischi afferenti allo svolgimento di attività che non sono disciplinate in misura così “robusta”. In altri termini occorre chiedersi: le regole cautelari in tema di corruzione (il reato-principe della 231) sono altrettanto diffuse e sedimentate per poter essere correttamente utilizzate al fine di dare un contenuto concreto al modello organizzativo nella parte relativa ai reati contro la Pubblica Amministrazione?
Il contenuto del dovere di autoorganizzazione dell’ente (e dell’onere di adottare modelli organizzativi) è precisato da codici di autodisciplina e da guide lines emesse dalle associazioni di categoria che indicano il contenuto delle misure di prevenzione
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Antiriciclaggio e cultura del controllo: la tesi e l’antitesi La legge 231/2007, ovvero la Legge Antiriciclaggio, non è mai stata amata da chi è tenuto ad applicarla. E invece occorrerebbe un po’ più di buona volontà, perché sul riciclaggio la situazione sta diventando parossistica
Ranieri Razzante, presidente Aira, www.airant.it
Il “buon senso” nel mondo della finanza
Mai una normativa fu tanto poco amata. Il senso di fastidio dei soggetti che debbono applicarla è crescente, nonostante - dal 1991, anno della sua nascita - oramai si dovrebbe essere entrati nell’ordine di idee che una qualche utilità ce l’ha, come quasi tutte le leggi. Oggi si chiama sinteticamente “legge 231/2007”, anche se (per la precisione) trattasi del decreto legislativo 231 del novembre 2007. Legge antiriciclaggio, ma che non serve a “contrastare” il riciclaggio (quantomeno come “crimine”). E’ strano, ma è così. E’ una normativa per “prevenire” - il nomen è “Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo” - essendo la repressione del reato affidata (come peraltro tutti gli altri, nel nostro paese!) al codice penale ed alle leggi speciali. Le regole che essa detta per gli intermediari finanziari e una platea di altri soggetti “non finanziari” (liberi professionisti, grossisti di oro e pietre preziose, case d’asta e da gioco, ecc.) sono orientate tutte alla prevenzione del “rischio” che le loro attività vengano inquinate dal fenomeno del lavaggio del denaro sporco. Le loro attività e, per reazione a catena, il sistema. E’ la logica delle direttive e leggi in materia di finanza (vedasi Mifid, Compliance, Basilea, ecc.): la prevenzione di un rischio ne contiene la “sistemicità”, ma tutto passa per la gestione “sana e prudente” - per usare i termini delle nostre Autorità di vigilanza e dei testi unici “sacri” (Tub e Tuf ) - di ogni realtà imprenditoriale bancaria e finanziaria. Questo leit motiv si respira nella normativa contro il riciclaggio. L’art. 3 del d.lgs. 231/2007 fornisce a tutti, con elementare linguaggio precettivo, il perimetro dell’operatività delle sue regole. La garanzia, da parte dei soggetti obbligati, di “idonei e appropriati sistemi e procedure”, per effettuare l’adeguata verifica (la vera novità procedurale delle ultime norme), la segnalazione di operazioni sospette, i controlli e la compliance, la registrazione dei dati. La “self regulation” è concessa, ma l’onere della prova è invertito, come si conviene a quei precetti non indeterminati, ma “programmatici”, che sono ossequiosi del principio della libertà di iniziativa e di stabilimento, nonché di autorganizzazione, ma nell’ambito delle leggi, superiori, del mercato. Per diffondere questa cultura del controllo, della quale l’antiriciclaggio è parte, da sempre funziona (rectius: è vigente) un regime di regole fondato sì su precetti e sanzioni, ma soprattutto di moral suasion.
Gli interventi del governatore della Banca d’Italia, del direttore dell’Uif, dei membri del Direttorio, del Parlamento, della Commissione antimafia, a diverso titolo, richiamano all’osservanza delle regole contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, come regole prudenziali ma anche, sia consentito, di “buon senso”. “Una buona banca si vede anche per come governa il rischio di riciclaggio”, sentenziò opportunamente il professor Draghi qualche tempo fa in una sede pubblica. Ma siamo in un mondo strano. Quello della finanza è ormai stravolto dal free riding, dagli azzardi morali, dai conflitti d’interessi, dal “controllo budgetario” dell’operato dei dipendenti, in barba alle regole sull’efficienza delle strutture e della tutela dei consumatori. I quali ultimi, spesso, ci mettono del loro per dimostrare quella paurosa ignoranza e inavvedutezza che li porta a scelte di investimento sbagliate per definizione, e non per opportunisticamente lo si fa spesso - l’incapacità o il dolo dell’intermediario finanziario. Ma sul riciclaggio la situazione sta divenendo parossistica. Un quotidiano locale dà notizia, il 31/01/2011, di un convegno sul tema svoltosi presso una banca del Nord Italia, e organizzato da un sindacato bancario rappresentativo. Il rappresentante sindacale aziendale sentenzia: “Il cassiere, ultimo anello della catena bancaria, si trova il dovere di segnalare l’operazione sospetta, pur senza averne il potere: si dovrebbe improvvisare investigatore, ruolo che, vista anche la scarsa retribuzione, non gli compete”. In questa frase almeno tre “orrori” in punta di diritto, senza parlare dell’aspetto morale - che come presidente dell’unica associazione dei responsabili antiriciclaggio italiani comunque non mi astengo dal censurare - della vicenda. Primo: il cassiere ha il dovere di segnalare ai sensi di una legge dello Stato, la 231/2007 (art. 41), quando ne ha contezza, direttamente non all’Autorità, ma al suo superiore (in genere, direttore di filiale). Molti dipendenti bancari sono, oggi, al centro di coinvolgimenti consapevoli in fatti di riciclaggio, e ciò non avveniva così di frequente prima. Forse perché – al di là del dolo, che si esclude fino a prova contraria – sono “vittime” di questa disinformazione. Secondo: chiunque segnali un’operazione sospetta 22
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Né slogan né propaganda
non effettua comunicazioni rilevanti penalmente, né può - chiedo scusa per l’ovvietà - usurpare pubbliche funzioni (nel caso adombrato nell’infelice frase riportata, alla Polizia giudiziaria e valutaria, o alla Dia, competenti ratione materiae). La legge antiriciclaggio prevede esplicita “liberatoria” da ogni coinvolgimento, in tali casi. La segnalazione è meno invasiva e molto più facile di una di quelle fatte alle Centrali dei rischi per i “cattivi pagatori”, ma di questo nessuno si preoccupa (c’è gente che ci finisce in usura perché la banca improvvidamente talvolta segnala a Crif una bolletta non pagata o in ritardo, e quindi poi
Ma nel convegno in questione si pronunciano altre parole in libertà, come le generiche accuse di “collusione delle amministrazioni bancarie” le quali, pur di guadagnare, “sfruttano il dipendente e i soldi di dubbia provenienza”. Ce ne sarebbe per un volume, e io mi permetto di rimandare ai miei sulla materia, così come al sito dell’Aira per più corrette informazioni, dato che da noi si studia e non si fa attività politica sull’antiriciclaggio. Una cosa seria, che non può – al contrario di quanto l’articolo del quotidiano afferma pericolosamente – affidarsi al sindacato o alla stampa, come si dice - invitando i dipendenti presuntivamente vessati a parlare per tutelare se stessi - a proposito dell’operatore che faccia una segnalazione e la banca non dia alla stessa seguito. Alla lotta al riciclaggio non servono slogan né propaganda.
Mai una normativa fu tanto poco amata. Il senso di fastidio dei soggetti che debbono applicarla è crescente, nonostante - dal 1991, anno della sua nascita oramai si dovrebbe essere entrati nell’ordine di idee che una qualche utilità ce l’ha, come quasi tutte le leggi. Oggi si chiama sinteticamente “legge 231/2007”
nessuno fa più credito al segnalato!). Terzo: gli oneri che derivano a ciascuno di noi dall’adempimento di doveri di legge, connessi al lavoro che svolgiamo, non possono essere ricompensati dal datore di lavoro o, men che meno in questo caso, dallo Stato. Il bancario è pagato per aprire conti correnti o erogare prestiti rispettandone le norme interne e di legge, così come, tra le varie cose, per rispettare le norme sul segreto bancario e sull’antiriciclaggio. L’indennità di cassa mi pare abbia presupposti diversi. L’avvocato non può essere ripagato dallo Stato se studia bene una causa e poi comunque la perde. 23
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La crisi dei Pigs? Un déjà vu da cui si può uscire L’attuale crisi delle finanze pubbliche nei paesi europei del bacino mediterraneo è soltanto un ulteriore esempio di un lungo elenco di casi d’insolvenza, e come tale andrebbe anche trattata
Florian Esterer, senior portfolio manager Swisscanto Asset Management
Le vie per abbattere il debito
Le finanze pubbliche dei paesi europei del bacino mediterraneo sono ormai una presenza costante nelle cronache dei media. Se si leggono i relativi commenti si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una situazione inedita. In realtà, i default o le ristrutturazioni di titoli del debito pubblico e di prestiti pubblici non sono affatto una novità. Si presenta infatti lungo l’elenco dei paesi che negli ultimi decenni hanno dovuto procedere a un aggiustamento della rispettiva esposizione debitoria: Ecuador, Repubblica Domenicana, Venezuela, Uruguay, Paraguay, Argentina, Indonesia (due volte), Zimbabwe, Nigeria (due volte), Kenya e Costa d’Avorio. L’ultimo paese europeo in ordine di tempo è stata la Russia nel 1998. L’elenco permette inoltre di capire perché la frequenza finisca per essere spesso dimenticata: negli ultimi anni sono stati coinvolti soltanto paesi in via di sviluppo. L’ultima ristrutturazione nei paesi sviluppati è stata fortemente associata agli sconvolgimenti dell’ultimo conflitto mondiale: la Germania nel 1948. Ma se si getta uno sguardo più lontano nel passato si constaterà che anche questi paesi ne sono stati frequentemente vittima in epoche precedenti. La tabella indica il numero di ristrutturazioni relative a una selezione di paesi a partire dal 1800 e la percentuale degli anni in cui non hanno avuto accesso ai mercati finanziari. Grazie alla ricca esperienza storica è possibile individuare anche una successione di eventi tipica. Tutto prende generalmente avvio da un crollo dei mercati azionari o immobiliari. La crescita economica rallenta. L’inflazione comincia a crescere e non si arresta nemmeno dopo una ristrutturazione. La divisa va incontro a una forte svalutazione e il sistema bancario entra in crisi. A questo punto può subentrare quindi una sospensione dei pagamenti. Le probabilità in tal senso aumentano quando gli impegni superano l’80% del Pil e quando il costo degli interessi reali supera in maniera significativa la crescita economica reale. Il paese, cui viene quindi precluso l’accesso ai mercati finanziari, deve ristrutturarsi internamente, sebbene a condizioni più mitigate, dal momento che la spesa per interessi è stata notevolmente ridotta con la ristrutturazione.
Innanzitutto gli stati cercano di ridurre l’ammontare del proprio debito pubblico. Le possibili strade da percorrere sono cinque. In primo luogo l’onere reale del debito pubblico può essere alleggerito per effetto di un aumento inatteso dell’inflazione. In secondo luogo è possibile ridurre l’onere percentuale grazie a un incremento della crescita economica. Inflazione e crescita economica non sono direttamente influenzabili. L’analisi storica mostra che l’inflazione tende in genere ad aumentare prima di una situazione d’insolvenza, determinando già in tal modo la correzione di una larga parte degli interessi nominali da corrispondere. Per contro, l’espansione economica è nella migliore delle ipotesi neutrale e comporta piuttosto un aggravio dell’onere degli interessi. Un controllo diretto da parte dei governi è esercitabile - nel migliore dei casi - sul primo e sull’ultimo punto. In primo luogo il bilancio dello stato deve essere riportato a livelli sostenibili e questo obiettivo può essere perseguito con un aumento delle imposte o mediante risparmi. Quest’ultima strada è più efficace, ma politicamente più difficile da percorrere. I consolidamenti fiscali sono più semplici da attuare laddove sia stata raggiunta un’intesa comune sulla struttura del debito, come si è verificato ad esempio in caso di conflitti bellici. Ma quando la coerenza politica e la polarizzazione sono elevate, l’attuazione politica si fa difficile. A tal riguardo è sorprendente constatare con quale marginale impatto in termini di condanna politica sia stata accolta l’introduzione delle misure di austerità in Gran Bretagna e in Irlanda. D’altro canto il tono delle proteste in Grecia mostra quanto difficile sia il processo politico. In quarto luogo, vi può essere un trasferimento di capitali da parte di finanziatori esterni. Ciò ha un senso tuttavia solo se contemporaneamente l’onere degli interessi sui nuovi crediti sarà stato significativamente ridimensionato. Infine è possibile arrivare a un alleggerimento del carico del debito pubblico attraverso una ristrutturazione o una riduzione dello stesso. Nel caso in cui ciò si riveli troppo complicato resterà la ristrutturazione come opzione 24
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Le banche periferiche sono quelle che hanno risentito maggiormente della crisi sovrana e le più deboli tra di loro, perdendo accesso ai mercati obbligazionari, ma anche a quelli interbancari, sono diventate particolarmente dipendenti dalle operazioni di liquidità della Banca Centrale Europea della competitività dovrà passare in questo caso per una riduzione del costo del lavoro, situazione che abbiamo già avuto modo di osservare nella diminuzione del reddito dei dipendenti statali in Gran Bretagna, Grecia e Spagna. D’altro canto, l’unione monetaria offre anche enormi vantaggi. La garanzia implicita prestata dagli altri stati membri ha consentito attraverso diversi meccanismi un apporto di capitali a condizioni meno onerose. Ciò rende possibile un primo consolidamento. Quello che accadrà alla scadenza delle garanzie nel 2013 lo dirà l’esito di un’analisi costi-benefici condotta dalle nazioni prestatrici come la Germania e dalle nazioni beneficiarie come la Grecia. Una ristrutturazione appare una possibilità reale. Ma esistono precedenti sufficienti per poter analizzare le probabilità e per valutarne le conseguenze. E nel lungo termine ciò avrà ripercussioni positive: una ristrutturazione riduce la spesa per interessi e i premi al rischio e nella maggior parte dei casi si giunge a un’espansione economica. In tal senso, l’attuale crisi delle finanze pubbliche è soltanto un ulteriore esempio di un lungo elenco di casi d’insolvenza e come tale andrebbe anche trattata.
politica. Anche questa implica in realtà l’immediato superamento dei deficit di bilancio, dal momento che questi non vengono più finanziati. Per i paesi con un fabbisogno di credito nel prossimo anno del 7,8% in Grecia, del 7,3% in Portogallo o del 9,2% in Spagna ciò potrà avvenire solo dopo un primo consolidamento. E i paesi che hanno operato una conversione del debito, hanno già provveduto a un aggiustamento del proprio deficit, registrando in media un avanzo di bilancio.
Pro e contro dell’unione monetaria A differenza di precedenti episodi, le attuali difficoltà sorgono nel contesto di un’unione monetaria, con la conseguenza negativa, per i paesi che si trovano a fronteggiare queste difficoltà, di non poter contare su una politica monetaria autonoma. Il ricorso all’inflazione per conseguire una reale svalutazione del debito è attuabile solo in misura limitata. E non è nemmeno possibile ricorrere a una svalutazione della moneta. Un aumento della crescita economica attraverso un miglioramento
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Interviste / Europ Assistance
Dinamismo prima di tutto Un approccio diverso alla risoluzione dei problemi degli assicurati e la personalizzazione dei prodotti venduti tramite le banche: cosĂŹ Europ Assistance, compagnia che opera nel settore dell’assistenza privata, ridisegna la propria offerta senza perdere di vista la flessibilitĂ
Antonio di Salvo, direttore business
Filippo Foi, responsabile
unit Finanziario e Assicurazioni
Bancassicurazione di Europ
di Europ Assistance
Assistance 26
Interviste / Europ Assistance
La presenza decennale nel sistema bancario ci ha consentito di intuirne i cambiamenti e le nuove necessità. Abbiamo di conseguenza modificato la nostra meccanica, seguendo le istanze bancarie.
Cambiato il sistema bancario, cambiate le esigenze dei clienti (e cambiato il loro portafoglio con annessa disponibilità di spesa), anche alle assicurazioni è richiesto un adeguamento, nel momento in cui si trovano a progettare prodotti e servizi. Europ Assistance ha risposto a queste istanze ridisegnando, negli scorsi mesi, la propria struttura organizzativa, oggi composta da tre nuove business unit - “Consumer”, “Finanziario e Assicurazioni” e “Automotive e Tour Operator” - e dandosi nuovi obiettivi, tutti incentrati sul soddisfacimento delle esigenze del cliente. Che non solo si muove alla ricerca della migliore offerta assicurativa, ma entra anche in banca. Proprio da qui nascono nuovi spunti di comprensione del mercato, nello specifico di quello bancario.
nei confronti dei clienti: la risoluzione concreta di un problema. Basandoli su questo presupposto, sono stati creati prodotti dedicati al canale banca che non lascino spazio a claim, a tutto vantaggio della relazione positiva tra banca e suo cliente. E’ stato dunque stressato il concetto di trasparenza: zero franchigie, assenza di ogni genere di carenze, o piccoli asterischi forieri di brutte sorprese”. L’accordo forte stipulato con le banche da parte di Europ Assistance prevede che in primis l’assicurazione lavori con l’istituto bancario, e che insieme le due realtà si adoperino per il cliente con prodotti ad hoc. “Obiettivo ultimo, quello di coprire l’intera filiera, fornendo anche il supporto gestionale, arrivando a strutturare strategie di marketing che lavorino sul conto economico della banca e sul margine di contribuzione del cliente per la banca”.
Assistenza privata personalizzata
Nel frattempo il cliente…
Da più di vent’anni Europ Assistance è presente nel mercato bancario, con prodotti customizzati per il b2b2c. Di questo mercato ha seguito le evoluzioni, scegliendo però una strada diversa da quella di altre compagnie, mantenendo la freschezza di un’offerta vicina al cliente, e “scegliendo volutamente di creare, negli ultimi dieci anni, prodotti molti semplici, che si innestano nella filiera della protezione assicurativa che potremmo definire ‘media’, spiega Antonio di Salvo, dall’ottobre 2010 direttore della BU Finanziario e Assicurazioni, ma che è in grado di fornire all’assicurato una risposta subitanea. Questo è proprio il tratto distintivo di Europ Assistance: proporre prodotti smart facilmente fruibili per il cliente, che specie nell’ambito dell’assistenza necessita di informazioni molto chiare e ben esplicitate”. Questa stessa chiarezza è stata dalla società trasmessa anche ai prodotti assicurativi bancari, che sono rimasti semplici. “La presenza decennale nel sistema bancario, prosegue Di Salvo, ci ha consentito di intuirne i cambiamenti e le nuove necessità. Abbiamo di conseguenza modificato la nostra meccanica, seguendo le istanze bancarie. Abbiamo così progettato una serie di servizi e prodotti semplici, che sono da noi seguiti nella fase di creazione e anche di distribuzione. Abbiamo così dato valore a tutte quelle aree attigue al conto corrente che costituivano un buon bacino di supporto alla clientela”.
Mentre le assicurazioni reagiscono ai cambiamenti del mercato bancario e assicurativo, il cliente non sta a guardare. Osserva, si muove, si fa i conti in tasca, e cerca supporti alla tutela delle cose a lui care. “E soprattutto sicurezza, commenta Di Salvo, cioè prodotti che garantiscano la protezione del suo reddito. Questo è il recente andamento della domanda assicurativa”. A questo proposito, Europ Assistance si muove su diversi assi: il sistema salute, che viene seguito con prodotti semplici a indennizzo (vi è dunque un intervento diretto economico a fronte di un evento nefasto). Viene poi seguita con particolare cura - come da vocazione originaria della società - la mobilità in genere, con una protezione tout cour che si occupi di mezzi, viaggi, ma anche della casa e di quanto può capitarle. “La salute e l’ambito in cui il cliente si muove sono i nostri due centri di attenzione che portiamo nell’offerta bancaria, precisa Di Salvo, facendo attenzione a collocarci con la giusta offerta”. “Possiamo aggiungere che Europ Assistance persegue due submission forti, continua Foi: da una parte tutelare il bisogno di sicurezza ed economico dei clienti, che avviene attraverso la neutralizzazione delle spese a fronte di piccoli incidenti. È questo approccio dinamico, non attendista, che ci distingue sul mercato, a fronte delle spese sostenute dal cliente. Appena si verifica un problema con una spesa da sostenere, Europ Assistance mantiene indenne il cliente a livello reddituale. In seconda istanza, la nostra realtà risponde anche al bisogno di tranquillità degli assicurati, garantendo loro che, comunque desiderino muoversi o vivere, la compagnia è presente, e interviene risolvendo i problemi”.
Prodotti ad hoc “Per impostare i prodotti, spiega Filippo Foi, responsabile Bancassicurazione, abbiamo seguito il modello che ci vede partire dal classico punto di forza di Europ Assistance 27
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Intesa Sanpaolo fa crescere le Pmi di Milano Un miliardo di euro a sostegno dello sviluppo delle pmi, che puntano a riprendere fiato dopo la crisi seguendo tre direttrici: internazionalizzazione, innovazione e crescita dimensionale dimensionale e di internazionalizzazione. Più in dettaglio l’accordo, che prosegue quello del 2009, ne conferma e prolunga gli strumenti progettati per fronteggiare le emergenze della crisi: linea di credito aggiuntiva per la gestione degli insoluti, programmi di ricapitalizzazione per il rafforzamento patrimoniale, allungamento fino a 270 giorni delle scadenze a breve termine e rinvio rate su mutui e leasing. Nell’ottica di una migliore previsione del futuro, l’accordo comprende anche l’utilizzo di strumenti diagnostici e di simulazione studiati per agevolare il dialogo tra clienti e banca e per facilitare la bancabilità di aziende e progetti anche alla luce dei requisiti di Basilea. Tre aree di sviluppo per concentrare l’impegno Il plafond messo a disposizione da Intesa Sanpaolo per la provincia di Milano è di un miliardo di euro, ed è destinato a tre ambiti strategici in grado di rilanciare le imprese e la loro competitività: l’innovazione, l’internazionalizzazione, la crescita dell’impresa. Su quali di questi tre ambiti Intesa Sanpaolo si attende le maggiori richieste? “Sarebbe auspicabile che le richieste venissero avanzate su tutti e tre gli ambiti, in particolare su ricerca sviluppo e innovazione, che vede il nostro Paese strutturalmente in ritardo. Penso che le maggiori richieste saranno però rivolte alla crescita dimensionale e all’internazionalizzazione, che di fatto in molti casi sono strettamente correlate”.
Franco Ceruti, direttore regionale Milano e Provincia di Intesa Sanpaolo
La crescita e lo sviluppo non sono lontane, ma le piccole e medie imprese che fanno riferimento alla Piccola Impresa di Assolombarda hanno bisogno anche di un forte supporto “esogeno”. Che arriva sotto forma di un miliardo di euro e strumenti di promozione targati Intesa Sanpaolo, di concerto con la realtà confindustriale. A che punto siamo, se ci si riferisce alla congiuntura nella provincia di Milano? “Tutta la regione, spiega Franco Ceruti, direttore regionale Milano e Provincia di Intesa Sanpaolo, evidenzia una situazione economica ancora incerta. Nei primi nove mesi dell’anno, la produzione industriale ha recuperato in quasi tutti i settori parte delle perdite registrate nel 2009, anche se appaiono ancora lontani i livelli di produzione precedenti la crisi. Senza dubbio, la crisi ha messo in forte sofferenza il nostro territorio e gli imprenditori hanno dovuto accelerare i propri processi decisionali indirizzati a operazioni di consolidamento, al recupero di valore nella struttura dei costi, alla crescita dimensionale attraverso acquisizioni e operazioni di internazionalizzazione, volte a recuperare maggiori margini su mercati in forte sviluppo, in particolare gli emergenti”. Le logiche con cui sono stati costruiti gli strumenti a favore delle Pmi parte dell’accordo sono correlate alle indicazioni espresse dal direttore regionale, e soddisfano i bisogni collegati al circolante, al debito di struttura, al rafforzamento patrimoniale e ai processi di crescita
Il ruolo delle banche Intesa Sanpaolo, aggiunge Ceruti, è presente in maniera puntuale nelle iniziative a supporto del territorio: un impegno dal quale, al di là dell’aiuto economico, potranno nascere buoni frutti. “L’azione di supporto del nostro istituto consentirà al territorio di ripartire più velocemente, al passo con le altre regioni europee a vocazione industriale, favorendo e rafforzando nuovamente i meta distretti e i comparti di specializzazione della regione”. Da ultimo, una provocazione che riguarda l’intero sistema bancario: la rinnovata competizione per le imprese passa attraverso la ripresa delle aziende, che non può avvenire senza il supporto delle banche, spesso accusate però di essere poco sensibili nei confronti degli imprenditori seri che per questioni contingenti si sono trovati in difficoltà. “A parlare per noi sono i fatti e i numeri, sottolinea Ceruti: nel periodo agosto 2009/ottobre 2010 abbiamo esaminato circa 10.500 domande di moratoria accogliendone oltre 10mila, quindi il 97,5% del totale. Questo intervento ha sostanzialmente prorogato debiti a medio lungo termine per oltre due miliardi di euro, dando nuova liquidità al territorio per circa mezzo miliardo”. 28
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Il credito al consumo tra prudenza e maturità UniCredit ha presentato il Rapporto sul Credito alle Famiglie 2010. Emerge un miglioramento sensibile sotto il profilo della domanda, che oggi appare più evoluta e consapevole. Ma il costo del credito in Italia resta su livelli elevati Oggi in Italia fra chi chiede finanziamenti ci sono più laureati e diplomati (62% nel 2009 rispetto al 57% del 2007), c’è una minore dipendenza dall’affitto (80% non paga l’affitto rispetto al 74% nel 2007) e soprattutto un reddito mediamente più elevato (nel 2009 i redditi superiori a 1.250 euro sono il 54% rispetto al 45% del 2007). E’ questa la fotografia del credito al consumo che emerge dal Rapporto sul Credito alle Famiglie 2010 a cura di UniCredit, che indica in 551,7 miliardi di euro le consistenze di credito nel 2009 (con una variazione annua pari al 6,16%). “In una situazione economica ancora difficile, dichiara Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit, il credito al consumo può rappresentare un ulteriore strumento di stimolo della ripresa economica, soprattutto in Italia dove il suo utilizzo rispetto al totale delle spese delle famiglie è fra i più bassi in Europa con circa il 12 per cento. Si può quindi continuare a lavorare garantendo un equilibrio virtuoso fra offerta di credito da parte degli operatori di mercato e capacità di indebitamento delle famiglie, tenendo sempre presente il criterio della sostenibilità del debito”. Il prestito personale, sottolinea il Rapporto, si conferma uno strumento finanziario trasversale alle diverse fasce di reddito: è utilizzato nel 54% dei casi da chi possiede redditi medi o alti, appare sempre più legato alle esigenze della famiglia ed è funzionale a soddisfare le necessità legate ai diversi momenti e fasi della vita: basti pensare che il 73% di chi ha un prestito lo utilizza per ristrutturare casa, acquistare beni durevoli o realizzare progetti famigliari. Per i giovani e le neo-famiglie rappresenta invece un supporto immediato in prospettiva di redditi futuri (il 33% di chi ha un prestito ha meno di 35 anni), ma può servire anche per supportare spese straordinarie o nuovi progetti abitativi, soprattutto nelle fasce centrali di età (il 48% ha tra i 35 e i 54 anni).
Raffaele Cicala, responsabile Household Financing di UniCredit
periodo di crisi come quello attuale, laddove chi è in difficoltà pare essersi allontanato ‘spontaneamente’ dal mercato. La prova di questo fenomeno è la crescita del segmento di clientela più solido dal punto di vista socioeconomico: in generale, oggi circa il 65% della domanda di credito al consumo proviene da una clientela solida e affidabile, il che naturalmente rappresenta una prospettiva incoraggiante per tutto il settore”. In ogni caso, il costo del credito in Italia resta su livelli più elevati rispetto ad altri paesi dell’Europa Occidentale come Germania, Francia e Gran Bretagna. “Si tratta indubbiamente di un gap da colmare, ammette Ghizzoni, in parte determinato dalla presenza nel nostro Paese di molte Pmi e dagli effetti della crisi economica su questo tipo di realtà. Tuttavia il divario si sta riducendo da qualche mese a questa parte. Il 2011 sarà ancora un anno non facile, solo dal 2012 in poi i livelli saranno più accettabili”.
Fenomeno trasversale Quanto alle carte con rimborso flessibile, invece, si sono diffuse maggiormente tra la clientela più evoluta e dinamica, ossia i giovani e con un livello di istruzione elevato: il 39% di chi ha richiesto e utilizzato una carta nel 2009 ha meno di 35 anni e il 72% è laureato o diplomato , 62% nel caso del prestito). La carta viene utilizzata circa una volta al mese per un importo complessivo di circa 1.350 euro; un utilizzo decisamente più basso rispetto a quello del bancomat (3,1 volte al mese) e della carta di credito (3,3 volte al mese). La carta viene utilizzata soprattutto per le spese occasionali (circa nell’80% dei casi). “I dati del Rapporto, commenta Raffaele Cicala, responsabile Household Financing di UniCredit, testimoniano la trasversalità del credito al consumo. Si tratta per lo più di una domanda di credito assolutamente ‘sana’ anche in un 30
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La user experience si vive anche in banca Per operatori e clienti un nuovo modo di fruire dei servizi finance: la visione di Adobe e i casi di Credit Agricole e IWBank Il cambiamento tecnologico in atto è sotto gli occhi di tutti, difficile non accorgersene, e sta coinvolgendo ogni ambito della vita. Già oggi negli Usa un giovane su cinque usa solo un dispositivo mobile per accedere al web, e si stima che nel 2013 (fonte Forrester) il numero di dispositivi mobili connessi al web supererà quello dei Pc. L’uso dei dispositivi mobili e la connessine “always on” sono dunque le due nuove frontiere che coinvolgono le aziende e i loro canali commerciali. Si sta passando, come spiega Andrea Valle, Enterprise Business Development manager di Adobe, dal concetto di digitalizzazione a “servire i clienti attraverso il canale digitale”. Cosa significa? Che gli strumenti tecnologici non sono più, appunto, solo strumenti (si pensi alle vecchie schermate nere dei computer, efficaci ma non user friendly), ma diventano qualcosa di più. E questo è vero soprattutto per i servizi on line: a essere importante è l’esperienza d’uso, la customer experience, che secondo una ricerca Forrester del 2009, l’80% dei Cio di aziende di ambito finance intende utilizzare come fattore competitivo. Proprio per agevolare questo nuovo modo di intendere l’esperienza d’uso, Adobe ha sviluppato una piattaforma enterprise di soluzioni (LiveCycle ES2.5) che intende automatizzare i processi attraverso interfacce intuitive (sia per i dipendenti delle aziende che per i clienti). “La piattaforma, dichiara Valle, è in grado di costruire applicazioni enterprise multicanale per acquisire e gestire il servizio ai propri clienti. Tra le sue funzionalità spiccano la mobilità enterprise per una migliore diffusione delle applicazioni su dispositivi molteplici, un framework potenziato per la creazione di Rich Internet Application di classe enterprise e la collaborazione in tempo reale per consentire alle organizzazioni di interagire con i clienti in modo più mirato e personale”. I Solution Accelerator Sulla base della piattaforma sono poi stati progettati dei Solution Accelerator per le aziende che vogliono migliorare in velocità la customer experience che accelerano la pianificazione del progetto, abbreviano i tempi di sviluppo delle applicazioni di produzione e riducono i rischi grazie a un framework che può essere supportato e aggiornato. Si tratta di Correspondence Management Solution Accelerator, che consente agli utenti aziendali di creare in modo dinamico comunicazioni personalizzate utilizzando modelli e contenuti precedentemente approvati per produrre una corrispondenza verso i clienti, ad esempio realizzando lettere di richiesta personalizzate; di Interactive Statements Solution Accelerator, che consente di coinvolgere i clienti attraverso comunicazioni che incorporano la potenza delle Rich Internet Application all’in-
Andrea Valle, Enterprise Business Development manager di Adobe
terno del formato sicuro Pdf, incluso gli estratti conto della carta di credito, le bollette dei servizi di telefonia e le fatture elettroniche; e di Managed Review & Approval Solution Accelerator, che fa sì che più attori partecipino ai processi di approvazione e di revisione dei contenuti. I casi Crédit Agricole e IW Bank Sul mercato si annoverano già due storie di successo di ambito finance che si basano sulle potenzialità dell’esperienza digitale. Per esempio, il Crédit Agricole ha sposato la filosofia della customer experience rinnovando le applicazioni di sportello insieme al contestuale rinnovo dell’on line banking. “In questo modo la banca, spiega Valle, ha fornito la stessa esperienza d’uso a tutti gli utenti, garantendo la soluzione anche per i dispositivi mobili, aprendosi dunque alla multicanalità”. Anche IW Bank (Gruppo Ubi Banca), che già ha riorganizzato il flusso documentale interno con la logica della dematerializzazione attraverso l’uso della modulistica elettronica in Pdf, ha in progetto la nuova versione del portale on line. “Allo scopo, sono in questo periodo in fase di ridisegno i servizi offerti, ed è stata introdotta la figura dello user experience designer. Si tratta di un esperto di interazione uomo-macchina che ha proprio il compito di studiare un nuovo approccio all’interazione con la banca da parte degli utenti”. 31
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Le banche e l’economia “low carbon” Uno studio a cura di Accenture e Barclays quantifica in 2.900 miliardi di euro gli investimenti in tecnologie necessari per abbattere entro il 2020 le emissioni di CO2 dell’83% rispetto ai valori del 1990 in Europa
Il possibile premio è la riduzione delle emissioni di CO2 in Europa dell’83% entro il 2020 rispetto ai valori del 1990, pari a un abbattimento di 2,2 miliardi di tonnellate di CO2. Ma per ottenerlo servono investimenti in tecnologie per 2.900 miliardi di euro. Lo afferma uno studio a cura di Accenture e Barclays (v. box). In Italia la spesa prevista per il prossimo decennio 2011-2020 è di 265 miliardi di euro, che porterebbe a un risparmio di 230 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Secondo lo studio, per raggiungere l’obiettivo sarà fondamentale il ruolo delle banche per finanziare la transizione dell’Europa a un’economia “low carbon”, soprattutto attraverso attività di intermediazione sui capitali istituzionali, unitamente agli incentivi e alle politiche governative di lungo periodo che continueranno a rivestire un ruolo cruciale. Rispetto ai 2.300 miliardi di euro di capitali richiesti dalle stime per le attività di acquisizione, il 73% (pari a 1.650 miliardi di euro) richiederà un finanziamento esterno, dando luogo a una domanda senza precedenti di capitali privati e dei prodotti e servizi bancari connessi. “Il cammino dell’Europa verso gli obiettivi a basse emissioni di CO2, dichiara Peter Lacy, managing director Sustainability Services Europe Africa and Latin America di Accenture, è dipeso in gran parte dalle iniziative dei singoli governi. Gli elevati deficit pubblici e il consolidamento delle tecnologie rendono fondamentale, per accelerare gli investimenti necessari a conseguire gli obiettivi del 2020, un afflusso di capitali provenienti dal settore privato, la cui intermediazione avverrà principalmente attraverso gli istituti bancari. Tuttavia, continua Lacy, alle amministrazioni pubbliche spetta ancora un ruolo di stimolo della domanda e stabilizzazione dei mercati
del carbonio attraverso politiche trasparenti e di lungo periodo”. Va comunque precisato, aggiunge Rupesh Madlani, direttore della Renewables and Clean Technology Equity Research di Barclays Capital, che in Europa le banche scontano le difficoltà legate ai vincoli nei prestiti di capitali, alle incertezze dei mercati del CO2 e alla pletora di politiche locali. “Per ridurre gli oneri di bilancio e mitigare i rischi, sostiene Madlani, esse devono creare dei prodotti di credito in grado di soddisfare le aspettative di rischio e di redditività degli investitori. La transizione verso le basse emissioni di CO2 rappresenta una grande opportunità di innovazione per i prodotti e i servizi finanziari al fine di affrontare tale sfida”. Gli investimenti necessari Rispetto ai 2.900 miliardi di euro necessari per finanziare la transizione dell’Europa verso un’economia a basse emissioni di CO2, i primi 2.300 sosterranno l’acquisizione e l’implementazione di impianti a basse emissioni e i restanti 600 finanzieranno la ricerca, lo sviluppo e la produzione di tali tecnologie. Queste includono: • Edilizia: gli adeguamenti necessari per l’efficienza energetica, gli “edifici intelligenti” e la produzione distribuita di energia in ambito residenziale richiederanno gli investimenti più ingenti, pari a 600 miliardi di euro, a fronte di un risparmio potenziale pari al 18% delle emissioni di CO2 identificate. • Mezzi di trasporto commerciale: i veicoli commerciali elettrici, ibridi, a biocarburanti e a gas naturale compresso e le navi per trasporto merci a basso consumo di carburante richiederanno 582 miliardi di euro a fronte di 32
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Per ridurre gli oneri di bilancio e mitigare i rischi, le banche devono creare dei prodotti di credito in grado di soddisfare le aspettative di rischio e di redditività degli investitori
un risparmio potenziale pari al 19% delle emissioni di CO2 identificate. • Infrastrutture per i trasporti: le stazioni di carica per i veicoli elettrici e i sistemi di trasporto intelligente richiederanno 35 miliardi di euro a fronte di un risparmio potenziale pari all’1% delle emissioni di CO2 identificate. • Distribuzione dell’energia elettrica: la rete energetica intelligente e i contatori intelligenti richiederanno 529 miliardi di euro e saranno in grado di gestire attivamente una produzione elettrica intermittente e distribuita, a fronte di un risparmio potenziale pari al 13% delle emissioni di CO2 identificate. • Produzione di energia elettrica: il passaggio alle fonti rinnovabili, tra cui l’eolico, il solare, le biomasse e il geotermico, richiederà 508 miliardi di euro. La produzione di energia solare dal fotovoltaico rimarrà probabilmente il settore energetico a più forte capitalizzazione, anche se ne aumenterà il rapporto costo/benefici grazie al sempre minor costo delle materie prime e dei processi produttivi, nonché a una migliore efficienza energetica raggiunta nella conversione solare-elettrico. La produzione di energia elettrica è la tecnologia ritenuta in grado di fornire il maggior risparmio potenziale delle emissioni di CO2 identificate, pari al 49% del totale. • Infrastruttura per il solare e l’eolico: gli impianti solari ed eolici realizzati per i servizi pubblici e i privati richiederanno 617 miliardi di euro. Nella stima sono compresi gli effetti di diminuzione dei costi energetici e i maggiori tassi di adozione dovuti agli avanzamenti tecnologici.
Banca&Mercati news ogni settimana tutte le notizie principali dal mondo finanziario e assicurativo 33
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Quando la crescita è bipolare Secondo Giorgio Mascherone di Deutsche Bank, l’economia globale si sta avviando verso una crescita migliore di quanto ipotizzato sino a pochi mesi fa, sia pure in un contesto “bipolarizzato”, con le economie emergenti, il Nord America e il Nord Europa che corrono mentre gli altri paesi (mediterranei e non solo) arrancano più faticosamente logica del puro profitto, ha ‘allagato’ il mercato con prodotti le cui conseguenze nel lungo periodo non sono state minimamente valutate”. Oggi però il quadro macroeconomico non appare poi così disastroso. Ad esempio, facendo sempre riferimento agli Stati Uniti, il “deliquency rate”, ovvero la percentuale di prestiti non rimborsati alle scadenze (siano essi mutui o debiti contratti attraverso le carte di credito), sta lentamente correggendo la rotta dopo aver raggiunto livelli altissimi per effetto della crisi finanziaria. “Il miglioramento più atteso è ovviamente nell’ambito dei mutui subprime in quanto questa tipologia di finanziamento (causa primaria della crisi) si sta lentamente esaurendo. I mutui normali (o ‘prime’) si sono invece stabilizzati, grazie soprattutto alla politica dei bassi tassi di sconto che hanno positivamente
La finanza è stata il killer, non il mandante delle crisi più gravi che hanno colpito i mercati negli ultimi dieci anni, ossia la bolla tecnologica nel 2002 e soprattutto il credit crunch nel 2008. “Il colpevole, ha spiegato Giorgio Mascherone, responsabile investimenti di Deutsche Bank in Italia, in occasione del Private Investor Outlook 2011, è da ricercarsi nel processo di crescita non equilibrato e caratterizzato da un’esplosione dei consumi (per rendersene conto basta osservare l’indebitamento delle famiglie americane dal 1950 a oggi, laddove il tasso di risparmio è passato dal 12-15% degli anni 50 ai valori negativi di questo inizio di millennio), da un enorme allargamento della base dei consumatori (paesi emergenti) e da un eccesso della capacità produttiva. Il tutto assecondato da un sistema finanziario compiacente che, seguendo la
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“I dati effettivamente mostrano un orientamento prevalente dell’export delle piccole imprese verso i mercati maturi del mondo occidentale. Tuttavia, negli ultimi dieci anni è progressivamente aumentata l’importanza di mercati emergenti ‘a medio raggio’, ovvero i Paesi del bacino del Mediterraneo, Africa del nord e Medio Oriente, e i Paesi dell’Europa Centro Orientale Le previsioni… In ogni caso, secondo Deutsche Bank, l’economia globale si sta avviando verso una crescita migliore di quanto ipotizzato sino a pochi mesi fa, avendo evitato i rischi di una nuova recessione - con il pericolo della caduta in deflazione, l’ipotesi più temuta - e potendo, per diversi mesi ancora, tenere a bada l’eccessivo rialzo dei prezzi grazie alla mancanza di tensioni salariali, all’ancora debole livello dei consumi e all’effetto (per ora positivo) della globalizzazione. “Ci aspettiamo un buon livello di ripresa dell’economia globale, sia pure in un contesto ‘bipolarizzato’: le economie emergenti, il Nord America e il Nord Europa corrono mentre gli altri paesi (mediterranei e non solo) ‘arrancano’ più faticosamente, gravati dalla scarsa competitività e dall’elevato debito pubblico. Sarà ancora l’occupazione il problema di cui tenere conto, mentre un’attenzione crescente dovrà essere rivolta alla crescita dei prezzi nei paesi emergenti, dove è indispensabile un’accorta politica monetaria da parte dei governi”. … e i suggerimenti Mascherone identifica pertanto dieci temi chiave su cui focalizzare l’attenzione nel pianificare gli investimenti per il 2011: • Crescita buona nonostante le manovre di austerità necessarie (in alcuni paesi sviluppati) • Rallenta il mercato del reddito fisso, ma non si rischia una “bolla” • Il 2011 come il 2010 per la volatilità in Europa, “ma forse abbiamo imparato la lezione” • Le imprese continuano a espandere i bilanci: dividendi, M&A e buyback • 2011 anno equity ma, almeno per il primo semestre un “break” per i Bric • Meglio le aziende “growth” vs le “value” • Crescono i consumi di beni “wealth” - non solo primari negli emergenti • Ancora ok le commodity, ma con più cautela (dopo il 2010), favorite le agricole • L’inflazione non dovrebbe ancora rappresentare un problema • Un anno da tripla “A”: Analitico, Attivo, Agile.
Giorgio Mascherone, responsabile investimenti di Deutsche Bank in Italia
impattato le rate dei mutui delle famiglie”. Esistono tuttavia ancora delle problematiche da risolvere. “Se si guarda all’evoluzione del tasso di disoccupazione nei paesi industrializzati, ci si rende conto che con la crisi è andata perduta quella fetta di lavoratori che erano al servizio dell’eccesso di capacità produttiva. E’ evidente che, alle attuali condizioni, il loro reinserimento nel mercato del lavoro richiederà diversi anni. Resta inoltre il problema del debito pubblico per alcune economie, come ad esempio l’Italia e il Giappone e in prospettiva anche gli stessi Stati Uniti. Infine, nonostante gli sforzi delle banche centrali, la circolazione monetaria sui mercati non è stata ancora ottimizzata al punto da annullare quelle tensioni che hanno caratterizzato il periodo del credit crunch”. 35
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Meglio puntare sulle azioni Secondo Gerhard Aigner, general manager di Raiffeisen Capital Management, il 2011 sarà un anno positivo per le azioni, con i mercati emergenti e l’Europa a offrire le opportunità più interessanti Usa, mentre probabilmente aumenteranno nelle economie strutturalmente più solide, come Australia, Canada o i mercati emergenti. Al contrario di questi ultimi, nei paesi occidentali non si può prevedere una grande pressione inflazionistica per i prossimi trimestri. “Nel medio-lungo termine, comunque, l’inflazione costituirà un argomento di discussione molto caldo, a causa degli aumenti drammatici nell’offerta monetaria. Così come per le condizioni macroeconomiche, il picco di crescita è alle nostre spalle ma la crescita futura dovrebbe continuare a trarre supporto dai mercati emergenti e dai piani fiscali americani. Tra i fattori che ostacolano la crescita ci sono il mercato del lavoro, la riduzione del debito e il risanamento dei conti pubblici”. La volatilità resterà elevata Lo sviluppo dei profitti per le azioni globali e le commodity ha superato le aspettative. “Ciononostante, le valutazioni azionarie sono ancora interessanti, specialmente in Europa. I mercati rimangono liquidi, i tassi di interesse sono bassi e le opportunità di investimento alternative non sono così straordinarie. Le coå∑mmodity stanno beneficiando della domanda proveniente dai mercati emergenti, da una buona liquidità e dalla svalutazione che sta interessando diverse monete”. In ogni caso, bisogna tenere in considerazione che la crisi del debito sovrano in Europa manterrà alta la volatilità sui mercati. “Possiamo aspettarci un nuovo divampare delle preoccupazioni sul debito sovrano europeo, commenta Aigner, almeno finché l’Ue non troverà una soluzione adeguata. Inoltre riteniamo che un’inflazione attesa più alta, come risultato di migliori previsioni sulla crescita, e un mercato rialzista per le commodity, potrebbero condurre a un sell-off di bund e treasuries.”
Gerhard Aigner, general manager di Raiffeisen Capital Management
“I mercati emergenti sono da anni tra i più vantaggiosi e continuano a rappresentare una buona opportunità di investimento”. E’ l’opinione di Gerhard Aigner, general manager di Raiffeisen Capital Management, il maggiore asset manager in Austria con un patrimonio gestito di 31 miliardi di euro (a novembre 2010) e una quota di mercato di circa il 20 per cento. “Nel corso dell’ultimo anno, il potenziale di performance della regione è tornato in evidenza, con rendimenti superiori al 25 per cento”. In sostanza, anche se il sentiment sui mercati emergenti oggi è fin troppo ottimistico e molti investitori sono già sovrappesati sulla regione, le prospettive a lungo termine continuano ad essere buone. “Il 2011 dovrebbe essere un anno positivo per le azioni, per le commodity e per il reddito fisso, grazie al miglioramento dell’outlook per le asset class più rischiose”. Aigner per i prossimi mesi suggerisce agli investitori di concentrarsi su azioni europee e dei mercati emergenti o su un fondo con focus sulle commodity. All’interno dei mercati obbligazionari, invece, sono da preferire i corporate bond o un investimento ben diversificato nei bond denominati in valuta locale dei mercati emergenti. Il ruolo dell’inflazione I tassi di interesse rimarranno bassi per il prossimo futuro nella maggior parte dei paesi occidentali, in particolare negli 36
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Ma quanto costa il ripristino dei sistemi It Guasto, ripristino, ripartenza: tempi e risorse persi dal settore Finance in attesa che i computer tornino a funzionare. CA quantifica questi costi proponendo un approccio ragionato al recovery management C’è qualcosa che non funziona tra modi e tempi che le aziende italiane del comparto Finance adottano nella gestione dei sistemi da ripristinare dopo uno stop imprevisto. Una ricerca a cura di CA Technology lascia emergere numeri sconcertanti: l’impresa italiana media del settore Finance perde ogni anno 170 ore-uomo a causa dei downtime, cioè dei ‘fuori servizio’ dell’It aziendale. Quindi i dipendenti che svolgono un’attività soggetta a questi blackout informatici riuscirebbero a lavorare soltanto al 77% della loro normale produttività. La percentuale arriverebbe all’83% anche dopo il ripristino dei sistemi, in attesa del recupero dei dati. Secondo CA Technology, in sostanza, il tempo necessario per recuperare i dati persi può essere equivalente alla durata del fermo stesso. Com’è possibile? Secondo Giampaolo Sticotti, Channel Account manager della business unit CA Recovery Management & Data Modeling, una motivazione ci sarebbe: “Numerose aziende affrontano il tema del ‘data recovery’ solamente con le procedure legate al backup dei dati, cioè mettendoli al riparo da eventuali perdite. Spesso però si limitano a questa fase, senza focalizzare l’attenzione su una soluzione di ‘recovery management’ che invece dovrebbe essere più orientata a ottimizzare i tempi di ripristino adottando le corrette strategie. Oggi le tecnologie disponibili consentono di integrare le classiche soluzioni di backup con moderne soluzioni per il ripristino veloce se non addirittura immediato delle funzionalità ‘business critical’ dei sistemi”.
un percorso basato sulla conoscenza: “Un assessment dell’attuale strategia potrebbe fornire una risposta ottimizzata e personalizzata per ogni realtà, ma è possibile comunque delineare un insieme di aree di attenzione sulla quale focalizzare l’attenzione. Innanzitutto occorre dotarsi di una strategia modulare, che possa da subito
Un percorso basato sulla conoscenza Giampaolo Sticotti, Channel Account manager CA Recovery Management & Data Modeling business unit
Va segnalato che, nonostante questi dati preoccupanti, dei quattro settori che sono stati oggetto della indagine (Finance, Retail, Public, Manufacturing), il Finance risulta “miglior secondo” dopo il Retail, che risulta essere quello meno colpito dai guasti dei sistemi It. La complessità dei sistemi nel settore Finance fa sì che i tempi di ripristino risultino comunque “importanti”, come detto paragonabili ai tempi di fermo stessi. Il fatto è che molte realtà stanno solo ora avvicinandosi al tema del data recovery, cioè alla tematica di data protection affrontata dal punto di vista del “post guasto”, quando cioè si devono ottimizzare i tempi di ripristino partendo dalle copie di backup o dai sistemi di replica o garantire continuità di servizio con sistemi per l’alta affidabilità. Spesso questo non comporta lo stravolgimento delle attuali strategie per la data protection, ma piuttosto la loro estensione e integrazione con soluzioni e tecnologie specificamente progettate per garantire rapidi ripristini o la continuità di servizio. È necessario a questo punto - siccome la tecnologia lo consente - che le aziende del Finance pongano in essere sistemi o processi in grado di abbassare il più possibile i tempi di recupero dei dati. Sticotti propone
fornire un discreto livello di protezione ma che possa anche agevolmente evolvere per abbracciare i vari temi del ‘data protection’. Il primo step è quello di focalizzare il disegno della soluzione sui tempi di ripristino, identificando quali dati rappresentano il core business dell’azienda e per i quali quindi si debba prevedere un sistema che garantisca massima affidabilità e continuità del servizio: questa è quindi una fase di identificazione delle tipologie di dati”. Anche la dislocazione dei dati (sia in senso fisico che logico) è un elemento da considerare, perché influisce sia sui tempi di ripristino e sui livelli di servizio che sui costi della soluzione. Poi occorre identificare quale politica di protezione adottare in relazione all’importanza del dato, ai tempi di ripristino richiesti e alla luce ovviamente di eventuali normative vigenti. “Alla fine, conclude Sticotti, si scelgono gli strumenti da utilizzare, considerando la possibilità di evoluzione del business delle aziende, della crescita del volume dei dati, della necessità di incrementare il livello di servizio nel tempo, senza dover ridisegnare ogni volta la strategia, con un impatto importante sui costi e i tempi di implementazione”. 37
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Tra carte di debito e prepagate Nel 2010 la spesa con carte Visa in Europa ha superato quota mille miliardi di euro. Il mercato italiano si distingue per il boom delle prepagate
Oggi un euro su otto di spesa avviene su carte Visa. Un considerevole passo avanti per Visa Europe, ma a ben vedere per tutto il mondo delle carte di credito in generale, se si considera che nel 2000 tale rapporto era di un euro su 18 (nel 2009 invece era di un euro su nove). E ora l’obiettivo è arrivare a un euro su cinque, o addirittura quattro, in funzione dello sviluppo del mercato dei pagamenti. “L’esercizio 2010 di Visa Europe, dichiara il direttore commerciale Steve Perry, ha evidenziato un incremento di oltre 16% della spesa con carte Visa per un valore totale di 1.000 miliardi di euro. Nel 2010 è risultata particolarmente importante la crescita delle carte di debito Visa, alle quali oggi è da attribuire il 70% volumi generati da carte Visa in Europa. Si tratta dello strumento di pagamento preferito dalla maggior parte dei consumatori, con una crescita rispetto all’esercizio 2009 di circa il 20% nei volumi di spesa e del 19% nel numero di transazioni. Il numero di carte di debito Visa è aumentato di oltre 12%, incluse 14 milioni di carte V Pay (la carta di debito europea di Visa Europe, esclusivamente ‘Chip & Pin’, ndr). Questi numeri significativi sono stati conseguiti grazie all’impegno di Visa nei confronti di tutti i propri referenti: dalla maggiore qualità del servizio offerto ai consumatori Davide Steffanini, direttore generale di Visa Europe in Italia
Visa Europe ha riportato ricavi per 879 milioni di euro. A seguito di restituzione ai soci di ricavi per 158 milioni, questo risultato ha generato un margine pre-imposte di 76 milioni che è stato trattenuto in azienda a supporto dell’incremento del capitale e delle riserve, ora a quota 574 milioni. In Italia è boom per le prepagate Per quanto riguarda il mercato italiano, “i risultati sono buoni, dice Davide Steffanini, direttore generale di Visa Europe in Italia, anche se meno brillanti rispetto al resto dell’Europa. Anche in Italia si riscontra il trend che vede gli utenti spostarsi dalla carta di credito alla carta di debito, ma in particolare in Italia si sta imponendo il fenomeno delle carte prepagate, che in sostanza tende a ‘estremizzare’ il concetto di controllo della spesa tipico della carta di debito. L’Italia per questa tipologia di prodotto rappresenta oggi il primo mercato in Europa con ben 9,7 milioni di carte in circolazione e una spesa annua di 8 miliardi di euro, e peraltro siamo solo all’inizio di un ciclo che si sta sviluppando”. Nel 2010 la diffusione delle carte Visa si è attestata a
alla diminuzione delle commissioni di cui hanno potuto beneficiare gli esercenti e al maggiore coinvolgimento nel settore pubblico e nei programmi governativi per incrementare la diffusione delle carte, secondo la logica della ‘war on cash’ e della lotta all’economia sommersa”. Andando nello specifico dei risultati finanziari, nel 2010 38
di transazioni, delle quali nessuna fraudolenta, l’Italia si conferma il paese in Europa dove V Pay ha realizzato il suo massimo successo in termini di utilizzo in totale sicurezza. Il motivo è da ricercarsi nelle caratteristiche di questa carta di debito, che è molto semplice da usare, completamente sicura e anche competitiva dal punto di vista dei costi”. La lotta al contante nel 2011
quota 28,4 milioni, in crescita del 8,2% rispetto all’anno precedente. Il volume totale di spesa dei titolari di carte Visa in Italia ha registrato un incremento del 3,7% rispetto allo scorso esercizio per un totale di 44,8 miliardi di euro. I volumi di acquisto presso i terminali Pos hanno raggiunto quota 37,7 miliardi, mentre il numero di transazioni ha riportato una crescita di circa il 6% rispetto al 2009 totalizzando 433 milioni di operazioni. Per quanto riguarda V Pay, in Italia si sta imponendo più che in altri paesi. “Con 3,5 milioni di carte V Pay in circolazione, un volume di spesa totale di 1,1 milioni di euro e 15,5 milioni
Il nuovo esercizio 2011, prosegue Steffanini, vedrà Visa Europe continuare il proprio impegno nella lotta al contante insistendo innanzitutto sulla penetrazione delle carte in tutti i segmenti di mercato, attraverso investimenti in innovazione e campagne di comunicazione e promozioni, così come sull’accettabilità da parte dei merchant anche nei settori finora più “chiusi”, a cominciare ad esempio dalla Pubblica Amministrazione. “In particolare, spiega Steffanini, la chiave dell’innovazione sarà utilizzata da Visa per incrementare l’accesso ai nuovi mercati, a cominciare dal mobile. Ad esempio, sul versante pagamenti di piccolo importo, il 2011 sarà caratterizzato dall’ulteriore diffusione dei pagamenti contactless e dall’espansione della sperimentazione dei mobile payments. In ogni caso, il settore delle carte prepagate godrà di un ulteriore impulso grazie a nuove piattaforme di prodotto rivolte sia ai consumatori sia alle aziende. Senza dimenticare le risorse da dedicare alla preparazione dell’evento dei Giochi Olimpici nel 2012 di cui Visa è partner”.
Green Globe Banking www.ggbanking.it
GLOBIZ promuove ed organizza GREEN GLOBE BANKING AWARD, Premio a carattere nazionale da assegnare all'Istituzione bancaria/ finanziaria che abbia realizzato la miglior esperienza progettuale volta a favorire il sostegno e la valorizzazione della sostenibilità ambientale. 39
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Solvency II? Costa troppo Secondo un sondaggio di Accenture oltre la metà (57%) delle compagnie assicurative europee prevede che il costo per adeguarsi alla direttiva Solvency II sarà più caro del previsto Solvency II sarà più cara del previsto. Anche molto più cara, in alcuni casi. E’ quanto emerge da un sondaggio a cura di Accenture presso 29 compagnie assicurative europee (di cui tre italiane). In sostanza, più della metà (57%) delle compagnie di assicurazione europee prevede che il costo totale della conformità con la direttiva Solvency II sarà più elevato di quanto inizialmente stimato. Circa un terzo (29%) delle compagnie intervistate si aspetta di spendere più di 25 milioni di euro per adeguarsi alla direttiva, e tra questi il 7 % prevede di spendere più di 100 milioni. Si pensi che in occasione di un analogo sondaggio di Accenture nel 2007, solo il 4% delle assicurazioni aveva dichiarato di prevedere una spesa superiore ai 26 milioni
inizialmente stimato”. Peraltro, prosegue Sarrocco, “i costi potrebbero essere ancora più alti per via della forte competizione tra le compagnie di assicurazione per reclutare i migliori talenti esperti in risk management e It architecture, dove le competenze sono ancora carenti, che le aiutino a garantire il rispetto delle indicazioni attuative stabilite dalla direttiva entro i prossimi due anni”. Ottimismo sulla scadenza In ogni caso, permane un certo ottimismo per quanto riguarda il rispetto della scadenza del 2012. La maggior parte degli assicuratori europei intervistati (53%) pensa
Fabrizio Sarrocco, responsabile Finance & Performance Management Italia di Accenture
di euro e nessuna si aspettava di dover spendere più di 100 milioni. “Con l’avvicinarsi della scadenza del 2012 e con la recente crisi economica globale che ha puntato i riflettori sulla questione della gestione del rischio, dichiara Fabrizio Sarrocco, responsabile Finance & Performance Management Italia di Accenture, le compagnie di assicurazione si rendono conto che Solvency II e il suo impatto sul processo decisionale a tutti i livelli dell’azienda implicano una trasformazione molto più profonda della loro organizzazione, dei processi e dei sistemi informatici. Rispetto a tre anni fa, le compagnie hanno ora una migliore comprensione della portata, delle implicazioni e della complessità legate all’attuazione e alla concretizzazione di tutti e tre i pilastri intorno a cui è strutturata Solvency II. Questo potrebbe spiegare i costi più elevati di quanto
che riuscirà sicuramente a rispettare la scadenza fissata al 2012 per l’adeguamento, e meno di un terzo (29 %) ha dichiarato che sono necessari ulteriori interventi per rispettare la scadenza. Il 14% ha affermato che intende garantirsi la conformità assolvendo a un numero minimo di requisiti obbligatori, rimandando l’implementazione delle misure rimanenti a dopo il 2012. Il 4% ha ammesso che probabilmente non riuscirà essere ad conforme entro il termine stabilito. Le sfide più importanti Accenture ha inoltre rivelato che fra le tante sfide che il rispetto della Solvency II comporterà, le due più importanti sono considerate l’implementazione delle soluzioni di gestione dei dati che garantiranno la completezza e l’accuratezza dei dati di conformità 40
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elevato di applicazioni attualmente in uso per modellare i diversi tipi di rischio. “Sebbene la maggior parte degli assicuratori sia convinta di riuscire a rispettare la scadenza di adeguamento entro il 2012, conclude Sarrocco, rimane ancora molto da fare prima di portare a termine i programmi per l’attuazione di Solvency II. Molte assicurazioni stanno mettendo a punto il proprio piano d’azione per l’attuazione della Solvency II, ma lo sforzo maggiore è di fatto ancora da compiere, la sfida più grande sarà trasformare questi concetti in realtà”.
richiesti, e l’ottenimento delle approvazioni necessarie dei modelli interni per il calcolo dei requisiti di capitale di solvibilità, entrambe menzionate dal 45% degli intervistati come aspetti molto importanti. Il terzo aspetto più rilevante, citato dal 38% degli assicuratori, è la capacità di integrare i modelli interni nella funzione globale di gestione del rischio della compagnia. Altro punto di rilievo emerso: il 69% delle compagnie di assicurazione ha dichiarato di avere ancora molto da fare per definire e implementare un’architettura It di gestione del rischio integrata, che consentirà agli assicuratori di avere un’unica visione consolidata del rischio generale assunto dalla loro organizzazione, rispetto al numero
Il costo per adeguarsi alla direttiva Solvency II sarà più caro del previsto
Gli altri punti chiave emersi dal sondaggio Accenture •Gli assicuratori prevedono un’ondata di fusioni e acquisizioni come risultato della direttiva. Più della metà (55%) degli intervistati prevede che l’attuazione della Solvency II darà impulso al consolidamento nel settore assicurativo. •Si prevede un aumento dei requisiti di capitale. Due terzi (66%) degli assicuratori intervistati si aspetta un aumento dei requisiti di capitale nel ramo vita, e il 61% prevede un aumento nel settore danni. •Si prevedono impatti positivi per il settore e per le singole compagnie di assicurazione. Quasi tutti (97%) gli assi curatori intervistati hanno dichiarato che dal recepimento di Solvency II si aspettano un impatto generalmente positivo sul settore assicurativo, e altrettanti hanno affermato che si aspetta un impatto positivo sulla propria compagnia.
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Carriere
Cariparma
Carispezia Il CdA Cassa di Risparmio della Spezia, eletto a seguito dell’ingresso della banca nel Gruppo Cariparma FriulAdria, ha nominato Roberto Ghisellini direttore generale dell’istituto. Ghisellini, classe 1960, di Rovigo, ha fatto il suo ingresso nel mondo bancario nel 1986, presso l’allora Credito Commerciale, realtà successivamente acquisita dalla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza. Nella nuova banca, Ghisellini ha ricoperto incarichi di crescente complessità e ruoRoberto Ghisellini direttore generale
li sempre più manageriali in diverse parti
della Cassa di Risparmio della Spezia
d’Italia. Dal 2006 a oggi è stato responsabile della
direzione Retail, ruolo che lo ha impegnato anche in momenti chiave quali il passaggio della banca al Gruppo Crédit Agricole, nel marzo 2007, e la contestuale nascita del Gruppo Cariparma. Nel 2010 viene nominato direttore centrale, incorporando sotto la sua guida anche il settore Private del Gruppo Cariparma. Dal 2009 è inoltre consiglieMassimo Basso Ricci, vicedirettore
re di amministrazione di Crédit Agricole Assicurazione e Crédit Agricole Vita.
generale di Cariparma Il Consiglio di Amministrazione di Cari-
Federazione Lombarda Bcc
parma (Gruppo Crédit Agricole) ha nominato Massimo Basso Ricci vicedirettore generale di Cariparma. Basso Ricci, bergamasco, classe 1957, ha assunto il nuovo incarico dal 1° gennaio 2011; in precedenza era responsabile della direzione centrale Governo Risorse Umane del Gruppo Cariparma FriulAdria. Ora, riportando al Ceo di Cariparma Friuladria, Giampiero Maioli, avrà la responsabilità dell’Organizzazione, dell’Information
Pietro Galbiati, direttore generale della Federazione Lombarda delle Banche di
Technology, delle Risorse Umane, degli
Credito Cooperativo
Immobili e Acquisti del Gruppo Cariparma Friuladria.
Il Consiglio di Amministrazione della
tivo, quando è entrato a far parte del CdA
Entrato lo scorso agosto in Cariparma
Federazione Lombarda delle Banche di
di una delle 45 Bcc lombarde, nella quale
Friuladria, Basso Ricci ha maturato
Credito Cooperativo ha nominato Pietro
ha ricoperto incarichi di responsabilità,
significative e crescenti esperienze nel
Galbiati nuovo direttore generale.
passando nell’arco di un decennio dalla
sistema bancario italiano: dal 1996 al
Galbiati, 49 anni, milanese, già vicediret-
vice direzione alla direzione. “Il mio im-
1999 direttore Risorse Umane e Sviluppo
tore dal 2009, raccoglie il testimone da
pegno, ha affermato Galbiati, sarà rivolto
Organizzativo della Banca Agricola Man-
Filippo Spina – da quattro anni alla dire-
ad aprire nuove prospettive, nel richiamo
tovana, dal 1999 al 2009 vicedirettore
zione della Federazione - che assume la
costante ai valori costitutivi del Credito
generale vicario del Gruppo Banca CR
carica di condirettore.
Cooperativo, per uno sviluppo coerente
Firenze, gestendo, negli ultimi due anni,
Galbiati proviene dal mondo della libe-
ed equilibrato che affronti le sfide attuali.
l’integrazione all’interno del Gruppo
ra professione, che ha esercitato fino
In particolare, al centro del nostro quo-
Intesa Sanpaolo, dove ha assunto nel
al 1999, a stretto contatto con la realtà
tidiano operare dovremo focalizzarci su
2010 un ruolo di rilievo all’interno della
delle Pmi lombarde. Risale al 1993 il suo
autorevolezza, indipendenza, capacità
divisione Banche Estere.
ingresso nel mondo del Credito Coopera-
d’intervento e competenza tecnica”.
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Carriere
Zurich
Saxo Bank Gian Paolo Bazzani, 42 anni, è il nuovo amministratore delegato di Saxo Bank Italia, banca danese specializzata nel trading e negli investimenti on line. Bazzani, che lascia dopo cinque anni Barclays, presso la quale ha avuto la responsabilità in Italia del segmento di clientela retail e dell’area investimenti, guiderà lo sviluppo del business della banca in Italia, sia nel segmento retail, sia in quello dei clienti istituzionali, principalmente banche e Sim cui Saxo offre versioni personalizzabili della propria piattaforma di trading multiasset ma anche fondi di investimento ai quali viene offerto l’accesso completo ai mercati. In precedenza
Domenico Quintavalle, chief financial officer del Gruppo Zurich Italia Zurich Italia ha annunciato la nomina di
do assicurativo, Quintavalle è entrato in
Domenico Quintavalle a chief financial
Zurich due anni fa con la qualifica di re-
officer del Gruppo Zurich Italia. A seguito
sponsabile Planning and Agency Deve-
di questa nomina, Quintavalle, 43 anni,
lopment nella struttura Reti di Vendita.
barese, entrerà a far parte dell’Executive
In precedenza ha lavorato per 21 anni in
team di Zurich Italia.
Allianz, azienda all’interno della quale ha
Quintavalle, che riporterà direttamente
coperto diversi ruoli in più aree. E’ inoltre
a Camillo Candia, Ceo di Zurich Italia, e a
stato Ceo di Darta Saving, società inter-
Mike Reid, Cfo Europe e Zurich Insuran-
nazionale di assicurazioni Vita del Grup-
ce Plc, sostituisce Michelangelo Avello, al
po Allianz. Prima della sua nomina a Cfo,
Gian Paolo Bazzani, amministratore
quale sarà affidato un nuovo ruolo all’in-
Quintavalle era basato presso la sede
delegato di Saxo Bank Italia
terno dell’azienda.
principale del Gruppo Zurich a Zurigo, oc-
Con oltre 23 anni di esperienza nel mon-
cupandosi di progetti speciali.
Bazzani, che vanta esperienze anche in UniCredit e Credito Valtellinese oltre a un decennio nel mondo delle reti di promo-
Ing Investment Management
zione finanziaria, ha avuto la responsabilità dell’offerta di servizi in white labelling
Gerardo Galvano è il nuovo Marketing
di Sanpaolo Wealth Management sotto
& Communication manager di Ing In-
la guida di Marco Mazzucchelli. “Gian
vestment Management Italia. Galvano, 37
Paolo, ha commentato Niels Vahman,
anni, dopo alcuni anni trascorsi nel setto-
regional head Southern Europe di Saxo
re della consulenza, nel 2000 è entrato
Bank,porta con sé un ricco know-how ed
in Banca Intermobiliare dove per dieci
esperienze di alto profilo che contribui-
anni ha svolto numerosi incarichi fino
ranno allo sviluppo della banca in Italia sia
ad assumere la qualifica di responsabile
nel segmento retail sia in quello dei clienti
Marketing e Comunicazione. In Ing IM Ita-
istituzionali dove, a livello globale, offria-
lia risponderà direttamente al managing
mo già la versione personalizzata della
director Fabrizio Meo e avrà il compito di
nostra piattaforma a oltre cento clienti,
definire le strategie di marketing e comu-
tra i quali importanti realtà finanziarie
Gerardo Galvano, Marketing &
nicazione a supporto della distribuzione
come Citibank e aziende come Microsoft
Communication manager di Ing
in Italia delle soluzioni di investimento
che proprio di recente ha scelto Saxo per
Investment Management Italia
proposte dalla società olandese.
il lancio di Msn Trader”.
43
Carriere
Banca Popolare FriulAdria Sante Merlo, 56 anni, trevigiano, è il
Venezia Giulia, dove ha ricoperto incarichi
nuovo responsabile dell’Area Friulgiulia
di crescente responsabilità prima come
della Banca Popolare FriulAdria (Grup-
direttore della filiale di Trieste via Mazzini
po Crédit Agricole). Nell’organizzazione
e quindi a Pordenone come responsabile
territoriale di FriulAdria, l’Area Friulgiulia
del Centro Imprese, responsabile di mer-
(con sede a Udine) conta 69 filiali, di cui
cato e responsabile territoriale nel corso
54 in provincia di Udine, 8 in provincia di
del 2010.
Trieste e 7 in quella di Gorizia. Merlo, che sostituisce Daniele Lattanzi destinato ad altro incarico, ha iniziato la
Sante Merlo,
carriera bancaria nella Banca Cattolica
responsabile
del Veneto nel 1976. Ha assunto incarichi
dell’Area
di direttore di filiale sin dagli inizi degli
Friulgiulia della
anni 80, in diverse filiali della provincia di
Banca Popolare
Treviso. Dal 1992 risiede e opera in Friuli
FriulAdria
Algebris Investments Algebris Investments, boutique londi-
e membro del CdA di In Alternative Sgr,
nese di asset management specializza-
dove dal 2006 si è occupato di accresce-
ta in investimenti alternativi (oggi vanta
re gli asset dei fondi di fondi hedge gestiti
circa 1,4 miliardi di dollari in gestione),
dalla Sgr italiana. Prima di approdare a In
ha affidato ad Alessandro Lasagna, in
Alternative Sgr, dal 2003 al 2006 ha lavo-
qualità di partner, l’incarico di sviluppare
rato in Schroders Londra quale executive
da Londra il business europeo di Algebris
director responsabile per il team Inter-
a partire dall’Italia. Le tappe successive
nazionale della private bank e membro
della strategia di espansione saranno la
dell’executive committee e del comitato
Spagna e la Svizzera.
d’investimento. Dal 1997 al 2003, è stato
Lasagna, 42 anni, già membro del CdA di
in Merrill Lynch per i primi tre anni a Mila-
Algebris Global Financials Fund dal 2006,
no e dal 2000 in qualità di director pres-
vanta una lunga esperienza nel mondo
so Merrill Lynch Investment Managers a
Alessandro Lasagna, partner di Algebris
degli investimenti alternativi grazie tra
Londra.
Investments
l’altro al suo ruolo di partner fondatore,
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Storie di business
Triveneto Bassilichi vuol dire monetica L’ingresso del Consorzio Triveneto nel Gruppo Bassilichi, sottolineano i vertici delle due società, ha portato alla costituzione di un polo nazionale della monetica, in grado di sviluppare progetti innovativi ed erogare un’ampia gamma di servizi di qualità
Samuele Sorato, presidente di Triveneto Bassilichi
Leonardo Bassilichi, direttore generale del gruppo Bassilichi
“Monetica e corporate banking restano i settori strategici su cui l’azienda ha focalizzato in questi anni la propria attenzione, anche se si stanno aprendo nuovi ambiti di mercato grazie al modello di servizio del Business Process Outsourcing”. Così Samuele Sorato, presidente del Consorzio Triveneto, traccia il profilo evolutivo dell’azienda padovana, entrata a far parte nel 2008 del gruppo Bassilichi, ossia uno dei principali player italiani nell’ambito del Bpo con un’offerta che copre quattro aree: monetica, back office, sicurezza e facility management. Per il Consorzio Triveneto l’esercizio 2009 è stato caratterizzato dalla presa in carico del parco Pos del Gruppo Montepaschi, sia per le attività precedentemente svolte dalla capogruppo Bassilichi, sia per la componente di processing svolta dal Consorzio Operativo del Gruppo Mps. In totale, sono attualmente gestiti oltre 210mila Pos in tutta Italia,con un incremento del parco di oltre il 50% sull’esercizio precedente, mentre sono oltre 120mila le aziende clienti del corporate banking. “La svolta si è realizzata due anni fa, ha spiegato Sorato, intervenuto in occasione dell’open day che il Consorzio ha organizzato presso la propria sede di Padova per festeggiare i vent’anni di attività, quando ci si è resi conto di aver esaurito il nostro potenziale di crescita per l’impossibilità di creare ulteriori economie di scala, fondamentali nel tipo di attività del Consorzio. Perciò abbiamo deciso di dare
vita a una partnership con una struttura complementare, in modo da originare proprio quelle economie di scala di cui avevamo bisogno. Con l’ingresso nel Gruppo Bassilichi, siamo passati dalla forma consortile a quella della società per azioni, ma la logica di condivisione e compartecipazione delle decisioni (ad esempio con le banche socie) è stata mantenuta. In questo modo anche i Pos di Mps sono entrati nell’orbita operativa di Triveneto Bassilichi, raddoppiando di fatto i volumi”.
Spazio per gli outsourcer qualificati Secondo Sorato, oggi sul mercato esiste un’opportunità enorme per l’outsourcing qualificato. “Le banche che utilizzano i nostri servizi sono tipicamente quelle territoriali, di prossimità, perché nei prossimi anni saranno costrette a essere sempre più concentrate sulla clientela e sul proprio territorio di riferimento. Allo stesso tempo, dovranno però stare attente a non farsi disintermediare in settori chiave come quello della monetica. Di qui l’opportunità e la necessità di demandare a outsourcer qualificati come Triveneto Bassilichi il compito di innovare e processare questo tipo di servizi. Per noi si prospetta quindi un futuro di crescita, che potrebbe anche aprire la possibilità per ulteriori acquisizioni. Sul mercato esistono infatti altre realtà di piccole dimensioni che 46
Storie di business
propria offerta con i servizi di corporate banking a supporto delle imprese. “L’obiettivo iniziale dell’operazione è la piena integrazione fra le due società, poi si punta allo sviluppo dei sistemi di pagamento verso nuovi orizzonti sulla scia di quella ‘War on cash’ che da anni le istituzioni italiane ed europee stanno portando avanti”.
possono essere integrate. Del resto oggi nel mondo dell’It il tema fondamentale è proprio questo dell’integrazione attraverso le opportune forme di collaborazione e partnership. Per quanto ci riguarda, noi oggi guardiamo alla monetica, al back office e al corporate banking per trovare nuovi player con cui collaborare. Le possibilità di incrementare i volumi restano comunque molto ampie, perché ad esempio anche per il back office esistono precise esigenze di esternalizzazione da parte delle banche. Infine un settore che non vogliamo assolutamente trascurare è quello del mobile. In questo ambito esistono notevoli possibilità di sviluppo facendo leva sulla tecnologia Rfid abbinata al cellulare, che è in grado di equipaggiarsi con molteplici sistemi di pagamento”. Anche in questo settore, sostiene Sorato, le banche devono stare attente al pericolo disintermediazione da parte di player che per natura sono molto più rapidi a reagire all’evoluzione del mercato. “Anche in questo caso vediamo un’opportunità di sviluppo per l’outsourcing qualificato, ma va comunque detto che per ora i mobile payments non hanno raggiunto una massa critica sufficiente, così come probabilmente anche uno standard tecnologico internazionalmente condiviso”.
Cassandra ottimizza il cash management Bassilichi ha reso disponibile Cassandra, sistema esperto predittivo di supporto alle decisioni che è stato sviluppato per migliorare il controllo della giacenza globale del contante. Il sistema si basa sull’equilibrio di più driver: costi gestionali (conto economico Atm), rischio (ad es. rapine) e qualità del servizio (disponibilità Atm). “L’idea alla base di questa soluzione, spiega Marco Di Cosimo, vicedirettore generale di Bassilichi, nasce dalla volontà di fornire alle banche uno strumento strategico nel cash management che può essere paragonato all’indicatore della benzina nelle auto. Infatti, generalmente si impiega molto tempo per elaborare le disposizioni al fine di gestire l’intero ciclo del contante da e verso le filiali, gli Atm, i caveau e le sale conta con notevole dispendio di energie. Cassandra permette invece di elaborare soluzioni ottimizzate, al fine di ridurre drasticamente i costi diretti e indiretti relativi alle giacenze”.
Al servizio della “guerra al contante” A Sorato fa eco Leonardo Bassilichi, direttore generale del gruppo Bassilichi (oltre mille dipendenti per un target di fatturato 2010 di circa 240 milioni, +12% rispetto al 2009), secondo il quale l’operazione Triveneto Bassilichi ha generato importanti sinergie e unione di competenze. Infatti, Bassilichi ha completato la propria soluzione Full Pos con le attività di processing e gestione delle transazioni; invece, nell’ambito dei servizi on line, ha potenziato la
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Storie di business
I dati, il cloud e lo storage per il mondo finance Tra i temi dominanti che Emc si trova ad affrontare per conto dei clienti finance, sottolinea Marco Fanizzi, District Sales manager Financial Services and Insurance di Emc Italia, rientra “la ricerca della virtualizzazione spinta dei data center, per renderli più efficienti e flessibili nel rispondere alle esigenze delle normative e del business. Questo senza dimenticare la sicurezza, componente chiave di ogni istituto finanziario”
Marco Fanizzi, District Sales manager Financial Services and Insurance di Emc Italia
prodotta nel 2006. Il settore finance è all’avanguardia nella ricerca di efficienza e qualità, dovendo assicurare ai suoi clienti velocità, sicurezza, disponibilità del dato pari o maggiore che in altri settori. La tecnologia, unita alle competenze, è quindi il fattore abilitante che permette flessibilità, controllo dei costi, scalabilità in linea con le richieste del business, sicurezza e semplicità. Tra i temi dominanti che le aziende come Emc si trovano ad affrontare per conto dei clienti finance, sottolinea Marco Fanizzi, District Sales manager Financial Services and Insurance di Emc Italia, rientra sicuramente “la ricerca della virtualizzazione spinta dei data center, per renderli più efficienti e flessibili nel rispondere alle esigenze delle normative e del business. Questo senza dimenticare la sicurezza, componente chiave di ogni istituto finanziario”. Ulteriori iniziative sono orientate al miglioramento della gestione della componente documentale, dalla
Tecnologie e architetture di storage, automazione e gestione dello storage e dell’informazione, software per la gestione documentale, servizi di consulenza e supporto clienti: dal 1979 a oggi Emc ha percorso strade innovative e recepito i cambiamenti dei mercati che richiedevano risposte sempre più stringenti ai fornitori di tecnologia. La sua capacità di offerta è andata crescendo negli ultimi cinque-sei anni, grazie alle oltre 40 acquisizioni di aziende. Contestualmente Emc ha continuato a investire il 10% del fatturato in ricerca e sviluppo. Gli utili netti 2008 si sono attestati a 1,35 miliardi di dollari. Sostanza, ricerca, tecnologia: l’azienda ha i numeri per raccontare dove sta andando l’It. E per spiegare come lo specifico settore del finance affronterà il tema della gestione dei dati. Senza dimenticare che, proprio in merito a questo argomento, Idc prevede che nel solo anno 2011 la quantità di informazioni digitali prodotte nel mondo sarà di 1.800 miliardi di gigabyte, ovvero dieci volte la quantità 48
Storie di business
Basta guardare nelle nostre case e ci accorgiamo che nel giro di pochi anni siamo diventati degli utenti evoluti e i supporti informatici solo per i dati personali sono passati da gigabyte a terabyte. Questo trend è confermato, se non accentuato, anche presso gli istituti finanziari
dematerializzazione al controllo dei processi di approvazione e di verifica e all’utilizzo di strumenti di compressione e deduplica dei dati.
compliance, flessibili e configurabili secondo le esigenze del cliente, fanno parte integrante della offerta Emc per la gestione dei rischi. “Basilea 3, spiega Fanizzi, è un ulteriore step: uno step necessario, ma che non sarà l’ultimo. Quello che da sempre cerchiamo di fare è proporre soluzioni che possano scalare con il minimo impatto possibile seguendo il cambiamento, la modifica e l’integrazione di nuove normative”.
Chi pensa alla qualità dei dati? Prima milioni di milioni, ora un volume quasi infinito di informazioni che non deve assolutamente andare perduto: la gestione dei dati è un punto cruciale. Per farlo comprendere, Fanizzi usa la strada della semplicità: “Basta guardare nelle nostre case e ci accorgiamo che nel giro di pochi anni siamo diventati degli utenti evoluti e i supporti informatici solo per i dati personali sono passati da gigabyte a terabyte. Questo trend è confermato, se non accentuato, anche presso gli istituti finanziari. La tecnologia è il fattore abilitante che permette di affiancare il concetto di qualità a quello di quantità in tutto il ciclo di vita del dato, di concentrare su supporti pregiati i dati più movimentati o quelli più rilevanti e di comprimere o deduplicare quelli meno utilizzati o da conservare secondo le norme vigenti per un certo periodo di tempo. Tutto questo senza impattare sulle applicazioni che sottendono al business. Strumenti sempre più evoluti e real time permettono di prevedere i picchi di crescita in funzione delle campagne marketing e delle necessità di business. La virtualizzazione dello storage è, oltre che il primo passo verso il private cloud, anche l’unico modo per avere la flessibilità e velocità corretta per seguire queste necessità”.
Il cloud computing nel futuro Recentemente pare che le aziende - anche del comparto finance - non riescano a fare a meno di soluzioni cloud per i propri computer. È davvero così? “Il cloud computing è il futuro, dice Fanizzi, è la risposta a una necessità del mondo economico e finanziario di essere sempre più globale e sempre più senza barriere senza per questo venire meno alle regole di sicurezza stabilite dagli organismi internazionali. È la necessità di gestire un’immensa mole di dati da più punti del mondo avendo sempre il corretto punto di consistenza. È la risposta che tutte le aziende stanno chiedendo alle società di tecnologia, che permette un cambio di paradigma e la capacità di gestire la complessità con un approccio più flessibile, scalabile e prevedibile nei costi”. Proprio in questo ambito Emc ha stretto un’importante partnership con Cisco e VMware, che ha come protagonisti i clienti. L’unione di queste tre aziende porta sicuramente il meglio dell’innovazione tecnologica: “La partnership strategica è stata costituita nell’ottica di fornire la migliore qualità, la migliore proposizione e presa in carico delle problematiche dei nostri clienti”. Sono gli stessi clienti che chiedono un cambio di passo che avrà un impatto sui processi interni all’It portando più efficienza e controllo. “Cambierà l’approccio nel richiedere potenza elaborativa e supporti per la memorizzazione dei dati. La globalizzazione del mondo enterprise e del settore finance, conclude Fanizzi, richiede strumenti flessibili, aziende flessibili e pronte a seguire le esigenze di business e a creare il nuovo futuro del mondo It”.
Il tema della compliance Da sempre nel mondo storage tradizionale, e a maggior ragione con l’acquisizione di Rsa (specializzata nella protezione e nella gestione delle identità on line e degli asset digitali), Emc si è posta il problema della compliance dei dati rispetto alle normative internazionali e agli standard di sicurezza che ogni istituto si pone. Strumenti di crittografia dei dati alla fonte e nel trasferimento su lunga distanza e cruscotti di monitoring real time della 49
Stile
Vorrei ma posso: la vacanza benessere Per rilassare corpo, anima e mente, essenziale è affidarsi a operatori specializzati nella “coccola”: consigli e indicazioni per un tempo - anche breve - che sia di vero relax Il benessere è la nuova filosofia di vita che sta modificando il comportamento delle persone. Essendo il tempo il bene più prezioso, specie per i manager e i professionisti, occuparlo in modo intelligente è prioritario. E abbinare al tempo del relax quello della cura di sé è quanto di più esclusivo si possa desiderare. Inutile lavorare 12 ore al giorno se poi non si riesce – proprio quando si è in vacanza - a dar voce al proprio animo in cerca di ristoro. L’offerta turistica italiana ha da tempo compreso questa tendenza, e le strutture ricettive si sono attivate in modo da offrire al loro interno, senza che l’ospite sia costretto a spostarsi da un posto all’altro, tutto quanto egli possa desiderare, purché porti in dote una discreta disponibilità economica. Se siete alla ricerca del giusto posto in cui farvi coccolare e rilassare mente, corpo e anima, dovete prima assicurarvi che la proposta turistica sia di eccellente qualità. Per esempio, gli alberghi o gli agriturismi dotati di Spa devono essere collocati in un posto gradevole alla vista, lontano dallo smog, dal traffico, dalla confusione, e da tutto ciò che può contribuire a rovinare un clima che deve essere di assoluta pace. Le strutture devono poi essere nuove, ma allo stesso tempo già ben collaudate: ciò significa che ogni servizio è già stato tarato sulle reali esigenze del cliente. La Spa deve garantire la presenza di professionisti specializzati, in grado di effettuare i trattamenti con competenza, non solo estetica, ma anche “curativa”. Siccome poi non si vive di soli massaggi, l’ideale è scegliere un luogo nel quale tutti i cinque sensi siano positivamente stimolati, per esempio da cene e pranzi ristoratori e di qualità, il tutto incorniciato da un panorama naturale unico. Mare, lago, collina, montagna, l’offerta wellness italiana - ottima perché combina le bellezze della penisola con le ultime frontiere della vacanza in relax - può essere personalizzata. Anche se avete a disposizione solo un weekend, resterete stupiti nello scoprire come anche solo 48 ore possano essere perfette per prendersi cura di sé.
di Garda, che sa essere più splendente di qualunque mare, ricco di vegetazione mediterranea abbarbicata lungo pendii anche scoscesi. In questa cornice unica, anche per il microclima nel quale si è immersi, le offerte benessere sono targate quattro stelle. Per esempio, il Du Lac et Du Parc Grand Resort di Riva del Garda (www.dulacetduparc.com), che vanta un parco secolare, bungalow e suite principesche ma moderne, propone trattamenti a pacchetto, per lei e per lui, ciascuno dei quali ha il nome di un fiore. Se Dalia comprende impacchi drenanti, massaggi di riequilibrio dei liquidi, pressoterapia, Peonia propone la riscoperta della millenaria cultura e filosofia del benessere orientale. Alla fine dei trattamenti, un tuffo nella piscina immersa nel parco, e la vita assume tutto un altro colore. Se cercate invece un centro benessere che abbia come “plus” la vicinanza ai campi da sci, per abbinare vacanza sportiva a momenti rilassanti, più a nord del Lago di Garda trovate, all’Alpe di Siusi, a Castelrotto, il Schgaguler Alpine Design & Spa Hotel Dolomites
Dal lago al monte, il lusso sul lettino Un bell’albergo dotato di ogni comfort non è più sufficiente per soddisfare il cliente esigente. Occorre ben di più: per esempio la vista meravigliosa del Lago 50
Stile
(www.schgaguler.com). La struttura è stata progettata architettonicamente in modo che da ogni parte dell’albergo si possa godere il più possibile della magnificenza del panorama dolomitico, con l’altipiano dello Sciliar in primo piano. La Spa dell’hotel è ampia 1.400 metri quadri; a disposizione, oltre a piscine interne ed esterne (idromassaggio compreso), la sauna finlandese, la zona ghiaccio, le vasche kneipp, il bagno di fieno, e ogni genere di trattamento, dal bagno al decotto di birra. La collina toscana, dolci pendii e trattamenti invitanti Lasciate le asperità della montagna, eccoci alle leggere pieghe delle colline toscane. Occorre lasciare le città d’arte per addentrarsi in campagna, e scoprire quanto possa essere piacevole lasciarsi avvolgere da oli, profumi e silenzio avendo come unico scopo della giornata quello di prendersi cura di sé. A pochi chilometri da Siena si trova l’antico Borgo La Bagnaia (www.borgolabagnaia.com), che è stato ripensato per offrire il golf club, la struttura ricettiva con camere personalizzate singolarmente, arredate secondo un mix di gusto europeo e cinese. Punto di forza è però la Buddha Spa, che utilizza un’acqua curativa un tempo considerata portatrice di poteri straordinari, che si ritrova anche nelle piscine. Da non perdere, se si è in coppia, il percorso “Miscela di benessere”, che propone cinque ore da trascorrere con il partner passando tra bagno d’aroma, sauna, bagno turco, idromassaggio, respirazione a ritmo dorato (arricchito con l’utilizzo di prodotti speciali miscelati con oro).
ripulirsi dalle tossine. Per esempio, il Pacchetto Trilogy comprende, oltre a pernottamenti e cene, il massaggio corpo ayurvedico con oli caldi, il massaggio ayurvedico della testa e schiena e piedi, oltre all’uso delle piscine termali (con acque salsobromoiodiche) comunicanti con l’idromassaggi. E per chi chiede l’impossibile… Cinque stelle, un campo da golf da 18 buche adiacente, 76 camere, 5.000 metri quadri di wellness: questi sono i numeri del Golf & Spa Resort Andreus di San Leonardo in Passiria (www.andreus.it), nei pressi di Merano. L’offerta della Vital Spa comprende, tra gli altri, bagno del Serraglio, Ayurveda & Aquaveda, Holostic Cocooning, massaggi tradizionali ed esotici.
Abano, la patria della terme Non sempre la semplice frequentazione di un wellness può essere sufficiente per dare compimento a una vacanza benessere: alcune persone potrebbero necessitare di trattamenti curativi, non solo estetici, a base di acqua termale. Abano e Montegrotto, in Veneto, hanno saputo concentrare il meglio del turismo termale, “portando” in ogni hotel la speciale acqua curativa. Diverse sono le strutture d’eccellenza cui vi potete rivolgere. Qui citiamo i pacchetti benessere dell’Hotel Terme Esplanade Tergesteo di Montegrotto Terme (www.esplanadetergesteo.it), specifici per rilassarsi e 51
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