6 minute read
Halo, Chi è stato?
Chi è stato?
di Halo
Una notte buia, fredda, tempestosa e spaventosa stava arrivando.
Erano ancora le 4 del pomeriggio e James, Harry ed io, il mio nome è Michel, ci trovavamo su un autobus diretto a Trento per una vacanza. L’autobus era pieno di ragnatele, sporco, ombroso. Mi sarei aspettato di tutto dopo quel viaggio inquietante, nonostante fosse durato neanche un’ora.
Arrivati a destinazione, facemmo un giro in carrozza. Il cocchiere aveva qualcosa di strano e ammetto di averlo notato subito, perciò scesi quasi immediatamente e con i miei amici mi recai a piedi all’hotel. Non potemmo cenare perché eravamo arrivati troppo tardi, quindi ci dirigemmo subito in camera a dormire perché il giorno seguente saremmo dovuti andare a sciare.
Durante la notte Harry si svegliò e disse che aveva sentito dei rumori strani provenire dalla stanza accanto, ma io e James, ancora mezzi addormentati, non lo ascoltammo, ignari di quello che stava succedendo.
Ci svegliammo di soprassalto che era già mattina, nel sentire un urlo che proveniva dalla cucina.
Tutti gli ospiti dell’hotel si erano precipitati in cucina come noi: c’era una cameriera distesa a terra, morta, con un buco in testa, sembrava che le avessero sparato.
All’improvviso le luci si spensero, non si vedeva nulla, si sentivano solo le urla delle persone terrorizzate dalla paura di essere anche loro uccise e quando si riaccesero, notammo una bambina distesa anche lei a terra, immobile. Tememmo che fosse morta…
Passarono alcuni minuti interminabili. Noi chiamammo dei detectives per scoprire chi fosse stato a uccidere i due poveri innocenti. I detectives erano l’agente Simonazzi e il detective Marchetti che noi tre conoscevamo molto bene, perché quest’ultimo era il padre di James.
Appena arrivarono, fecero subito delle domande alla proprietaria dell’hotel.
“Chi non era in cucina quando avete trovato la cameriera morta?” La proprietaria, ancora terrorizzata dall’accaduto, rispose che la signora Rosa, ospite della stanza 38, non era stata vista in cucina, ma neanche il signor Marco Aldo, ospite della stanza 32 si era presentato e sapeva che era stato in prigione per ben quattro volte. E nemmeno il signor Giovanni, un omone elegante e sempre gentile con tutti, ospite della camera 34, si era presentato. In quel momento io avevo tanta paura; devo ammettere di essere un gran fifone, ma sono anche giusto e onesto, per questo io e i miei amici giurammo che se avessimo scoperto qualcosa saremmo subito andati a riferire tutto ai due investigatori: volevamo essere i loro aiutanti.
L’investigatore Marchetti e l’agente Simonazzi si recarono nella camera del primo sospettato, cioè la signora Rosa che stava ancora dormendo. Appena fu svegliata, iniziarono gli interrogatori; la signora Rosa confessò di non essere colpevole. I due investigatori si guardarono intorno, avevano percepito qualcosa di strano, c’erano dei rumori inquietanti. In quel momento le luci si spensero nuovamente e appena si riaccesero, la signora Rosa non c’era più. Dileguata.
Successivamente alla scomparsa della signora Rosa, i due detective andarono ad interrogare il signor Marco Aldo, ma poco prima di incontrarlo, trovarono davanti alla porta un foglietto con su scritto “17:100x2x100”.
Il signor Marco Aldo insospettì molto i detective, perché teneva sempre le mani dietro la schiena. A fine interrogatorio, i due obbligarono il sospettato a mostrare le sue mani e non appena le girò, notarono numerose cicatrici, ma anche tre tatuaggi a forma di serpente che gli salivano su per il braccio.
Il signor Marco Aldo si giustificò dicendo che al momento dell’omicidio si stava facendo la doccia e che
quindi non aveva sentito nulla. I due detective si insospettirono ancora di più, ma non avendo ancora prove che il signor Marco Aldo potesse essere il colpevole, decisero di andare ad interrogare il signor Giovanni che era stranamente ancora nella sua camera, dove ballava al suono della musica classica.
Appena arrivati diedero lo stop alle danze e incominciarono ad interrogarlo. Nel frattempo io e Harry trovammo la soluzione all’indovinello che era 34, proprio come la camera del signor Giovanni. Riferimmo la nostra scoperta agli investigatori e rimanemmo in attesa nel corridoio del terzo piano.
I due detective notarono che il signor Giovanni aveva un grande bastone con una punta di ferro circolare, per questo pensarono subito che potesse corrispondere al foro in testa alla cameriera. Il signor Giovanni fu molto educato ed anche molto simpatico e divertente, così tanto da far insospettire i detective.
Proprio in quel momento le luci si spensero, sentimmo diversi spari e alla fine, quando si riaccesero, il signor Giovanni era disteso a terra ucciso dagli spari. Anche l’agente Simonazzi non dava segni di vita.
Tornammo giù alla reception col presentimento che il signor Marco Aldo fosse il colpevole, ma non facemmo in tempo a risalire, che notammo delle macchie di sangue color rosso cupo ed ancora fresco che conducevano proprio alla sua camera. Non appena aprimmo la porta, lo trovammo impiccato, al suo fianco vi era il corpo morto di un’altra persona. Per quegli avvenimenti, l’hotel fu chiuso per un paio di giorni. Per fortuna noi tre con l’investigatore Marchetti potevamo proseguire le ricerche.
Appena l’hotel riaprì, le cose andarono di male in peggio: la storia del killer misterioso non era ancora stata risolta e lì dentro continuava a morire gente. Una notte Harry, James, io e l’investigatore Marchetti ci accovacciammo dietro una palma nella reception con l’intento di scoprire qualcosa. Dopo pochi minuti arrivò la
proprietaria dell’Hotel, entrò dalla porta con un pacco misterioso, si sedette su una sedia ed aspettò. Aveva acceso le luci, per questo sarebbe stato molto facile per lei vederci, ma per fortuna si era tolta gli occhiali. Ancora un blackout, le luci si spensero, non si vedeva più nulla. Questa volta non si riaccesero dopo due o tre minuti, ma bensì dopo un’oretta.
Appena si accesero notammo che il pacco era stato aperto e la proprietaria dell’hotel non c’era più. Ci avvicinammo: era un pacco proveniente da Amazon con dentro un biglietto di ringraziamento per un acquisto, firmato dalla “Scuderia Fieno di Grano”. Lasciavano un codice sconto per l’acquisto di un secondo paraocchi per cavalli. Per fortuna Harry, con la sua grande memoria, si ricordò che quando eravamo arrivati a Trento e avevamo fatto il giro in carrozza, ad uno dei cavalli mancava un paraocchi.
Si spensero un’altra volta le luci e la proprietaria dell’hotel tornò a sedersi sulla sedia. Eravamo tutti stupiti e ci chiedemmo come avesse fatto. Dopo poco lo capimmo.
Dalla porta, entrò il cocchiere con un coltello insanguinato in mano, cercava di nasconderlo dietro la schiena, ignaro che anche noi fossimo alla reception.
Subito l’investigatore Marchetti chiamò la polizia via radio per farlo arrestare, ma in quel momento la proprietaria dell’hotel scappò dalla reception urlando a squarciagola.
Il cocchiere non fece in tempo ad uscire che le forze dell’ordine erano già davanti all’hotel. Venne subito ammanettato e portato in caserma.
Durante l’interrogatorio il cocchiere provò a convincere i poliziotti a liberarlo, perché diceva di non avere fatto niente. I poliziotti, però, molto insospettiti dall’averlo trovato in hotel con un coltello insanguinato, non gli credettero e lo arrestarono.
L’hotel chiuse per sempre: la proprietaria aveva trop-
pa paura per riaprirlo e ormai tutte le recensioni negative che raccontavano l’accaduto non facevano più arrivare nessun ospite.
Ogni giorno il cocchiere scriveva sempre la stessa storia nel suo diario di prigione, che lui era innocente e che la fidanzata, Giorgia, una delle cameriere dell’hotel, era l’unica colpevole di tutto l’accaduto. Il suo piano era di far avere brutte recensioni all’hotel perché non veniva mai ben considerata ed era poco pagata. Per questo aveva iniziato ad uccidere persone.
Nessuno gli credette mai e lui finì tutti i suoi giorni chiuso tra le mura della sua stanza in prigione.