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Fancregi45, L’ombra del museo
L’ombra del museo
di Fancregi45
Era una serata tempestosa: pioveva a dirotto; un forte vento muoveva le grandi finestre di un grande e importante museo; tutte le porte e le finestre erano chiuse, soltanto quella dell’ultimo piano, dove c’era la sala dell’epoca medievale, era aperta e mandava un fascio di luce che si accendeva e si spegneva.
Un’ombra alta e magra con una valigetta nera camminava freneticamente sulla strada deserta davanti al cancello del giardino del museo.
A un certo punto l’ombra si fermò, lesse l’ora sul suo orologio, si guardò intorno e posò a terra la sua valigetta. La aprì dolcemente e tirò fuori un rampino, con il quale prese la rincorsa e, preparando il lancio, tirò la sua estremità nella grondaia in cui si incastrò.
Dopo appoggiò le sue ruvide mani sulla corda e da lì si arrampicò velocemente arrivando nella sala dell’epoca medievale. Il giorno dopo il cielo tornò calmo: le rondini volavano in mezzo alle nuvole, il sole illuminava l’erba ancora un po’ bagnata per la tempesta e la gente circolava serenamente per le strade. Anche l’investigatore Biglia si svegliò e come tutte le mattine fece la sua solita colazione: prese un biscotto e lo lasciò cadere nella sua tazza rossa piena di caffè amaro.
Dopo si vestì come al solito: cappello nero, impermeabile nero, scarpe nere e pantaloni neri; prese un sigaro dalla sua collezione e mentre stava per uscire il telefono squillò: “Buongiorno, Biglia, sono il segretario del museo”, disse con ansia la persona e continuò: “Non ho tempo di spiegare, venga subito al museo”.
E da lì chiuse la chiamata. Biglia salì sulla sua macchina gialla e andò al museo e lì ad aspettarlo c’era il segretario con la polizia:
“Cos’è successo?”, domandò Biglia. “Mi segua!”, disse il segretario ancora più in ansia.
Entrarono, ma il museo era vuoto. Salirono le scale e da lì trovarono una persona morta con una mazza medievale in mano; la finestra era aperta e degli oggetti preziosi erano stati rubati. Dopo pochi minuti arrivò il medico legale per portare via la defunta: era la guida del museo, la signora Betty, ma quando venne spostata tutti notarono un sigaro spento e una bustina di zucchero vuota sotto di lei.
Biglia si fece consegnare gli oggetti ritrovati e capì immediatamente che la marca del sigaro era la sua preferita: la Bolivar. L’investigatore non perse tempo e andò subito a fare le indagini, c’erano 4 sospettati.
Il primo era il segretario che disse di non aver visto niente e che affermava di aver smesso di fumare, ma Biglia sentiva ancora puzza di fumo sui suoi vestiti.
Il secondo sospettato era il nuovo addetto delle pulizie che qualche giorno prima aveva litigato con la signora Betty.
Il terzo era il vecchio addetto delle pulizie che fu licenziato perché fumava all’interno del museo.
Infine il quarto sospettato era la guardia che la notte dell’omicidio diceva di essersi addormentato, quindi non aveva sentito niente.
Il Biglia allora creò uno stratagemma per capire chi era il colpevole; li mise tutti in stanze diverse per tante ore con una scatola di 3 tipi di sigari diversi con anche la Bolivar e con delle bustine di zucchero. Il segretario entrò nella stanza e dopo qualche ora fumò un sigaro che non era la Bolivar.
Il nuovo addetto delle pulizie non fumò né mangiò niente. Il vecchio addetto delle pulizie fumò sia una Bolivar che un’altra marca.
Invece la guardia mangiò tutte le bustine di zucchero. Allora a Biglia rimasero due sospettati, il vecchio addetto delle pulizie che aveva fumato una Bolivar e la guardia che mangiò tutte le bustine di zucchero.
Biglia decise allora di lasciarli andare, perché le sue
erano solo insinuazioni e non aveva nessuna prova per poter incastrare uno dei due; ma decise di farli pedinare. Da qualche giorno Biglia iniziò a spiare in segreto i due sospettati.
La guardia si svegliava, faceva colazione, andava a lavorare, tornava a casa, dava da mangiare al suo gatto e andava a dormire.
Invece l’addetto da qualche giorno entrava e usciva da un negozio di antiquariato.
Biglia allora, insospettito, si recò dal cassiere del negozio e chiese se la persona era venuta a vendergli degli oggetti dell’epoca medievale.
Il venditore confermò e disse: “Signore, lei è molto fortunato, proprio qualche giorno fa una persona è venuta a vendermi questi oggetti”. Biglia allora chiese di vedere gli oggetti e, quando li portò, ebbe un sussulto di soddisfazione; sul tavolo c’erano le statuette d’oro rubate al museo.
Biglia allora salì sulla sua macchina e andò dall’addetto delle pulizie.
Stava per finire il suo turno nella fabbrica in cui era stato appena assunto.
Appena fuori vide Biglia ad aspettarlo.
L’addetto capì che era stato scoperto e cercò di scappare, ma tutta la zona era stata circondata dalla polizia. L’addetto ormai non aveva più scampo e così venne portato in centrale.
Dopo un lungo interrogatorio, l’addetto iniziò a confessare: la signora Betty era da tempo la sua donna, ma quella sera confessò che voleva lasciarlo. Così, preso dalla gelosia, afferrò la mazza medievale e la colpì. L’addetto allora, quando si accorse che era morta, decise di rubare degli oggetti per depistare le indagini. A quel punto un poliziotto ammanettò l’addetto e lo portò via.
Biglia sospirò: “Anche stavolta il caso è stato risolto! E un altro grande amore si è trasformato in un tragico amore criminale”.