COSMO 29

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29 GIUGNO 2022

MARGHERITA HACK

COME NASCE UNA STELLA IL FUTURO DELLE STAZIONI SPAZIALI IN ATTESA DEL JAMES WEBB TELESCOPE IL CIELO DEL MESE

Italia 9,90 euro

Anno 4 - N° 29 - giugno 2022 - Periodicità: mensile - Prima immissione: 27/05/2022 Mensile - Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 LO/MI


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Un nuovo inizio

EDITORIAL

DI WALTER RIVA

C

ento anni fa nasceva Margherita Hack, una donna che ha avuto il merito di essere non solo una grande scienziata, ma di portare, con la sua personalità e la sua schietta naturalezza, prima ancora che con le sue competenze, l’astronomia nelle case degli italiani. Le dobbiamo un ringraziamento particolare, dapprima per aver fondato, insieme al compianto Corrado Lamberti, due riviste dedicate al cielo, l’Astronomia e le Stelle, e poi per aver partecipato a innumerevoli trasmissioni televisive e animato conferenze scientifiche da stella di prima grandezza qual era. In modo mai banale e scontato, ma sempre con verve originale e autentica. A noi, che in un certo senso siamo i suoi immeritevoli eredi e che continuiamo ad avvertire il dovere di cercare una sintesi fra rigore scientifico e semplicità nella comunicazione, sembra doveroso un suo ricordo, che abbiamo affidato alla penna di Gianfranco Benegiamo, noto per la sua esperienza e la sua passione e a chi di noi ha avuto la fortuna di conoscerla un po’ meglio, come il sottoscritto e Patrizia Caraveo. Abbiamo anche deciso di approfittare di questa importante ricorrenza per la divulgazione dell’astronomia per apportare qualche cambiamento alla nostra – e vostra – rivista. Già in questo numero e ancora più nei prossimi, uno spazio maggiore sarà dedicato ai temi cari agli appassionati di astronomia teorica. Per esempio, non mancherà, nel numero di luglio, un approfondimento sulla foto del buco nero al centro della Via Lattea (v. foto), che a metà maggio ha riempito siti e quotidiani. Più pagine anche alle rubriche care agli astrofili, dall’astrofotografia all’utilizzo degli strumenti amatoriali, e al mondo dell’educational, con un’attenzione particolare rivolta al mondo della scuola e alle possibilità offerte dai progetti di citizen science, che realizzano un rapporto nuovo fra gli amatori e gli ambienti della ricerca professionale. Ma l’attenzione allo spazio non verrà certo meno. Continueremo a occuparci di astronautica e di missioni spaziali, convinti che il nostro futuro sarà sempre più proiettato verso le stelle, o meglio verso il Cosmo.

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ANNO 4 - NUMERO 29 mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n° 137 del 6 giugno 2019 CASA EDITRICE BFC SPACE Via Melchiorre Gioia, 55 - 20124 Milano Tel. (+39) 02.30.32.11.1 - Fax (+39) 02.30.32.11.80 bfcspace.com EDITORE Denis Masetti masetti@bfcmedia.com DIRETTORE RESPONSABILE Walter Riva riva@bfcmedia.com

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DIRETTORE EDITORIALE Piero Stroppa stroppa@bfcmedia.com HANNO COLLABORATO Gianfranco Benegiamo, Patrizia Caraveo, Giordano Cevolani, Massimo Claudio Comparini, Giuseppe Donatiello, Walter Ferreri, Robert Galassi, Azzurra Giordani, Davide Lizzani, Antonio Lo Campo, Tiziano Magni, Matteo Marini, Piero Mazza, Luca Nardi, Massimiliano Razzano GRAPHIC DESIGN Massimiliano Vecchio vecchio@bfcmedia.com PUBBLICITÀ Davide Rasconi Rasconi@bfcmedia.com GESTIONE ABBONAMENTI Servizio Arretrati a cura di Press-Di Distribuzione Stampa e Multimedia Srl 20090 Segrate (MI). Le edicole e i privati potranno richiedere le copie degli arretrati tramite email agli indirizzi collez@mondadori.it e arretrati@mondadori.it e accedendo al sito https://arretrati.mondadori.it/privati/. A partire dal 15 marzo 2022, il suddetto sito verrà sostituito dal nuovo sito https://arretrati.pressdi.it Il costo di ciascun arretrato è di 15,00 euro STAMPA Elcograf Spa Via Arnoldo Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Via Marco Polo, 2 - 20066 Melzo (MI) Telefono: + 39 - 02 95 089 201 DISTRIBUTORE ESCLUSIVO PER L’ITALIA Press-di Distribuzione stampa e multimedia srl via Bianca di Savoia, 12 - 20122 Milano

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CONTENTS SPAZIO 4

UNIVERSO

SPACE NEWS

12 COVER STORY MARGHERITA HACK: COME NASCE UNA STELLA 20 RICORDANDO MARGA 22 ORBITA TERRESTRE IL FUTURO DELLE STAZIONI SPAZIALI 26 AXIOM-1, IL TRIONFO DELL’ASTRONAUTICA COMMERCIALE

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28 VEGA-C PRONTO AL DEBUTTO

34 TEMA DEL MESE IN ATTESA DEL WEBB: A COLLOQUIO CON MASSIMO ROBBERTO 38 ASTROFISICA IL PROBLEMA DEI SATELLITI MANCANTI 42 CIELO E TERRA COME CERCARE (SULLA TERRA) L’ACQUA MARZIANA 46 RICERCA DI ET VITA ALIENA SULLE “SUPER-TERRE”

30 LUNA E OLTRE CONQUISTATI DALLA LUNA

50 PERSONAGGI WILLEM DE SITTER, PIONIERE DELLA COSMOLOGIA MODERNA

CIELO

EXPERIENCES

56 FENOMENO DEL MESE LA SUPERLUNA DI GIUGNO

72 CITIZEN SCIENCE CERCARE LE ONDE GRAVITAZIONALI CON LO SMARTPHONE

60 CIELO DEL MESE 68 OSSERVAZIONI UNA COSTELLAZIONE ARROTOLATA: IL DRAGO

74 LE VOSTRE STELLE 84 UAI INFORMA UNA “GALASSIA” DI OPPORTUNITÀ 86 MOSTRE E MUSEI E ROMA RIUSCÌ A RIVEDER LE STELLE 88 UNKNOWN UNKNOWNS 90 EVENTI IL FESTIVAL DELLO SPAZIO 2022 92 EVENTI SOTTO IL CIELO 94 RECENSIONI VIAGGIARE NELLO SPAZIO CON SIMPLEROCKETS 2

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Inquadra con la fotocamera o con la App Scan del tuo smartphone o tablet i simboli QR che trovi in allegato agli articoli di questo numero per accedere a numerosi contenuti multimediali (video, simulazioni, animazioni, podcast, gallery).

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A CURA DELLA REDAZIONE

S PAC E N E W S

I LENTI SUONI DI MARTE

MISTERIOSI CERCHI NEL CIELO RADIO

NEWS SUMMARY

SPACE 3 2 1 6 5 4 9 8 7

EARENDEL, LA STELLA PIÙ LONTANA

FLUTE, UN TELESCOPIO SPAZIALE LIQUIDO

IL NUCLEO DELLA COMETA DA RECORD

UN OCCHIO NERO SUL SOLE

ENERGIA SOLARE DALLO SPAZIO

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I VULCANI DI GHIACCIO DI PLUTONE

GLI USA CONTRO I TEST ANTISATELLITE


NEWS

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RIMANDO ESTIVO PER ARTEMIS

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LA LUNA EUROPEA SENZA RUSSIA

UNA NUOVA STELLA VARIABILE PER IPAZIA E MARGHERITA HACK L’anno scorso nasceva la HH Collaboration fra l’Osservatorio Astronomico Margherita Hack di Firenze e l’Osservatorio Astronomico Hypatia di Rimini: due osservatori che portano il nome di due donne dedite alla scienza e all’astronomia, ma divise fra loro da circa 1600 anni di storia, durante i quali le donne hanno faticato per emanciparsi e affermarsi in tutti i campi. L’attività principale della HH Collaboration è la fotometria di asteroidi, che richiede la ripresa di centinaia di immagini nell’arco di diverse notti per ciascun asteroide monitorato. La possibilità di analizzare le centinaia di stelle presenti in ogni campo del cielo ripreso in questo lavoro può portare a imbattersi in qualcosa di nuovo. Ed è proprio ciò che è accaduto a Nico Montigiani e Massimiliano Mannucci dell’Osservatorio Hack e Fabio Mortari e Davide Gabellini dell’Osservatorio Hypatia. Durante l’analisi delle stelle di campo dell’asteroide Arequipa, la loro attenzione è caduta su una stella che sembrava mostrare una leggera variabilità. Dopo l’esecuzione di numerose misure fotometriche, unendo i dati raccolti con quelli messi a disposizione dalle survey pubbliche Asas-sn e Ztf, è stato possibile ottenere una curva di luce e il relativo periodo di variabilità della stella (vedi figura sopra). I risultati sono stati comunicati alll’International Variable Star Index (Vsx), che ha subito validato la scoperta. Così, una nuova stella variabile è stata aggiunta al catalogo Vsx e denominata Hack-Hypatia V1. La stella è situata nella costellazione del Cane Minore, ha un periodo primario di poco più di 2 ore, una magnitudine media di 13,63 (V) e una escursione di poco superiore a un centesimo di magnitudine. La sua curva di luce mostra che si tratta di una variabile del tipo Delta Scuti, cioè che cambia la propria luminosità a causa di pulsazioni della sua superficie. Un ottimo risultato (con l’augurio che sia il primo di una lunga serie), proprio mentre celebriamo il centenario della nascita di Margherita Hack, a cui è dedicata la cover story di questo numero.

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START


A CURA DELLA REDAZIONE

S PAC E N E W S

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EARENDEL, LA STELLA PIÙ LONTANA La luce di Earendel (“stella del mattino” in inglese antico) ha viaggiato per 12,9 miliardi di anni prima di raggiungere la Terra, battendo il record di distanza di una stella. Non è una galassia primordiale, ma una singola stella, individuata dal telescopio spaziale Hubble, grazie a un effetto di “lente gravitazionale” prodotto da un ammasso di galassie posto fra noi ed Earendel. L’ammasso ha deformando lo spazio-tempo come un’immensa lente di ingrandimento naturale, facendo emergere la luce della stella dal bagliore della sua galassia ospite, chiamata Sunrise Arc, che appare distorta e frammentata come un piccolo arco rosso nel cielo (foto). Gli astronomi stimano che Earendel abbia una massa pari ad almeno 50 volte quella del Sole e che sia milioni di volte più luminosa. Ritengono inoltre che sia una stella binaria. Il prossimo passo sarà osservarla e studiarla grazie alla elevata sensibilità alla luce infrarossa del telescopio spaziale James Webb. Se si scoprisse che Earendel è composta solo di idrogeno ed elio primordiali, ci troveremmo davanti a una delle leggendarie stelle della Popolazione III, le primissime stelle a essersi formate dopo il Big Bang. Inquadra il QR per un video di Media-Inaf dedicato a questa scoperta.

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FLUTE, UN TELESCOPIO SPAZIALE LIQUIDO Sono in fase di progetto telescopi spaziali che potrebbero essere fino a cento volte più grandi di quelli attuali. Costruiti con lenti e specchi a base di materiali fluidi, ai quali l’assenza di gravità e l’azione della tensione superficiale darebbero una curvatura sferica perfetta. Superando così i limiti imposti dallo spazio disponibile nelle ogive dei lanciatori. Un team guidato da Edward Balaban, principal investigator di Flute (Fluidic Telescope Experiment) dell’Ames Research Center della Nasa, in collaborazione con il Goddard Space Flight Center e l’istituto israeliano per la tecnologia Technion, sta indagando la possibilità di realizzare lenti e specchi ad alta precisione direttamente nello spazio, utilizzando dei liquidi. Sono stati già condotti degli esperimenti a terra, nei voli parabolici e nello spazio, a bordo della Stazione spaziale internazionale, utilizzando dei polimeri acrilici, simili a quelli delle super-colle. Questa tecnologia consente di saltare qualsiasi processo meccanico, come la molatura o la lucidatura: la fisica naturale dei fluidi fa tutto il lavoro per noi. Il risultato sono superfici ottiche di qualità eccezionale, realizzate per di più in una frazione del tempo richiesto dai processi tradizionali. Una volta raggiunta la forma desiderata, questi polimeri verrebbero poi stabilizzati mediante raggi ultravioletti o con il calore.

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NEWS

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I LENTI SUONI DI MARTE

Un’enorme cometa si sta dirigendo verso di noi dai confini del Sistema solare, alla velocità di oltre 35mila chilometri all’ora. Ma non scenderà al di sotto dell’orbita di Saturno, che raggiungerà nel 2031. È la C/2014 UN271, scoperta dagli astronomi Pedro Bernardinelli e Gary Bernstein (vedi su Bfcspace, bit.ly/3x6cg6m). Ora si trova a poco più di tre miliardi di chilometri e nel giro di alcuni milioni di anni tornerà nel suo “nido” nella lontana nube di Oort. Intanto, gli astronomi sono riusciti a misurarne il nucleo, che sarebbe di circa 130 chilometri, una misura che la piazza al primo posto per dimensioni fra le comete note, con una massa di circa 500mila miliardi di tonnellate – 100mila volte maggiore di quella di una tipica cometa che passa vicino al Sole. Sono bastati cinque scatti al telescopio spaziale Hubble, per produrre queste stime, grazie anche alla combinazione con i dati ottenuti nelle microonde dall’osservatorio Alma (Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array) in Cile. Le misure hanno prodotto, oltre alle dimensioni, un’altra sorpresa: il nucleo della cometa è molto più scuro di quel che ci si aspettava. È più nero del carbone. Ma l’immagine in figura è di fantasia, perché le dimensioni angolari della cometa non sono sufficienti per produrne una foto dettagliata.

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IL NUCLEO DELLA COMETA DA RECORD

La prima registrazione di suoni nella rarefatta atmosfera di Marte arriva da un microfono progettato in un istituto aerospaziale di Tolosa, in Francia. Montato sul rover Perseverance della Nasa, il microfono registra i suoni compresi nello spettro udibile dall’orecchio umano, tra 20 Hz e 20 kHz. Dai risultati della “campagna auditiva”, ottenuti dall’analisi di cinque ore complessive di registrazione da un team guidato dall’astrofisico Sylvestre Maurice dell’Università di Tolosa, emerge che Marte è un mondo silenzioso. Il microfono è posizionato nella SuperCam Mast Unit, la “testa” di Perseverance (figura) per cogliere i suoni naturali e i rumori generati dallo stesso rover. Sono state rilevate velocità del suono di circa 250 metri al secondo per le alte frequenze, e di circa 240 metri al secondo per le basse frequenze, come quelle generate da Ingenuity. Tutte più lente dei suoni terrestri (circa 340 m/s), a causa della bassa pressione atmosferica di Marte. Inoltre, i suoni marziani si smorzano rapidamente, a causa dell’alta percentuale di anidride carbonica presente nell’aria; soprattutto quelli più acuti, al punto che sarebbe difficile una conversazione fra due persone distanti anche solo cinque metri. Inquadra il QR per ascoltare i suoni marziani in un video di Media-Inaf.

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A CURA DELLA REDAZIONE

S PAC E N E W S

ENERGIA SOLARE DALLO SPAZIO La produzione di energia solare è sempre più economica ed efficiente, ma restano sempre alcune limitazioni di base: i pannelli solari possono generare energia solo durante il giorno e gran parte della luce solare viene assorbita dall’atmosfera. Per risolvere questi problemi, l’Agenzia spaziale europea (Esa) sta lavorando al progetto di raccogliere energia solare in orbita, dove la luce del Sole è fino a undici volte più intensa rispetto a quella che giunge mediamente al suolo sul territorio europeo, e quindi di trasmetterla a terra per i suoi utilizzi. Una prima fase di questo progetto - avviato attraverso la Open Space Innovation Platform dell’Esa - prevede la realizzazione dei satelliti che avranno il compito di raccogliere l’energia solare. Queste strutture saranno le più grandi mai costruite nello spazio e la Frazer-Nash Consultancy studierà la costruzione modulare di questi satelliti, prevedendo anche un meccanismo efficace per il loro disassemblaggio, da mettere in atto quando giungeranno alla fine del loro ciclo di vita, per il riutilizzo o il riciclaggio. Ci sarà poi da affrontare il problema di come inviare a terra in modo sicuro ed efficace la grande quantità di energia raccolta da questi giganteschi sistemi fotovoltaici.

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Oltre a essere la luna più prossima al proprio pianeta di tutto il Sistema solare, Phobos è anche l’unico satellite naturale che orbita il suo pianeta in un tempo (7 ore e 39 minuti) più breve della durata del giorno del pianeta. I rover Opportunity e Curiosity avevano già fotografato dei transiti solari di Phobos, ma Perseverance, con la fotocamera Mastcam-Z, ha fornito immagini più dettagliate delle precedenti, realizzando anche un video di 40 secondi, in cui il piccolo satellite irregolare “taglia” il disco solare producendo quasi un’eclisse anulare. Nonostante le sue piccole dimensioni (diametro medio di 22,2 km), Phobos riesce a coprire buona parte del disco solare (più piccolo di quanto visibile da Terra), grazie alla sua vicinanza al pianeta (9375 km in media). Una ripresa altamente spettacolare, ma anche utile per studiare come l’orbita di Phobos cambi nel tempo e per indagare gli effetti mareali che il satellite produce sulla crosta di Marte. Questi fenomeni si concluderanno in modo catastrofico, perché Phobos è in avvicinamento costante alla superficie marziana, lungo una spirale che lo porterà a una lenta e inevitabile dissoluzione. Ma senza fretta: la fine è prevista tra decine di milioni di anni. Inquadra il QR per vedere il transito di Phobos sul Sole nel video rilasciato dalla Nasa.

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UN OCCHIO NERO SUL SOLE

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NEWS

MISTERIOSI CERCHI NEL CIELO RADIO “Strani cerchi radio”, ovvero Orc (Odd Radio Circles): così sono stati definite queste strutture trovate dal radiotelescopio australiano Askap, una schiera di antenne che serve da apripista per Ska, il futuro radiointerferometro più grande al mondo. Askap ha scoperto casualmente cinque di questi strani oggetti celesti. Per risolvere il mistero, è stata ottenuta un’immagine più dettagliata del primo di questi, Orc-1, con un altro precursore di Ska, il radiotelescopio MeerKat in Sudafrica. Nella figura, i dettagli del cerchio radio sono sovrapposti in colore turchese a un’immagine della stessa zona di cielo ripresa dalla survey Dark Energy Survey DR1. Questa osservazione ha rivelato che Orc-1 è centrato su una galassia troppo debole per essere vista in precedenza. Secondo un gruppo di ricerca internazionale, i cerchi sarebbero enormi esplosioni di gas caldo emanate dalla galassia centrale; più precisamente, si tratterebbe di onde d’urto prodotte dalla fusione di due buchi neri supermassicci. Inquadra il QR per un servizio di Media-Inaf sui misteriosi cerchi radio, dove un’animazione mostra gli anelli crescere ed espandersi ben oltre la galassia, fino a raggiungere, dopo un miliardo di anni dall’esplosione, un diametro di circa un milione di anni luce. Proprio come Orc-1.

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A CURA DELLA REDAZIONE

I VULCANI DI GHIACCIO DI PLUTONE

GLI USA CONTRO I TEST ANTISATELLITE

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Il “cuore” di Plutone ripreso il 14 luglio 2015 dalla sonda New Horizons della Nasa continua a stupire gli scienziati e ad alimentare studi e ricerche. Un lavoro recente, dedicato alle strutture geologiche presenti nella regione a sud-ovest di Sputnik Planitia, conferma che sono state prodotte da un’attività criovulcanica recente, segno della presenza di una fonte di calore nel sottosuolo del pianeta nano. “Le strutture che abbiamo studiato sono uniche, presenti solo Plutone”, dice Kelsi Singer del Southwest Research Institute (Boulder, Colorado, Usa), principal investigator di New Horizons. “Sembra che sia stata l’attività criovulcanica ad aver estruso grandi quantità di materiale all’esterno di Plutone e fatto riemergere un’intera regione dell’emisfero osservato da New Horizons”. Sui corpi che orbitano nelle regioni più fredde del Sistema solare non sono rare le strutture criovulcaniche: a rendere particolari quelle osservate su Plutone sono le grandi dimensioni e l’età relativamente recente, forse inferiore al milione di anni. Si osservano cupole alte fino a 7000 metri, che si estendono per decine di chilometri, intrecciandosi fra loro a formare strutture complesse. Il tutto è coperto da piccole collinette semisferiche (dette hummock) e privo di crateri, un tratto caratteristico di una morfologia geologicamente giovane.

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S PAC E N E W S

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La vicepresidente Kamala Harris (foto) ha annunciato che gli Stati Uniti non eseguiranno più test antisatellite distruttivi (Asat), e ha invitato gli altri Stati a seguire l’esempio americano. La dichiarazione del 19 aprile è stata fatta in occasione di una sua visita ufficiale alla base militare della Space Force di Vandenberg, ma le sue radici vengono dal test antisatellite russo del 14 novembre 2021, che ha messo in stato di allerta non solo la Iss, ma anche il National Space Council, presieduto dalla stessa Harris. La pericolosità dei test Asat è incontrollabile: una volta colpito il satellite bersaglio con un missile balistico, i suoi detriti possono distribuirsi su diverse orbite e distruggere altri satelliti. Questo potrebbe causare una reazione a catena in grado di annientare la rete satellitare su cui si basano molti servizi utili per la nostra società. Il tutto, ovviamente, senza fare distinzioni di bandiera. Per quanto auspicata, l’iniziativa americana è molto diversa da un “cessate il fuoco” nello spazio: esistono altri modi, meno appariscenti, di sabotare un satellite. D.L.


NEWS

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RIMANDO ESTIVO PER ARTEMIS 1

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Continuano i test al gigantesco razzo Sls della Nasa che porterà una capsula Orion senza equipaggio in orbita lunare nella missione Artemis 1. L’ultimo grande test da superare prima del lancio è il Wdr (Wet Dress Rehearsal), che consiste nell’inserimento del carburante nel razzo sulla rampa di lancio. Ad aprile sono stati cominciati ben tre test Wdr, ma nessuno di questi è stato portato a termine, per via di diversi problemi a connettori e valvole. I tecnici della Nasa hanno quindi dovuto riportare il razzo all’interno dell’hangar Vab (Vehicle Assembly Building), per eseguire delle riparazioni (foto). Una volta messo a punto, il razzo sarà riportato alla piattaforma di lancio 39B del Kennedy Space Center per effettuare un Wdr completo. Nel caso che questo test funzioni perfettamente, il razzo potrà essere lanciato nei giorni successivi, altrimenti sarà necessario far tornare ancora l’Sls nel Vab prima del grande volo. Che era previsto prima dell’estate ma a questo punto si spera di poterla effettuare entro l’estate. D.L.

LA LUNA EUROPEA SENZA RUSSIA Il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea Josef Aschbacher ha comunicato il ritiro delle collaborazioni lunari con la Russia. L’Esa aveva organizzato il lancio di payload scientifici a bordo dei lander Luna 25, Luna 26 e Luna 27 di Roscosmos. Ma, a fronte della guerra in Ucraina e dell’assetto internazionale, è stato inevitabile per Aschbacher fare un passo indietro. A bordo di Luna 25, con partenza programmata per questo agosto, sarebbe dovuto allunare Pilot-D, una camera con un innovativo sistema di analisi del terreno per rendere più sicuri gli atterraggi sul suolo lunare. Su Luna 27 invece era programmato Prospect, un piccolo laboratorio per la perforazione della superficie lunare e per l’analisi chimica. Negli intenti di Aschbacher, Prospect e Pilot-D raggiungeranno la Luna a bordo di uno dei lanciatori commerciali sotto contratto con la Nasa, ma al momento Pilot-D si trova ancora integrato all’interno di Luna 25 (foto, cortesia RSC Energia/Roscosmos). La situazione è ancora più complessa per la missione ExoMars, in cui la Russia, oltre a fornire razzo e lander, ha degli strumenti montati a bordo del rover marziano europeo. D.L.

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COVER STORY

DI GIANFRANCO BENEGIAMO*

U N A “ S T E L L A” C H E A N C O R A O G G I B R I L L A N E L N O S T R O C I E L O

MARGHERITA

COME NASCE UNA STELLA CENTO ANNI FA VENIVA ALLA LUCE LA PRIMA DONNA CHIAMATA A DIRIGERE UN OSSERVATORIO ASTRONOMICO IN ITALIA

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COVER STORY

» Lo sport assorbì ogni energia dell’adolescente Margherita Hack per la sua innata vitalità e voglia di competere. A destra: Margherita Hack insieme a Corrado Lamberti, con il quale fondò la rivista l’Astronomia.

M

argherita Hack, la prima donna direttrice di un osservatorio astronomico italiano, nasceva a Firenze il 16 giugno 1922 da papà protestante di origine svizzera e mamma toscana di fede cattolica. Religioni poco praticate e poi abbandonate da entrambi, per aderire alla Società Teosofica Italiana, della quale il padre Roberto fu per un certo periodo il segretario. Il cognome straniero della bambina proveniva dal nonno paterno, nato a Winterthur del Canton Zurigo ed emigrato nel capoluogo toscano per lavorare in una pasticceria. La mamma Maria Luisa Poggesi utilizzò poco il diploma per insegnare, preferendo viaggiare al seguito di ricche famiglie straniere come istitutrice delle loro figlie: visitò Marocco, Svizzera e Fiume, allora sotto il dominio austriaco insieme a Trieste, una città che la entusiasmò per la grande civiltà e libertà di cui godevano le donne.

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COVER STORY

UNA BAMBINA SPORTIVA Il cielo esercitò da principio poca attrazione su Margherita, nonostante il profetico nome della strada adiacente al luogo di nascita, ossia via Centostelle (oggi via Marconi), alla periferia nord di Firenze. La sua vera passione, ancora da bambina, fu lo sport, che riusciva ad affascinarla soprattutto con le imprese epiche dei ciclisti, come ricorda in un libro autobiografico: “Il mio interesse per la bici e il ciclismo è cominciato molto presto, certamente prima che avessi compiuto dieci anni, perché la domanda di rito che rivolgevo a qualunque nuova persona che incontravo, sia che fosse un ragazzino come me o un amico dei miei era: ‘Sei per Binda o per Guerra?’ Io ero per Binda”. Il tenore di vita della giovinetta mutò dopo il licenziamento del papà per motivi di salute, ma le vere ragioni andavano cercate nell’attività di sindacalista e in una malcelata ostilità al regime fascista. Provvederà la mamma, diplomata all’Accademia delle Belle Arti, a sostenere la famiglia, vendendo miniature dei grandi capolavori ai ricchi turisti stranieri di passaggio. A causa delle minori disponibilità economiche, Margherita si trasferì in una vecchia casa, lasciata in eredità dalla nonna materna, situata in prossimità dell’Osservatorio astronomico di Arcetri. Nonostante questo ulteriore segno premonitore, l’incontenibile energia e la voglia di competere portarono la giovane verso l’attività sportiva. Partecipava alle adunate organizzate dal regime, divertendosi insieme ai ragazzi che le animavano: ma dopo l’entrata in vigore delle leggi razziali, con

DI GIANFRANCO BENEGIAMO

l’allontanamento dalla scuola di alcuni compagni e insegnanti, la sua posizione nei confronti del fascismo cambiò. A metà maggio 1939 fu protagonista di una accesa discussione con alcune compagne di classe, nel corso della quale criticò l’invasione tedesca di stati neutrali e definì vergognose le leggi razziali. Accompagnata davanti al preside, con l’accusa di essere una disfattista, fu sospesa per venti giorni e rimediò anche un sette in condotta che le avrebbe precluso l’accesso agli esami di maturità classica. Ma l’entrata in guerra dell’Italia il mese seguente portò all’abolizione degli esami; come lei stessa raccontò più tardi, “fummo promossi o bocciati con i voti riportati durante l’anno. Così, fui dichiarata matura con la media del sette ed ebbi sei in matematica e fisica, che erano il mio forte, e otto in filosofia, di cui non capivo nulla”. Anche se col trascorrere del tempo mutò alcune sue abitudini, Margherita rimase sempre fedele al regime di alimentazione seguito dai genitori in seguito all’adesione alla teosofia che lei stessa definiva: “Una filosofia di matrice buddista che crede in un Dio diffuso in tutto l’Universo, nella reincarnazione e soprattutto nel rispetto di tutti gli esseri viventi, e quindi anche degli animali. I miei avevano scelto di essere vegetariani, io sono nata vegetariana”. LA SCELTA DELLA FACOLTÀ UNIVERSITARIA Durante l’estate di quello stesso anno iniziò a praticare l’atletica leggera e partecipò ai Giochi della Gioventù, su invito della professoressa di ginnastica, andando a Roma per

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gareggiare nel lancio del peso, a lei completamente sconosciuto. Risultando inadatta a questa disciplina, si dedicò al salto in alto e in lungo, ottenendo buoni risultati da principio a livello regionale e l’anno seguente anche a livello nazionale. La crescente incertezza di quei giorni, legata alla scelta della facoltà universitaria, sarà poi ricordata così dalla protagonista: “I miei erano convinti che avrei scelto la facoltà di Lettere. Così, senza pensarci troppo, piuttosto passivamente, mi iscrissi a Lettere. La prima e unica lezione a cui assistetti [...] mi sembrò un’ora di inutili chiacchiere, che non mi interessavano. Con spavento capii di aver sbagliato strada. Che fare? È vero che la matematica e la fisica erano le materie che mi piacevano di più e in cui riuscivo meglio, ma se poi mi iscrissi a Fisica lo debbo anche in parte alla scelta fatta da una mia compagna, Tina Schwaner. Lei si era iscritta a Fisica, e così pensai di far lo stesso”. TRA ESAMI E GARE NELLA FIRENZE IN GUERRA Superati con qualche affanno gli esami del primo anno, la giovane acquisì maggiore metodo negli studi e riuscì a conciliarli con l’attività agonistica: nel 1941 vinse i campionati universitari, i “Littoriali dello Sport”, gareggiando nel salto in alto diventato nel frattempo la sua specialità. La convocazione pochi mesi dopo agli allenamenti collegiali, in vista dei campionati europei, non avrà un seguito per il drammatico precipitare degli eventi bellici. Tra esami e gare, Margherita giunse quasi al completamento degli studi accademici quando incontrò Aldo


COVER STORY

» Margherita con uno dei suoi amati gatti.

“IL CIELO È STATO IL PRIMO TESTO SCOLASTICO E IL PRIMO LIBRO SCIENTIFICO DELL’UMANITÀ” (M. HACK)

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COVER STORY

DI GIANFRANCO BENEGIAMO

» A sinistra: Margherita Hack durante una conferenza e sopra al telescopio.

De Rosa, che sarà suo marito per quasi settant’anni: “Ai primi di giugno del 1943, mentre stavo preparando gli esami di fisica teorica e fisica superiore, incontrai per caso Aldo a Porta Romana. Stava leggendo i Dialoghi di Platone, anche lui in preparazione di un esame. Da quando da bambini si giocava al Bobolino, ci si era rivisti casualmente due o tre volte, ma dell’antica amicizia e ‘affinità elettiva’ provate allora, sembrava non fosse rimasta traccia. Io non sapevo che dire, e forse si provava una reciproca

leggera diffidenza. Quando lo vidi a Porta Romana, il mio primo impulso fu di tirar dritto, tanto più che stava leggendo e probabilmente non mi aveva visto. Poi, pensando che forse s’era accorto che avevo fatto finta di non vederlo, lo chiamai. Fu così, forse perché né io né lui in quei giorni avevamo compagnia di nessun genere, che decidemmo di rivederci. Cominciò un periodo di grandi discussioni e litigi, per la politica, per la religione, sulla sincerità, sulla capacità di autocoscienza e su molti altri massimi problemi. Sono stati

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mesi in cui pian piano ci siamo ritrovati, ma sono stati anche mesi di grande sofferenza per tutte le nostre diversità e incomprensioni”. L’APPRODO QUASI CASUALE ALL’ASTRONOMIA Nel febbraio del 1944 Margherita cercava un argomento per la tesi di laurea, possibilmente di tipo sperimentale e nel campo dell’astronomia, così decise di salire ad Arcetri, dove nell’Osservatorio incontrò Mario Girolamo


COVER STORY

UNA BRILLANTE INTUIZIONE La modestia di Margherita cedeva a un pizzico di orgoglio solo quando raccontava della sua brillante intuizione avuta nel 1957: “Durante un lungo soggiorno a Berkeley, in California, avevo fatto delle ipotesi per spiegare le caratteristiche di una stella unica nel suo genere, Epsilon Aurigae, ma per verificare queste ipotesi avrei dovuto osservarla nell’ultravioletto, inaccessibile da terra. Quando nel gennaio 1978 fu lanciato Iue (International Ultraviolet Explorer), il mio primo programma di osservazione fu Epsilon Aurigae. Ricordo che ero alla stazione dell’Esa a Villafranca del Castillo vicino a Madrid da cui si comandava il satellite e aspettavo con ansia guardando lo schermo del

computer. Se la mia ipotesi era giusta, sullo schermo doveva apparire lo spettro ultravioletto, altrimenti lo schermo sarebbe rimasto vuoto. Dopo qualche minuto, cominciarono ad arrivare i fotoni ultravioletti e la strisciolina luminosa che avevo predetto”. Lo spettro confermava che Epsilon Aurigae, così come aveva suggerito l’astronoma, è un sistema binario con la stella secondaria molto calda, quindi caratterizzata da intensa emissione ultravioletta, a sua volta circondata da un disco di polveri responsabile delle variazioni di luminosità osservate, con un periodo di 27 anni (vedi una illustrazione artistica del sistema nella foto di questa pagina).

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Fracastoro, che le suggerì di dedicarsi a particolari stelle variabili chiamate cefeidi. L’entusiasmo manifestato dal giovane assistente del direttore Giorgio Abetti, come solo più tardi la studentessa apprese, derivava dal fatto che lei sarebbe stata la sua prima laureanda. L’anno seguente ottenne la laurea in fisica, discutendo una tesi su astri enormemente importanti, perché consentono di misurare la distanza delle galassie. Nasceva così professionalmente una grande astronoma che avrebbe sempre parlato con modestia del suo contributo alla scienza. Dopo la laurea, iniziò un periodo di precariato come assistente presso lo stesso Osservatorio e come insegnante presso l’Istituto di Ottica dell’Università di Firenze. Nel 1947 la Ducati, industria milanese di ottica, le offrì il primo impiego e Margherita si trasferì con la famiglia a Milano, ma dopo un solo anno

DI GIANFRANCO BENEGIAMO

sentì l’esigenza di tornare al “suo” ambiente universitario, a Firenze. Fino al 1951 insegnò astronomia a Firenze in qualità di assistente. Nel 1954 ottenne la libera docenza e iniziò la sua attività di divulgatrice scientifica, spinta del marito. Chiese e ottenne il trasferimento all’Osservatorio di Merate, vicino a Lecco, una succursale dello storico Osservatorio di Brera. Nello stesso periodo tenne corsi di astrofisica e di radioastronomia presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Milano e iniziò a collaborare con università straniere in qualità di ricercatore in visita. Accompagnata dal marito, che la seguiva in ogni spostamento, svolse questa attività

*GIANFRANCO BENEGIAMO LAUREATO IN CHIMICA, NUTRE DA SEMPRE UN PROFONDO INTERESSE PER I MOLTEPLICI ASPETTI TECNICI E STORICI DELL’ASTRONOMIA.

L’AMICA DELLE STELLE Per aver un’idea della popolarità di Margherita Hack, basta digitare il suo nome su Google: una ricerca eseguita preparando questo articolo ha prodotto 3,2 milioni di risultati. E una ricerca della sua produzione editoriale porta a svariate decine di libri, scritti da sola o in collaborazione con altri autori, tra cui scegliamo solo quelli nei cui titoli le stelle sono declinate in tutti i modi: Tutto comincia dalle stelle, Notte di stelle, Dove nascono le stelle, Perché le stelle non ci cadono in testa?, Stelle, pianeti e galassie, Siamo fatti di stelle, Così parlano le stelle, Stelle da paura, La stella più lontana, L’amica delle stelle, Una vita tra le stelle, In bicicletta tra le stelle, Pan di stelle, Il mio zoo sotto le stelle, Le stelle, ragazzi, sono meravigliose… E poi ci sono il volto e la voce di Margherita, registrati in una quantità sterminata di interviste, interventi TV, conferenze pubbliche, non solo dedicate all’astronomia, ma anche ai rapporti tra scienza e fede e all’altra sua grande passione per la natura e per gli animali. Possiamo ritrovare tutto ciò su YouTube, di nuovo semplicemente digitando il suo nome. La Redazione

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negli Stati Uniti, in Francia, in Olanda e in Messico. Nel 1964 divenne professore ordinario, ottenendo la cattedra di astronomia presso l’Istituto di Fisica teorica dell’Università di Trieste, dove insegnò sino all’età della pensione. La posizione comportava anche la direzione del locale Osservatorio astronomico e di conseguenza fu la prima donna a ricoprire tale incarico in Italia. In qualità di divulgatrice, Margherita divenne nota anche al grande pubblico, grazie alla produzione di testi di divulgazione, all’attività di conferenziere, alla frequente presenza in TV a discutere non solo di astronomia. E vogliamo ricordare infine che fu la fondatrice, insieme a Corrado Lamberti, della rivista l’Astronomia e poi di le Stelle, la cui eredità è stata infine raccolta da Cosmo. Margherita ci ha lasciato il 29 giugno 2013, ma è una stella che ancora oggi brilla nel nostro cielo.



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DI PATRIZIA CARAVEO E WALTER RIVA

DUE CONTRIBUTI PERSONALI ALLA CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO DI MARGHERITA HACK

M

argherita è stata una importante scienziata quando essere donna non era un vantaggio: ha lavorato ad Arcetri e a Brera e infine ha trovato le condizioni ideali a Trieste, dove ha diretto, e fatto crescere, l’Osservatorio e tutta l’astronomia italiana. Questa brillante carriera forse non sarebbe stata possibile senza il sostegno continuo, ma discreto, di Aldo, che va ricordato come un raro esempio di marito che sceglie di dedicarsi completamente alla moglie, seguendola in tutti i suoi spostamenti. Questa è una scelta che spesso viene fatta dalle mogli di personaggi famosi, quindi mi piace rimarcare questa eccezionalità di Aldo, che ha passato la vita nell’ombra di “Marga” (come la chiamava), venendo ricambiato con toccante tenerezza. Non ho mai avuto occasione di lavorare con Margherita, ma cercavo di non mancare alle sue conferenze. L’età avanzata non aveva spento né la sua curiosità, né la voglia di imparare. Con lucidità assoluta, Margherita continuava a seguire i risultati delle ultime ricerche in astronomia e,

interrogata su qualsiasi problema, dava risposte precise e dettagliate. La sua testa non era mai andata in pensione. Anzi, terminata la carriera accademica, si era impegnata più che mai nella divulgazione con riviste astronomiche e libri di grande successo, diretti al pubblico di ogni età. Era una oratrice straordinaria. Un po’ “vecchia scuola”: non amava le presentazioni, le animazioni, i video. Non aveva bisogno di stupire il pubblico con effetti speciali, come sono costretti a fare i conferenzieri tecnologicamente più avanzati, ma con minore carisma. Per affascinare le platee, le bastava la voce, con un incredibile accento toscano che i decenni trascorsi a Trieste non avevano neppure intaccato. L’ho sempre ammirata per la sua capacità prodigiosa di parlare per un tempo a piacere su un qualsiasi argomento, senza neanche uno straccio di foglietto davanti agli occhi. E quello che diceva non era né facile, né banale. Ma il pubblico la adorava e affollava le sue conferenze, con la sicurezza che avrebbe sentito una voce fuori dal coro. Laica convinta, aveva rispetto per i credenti, ma detestava

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le commistioni scienza-fede. Che ognuno stesse nel suo territorio, senza pretendere di dettare legge a quelli che la pensavano in modo diverso. Ma Margherita dava il meglio di sé quando le chiedevano la sua posizione sull’astrologia, oppure sui fenomeni paranormali. Allora era un fiume in piena, inarrestabile. Lo stesso trattamento era riservato agli esponenti politici, di qualunque schieramento, che si azzardavano a non riconoscere il valore della scuola e della ricerca fondamentale, proponendo di tagliare i già magri finanziamenti. Margherita non si faceva pregare per dire la sua, con parole spesso dure che pesavano come pietre. Quando occorreva un intervento autorevole, bastava mandarle un’e-mail, sicuri che lei avrebbe letto e preso posizione. Per festeggiare i suoi 80 anni, aveva aggiornato la Storia dell’Astronomia scritta da Giacomo Leopardi nel 1813. Con naturalezza, aveva ripreso le fila del discorso dal punto in cui Leopardi, all’epoca quindicenne ma già dottissimo, l’aveva lasciato. Entrambi hanno utilizzato il meglio che la scienza del loro tempo aveva


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da offrire: Giacomo si era basato sulla biblioteca del padre a Recanati, mentre Margherita ha attinto alla sua profonda conoscenza dello sviluppo dell’astronomia negli ultimi due secoli. Margherita amava le sfide: a 90 anni si era data al teatro con lo spettacolo L’anima della terra (vista dalle stelle), dove i suoi testi si alternavano a canzoni su emigrazione, immigrazione, globalizzazione, lavoro, corruzione. Tutti soggetti sui quali aveva qualcosa da dire, a dimostrare che la scienza vive nel mondo e ne condivide i problemi. Patrizia Caraveo QUELLA VOLTA CHE HO BACIATO LA HACK Per gli amici e, soprattutto, per il suo caro marito Aldo, Margherita Hack era semplicemente “Marga”. Per noi, allora studenti del Master in Comunicazione della Scienza della Sissa di Trieste del biennio 2000-2001, era un mostro sacro. Valeva la pena di iscriversi al corso semplicemente sapendo che, prima o poi, durante l’anno, avrebbe tenuto qualche lezione. Ma la reverenza iniziale lasciava subito spazio alla confidenza e alla simpatia, tanto la professoressa era una persona alla mano e vicina ai giovani scienziati e divulgatori. All’amico Marco Bianucci,

fisico dell’Università di Parma, venne così l’idea di invitare la Hack a una conferenza pubblica da tenersi durante la prima edizione del Festival della Scienza di Genova (2003) e chiese il mio aiuto. L’organizzazione del Festival fu entusiasta dell’idea e cominciammo a prendere contatti e accordi. La Hack doveva arrivare in treno la mattina del 28 ottobre, e io ero ad aspettarla alla stazione di Genova Brignole con un mazzo di fiori. Ma la professoressa non c’era! Salii anche sul treno, facendo di corsa un vagone dopo l’altro, con il rischio di partire per la Riviera. Nulla di nulla. Rimasi lì, col mio mazzo di fiori in mano, mezzo rovinato dalla corsa, e iniziai a telefonare: il cellulare della Hack era spento, all’albergo non l’avevano vista. All’Osservatorio di Trieste mi confermarono che la professoressa aveva annunciato che sarebbe partita per Genova. Che fare? Perdere Margherita Hack non è una cosa che uno può prendere tanto alla leggera, meno che mai quando c’è una sua conferenza al pomeriggio... Passai tre ore d’inferno, nervoso come non mai. Finalmente, intorno a mezzogiorno, squillò il telefono. Era la professoressa che, tranquillamente seduta nella sua camera di albergo, mi raccontava che pochi giorni prima aveva ricevuto un invito da parte di una scuola elementare dei vicoli,

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una letterina scritta dagli alunni: sapendola a Genova per il Festival, la invitavano a tenere una lezione nella loro scuola. E lei, commossa dalla lettera, aveva deciso di andare. Quindi era sul treno giusto ma era scesa alla stazione precedente (Genova Principe) senza avvisare nessuno. Rimasi senza parole e le diedi appuntamento per il pomeriggio. La sera, dopo l’applauditissima conferenza, avvicinai la Hack e le dissi: “Dopo quello che mi ha combinato oggi mi deve un favore... ho sempre avuto la voglia di abbracciarla e di baciarla”. E così feci, sulla guancia. Lei disse con il suo accento toscano che tutti ci ricordiamo: “È un favore che fa a me, un così bel giovine!” Sì, proprio con la “i”. E mi ribaciò. Così, dunque, mi piace ricordarla. Non solo per la sua brillante carriera da scienziata o per i suoi libri divulgativi e le sue innumerevoli conferenze pubbliche, ma per la persona, schietta e genuina come poche altre mi è capitato di incontrare. Insomma, Marga l’hanno conosciuta tutti, anche chi non ha mai avuto l’onore e la fortuna di incontrarla di persona. Perché lei era proprio così, uno straordinario esempio di coerenza con la filosofia che l’ha accompagnata per tutta la vita. Walter Riva


OR B I TA TE R R E STR E

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DI PATRIZIA CARAVEO*

F U T U R O

D E L L E

STAZIONI SPAZIALI CHE COSA SAPPIAMO DEI PIANI PER REALIZZARE I NUOVI AVAMPOSTI UMANI NELLO SPAZIO?

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O R B I TA T E R R E S T R E

» La Nasa intende mantenere la Iss fino al 2030, ma la struttura invecchia e la sua gestione diventa sempre più difficile.

*PATRIZIA CARAVEO È DIRIGENTE DI RICERCA ALL’ISTITUTO NAZIONALE DI ASTROFISICA (INAF) E LAVORA ALL’ISTITUTO DI ASTROFISICA SPAZIALE E FISICA COSMICA DI MILANO.

P

er rispondere alla domanda del sottotitolo, bisogna innanzitutto chiedersi quale sarà il futuro della Stazione spaziale internazionale, la Iss. È un argomento del quale abbiamo sentito molto parlare negli ultimi tempi, da quando è diventato uno scomodo esempio di collaborazione tra due potenze che adesso si lanciano accuse pesantissime. In effetti, dall’inizio della guerra in Ucraina, la Iss è diventata un’arma di ricatto che l’agenzia spaziale russa Roscomos usa contro le sanzioni economiche imposte alla Russia dai paesi occidentali. L’astronauta americano Mark Vande Hei, che ha terminato il 30 marzo il suo lungo soggiorno sulla Iss, ha detto più volte che, nonostante i tweet infuocati del capo di Roscomos, Dmitri Rogozin, la situazione a bordo era normale, con astronauti e cosmonauti che hanno continuato a vivere e lavorare fianco a fianco. Tuttavia, ci si chiede quali potrebbero essere gli sviluppi,

dopo che il sempre assertivo Rogozin, all’inizio di aprile, ha dichiarato che avrebbe presentato al Cremlino un piano per l’abbandono del progetto da parte dell’agenzia russa. Le tempistiche di un eventuale abbandono della Iss da parte dei russi sono ancora incerte, ma non è facile mandare avanti la stazione senza Roscosmos, per l’ottimo motivo che la Iss è nata per essere una collaborazione, dove ogni partner è responsabile di sottosistemi vitali, ma nessuno è in grado di gestirli tutti. L’ORA DEGLI ASTRONAUTI COMMERCIALI In aprile, ignorando le dichiarazioni di Rogozin, la Nasa ha portato avanti i suoi piani, come se tutto fosse business as usual. Nello scorso mese di aprile si è svolta la missione privata Ax-1, che ha rappresentato un traguardo storico, visto che è la prima volta che la Nasa ha accettato di accogliere ospiti paganti a bordo della parte americana della stazione.

» Con l’arrivo della missione Ax-1, la Iss ha fatto registrare il tutto esaurito con 11 persone a bordo.

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OR B I TA TE R R E STR E

DI PATRIZIA CARAVEO

» Schema della crescita della stazione privata pianificata da Axiom.

Fino ad oggi, tutti i turisti spaziali, pur pagando alla società americana Space Adventures, erano stati ospitati da Roscosmos, meno schizzinosa della Nasa in fatto di passeggeri paganti. Bisogna precisare che i membri dell’equipaggio di Ax-1 non vogliono essere considerati “turisti spaziali”, ma “astronauti commerciali”, visto che hanno svolto molte attività nello spazio. In effetti, la missione Ax-1 potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase dominata dall’utilizzo commerciale e turistico della Iss (vedi l’articolo a pag. 26). La filosofia della Nasa ricalca quella seguita per lo sviluppo dei nuovi sistemi di lancio capaci di portare astronauti in orbita dal territorio americano. Finora, solo SpaceX è riuscita nell’impresa, ma Boeing sta cercando di seguire l’esempio dei concorrenti. Aumentare la presenza privata sulla Iss era un passaggio di testimone che la Nasa aveva previsto da

tempo, certo non pensando che la collaborazione con la Russia sarebbe potuta cessare in modo unilaterale. Non è un caso che la prima missione commerciale venga realizzata dalla società Axiom Space, che ha già in programma di lanciare, tra il 2024 e il 2027, diversi moduli da attaccare alla Iss. L’attuale stazione sarà usata come base per permettere l’assemblaggio di una nuova struttura che sarà poi staccata, una volta ultimata la costruzione. A dire il vero, le attività commerciali di Axiom sulla Stazione spaziale sono già cominciate, come testimonia il lancio di Ax-1, il cui equipaggio era comandato da Michael LopezAlegria, un ex astronauta Nasa ora vicepresidente per il business development di Axiom. Con lui hanno volato tre ricchi imprenditori, con un passato da piloti di vario tipo, ognuno dei quali ha versato 55 milioni di dollari per un soggiorno che avrebbe dovuto essere di otto giorni sulla Iss.

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Un costo significativo ma inferiore agli 80 milioni a sedile che la Nasa aveva pattuito con Roscomos quando la Russia aveva il monopolio dei lanci umani verso la Iss. Guerra a parte, gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo e gli astronauti privati hanno dovuto prolungare la loro permanenza fino al 25 aprile per aspettare che il meteo migliorasse nella zona di ammaraggio. Chissà se la Nasa ha chiesto la differenza per i giorni eccedenti quelli previsti. In base al tariffario di utilizzo commerciali della Iss, il costo del soggiorno è dell’ordine di 40mila dollari al giorno a persona, senza contare gli extra. Comunque, liberati i “posti letto”, a fine aprile sono arrivati i professionisti della Crew4 dei quali fa parte anche la nostra Samantha Cristoforetti (vedi Cosmo n. 27). LA STRUTTURA INVECCHIA Di sicuro, anche tralasciando gli attuali problemi politici, la Iss non può continuare la sua missione a tempo indefinito. Il primo dei suoi 16 moduli pressurizzati (il russo Zarya, “Alba”) è stato lanciato 24 anni fa e lo stress termico, insieme alla continua pioggia di micrometeoriti e piccoli detriti, causano “affaticamento” del materiale. La caccia alle piccole perdite è una delle occupazioni degli astronauti, il cui primo compito è occuparsi della manutenzione di questa enorme struttura grande come un campo da calcio che, nel corso di un quarto di secolo, è costata circa 150 miliardi di dollari. Quando si accorgono che la pressione interna scende, si mettono all’opera, ben sapendo che non sarà un


O R B I TA T E R R E S T R E

compito facile: le pareti della Stazione sono ricoperte da strumentazione che viene ancorata alla struttura, per evitare che fluttui nello spazio. Per arrivare all’involucro, bisognerebbe smontare tutto. Due anni fa, gli astronauti hanno dovuto trovare la causa di una perdita nel modulo russo Zvezda. Dopo che la tecnologia degli ultrasuoni per percepire il fruscio dell’aria che sibila via verso lo spazio non aveva funzionato, hanno deciso di affidarsi a una bustina di thè. Hanno disperso il contenuto nel modulo e sono usciti chiudendo tutto. Seguendo il movimento delle foglioline con le telecamere hanno individuato la piccola apertura, forse causata da un micrometeorite, e l’hanno prontamente sigillata con… il nastro adesivo. Soluzione semplice per un problema destinato a diventare sempre più frequente, man mano che la struttura invecchia e si usura. I NUOVI PROGETTI La Nasa aveva originariamente previsto di terminare la sua partecipazione al progetto nel 2025, ma lo scorso dicembre la data era stata spostata al 2030. L’annuncio era stato dato in occasione della firma del contratto di 415,6 milioni di dollari assegnato a Blue Origin, Nanorack e Northrop Grumman per iniziare le attività di studio e sviluppo di nuove stazioni spaziali commerciali. I piani sono ancora nebulosi e, tra queste, la compagnia più avanti è Northrop Grumman che può capitalizzare sulla sua partecipazione alla nuova stazione cislunare della Nasa Lunar Gateway. Blue Origin ha deciso che la sua stazione spaziale si chiamerà Orbital Reef, perché la

» Coltivazioni idroponiche sulla stazione Orbital Reef.

» Rendering della stazione spaziale Orbital Reef di Blue Origin. Inquadra il QR per un video di Blue Origin dedicato al progetto.

vede come un ecosistema, grande come un Boeing 777. Pensano di lanciarla con il loro vettore New Glenn, che però è ancora in fase di costruzione. Nanorack ha chiamato il suo progetto di stazione Starlab: sarà meno grandioso di Orbital Reef, ma vorrebbe essere operativo entro il 2027. Senza dimenticare che nel panorama delle stazioni spaziali private ci sarà anche Axiom, che probabilmente sarà la prima disponibile. Ma viene da chiedersi se ci saranno abbastanza richieste per tenere in attività diverse stazioni spaziali private. I tre contratti sono solo un investimento iniziale, poi

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saranno i fondi privati e il mercato a decidere chi andrà avanti per fare cosa. Gli scettici fanno notare che sulla Iss sono stati fatti tanti esperimenti che, pur producendo risultati scientifici interessanti, non sono ancora diventati prodotti commerciali. Per esempio, la possibilità di costruire medicinali in microgravità è sempre stata considerata una prospettiva allettante, ma finora il risultato commerciale è nullo. Piuttosto che una fonte di guadagno, la Iss era sempre stata vista come un esempio di collaborazione internazionale. Una realtà che, purtroppo, sembra essere passata di moda.


OR B I TA TE R R E STR E

DI DAVIDE LIZZANI*

AXIOM-1

IL TRIONFO DELLA ASTRONAUTICA COMMERCIALE LA MISSIONE DELLO SCORSO APRILE SULLA ISS RAPPRESENTA UN PUNTO DI SVOLTA NELLA STORIA DEI VOLI SPAZIALI

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al 9 al 25 aprile 2022 la Stazione spaziale internazionale ha ospitato undici astronauti, ma solo sette di loro erano in missione per conto di agenzie spaziali nazionali. Per la prima volta a bordo della Iss hanno trovato spazio ben quattro “astronauti commerciali”, ognuno di nazionalità diversa. Tre di loro sono imprenditori: il pilota Larry Connor dagli Stati Uniti, Mark Pathy dal Canada e Eytan Stibbe da Israele. Il quarto invece, con doppia cittadinanza statunitense e spagnola, è il comandante Michael López-Alegría. NON SOLO TURISTI Non è la prima volta che López-Alegría visita la Iss, l’astronauta 73enne è un ex veterano della Nasa, con cinque missioni a bordo di Shuttle e capsula Soyuz alle spalle. Ritiratosi dalla Nasa dieci anni fa, oggi è il vicepresidente di Axiom Space, agenzia spaziale privata che ha inviato i quattro astronauti a bordo della Iss nell’ambito della missione battezzata Ax-1. Questa è infatti la prima missione di Axiom

Space e segna un punto di svolta nel mondo del turismo spaziale, in quanto si tratta della prima missione verso la Iss completamente privata, dal razzo all’addestramento, dalle tute al comandante. Prima di Ax-1, dieci turisti spaziali hanno raggiunto la Stazione spaziale internazionale: otto fra il 2001 e il 2009, mentre gli ultimi due, l’imprenditore giapponese Yusaku Maezawa e il suo assistente/cameraman Yozo Hirano a dicembre 2021. Un paio di mesi prima anche due russi sono approdati sulla stazione orbitale senza essere astronauti professionisti, l’attrice Yulia Peresild e il regista Klim Shipenko, che hanno realizzato delle riprese per il film russo The Challenge, ma è difficile chiamarli “astronauti privati”, in quanto la loro missione nasceva da fini propagandistici del Cremlino. I tre imprenditori a bordo di Ax-1, invece, oltre ad aver “pagato il biglietto” ad Axiom Space, hanno *DAVIDE LIZZANI È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO, ASTROFILO E PLANETARISTA, ATTUALMENTE DI STANZA A TOKYO.

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portato in orbita diversi esperimenti scientifici e hanno usato il tempo a loro disposizione per eseguire dei test nell’ambiente di microgravità che può essere ottenuto per lungo periodo solo raggiungendo l’orbita. La missione, che aveva una durata prevista di otto giorni, è durata il doppio per via del cattivo tempo nella zona prevista per il recupero della capsula, nell’Oceano Atlantico. La Nasa, tuttavia, non ha applicato un sovrapprezzo, poiché questa eventualità era già prevista nel contratto. LA FINE DEL MONOPOLIO RUSSO Prima di Ax-1, gli astronauti privati che hanno raggiunto la Iss l’hanno fatto a bordo di navicelle russe Soyuz, e questo può spiegare la mancanza di astronauti privati nello scorso decennio. Dopo il ritiro degli Shuttle, infatti, le Soyuz erano impegnate a portare sulla Iss gli astronauti professionisti delle altre agenzie spaziali nazionali: con un tariffario arrivato a 86 milioni di dollari a sedile, non c’era mercato per il “turismo spaziale”.


O R B I TA T E R R E S T R E

» Dall’alto in senso orario: la Crew Dragon Endeavor ha portato l’equipaggio di Ax-1 sulla Stazione spaziale internazionale ad aprile. Il lancio di Ax-1, avvenuto l’8 aprile. L’equipaggio nella capsula Crew Dragon. Inquadra il QR per un video di domande e risposte realizzato dall’equipaggio in orbita.

Il monopolio russo sui voli spaziali con equipaggio è stato recentemente sbaragliato dalle compagnie private statunitensi come Blue Origin di Jeff Bezos, Virgin Galactic di Richard Branson, ma soprattutto SpaceX di Elon Musk. Questa azienda, che vince bandi Nasa dal 2006, è l’unica al di fuori delle agenzie spaziali russa e cinese a poter portare astronauti in orbita, e quindi sulla Iss. Dal 2019 SpaceX ha già totalizzato otto missioni con equipaggio: due di collaudo, poi Ax-1, Inspiration 4 (anch’essa privata, ma non ha attraccato alla Iss) e quattro per trasportare gli astronauti delle agenzie spaziali

nazionali sulla Iss. L’ultima di queste, la Crew-4, è partita il 27 aprile, il giorno dopo il rientro in atmosfera di Ax-1, con a bordo l’astronauta Samantha Cristoforetti, che sta svolgendo la missione Minerva per conto delle agenzie spaziali europea e italiana. Il grande successo commerciale di SpaceX è dovuto alla possibilità di riutilizzare non solo il booster primario dei razzi Falcon 9, ma anche le navicelle Crew Dragon. Il booster che ha portato in orbita Ax-1 era infatti al suo quarto utilizzo, mentre per la navicella, chiamata Crew Dragon Endeavour, è stato il terzo volo. Nel frattempo, anche altre aziende

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stanno sviluppando i propri sistemi di lancio per equipaggio, come la navicella Cst-100 Starliner di Boeing e lo spazioplano Dream Chaser di Sierra Nevada. Questo fermento dell’industria spaziale privata è destinato ad abbassare i costi per raggiungere l’orbita e di conseguenza apre la strada agli ambiziosi interessi di Axiom Space: ospitare i propri clienti in una struttura privata. Il piano è diviso in due fasi: nel primo, Axiom attraccherà alla Iss dei moduli privati per sfruttare i sistemi di supporto vitale della stazione; nel secondo, distaccherà i moduli dalla “nave madre” per creare la prima stazione spaziale commerciale.


OR B I TA TE R R E STR E

DI ANTONIO LO CAMPO*

VEGA-C PRONTO AL DEBUTTO DALLA BASE DI KOUROU IL PRIMO LANCIO DEL SUCCESSORE DEL RAZZO ITALIANO VEGA

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da Ariane 6 dal 2023, e senza più il Sojuz che non effettuerà più lanci dalla Guyana a causa delle sanzioni alla Russia (ma le sue capacità saranno rimpiazzate da Ariane 6).

*ANTONIO LO CAMPO È UN GIORNALISTA SCIENTIFICO SPECIALIZZATO PER IL SETTORE AEROSPAZIALE E COLLABORA CON DIVERSE TESTATE NAZIONALI. .

QUASI RADDOPPIATO IL MERCATO DEI SATELLITI COMMERCIALI Vega-C è stato progettato per effettuare lanci a cadenze più brevi rispetto a Vega, e ha prestazioni migliorate, raggiungendo orbite multiple a un costo simile a quello del Vega. È un razzo a corpo unico alto circa 35 metri, con una massa al decollo di 210 tonnellate. È in grado di posizionare circa 2200 kg in un’orbita polare di riferimento di 700 km. Ciò soddisferà le esigenze delle istituzioni e dell’industria europee. Grazie a una nuova gamma di vettori di carico utile, Vega-C sarà in grado di ospitare carichi di diverse forme e dimensioni, da costellazioni di piccoli satelliti da un chilogrammo fino a un

l debutto è previsto nel corso del mese di giugno. Stiamo parlando del nuovo lanciatore Vega, nella versione chiamata Vega-C. Alla base europea di Kourou, nella Guyana Francese, il nuovo razzo vettore progettato e realizzato quasi interamente in Italia da Avio, è pronto su una piattaforma che è stata modificata per accogliere il lanciatore che fa seguito alla versione “base” del Vega. Quella che partì per la prima volta da Kourou il 13 febbraio 2012, e che ha effettuato sinora venti lanci, con 18 successi. Vega C (la “C” sta per Consolidated) entra così a far parte della flotta di lanciatori dell’Esa (Agenzia spaziale europea), che conta ancora sul potente Ariane 5, che verrà sostituito

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singolo grande carico. Vega-C potrà rispondere alle esigenze del mercato dei satelliti radar che sta assumendo sempre maggiore importanza e porterà il mercato di questo vettore dal 50% al 90% dei satelliti in orbita bassa. Una parte consistente dei quali potrà essere gestita sfruttando la capacità del lancio multiplo. In quest’ottica, l’attuale payload adapter “Vespa” verrà utilizzato nelle missioni che prevedono lanci multipli o per ospitare cubesat e microsat nella sua piattaforma interna. Un nuovo payload adapter, il “Vampire”, è in fase di sviluppo e permetterà la messa in orbita di un payload principale più altri di dimensioni inferiori. Lo sviluppo di Vega-C è stato approvato il 12 agosto 2015 e prevede l’impiego di un motore P120C per il primo stadio (una versione maggiorata del P80, usata anche come booster di Ariane 6), uno Z40 al secondo stadio, uno Z9 per il terzo e l’Avum+ (che ha il 20% di propellente in più rispetto


» A sinistra: una ricostruzione grafica del nuovo razzo Vega-C sviluppato quasi interamente da Avio a Colleferro. A destra: Space Rider, la mini-navetta dell’Esa che Vega-C porterà in orbita dal 2023. In alto: la base europea di Kourou, nella Guyana Francese.

all’Avum standard del Vega base) per il quarto stadio. La carenatura a forma di ogiva nella parte superiore ha un diametro di 3,3 metri ed è alta oltre 9 metri. Realizzata in composito di fibra di carboniopolimero, protegge i satelliti dalle sollecitazioni termiche, acustiche e aerodinamiche al decollo e durante l’ascesa nello spazio. Il P120C sarà utilizzato sia da Ariane 6 come booster alla base del primo stadio che da Vega-C ed è sviluppato in collaborazione da ArianeGroup e Avio. La realizzazione e i test dei componenti del razzo hanno richiesto tempi lunghi, ma si sono svolti in modo regolare, con prove eseguite nello stabilimento Avio di Colleferro (Roma) e presso il poligono di Salto di Quirra, in Sardegna. Ora è finalmente pronto per il primo volo. E POI C’È SPACE RIDER Vega-C debutta mettendo in orbita il satellite italiano Lares-2, sviluppato

da OHB Italia come primo contraente per studi di geodesia (vedi Cosmo n. 28) e un grappolo di cubesat didattici e istituzionali. Tra i suoi obiettivi successivi c’è quello di inserire in orbita la navetta automatica europea Space Rider, il cui primo lancio avverrà entro la fine del 2023. “Grazie a Vega-C si amplieranno le possibilità di lancio europee” – spiega Giulio Ranzo, AD di Avio – “potendo sfruttare in pieno il potenziale della piattaforma lanciasatelliti Ssms e ampliando la varietà di satelliti e carichi trasportabili. Tra questi, c’è Space Rider, il veicolo sperimentale dell’Esa, automatico e riutilizzabile, per il quale Avio fornisce il modulo propulsivo e di servizio. Le applicazioni di Space Rider vanno dalla possibilità di effettuare esperimenti in microgravità alla mitigazione del rischio di collisioni in orbita, spostando i satelliti non più funzionanti in

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orbite-cimitero o facilitandone il rientro atmosferico controllato. E darà all’Europa la possibilità di sperimentare tecnologie per la robotica nello spazio, utili per programmi di esplorazione oltre la Terra con e senza equipaggio”. E già si parla di un successore di Vega-C, che sarà Vega-E, basato sulle esperienze ottenute durante il programma attuale e dotato di motori già disponibili o in via di sviluppo, a partire dall’innovativo stadio superiore a metano e ossigeno liquidi (Vus). Sarà realizzato in due configurazioni principali: Vega–E light sarà un lanciatore bi-stadio con un carico utile di 400 kg verso l’orbita bassa terrestre, costituito dall’attuale secondo stadio del Vega-C e dallo stadio a metano e ossigeno; Vega-E heavy avrà prestazioni simili al Vega-C e avrà il P120C al primo stadio, lo Z40 al secondo e il Vus al terzo.


L U N A E O LT R E

DI MASSIMO CLAUDIO COMPARINI*

CONQUISTATI DALLA

CON L’AVVIO DEL PROGRAMMA ARTEMIS, L’INDUSTRIA ITALIANA PROTAGONISTA DELLE NUOVE IMPRESE LUNARI

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l Programma lunare Artemis è pronto a partire. E la prima missione è in programma con il lancio del razzo vettore Sls entro questa estate. Se con il programma Apollo la Nasa ha ispirato intere generazioni, compiendo una impresa straordinaria e avviando una vera e propria rivoluzione scientifica e tecnologica, con il Programma Artemis, oltre cinquant’anni dopo, la Nasa, le agenzie che partecipano direttamente, compresa l’Agenzia

spaziale italiana, e le agenzie che cooperano come quella europea, continuano a rendere realtà il sogno verso la Luna. Il programma offre al mondo intero una opportunità epocale: stabilire una presenza umana sostenibile sul nostro satellite naturale e dimostrare come nuove tecnologie possono rendere possibile la costruzione di avamposti autosufficienti al di fuori della Terra, intrecciando l’esplorazione della Luna e di Marte. Ancora poche settimane e

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assisteremo al via di questa nuova fase di missioni, una prova generale su diversi fronti, alla quale l’Italia darà un grande contributo. Al secondo posto fra i Paesi che partecipano al progetto, l’Italia esprime il suo contributo di circa il 30% attraverso il ruolo strategico e di visione dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) e le competenze industriali di aziende come Thales Alenia Space, la joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%).


L U N A E O LT R E

» L’AD di Thales Alenia Space Massimo Claudio Comparini.

QUASI PRONTO IL LANCIO DI SLS CON ARTEMIS 1 Il conto alla rovescia (con qualche ritardo, vedi le Space News, ndr) è già partito al Kennedy Space Center, dove è posizionato lo Space Launch System, con la navicella Orion. L’obiettivo sarà dimostrare la piena affidabilità del sistema e quindi ottenere la luce verde anche per la seconda attesissima missione del programma, Artemis II, la prima con equipaggio a bordo. Lo stesso vale per la capsula Orion che dovrà testare in ambiente lunare i sistemi principali e il Modulo di Servizio europeo, realizzato con una importante partecipazione dell’industria italiana. Thales Alenia Space Italia ha infatti curato per l’Esa la struttura e i sottosistemi.

* MASSIMO CLAUDIO COMPARINI È AMMINISTRATORE DELEGATO DI THALES ALENIA SPACE ITALIA.

Il programma Artemis rappresenta per l’Italia una grande opportunità di sviluppo dell’intero eco-sistema e della filiera come stiamo già vedendo chiaramente attraverso il ruolo guida che abbiamo nella realizzazione di moduli principali per la futura stazione in orbita cislunare, cioè intorno alla Luna, la Lunar Orbital Platform – Gateway (Lop-G). Si tratta di I-Hab (International Habitat), il modulo dove verranno ospitati gli astronauti, ed Esprit, il modulo per le comunicazioni e il rifornimento; i due moduli costituiscono il contributo europeo al Gateway. LA PARTECIPAZIONE DELL’INDUSTRIA ITALIANA Nello stabilimento di Torino lavoriamo inoltre alla realizzazione, per Northrop Grumman, della struttura primaria del modulo Halo (Habitation And Logistics Outpost): la cabina iniziale per gli astronauti in visita al Gateway, derivata dai moduli cargo Cygnus.

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Con questa prima e significativa pietra miliare su Halo, nato dal successo di Cygnus e dalla collaudata esperienza di Thales Alenia Space Italia e della filiera nella realizzazione di moduli e componenti per la Stazione spaziale internazionale, possiamo essere veramente fieri del contributo dell’Italia, alla costruzione della prima stazione lunare, dopo aver segnato la storia delle infrastrutture orbitali, con lo sviluppo di oltre il 50% del volume abitabile della Iss, e avere iniziato l’era della stazioni commerciali con la costruzione dei primi due moduli per la stazione di Axiom space. Ruolo che si completa con la capacità di gestire tutto il ciclo di vita di tali missioni, nella gestione degli esperimenti, della grande quantità di dati che si svilupperanno dall’operare in orbita bassa e terrestre e sulla Luna e anche del futuro training di astronauti professionalizzati con Altec, la joint venture con l’Agenzia spaziale italiana, dedicata alla gestione di tali missioni. UN PASSO VERSO LA FUTURA ESPLORAZIONE DELLO SPAZIO Grazie a questa storia unica di competenze e tecnologie, siamo pionieri del futuro della presenza umana in orbita bassa e allarghiamo i confini dell’esplorazione spaziale, non solo lavorando per l’intero ecosistema che vedrà operare l’uomo sulla superficie della Luna ed esplorare le potenzialità del pianeta. È una sfida di grande stimolo per tutta l’Italia spaziale, per la comunità scientifica e per la filiera industriale, a conferma di una solida opportunità di crescita e di sviluppo che bisogna essere pronti


L U N A E O LT R E

a cogliere, stimolando in concreto l’innovazione, gli sviluppi avanzati nel campo della ricerca dei materiali, l’utilizzo anche dei settori adiacenti degli ambienti in microgravità, e favorendo la crescita di start-up innovative. È questa l’opportunità che la space economy pone a tutti noi e Thales Alenia Space, naturalmente con i suoi azionisti e Leonardo in particolare per l’azione di traino in Italia, è tra le aziende leader mondiali in questo complesso ecosistema di sviluppo delle nuove infrastrutture e delle operazioni spaziali per l’esplorazione. Infrastrutture che abiliteranno anche un nuovo paradigma di servizi che siamo pronti a indirizzare nel contesto della Space Alliance con il ruolo trainante di Telespazio, come nei primi piani di connettività nell’ambiente lunare. La continua ricerca dell’uomo nella dimensione di esplorazione dello spazio si arricchisce oggi di un concreto orizzonte temporale, nel quale potremo immaginare di operare su un pianeta diverso della Terra e di essere protagonisti di tale fase epocale e di contribuire in modo concreto con le nostre capacità ingegneristiche e tecnologiche. Ciò ci rende veramente orgogliosi. Siamo al centro di un approccio in cui l’intera filiera spaziale di grandi, piccole e medie imprese, imprese di settori adiacenti e la comunità scientifica e quella accademica possono e devono collaborare alla realizzazione di studi e di progetti avanzati. Contribuendo così all’esplorazione lunare a 360 gradi e - obiettivo per nulla secondario - promuovendo e supportando il sistema Italia nel mondo.

DI MASSIMO CLAUDIO COMPARINI

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» In alto: il modulo Halo, uno dei due moduli abitativi che verranno realizzati per la stazione cislunare con il contributo dell’industria italiana (cortesia Northrop Grumman). Qui sopra: lo Space Launch System è quasi pronto per il lancio della missione Artemis I. Al sito go.nasa.gov/3OEB5j8 si può produrre un biglietto omaggio a nome di chi si desidera, che verrà imbarcato in una flash drive sulla capsula lunare.

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TEMA DEL MESE

DI ANTONIO LO CAMPO

WEBB IN ATTESA DEL

A COLLOQUIO CON MASSIMO ROBBERTO

DALL’ITALIA ALLA NASA PER IL SUPER TELESCOPIO SPAZIALE

“N

on vediamo l’ora di poter pubblicare le prime osservazioni. Saranno immagini straordinariamente nitide, prodotte dalla più grande finestra spalancata sull’Universo mai realizzata. Con il Webb cercheremo risposte sull’origine ed evoluzione del cosmo, sapendo che quel mistero con la “m” maiuscola che si nasconde dietro alla creazione porterà inevitabilmente nuove domande”. Massimo Robberto, di origini astigiane e torinese d’adozione, guida il team di astrofisici che dal Centro Nasa di Baltimora gestiscono lo strumento principale del nuovo super telescopio spaziale James Webb, lanciato lo scorso 25 dicembre dalla base europea di Kourou, nella Guyana francese con un potente razzo europeo Ariane 5. Quello del Webb, che prende il nome dall’amministratore Nasa che avviò il programma Apollo nel 1961, è un programma realizzato dalla Nasa in

cooperazione con l’Esa europea. Classe 1958, sposato, Massimo Robberto è stato il primo a ottenere un dottorato in astrofisica all’Università di Torino negli anni 80. Vive negli Stati Uniti dagli anni 90, dopo un percorso di carriera con un’ascesa vertiginosa. Lo incontriamo a Cossombrato, nell’astigiano, per una breve vacanza italiana prima di rientrare nel Maryland, per affrontare, con il suo team, le prossime, fondamentali tappe del Webb che dopo mesi di preparazione e di test dei suoi strumenti si avvicina all’inizio della sua attività scientifica. LEI È ORMAI ADOTTATO DAGLI USA. MA HA NOSTALGIE PER L’ITALIA? Penso che tra un po’ tornerò in Italia, e nel mio Piemonte. Una volta maturata la pensione farò ritorno. Sono piemontese da parte di mia mamma e siciliano da parte di mio papà, che dopo la laurea in lettere classiche andò a lavorare in Fiat,

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finendo per assumere un ruolo di direzione alla Iveco. Da bambino ho girato l’Italia con i miei genitori, partendo da Roma arrivando infine a Torino per frequentare il liceo scientifico Volta. QUAL È STATO IL SUO PERCORSO, PRIMA DELLA GRANDE AVVENTURA NEGLI STATES? Dopo la laurea e il dottorato, ho lavorato per alcuni anni all’Osservatorio Astrofisico di Pino Torinese. Su suggerimento dell’allora direttore, Attilio Ferrari, mi sono subito specializzato nell’infrarosso termico, un campo allora nuovo destinato a diventare molto importante per studiare l’Universo. Infrarosso “termico” perché a quelle lunghezze d’onda la temperatura del nostro ambiente rende tutto luminoso, e allora gli strumenti astronomici, che amano il buio, devono essere tenuti a temperature molto basse. A Torino siamo stati tra i


TEMA DEL MESE

» Il complesso mosaico che forma lo specchio primario del James Webb Space Telescope (Jwst).

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TEMA DEL MESE

pionieri di una tecnologia complessa, sostanzialmente la stessa su cui si poggia il James Webb Space Telescope. PRIMA DEL WEBB, C’È STATO ANCHE HUBBLE TRA LE SUE ESPERIENZE? Dopo Torino, sono stato assunto dal Max Planck Institute, in Germania, per costruire uno dei miei strumenti per il più grande telescopio infrarosso al mondo, alle Hawaii, e poi dall’Esa, che mi ha destinato al team dell’Hubble Space Telescope. Ho contribuito allo sviluppo dello strumento infrarosso di Hubble, che però resta un telescopio “caldo”, concepito per l’astronomia ottica. Il Webb è stato invece costruito per l’infrarosso termico, e quindi, considerando le mie competenze, è stato un sogno quando la Nasa mi ha chiesto di lavorare per questa missione. A CHE PUNTO SIAMO CON IL WEBB? Come team scientifico della “Camera a grande campo” inizieremo a fare le prime vere osservazioni scientifiche già a fine giugno 2022. Il telescopio ha impiegato circa un mese per entrare in orbita attorno al punto L-2, a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Tutto si è svolto perfettamente: tutte le componenti dell’enorme struttura sono state dispiegate. Puntando ripetutamente stelle brillanti e isolate, i 18 specchi sono stati allineati con assoluta precisione, formando un unico specchio di 6 metri e mezzo di diametro. Non ci basta che gli specchi puntino tutti nella stessa direzione, ma insieme devono formare una unica superficie perfettamente liscia: misuriamo

DI ANTONIO LO CAMPO

le discrepanze in miliardesimi di metro… E DAVVERO TUTTO È ANDATO BENE… Il telescopio è così grande che per farlo stare nel razzo abbiamo dovuto ripiegarlo come un origami. Il primo mese dopo il lancio, durante il viaggio verso L-2, è stato dedicato al dispiegamento della struttura. È stata una grande sfida, ma centinaia di parti mobili meccaniche hanno tutte funzionato esattamente come previsto. Nel frattempo, Webb ha iniziato a raffreddarsi e appena possibile abbiamo acceso il nostro strumento per allineare gli specchi. Queste operazioni hanno richiesto un paio di mesi e appena sono terminate si sono accessi via via gli altri strumenti ed è iniziata la loro calibrazione. Il mio team è composto da 25 astrofisici che lavorano a turni, senza interruzione per seguire tutte le operazioni. I dati arrivano continuamente grazie alle antenne del Deep Space Network, tra Canberra, in Australia, Madrid in Spagna e Goldstone in California. Ma il bello deve ancora arrivare, con l’inizio della missione scientifica vera e propria. Le prime immagini, le Early Release Observations, saranno particolarmente spettacolari e mostreranno al mondo la potenza del telescopio. QUALI SONO GLI OBIETTIVI SCIENTIFICI? Questo grande telescopio spaziale avrà almeno dieci anni di operatività, e tra i molti programmi di ricerca ci sarà uno sguardo profondo sulla formazione delle prime galassie e dei pianeti attorno ad altre stelle, nella speranza

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di trovarne qualcuno simile alla Terra. Un passaggio fondamentale per i programmi della Nasa che mirano a trovare mondi che possano ospitare vita, anche solo primordiale. Per noi che lavorando dietro le quinte già vediamo i primi dati, ciò che forse più stupisce è che questa straordinaria macchina sembra ancora più sensibile di quanto pensassimo. E quindi ci chiediamo quali risultati importanti, dati di rilievo e immagini di incredibile qualità potrà regalarci. Sarà uno strumento prezioso anche per i pianeti extrasolari. E avrà anche in questo settore maggiori vantaggi rispetto a Hubble, che ha già fatto un ottimo lavoro. Quando si osserva un pianeta extrasolare, il problema è non restare abbagliati dalla luce della sua stella, e lo si risolve con la tecnica della coronografia. Il Webb darà un impulso decisivo in questa direzione, perché lavorerà nell’infrarosso, dove le stelle diventano più deboli e i pianeti più brillanti, quindi con un contrasto relativo migliore. Inoltre, contrariamente a Hubble, il Webb ha uno specchio primario corretto, consentendo di usare maschere coronografiche più efficienti e di

» Il Webb ripreso in orbita terrestre da una telecamera del secondo stadio dell’Ariane 5. La foto è stata ricevuta dal centro di Malindi dell’Asi in Kenya.


TEMA DEL MESE

maggiore contrasto. E dispone di vari strumenti ottimizzati per le osservazioni coronografiche, con tutti i “trucchi” necessari per spingere al massimo la sottrazione della stella centrale. Scoperte come quelle di alcuni pianeti extrasolari simil-terrestri spingeranno ulteriormente la ricerca in questa direzione. WEBB È ANCHE UNA ENORME SFIDA TECNOLOGICA… E sinora ha dimostrato di essere impeccabile: deve operare a 235 gradi sotto zero, a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, con errori sulla meccanica molto più piccoli della lunghezza d’onda della luce, in assenza di gravità; non può essere raggiunto da astronauti per riparazioni come Hubble (che si trovava in orbita terrestre). Tutto deve essere perfetto, e restare tale nei tanti anni di operatività. Sotto molti aspetti, è un’opera d’arte. WEBB CERCHERÀ RISPOSTE SULLA NASCITA DELL’UNIVERSO E MAGARI SUL MISTERO CON LA “M” MAIUSCOLA? La natura ci ha fatto e ci farà sempre dei regali meravigliosi. E sta a noi riceverli e capirli. Io resto sempre incantato dallo stupore e dalla bellezza di tutto ciò che scopriamo, ma la domanda per me inevitabile è sul suo significato, anche se forse a questa domanda la natura non può rispondere. Comunque, io mi aspetto dal Webb scoperte straordinarie che ci daranno un ulteriore, nuovo sguardo sul cosmo. È stato progettato e realizzato proprio per questo. E l’inizio promette bene.

» Massimo Robberto, il “Signore italiano dei telescopi spaziali”.

» Il lancio da Kourou del Jwst con un razzo Ariane 5. Era il giorno di Natale 2021.

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ASTROFISICA

DI GIUSEPPE DONATIELLO*

IL PROBLEMA DEI SATELLITI MANCANTI LA VIA LATTEA HA DUE NUOVE PICCOLE COMPAGNE MA ANCORA TANTE MANCANO ALL’APPELLO

» Il Blanco Telescope al Cerro Tololo, ripreso sotto uno star trail australe. A destra, un telescopio dello Smart Consortium (cortesia NoirLab).

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ASTROFISICA

I

l modello cosmologico più accreditato (Λcdm) prevede la formazione di strutture in un ampio spettro di massa, dagli ammassi di galassie più massicci alle galassie nane di massa inferiore. Ai valori estremi di piccola massa e bassa luminosità (magnitudine assoluta inferiore a -7,7), si trovano le “galassie nane ultra-deboli” (Ufd), rilevate finora solo come satelliti della Via Lattea e di altre galassie vicine. Oltre a essere ideali per testare il modello di formazione gerarchica, questi sistemi sono anche laboratori “puliti” in cui indagare la natura della “materia oscura”, la sintesi di elementi pesanti e la fisica della re-ionizzazione in un modo migliore rispetto ad altri ambienti cosmici. Pertanto, vengono cercati con molto impegno dagli astronomi. CHI MANCA ALL’APPELLO? La popolazione di satelliti della Via Lattea è rimasta limitata a una dozzina di galassie nane sferoidali per tutto il secolo scorso. Negli ultimi due decenni, nuove estese survey multi-banda (Sdss, PanStarrs, Des e Hsc-Ssp) hanno permesso di registrare sistemi stellari molto più deboli, ampliando il censimento dei satelliti della Via Lattea sino agli attuali 60. Inoltre, il satellite Gaia ha fornito misurazioni precise del moto proprio di stelle lontane, concedendo misurazioni cinematiche e orbitali dettagliate di galassie satelliti, oltre alla scoperta di nuovi sistemi Ufd, grazie ad algoritmi che sfruttano le informazioni sul movimento. Su questo fronte, diversi gruppi di astronomi sono impegnati nella ricerca di tali debolissimi oggetti e gli annunci di nuove scoperte

» Le galassie nane ultradeboli Eridanus IV e Pegasus IV in immagini ottenute con dati DeCam (cortesia Desi, Lis).

nel Volume Locale (la regione di Universo che circonda il Gruppo Locale di galassie) si susseguono quasi con cadenza mensile. È improbabile che esistano altri grandi satelliti sfuggiti al rilevamento perché nascosti dalla spessa coltre di nubi e stelle presente sul piano galattico; quindi, i satelliti da scoprire sono esclusivamente sistemi a bassissima luminosità. Le Ufd sono oggetti che sfidano le attuali capacità di rilevamento e il loro censimento è lontano dall’essere completo. Nonostante gli sforzi, un gran numero di Ufd sfugge al rilevamento. È il “problema dei satelliti mancanti”: le simulazioni prevedono tanti satelliti intorno a una grande galassia come la nostra, ma quelli osservati sono notevolmente meno. La Via Lattea dovrebbe avere una corte di almeno 300 satelliti, mentre Andromeda (M31) dovrebbe averne almeno 500, anziché la trentina nota sinora (recentemente si è aggiunto Pegasus V/Andromeda XXXIV, vedi bit.ly/3Mng6iM). Certamente i futuri strumenti per le survey del cielo, come il Vera Rubin Telescope in costruzione in Cile, porteranno a nuove scoperte. Gli specialisti sperano in alcune centinaia di nuovi satelliti solo nel nostro vicinato galattico.

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Ma se tale carenza continuerà a insistere, ci sarà da rivedere i modelli, oppure bisognerà trovare quale processo riesce a inibire la formazione stellare al centro dei mini-aloni di materia oscura. In questa eventualità, le galassie mancanti sarebbero aloni senza stelle, composti solo di materia oscura. Ogni nuova scoperta allenta la tensione sul problema dei “satelliti mancanti” ed è quindi una boccata di ossigeno per il modello Λcdm. LA DARK ENERGY CAMERA Lo strumento che negli ultimi anni ha prodotto la maggior parte delle scoperte di nuovi satelliti della Via Lattea è il Victor M. Blanco Telescope da 4 metri, situato sul Cerro Tololo in Cile, sul quale è montata la Dark Energy Camera (DeCam). Questo sistema rappresenta una delle operazioni di riconversione e aggiornamento meglio riuscite. Il Blanco è stato dal 1976 al 1998 il maggiore strumento operativo nell’emisfero meridionale. L’avvento degli strumenti da 8-10 metri, come il Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso lo aveva reso obsoleto e non più competitivo. Si prospettava così un inesorabile declino, al pari di altri gloriosi strumenti della stessa classe o più piccoli. Lo strumento, operativo in un sito molto favorevole, poteva però avere una seconda vita come


ASTROFISICA

strumento per survey profonde e indagini sulla “energia oscura”, la componente principale del nostro Universo e responsabile della sua espansione accelerata. La DeCam, entrata in funzione nel 2012, è un enorme mosaico CCD da 570 megapixel complessivi, dotato di filtri fotometrici tipo Sdss, in grado di riprendere in un solo colpo un’area quasi circolare con il diametro di 2,2 gradi. Lo scopo primario del suo utilizzo erano gli studi cosmologici (Dark Energy Survey), ma in 10 anni di attività ha permesso di trovare anche oggetti del Sistema solare (come la “cometa gigante” Bernardinelli-Bernstein, vedi bit.ly/3x6cg6m), e ha ripreso in dettaglio le regioni del piano galattico meridionale. Nella regione di cielo coperta dai dati della Legacy survey di DeCam sono state poi identificate più di 20mila galassie nane, grazie ad algoritmi per la ricerca automatizzata. Più diverse galassie nane ultra-deboli, satelliti della Via Lattea, di M31 e di alcune galassie vicine. Degno di nota è il risultato ottenuto dalla collaborazione internazionale Delve (DECam Local Volume Exploration survey), con la scoperta di due nuovi deboli sistemi satelliti della Via Lattea, chiamati Eridanus IV e Pegasus IV. DUE NUOVI PICCOLI SATELLITI Eridanus IV (Eri IV) è distante circa 248mila anni luce ed è stato individuato a pochi gradi dalla stella Rigel. Si tratta formalmente di una sovra-densità stellare, dentro un’ellisse di circa 5x3 minuti d’arco, le cui caratteristiche sono compatibili con quelle di una Ufd e non di un ammasso globulare.

DI GIUSEPPE DONATIELLO

» La DeCam da 570 Mp è montata sul fuoco primario del Blanco Telescope da 4 metri di diametro.

Eri IV è visibile attraverso un ricco campo stellare della Via Lattea e questo ha reso difficile lo studio delle sue stelle. Le analisi e le calibrazioni indicano tuttavia che la sovra-densità è un raggruppamento reale e non casuale. Incrociando i dati con quelli astrometrici di Gaia, si è confermato che il moto proprio delle sue stelle è coerente: Eri IV si muove lungo l’asse maggiore ed è prossimo al suo pericentro, a circa 98mila anni luce dal nucleo galattico. Con un diametro di circa 490 anni luce e un’ellitticità di 0,54, Eri IV sarebbe quindi una tipica Ufd dominata dalla materia oscura. L’analisi spettroscopica ha evidenziato che è formata da stelle molto povere

*GIUSEPPE DONATIELLO RESPONSABILE DELLA SEZIONE PROFONDO CIELO/UAI, OPERA ATTIVAMENTE ALLO STUDIO DEI FLUSSI STELLARI IN GRUPPI RICERCA INTERNAZIONALI. È SCOPRITORE DI CINQUE GALASSIE NANE VICINE, QUATTRO DELLE QUALI PORTANO IL SUO NOME.

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di metalli, con un’età media di circa 13 miliardi di anni. Molto più definita è la situazione di Pegasus IV (Peg IV), un’altra galassia nana ultradebole, distante circa 293mila anni luce. Come altre Ufd, è molto povera di stelle, ma la sua popolazione è più concentrata in un’area estesa per circa 267 anni luce, con la magnitudine assoluta di -4,25. Anche qui le indagini hanno rivelato una popolazione di stelle molto antiche, con una delle più basse metallicità conosciute nella popolazione satellitare del Gruppo Locale. Anche per Peg IV è stato determinato il moto proprio delle sue stelle più luminose grazie ai dati di Gaia, scoprendo che la galassietta si muove in modo retrogrado rispetto al verso di rotazione della Via Lattea e che ha superato da poco l’apocentro. Queste due scoperte avvalorano l’ipotesi che la popolazione di piccole galassie sia ben più numerosa di quella nota e dimostrano come i dati DeCam siano di qualità sufficiente per rivelare nuovi satelliti, anche nelle regioni già indagate in precedenza.


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DI LUCA NARDI*

COME CERCARE (SULLA TERRA)

L’ACQUA MARZIANA A COLLOQUIO CON ERICA LUZZI, DI RITORNO DA UNA MISSIONE IN UN “ANALOGO DEL PIANETA ROSSO” IN BOTSWANA

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CIELO E TERRA

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» Vista del Makgadikgadi Pans: si notano macchie più scure composte da argille e macchie chiare costituite da croste di sale e solfati.

ulla Terra ci sono alcuni luoghi che ricordano altri pianeti. Sono i cosiddetti “analoghi planetari”, preziosissimi per ottenere informazioni che altrimenti si potrebbero avere solo andando direttamente in loco, con tutte le limitazioni tecnologiche ed economiche relative. Di analoghi planetari sul nostro pianeta ce ne sono moltissimi, ognuno utile ad analizzare un particolare aspetto di un particolare pianeta o a testare delle tecnologie in ambienti simili a quelli planetari. Per esempio, il deserto di Atacama, con il suo clima iperarido, è spesso utilizzato come analogo marziano, e lo stesso avviene per i deserti dello Utah (vedi Cosmo n. 26). L’isola di Lanzarote, alle Canarie, con il suo terreno riarso e vulcanico, è stata utilizzata come analogo del suolo lunare, mentre negli anni 60, gli astronauti delle missioni Apollo utilizzarono il Meteor Crater, in Arizona, per fare pratica per le sfide che avrebbero dovuto affrontare tra i crateri lunari. Uno di questi luoghi, in Botswana, è particolarmente utile per studiare il Pianeta rosso dal punto di vista geologico: si tratta di Makgadikgadi Pans, una grande salina situata nella savana nel nord est del paese africano, residuo di quello che alcune centinaia di migliaia di anni fa era un grande lago salato. Sembra un posto fuori dal mondo, eppure è una delle culle dell’umanità: 200mila anni fa l’Homo sapiens cominciò la sua evoluzione in questa regione, al tempo fertilissima. Erica Luzzi, dottoressa in geologia planetaria alla Jacobs University, ha preso parte a una spedizione in

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questi luoghi per studiare le rocce evaporitiche marziane, grazie a un progetto finanziato dall’Unione Europea tramite il programma Transnational Access della Europlanet Society, che fornisce accesso a spedizioni scientifiche in sette siti di analoghi planetari nel mondo. L’abbiamo intervistata per Cosmo. MAKGADIKGADI PANS È UN LUOGO VERAMENTE FUORI DAL MONDO… Per fortuna o per sfortuna, i luoghi sulla Terra più simili a Marte sono regioni remote e desertiche. “Per fortuna” perché con questo tipo di spedizioni ci è concesso di vedere la bellezza del nostro pianeta in posti poco conosciuti; “per sfortuna” perché le spedizioni in questi siti incontrano notevoli ostacoli e problemi, a cui bisogna trovare soluzione con le poche risorse a disposizione. PERCHÉ UNA SPEDIZIONE PROPRIO LÌ? Il Makgadikgadi Pans è un deserto di sale, tipico esempio di quello che una volta era un lago e che poi, a causa di una forte evaporazione e un minor afflusso di acqua, è diventato un “bacino evaporitico”: le molecole in soluzione nel sottile livello di acqua finiscono per saturare, comportando la precipitazione dei minerali detti “evaporitici”. Queste rocce testimoniano la passata presenza di acqua su una superficie. L’acqua è un elemento fondamentale per la vita, almeno per come la conosciamo noi. Su Marte molti depositi evaporitici sono stati individuati tramite analisi spettrali effettuate da strumenti a bordo delle sonde


» Sopra: fratture poligonali da essiccazione note come mud cracks, tipiche di ambienti evaporitici. A sinistra: un rarissimo episodio di acqua stagnante nel pan. Nel giro di due ore l’acqua è evaporata tutta. Un fenomeno simile su Marte produrrebbe un’evaporazione istantanea, a causa della ridottissima pressione atmosferica.

spaziali orbitanti, ma anche dei rover e dei lander atterrati sulla superficie del pianeta. Il loro studio può avere grandi implicazioni scientifiche, sia dal punto di vista geologico che astrobiologico. QUINDI C’ERA DELL’ACQUA LIQUIDA NEL PASSATO MARZIANO? Questa è ormai una certezza, anche se non siamo ancora riusciti a capire quanta ce ne fosse. Secondo alcuni ricercatori, ci sono stati persino degli oceani, mentre altri si limitano agli indizi locali, come canali fluviali, depositi di minerali idrati, vulcani di fango. Su Marte probabilmente c’è acqua liquida ancora oggi, ma al di sotto della superficie. Un gruppo di ricercatori italiani, guidato da Roberto Orosei dell’Istituto nazionale

di astrofisica, ha identificato un possibile bacino di acqua salata nella regione polare, a un chilometro e mezzo di profondità (vedi Cosmo n. 12). Tuttavia, per trovare indizi di vita (passata o presente), l’acqua non basta, come non è sufficiente l’individuazione di molecole organiche (trovate sia da Curiosity che da Perseverance), che possono essere formate non solo da processi biotici, ma anche da processi abiotici. UNA VOLTA GIUNTI LÌ, CHE COSA AVETE MISURATO? Abbiamo fatto analisi di tipo geofisico, le “tomografie geoelettriche”. Queste misurazioni consentono di analizzare il sottosuolo, distinguendo diverse unità geologiche e individuando la

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presenza di acqua e di faglie/fratture. In particolare, eravamo interessati a comprendere se la presenza di faglie – che sono una via preferenziale per il circolo di acqua – potesse influenzare il ciclo di deposizione delle evaporiti. Il nostro obiettivo principale era quello di capire se le faglie contribuiscono al ciclo idrogeologico in aree evaporitiche e, in seconda battuta, confrontare tali risultati con quelli di particolari regioni analoghe su Marte. COME FUNZIONANO QUESTE MISURAZIONI? La metodologia che abbiamo adottato è stata piuttosto faticosa, ma concettualmente semplice: abbiamo inserito degli elettrodi nel terreno e li abbiamo usati per applicarvi delle tensioni elettriche. Misurando la


CIELO E TERRA

» Il team della spedizione. Seconda da sinistra Erica Luzzi e quarto Gene Schmidt, che sarà primo autore degli studi finanziato dal programma Transnational Access.

risposta elettrica dei materiali presenti nel sottosuolo, abbiamo potuto raccogliere dati e informazioni. Ogni materiale possiede una diversa resistività elettrica. Pertanto, misurando le correnti generate dalle tensioni applicate, è possibile raccogliere informazioni sulla composizione e le caratteristiche degli strati di roccia che si trovano nel sottosuolo. TU DI COSA TI SEI OCCUPATA IN PARTICOLARE? Quando ci si trova in queste spedizioni, ognuno si ritrova a fare un po’ di tutto. Certamente, però, alcune attività erano affidate a chi sapeva farle meglio: per esempio, l’elaborazione dei dati raccolti con le misure elettriche era nelle mani di un brillante studente magistrale. Io mi sono occupata principalmente di distendere i cavi e posizionare gli elettrodi durante tutte le misure. Detta così può sembrare una cosa da nulla, ma parliamo di diversi chilometri di cavo per coprire una grande superficie di deserto! *LUNA NARDI È UN ASTROFISICO E DOTTORANDO IN SCIENZE PLANETARIE ASSOCIATO ALL’INAF, SI OCCUPA DI DIVULGAZIONE E PRODUZIONE DI CONTENUTI SCIENTIFICI SUL WEB.

E in quanto italiana sono anche stata eletta cuoca del gruppo: il lavoro era duro e tutti eravamo molto affamati a fine giornata… LE VOSTRE OSSERVAZIONI SI POSSONO CONSIDERARE VALIDE ANCHE SU MARTE? Nulla è certo finché non abbiamo la ground truth, ossia finché non mettiamo i piedi sulla superficie di Marte e raccogliamo i dati direttamente sul posto. Al momento, ciò che si avvicina di più alla ground truth su Marte sono i rover al lavoro sulla superficie del Pianeta rosso. Ma anche questi mezzi hanno i loro limiti: di spazio, di miniaturizzazione delle tecnologie, di tipologie di analisi che possono svolgere. Il potere degli analoghi di Marte sulla Terra è quello di avvicinarci il più possibile agli ambienti marziani, studiando fenomeni che conosciamo bene sul nostro pianeta e osservando il modo in cui questi fenomeni hanno invece modellato la superficie di Marte. La ricerca è sempre fatta di piccoli passi, tutti incompleti, ma che ci permettono di migliorare sempre più le risposte ai grandi interrogativi della scienza. È DURO FARE RICERCA IN UN DESERTO? Durissimo. È stata senza dubbio l’esperienza più provante della

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mia vita. Per dieci giorni abbiamo dormito in piena savana, e per la metà di questi non c’era la possibilità di avere una doccia. Abbiamo lavorato sempre con un caldo esagerato e sotto il Sole cocente. Per non parlare degli insetti, degli scorpioni, dei serpenti. D’altra parte, è forse stata anche l’esperienza che mi ha dato di più: è vero che c’era sempre qualcosa da temere, ma c’era anche sempre qualcosa da guardare con estremo stupore, da restare meravigliati. Sono convinta che uscire dalla nostra comfort zone sia ciò che maggiormente ci arricchisce e questa esperienza lo ha fatto sicuramente. CI SONO STATI MOMENTI DI PERICOLO VERO E PROPRIO? Un giorno siamo quasi morti nel deserto. I fuoristrada si erano incastrati nel fango, in un punto in cui eravamo a sette ore di viaggio dal villaggio più vicino. Eravamo nel completo nulla e senza la possibilità di chiamare i soccorsi. Abbiamo dunque passato oltre nove ore a scavare fango a mani nude sotto il Sole per liberare le ruote del fuoristrada. Ci siamo salvati per un pelo quando era ormai il crepuscolo, avevamo finito l’acqua ed eravamo completamente disidratati e disperati. Ma ce l’abbiamo fatta! QUALI SONO I PIANI PER IL FUTURO? Stiamo preparando più di un lavoro scientifico: i risultati, infatti, sono stati così corposi e interessanti, che una sola pubblicazione non basterà. Per le prossime spedizioni… chissà? Magari andrò davvero su Marte!


RICERCA DI ET

DI GIORDANO CEVOLANI*

» Rappresentazione artistica della formazione della Luna grazie all’impatto tra la proto-Terra e il planetesimo Theia, avvenuto 4,4 miliardi di anni fa.

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RICERCA DI ET

V I TA A L I E N A S U L L E

“SUPER-TERRE” LA PRESENZA DI ALMENO UNA GRANDE LUNA SEMBRA UNA CONDIZIONE FONDAMENTALE PER LO SVILUPPO DELLA VITA

» Rappresentazione artistica del sistema di super-Terre in orbita attorno alla vicina stella nana rossa Lacaille 9352.

G

li astronomi hanno trovato decine di pianeti potenzialmente abitabili al di fuori del Sistema solare. Anche se non abbiamo ancora visto “dal vivo” un esopianeta simile alla Terra, ci stiamo sempre più convincendo che siamo prossimi a trovarne uno. Lassù ci sono pianeti più grandi del nostro, probabilmente

con migliori condizioni di vita, a tal punto che vengono chiamati super-Terre, termine che indica le loro maggiori dimensioni, ma anche attitudini allo sviluppo di forme di vita perfino migliori di quelle esistenti sulla nostra Terra (ne abbiamo parlato nel n. 14 di Cosmo, ndr). Una super-Terra è un pianeta

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extrasolare di tipo roccioso che ha una massa compresa tra 1,9 e 10 masse terrestri, a mezza via tra i giganti gassosi di massa simile a Urano e Nettuno e i pianeti rocciosi simili alla Terra. Dal 2009, il telescopio spaziale Kepler ha scoperto migliaia di esopianeti e di questi il 30% sono proprio super-Terre, con una piccola percentuale che orbita


RICERCA DI ET

DI GIORDANO CEVOLANI

all’interno della zona abitabile della stella ospite.

che non consentirebbe comodi atterraggi e ripartenze.

PIANETI VIVIBILI Nel luglio 2020 un team di astronomi del progetto RedDots ha scoperto due super-Terre e un pianeta “candidato”, in orbita attorno alla vicina stella nana rossa Lacaille 9352 di 4,57 miliardi di anni di età, uno dei sistemi planetari più vicini, a soli 10,7 anni luce di distanza dal Sole. Oltre a essere probabilmente dei corpi rocciosi, le due super-Terre di circa 4,2 e 7,6 masse terrestri orbitano al limite della zona abitabile della stella ospite, per cui potrebbero avere acqua allo stato liquido sulla loro superficie e quindi un ambiente favorevole alla vita. Questi pianeti possono avere un raggio quasi doppio della Terra e essere fino a dieci volte più massicci, come nel caso di Kepler-20b, che ha una gravità tre volte maggiore di quella terrestre, in grado quindi di imbrigliare un’atmosfera più densa e che una prima analisi potrebbe candidare a pianeta “vivibile”. Kepler20b è uno dei tre pianeti catalogati come mini-Nettuno della stella Kepler-20, una nana gialla con una massa 0,95 volte quella solare e un raggio anch’esso poco inferiore e un po’ più fredda, distante 922 anni luce dalla Terra, con un sistema di almeno sei pianeti. Dobbiamo però considerare che per candidare un pianeta come “potenzialmente abitabile”, non occorre solo la giusta distanza dalla stella, ma servono almeno altri tre requisiti: le dimensioni del pianeta, la sua composizione e l’attività della stella. Per scoraggiare eventuali fantasie spaziali, bisogna poi ricordare le enormi distanze e l’intensa gravità

L’IMPORTANZA DELLE LUNE PER LA VITA Nuovi studi confermano che una super-Terra, per essere abitabile, non potrebbe fare a meno di una presenza fondamentale: una luna. Sembra proprio che il nostro satellite naturale e le sue dimensioni siano stati determinanti per l’insorgenza della vita sulla Terra. A cominciare dagli studi di Svante August Arrhenius, chimico-fisico svedese premio Nobel per la chimica nel 1903, che consacrò gran parte della sua vita allo studio delle influenze cosmiche sul magnetismo terrestre e su taluni fenomeni meteorologici e biologici. Rischiando poi la sua reputazione scientifica nel sostenere l’influenza della Luna anche su fenomeni fisiologici e addirittura sulla frequenza delle nascite umane e degli attacchi epilettici. Il sistema Terra-Luna è definito un “pianeta doppio”, perché la massa della Terra è solo 81 volte maggiore di quella lunare, con un diametro circa quattro volte maggiore. Soltanto tre dei satelliti di Giove, uno di Saturno e forse uno di Nettuno hanno masse maggiori di quella della Luna, ma hanno un rapporto notevolmente minore tra la loro massa e quella del pianeta intorno al quale orbitano. Per questo, la Luna è considerata un “pianeta minore”. Non c’è quindi da stupirsi che il *GIORDANO CEVOLANI GEOFISICO E PLANETOLOGO, SI OCCUPA DI FISICA DELL’ATMOSFERA E DI ASTRONOMIA DEI CORPI MINORI DEL SISTEMA SOLARE. .

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nostro satellite abbia una serie di ruoli importantissimi per il nostro pianeta, non ultimo quello avuto nell’origine della vita. La gravità lunare influisce sulle maree, sull’inclinazione dell’asse terrestre, sui ritmi vitali, sulle capacità di orientamento di alcuni animali. Se la Luna scomparisse, la gravità solare che per effetto della grande distanza risulta minore di quella lunare, non sarebbe in grado di compensare questa assenza, e la vita terrestre sarebbe gravemente compromessa. L’inclinazione di 23,5° dell’asse terrestre originatasi dall’impatto primordiale che ha generato la Luna, è un fattore importantissimo, poiché determina l’alternarsi delle stagioni. Se la Terra non fosse disposta obliquamente rispetto al Sole, le temperature raggiungerebbero picchi estremi e la vita non sarebbe possibile. Altrettanto importante è che questa inclinazione si mantenga costante. E la Luna, grazie alla sua influenza gravitazionale, stabilizza l’asse terrestre. La sua inclinazione oscilla tra i 22,1° e i 24,5° con un periodicità di 41mila anni, ma in assenza del suo satellite la variazione sarebbe di 90°. In tal caso, la vita smetterebbe di esistere: basti pensare che già queste piccole variazioni potrebbero essere la causa delle ere glaciali. Nella maggior parte delle simulazioni in cui la Luna viene ingrandita, la Terra subisce un lungo periodo di glaciazione, oppure entra in una fase di caos climatico. Perché vengano ottenuti questi risultati, incompatibili con la vita, è sufficiente un diametro lunare di appena 10 km in più. La nostra Luna, dunque, ha la giusta


RICERCA DI ET

» Un esopianeta vicino (26,4 anni luce), adatto per studi sull’atmosfera e sull’abitabilità planetaria: è la super-Terra Gliese 486 b.

dimensione per assicurare la presenza di vita sulla Terra. Diverse simulazioni sono state fatte su pianeti di diverse dimensioni, per indagare come le collisioni tra corpi celesti avrebbero potuto formare le loro lune. La teoria oggi più accreditata sulla formazione del nostro satellite è quella dell’impatto, formulata nel 1974 da William Hartmann, sulla base dei dati scientifici ottenuti dalle missioni Apollo: la Luna si sarebbe formata in seguito all’impatto della proto-Terra con un corpo celeste di massa poco inferiore a quella marziana a una velocità di 8 km al secondo. A rafforzare questa teoria è la scoperta che la Luna possiede un piccolo nucleo di ferro e ha la stessa densità del mantello terrestre. NON DEVONO ESSERE TROPPO “SUPER” La conclusione a cui si è giunti, seguendo la teoria collisionale, è che le super-Terre non formano grandi lune quando i pianeti rocciosi sono sei o più volte più grandi della Terra. In tali condizioni, gli impatti sprigionerebbero un’energia così grande da creare dischi di materia

» Confronto tra il sistema planetario della nana rossa L98-59 e il Sistema solare interno.

completamente vaporizzata. E l’assenza di lune comprometterebbe la possibile insorgenza della vita sulla super-Terra. Bisogna notare che 4,4 miliardi di anni fa, appena fu generato, il nostro satellite era molto più vicino alla Terra rispetto a oggi, così la sua influenza gravitazionale sulle maree, sull’attività vulcanica e sulla tettonica a placche era maggiore di quella attuale. Forzando così i meccanismi che possono aver aiutato lo sviluppo delle prime forme di vita sul nostro pianeta.

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In definitiva, se vogliamo proseguire la nostra ricerca di vita extraterrestre nelle super-Terre, dovremmo concentrarci su quelle di taglia minore, compresa tra 2 e 5 masse terrestri. Sarebbe opportuno continuare a osservare pianeti più piccoli, come quelli della stella nana rossa L98-59 a 35 anni luce da noi, che ospita tre pianeti rocciosi (come Venere e la Terra) abbastanza vicini alla stella da non essere ghiacciati, uno dei quali avrebbe una massa costituita per il 30% da acqua...


PERSONAGGI

DI GIANFRANCO BENEGIAMO

WILLEM DE SITTER

PIONIERE DELLA COSMOLOGIA MODERNA NASCEVA 150 ANNI FA L’IDEATORE DEI PRIMI MODELLI RELATIVISTICI DELL’UNIVERSO

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PERSONAGGI

I

l pioniere della cosmologia moderna nasce il 6 maggio 1872 a Sneek, in una provincia settentrionale dei Paesi Bassi. Il figlio del giudice Lamoraal Ulbo de Sitter e di sua moglie Catharine Bertling, battezzato Willem, passerà alla storia per l’importante contributo dato all’applicazione in campo cosmologico della rivoluzionaria teoria gravitazionale proposta nel 1915 da Albert Einstein. Da adolescente, scruta il cielo con un piccolo telescopio, ma il suo interesse per l’astronomia viene stimolato soprattutto da libri come Le meraviglie del cielo di Camille Flammarion e I cieli stellati di Frederik Kaiser. Giunto il momento di scegliere gli studi universitari, non si dedica alla giurisprudenza, come da tradizione familiare, ma asseconda la sua inclinazione per le scienze.

» Un settore dell’Hubble Legacy Field, l’immagine che comprende diverse indagini dell’Universo profondo condotte dal telescopio spaziale Hubble per la ripresa delle galassie più lontane e antiche dell’Universo.

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IN BILICO TRA MATEMATICA E ASTRONOMIA Nel 1891 s’iscrive alla facoltà di matematica e fisica dell’Università di Groningen, dove segue le lezioni di astronomia di Jacobus Kaptein, che tre anni dopo gli offre un lavoro come “calcolatore” nel suo laboratorio. Alla fine del 1896, David Gill, direttore britannico dell’Osservatorio di Città del Capo in Sudafrica, si reca a visitare Kaptein che coordina le misure di posizione e magnitudine delle stelle del cielo australe. Impressionato dal talento del giovane, Gill gli offre il lavoro che contribuisce a orientare la sua vita professionale verso l’astronomia. Due anni dopo de Sitter sposa Eleonora Suermondt, conosciuta in Sudafrica dove lavora come istitutrice, e si trasferisce in


PERSONAGGI

DI GIANFRANCO BENEGIAMO

» A sinistra: la fotografia ripresa nel 1923 a Leida, ritrae (da sinistra) Einstein, Ehrenfest e de Sitter (in piedi), Eddington e Lorentz (seduti). Sopra: l’astronomo olandese Willem de Sitter propose uno dei primi modelli relativistici di Universo.

Olanda, portando con sé la moglie e le osservazioni di Gill sulle lune maggiori di Giove. Il lavoro su questi dati gli permette di conseguire nello stesso giorno del 1901 la laurea con lode in matematica e fisica, seguita un’ora dopo da quella in astronomia. Per migliorare la teoria del moto dei satelliti medicei, propone a Gill di acquisire nuove misurazioni e su queste continua a lavorare negli anni seguenti. Dopo un lungo tirocinio, nel 1908 presta giuramento come professore di astronomia nell’Università di Leida. LE CONSEGUENZE ASTRONOMICHE DELLA RELATIVITÀ Il principio classico di relatività, descritto da Galileo Galilei nel 1632,

afferma che nessun esperimento permette di distinguere due sistemi di riferimento in moto rettilineo uniforme tra loro. I limiti della teoria risultano evidenti verso la fine dell’Ottocento, quando si tenta di applicarla ai fenomeni elettromagnetici: alle trasformate galileiane, valide per la meccanica classica, Hendrik Lorentz ne sostituisce altre, che secondo alcuni fisici devono essere di applicabilità universale. Tra questi troviamo de Sitter, che nel 1911 pubblica un articolo dedicato alle conseguenze delle trasformate di Lorentz in astronomia. I calcoli applicati ai corpi maggiori del Sistema solare, però, rivelano scostamenti estremamente piccoli: tra quelli presi in esame, solo il moto del pianeta più vicino

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al Sole sembra essere di qualche aiuto. Le leggi classiche prevedono la precessione del perielio di Mercurio, ma l’avanzamento del punto orbitale in cui il pianeta si trova più vicino al Sole è superiore alle attese. Per spiegare la deviazione osservata, l’astronomo tedesco Hugo von Seeliger ipotizza la presenza di una nube perturbatrice, invisibile ai telescopi. La proposta alternativa trovata dall’astronomo olandese potrebbe fornire, invece, una verifica astronomica a sostegno della nuova idea che pochi anni dopo stravolgerà la fisica. All’inizio del Novecento due ipotesi si contrappongono nel descrivere la natura della luce: la teoria balistica considera la radiazione come un proiettile, la cui velocità varia in


PERSONAGGI

» Il telescopio Hooker da 100 pollici di Monte Wilson, operativo dal 1917. Fu il più grande del mondo fino all’inaugurazione del telescopio Hale di Monte Palomar,

relazione alla velocità della sorgente, mentre altri sostengono che in ogni condizione la velocità rimane costante. De Sitter si schiera a favore della seconda ipotesi, l’unica coerente con le sue osservazioni di coppie di stelle in rotazione attorno al comune centro di massa. La teoria della Relatività generale, esposta da Einstein nel bel mezzo della Prima guerra mondiale, incontra notevoli difficoltà a diffondersi in Gran Bretagna. Trovandosi nella neutrale Olanda, de Sitter ha modo di conoscere il lavoro sviluppato dal fisico tedesco, che incontra a Leida nel settembre del 1916. Compresa l’importanza

della nuova teoria e sollecitato dalla curiosità dell’astrofisico inglese Arthur Eddington, si affretta a divulgarla, inviando alla Royal Astronomical Society di Londra il primo di tre articoli intitolati Teoria della gravitazione di Einstein e sue conseguenze astronomiche. Nonostante l’infuriare del conflitto, la lettura di questi lavori spinge Eddington e il direttore dell’Osservatorio di Greenwich Frank Watson Dyson a organizzare le spedizioni scientifiche che confermeranno, durante l’eclisse del 1919, la deviazione della luce in prossimità del Sole così come previsto dalla nuova teoria gravitazionale.

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I PRIMI MODELLI COSMOLOGICI La corrispondenza scambiata tra Einstein e de Sitter documenta il dibattito che porta, già nel corso del 1917, alla definizione dei primi modelli relativistici. Modificando le equazioni originali del campo, con l’aggiunta di un termine chiamato “costante cosmologica”, il fisico tedesco crea un modello statico di Universo, con la materia distribuita uniformemente in uno spazio finito e illimitato. L’astronomo olandese costruisce però un altro modello, diventando così un cosmologo: partendo dalle stesse equazioni, immagina un Universo iperboloide che nasce come statico, ma presenta un comportamento singolare. Introducendo in questo Universo alcune particelle, queste si allontanano le une dalle altre: un comportamento dinamico che può essere verificato dallo spostamento verso il rosso della luce proveniente dalle nebulose più lontane. Einstein cerca di contrastare la soluzione di de Sitter, ma presto si rende conto che non ha nulla di sbagliato. Sembra una soluzione bizzarra, ma diventa interessante quando si accerta che la velocità di recessione delle nebulose deve crescere all’aumentare della loro distanza. Fondamentale a questo riguardo è l’entrata in attività del telescopio Hooker da 2,5 metri dell’Osservatorio di Monte Wilson, alla fine del 1917, utilizzato negli anni successivi da Edwin Hubble per ottenere i risultati che portano alla nascita della cosmologia osservativa. E alla scoperta che le nebulose più lontane sono galassie esterne alla nostra, tutte in allontanamento reciproco, come sarà descritto


PERSONAGGI

DI GIANFRANCO BENEGIAMO

» Einstein e De Sitter fotografati in California nel 1932, quando concordarono sull’inutilità della costante cosmologica per un Universo in espansione.

dai modelli dinamici di Universo proposti nel 1922 dal matematico russo Alexander Friedmann e nel 1927 dal fisico belga Georges Lemaître. La nomina a direttore dell’Osservatorio di Leida comporta notevoli limitazioni all’attività scientifica di de Sitter, occupato a seguire i lavori di ristrutturazione della specola, e a ciò si aggiunge il lavoro amministrativo derivante dall’elezione a rettore dell’Università. Poco dopo è anche chiamato a presiedere l’Unione Astronomica Internazionale, per la quale organizza, nel 1928 a Leida, la periodica Assemblea generale. Giunti a scadenza questi incarichi, nel 1929 de Sitter approfitta dell’incontro annuale della British Association for the Advancement of Science per tornare in Sudafrica, partendo insieme ad alcuni colleghi inglesi, tra cui Dyson, Eddington ed Ernest Rutherford. Le discussioni intrattenute durante la lunga traversata ravvivano in de Sitter

l’interesse per la cosmologia, grazie anche alla possibilità di trovare nelle osservazioni una dimostrazione delle speculazioni teoriche, in seguito alla scoperta della relazione tra distanza e velocità di recessione delle nebulose a spirale, appena pubblicata da Hubble. Nel 1930 de Sitter scrive alcuni articoli sulla determinazione delle distanze delle nebulose, partendo dai loro diametri e magnitudini totali, ma lavora anche a un modello di Universo in espansione, compatibile con le osservazioni. IL VIAGGIO IN AMERICA Uno dei desideri a lungo inseguiti da de Sitter si avvera nel 1931, quando parte per gli Stati Uniti, dove ha in programma di visitare i principali osservatori astronomici, incontrare alcuni colleghi e tenere conferenze. Alla fine di dicembre raggiunge Pasadena e da qui sale sul Monte Wilson, per vedere il più grande telescopio del mondo a quel tempo in

attività. Nella cittadina californiana arrivano anche Hubble ed Einstein, che alloggia nello stesso albergo di de Sitter, lavorando con lui ai modelli di evoluzione dell’Universo. Avrebbe vinto la gravitazione e quindi all’attuale espansione sarebbe seguita una contrazione? Oppure l’espansione sarebbe continuata all’infinito? Le risposte dipendono dalla densità media della materia, ma all’epoca nessuno può ancora dedurre questo dato dalle osservazioni. Einstein e De Sitter scrivono un articolo nel quale propongono un Universo in espansione: azzerando la costante cosmologica e la curvatura dello spazio-tempo, per piegare le equazioni alla crescente velocità di recessione delle galassie con la distanza, contribuiscono alla definizione del prototipo della teoria del Big Bang. Giunto all’apice della carriera, il 20 novembre 1934 de Sitter muore dopo una breve malattia. Il suo grande contributo alla cosmologia moderna trova una sintesi efficace nel necrologio pubblicato pochi giorni dopo sul New York Times: “Nel lavoro [di de Sitter] vediamo il matematico creativo al suo meglio. Non è un giocoliere freddo e spassionato di lettere greche, un equilibrista di equazioni, ma piuttosto un artista in cui i voli selvaggi dell’immaginazione sono frenati dal formalismo di un linguaggio simbolico e dall’evidenza dell’osservazione [...] L’Universo in espansione di de Sitter deve essere considerato qualcosa di più di una conclusione inesorabile, tratta dalla logica più rigida con cui la mente umana è familiare. È poesia di un nuovo genere: il modo in cui lo scienziato scrive un poema”.

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O S S E R VA Z I O N I

DI WALTER FERRERI*

LA

“SUPERLUNA” DI GIUGNO I MEDIA DANNO TROPPO RISALTO AI PLENILUNI PROSSIMI AL PERIGEO

M

artedì 14 giugno alle ore 14 si ha la Luna piena, solo 11 ore prima del suo passaggio al perigeo, a 357.433 km dalla Terra. Questo fa sì che il disco lunare (proiettato nella costellazione di Ofiuco quando è pieno e nel Sagittario quando è al perigeo), ci appaia un po’ più grande rispetto a quando non è al perigeo e ancora di più rispetto a quando è in prossimità dell’apogeo. La differenza non è enorme, eppure televisione e quotidiani hanno “scoperto” questo fenomeno celeste piuttosto frequente e lo presentano ogni volta con grande rilievo, mentre altri fenomeni di maggiore rilievo sono tranquillamente ignorati. Tutto ha avuto origine nel 1979, quando l’astrologo americano Richard Nolle coniò il termine supermoon (“superluna”) per indicare la Luna piena che si verifica intorno al passaggio al perigeo. La denominazione non è recente, ma il clamore mediatico sì è amplificato con la sua diffusione in

rete. Il clamore è dovuto anche alle ipotesi secondo le quali il fenomeno potrebbe essere correlato a maree catastrofiche e all’aumento di terremoti e di eruzioni vulcaniche. Correlazioni che non sono state trovate e che oltretutto dovrebbero presentarsi tutti i mesi, quando la Luna si presenta al perigeo anche con fasi diverse da quella Piena. PRENDIAMO LE MISURE Vediamo di valutare la reale portata di questo evento. Ricordando che anche per il Plenilunio del prossimo luglio si parlerà di “superluna”, in quanto, nello stesso giorno (mercoledì 13), si verificherà il perigeo alle ore 11 e la Luna piena alle 20. La distanza “media” Terra-Luna è di 384.400 km, mentre l’eccentricità dell’orbita lunare ammonta a 0,0549. Alla distanza media, il diametro angolare della Luna è di circa 31’; leggermente minore di quello medio solare, che è di circa 32’. È questo il motivo per il quale in tali circostanze non si può avere un’eclisse totale di Sole, anche se la Luna si sovrappone

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all’astro diurno, ma solo un’eclisse “anulare”. Per avere un’eclisse totale, la Luna deve trovarsi a una distanza dalla Terra minore di quella media. Al perigeo, il diametro lunare può arrivare a 33,5’; mentre all’apogeo il diametro si riduce a 29,4’. Quello solare, invece, varia da un minimo di 31,45’ (inizio luglio) a un massimo di 32,5’ (inizio gennaio). È difficile notare queste variazioni, sia a occhio nudo, sia attraverso uno strumento ottico. Lo si evidenzia facilmente, invece, con la fotografia telescopica. La Luna però, con la posizione perigea, accentua l’illusione ottica della sua grandezza all’orizzonte. La “superluna” appare del 14% più grande come diametro rispetto a una “miniluna” (cioè alla Luna all’apogeo) e più luminosa del 30%. Della stessa entità, ovvero del 30%, è l’aumento in luminosità che la Luna piena manifesta rispetto al giorno precedente, un valore che non è proporzionale all’aumento della superficie illuminata dal Sole visibile dalla Terra. Il meccanismo


OSSERVAZIONI

» Mappa dei dettagli lunari visti a occhio nudo realizzata dall’inglese William Gilbert all’inizio del XVII secolo, in epoca pre-telescopica.

» Una ripresa amatoriale del cratere Grimaldi, visibile nella parte sud-occidentale della faccia visibile della Luna (www.osservatoriom50.it)

» Le Lune piene al perigeo, o “superlune”, si presentano molto meno esagerate di quanto viene enfatizzato dai media o presentato in certe immagini realizzate con obiettivi telescopici.

responsabile di questo effetto è in discussione tra gli astronomi, dato che gli studi hanno prodotto risultati contraddittori. Anni fa venne suggerito l’effetto chiamato “diffusione di luce coerente”, che produrrebbe nel suolo lunare una maggiore riflessione in una direzione rispetto ad altre. Un altro motivo è che la Luna è resa molto più brillante dalla completa mancanza di ombre, quando il Sole è in posizione zenitale.

Studi recenti indicano che avrebbero influenza entrambe le cause. Comunque sia, è interessante approfittare di questa circostanza per verificare quali dettagli del disco lunare siano discernibili a occhio nudo. LA VISIBILITÀ DEI DETTAGLI LUNARI Sorprendentemente, i disegni del disco lunare che mostrino le macchie

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visibili a occhio nudo sono molto rari prima dell’invenzione del telescopio. Secondo l’astrofilo e divulgatore di astronomia inglese Patrick Moore (1923-2012), la prima di tali mappe è quella dell’inglese William Gilbert, pubblicata nel 1651, ma realizzata prima della fine del 1603, poiché questo è l’anno della morte del suo autore. La mappa mostra il Mare Crisium, il Mare Frigoris, il gruppo dei Mari Serenitatis, Tranquillitatis


O S S E R VA Z I O N I

DI WALTER FERRERI

» Questa immagine di Marcella Giulia Pace mostra l’Ultimo quarto di Luna ripreso il 27 dicembre 2021 vicino all’apogeo e il Primo quarto ripreso vicino al perigeo, motivo per cui le due mezze lune hanno dimensioni differenti.

e Foecunditatis con l’estensione del Mare Nectaris, anche se qui la riproduzione non è fedele. Lo è invece – e parecchio – la forma e dimensione del Mare Imbrium. È notevole che sul bordo orientale sia riportato il Mare Smythii. Sul bordo opposto troviamo l’Oceanus Procellarum e la regione del Sinus Roris. In basso, un po’ a sinistra, è riportato il complesso dei Mari Nubium, Cognitum e Humorum. È interessante verificare in questa condizione favorevole quali siano i limiti dei dettagli a cui può giungere l’occhio umano sul disco della Luna piena. Alcuni

affermano di riuscire a percepire il cratere Grimaldi (diametro di 173 km), una formazione al di là delle possibilità teoriche di una vista ordinaria. Infatti, Grimaldi, anche nelle condizioni più favorevoli, ci sottende il diametro minore con un angolo leggermente inferiore al primo d’arco, valore adottato come potere risolutivo dell’occhio umano. Ma vi *WALTER FERRERI SI È OCCUPATO DI RICERCA SCIENTIFICA, DI TELESCOPI E DI ASTROFOTOGRAFIA PRESSO L’OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI TORINO. NEL 1977 HA FONDATO LA RIVISTA ORIONE.

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sono (poche) persone che possiedono un’acutezza maggiore. Sono quelli che riescono a distinguere la falce di Venere, quando il pianeta è prossimo alla Terra. Bisogna però ricordare che quando guardiamo la Luna piena con il cielo scuro circostante, la nostra pupilla è più dilatata del valore che le consente il massimo potere risolutivo, che invece si ha tipicamente quando si riduce a 2 mm di diametro (nel cielo diurno). Non conviene invece approfittare di questa superluna per sperare di realizzare immagini più dettagliate, perlomeno dall’Italia, perché in questa occasione la declinazione della Luna è molto australe, intorno a –26°! Bisogna riconoscere che la maggiore dimensione lunare al perigeo, pur non essendo direttamente apprezzabile, contribuisce all’illusione ottica che ci fa apparire la Luna enorme quando la si vede sorgere e tramontare; un aspetto che non viene ricordato da diversi autori quando parlano della “Luna grande” all’orizzonte. Questo fenomeno è solo dovuto alla vicinanza del disco lunare a panorami terrestri. Rendendosi conto che la Luna è più lontana, il nostro cervello la stima assai grande per come ci appare. Invece, quando è alta in cielo, questi riferimenti vengono a mancare e la si giudica solo in base all’angolo che ci sottende, che è piuttosto piccolo. Tenendo la mano alla distanza del braccio, il diametro lunare appare ampio solo la metà dello spessore del nostro dito mignolo; una monetina da 1 centesimo dev’essere posta a 1,75 metri dal nostro occhio perché ci sottenda un angolo uguale a quello lunare!



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DI TIZIANO MAGNI*

IL PLANISFERO CELESTE / GIUGNO

» Il cielo visibile da Roma alle ore 01.00 TC a metà mese. La mappa è valida in tutta Italia

il SOLE FENOMENO Inizio crepuscolo Sorge Culmina Tramonta Fine crepuscolo Durata della notte astronomica

INIZIO MESE 03h 30m 05h 37m 13h 07m 20h 39m 22h 46m 04h 44m

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METÀ MESE 03h 21m 05h 33m 13h 10m 20h 47m 22h 59m 04h 22m

FINE MESE 03h 25m 05h 37m 13h 13m 20h 49m 23h 00m 04h 25m


CIELO DEL MESE

la LUNA

Il pallino rosso sulla circonferenza lunare mostra il punto di massima librazione alle 0h di Tempo Civile del giorno considerato: le sue dimensioni sono proporzionali all’entità della librazione il cui valore massimo è di circa 10°

fenomeni LUNARI

il 7 alle 16h 48m il 14 alle 13h 51m il 21 alle 5h 10m il 29 alle 4h 52m il 7 luglio alle 4h 14m

Massime librazioni in latitudine il 5 alle 16h - visibile il Polo sud il 18 alle 11h - visibile il Polo nord il 2 luglio alle 20h - visibile il Polo sud

Massime librazioni in longitudine il 9 alla 1h - visibile il lembo orientale il 21 alle 7h - visibile il lembo occidentale il 7 luglio alle 8h - visibile il lembo orientale

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Apogeo 406.192 km il 2 alle 3h 13m Perigeo 357.433 km il 15 alla 1h 23m Apogeo 406.580 km il 29 alle 8h 08m


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DI TIZIANO MAGNI

SOLE e PIANETI

SOLE

Il 21 giugno alle 11:13 l'astro del giorno raggiunge il punto più alto dell'eclittica, alla declinazione celeste di 23° 26' 13" nord: è l'istante del solstizio estivo e per l'emisfero nord del nostro pianeta l'insolazione raggiunge i massimi valori annuali.

MERCURIO

Inizialmente inosservabile, il 3 è stazionario quindi riprende il moto diretto e si allontana dal Sole, divenendo visibile tra le luci dell’alba a partire dal giorno 5. Il 16 raggiunge la massima elongazione occidentale dal Sole di 23°,2 ma le sfavorevoli condizioni geometriche ne rendono la peggiore apparizione mattutina dell’anno. Il periodo migliore per le osservazioni copre la seconda e la terza decade del mese, con un massimo di visibilità il 24, quando Mercurio sorge circa 1h 10m prima del Sole. Il 23 il pianeta è in congiunzione con Aldebaran.

VENERE

È visibile all'alba ma in presenza delle luci del crepuscolo. All’inizio è nell’Ariete e il giorno 17 si sposta nel Toro, dove il 22 è in congiunzione con le Pleiadi, 6° più a sud: una decina di gradi a oriente è visibile anche Mercurio. A fine mese la sua visibilità migliora leggermente e sorge poco meno di due ore prima del Sole.

Posizioni eclittiche geocentriche del Sole e dei pianeti tra le costellazioni zodiacali: i dischetti si riferiscono alle posizioni a metà mese, le frecce colorate illustrano il movimento nell’arco del mese. La mappa, in proiezione cilindrica, è centrata sul Sole: i pianeti alla destra dell’astro del giorno sono visibili nelle ore che precedono l’alba, quelli a sinistra nelle ore che seguono il tramonto; la zona celeste che si trova in opposizione al Sole non è rappresentata. Le posizioni della Luna sono riferite alle ore serali delle date indicate per la Luna crescente e alle prime ore del mattino per quella calante.

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CIELO DEL MESE

MARTE

È visibile al mattino in compagnia di Giove, dal quale va progressivamente allontanandosi: a fine mese la distanza che separa i due pianeti supera i 15°. Il veloce moto diretto da cui è animato lo porta ad attraversare gran parte della costellazione dei Pesci, con un passaggio nella frazione nordoccidentale della Balena tra il 3 e il 9 giugno; il giorno 21 è al perielio.

GIOVE

In quadratura con il Sole il 29, è visibile nella seconda parte della notte circa 10° a nord di Iota Ceti (3 mag.), al confine tra Pesci e Balena che oltrepassa il 25; inizialmente è seguito da Marte, ma la loro distanza aumenta (1° ogni due giorni). La visibilità è in crescita: alla fine del mese sorge poco prima della mezzanotte.

Effemeridi geocentriche di Sole e pianeti alle 00h 00m di Tempo Civile delle date indicate. Per i pianeti sono riportati fase e asse di rotazione (nord in alto, est a sinistra). Levate e tramonti sono riferiti a 12°,5 E e 42° N: un asterisco dopo l’orario indica l’Ora Estiva. Nella riga Visibilità sono indicati gli strumenti di osservazione consigliati: l’icona di “divieto” indica che il pianeta non è osservabile. Le stelline (da 1 a 5) misurano l’interesse dell'osservazione. Visibilità dei pianeti. Ogni striscia rappresenta, per ognuno dei cinque pianeti più luminosi, le ore notturne dal tramonto alla levata del Sole, crepuscoli compresi; quando il pianeta è visibile la banda è più chiara. Le iniziali dei punti cardinali indicano la posizione sull'orizzonte nel corso della notte.

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SATURNO

È visibile per buona parte della notte nel Capricorno, 2° a nord-est di Deneb Algedi (Delta Capricorni). Il suo lento moto diretto si arresta il 5, quando è stazionario in Ascensione Retta, quindi diviene retrogrado; a fine mese sorge 15 minuti circa dopo la le ultime luci del tramonto.

URANO

Torna a essere osservabile al mattino il 17, dopo essere stato superato alcuni giorni prima da Venere, in transito 1°,5 più a sud. La sua visibilità va migliorando e a fine mese la sua levata precede di un’ora la comparsa delle prime luci dell’alba; si trova un paio di gradi a sud-est di Pi Arietis (5 mag.).

NETTUNO

È in quadratura con il Sole il giorno 16 e risulta visibile nella seconda parte della notte 5° a sud di Lambda Piscium e 1° a ovest di 20 Piscium, rispettivamente di mag. +4,5 e +5,5. Il giorno 29 è stazionario, quindi assume moto retrogrado.


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FENOMENI del mese 5-6 LUNA E REGOLO DOPO IL TRAMONTO Nelle ore che seguono il tramonto del Sole è possibile osservare la falce crescente della Luna avvicinarsi lentamente alla stella di prima grandezza Regolo, l’Alfa della costellazione del Leone. Purtroppo, la congiunzione tra i due non è direttamente osservabile, poiché si verifica alcune ore dopo la loro discesa sotto l’orizzonte occidentale. La migliore configurazione osservabile è quella che si realizza poco prima della 1:00 TC del giorno 6, con i due astri in prossimità dell’orizzonte e la Luna poco meno di 6° a nord-ovest di Alfa Leonis.

5-6 (29) AMPHITRITE E (416) VATICANA IN OPPOSIZIONE Nella prima decade del mese sono due i pianetini in opposizione nella stessa zona di cielo tra le stelle dello Scorpione e di luminosità tale da poter essere individuati con l’ausilio di un binocolo. Il più brillante è (29) Amphitrite, in opposizione il giorno 6, quando raggiunge la magnitudine +9,8, rintracciabile un paio di gradi a nord di Epsilon Scorpii, con cui è in congiunzione la mattina del 10; da notare anche il passaggio 1° a nord di 27 Scorpii, di magnitudine +5,5, la mattina del 3 giugno. Alcuni gradi più a nord, in movimento retrogrado su una traiettoria simile, è possibile osservare (416) Vaticana, di magnitudine +10,1, in opposizione al Sole il 5 giugno. Il pianetino si trova inizialmente 3°,5’ a est della stella di 3a magnitudine Tau Scorpii, 2° a sud-est della quale transita la notte tra il 12 e 13 giugno. La mappa è completa fino alla mag. +11,0.

13 LUNA E ANTARES DI SERA Tra le luci del tramonto che vanno affievolendosi sull’orizzonte sud-orientale, è ben visibile la frazione settentrionale della figura dello Scorpione con la rossa scintilla di Antares, accompagnata, 4° a oriente, dalla Luna a poche ore dal Plenilunio. La distanza apparente tra il nostro satellite naturale e Alfa Scorpii va progressivamente aumentando, poiché la congiunzione in Ascensione Retta tra i due si è verificata nelle ore pomeridiane, con entrambi ancora ben al di sotto della linea dell’orizzonte.

OCCHIO NUDO

CON BINOCOLO

CON TELESCOPIO

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PERICOLO SOLE

NON VISIBILE


CIELO DEL MESE

14 “SUPERPLENILUNIO” DELLE FRAGOLE Il plenilunio di questo mese si verifica alle 13:51 TC, a meno di 12 ore da un perigeo abbastanza ravvicinato (357.433 km): un evento per il quale gli osservatori anglosassoni utilizzano il termine “superluna”, divenuto familiare anche nel nostro Paese (vedi l’articolo di W. Ferreri a pag. 56). In questo caso l’evento risulta essere particolarmente significativo per le dimensioni angolari del disco lunare, il cui diametro è di ben 33’ 24”, non lontano dal massimo valore possibile. Nell’America del nord viene usato l’appellativo di “Luna delle fragole” per il Plenilunio che si verifica nel mese di giugno, quando vengono raccolti gli omonimi frutti; nella tradizione celtica viene invece denominato “Luna del miele”.

15-16 CONGIUNZIONE LUNA-NUNKI E OCCULTAZIONE DI TAU SAGITTARII La notte tra il 15 e il 16 giugno il nostro satellite naturale, il giorno dopo il Plenilunio e poche ore dopo la congiunzione, 1°,1 più a sud, con Nunki, occulta la stella Tau Sagittarii, di magnitudine +3,3. La scomparsa, difficilmente osservabile, avviene dietro il bordo illuminato dal Sole del disco lunare tra le 22:48 (Cagliari) e le 22:56 (Trieste) con la Luna bassa sull’orizzonte sud-orientale o sotto l’orizzonte stesso per alcune località dell’Italia nordoccidentale. È invece possibile assistere, pur con qualche difficoltà per gli osservatori delle regioni nord-occidentali, alla riapparizione della stella da dietro il lembo lunare oscuro che si verifica tra le 23:53 (Aosta) e le 0:02 (Lecce).

16-24 MASSIMA VISIBILITÀ MATTUTINA DI MERCURIO Tra la seconda e la terza decade del mese, Mercurio raggiunge la massima visibilità nella corrente apparizione mattutina che, causa la minore inclinazione tra orizzonte ed eclittica, risulta essere la meno favorevole del 2022, nonostante il giorno 16 il pianeta raggiunga la massima elongazione occidentale dal Sole di ben 23°,2. Nei giorni seguenti, l’altezza apparente di Mercurio all’inizio del crepuscolo civile, con il Sole 6° sotto l’orizzonte e le luci dell’alba sempre più intense, continua però ad aumentare, fino a raggiungere il massimo valore di 6°,1 la mattina del 24 giugno; una decina di gradi a occidente spicca la brillante presenza di Venere. Il disegno mostra le posizioni di entrambi i pianeti sull’orizzonte nord-orientale all’inizio del crepuscolo civile per il periodo compreso tra il 3 giugno e l’11 luglio.

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19 GIOVE OCCULTA UNA STELLA NEI PESCI La mattina del 19 Giove occulta la stella TYC 0003-00478-1, di magnitudine +9,7. Il fenomeno inizia alla 1:40 di Tempo Civile con l’immersione dell’astro nella densa atmosfera del pianeta, ma questa parte dell’evento non è osservabile dall’Italia per la prossimità all’orizzonte orientale. Dal nostro Paese è però possibile seguire la riapparizione della stella sul lembo occidentale del disco di Giove alle 3:43 TC, poco prima dell’inizio del crepuscolo astronomico, con il pianeta discretamente alto sull’orizzonte. Le osservazioni si prospettano comunque difficili per la notevole differenza nelle luminosità apparenti dei due oggetti. Nel disegno le posizioni apparenti riferite a Giove della stella e di due satelliti medicei tra la 1:00 e le 4:30 TC.

20 OCCULTAZIONE DI SAO 165578 In un mese non particolarmente ricco di eventi celesti, risulta degna di menzione anche l’occultazione da parte della Luna gibbosa calante, illuminata per il 62%, della stella SAO 165578, di magnitudine +6,1, rintracciabile con l’aiuto di uno strumento meno di 2° a sud-ovest del terzetto di astri di 4a magnitudine Psi1, Psi2 e Psi3 Aquarii. La scomparsa della stella dietro il lembo lunare illuminato è osservabile a partire dalle 3:32 (Catania); l’occultazione è di breve durata, poiché la riapparizione sul bordo illuminato dal Sole del disco lunare si verifica dopo un intervallo compreso tra alcuni minuti e 40 minuti, in presenza delle luci dell’alba. L’evento è visibile dall'Italia centro-meridionale ed è radente per parte di Sardegna, Lazio, Umbria e Marche.

21-23 LUNA, MARTE, GIOVE E NETTUNO PRIMA DELL’ALBA La spettacolare parata di pianeti che popola il cielo mattutino si “allunga” sempre più, spezzandosi in diversi gruppi. La sfilata inizia con Saturno, nel Capricorno, seguito a oltre 40° di distanza dall’ampia coppia costituita da Giove e Marte, separati tra loro di circa 15°; una decina di gradi a occidente di Giove, visibile solo con l’aiuto di uno strumento, è presente anche Nettuno, di magnitudine +7,9. Il transito nella zona dell’Ultimo quarto di Luna produce delle belle configurazioni osservabili appena prima della comparsa delle prime luci dell’alba: il 21 giugno il nostro satellite naturale si trova 5° a sud-est di Nettuno e 8° a “destra” di Giove; la mattina seguente si è spostato 6° a est di Giove e 9° a “destra” di Marte. Infine, la mattina del 23 è osservabile 3°,6 a est del Pianeta rosso. Il disegno mostra le configurazioni che è possibile ammirare alle 3:00 di Tempo Civile delle date indicate, prima dell’inizio dell’alba.

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CIELO DEL MESE

25 OPPOSIZIONE DI (387) AQUITANIA Un altro pianetino sufficientemente luminoso per poter essere seguito con l’aiuto di un binocolo è (387) Aquitania, in opposizione al Sole il giorno 25, quando raggiunge la magnitudine visuale +10,1. (387) Aquitania è rintracciabile nella “coda” della costellazione del Serpente: all’inizio del mese si trova poco più di 15’ a nord-ovest della stella 61 Serpentis, di magnitudine +5,9, ma a causa del moto retrogrado da cui è animato, con il trascorrere dei giorni si sposta in direzione di Eta Serpentis, di magnitudine +3,2, che raggiunge la sera del 19, quando transita 41’ a nord-ovest della stella. Un’ottima occasione per individuare il pianetino si presenta la notte tra l’11 e il 12 giugno, quando (387) Aquitania è protagonista di un “incontro ravvicinato”, 1’ a nord-ovest della stella HIP 90253, di magnitudine +6,2.

26-27 LUNA, VENERE E MERCURIO ALL’ALBA NEL TORO Gli ultimi due protagonisti che animano il palcoscenico celeste in attesa della levata del Sole sono Venere e Mercurio, quest’ultimo ormai in procinto di abbassarsi sull’orizzonte nord-orientale. Il 26 e 27 giugno i due pianeti vengono affiancati dalla falce calante della Luna che si sta avvicinando al Novilunio. La mattina del 26 la presenza del nostro satellite naturale spicca un paio di gradi appena “sopra” Venere, con cui è in congiunzione alcune ore più tardi; il 27 il falcetto lunare, sempre più sottile, si è spostato 3°,3 a nord di Mercurio e costituisce un magnifico riferimento per individuare il pianeta, 5° a “destra” del quale si trova Aldebaran (Alfa Tauri). Nel disegno sono raffigurate le configurazioni osservabili alle 4:40 T.C. delle date indicate, con il Sole 9° sotto l’orizzonte e le luci dell’alba che vanno intensificandosi.

29 NETTUNO E 20 PISCIUM Nelle prime ore del mattino, Nettuno, di magnitudine +7,9, è individuabile con relativa facilità 1° a ovest della stella 20 Piscium e meno di 5° a sud di Lambda Piscium, la prima di magnitudine +5,5, la seconda +4,5. È necessaria un’attenzione particolare per non confondere il pianeta con una vicina stella di magnitudine +7,2, 12’ a sud-est. Poiché Nettuno è stazionario, la sua posizione rimarrà sostanzialmente invariata per molti giorni.

NELLA PRIMA DECADE DI LUGLIO CI ATTENDONO • 2 LUGLIO: CONGIUNZIONE VENERE-ALDEBARAN ALL’ALBA • 7 LUGLIO: CONGIUNZIONE LUNA-SPICA AL TRAMONTO

• 9 LUGLIO: SATURNO IN CONGIUNZIONE CON DENEB ALGEDI • 10 LUGLIO: LA LUNA OCCULTA OMICRON SCORPII

I testi completi dei fenomeni sul prossimo numero di Cosmo e sul sito bfcspace.com *TIZIANO MAGNI ESPERTO DI MECCANICA CELESTE, ELABORA LE PREVISIONI DI FENOMENI ASTRONOMICI CON SOFTWARE APPOSITAMENTE REALIZZATI (WWW.TIZIANOMAGNI.IT).

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O S S E R VA Z I O N I

DI PIERO MAZZA*

UNA COSTELLAZIONE ARROTOLATA

IL DRAGO IN VIAGGIO ATTORNO ALL’ASSE CELESTE, TRA EX STELLE POLARI E GALASSIE

» Mappa della regione del Drago che comprende le galassie menzionate nel testo.

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OSSERVAZIONI

N

el numero di luglio dello scorso anno (Cosmo n. 19) abbiamo già accennato al Drago, una costellazione circumpolare imponente, sia perché occupa 1083 gradi quadrati di cielo, sia perché si distende per ben 180 gradi attorno al Polo nord celeste, dalle ore 9 alle 21 ore di Ascensione Retta. Eppure, non è particolarmente popolare, perché altri asterismi sono più evidenti in questa regione celeste, a cominciare dall’Orsa Maggiore e da Cassiopea. L’origine mitologica della costellazione è controversa, anche se è stata sicuramente concepita dopo le due Orse. C’è chi ravvisa nel Drago il terribile animale posto a guardia del giardino delle Esperidi e ucciso da Ercole. Ma è anche probabile che sia stata introdotta solo per riempire i vuoti lasciati dopo la creazione di altre costellazioni circumpolari, in particolare l’Orsa Maggiore e la Minore, e l’idea di collegare le stelle rimaste vacanti con una figura sinuosa si è rivelata sicuramente felice. Le stelle del Drago sono numerose e quella più brillante è la Beta Draconis. Segue la Alfa Daconis, nota anche come Thuban (“Basilisco”, dal nome arabo della costellazione), che è di particolare interesse perché è stata una stella Polare del passato: attorno al 2800 a.C. aveva raggiunto la minima distanza dal Polo, solo 6 primi d’arco. È una stella bianca di magnitudine 3,65, distante poco più di 300 anni luce e 300 volte più luminosa del Sole. Nella sua evoluzione ha abbandonato la Sequenza Principale e si trova attualmente nella fase di combustione dell’elio.

» Dall’alto: un’illustrazione artistica di Edasich e della sua compagna nana bruna. La galassia NGC 5907 ripresa da Alberto Tomatis (Osservatorio di Canino, Viterbo).

ATTORNO A EDASICH Le osservazioni di questo mese saranno localizzate poco a SW di Yota Draconis, una stella arancione di 3a grandezza, oggetto di un’altra curiosità storica: anche questa stella ha assunto il ruolo di Polare circa 6400 anni fa, all’epoca dei primi stanziamenti sumerici nella Mesopotamia, anche se si è avvicinata solo a 10° dal Polo nord. Yota – chiamata anche Edasich - si trova nei pressi di due noti sciami meteorici: quello delle Quadrantidi, visibile in gennaio, e quello delle Bootidi, chiamate anche Yota Draconidi, il cui picco cade attorno all’ultima

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settimana del mese. E quest’anno la visione sarà anche favorevole, poiché saremo a ridosso del Novilunio. Distante un centinaio di anni luce, la Yota ha una massa pari a 1,5 volte quella del Sole, ma con un diametro 12 volte superiore perché si sta avvicinando alla fase finale di gigante rossa. Nel gennaio del 2002 un team di astronomi dell’Università di San Diego in California aveva annunciato la scoperta di un grande pianeta con massa di una decina di volte quella di Giove, in orbita attorno alla stella a una distanza poco superiore a quella Terra-Sole. Oggi sappiamo


O S S E R VA Z I O N I

DI PIERO MAZZA

che la compagna è in realtà una “nana bruna”, un oggetto troppo grande per essere definito un pianeta, ma troppo piccolo per permettere la fusione nucleare al suo interno (eventualmente solo la fusione del litio e del deuterio). In pratica, le nane brune sono stelle fredde, con temperature superficiali comprese tra i 700 e i 1500 °C e che pertanto brillano solo nell’infrarosso. Un altro compagno sub-stellare di Esadich, ancora più grande e molto più distante, è stato scoperto più di recente. GALASSIE AMATORIALI Esadich è circondata da molte galassie osservabili con strumenti modesti; è utile ricordare che nel Drago è meno svantaggioso impiegare strumenti privi di moto orario, come i dobsoniani, dato che a queste declinazioni il moto apparente della volta celeste è ridotto. Una delle galassie più brillanti è M102 (nota anche come NGC 5866), situata 4 gradi a SSW di Yota, scoperta probabilmente da Pierre Méchain nel 1781, e riscoperta indipendentemente da William Herschel nel 1788. È già visibile in piccoli rifrattori da 10 cm, ma è abbastanza facile da trovare, in quanto è situata sull’ipotenusa di

» La coppia di galassie NGC 5905 e NGC 5908 riprese dall’astrofotografo Stefan Seip di Stoccarda.

un triangolo rettangolo isoscele, i cui vertici sono occupati da stelle relativamente brillanti. La galassia appare di aspetto regolare, allungata da NW a SE e con basso gradiente di luce. A un centinaio di ingrandimenti si può notare una stellina di 11 mag. al bordo NW e un’altra appena percettibile di 12 mag. a quello opposto (ma per quest’ultima sarebbe meglio disporre di uno strumento da 15 cm). Osservata in un telescopio con diametro superiore a 40 cm, in una notte priva di turbolenza, si può

notarne l’aspetto screziato e un cenno di quella sottilissima banda scura che corre lungo l’asse maggiore, cosa piuttosto inusuale per una galassia classificata come lenticolare. M102 è il membro più cospicuo di un gruppo di galassie distanti 50 milioni di anni luce. La seconda componente più brillante è NGC 5907, anch’essa scoperta da Herschel nel 1785 e situata poco più di un grado a ENE della precedente. Si può arrivare ad essa senza staccare l’occhio dal campo oculare; con un telescopio privo di moto orario,

STELLE E PROFONDO CIELO NEL DRAGO Oggetto Thuban (Alfa Dra) Edasich (Yota Dra) M102 (NGC 5866) NGC 5907 NGC 5905 NGC 5908 NGC 5879

AR (2000) 14h 04,4m 15h 24,9m 15h 06,5m 15h 15,9m 15h 15,4m 15h 16,7m 15h 09,8m

Decl. (2000) +64°23’ +58°58’ +55°46’ +56°19’ +55°31’ +55°25’ +57°00’

Dim. — — 5’×2’ 10’×1’ 4,7’×3,6’ 3,2’×1,6’ 4’×4,5’

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Mag. 3,65 3,3 10,0 10,4 11,7 11,8 10,6

Tipologia Spettro A0 III Spettro K2 Gx Sa0+ sp Gx Ssb+ ii Gx S(b)b i Gx SbGx Sb II-III


OSSERVAZIONI

basta osservare in quale punto del campo sparisce la NGC 5866: così si individua l’ovest. Si rimette quindi in centro la galassia e ci si sposta manualmente dalla parte opposta. Dopo circa un grado, si arriva a un piccolo arco di tre stelline di 8 mag.; prolungando l’archetto di una distanza simile, si arriva a NGC 5907. Si tratta di un classico esempio di galassia posta perfettamente di taglio, che in strumenti amatoriali si estende per 7-8 primi d’arco in direzione NNW-SSE; aumenta leggermente di luminosità spostandosi da entrambe le estremità verso il centro, dove è spessa circa 1’. Ad alti ingrandimenti e in telescopi di 25 o 30 cm è abbastanza netta nella zona centrale verso WSW, in corrispondenza di una presunta banda di polvere. Il bulge è evidente ma poco contrastato; c’è una stellina a ridosso verso ovest proprio a metà della galassia. Spostandosi di un grado scarso verso sud, si arriva alla coppia di galassie NGC 5905 - NGC 5908, distanti tra loro 13’ in direzione NW-SE; a bassi ingrandimenti è possibile mantenerle entrambe nel campo oculare. La prima delle due, in un piccolo telescopio, appare solo come una piccola chiazza circolare con il diametro di circa 30”; ma se viene osservata in telescopi di 30 cm o più, si scopre che la chiazza è la parte centrale di una galassia molto diffusa, poco allungata da NW a SE, di dimensioni 2’×1,5’ e con un *PIERO MAZZA MUSICISTA DI PROFESSIONE, È UN APPASSIONATO VISUALISTA, CON MIGLIAIA DI OSSERVAZIONI DEEP SKY CONSULTABILI DAL SITO WWW. GALASSIERE.IT.

» Una suggestiva immagine della galassia NGC 5866 ripresa dal telescopio spaziale Hubble.

tenue nucleo stellare. Ci sono una stellina molto debole a ridosso a sud e un’altra poco più evidente e più distante a est. NGC 5908 è un bel fuso orientato da NNW a SSE (come NGC 5907), con dimensioni che visualmente appaiono di 3’×1’; presenta un bulge diffuso abbastanza contrastato, ma senza un nucleo vero e proprio. I possessori di grandi telescopi - come quelli che fanno bella mostra agli star party - potrebbero cercare di individuare la barra all’interno della prima galassia e una sottile banda di polveri nella seconda.

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Nonostante siano oggetti alla portata di piccoli strumenti, NGC 5905 e NGC 5908 non fanno parte del gruppo di NGC 5866, ma sono una coppia interagente situata a una distanza quasi tripla. Della famiglia precedente fa invece parte la terza componente più brillante, NGC 5879, che in piccoli telescopi a grande campo è disturbata da SAO 29427, una stella gialla di 7 mag., situata 7,5’ a NNW. La galassia è facile da vedere, molto allungata da nord a sud, di dimensioni 3’×1’ e con un diffuso rigonfiamento centrale ben evidente.


CITIZEN SCIENCE

DI MASSIMILIANO RAZZANO*

GWITCHHUNTERS

CERCARE LE ONDE GRAVITAZIONALI CON LO SMARTPHONE UN NUOVO PROGETTO DEDICATO ALL’ANALISI DEI DATI RACCOLTI DAL RIVELATORE EUROPEO VIRGO

V

i piacerebbe contribuire in prima persona alla ricerca delle onde gravitazionali? Questi segnali cosmici, previsti da Einstein oltre un secolo fa, sono perturbazioni nel tessuto dello spazio-tempo che si propagano nell’Universo alla velocità della luce. A produrli sono fenomeni cosmici estremi, come lo scontro e fusione fra buchi neri o stelle di neutroni, e la loro rivelazione ha rappresentato una sfida senza precedenti per i fisici. Per catturare questi “sussulti” spaziotemporali, i fisici hanno costruito giganteschi rivelatori come Virgo, l’antenna gravitazionale installata presso Cascina in provincia di Pisa, che insieme ai “cugini” americani del progetto Ligo forma una rete internazionale di osservatori gravitazionali. Dalla loro scoperta nel 2015, le onde gravitazionali hanno aperto la via all’astronomia gravitazionale, un campo a cui tutti possono contribuire grazie al nuovo progetto di citizen science GWitchHunters. Per partecipare basta un computer connesso a Internet o uno smartphone, grazie a una specifica App per dispositivi mobili.

RIVELATORI SILENZIOSI Il passaggio delle onde gravitazionali induce piccolissime deformazioni spaziali, così piccole da essere coperte da qualsiasi fenomeno locale, come le vibrazioni del suolo. Captare questi deboli segnali è come voler sentire un fiammifero che cade dall’altra parte della sala di una discoteca, nonostante la musica assordante e le persone che saltano e ballano. Per riuscirci, dobbiamo trovare il modo di “filtrare” tutto il rumore di fondo, un compito che nel caso delle antenne gravitazionali è particolarmente arduo, data la debolezza del segnale da rivelare. Ci sono rumori particolarmente fastidiosi detti glitch, che posso durare pochi istanti fino ad alcuni secondi, che appaiono in modo casuale nello strumento e che possono coprire i segnali astrofisici. Lo studio di questi glitch è uno dei compiti principali dei volontari che aderiscono a GWitchHunters. CACCIATORI DI GLITCH Lanciato nel novembre 2021, GWitchHunters è stato sviluppato da una collaborazione fra l’Osservatorio gravitazionale europeo (Ego) e

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l’Università di Pisa, nata in seno al progetto europeo Reinforce (Horizon 2020 Research Infrastructures For Citizens in Europe), iniziato nel 2019 (vedi Cosmo n. 13). L’idea di coinvolgere i cittadini nella ricerca alle onde gravitazionali è nata nel 2016 con il progetto Gravity Spy, promosso dal team di Ligo in collaborazione con la National Science Foundation. Gravity Spy ha finora coinvolto 28mila partecipanti in tutto il mondo e si è concentrato sulla classificazione dei glitch di Ligo e Virgo. Ma con questo nuovo progetto, la “caccia” ai glitch si fa ancora più completa. Il nome del progetto nasce dalla contrazione di GW (Gravitational Waves, “onde gravitazionali”) e Glitch Hunters, cioè “cacciatori di glitch”. Il progetto prevede diverse attività con cui i volontari possono cimentarsi in base ai loro interessi. I dati raccolti da Virgo sono presentati in forma di spettrogrammi, ovvero immagini che mostrano come cambia la frequenza di un segnale nel tempo. Studiando il “timbro”, cioè la forma dello spettro dei glitch, è possibile distinguere diverse tipologie.


CITIZEN SCIENCE

» Le onde gravitazionali sono increspature del reticolo spazio-temporale, prodotte da fenomeni astrofisici estremi; si diffondono nell’Universo a distanze cosmologiche alla velocità della luce.

I glitch più brevi, denominati Blip, hanno una forma simile a una goccia molto stretta, mentre altri glitch, associati alla luce diffusa nei bracci dell’interferometro, hanno una durata superiore al secondo e sono concentrati sulle basse frequenze. Per cimentarsi con i glitch, è previsto un Playgroud, cioè un livello in cui è possibile classificare alcuni glitch noti e sapere in tempo reale se la classificazione è corretta. Dopo questa “palestra”, si può entrare nel vivo delle attività, a partire dalla classificazione dei glitch in base agli spettrogrammi. Si può anche disegnare uno o più rettangoli sullo spettrogramma per localizzare meglio i glitch. Una delle principali novità di GWitchHunters è la possibilità di

analizzare anche i segnali raccolti dei sensori presenti nell’interferometro, per capire se possono essere correlati alla presenza di particolari tipi di glitch. I dati prodotti serviranno agli scienziati per sviluppare algoritmi automatici in grado di analizzare il rumore e discriminarlo in tempo reale dai segnali di origine astrofisica. A questo scopo sono stati sviluppati metodi basati sull’intelligenza artificiale, che a partire dai dati prodotti da GWitchHunters imparano a distinguere i glitch dai segnali reali. COME PARTECIPARE Il progetto è raggiungibile al sito di Zooniverse (bit.ly/3vwn12l), dove si presenta corredato da una guida che spiega il funzionamento

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dell’interferometro e il significato e l’origine dei vari segnali di rumore. A differenza di molti progetti simili scritti solo in inglese, GWitchHunters prevede anche una versione italiana. È possibile partecipare anche con il proprio smartphone, grazie alla App di Zooniverse, nella quale si trova GWitchHunters fra i progetti disponibili. In pochi mesi, oltre duemila utenti si sono registrati a GWitchHunters, contribuendo a realizzare circa 300mila classificazioni. Ma siamo solo agli inizi. Con la prossima campagna osservativa di Virgo e Ligo (inizio previsto a fine 2022), saranno raccolti nuovi dati, e la caccia ai glitch e alle onde gravitazionali si farà ancora più interessante.


A CURA DI PIERO STROPPA

LE VOSTRE

STELLE CARICATE LE VOSTRE FOTO ASTRONOMICHE SU BFCSPACE.COM LA REDAZIONE SCEGLIERÀ LE MIGLIORI PER “LE VOSTRE STELLE”

SONO TAGGATE DA UNA STELLA LE FOTO CHE HANNO VINTO LE NOSTRE SFIDE SOCIAL INQUADRA IL QR PER VISITARE LA GALLERY DELLE FOTO

TRANSITO SOLARE DELLA ISS Ripreso da Augusta il 10/04/2022 Telescopio Lunt LS60 THaDS60 / B1200PT su montatura iOptron CEM 70 G Camera PGR Grasshopper3 GS3-U3-28S4M Elaborazione: AutoStakkert!3, ImPPG, Photoshop CC Inquadra il QR per un breve video dell’evento Autore: Salvo Lauricella, Siracusa.

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LE VOSTRE STELLE

CONGIUNZIONE LUNA-MERCURIO Ripresa da Aspra (PA), il 14/05/2021 Fotocamera Nikon D3400 con obiettivo 18-105 mm a f/5,6 Posa 1/30 s a 800 ISO Elaborazione: Lightroom Mercurio è in alto a destra rispetto alla Luna; è presente anche Venere in basso, tra le luci del crepuscolo. Autore: Teresa Molinaro (www.teresamolinaro.it), Bagheria (PA).

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LE VOSTRE STELLE

REGIONE DI ANTARES – RHO OPHIUCHI Ripresa da Porto Ulisse - Ispica (RG) il 03/04/2022 Fotocamera Canon Eos RA con obiettivo Canon EF 300 mm f/4 a f/4,5 su astroinseguitore Sky-Watcher Star Adventurer 2i Filtro Optolong L-eNhance N. 215 pose da 20 a 25.600 ISO, 35 dark e bias Elaborazione: PixInsight, Photoshop Autore: Gianni Tumino, Ragusa.

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LE VOSTRE STELLE

LE NEBULOSE IC 405 E IC 410 IN AURIGA Riprese da Gualdo Tadino (PG) il 17/01/2022 in Hubble Palette Telescopio TecnoSky 70AG f/5 su montatura iOptron CEM120 EC Camera Moravian G3 16200 con filtri L, R, G, B, H-alfa, OIII, SII Guida: Starlight Xpress Lodestar X2 Pose H-alfa 19x1200 s, OIII 9x1200 s bin 2x2, SII 9x1200 s bin 2x2, 11 dark, flat, bias. Elaborazione: PixInsight Autore: Francesco Ciavaglia, Gualdo Tadino (PG).

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LION NEBULA (SH2-132) IN CEFEO Ripresa da San Romualdo – Ravenna il 13/12/2021 Telescopio TecnoSky AG70 su montatura Avalon M1 Camera QSI 583ws con filtri Astrodon RGB GenII E-series e Narrowband 3 nm Guida Oag Celestron con QHY 174M e PHD2 Guiding Pose: H-alfa 32x15 min, OIII 29x15 min, R 30x5 min, G 30x5 min, B 30x5 min Elaborazione: Maxim DL5, Astroart8, Paint Shop Pro2021, plug-in Topaz e Nik Autore: Cristina Cellini, San Romualdo – Ravenna.

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LE VOSTRE STELLE

LA REGIONE DI SADR NEL CIGNO Ripresa da IC Astronomy. Oria (Spagna) il 14/12/2021 Telescopio Takahashi FSQ-106 EDX4, 106 mm f/3,6 Camera FLI PL16083 con filtri Astrodon H-alfa (3 nm), SII (3 nm), OIII (3 nm) Guida Paramount MX Pose: H-alfa 46x600 s, OIII 44x600 s, SII 45x600 s acquisite via Telescope Live Elaborazione: Deep Sky Stacker, PixInsight, Photoshop Autore: Nandy Diptiman, Howrah (India).

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LE VOSTRE STELLE

NEBULOSA CONO E AMMASSO ALBERO DI NATALE Ripresi nell’Unicorno da Ferrara il 16/02/2022 Telescopio SW ED80 su montatura EQ6r Pro Camera Qhy 168c con filtro Optolong L_eNhance Guida con cercatore 50/180 mm e ASI 224 Pose 169x300 s Elaborazione: App, PixInsight, Photoshop Autore: Massimo Di Fusco, Ferrara.

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A CURA DI AZZURRA GIORDANI*

UNA “GALASSIA” DI OPPORTUNITÀ L’IMPEGNO DELL’UNIONE ASTROFILI ITALIANI NELLA DIFFUSIONE DELLA CULTURA ASTRONOMICA

L

a “superluna”, lo sciame meteorico delle Perseidi, i giganti gassosi del Sistema solare sono solo alcuni degli “ospiti di eccezione” degli eventi divulgativi organizzati dall’Unione astrofili italiani (Uai) - attraverso la sua fitta rete di Delegazioni territoriali - a partire dal mese di giugno. Da sempre in prima linea nella diffusione e promozione della cultura scientifica, la Uai offre al pubblico di adulti e bambini, di appassionati di astronomia e di astrofili in erba - anche nei mesi estivi del 2022 - tante occasioni per scoprire e osservare le meraviglie del cielo negli

Osservatori e nei Planetari gestiti dalle sue Delegazioni e disseminati su tutto il territorio nazionale. GLI APPUNTAMENTI SCIENTIFICI Gli imperdibili appuntamenti scientifici coordinati dalla Uai sono elencati nel Calendario astrofilo 2022 (bit.ly/3pb7cMr) e nella mappa delle Astroiniziative disponibile nella home page del sito Uai. Una “galassia” di opportunità, a cui si aggiungono gli Star Party, le scuole estive di astronomia, i convegni e i seminari specialistici per soddisfare tutte le esigenze del vasto

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pubblico di curiosi e appassionati del cielo. Ma l’azione in campo divulgativo degli esperti dell’Uai non si esplica soltanto attraverso l’organizzazione di eventi per la collettività e dal carattere inclusivo, ma anche attraverso la pubblicazione della storica rivista Astronomia, disponibile per i soci in formato sia digitale che cartaceo, della rubrica online Il cielo del mese, con notizie dettagliate e aggiornate su tutti i fenomeni astronomici, e della guida Apprendista astrofilo, con articoli e approfondimenti pensati specificamente per chi muove i primi passi nell’osservazione del cielo.


UAI INFORMA

studenti impegnati a svolgere attività pratiche di astronomia a scuola e presso gli osservatori astronomici. Grazie a questi progetti, i ragazzi possono indossare i panni degli astronomi, conoscere le tecniche di osservazione e di studio degli astri e toccare con mano gli strumenti del mestiere, ovvero possono “imparare facendo”.

» La galassia di Andromeda (foto Franco Silvestrini).

UN OCCHIO DI RIGUARDO PER GLI STUDENTI La Uai ha un occhio di riguardo per gli studenti. La nuova Commissione Outreach, che include la Sezione nazionale di didattica, sviluppa buone pratiche per l’insegnamento delle scienze astronomiche, coordina l’azione delle Delegazioni Uai e svolge un ruolo chiave nella definizione di attività e strumenti didattici, a vantaggio della comunità scolastica. Molte Delegazioni sono coinvolte nell’ideazione e realizzazione di progetti Pcto (“Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”) che vedono gli

LA RICERCA ASTRONOMICA AMATORIALE Nel campo della ricerca astronomica amatoriale, la Uai ha collezionato molti successi. La Commissione Ricerca, articolata in nove sezioni (Sole, Luna, pianeti, meteore, asteroidi, comete, stelle variabili, pianeti extrasolari, radioastronomia), coordina a livello nazionale le osservazioni dei corpi celesti e dei fenomeni astronomici più interessanti, in connessione con analoghi organismi di altre associazioni all’estero e con professionisti del settore. I risultati di questi studi, eseguiti dagli esperti della Uai e pubblicati anche su riviste specialistiche, sono messi a disposizione della comunità scientifica. La Uai dà quindi un proprio significativo contributo al consolidamento e all’avanzamento delle conoscenze in campo astronomico, riconosciuto dalla comunità dei professionisti. Altrettanto importante è l’impegno della Uai nella lotta all’inquinamento luminoso, portata avanti con azioni di monitoraggio e di segnalazione

*AZZURRA GIORDANI GIORNALISTA, È MEMBRO DELLO STAFF DI COMUNICAZIONE DELL’UNIONE ASTROFILI ITALIANI.

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agli organi competenti degli impianti illuminanti non a norma di legge, e attraverso interventi di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, per sottolineare tutti gli effetti di questa forma di inquinamento, che rappresenta una grande minaccia per l’osservazione astronomica ed è nociva per la salute dell’uomo e per l’ambiente. La Commissione Tecnica della Uai è impegnata inoltre a promuovere tra gli astrofili l’uso della strumentazione astronomica e delle tecniche osservative più innovative. Chi si iscrive all’Unione Astrofili Italiani può sostenere economicamente - attraverso la quota sociale annuale - tutte queste attività nel campo della cultura scientifica e astronomica, nonché realizzarle in prima persona. Nell’ottica di aumentare i soci “attivi” e di favorire la citizen science, la Uai offre agli iscritti l’opportunità di collaborare con le numerose Sezioni impegnate nei vari settori di attività, dopo un percorso di inserimento guidato. Inoltre, tutti i soci possono partecipare al Congresso della Uai e a tanti altri meeting, incontri formativi ed eventi organizzati sul territorio nazionale, possono utilizzare il telescopio remoto Uai in piena autonomia per scrutare il cielo e ottenere immagini, e godere di agevolazioni per l’acquisto di beni e servizi di interesse per l’astrofilo, grazie alle convenzioni siglate dalla Uai con vari enti. L’Unione Astrofili Italiani offre insomma ai propri soci la possibilità di coltivare la passione per l’astronomia e per l’osservazione del cielo in modo esemplare. Maggiori informazioni al link bit. ly/3v0QX7y.


MOSTRE E MUSEI

DI MATTEO MARINI*

E ROMA RIUSCÌ A RIVEDER LE STELLE

FINALMENTE RIAPRE IL PLANETARIO CAPITOLINO ALL’INTERNO DEL MUSEO DELLA CIVILTÀ ROMANA

“A

bbiamo finalmente un Planetario degno di una capitale europea”, è l’esclamazione che rilancia Stefano Giovanardi. L’ha sentita dopo il taglio del nastro del sindaco Roberto Gualtieri e dell’assessore alla Cultura, Miguel Gotor, il 21 aprile, giorno natale della città. L’astrofisico, come tutti i romani, attendeva di poter tornare sotto la cupola a mostrare le stelle, e finalmente “sfondare” il soffitto, per rivelare tutto l’Universo che ora vi si può ammirare, grazie alla nuova strumentazione digitale. Zètema, l’azienda che gestisce i Musei capitolini, ha riacceso la luce del Planetario spenta nel 2014, quando la sede di piazza Giovanni Agnelli, in un’ala del Museo della Civiltà romana, chiuse i battenti per lavori. E cominciò una maratona il cui traguardo, invece di avvicinarsi, sembrava spostarsi giorno dopo giorno sempre più in là. Dopo aver usato una struttura provvisoria alla Dogana di San Lorenzo, si era passati in una tenda di appena sei metri di diametro. Si sentiva la mancanza di un luogo

così: “Abbiamo avuto una grande risposta dal pubblico - racconta Giovanardi, che assieme ai colleghi Gianluca Masi, Giangiacomo Gandolfi e Luca Nardi, muove le luci sulla volta emisferica – e i primi spettacoli sono andati esauriti”. PER UN’ESPERIENZA IMMERSIVA NELL’UNIVERSO La cupola è grande: uno schermo emisferico di 300 metri quadrati e 14 metri di diametro. Sotto, si trovano 98 posti in poltrone reclinate, quasi come stendersi sotto il cielo in una notte d’estate. Prima dell’ingresso alla sala, è esposto il vecchio proiettore Zeiss, uno dei pochi modelli rimasti dal primo planetario, quello che nel 1928 venne ospitato nell’aula ottagona delle terme di Diocleziano. “Era un proiettore optomeccanico, dal concetto classico: una semplice sfera con forellini che proietta pennelli di luce - sottolinea l’astrofisico - che ti vincolava a guardare il cielo dalla Terra. Con il digitale abbiamo una dimensione in più, ci puoi entrare dentro. Possiamo volare nello spazio per vedere tutto quello che vogliamo”.

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Il nuovo proiettore digitale, con software Sky Explorer, ha anche un controller Xbox: è come un videogame, che i quattro ciceroni del cielo usano “a mano libera”. Gli spettacoli, infatti, non sono proiezioni video, ma performance live: il racconto è fatto in diretta, e ogni proiezione non è mai uguale a un’altra. Con il proiettore digitale si può sfondare il cielo per fare un giro sulla Stazione spaziale internazionale, planare su Marte o sulla Luna. Raggiungere Andromeda e il buco nero di M87. C’è un database sterminato di oggetti tra i quali si può navigare, tra cui tutti gli esopianeti conosciuti, anche on demand, in base alle richieste del pubblico. E poi i “filtri” delle grandi survey, per mostrare il cosmo agli infrarossi, o visualizzare la radiazione cosmica di fondo. La versatilità dello storytelling visuale e della condivisione delle informazioni permette anche di “voltarsi indietro”, per sensibilizzare il pubblico sul clima e la necessità di tutelare l’unica casa che abbiamo: “Puoi vedere la Terra dallo spazio e lo fai in maniera immersiva; -


MOSTRE E MUSEI

» Sopra: la consolle di comando del Planetario di Roma. Sotto: la sala del Planetario, con 14 metri di diametro e 98 posti e l’ingresso. L’ingresso del Planetario capitolino, all’Eur di Roma. Per informazioni e prenotazioni vedi il sito www.planetarioroma.it

spiega Giovanardi - puoi animare i dati del clima, dell’atmosfera, le variazioni annuali delle temperature, che prendono vita su una superficie sferica. La nostra cupola può diventare la Terra, ma potremo farlo anche con Marte, la sua superficie e la sua atmosfera”. Il Planetario consentirà anche di volare nel passato, fino alla prima

luce dell’Universo, o della nostra civiltà, esplorando i cieli antichi e la loro influenza sulla cultura umana *MATTEO MARINI GIORNALISTA SCIENTIFICO. EX ARCHEOLOGO, SCRIVE DI ASTRONOMIA, MISSIONI SPAZIALI E AMBIENTE. ALLEVA GIOVANI REPORTER ALLA SCUOLA DI GIORNALISMO DI URBINO.

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con lezioni di archeoastronomia. Fino a fare del nuovo Planetario un punto di riferimento culturale, in rete con le altre istituzioni che hanno sede all’Eur. Il viaggio è appena iniziato: “La più grande soddisfazione è vedere le persone che quando escono hanno gli occhi che ancora brillano: qualcosa è cambiato nella loro visione del cosmo”.


MOSTRE E MUSEI

A CURA DELLA REDAZIONE

UNKNOWN UNKNOWNS QUELLO CHE NON SAPPIAMO DI NON SAPERE ALLA TRIENNALE DI MILANO

I

l tempo che stiamo attraversando, con i suoi cambiamenti tecnologici, biologici e climatici, ci ha messo dinanzi a un mondo diverso. Abbiamo scoperto che la realtà è fatta di misteri. Non è solo l’Universo più lontano, il fondo degli oceani o l’origine della nostra coscienza che conosciamo appena, un piccolo 5%. Ma anche porzioni di mondo più vicine sembrano tornate a essere piene di mistero: i nostri corpi, le nostre città, le foreste, le costellazioni e i pianeti. L’immensità di questa realtà sconosciuta è ricca di mondi, è una promessa di emozioni e stupore. Ma è anche un richiamo alla nostra fragilità e a quella del mondo che abitiamo. Trovarci di fronte a qualcosa che non faceva parte del nostro punto di vista ci trasforma e cambia la nostra prospettiva sul mondo. Credevamo di vivere su un pianeta invincibile ed eterno, ma scopriamo che è sul punto di diventare inabitabile per molte delle specie

che sono nate nei milioni di anni della sua storia. Pensavamo di poter anticipare il futuro, ma l’inaspettato ci ha travolto. E questa consapevolezza di vulnerabilità rende necessaria l’elaborazione di un nuovo sguardo e di nuove attitudini. È così che nasce il tema della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano, intitolata Unknown Unknowns (“Quello che non sappiamo di non sapere”), An Introduction to Mysteries (“Introduzione ai misteri”), aperta dal 20 maggio al 20 novembre 2022. La cura dell’esposizione è stata affidata a Ersilia Vaudo, astrofisica dell’Agenzia spaziale europea; l’allestimento è stato progettato dall’architetto Francis Kéré, con lo scopo di introdurre a tutto quello che, per secoli, abbiamo ignorato di ignorare, invitando artisti, designer, architetti, drammaturghi e musicisti a inventare un nuovo atteggiamento rispetto allo sconosciuto. Per proporre un nuovo paradigma: non si tratta di dominare il mistero, ma di imparare a coabitare con esso,

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in diversi ambiti: dall’evoluzione delle città agli oceani, dalla genetica all’astrofisica. Si comincia dalla forma stessa dello spazio, perché anche ciò che pensiamo di conoscere può diventare altro: i profili dei corpi celesti che brillano o si trasformano nel nulla sono l’opera instancabile del più grande designer del cosmo, la gravità. In effetti, se viene osservata fuori dalla prospettiva newtoniana, la gravità smette di essere la forza familiare che ci spinge verso il basso e si trasforma in una geometria, un disegno che emerge nello spaziotempo dalla presenza di ogni massa. Un’altra linea di ricerca è dedicata al cielo che abitiamo, l’atmosfera. Quel pezzo di cielo che alterna sole, pioggia, neve o tempeste, è un mondo che abitiamo nel suo mistero, senza riuscire a dominarlo. Un cielo domestico con cui condividiamo sensazioni e impressioni scientifiche e sensibili, l’insieme dei fenomeni che incarnano la contingenza. L’Esposizione include una serie di partecipazioni internazionali, sotto


MOSTRE E MUSEI

l’egida del Bureau International des Expositions, per rappresentare quel dibattito che ruota attorno alle trasformazioni dell’ordine geopolitico, così legate ai cambiamenti climatici economici e demografici del pianeta. I movimenti dei popoli nello spazio terrestre non sono solo incontri con lo sconosciuto, ma un laboratorio di produzione di un futuro geopolitico che non potrà più assomigliare al presente. In definitiva, la 23ª Esposizione Internazionale è una esplorazione dello sconosciuto che ci circonda, alla ricerca di una relazione che non sia appropriazione ma condivisione. Triennale Milano si trova in viale Alemagna 6, Milano, tel. 02 72434, web triennale.org, e-mail info@ triennale.org

» In alto: il resto di supernova SNR 0509-67.5 Red Bubble ripreso dal telescopio spaziale Hubble. A sinistra: l’astrofisica Ersilia Vaudo Sotto: Facciata della Triennale Milano (foto Gianluca Di Ioia).

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EVENTI

DI ANTONIO LO CAMPO

I L F E S T I VA L D E L L O A BUSALLA (GENOVA) LA SESTA EDIZIONE DELLA FULL-IMMERSION IDEATA DA FRANCO MALERBA

A

ll’insegna del trentennale della missione del primo astronauta italiano, che è poi l’ideatore e “regista” dell’evento, è pronto ai nastri di partenza anche quest’anno il Festival dello Spazio di Busalla, giunto alla sesta edizione. L’appuntamento, come da tradizione, è a Villa Borzino, dal 30 giugno al 3 luglio, sulla collinetta che è anche un piccolo polmone verde della cittadina dell’entroterra ligure, ormai celebre come “città dello spazio”. Anche perché è proprio di fronte a Villa Borzino che è nato, 75 anni fa, il primo astronauta italiano, Franco Malerba. Al quale abbiamo chiesto di parlarci della nuova edizione che lui stesso, assieme all’Assessore Fabrizio Fazzari, ha organizzato anche per questa estate 2022. ANCHE QUEST’ANNO MOLTI APPUNTAMENTI E IMPORTANTI ANNIVERSARI… Il 2022 segna il trentesimo anniversario della missione Tethered e del primo astronauta italiano, cioè… del sottoscritto. Enrico Flamini, a nome del Consiglio Scientifico del Festival dello Spazio, rievocherà quella missione straordinaria, che fa riaffiorare tanti ricordi. Ma il 2022 è

anche quello dei trent’anni di un’altra missione italiana significativa, quella del sistema Iris-Lageos. Le curiosità anche quest’anno saranno molte. Ogni anno il Festival propone una mostra che va ad arricchire il piccolo museo spaziale di Villa Borzino, dove è allestita la sala di osservazione remota del telescopio del monte Antola. Quest’anno sarà il turno dell’osservazione della Terra, ovvero di una sequenza di immagini affascinanti di luoghi inattesi del nostro pianeta che, con ogni probabilità, nessuno di noi avrà l’occasione di visitare “fisicamente”. QUINDI ANCHE IN QUESTA SESTA EDIZIONE SARANNO PRESENTI STORIA E ATTUALITÀ? Oltre a celebrare le nostre missioni, avremo conferenze sul Webb Telescope, sul Programma Artemis, i nuovi lanciatori europei Vega-C e Ariane 6. Poi una ricca parte di medicina spaziale, vita in ambienti chiusi, aspetti nutrizionali e nutraceutici, e molto altro. UN PROTAGONISTA SARÀ L’OLIO. COME MAI? È in sintonia con il programma di ricerca sull’olio Evo, che sarà svolto

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da Samantha Cristoforetti durante la sua missione a bordo della Stazione spaziale. A Busalla si parlerà dell’olio Evo italiano e delle sue proprietà organolettiche particolari, che lo rendono salutare alimento anche per gli astronauti. Coldiretti, che ha proposto questa ricerca nell’ambito della missione Minerva della Cristoforetti, offrirà ai presenti una sessione di degustazione di olii di diverse qualità. QUALE SARÀ IL TEMA SCIENTIFICO DELL’EDIZIONE 2022? Dopo la prima giornata caratterizzata da appuntamenti istituzionali, le presentazioni di libri recenti a tema astronautico, e altre conferenze di grande interesse, la parte più scientifica direi che è il “cibo per i viaggi extraterrestri”, filo conduttore del programma della seconda giornata, di sabato 2 luglio. Nella prospettiva del ritorno alla Luna per stabilirvi basi permanenti, questo è un tema di grande attualità. Esperti di diverse discipline affronteranno da vari angoli visuali la sfida alimentare e medica della sopravvivenza in ambiente chiuso e isolato, lontano dalla Terra. Sulla Luna si attenua il problema dell’assenza di peso, perché non si


EVENTI

galleggia come nella Stazione spaziale, ma sorge il problema della protezione dalle radiazioni fuori dello schermo del campo magnetico terrestre. Al Festival ascolteremo in particolare una ricerca dell’Iit per cui le vinacce dei vini delle Cinque Terre combattono questo fenomeno e possono entrare nella dieta degli astronauti. IL FESTIVAL OSPITERÀ UNA SESSIONE SULLA NEW SPACE ECONOMY? La space economy è la combinazione di tecnologie spaziali e digitali che si trova al centro delle spese governative. Quest’anno c’è una valanga di opportunità, perché il budget dell’Asi per i progetti nazionali è stato più che raddoppiato dal Pnrr. La sessione al Festival vedrà la partecipazione – accanto a Guido Conforti, direttore di Confindustria Genova – di Fiammetta Diani, direttrice del marketing dei servizi Galileo e Copernicus, e di Mario Cosmo, direttore scienza e ricerca dell’Asi, per presentare lo scenario degli investimenti programmati. Ci sarà anche il Siit (Sistemi integrati intelligenti) con il presidente Remo Pertica, e una rappresentanza di imprese liguri, tra cui Leonardo e Rina. Il palinsesto comprende inoltre una rassegna di alcune startup spaziali italiane. E IL TEMA DEL CONCORSO A PREMI? Il tema dell’elaborato per la gara di quest’anno è “Itinerari spaziali”. La guida allo svolgimento suggerisce che le sfide poste dai viaggi umani al di fuori della Terra hanno una portata e una complessità assai maggiori di

» A sinistra, la locandina del Festival di Busalla; a destra, Franco Malerba, il primo astronauta italiano. Per il programma completo del Festival e la prenotazione dei biglietti di ingresso (gratuiti), vedi www.festivaldellospazio.com

quelle generate dagli spostamenti sulla superficie terrestre. Ne risultano coinvolte non solo le scienze applicate e la tecnologia, ma anche le scienze umane, la psicologia, la medicina, le scienze della nutrizione, e l’idea stessa di sostenibilità. Saranno selezionati i tre migliori elaborati e i loro autori verranno invitati al Festival, dove si conoscerà il vincitore. Il merito di questo progetto va a

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Giuseppe Tanzella-Nitti, astronomo e teologo, fondatore della Scuola internazionale superiore di ricerca interdisciplinare, amico del Festival dello Spazio e presidente della giuria del Premio. A sottolineare il carattere interdisciplinare del concorso abbiamo chiamato a far parte della giuria anche Marco Aime, professore di antropologia dell’Università di Genova.


EVENTI

A CURA DI AZZURRA GIORDANI

EVENTI SOTTO IL CIELO DI GIUGNO

NUS (AO) SPETTACOLI AL PLANETARIO DI LIGNAN SABATO, ORE 16:00 E 18:00 Il Planetario di Lignan offre al pubblico spettacoli multimediali dedicati alla scoperta del cielo del periodo e all’esplorazione di affascinanti e attuali temi astronomici. bit.ly/3Ec1fVq

Segnalate eventi, mostre, star party a stroppa@bfcmedia.com

BELLINO (CN) SERATA ASTRONOMICA 11 GIUGNO, ORE 21:00 Presso l’Osservatorio astronomico di Bellino gli esperti dell’Associazione Astrofili Bisalta offrono un evento dedicato alla scoperta e all’osservazione delle meraviglie del cielo. bit.ly/3EcxLa5

ATTENZIONE: SI CONSIGLIA DI VERIFICARE LA CONFERMA DEGLI EVENTI SUI SITI INDICATI

MILANO UNKNOWN UNKNOWNS FINO AL 20 NOVEMBRE Esposizione Internazionale di Triennale Milano, dedicata a “Quello che non sappiamo di non sapere. Introduzione ai misteri”, a cura di Ersilia Vaudo e Francis Kéré. triennale.org

MONTE ZUGNA (TN) UN SABATO CON IL SOLE 18 GIUGNO, ORE 14:30 Osservazione del Sole con il telescopio dell’Osservatorio di Monte Zugna (1620 m slm), con la guida degli esperti della Fondazione Museo Civico di Rovereto. bit.ly/3xt9s6l

VERONA UNA FINESTRA SULL’UNIVERSO DELLE PARTICELLE ELEMENTARI 10 GIUGNO, ORE 21:00 Conferenza di Luca Panizzi organizzata dal Circolo Astrofili Veronesi presso la sede di via Filippo Brunelleschi 12. bit.ly/3vhe6l9

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EVENTI

FAENZA (RA) ASTROFOTOGRAFIA: DUE PASSI NELLA FOTOGRAFIA NOTTURNA 9 GIUGNO, ORE 21.00 Conferenza di Loris Ferrini presso la sede del Gruppo Astrofili Faenza; può essere seguita anche online su astrofaenza.it

SOVICILLE (SI) VISITE GUIDATE ALL’OSSERVATORIO ASTRONOMICO 10 E 24 GIUGNO, ORE 22:00 L’Osservatorio astronomico provinciale di Montarrenti, gestito dall’Unione Astrofili Senesi, offre ai visitatori osservazioni guidate del cielo con i telescopi. bit.ly/3Ob5zZP

ROCCA DI PAPA (RM) NAPOLI MOSTRE E SPETTACOLI NEL PLANETARIO DA MARTEDÌ A DOMENICA Città della Scienza propone spettacoli e filmati di astronomia, sia live che registrati, nel Planetario con diametro di 20 metri, e la visita guidata alle sale espositive e ai laboratori. bit.ly/3M6lg2s

LA NUOVA VISIONE DELL’UNIVERSO CON IL JAMES WEBB TELESCOPE 24 GIUGNO, ORE 20:45 Conferenza e visita guidata al Parco Astronomico “Livio Gratton” con osservazione di oggetti celesti a occhio nudo e ai telescopi, a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia. bit.ly/3KNcW7C

BARI

SIRACUSA GENESI DELLE STELLE 3 GIUGNO, ORE 18:30 Conferenza di Emanuele Schembri sulla formazione stellare presso la sede del Centro Osservazione e Divulgazione Astronomica Siracusa (Codas), in via di Villa Ortisi 56. bit.ly/3uFChKV

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SPETTACOLI AL PLANETARIO OGNI FINE SETTIMANA Il planetario di Bari, con cupola di 15 metri di diametro e tecnologia tra le più sofisticate d’Europa, offre spettacoli ricchi di suggestioni ed effetti speciali (inquadra il QR per un trailer). bit.ly/3EdEalc


DI ROBERT GALASSI*

VIAGGIARE NELLO SPAZIO CON

SIMPLEROCKETS 2 SIMULATORI SEMPRE PIÙ REALISTICI PRESENTANO INTERFACCE 3D ANCHE PER DISPOSITIVI MOBILI

C

on l’avanzamento delle tecnologie, i nostri dispositivi mobili stanno diventando sempre più performanti, e di conseguenza le applicazioni che riescono a

riprodurre divengono sempre più complesse, sofisticate ed elaborate. Questa caratteristica non è tipica esclusivamente delle applicazioni professionali o dei videogiochi, ma anche di una categoria di applicazioni

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che fino a poco fa erano limitate a computer con a disposizione parecchia potenza di calcolo. Stiamo parlando dei “simulatori spaziali”: negli ultimi anni possiamo dire di aver assistito a una vera e


RECENSIONI

propria evoluzione di questa categoria di applicazioni, a metà tra il ludico e l’istruttivo; qui fermiamo l’attenzione su quello che attualmente è forse il simulatore spaziale più evoluto per dispositivi mobili. Iniziamo subito dalla caratteristica che rende questo simulatore unico: SimpleRockets 2 è il primo che riesce a portare un’interfaccia 3D abbinata a un motore fisico sufficientemente sofisticato su dispositivi mobili. Cosa non da poco, dato che tutti i simulatori spaziali si sono sempre limitati a portare interfacce bidimensionali su dispostivi mobili, probabilmente per problemi legati alla limitata potenza di calcolo. La libertà che il simulatore ci offre è assoluta: siamo liberi di costruire nel modo che preferiamo qualsiasi veicolo (non solo spaziale), grazie a un editor semplice per chi è meno avvezzo a questa tipologia di simulatori, ma anche sufficientemente sofisticato per chi vuole realizzare un sistema complesso, magari programmando azioni automatiche, come separazioni ad altezze precise o particolari azioni orbitali. Un’altra nota di merito di SimpleRockets 2 è la modalità di gioco: consente di sperimentare da sé le proprietà del veicolo realizzato, potendosi trasferire in qualsiasi luogo della Terra e dello spazio per eseguire queste operazioni. Ci si può quindi esercitare ad assemblare anche improbabili stazioni spaziali *ROBERT GALASSI È UN GIOVANE APPASSIONATO ALLO SPAZIO, IN PARTICOLARE ALLE MISSIONI SPAZIALI E ALL’ASTRODINAMICA.

» In queste pagine due frame di Simplerockets 2 riguardanti, il lancio e il volo di un veicolo spaziale.

in orbita intorno a Marte o provare a realizzare vere e proprie basi lunari. Inoltre, è a disposizione un sito web (simplerockets.com), dove ognuno è libero sia di caricare che scaricare e testare razzi o aerei costruiti da altri giocatori in tutto il mondo. SimpleRockets 2 è un validissimo

simulatore, utile sia per chi vuole approcciarsi al fantastico mondo dello spazio sia per chi è già esperto e abituato a questo tipo di simulatori e desidera avere a disposizione un sistema più flessibile e completo di altri, con prestazioni veramente eccezionali.

COME OTTENERE SIMPLEROCKETS 2 SimpleRockets 2 è sviluppato da Jundroo LLC, produttore di altri simulatori in ambito aerospaziale. È disponibile sia per dispositivi Android che iOS (ma solo per le versioni più avanzate) sui rispettivi store digitali al prezzo di 6,99 €. È disponibile anche la versione per PC, ottenibile dal negozio di videogiochi digitali Steam (store.steampowered.com) al prezzo di 12,49 €. Inquadra il QR per un trailer di SimpleRockets 2 elaborato dagli sviluppatori.

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QUANDO IL SOLE FA I CAPRICCI UMBERTO VILLANTE BARI, EDIZIONI DEDALO, 2021 PAGINE 171 FORMATO 14 X 21 CM PREZZO € 17,00 tilt, blackout: come lo space weather influenza la nostra vita. Se il libro fosse stato scritto adesso, forse Villante avrebbe potuto essere più drammatico, sostituendo i “satelliti in tilt” con “satelliti distrutti”, dopo l’incidente avvenuto il 3 febbraio 2022, quando 40 dei 49 satelliti Starlink, appena rilasciati in un’orbita relativamente bassa, sono stati distrutti dall’attrito con l’atmosfera che si era gonfiata a seguito di una tempesta solare di media intensità. Non si è trattato di un evento imprevisto, dato che era stata diramata una allerta, come sempre avviene in questi casi. SpaceX ha capito a sue spese che con il Sole non si scherza e che tutte le attività nello spazio devono fare i conti con lo space weather. Ora più che mai, la nostra società non può permettersi il lusso di farsi sorprendere dagli scatti di rabbia della nostra stella. Le tempeste solari possono arrecare molti danni alla nostra tecnologia sia al suolo sia in orbita, con ingenti perdite economiche. Patrizia Caraveo

Studiare il Sole ha una doppia valenza. È importante a livello generale, perché il Sole è una stella, e il suo comportamento, se viene compreso, può essere generalizzato alle altre stelle. Ma lo studio e la comprensione del comportamento del Sole sono forse ancora più importanti a livello locale, per indagare a fondo le interazioni tra lo “stato” del Sole e la Terra. Chi segue le notizie astronomiche sa che la fisica solare sta vivendo un momento fantastico, con numerose missioni spaziali (in particolare la Parker Solar Probe e il Solar Orbiter) che tengono la nostra stella sotto un continuo controllo. Proprio lo studio delle complesse interazioni tra il Sole e la Terra è il tema di questo bel libro di Umberto Villante. Un argomento del quale sentiremo parlare sempre più spesso, visto che il Sole sta entrando in un periodo di grande attività, con il ciclo n. 25. Dopo un’affascinante panoramica storica, Villante soddisfa la curiosità generata dal sottotitolo dell’opera: Tempeste magnetiche, satelliti in

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA AI BUCHI NERI JANNA LEVIN MILANO, IL SAGGIATORE, 2022 PAGINE 152 FORMATO 13,5 X 19 CM PREZZO € 16,00 Non è un’esperienza da raccomandare, ma le descrizioni sono gradevoli e piene di sottile umorismo. È divertente la digressione sui mini-buchi neri, quelli che si potrebbero formare durante l’interazione di particelle subatomiche, ma sono i buchi neri stellari, oppure quelli super che troviamo al centro delle galassie, che sono oggetto degli studi astrofisici. E proprio a un buco nero extra-large è andato il premio Nobel per la fisica 2020, diviso tra Reinhard Genzel e Andrea Ghez, due astronomi che hanno dedicato decenni della loro attività a studiare il buco nero nel cuore della nostra Galassia, e Roger Penrose, il teorico che ha lavorato sulle equazioni della relatività generale per dimostrare che i buchi neri dovevano esistere. Dobbiamo anche ringraziare questo maxi-buco nero se il Comitato Nobel si è finalmente accorto dell’esistenza delle astronome: Andrea Ghez, oltre a essere la quarta donna a ricevere il Nobel per la Fisica, è la prima nel campo dell’astronomia. Patrizia Caraveo

Pur nella loro totale incomunicabilità, i buchi neri sono oggetti celesti con un potere straordinario sull’immaginario collettivo. L’autrice del Manuale di sopravvivenza ai buchi neri è incantata dalla loro sfuggente perfezione e cerca di trasmettere a chi legge il fascino di questi oggetti così lontani dalla nostra esperienza quotidiana, eppure così reali. Con una attrazione gravitazionale così grande che persino la luce non riesce a uscire da essi, i buchi neri sono impossibilitati ad avere interazioni dirette con l’esterno. Sono presenze oscure, che devono molto del loro successo al nome evocativo che fu proposto dal fisico John Archibald Wheeler, esperto di relatività generale, la teoria che spiega l’esistenza di questi oggetti estremi. Intorno ai buchi neri succedono le cose più strane che l’autrice cerca di descrivere raccontandoci come ci succederebbe se ci avvicinassimo al cosiddetto “orizzonte degli eventi”, la superficie immaginaria che divide l’interno dall’esterno di un buco nero.

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