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TEMA DEL MESE

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RECENSIONI

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DI PATRIZIA CARAVEO

SEI CI SEI BATTI UN COLPO

SI SUSSEGUONO LE SEGNALAZIONI DI POSSIBILI SEGNALI ARTIFICIALI EXTRATERRESTRI: L’ULTIMA ARRIVA DALLA CINA

» Un’illustrazione di fantasia della superficie del pianeta Proxima b di Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole (Eso / M. Kornmesser).

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Periodicamente, i giornali di tutto il mondo vengono inondati da notizie che hanno a che fare con gli extraterrestri. Vuoi che ci dicano che anche la Nasa abbia deciso di mettersi a investigare (ma con un modestissimo investimento) i presunti avvistamenti di Ufo, che adesso vengono chiamati Uap (Unidentified Aerial Phenomena), vuoi per raccontarci della presenta rivelazione di segnali che non sembrano poter essere spiegati da cause naturali, quindi presumibilmente dovuti a qualche tipo di civiltà extraterrestre intelligente. In generale, l’entusiasmo si raffredda rapidamente quando non si trova modo di escludere che il segnale sia dovuto a interferenze terrestri, un pericolo costante nella nostra civiltà che vive immersa nelle onde radio. Nel caso che si tratti di un’interferenza, il segnale rivelato è certamente non naturale e possiamo stare sicuri che sia il prodotto da una civiltà intelligente, ma quella civiltà è la nostra. L’esempio più recente è Blc1 (Breakthrough Listen Candidate 1), un segnale proveniente da Proxima b, il pianeta di Proxima Centauri, la stella più vicina al Sole. Il segnale è stato registrato dal telescopio australiano Parkes-Murriyang nell’ambito di una survey all’interno di un tempo di osservazione “acquistato” dal programma Breakthrough Listen. Il segnale, rilevato il 29 aprile di tre anni fa, era stato inizialmente considerato un candidato segnale extraterrestre, ma era poi risultato essere un’interferenza.

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» Il radiotelescopio australiano di Parkes, a cui è stato recentemente aggiunto il nome aborigeno Murriyang.

La cosa si è ripetuta, seppure in modo un po’ diverso, a metà dello scorso mese di giugno, quando una notizia, che pure ha avuto vita brevissima, ha causato un incredibile rumore mediatico.

L’OCCHIO DEL CIELO

L’annuncio della rivelazione di diversi possibili segnali alieni era stato dato nel sito web di Science and Technology Daily, l’organo ufficiale del Ministero della Scienza e Tecnologia della Repubblica Popolare Cinese. La dichiarazione era attribuita al capo del progetto di ricerca di civilizzazioni extraterrestri, Zhang Tongjie, Il professore diceva che i segnali erano stati captati dal mega radiotelescopio cinese da 500 metri di diametro noto in Occidente con la sigla Fast (Five hundred meter Aperture Spherical radio Telescope), ma chiamato dai cinesi più poeticamente Tianyan, “Occhio del cielo”. Questi segnali radio sembravano provenire da Kepler 438b, un pianeta roccioso poco più grande della Terra che orbita nella cosiddetta “zona abitabile” di Kepler 438, una stella nana rossa situata a 472 anni luce da noi nella costellazione della Lira. I segnali avevano tutte le caratteristiche richieste per essere considerati interessanti, ma Zhang annunciava che studi più approfonditi sarebbero stati necessari per escludere che si trattasse di interferenze dovute a segnali radio di origine terrestre. Per chi cerca di seguire gli sviluppi delle attività scientifiche in Cina, Science and Technology Daily è una fonte autorevole, che viene continuamente monitorata e tradotta, e una notizia di questo genere non poteva passare inosservata. Peccato che sia stata rapidamente cancellata. Mentre gli scienziati cinesi non rilasciano dichiarazioni, il chief scientist del Seti Research Center di Berkeley, Dan Werthimer, non ha dubbi che si tratti di interferenze prodotte dai trasmettitori, dai telefoni cellulari, dai computer, dai satelliti che comunicano tramite onde radio. Secondo Werthimer, un segnale vero da un oggetto celeste dovrebbe sparire se si cambia direzione di puntamento per poi riapparire quando si torni a puntare l’oggetto in questione. Se invece i segnali vanno e vengono, indipendentemente dalla direzione nella quale si osserva, sono interferenze. E, fino ad ora, tutti i segnali potenzialmente interessanti si sono rivelati essere interferenze. Persino Avi Loeb, stimato astrofisico dell’Università di Harvard, diventato famoso per avere ipotizzato che

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» Ripresa aerea del radiotelescopio cinese Fast, la più grande parabola singola del mondo, con un diametro di 500 metri.

l’asteroide ‘Oumuamua fosse un relitto tecnologico di una civiltà extraterrestre, ha espresso scetticismo. Tuttavia, l’immediato interesse che aveva accompagnato la notizia è la prova che la curiosità sull’esistenza di altri mondi abitati non passa mai di moda. Nessuno resiste al fascino degli extraterrestri che anzi sembra aumentare con il passare degli anni.

TUTTO È INIZIATO NEL 1959

La storia della ricerca di un segnale radio extraterrestre inizia nel settembre 1959 con la pubblicazione di un articolo intitolato Searching for Interstellar Communication. Gli autori erano Giuseppe Cocconi e Philip Morrison, due eminenti fisici che sostenevano che, se davvero da qualche parte lassù ci sono esseri intelligenti, potrebbero aver creato un sistema di comunicazione indirizzato al resto dell’Universo. Dato che le onde radio sono il metodo più efficiente per trasmettere un segnale a distanza, Cocconi e Morrison suggerirono di usare le nuove antenne della radioastronomia, che proprio allora stava diventando una branca importante

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» Una riproduzione di fantasia del pianeta Kepler-438b da cui provenivano i segnali radio captati dal radiotelescopio Fast.

dell’astronomia, per mettersi in ascolto. I due autori, con grande onestà, ammettevano di non avere idea delle probabilità di successo di questa ricerca alla cieca, tuttavia concludevano che, se non si fosse provato, le probabilità di successo sarebbero state certamente nulle. Qualcuno si lasciò convincere e si mise alla ricerca di segnali provenienti da civiltà extraterrestri. Iniziò Frank Drake nell’aprile 1960, utilizzando il nuovo Osservatorio nazionale radioastronomico Nrao degli Stati Uniti, appena installato a Green Bank, in Virginia. Drake era un sognatore, ma aveva idee molto chiare sull’impresa a cui si accingeva. Per cercare di valutare la probabilità di successo, scrisse una formula poi diventata famosa. L’equazione di Drake aveva (e ancora ha) l’obiettivo di stimare il numero N delle civilizzazioni nella nostra Galassia capaci di inviare segnali radio che noi potremmo ricevere. I termini dell’equazione sono di due tipi: si parte dall’astronomia per arrivare alla biologia. Inoltre bisogna tenere conto della variabile tempo perché le civiltà hanno una durata finita. Occorre tenere conto anche del tempo di transito del segnale da chi lo ha prodotto a noi che lo ascoltiamo. Se una civiltà si trovasse all’altro capo della Galassia, il suo segnale impiegherebbe 50mila anni per raggiungerci. D’altro canto, una civiltà potrebbe essersi estinta durante il tempo di transito del segnale. L’equazione di Drake serve per riassumere il problema, ma non è di grande aiuto per stimare davvero la probabilità di stabilire un contatto con una civiltà extraterrestre. Ma sessant’anni non sono passati invano. Oggi i nostri strumenti, a terra e in orbita, hanno rivelato oltre 5000 pianeti extrasolari e, generalizzando i risultati ottenuti, possiamo dire che, in media, ogni stella della nostra Galassia possiede almeno un pianeta e che circa il 20% di questi pianeti sono vagamente simili alla Terra. È un passo avanti, ma non basta: siamo ancora ben lontani dal saper calcolare il numero N di civilizzazioni nella Via Lattea attive oggi. Anzi, siamo ancora lontani dal capire se ne esista almeno un’altra. Tuttavia, visto il numero sterminato di pianeti potenzialmente abitabili, molti studiosi pensano che altre forme di vita siano una necessità matematica, anche se non ne abbiamo ancora le prove. Sicuramente, non si può dire che non si sia provato a cercare.

IL PROGETTO SETI

Dopo i pionieristici tentativi di Drake, si sono susseguiti molti programmi di ricerca di segnali extraterrestri. Il più famoso è sicuramente il Seti (Search for ExtraTerrestrial Intelligence) che, nel 1971, iniziò a essere finanziato dalla Nasa. Il 15 agosto del 1977 ci fu un momento (effimero) di gloria, quando il radiotelescopio Big Ear dell’Università dell’Ohio registrò il segnale che fu chiamato Wow! perché questa esclamazione fu appuntata a mano da un tecnico nel tabulato. L’intensità del segnale in funzione dello scorrere del tempo era indicata con un solo carattere: si iniziava con i numeri e poi si passava alle lettere. Il segnale Wow! era durato 72 secondi e aveva tutte le caratteristiche per essere considerato promettente, ma non si è mai ripetuto e non si sono trovati argomenti convincenti per associarlo a una civiltà aliena. La mancanza

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» Una illustrazione della equazione di Drake che imposta il calcolo del numero di civiltà presenti della nostra Galassia sulla base di una serie di fattori i cui valori sono poco noti o del tutto sconosciuti.

di risultati ha prosciugato i fondi e, nel 1993, la Nasa ha chiuso il programma, ma Seti ha continuato a esistere grazie a donazioni private e alla creatività degli scienziati che hanno inventato SETI@home, il primo sistema di calcolo distribuito (a costo zero) per analizzare i dati usando i personal computer che numerosissimi volontari hanno messo a disposizione e utilizzati dal sistema da remoto in modo automatico. Negli ultimi anni, l’interesse nei programmi Seti ha avuto un notevole revival grazie a Yuri Milner, un miliardario di origine russa (ma basato in California), che ha promesso donazioni per un totale di 100 milioni di dollari in 10 anni per finanziare le Breakthrough Initiatives (breakthroughinitiatives.org), a cominciare dai programmi di ascolto come Breaktrhough Listen citato sopra. Persino la Nasa ci ha ripensato e ha deciso di riaprire i cordoni della borsa per cercare le cosiddette Technological signatures (“firme tecnologiche”, un eufemismo per evitare la parola Seti). E i progetti non si fermano, come vediamo nell’articolo sul Cosmic Seti a pag. 56.

LA RICERCA DEVE CONTINUARE

La ricerca di un possibile segnale prodotto da una civiltà extraterrestre tecnologicamente avanzata è una linea di ricerca che viene portata avanti da molto tempo, con diverse modalità e con grande interesse, ma senza risultati apprezzabili. Proprio per questo, basta un annuncio per accendere la fantasia. Come sostenitrice della vita extraterrestre, mi auguro che la ricerca continui. Lo spazio è immenso e, finora, ne abbiamo esplorato una frazione piccolissima. Per avere idea delle dimensioni del problema, immaginiamo di raccogliere un bicchiere di acqua di mare. Dal momento che, con ogni probabilità, non troveremo pesciolini guizzanti, dovremmo concludere che nel mare non ci sono pesci? Non avere ancora trovato un segnale non è la prova che i segnali non ci siano, forse non abbiamo ancora capito come, dove e cosa cercare. Quella che rimane sempre vera è la conclusione dell’articolo di Cocconi e Morrison: se non cercheremo, possiamo stare certi che non troveremo niente.

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