Bergamo Economia marzo 2020

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SILENZIO

ASSORDANTE

Bergamo svuotata e le sue Fabbriche deserte un momento difficile che supereremo insieme

A G A Z I N

MENSILE DI MARZO 2020 - NUMERO 133 - € 3,00

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Rivista mensile - In edicola al prezzo di 2.00 euro. Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% DCB Bergamo. In caso di mancato recapito restituire al mittente.

LE INTERVISTE

• Paolo Agnelli • Roberto Calderoli • Silvio Garattini • Fabio Pezzoli

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QUALE PROFILO AVRà IL VOSTRO FUTURO?

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CONTENUTI marzo 2020

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L’INTERVISTA

34 UNIBG

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ECONOMIA

ECONOMIA ATTUALITÀ & POLITICA

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6. ANDRÀ TUTTO BENE Una carezza per Bergamo 8. ECONOMIA Paolo Agnelli: Lo Stato deve aiutarci Stop alla burocrazia inutile e via libera alla liquidità straordinaria 12. POLITICA Roberto Calderoli: «Un anno bianco fiscale per uscire dall’emergenza» 16. LA CITTÀ FANTASMA Maurizio Auriemma: «Il nostro compito è quello di esserci anche per dare speranza e conforto a chi attualmente è in difficoltà» 22. L’INTERVISTA Silvio Garattini: «La vittoria contro il COVID-19 dipende da noi» 26. MEDICINA Fabio Pezzoli: «Possiamo farcela ma servono rinforzi» 34. UNIBG La didattica online? «Una sfida vinta, ma l’insegnamento è innanzitutto umanità» 40. COVER STORY Bergamo svuotata e le sue Fabbriche deserte, un momento difficile che supereremo insieme


26 MEDICINA

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L’INTERVISTA/2

POLITICA/2

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LA PSICOLOGA

EVENTI

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LA PSICOLOGA #iorestoacasa! L’ANALISI MMT A lezione di economia: il virus in cattedra L’INTERVISTA/2 Claudio Proietti e una vita in volo

62.

MOTORI Toyota e Lexus

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TOYOTA E LEXUS

BERGAMO ECONOMIA MAGAZINE Rivista mensile di economia attualità, costume e stile (Registrazione al Tribunale di Bergamo nr. 5 del 21/02/2013) Società editrice: Giornale di Bergamo S.r.l. Via San Giorgio 6/n 24122 Bergamo Direttore responsabile: Paolo Agnelli Direttore editoriale: Francesco Legramanti Concessionaria pubblicità locale: Giornale di Bergamo S.r.l. Via San Giorgio, 6 - 24122 Bergamo Tel. 035 678811 - Fax 035 678895 info@bergamoeconomia.it www.bergamoeconomia.it

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Stampatore: CPZ SPA Costa di Mezzate (Bg) Via Landri, 37 - Tel. +39 035 681 322 Abbonamenti: Tel. 035 678811 Costo abbonamento: 25 euro per 10 mesi

COVER STORY 5


Foto Antonio Milesi

ANDRÀ TUTTO BENE

Una carezza La preghiera del Vescovo Francesco

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o letto spesso i giornali scrivere: «Bergamo è in ginocchio». È vero, ma Bergamo non è in ginocchio solo perché è provata da tanto dolore, ma è in ginocchio perché è in preghiera ed è in ginocchio come l’atleta che si tende con tutte le sue forze per partire con decisione al tanto atteso “start”. Le preghiere infatti non sono formule magiche. La fede non risolve magicamente i problemi,

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piuttosto dà un’interiore forza per esercitare quell’impegno e quella responsabilità che è di ognuno, in modo particolare in coloro che sono chiamati a arginare e a vincere questo male. A me sembra che in questo momento ci sia un grandissimo bisogno di vicinanza. Nei giorni scorsi, quando ancora non si aveva la percezione della gravità del morbo, si continuava a vivere pensando solo a se stessi. Adesso paradossalmente, pur obbligati a distanze di sicurezza, pur isolati nelle case, ci sentiamo più

vicini. L’urgenza ha fatto scattare una solidarietà generosamente impressionante, ma non basta. La solidarietà ha fatto nascere il senso di prossimità. Chi è malato attende innanzitutto la vicinanza di chi lo può curare e sto vedendo un eroismo da parte di medici, infermieri, amministrativi, forze dell’ordine. Ma ho voluto indicare alla diocesi il grande dono che ha ogni cristiano per grazia del Battesimo di essere portatore di benedizione: un padre può benedire i suoi figli, una madre può benedire i suoi cari, i nonni


per Bergamo possono benedire i loro nipoti, ma è importante soprattutto nel caso della sofferenza che anche i figli e i nipoti possano benedire i loro cari. E l’ho chiesto con delicatezza e rispetto anche a medici e infermieri: spessissimo in questi giorni nelle corsie vedono morire gente da sola, se percepissero un desiderio sarebbe un dono prezioso che le loro mani potessero offrire anche la benedizione del Signore. Penso ai tanti sacerdoti morti. Stiamo vivendo questa pena condividendola con quella delle famiglie: non siamo

separati dalla nostra comunità nemmeno nel passaggio della morte. Ho voluto allora inginocchiarmi davanti al nostro Santo Papa Buono per chiedergli di portare al Signore il nostro dolore e le nostre richieste. L’ho fatto con questa supplica che vorrei ancora condividere con voi: «San Giovanni XXIII, ci rivolgiamo a te, padre di bontà e di tenerezza, pontefice amato e venerato. Sostieni la nostra fede, guidaci verso il bene, difendici dal male. Confidiamo in te ed imploriamo la tua intercessione per tutte le

necessità della nostra Diocesi. Ti affidiamo le persone a noi care, specialmente gli ammalati, i giovani ed i bambini. Dal cielo guarda i tuoi figli, come facesti quella sera di ottobre, e dona la tua carezza a ciascuno di noi e a coloro per i quali ti invochiamo. San Giovanni XXIII, domandiamo la tua intercessione per la Chiesa intera e per la pace nel mondo. Fa’ che possiamo imitarti nelle virtù per servire il Signore in umiltà e obbedienza alla sua volontà come facesti tu per tutta la vita. Amen». Che Dio ci benedica.

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Foto Fabio Toschi

ECONOMIA

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PAOLO AGNELLI

Lo Stato deve aiutarci STOP ALLA BUROCRAZIA INUTILE E VIA LIBERA ALLA LIQUIDITÀ STRAORDINARIA

P

aolo Agnelli, Presidente Confimi Industria, non ha parole tenere per come l’emergenza Covid sta venendo gestita in termini di politiche del lavoro ed economiche. Da imprenditore alla guida di un gruppo di aziende dalle molteplici applicazioni, come tutti si attiene alle disposizioni governative e segue con preoccupazione l’evolversi degli eventi, da leader di una delle maggiori associazioni di categoria del Paese analizza lucidamente gli interventi necessari per uscire da questa situazione contenendo i danni. Da questa settimana tutte le aziende del gruppo sono chiuse dopo l’ultimo DPCM - spiega - A livello nazionale, la problematica principale sta nell’enorme confusione creata sui codici ATECO delle aziende che possono lavorare e di quelle che devono invece chiudere. La superficialità con cui il decreto è stato emesso e modificato, affidandosi esclusivamente ai codici assegnati dalla Camera di Commercio senza alcuna reale conoscenza dell’attività, lascia ampio spazio al caos. Ad esempio, prendiamo il caso di un’azienda identificata come officina meccanica generica. Supponiamo dunque che, tra i tanti componenti che produce per conto terzi, ci siano parti essenziali per far fronte all’emergenza attuale, ad esempio componenti per respiratori. Si

tratta di un’attività necessaria in questo frangente, ma l’azienda per lavorare deve presentare ricorso alla Prefettura di competenza, che nella maggior parte dei casi non risponde, non è informata o non ha le giuste direttive. È veramente difficile trovare una via d’uscita anche quando ci sono in ballo interessi immediati. Anche i profili di alluminio da noi prodotti hanno mille usi, tra cui quello medicale; pensiamo ai letti ospedalieri, ai tubi per gli strumenti di ossigenazione. In che modo si sarebbe potuto ovviare al problema? Esattamente nello stesso modo in cui si sta gestendo tutto il resto: tramite autocertificazione, dichiarando che si stanno producendo beni essenziali per fare fronte all’emergenza. Se ci fosse una capacità legislativa adeguata non dovremmo neanche affrontare l’argomento, ma siccome manca, si sarebbe potuto dare fiducia al singolo e all’azienda, considerando che una falsa dichiarazione autocertificata apre al penale e che l’attività delle aziende è sempre strettamente monitorata anche dai sindacati. Possiamo parlare di economia di guerra per quanto riguarda le conseguenze sulla filiera produttiva? Io ne ho descritto i problemi diretti, poi arrivano quelli indiretti. Come faccio a lavorare, io che produco 9


componenti per il settore sanitario, se i miei fornitori sono chiusi? Certo fare un’operazione come quella delle autocertificazioni è complicato e anche rischioso, ma tutt’al più chi avesse voluto correre il rischio dichiarando il falso se la sarebbe vista con il penale. Gestita in modo più intelligente, questa faccenda avrebbe potuto finire meglio. Questo ipercontrollo è sbagliato se non si conosce nulla di come funziona la filiera produttiva. Facciamo un attimo il punto su cosa è previsto al momento per quanto riguarda le misure di sostegno alle aziende. Come fare in modo che tutti gli anelli della catena ripartano insieme? Al momento non è possibile fare una stima realistica di quanto durerà il fermo delle aziende, e se fosse fino al 3 aprile si potrebbe comunque recuperare in corsa senza grosse conseguenze, facendo slittare qualche scadenza amministrativa e fiscale. Quello che subirà un fermo più lungo è il comparto turistico e della ristorazione. Questi sono inevitabilmente i settori maggiormente a rischio e che bisogna aiutare subito con un’iniezione di liquidità straordinaria, che non può che venire dallo Stato. Stato che dovrebbe attivarsi quando ce n’è bisogno, non prima e non quando non c’è più nulla da salvare, e in queste circostanze servirebbe uno Stato snello e veloce, che noi non abbiamo. Le normative attuali che prevedono un finanziamento alle aziende sono irrealistiche, chi ha una conoscenza anche minima del meccanismo sa bene che è stato eretto un muro di burocrazia che scoraggia i più anche dal chiedere informazioni. Lo voglio sottolineare bene: la burocrazia

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in questi casi non è semplicemente un intralcio, ma un impedimento usato volutamente per non fare, o per impedire di fare. La maggior parte delle richieste di chiarimenti che arrivano in associazione in questi giorni da parte dei piccoli imprenditori riguarda proprio questo. In una situazione simile, occorre urgentemente scavalcare privacy, certificazioni e quant’altro: siamo in guerra, lo Stato deve rispondere e deve rispondere a tutte le aziende fino a una certa quota di fatturato, deve impegnarsi in primis a emettere una garanzia in tempi rapidissimi, e fare in modo che essa sia immediatamente accessibile a chi ne ha bisogno. Ovviamente, senza regalare nulla, nessuno sta chiedendo regali. E, anche a fronte dell’eventualità, improbabile comunque, di una possibilità di Insolvenza, lo Stato deve pensare a salvare l’economia.

Vanno sentite tutte le parti sociali in causa, in un clima di buon senso e collaborazione. Se è per primo il capo del Governo a convocare solo alcuni selezionati tra sindacati e associazioni, non siamo sulla strada giusta. Democrazia significa ascoltare anche chi potrebbe avere una posizione diversa dalla propria, e questo non sta avvenendo. Segnalo un altro episodio di poca correttezza, il fatto di stilare e modificare la lista delle attività che possono produrre affidandola solo ed esclusivamente ai sindacati, che la gestiscono brandendo la minaccia dello sciopero generale. Devono cambiare questi riti, non perché non ci debba essere diritto allo sciopero generale, ma perché siamo in una situazione di eccezionalità che impone di rivedere le regole di confronto. Il Presidente Agnelli così conclude: «Comunque sento che alla fine di questa brutta avventura ripartiremo più forti di prima, con meno impedimenti europei, meno globalizzazione, più italianità e avremo rivisto le priorità delle cose che effettivamnete contano nella vita». Arianna Mossali

«Quello che subirà un fermo più lungo è il comparto turistico e della ristorazione Questi sono i settori più a rischio che bisogna aiutare subito»

Pensa che sia necessario superare le dicotomie tradizionali tra mondo produttivo, associazionistico, sindacale, società civile e lavorare insieme per un obiettivo comune? Se è vero che siamo in economia di guerra, in guerra le regole tradizionali saltano.

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POLITICA

Roberto Calderoli

UN ANNO BIANCO FISCALE PER USCIRE DALL’EMERGENZA

Il decreto Cura Italia non è all’altezza delle necessità del Paese; lo miglioreremo in Parlamento

I

l Governo italiano ha da poco adottato nuove misure per l’emergenza COVID-19: è il Decreto Cura Italia del 16 marzo 2020 ed il nostro mensile ha, in esclusiva, la possibilità di commentarlo in diretta con il Senatore Roberto Calderoli,

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decano dei parlamentari orobici, nonché attuale Vice Presidente del Senato della Repubblica. Senatore, cosa ne pensa delle misure adottate dal Governo italiano? Alcune delle nostre proposte sono state accolte ma mi si lasci dire

che non possono considerarsi né risolutive, né sufficienti. Da un lato, questa emergenza è in continua evoluzione e non si possono fare previsioni certe né sulla sua durata, né su quante persone saranno coinvolte; dall’altro lato, non mi sembra sufficiente, ad esempio, stanziare 600 euro per i lavoratori Continua a pagina 14


H A U T E - C O U T U R E

DS 3 CROSSBACK E - T E N S E

U N I O N E D I S AV O I R - FA I R E E T E C N O L O G I A AVA N Z ATA . S C O P R I I L N U O V O M A R C H I O D S S U D S A U T O M O B I L E S . I T - DS 3 CROSSBACK E-TENSE*, CONSUMO ENERGETICO: 17,6 KWH/100 KM; EMISSIONI DI CO2: 0 G/KM; AUTONOMIA: 320 KM. I dati sono preliminari e determinati secondo la nuova procedura di prova WLTP secondo le normative Reg. (CE) n. 715/2007 e Reg. (UE) n.1151/2017. *L’omologazione e il certificato di conformità CE non sono ancora disponibili. I valori preliminari potrebbero differire dai dati ufficiali di omologazione finale.

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autonomi, né spostare di qualche giorno le scadenze fiscali che rimangono comunque vigenti. Ci può spiegare come mai non ritiene sufficienti le misure fiscali contenute nel Decreto Cura Italia? Le limitazioni in atto per contenere l’emergenza sanitaria impediscono a molti di lavorare. Se non si lavora, non si produce reddito e, quindi, manca la cassa per pagare imposte e contributi. Se mancano le risorse per pagare i tributi, non ha senso prorogare le scadenze: i soldi mancano oggi e mancheranno domani; tra due mesi, le conseguenze di questa emergenza saranno ancora più evidenti per aziende e lavoratori. La misura più utile, quindi, non è la sospensione dei termini di pagamento di imposte e contributi o la proroga delle scadenze fiscali; la misura più utile oggi è stabilire un anno bianco fiscale. Cosa intende per anno bianco fiscale? Non solo sospensione o proroga dei termini per pagare tasse e contributi ma vero e proprio azzeramento degli obblighi fiscali per il 2020: o per l’intero anno o per un semestre, a seconda di quanto durerà questa emergenza e a seconda di quali saranno le conseguenze sulle nostre aziende. Non si può, infatti, chiedere loro domani di fare pagamenti che non sono stati in grado di fare oggi. In Camera e Senato cercheremo di migliorare questo Decreto. Se lo stato non incassa tasse e contributi, come può sostenere la spesa pubblica che servirà per gli ammortizzatori sociali e che serve oggi per far fronte all’emergenza, ad esempio, acquistando ventilatori e mascherine? Quest’anno la spesa pubblica non può non essere finanziata ricorrendo al debito pubblico. D’altronde se non si sta più lavorando, mi chiedo come potranno imprese, professionisti e lavoratori a far fronte al pagamento di tasse e contributi. Dal punto di vista dello Stato, è meglio stare un po’ a dieta oggi, permettendo alle aziende di continuare a vivere, 14

creare lavoro e produrre, piuttosto che spremerle fino all’ultimo oggi con il rischio che non esistano più domani e che, quindi, venga a mancare, per sempre, il loro contributo all’economia del Paese. Fare più debito si scontra con le indicazioni che vengono dalla Commissione europea. Cosa può fare il Governo italiano? Innanzitutto, mi sembra che l’Unione Europea abbia detto che considererà le spese legate all’emergenza sanitaria, spese una tantum straordinarie. Pertanto, non dovrebbe conteggiarle ai fini del Patto di stabilità. In secondo luogo,

«Le limitazioni impediscono di lavorare. Se non si lavora, non si produce reddito e, quindi, manca la cassa per pagare imposte e contributi» bisogna fare un ragionamento più ampio e mettere da parte questo Patto di stabilità. Ci vuole un’azione decisa in Europa ed il fatto di avere come Commissario europeo agli Affari economici, l’italiano Paolo Gentiloni che, tra l’altro, è stato Presidente del Consiglio, mi fa confidare che la nostra voce possa farsi sentire. Inoltre, poiché sono

convito che la crisi riguarderà tutta l’Europa, sicuramente saranno adottati provvedimenti per tutta l’Europa. Ci può spiegare meglio cosa intende? Le epidemie non conoscono confini. L’emergenza sanitaria coinvolgerà presto altri paesi europei e si arriverà presto ad una sorta di zona rossa estesa a tutta Europa. A quel punto tutti saranno più flessibili. Parlando di zona rossa, infuria la polemica sulla mancata creazione di una zona rossa tra Nembro ed Alzano. Secondo lei, instituirla avrebbe cambiato qualcosa? A Nembro ed Alzano si vive esattamente ciò che è accaduto a Lodi. Bisognava creare una zona rossa da cui non far entrare ed uscire nessuno. Un simile provvedimento, probabilmente, avrebbe determinato un minor coinvolgimento della città di Bergamo e della sua provincia. Questa misura è stata chiesta dal Presidente della Regione Lombardia, Fontana, dall’Assessore alla Sanità, Gallera, e dagli stessi Sindaci dei comuni interessati i quali sono solitamente gli ultimi a chiedere l’isolamento per il proprio paese: se i Sindaci chiedono la zona rossa, un motivo c’è. Alla fine, è arrivata una zona arancione che serve a ben poco ed il contagio si è esteso a tutta la bergamasca. La città di Bergamo sta vivendo un momento critico. Come vede la situazione? Ho sentito il Direttore sanitario e molti colleghi: la situazione è pesante; ho sentito anche il Direttore Generale dell’Ospedale di Treviglio: anche da loro la situazione è critica. Sarebbero in condizione di aumentare il numero di posti di terapia intensiva ma confidano nell’arrivo di personale medico dall’estero, ad esempio dalla Cina. La Cina è l’unica che ci sta dando una mano? Direi che la Cina, per il ritardo con cui ha informato il mondo dell’epidemia in atto, ha qualcosa da farsi perdonare. (cdg)



LA STORIA LA SCRIVIAMO NOI

B

ergamo Economia, grazie al questore Maurizio Auriemma, ha affiancato per un’intera giornata la Polizia di Stato per poter documentare il lavoro svolto in questo momento di difficoltà . Vogliamo in primo luogo sottolineare il coraggio con cui gli agenti svolgono le proprie

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Foto Antonio Milesi

LA CITTÀ FANTASMA

Maurizio Auriemma: «Il nostro compito è quello di esserci anche per dare speranza e conforto a chi attualmente è in difficoltà»

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mansioni, mettendo a repentaglio la propria salute ogni giorno, nonostante l’epidemia che ci ha colpiti, per poter controllare al meglio la nostra amata Bergamo. Il loro non è un compito facile: devono bloccare tutte le autovetture e le persone, ovviamente rispettando le norme di sicurezza, per constatare che i motivi di transito di ognuno siano leciti, secondo il decreto emanato lo scorso 8 marzo dal Governo, facendo compilare un’autodichiarazione e verificandone la veridicità. Se le dichiarazioni non confermano gli spostamenti concessi dalle misure di contenimento del Covid-19 o le informazioni del modulo si rivelano false allora, secondo l’articolo 650 del codice penale, si rischia una denuncia da parte delle forze dell’ordine per «Inosservanza dei provvedimenti delle Autorità». La percezione della gravità della situazione sfugge a molti e le forze dell’ordine manifestano il massimo rigore nei confronti di tutti coloro che stanno per strada senza una valida giustificazione. Il questore, da poco rientrato dalla sua quarantena (ma mai stato fermo nel suo lavoro a causa del virus), ha trovato il tempo per commentarci la situazione. In Questura hanno già ridotto alcune attività non essenziali che hanno a che fare con il pubblico (passaporti, immigrazioni...) che al momento sono ferme come lo è tutto il resto d’Italia, per poter assicurare innanzitutto il controllo del territorio e poi il pronto intervento in caso di reati (che si sono ridotti dell’85% rispetto all’anno scorso). 18

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«Bergamo per fortuna ha recepito il messaggio già dall’inizio di questa vicenda e sta rispondendo bene, i cittadini stanno quasi tutti in casa, ma noi dobbiamo essere comunque presenti in strada per far rispettare la regola principale: non uscire se non per motivi essenziali», così ha affermato Maurizio Auriemma, che da sabato 21 può contare anche sull’Esercito dislocato ad Orio al Serio, impiegato nei quadranti h24 insieme alle volanti, e che a breve dovrebbe avere altre risorse che 20

il Ministero dell’Interno ha avuto dallo Stato Maggiore della Difesa. Aggiunge ancora: «Tutti gli agenti della Polizia di Stato stanno lavorando con estrema disponibilità, in maniera seria, coscienziosa e sicura, dobbiamo cercare di stare bene per far star bene gli altri. Per sostenere questa attività dobbiamo essere i primi a rispettare i protocolli sanitari, stiamo attenti in ufficio ed evitiamo di avere contatti per poter essere utili ai cittadini». Prosegue

Auriemma: «stare a casa sostiene l’attività che medici, infermieri e sanitari compiono ogni giorno in ospedale, per non aggravare ulteriormente la situazione. Noi siamo Forze di Polizia e dobbiamo per forza essere presenti sul territorio, il nostro compito è quello di esserci anche per dare speranza e conforto a chi attualmente è in difficoltà», con queste parole il questore ci ha salutati. Ilaria De Luca



Foto Light&Magic Poductions

L’INTERVISTA

“S

ulla gestione dell’emergenza Coronavirus abbiamo dato l’idea di un paese in difficoltà ed impreparato”, così ci accoglie nel suo studio il professor Silvio Garattini, scienziato e farmacologo italiano, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Professore, gli esperti parlano di grave pandemia. Cosa ne pensa Lei? Innanzitutto va premesso che è un virus nuovo e che quindi non lo conosciamo appieno. Ciò che abbiamo capito finora è che c’è un gran numero di infetti che presenta una sintomatologia non significativa (circa l’80%) ed uno relativamente ristretto che invece soffre di insufficienza respiratoria o che si ammala gravemente di polmonite. Tra costoro per fortuna molti guariscono. Quei pochi a cui

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«La vittoria contro il COVID-19 dipende da noi» Silvio Garattini: «la panacea per debellare questo virus sta nel buonsenso della gente a rispettare le norme per tornare con il tempo alla normalità»

la cura non fa effetto, e che purtroppo muoiono, sono per lo più persone anziane o con patologie pregresse che ne indeboliscono le capacità di resistenza all’aggressione viremica. Non bisogna però sottovalutare il rischio del virus perché altamente contagioso. Nel complesso, Le sembra che le misure adottate finora siano efficaci? Le misure prese finora sono secondo me accettabili. Purtroppo ancora non disponiamo né di farmaci, né di vaccini, essendo appunto un virus nuovo. Possiamo quindi agire solo in via preventiva, con misure igieniche, come quelle adottate finora, oppure isolando i focolai. Per quanto riguarda Bergamo è mancata una creazione di un’isola rossa dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro che rappresentavano una zona a rischio, come quello di Codogno; data la contiguità tra paesi e la città si è così ottenuta un’estensione del contagio che ha causato 23


la situazione tragica che stiamo vivendo ora. Poi il decreto ottenuto dall’appello della stessa regione Lombardia, successivamente esteso in tutta Italia, ha imposto misure più restrittive che sono necessarie. Hanno dovuto limitare i contatti e le uscite alle mere situazioni lavorative, sanitarie e di necessità poiché molte persone che hanno contratto il virus sono asintomatiche, di conseguenza possono propagarlo facilmente senza saperlo. Perché è necessario contenere la diffusione di questo virus? Il problema principale è che il COVID-19 in alcuni casi porta a problemi respiratori gravi, che necessitano di essere trattati in ospedale, se non

Tamponi per tutti? «Cominciamo dal controllo di medici, infermieri e dei lavoratori in fabbrica, perché anche con i dovuti accorgimenti c’è più possibilità di trasportare infezioni» avessimo agito come è stato fatto, a lungo andare, non avremmo avuto abbastanza posti disponibili negli ospedali e personale medico per poter assistere tutti in modo efficace. È per questo che è stato giusto chiudere scuole, bar, ristoranti e qualsiasi punto di raccoglimento di persone in luoghi chiusi; abbiamo così rallentato la diffusione del virus per dilazionare nel tempo l’accesso alle strutture mediche necessario per curare al meglio tutti coloro che dovessero presentare le sintomatologie più gravi associate al Coronavirus. Cosa intende quando dice che concorda con le misure prese finora dal Governo ma non su come sono state comunicate? Da settimane i giornali dedicano pagine e pagine a questa situazione, puntando spesso su contenuti frivoli, per vendere copie, e non su fatti scientifici. Voglio fare un esempio: se si accende la TV tutti i canali parlano continuamente del Coronavirus, 24

ciò impressiona la gente comune e conduce a comportamenti estremi, come l’assalto ai supermercati, oppure causa crisi isteriche, come quelle viste in farmacia di fronte all’esaurimento delle scorte di mascherine. Ulteriore esempio: con l’uscita improvvisa del decreto in Lombardia la gente è fuggita al Sud, portando con sé il virus, perché dobbiamo ricordare che molte persone sono portatrici sane. Tutti questi comportamenti sono stati poi rilanciati sui social, dando un’impressione negativa all’estero, di un paese in questo momento in difficoltà dal punto di vista sanitario. Insomma abbiamo dato l’idea di non essere preparati. Come bisognava agire, secondo Lei? Con il senno di poi è sicuramente facile parlare. Inizialmente non abbiamo considerato tutto ciò che poteva accadere da una limitata concentrazione di polmoniti che richiedevano accesso alle strutture sanitarie e l’impiego di

apparecchiature per la respirazione assistita. Cosa ne pensa Lei dell’utilità di fare temponi a tutti? Sarebbe certamente l’ideale ma è impossibile fare tamponi a più di 60 milioni di italiani, ciò impiegherebbe troppo tempo e mobilizzerebbe un numero elevato di personale e laboratori che attualmente sono già allo stremo per quelli fatti finora. Inoltre può essere che il virus circolasse in Italia da mesi, forse prima di Natale e che molti lo abbiano contratto già prima che se ne parlasse, tra dicembre e gennaio, ma con sintomi influenzali (magari riportando solo un po’ di febbre) e quindi trattato come tale. L’emergenza è esplosa quando uno dei contagiati ha riportato i segnali più gravi di questa patologia, ossia quella polmonite che va trattata in terapia intensiva, a quel punto si sono fatti accertamenti più approfonditi ed è venuto fuori che il soggetto era affetto da COVID-19. La via più realistica sarebbe


medicine anti-infiammatorie non steroidee, ciò ha delle valutazioni molto contraddittorie, basate su pochi casi che non hanno rilevanza scientifica. La cosa importante è non ricorrere al “Fai da te” ma in caso di dubbio chiedere sempre al proprio medico curante. Cosa dovremmo aspettarci nei prossimi giorni? È stato raggiunto il picco dei casi? Purtroppo non sappiamo quando arriverà il picco anche se il parere di molti esperti è che si presenterà intorno al 22 di marzo e che subito dopo ci sarà un crollo dei casi, ma ci vorrà di certo molto tempo prima che si possa tornare alla normalità. Il raggiungimento dell’apice non è una scusa per evitare di rispettare le regole che sono state stabilite dal Governo. Di sicuro è molto importante che i cinesi lo abbiano isolato, caratterizzato e messo a disposizione: è il primo passo per trovare la cura ed anche un vaccino.

quella di una gradualità, che dovrebbe partire dal controllo di medici ed infermieri e di quello dei lavoratori in fabbrica, perché i contatti sono sempre frequenti e anche con i dovuti accorgimenti c’è più possibilità di trasportare infezioni. Il sistema Italia, secondo Lei, ha avuto accortezza nei confronti di medici e infermieri? Purtroppo no, non è stato fatto in modo sistematico. Si poteva e doveva tutelare meglio il personale sanitario, sia per loro stessi che per i pazienti. Circolano sui social tanti consigli sulle precauzioni e i farmaci da assumere o no in caso di contagio, cosa ne pensa? Bisogna fare molta attenzione alle informazioni e filtrarle con cura, molte non sono condivisibili dal punto di vista scientifico. Per esempio: si dice che il virus resti attaccato alla suola delle scarpe o che rimanga vivo sulle superfici per ore, è certamente vero ma si tratta di una percentuale estremamente ridotta quindi si ha un valore molto marginale di possibilità di contagio, lo stesso vale per quello che c’è in aria, permane per pochissimo tempo e si trova solo nelle goccioline di saliva. Se tutti utilizzassero le norme igieniche previste, cioè il lavarsi le mani, disinfettare gli oggetti con cui si è a contatto e restare ad almeno un metro di distanza l’uno dall’altro saremmo già a buon punto. Un altro esempio: viene detto di non utilizzare farmaci come gli ACE-inibitori o i sartani perché agirebbero sugli stessi recettori su cui agisce il coronavirus per entrare nella cellula, ma in realtà non ci sono ragioni per cambiare le terapie anti-ipertensive, come è falsa la notizia di utilizzare

Su questa rivista, abbiamo avuto il piacere di intervistare un bergamasco attualmente in Cina, a Tianjin, per lavoro (Marco Parolini ndr) il quale ritiene che l’errore del Governo italiano sia stato quello di chiudere i voli diretti. Chiudendoli, non si è più riusciti a filtrare chi veniva dalla Cina, facendo scalo altrove. Lei cosa ne pensa? Dovevamo imitare prima il modello cinese e non pensare che il blocco degli aerei che arrivavano a Roma dalla Cina fosse sufficiente per evitare l’ingresso di persone che probabilmente erano già contagiate da tempo e che hanno propagato il virus in maniera esponenziale. A novant’anni come affronta questa battaglia? Cerco di dare il mio contributo restando a casa, come ognuno di noi, facendo il mio lavoro da qui come se fossi in istituto. Come Istituto Mario Negri, siete coinvolti nello sviluppo del vaccino? No, non siamo specializzati nello sviluppo dei vaccini. Stiamo dando il nostro contributo, attraverso il nostro epidemiologo esperto in terapia intensiva che fa parte del comitato di crisi della Regione Lombardia. Dal punto di vista della ricerca abbiamo uno studio clinico per anticipare l’impiego della ventilazione, sul piano sperimentale invece abbiamo due progetti: uno per ricercare se esistono delle proteine capaci di evidenziare i contagiati che avranno uno sviluppo negativo della malattia, l’altro riguarda la sintesi di polipeptidi che possono neutralizzare l’entrata del virus nella cellula. Comunque il successo di questa operazione contro il COVID-19 dipende da tutti noi, la panacea per debellare questo virus sta nel buonsenso della gente a rispettare le norme stilate dal Ministero della Salute per rallentare il contagio ed avere così la possibilità di tornare con il tempo alla normalità. L’INTERVISTA È STATA RILASCIATA VENERDÌ 20 MARZO. 25


MEDICINA

Foto Fabio Toschi

Emergenza

Fabio Pezzoli 26


Coronavirus Pezzoli, direttore sanitario del Papa Giovanni XXIII: «possiamo farcela ma servono rinforzi»

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a situazione sanitaria senza precedenti che sta tenendo nella morsa tutta Italia, dopo aver colpito duramente la Lombardia, non ha bisogno di alcuna presentazione. Tra le strutture in prima linea nella lotta al Covid19, il Papa Giovanni di Bergamo è stato tra i primi a distinguersi per efficienza e organizzazione, nonostante, come tutti gli altri ospedali, stia accusando la fatica del gestire l’emergenza per l’enorme pressione a cui è sottoposto con decine e decine di pazienti da ricoverare ogni giorno. Il Direttore Sanitario Fabio Pezzoli ha trovato il tempo di illustrarci la situazione. Dottore, cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane? Quello che mi aspetto e che auspico, è principalmente che i cittadini capiscano che devono muoversi il meno possibile, solo ed esclusivamente per gli ormai noti giustificati motivi di lavoro, salute, situazioni di necessità. Non c’è molto altro che possiamo fare al momento. Purtroppo non abbiamo a disposizione farmaci che non siano solo sintomatici per

abbassare la febbre, retrovirali nati per altre patologie, ventilazione per le polmoniti più gravi, ma di fronte a una problematica per cui al momento non esiste terapia disponibile, ribadiamo l’invito a restare a casa. Più ci si muove e si incontrano persone, maggiore diventa la possibilità di infettare o infettarsi, e purtroppo non è una situazione destinata a risolversi nel giro di pochi giorni. Suppongo quindi che il picco dei contagi ancora non sia stato raggiunto… È difficile dirlo, ma credo proprio di no. Potrebbe anche essere raggiunto a breve, ma i numeri che abbiamo in pronto soccorso al momento ci dicono che il virus corre ancora troppo veloce. Al Papa Giovanni viaggiamo tra i 70 e gli 80 ingressi giornalieri in triage. Le misure adottate dal governo, che ora interessano tutta Italia, sono sufficienti a suo parere? A mio parere sono giuste e non parlerei neppure di misure drastiche. Anzi, forse potevano essere attuate prima, ma oggi quello che possiamo fare è attenerci scrupolosamente alle regole. Questo virus è qualcosa che

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«Abbiamo bisogno di medici e infermieri Ho rivolto questo appello a tutte le istituzioni possibili, ai media, allo Stato: ci stiamo ammalando anche noi stando a contatto coi pazienti»

non si può vedere, per questo è giusta e ragionevole la richiesta di evitare assembramenti e ritrovi di gruppo, è l’unica misura efficace che abbiamo al momento per proteggerci. Oltre a questo è fondamentale osservare una scrupolosa igiene personale e respiratoria anche quando si è a casa da soli, e a maggior ragione se, per necessità ovviamente, si incontrano altre persone, in questo caso si devono assolutamente mantenere le distanze e adottare tutte le misure e i dispositivi utili a prevenire il contagio. È reale la notizia che è circolata, che siate costretti ad adottare dei criteri di scelta draconiani nei pazienti da curare? Assolutamente no. È un dato di fatto che le vittime siano prevalentemente anziani, con comorbilità, difese immunitarie basse o quadri clinici compromessi, che riducono le chance di guarigione, ma questo purtroppo è quello che avviene con qualunque situazione infettiva. Questo ovviamente non significa che la fascia giovane della popoalzione sia al sicuro. Ma che si debbano scegliere i pazienti da curare è un’affermazione

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che distorce i fatti, ma ovviamente fa notizia e viene ingigantita. Non succede al Papa Giovanni e neppure negli altri ospedali italiani. Abbiamo a disposizione 60 posti in terapia intensiva e ne sono in arrivo altri 10 in subintensiva, aggiungo che se dovessimo riuscire a rinforzare l’organico di medici e infermieri a disposizione potremmo mettere in campo altri 100 posti letto. Ovviamente, dobbiamo avere il personale per gestirli. Ma mi sento di rassicurare sul fatto che in terapia vengono accolti e curati pazienti di ogni fascia, senza la minima distinzione. Dunque si tratta di una semplice speculazione mediatica… Esatto, una speculazione. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma chiaramente questa notizia è stata fatta circolare con intenti sensazionalistici, e la conseguenza è il panico della popolazione. Teniamo la guardia alta, stiamo facendo fatica, non dico che la situazione non sia complicata. Ma la stiamo gestendo al meglio delle nostre possibilità.

Ribadiamo le norme di sicurezza da osservare in questi giorni. Chi può farlo e non ha giustificati motivi per muoversi, è meglio che stia a casa. Questo vale soprattutto per over 65, pazienti cronici e fragili o con comorbilità. Per tutti gli altri che non hanno sintomi, le regole sono quelle ormai arcinote: no agli assembramenti, alle riunioni, alle occasioni di collettività. Una persona asintomatica tra gli amici potrebbe essere infetta. Mantenete le distanze e una rigorosa igiene personale e respiratoria. Quali aiuti vi servirebbero in questo momento? Abbiamo bisogno di medici e infermieri. Ho rivolto questo appello a tutte le istituzioni possibili, ai media, allo Stato: ci stiamo ammalando anche noi stando a contatto coi pazienti. Possiamo avere gli strumenti e i mezzi per gestire l’emergenza, ma non possiamo farlo se non abbiamo personale. Questo è il principale aiuto che ci servirebbe al momento. Arianna Mossali


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POLITICA/2

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ÂŤLa spirale recessiva a livello europeo potrebbe arrivare a 2 mila miliardi di euro: il valore del PIL ItalianoÂť

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COVID-19 VS ECONOMIA

«Riflessioni al commento di Warren Mosler sulle prospettive dell’economia»

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a spesa di qualcuno é sempre il ricavo di qualcun altro. Il PIL non è altro che una somma di spese avvenute nell’economia. Da queste semplici realtà economiche di base parte la riflessione dell’economista statunitense Warren Mosler sugli effetti del Corona Virus sull’economia italiana ed europea. Mosler, come molti possono intuire anche senza essere economisti, sostiene che con le molte attività costrette a rimanere chiuse le spese effettuate, e dunque il PIL a livello europeo, non possono che crollare. In questo contesto 31


direzione di una dilazione delle tasse e dei prestiti associate all’aumento della spesa pubblica in trasferimenti una tantum a categorie specifiche. La questione determinante è capire se queste spese saranno il frutto di una semplice riorganizzazione delle spese già previste o se effettivamente andranno ad aumentare, come Mosler auspica, la spesa pubblica complessiva, espandendo il deficit pubblico e compensando alla mancanza di spesa nell’economia. In un contesto così anomalo come quello attuale si possono, nonostante tutto, ipotizzare alcuni tratti delle prospettive economiche future a livello globale. In generale è ragionevole aspettarsi che più un paese sarà colpito dal contagio più le sue esportazioni ne risentiranno - come già avvenuto in Cina.

«Solo una diminuzione delle tasse ed un aumento della spesa pubblica possono compensare la mancanza di spesa nell’economia alla base del crollo del Pil» solo una diminuzione delle tasse ed un aumento della spesa pubblica possono compensare la mancanza di spesa nell’economia alla base del crollo del Pil. L’economista americano suggerisce che, per gestire al meglio l’economia europea, la BCE dovrebbe consentire agli Stati dell’ Eurozona di finanziare investimenti pubblici in misura almeno eguale alla stima di crollo del PIL europeo. In particolare il consiglio sarebbe quello di distribuire questa capacità di spesa tra gli stati su base procapite: in altri termini in misura proporzionale alla popolazione nazionale. Quest’aumento della capacità di spesa statale dovrebbe poi essere, secondo Mosler, vincolata a disposizioni che si assicurino che la spesa sia “verde” e che in particolare non aumenti in modo indesiderato 32

il consumo complessivo di energia. Mosler va oltre prescrivendo un piano di lavoro di transizione che dia accesso - in euro-zona - a chiunque sia in condizione e voglia lavorare ad un salario orario equivalente a 15 dollari (13.40 Euro). Tali piani di lavoro si potrebbero occupare di svolgere attività le cui competenze sono facilmente acquisibili e la cui utilità è certa. La scelta di come esattamente allocare le risorse starebbe alla democrazia ma si potrebbero, giusto a titolo di esempio, ipotizzare pulizia e sistemazione di boschi, degli alvei dei torrenti per la valorizzazione e cura dell’ambiente, il paesaggio e la fruibilità turistica. Per ora le misure economiche di risposta al contagio vanno nella

Al contrario, ma non simmetricamente dato che probabilmente il commercio internazionale si contrarrà nel suo complesso, è probabile che i paesi meno colpiti vedranno aumentare le loro esportazioni, specialmente verso i paesi più colpiti. Ci si può aspettare quindi che le esportazioni di paesi dell’ex blocco sovietico come Russia, Kazakistan e di una serie di paesi africani, aumentino quest’anno. Il modello Europeo basato sull’austerità, in particolare sulla limitazione della capacità di spesa degli stati, è oggi più fuori luogo che mai. Il successo con cui riusciremo a superare questa fase storica è in buona parte legato a quanto riusciremo a liberarci dai vincoli europei su spesa pubblica e tassazione. Gli altri paesi avanzati, che non si auto-impongono questi limiti, a parità di gravità di contagio risponderanno, ne usciranno probabilmente molto meglio dal punto di vista economico. Ivan Invernici


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a scuola ai tempi del Coronavirus. In ogni ordine e grado, asili, scuole, licei e atenei si sono dovuti attrezzare in corsa per ottemperare alle richieste di una didattica online che forse da tempo avrebbe dovuto essere attiva e corrente, senza bisogno che ci fosse una pandemia a sancirne la necessità. Ma tant’è: a Bergamo forse più che altrove, non vi è l’abitudine di lamentarsi, recriminare o ragionare col senno di poi. Tra i tanti istituti, a dare l’esempio è ancora una volta l’Università degli Studi. Il Magnifico Rettore, prof. Remo Morzenti Pellegrini, ci relaziona sull’adozione e i progressi dell’online learning nell’ateneo. I dati di cui oggi disponiamo sono molto confortanti per l’attività. Abbiamo iniziato la messa online il 4 marzo e a distanza di venti giorni stiamo coprendo oltre il 98% degli insegnamenti attivabili, salvando sostanzialmente il semestre. Ci tengo a dire che non siamo, non siamo mai stati e non saremo mai un’università telematica. Sono comunque rimasto sorpreso dell’immediatezza dell’adesione che ho ricevuto da parte non solo degli studenti, ma anche da parte dei docenti. Chi ha temporeggiato, lo ha fatto solamente sperando, in buona fede, che

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La didattica online?

Remo Morzenti Pellegrini: «Una sfida vinta, ma l’insegnamento è innanzitutto umanità»

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la situazione si potesse risolvere nel giro di pochi giorni. Tenga conto che siamo stati tra i primi a sospendere le attività didattiche, il 21 febbraio. Ormai la didattica a distanza ha una copertura pressoché completa degli insegnamenti. Altra sorpresa positiva è stata la rapidità con cui siamo riusciti ad essere operativi, considerando che non tutti hanno la medesima preparazione digitale, e che anche le discipline sono diverse tra loro: se per una materia umanistica, come lettere o filosofia, la didattica in remoto appare comunque una soluzione ragionevole, per materie più tecniche ci siamo dovuti dotare di lavagne interattive, tablet... È stata una sfida, che ci ha portato a mettere in campo rapidamente degli investimenti, ma oggi posso dire con orgoglio che è una sfida che abbiamo vinto. Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che mi ha chiamato per informarsi sulla situazione e trasmetterci la sua vicinanza e solidarietà, si è complimentato per i risultati raggiunti. Mi ha fatto enormemente piacere e ho voluto subito condividerlo con tutta la nostra comunità.

significa, dunque, anche nuove forme di relazione. Lo ha confermato lei stesso, avete scoperto, in una situazione di necessità, strumenti che, a condizioni normalizzate, potrebbero essere sfruttati in un’ottica diversa. E non escludiamo che, ad emergenza conclusa, questi strumenti possano essere integrati nella didattica tradizionale, senza, ripeto, sostituirla, per fare fronte a situazioni in cui gli studenti sono impossibilitati a presenziare: pensiamo agli studenti lavoratori, ai fuori sede che hanno problemi a trovare alloggio, pensiamo a

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La situazione contingente ha reso necessaria questa misura, ma dalle sue parole mi sembra di cogliere che nessuna tecnologia possa sostituire la componente di relazione umana che sta dietro all’insegnamento. Faccio una riflessione di carattere generale: è ovvio che questa situazione, oltre ad essere rischiosa per la salute, è limitante. Un’università tradizionale come la nostra è votata ad una relazione diretta con lo studente, e questo ci ha spinto a riflettere sul carattere e gli obiettivi della nostra missione. Quando, spero presto, questa emergenza sarà finita, tutti, docenti e studenti, torneremo ad apprezzare maggiormente la nostra quotidianità fuori e dentro un’aula. A fronte di questo limite, dobbiamo però saper cogliere anche le nuove opportunità che ci offre: nelle mie comunicazioni agli studenti, ho ricordato che alcune delle tecnologie informatiche più in uso permettono di vedere il volto del proprio intelocutore contemporaneamente al nostro, così che scopriamo le nostre reazioni facciali in rapporto a quelle dell’altro, stabilendo nuovi modi di costruire una relazione dialogica. La connessione digitale

uno studente messo in difficoltà da una malattia o una disabilità, o da qualsiasi grave situazione contingente. Ci sono molti contesti in cui gli strumenti che stiamo scoprendo possono tornare utili. Potrebbe essere un segno di grande vicinanza agli studenti, che in questo modo percepiscono che l’impegno di mesi o di tutto l’anno non viene vanificato o comunque ritardato. Il primo banco di prova che abbiamo dovuto affrontare è stato proprio quello della sessione straordinaria di tesi di laurea. E, trattandosi di un impegno eccezionalmente

importante, il messaggio che abbiamo voluto lanciare agli studenti è stato proprio quello della massima normalità possibile. Io stesso, lo confesso, avevo i miei dubbi, come altri colleghi. Avevo probabilmente un retaggio culturale che mi faceva temere la freddezza dell’interazione a distanza. Ho voluto presiedere personalmente tutte le discussioni (normalmente il presidente di commissione proclama su delega del rettore, ndr) sia per dare un messaggio di vicinanza, seppur virtuale, ai candidati in queste circostanze eccezionali, sia per dare l’esempio ai colleghi e testare direttamente la modalità. Quarto

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e più importante motivo, non abbiamo voluto rallentare la carriera dei nostri laureandi, precludendo loro l’opportunità di iscriversi a livelli superiori o a un concorso. Per gli studenti è stato difficile adattarsi a questa procedura e alla stranezza di una laurea in isolamento, così diversa dall’immaginario comune? Nulla può sostituire l’atmosfera di una sessione di laurea dal vivo, ma siamo riusciti a trovare un equilibrio. Al laureando veniva richiesto di trovarsi solo in una stanza per la discussione, con la commissione collegata in diretta, e gli eventuali relatori residenti in altre regioni, più cinque postazioni scelte dallo studente stesso per parenti e amici, anch’essi connessi da casa. Il collegamento veniva sospeso giusto per il tempo della discussione del voto, dopodiché avveniva la proclamazione, alla quale, se presenti in casa, potevano prendere parte i familiari. Mi sono preso pubblicamente l’impegno, tramite una lettera inviata a casa a tutti gli studenti, di arginare il disagio legato a questa sessione così inusuale, con un grande e festoso evento pubblico, una sorta di graduation day che celebreremo appena possibile. Devo però dire che, anche se a distanza, i laureandi erano per la maggior parte comprensibilmente emozionati, e questo, insieme alle reazioni dei familiari che venivano invitati a entrare al momento della proclamazione, ha reso il tutto più normale, spontaneo, commovente. Ricordo in particolare una mamma che ha insistito per prendere la parola, con la figlia che cercava in tutti i modi di impedirglielo, e mi ha ringraziato pubblicamente per aver reso tutto questo possibile, e per la lettera con cui avevo spiegato la situazione agli studenti, dicendomi che l’aveva commossa perché aveva intuito che avevo parlato più da genitore che da professore. Ammetto che, se non avessi già proclamato, avrei avuto difficoltà a farlo, perché sono stato colto dall’emozione io stesso. Il fatto di essere riusciti a rendere umano un momento potenzialmente algido mi ha fatto ricredere, anche se non tutto rientrava nelle linee guida che ci eravamo dati. Dunque, a fronte di una difficoltà, abbiamo scoperto un’opportunità, che non va a toccare l’indotto e il prestigio dell’ateneo, ma anzi lo rafforza? Il senso della nostra missione non sta solo nel trasmettere nozioni, ma anche nell’aiutare i ragazzi a sviluppare un pensiero critico che li aiuti ad affrontare in modo proattivo contesti come quello che stiamo vivendo. Bergamo sta diventando un riferimento anche per altri rettori in questo momento. Nell’ipotesi che l’emergenza non si risolva in tempi brevi, stiamo già predispondendo un calendario per portare, in questa modalità, anche gli esami di profitto. Questo, lo ribadisco, non per muoverci nella direzione di diventare un ateneo online. Il rapporto umano resta imprescindibile. Ma noi non restiamo a guardare, ci faremo trovare preparati e troveremo, come stiamo facendo, nuovi modi per essere umani anche a distanza. Ricevo mail di sostegno e di ringraziamento da parte di molti studenti, che, attraverso le mie comunicazioni e la didattica online, si sentono parte di una grande famiglia, la quale, salda e unita, riesce gestire le difficoltà drammatiche di questi tempi. Ormai sono noto a tutti per il mio “abbraccio a un metro di distanza”, al punto che anche il Presidente Mattarella mi ha chiesto se poteva unirsi a me in questo abbraccio virtuale a tutta la comunità di UniBg. Arianna Mossali

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COVER STORY

SILENZIO

ASSORDANTE Bergamo svuotata e le sue Fabbriche deserte,

un momento difficile che supereremo insieme

S

i prospetta un futuro tutt’altro che semplice per le PMI italiane. L’emergenza COVID19 e la conseguente serrata totale o quasi si innesta su una situazione già difficile che si trascina ormai da tempo, complicanze tutte nostrane come l’italica burocrazia e la tipica disunità tra mondo istituzionale, produttivo e associazionistico non migliorano le cose. L’incertezza su quando e come tutto questo

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finirà è endemica. Due figure chiave, Alberto Dal Poz, Presidente Federmeccanica, e il Presidente del Gruppo Meccatronici bergamaschi Giorgio Donadoni, ci offrono una prospettiva, il più a lungo termine e realistica possibile date le circostanze, sulla situazione. Dal Poz esprime vicinanza agli imprenditori dei territori bergamaschi, particolarmente colpiti nel tessuto economico, non meno che dal punto di vista sanitario.

ADP La vicinanza alla territoriale di Bergamo è intensa e totale. Bergamo rappresenta una colonna portante per la nostra Federazione per quanto riguarda l’Industria metalmeccanica. Alla vicinanza personale, che esprimo tramite il Presidente Donadoni, per una situazione mai affrontata prima si somma la preoccupazione per un settore che è concentrato e strategico nella vostra area. Ho la massima fiducia che le aziende sapranno ripartire con il piede giusto appena sarà possibile,


Foto Antonio Milesi

ma per il momento la massima priorità è mettere in sicurezza i lavoratori di ogni ordine e grado e chiunque transiti nelle nostre aziende, procedendo con grande senso di responsabilità. Presidente Donadoni, quali sono gli umori all’interno del direttivo della sua associazione e quali sono le maggiori preoccupazioni che rileva tra i suoi associati? GD Ringrazio il Presidente Dal Poz per la solidarietà espressa e

confermo quel che ha evidenziato da ultimo. Tutti i colleghi imprenditori uomini del fare del nostro settore, manufatturiero per eccellenza hanno sempre avuto ben chiara l’importanza di tutelare le loro maestranze. In circostanze come le attuali poi, la salvaguardia dei lavoratori è una priorità assoluta, non si discute. Ed è, lo assicuro, una convinzione che traspare, declinata secondo le rispettive sensibilità, nelle tante conference call di questi giorni d’emergenza. Prima che

imprenditori siamo uomini e donne, padri e madri di famiglia, abbiamo fratelli, sorelle, genitori in età avanzata: e radici profonde nel nostro territorio. Per le responsabilità che assume, chi imprende deve avvertire prima e più di altri, l’incertezza del momento, l’inquietudine, l’ansia e talvolta il panico, indotto dall’oscurità del tunnel in cui ci si trova e da cui, scomodando o no Baumann, si esce con agio inversamente proporzionale alla facilità con cui si entra, ma dal quale

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Alberto Dal Poz

prima o poi si dovrà pur intravedere la fine. A patto di mantenere una barra ben dritta, rispettando le disposizioni date, regolandosi alle circostanze straordinarie che tutti sperimentiamo. Ciascuno faccia, nel suo campo di pertinenza, il meglio che può: questo è ciò che si deve. Il medico curi, lo scienziato ricerchi, l’amministratore amministri, l’imprenditore imprenda. In sinergia, ovvio. Ma è quel che facciamo da sempre, nelle nostre aziende: condividere le scelte imprenditoriali e produttive, viceversa non saremmo il secondo Paese manifatturiero d’Europa. Va da se che in questo momento tragico, (no, non drammatico come insistono tutti) ciascuno ha da affrontare e cercare di risolvere più d’una contingenza, compresa quella di

«Ciascuno di noi ha paura, ma la salvezza, che ci sarà, coniugata ad una ripresa, non potrà essere che collettiva» Giorgio Donadoni

Alberto Dal Poz esprime vicinanza agli imprenditori dei territori bergamaschi, particolarmente colpiti nel tessuto economico, non meno che dal punto di vista sanitario sopravvivere, non solo come azienda. Ma è un motivo ancor più stringente per stare uniti. Perciò lasciano esterrefatti alcuni atteggiamenti strumentali messi in campo dalle parti sociali e certe dichiarazioni del Ministro dello sviluppo economico Patuanelli ad esempio, quando rivendica di «non aver ceduto agli industriali». Populismo sterile e miope, quello di contrappore eccellenza, le maestranze, ad altra eccellenza, le imprese, in distinguo pretestuosi, che così declinati, non portano da nessuna parte, riferendosi a contese in larga misura superate, lotta inutile, di fantasmi che dalla storia non imparano mai nulla. Quando invece l’umanità, nella sua versione migliore, è tale perche impara dagli errori, e non li reitera, facendoli scontare ad altri, specie i più deboli. Ripeto, ciascuno di noi ha paura, ma la salvezza, che ci sarà, coniugata ad una ripresa, non potrà essere che collettiva. Presidente Dal Poz, conferma che vede anche lei scarsa

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coesione tra società civile, mondo imprenditoriale, associazionistico e istituzionale? ADP Premetto che il dialogo con i sindacati per cercare di individuare le misure più efficaci a livello produttivo è positivo e aperto già da tre settimane. Su scala nazionale avevamo aperto subito un tavolo congiunto tra Federmeccanica, Assistal e i tre sindacati nazionali per confrontarci sulle principali criticità connesse a quest’emergenza . Nulla è prioritario rispetto alla salute, e questo da prima del COVID19. Con il protocollo tra Confindustria, Sindacati e Governo sono state individuate quali fossero le esigenze in termini di procedure e misure da realizzare: distanza, uso di DPI, entrate e uscite, modifica di alcune postazioni. Voglio essere molto chiaro da questo punto di vista: le aziende che non sono state in grado di adeguarsi a queste direttive di fatto si sono poi trovate nella impossibilità di poter proseguire l’attività. Federmeccanica è lontano da qualsiasi dialettica negativa in

questo senso. Non vogliamo essere considerati soggetti che portano avanti ad ogni costo la propria attività. Vogliamo che ci siano le condizioni necessarie per portarla avanti in sicurezza totale. Stabilito questo, non possiamo sottrarci alla riflessione sul dopo. Su come affrontare le richieste del mercato che sarà, poche o tante che siano. Si è parlato di economia di guerra in questo contesto. A livello governativo, com’è la situazione delle misure di sostegno attivate da Palazzo Chigi? Si sarebbe potuto fare altro, o in tempistiche differenti? ADP Siamo tuttora in attesa che si definiscano le misure di sostegno finanziario di cui ha parlato il premier Conte. Potrebbe essere una procrastinazione delle scadenze fiscali o amministrative. Abbiamo colto dei segnali positivi in termini di sostegno al reddito dei lavoratori. Ci aspettiamo che le procedure siano snelle e accessibili anche alle PMI, perché, non nascondiamolo, se anche


Giorgio Donadoni

le grandi industrie costituiscono l’ossatura del sistema economico, intorno ad esse ruota una galassia di fornitori e subfornitori di tutte le dimensioni. Auspico che le misure siano accessibili anche alle imprese individuali o con un solo dipendente. Si parla di miliardi a disposizione per il sostegno al reddito. Iniziative private, a partire dai gruppi bancari, sono già state promosse, come la moratoria mutui e finanziamenti e il sostegno finanziario, ma dove essi non arrivano deve intervenire lo Stato, sbloccando fondi preesistenti oppure sfruttando la flessibilità concessa dalla UE per dare ossigeno e liquidità ai lavoratori, e alle aziende che non stanno fatturando ma che hanno comunque delle scadenze che solo successivamente saranno coperte dalla cassa integrazione. È possibile che nei prossimi giorni chiudano a cascata i nostri fornitori. Pensiamo a una filiera complessa come quella dell’automotive. Se chiude un piccolo componentista, si blocca tutta la catena fino alle case automobilistiche. Questo si intende

per economia di guerra. Dobbiamo fare in modo che, alla riapertura, tutti gli anelli della catena siano pronti a ripartire, altrimenti si rischia un effetto domino devastante. Prospettive a lungo termine dunque abbastanza preoccupanti, mentre per quanto concerne la gestione del quotidiano nelle vostre aziende come vi siete mossi? Avete avuto casi di contagio? ADP Una parola come imprenditore e una come Presidente nazionale: in azienda abbiamo reperito, con grandissima fatica, i DPI necessari per tutti, lavoratori e visitatori. Non abbiamo, nella mia azienda di stampaggio lamiere, situazioni di stretto contatto. Da tre settimane le riunioni si tengono a grande distanza, e abbiamo agevolato tutto lo smart working possibile. Insomma, attenzione elevatissima. Come Federmeccanica, siamo stati molto attivi rimanendo un riferimento per territori e aziende con ogni tipo di supporto. GD Dal 24 febbraio abbiamo adottato

tutte le necessarie misure indicate dal governo, se possibile migliorando ulteriormente, quanto a sicurezza, le norme man mano entrate in vigore. Applicandole, abbiamo tenuto conto delle sensibilità di ciascuno dei nostri addetti, lasciando totale libertà di non presentarsi in azienda a chi tra loro non se la sentiva. Abbiamo inoltre ridotto gli accessi in mensa, dilatando il periodo di servizio, scaglionando ingressi e riducendone le permanenze. Non abbiamo particolari problemi di contiguità o vicinanza, ci siamo comunque attrezzati con i DPI necessari. Se gestita con le dovute precauzioni, l’azienda può essere un luogo a promiscuità minima, più sicuro che altrove. Più di altri contesti esterni, compreso l’ambito privato. Penso alla promiscuità della convivenza familiare che spesso si consuma in spazi ridotti, senza la possibilità di isolamento del soggetto colpito, in caso di malattia e alle code nei supermercati. Per questo abbiamo insistito nella capillare informazione sui comportamenti corretti da tenere, in ditta e fuori. Abbiamo dovuto far fronte anche a qualche caso di positività, quindi la preoccupazione c’è, e legittima. Li abbiamo affrontati in modo deciso, attenendoci strettissimamente alle norme, guidati dalla ATS di competenza, con estrema lucidità. Oggi, con un certo ottimismo, assistiamo ad una riduzione dei contagi, frutto della profilassi applicata qualche settimana prima quando le aziende erano ancora diffusamente operative, a dimostrazione che se la profilassi richiesta viene rispettata i risultati arrivano. Tuttavia, l’impresa è pronta a fare un passo ulteriore riducendo e nella maggioranza dei casi anche a una serrata completa, a dimostrazione che siamo uomini del fare, pronti anche a rispondere al grido di dolore e incertezza della società civile, nonostante la grande preoccupazione che abbiamo per il futuro del sistema produttivo del paese e quindi della sua economia. Possiamo auspicare la prospettiva che tutte le sigle associazionistiche e sindacali lavorino insieme per un obiettivo comune? GD Credo che in questo frangente dividersi, rinfacciarsi questo e quello, strumentalizzare la situazione, polemizzare “pro domo”, sia agire da

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dissennati. È cattiva pratica di chi galleggia sulle altrui disgrazie. Fatta salva la reciproca dialettica, non abbiamo bisogno di questo, ora. Sia democratica, la nostra società, come, ahinoi, lo è il Covid-19. Lasciamo stare le contrapposizioni politiche, corporative, di bandiera. Restiamo tutti quanti, in tutti i comparti della società civile: associazioni di categoria, professionali, scienziati e medici, parti sociali, società civile tutta - e noi imprenditori in particolare - più che mai solidali, compatti. E fiduciosi, nella nostra capacità di visione a lungo termine, grazie a cui il nostro territorio e la sua gente, per tempra, genio ed operosità, saprà reagire a questo maremoto (e conseguente tsunami) trasformandolo in una sfida affrontata e vinta la quale, saremo ciascuno diverso da prima, mi auguro meglio di prima. Presidente Donadoni, lei ha detto che le aziende e le maestranze sono molto in sintonia soprattutto nei momenti di difficolta. Ci può spiegare meglio cosa intende, perché sentiamo in questi ultimi giorni alcune notizie che evidenziano tensioni tra le aziende e parti sociali. Come diceva il Presidente Dal Poz, il clima con le sigle sindacali nazionali è positivo, di piena collaborazione con obbiettivi comuni: la salute dei lavoratori, la salvaguardia occupazionale e una preoccupazione condivisa: possibile default per molte attività, sia esse industriali, commerciali e professionali a causa di inattività lavorativa, sospensione di tutti gli investimenti e annullamento degli ordini in corso da parte della clientela, rischio di inesigibilità per molti dei crediti in essere e serie difficoltà di accedere al credito bancario. Tornando invece al settore metalmeccanico, che rappresento sul territorio bergamasco, il feedback ricevuto dalle tante imprese metalmeccaniche evidenzia un’ottima sintonia tra l’azienda e le maestranze nella loro generalità, con aziende attente alla sicurezza del lavoratore, disponibili nell’accettare le richieste di quei collaboratori che hanno chiesto di poter essere esonerati dall’attività lavorativa in azienda per la difficile situazione che stiamo vivendo, trasparenza nelle informazioni a tutto il personale

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addetto. Altresì, nella stragrande maggioranza dei casi le maestranze con grande senso di responsabilità e attaccamento all’azienda, nonostante fossero legittimamente preoccupate, smentendo non raramente anche le istanze delle stesse parti sociali, si sono dimostrate pronte ad essere presenti sul luogo di lavoro per non bloccare la produzione, rischiando di aggravare irreversibilmente una situazione già precaria e incerta. Ora più che mai, tra l’azienda e il collaboratore si è costituito un rapporto fiduciario bilaterale, nel quale ognuno, azienda

«Nel silenzio che ci circonda risuoni la memoria di tutti gli affetti che abbiamo perduto» Giorgio Donadoni e collaboratore, si assume le giuste responsabilità nei confronti dell’altro. E proprio per questo, a mio nome e a quello di tutti gli imprenditori, esprimo la vicinanza a tutti i lavoratori che sono stati colpiti negli affetti più cari, cosi come il nostro plauso e ringraziamento rivolto a tutto il personale addetto di ogni impresa bergamasca per quanto, con sacrificio e più di qualche timore, hanno inteso dimostrare e condividendo con l’imprenditore difficili scelte organizzative, garantendo la propria presenza in azienda, in un momento di grave difficolta per tutto il territorio. Non sono mancate grandi dimostrazioni di generosità sia da parte degli imprenditori che dei lavoratori di tante aziende, una delle quali sono testimone personale perché vissuto con i “nostri uomini” i quali hanno raccolto (tra i 160 addetti) e donato al territorio 25.000,00 euro, somma che l’azienda ha deciso di raddoppiare. Mi sento molto fiero di rappresentare questa Metalmeccanica Bergamasca, fatta di

uomini leali e del fare, tutti insieme, Lavoratori e Imprenditori, capaci, attraverso la tenacia e la dedizione al lavoro, di affrontare con grande dignità questi momenti drammatici: «perché il bravo marinaio si vede nel mare in tempesta». ADP L’appello che posso fare è sicuramente quello all’unità. Sarà necessaria consapevolezza affinchè l’economia di guerra si trasformi in una richiesta unanime di sostegno finanziario alle aziende. Con l’Italia che produce nella sostanza ferma si può arrivare ad un punto in cui sarà difficile ripartire, e servirà un’iniezione di liquidità straordinaria che va richiesta unanimemente da tutte le parti in causa. Le aziende sono nostre creature, e non è facile vederle ferme. Stiamo affrontando una situazione di emergenza senza precedenti, rispettiamoci, tuteliamoci, valorizziamo il nostro vero patrimonio, le persone: torneremo più forti, e lo dico in modo particolare agli imprenditori bergamaschi. L’INTERVISTA È STATA RILASCIATA LUNEDÌ 30 MARZO. Arianna Mossali


Via Campagnola, 48/50 - Bergamo - Tel. 035 4212211 Corso Carlo Alberto, 114 - Lecco - Tel. 0341 27881 Via Brescia, 78 - Grumello del Monte (BG) - Tel. 035 830914 Via Industriale, 97/1 - Berbenno di Valtellina (SO) - Tel. 0342 492151 www.lariobergauto.bmw.it


LA PSICOLOGA

#iorestoacasa!

C

Foto Fabio Toschi

arissimi Amici Bergamaschi, ho pensato di scrivervi in modo molto confidenziale, come se mi ponessi di fronte ad ognuno di voi e colloquiassi nel modo più affettuoso possibile. Credo che instaurare un discorso che vi faccia sentire accolti sia la formula migliore per raggiungervi tutti, soprattutto in questo momento. Stiamo affrontando il coronavirus. Certo abbiamo tutti paura dell’ignoto, del nemico invisibile e molto potente, che ci sta falcidiando le vite, ci toglie gli affetti, ci rende tristi e ci infiacchisce giorno dopo giorno e che non risparmia nessuno. Le notizie vengono continuamente trasmesse creando un’atmosfera di terrore che non è

più paura, ma panico, psicosi, che lede il sistema nervoso, abbassa le difese immunitarie. Questo è un fenomeno nuovo, sconosciuto, sappiamo soltanto che è molto contagioso e può far morire. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ci informa che su 100 persone che si ammalano, 80 riescono a guarire spontaneamente. Di quelle 100 persone, 15 possono risolvere il problema gestendolo in ambiente sanitario. E solo 5 possono avere problemi più gravi, che nella metà dei casi si risolvono. Quindi su 100 persone solo 2,5 muoiono. Non dobbiamo trasformare l’ansia che si prova nell’apprendere una notizia di contagio o di morte, in panico che può divenire molto facilmente panico collettivo. Coloro che sono in preda all’ansia vogliono poter far qualcosa per attenuare l’ansia, ma questo genera stress e comportamenti irrazionali e poco produttivi. Il vero contagio diventa quello del panico collettivo che non ci fa più essere razionali e capaci di agire con giudizio critico e risolutore. che ci dà una visione falsata della

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realtà. Non è semplice reagire alle emozioni che vogliono prendere il sopravvento, perché avremmo una visione falsata della realtà. L’unica soluzione plausibile è soltanto quella di basarsi su dati oggettivi, che permettono di riportare un equilibrio più o meno stabile tra quell’emozione forte provata e l’effettivo rischio che si corre. Usiamo con pienezza le nostre facoltà cognitive e conseguentemente comportamentali. Se proprio non possiamo fare a meno di informarci allora facciamolo con cautela e servendoci di fonti attendibili, ufficiali, aggiornate e professionalmente documentabili come: Ministero della Salute: http://www.salute. gov.it/nuovocoronavirus e Istituto Superiore di Sanità: https://www. e p i ce nt ro . i s s . i t /co ro n av i r u s / . Raccogliamo solo le informazioni di base e gli aggiornamenti ufficiali, saranno più che sufficienti. Questo ci proteggerà dagli allarmi ansiogeni. E soprattutto proteggiamo i nostri bambini. Teniamo a mente quanto il lavoro di chi ci difende ogni giorno

sia importante ed impegnativo. E se possiamo cerchiamo di aiutare gli altri, ci farà sentire forti e meno paurosi, rassicuriamo chi soffre secondo scienza e razionalità. Offriamo il nostro contributo in modo informato e responsabile, questo aumenterà la capacità di protezione della collettività. Ci renderà consapevoli e sicuri. E se siamo lontani, telefoniamoci, facciamo videochiamate, sorridiamoci, mandiamoci baci. Creiamo qualcosa con le nostre mani e mostriamolo agli altri per invogliarli a fare. Daremo più valore alle cose che hanno veramente valore. È una gran fortuna essere Italiani. Una popolazione come la nostra non si abbatte, abbiamo passato molti momenti bui e li abbiamo superati, tutti. Passerà anche questo. Aiutiamoci a lottare contro questo microrganismo acellulare, che per sopravvivere deve necessariamente essere parassita della vita di altri organismi viventi. Rendiamogli difficile l’esistenza. Stiamo a casa. Silvana Bonanni


Via Alle Case Barca, 2 - 24126 Bergamo Tel. + 39 035 316124 - Fax + 39 035 336228 Auto Industriale Bergamasca S.p.A Via Friuli, 41 - Tel. +39 035561390 Fax +39 035563195 - Mail: info@autoindustriale.it - www.autoindustriale.it


L’ANALISI MMT

A lezione di economia: il VIRUS in cattedra La narrazione mediatica crolla sotto il peso dell’evidenza empirica offerta dalla crisi sanitaria odierna

L

a spending review, il “ce lo chiede l’Europa”, lo spread. Questi i principali capri espiatori dei tagli al Sistema Sanitario Nazionale operati negli ultimi decenni. La pandemia odierna ci dice che furono scelte sbagliate. Ma c’è di più: erano anche drammaticamente immotivate. Lo spread è una scelta politica. La BCE ha due obiettivi: la “stabilità dei prezzi” e il sostegno delle “politiche

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economiche generali della Comunità” (Statuto SEBC, Art. 2). C’è dunque discrezionalità sulla valutazione di quali azioni siano da considerarsi “di sostegno” a tali politiche. Nel 2012, Mario Draghi ritenne che l’acquisto sul mercato secondario di ingenti quantitativi di titoli di Stato dei Paesi membri fosse una misura che rispondeva allo scopo delle politiche comunitarie, e con il suo “whatever it takes” decretò il crollo degli spread dei Paesi in crisi. Il 12 marzo 2020 Christine Lagarde ha dichiarato che “chiudere gli spread” non è compito della BCE, palesando il pensiero opposto rispetto


a quello del predecessore. Questo dimostra che, in modo discrezionale, la BCE può controllare i tassi di interesse dei titoli dei Paesi membri. Quando non lo fa, la ragione è che l’indirizzo politico della Comunità è un altro, non che non si possa fare. Partire da questo presupposto è fondamentale, visto che, quasi sempre, nell’immaginario collettivo lo spread è considerato un fattore esterno incontrollabile al quale siamo soggiogati. Non è così. La sostenibilità del debito pubblico non dipende dal suo livello. La narrazione mediatica vorrebbe che il problema dell’esprimere un elevato debito pubblico risiedesse nella scarsa credibilità del debitore. Ciò è vero per i privati: se un’azienda ha molti debiti, dovrà pagare interessi più alti per indebitarsi ulteriormente, fino al punto di non essere più nelle condizioni di pagarli e dover rinunciare all’indebitamento. Tuttavia, abbiamo visto che questo ragionamento non si

applica ad uno Stato, perché la banca centrale ha sempre il potere di azzerare il tasso di interesse dei suoi titoli, situazione nella quale il debito pubblico non ha nessun costo in termini di interessi ed è pertanto pienamente sostenibile. Un’altra linea argomentativa sostiene che l’aumento del debito pubblico porti all’aumento del livello dei prezzi. Sebbene le cose non siano così strettamente correlate, la possibilità che ciò avvenga esiste, ma facciamo notare che questo fenomeno non ha a che fare con il livello del debito pubblico, ma con il suo tasso di variazione, cioè il deficit pubblico. Fare deficit, come e perché. Il deficit pubblico è lo strumento che permette allo Stato di spendere al di là delle entrate fiscali e quindi di venire incontro alle necessità di risparmio del settore privato. In situazioni di emergenza come quella odierna, tale strumento è fondamentale per aggredire


il problema. Fare deficit serve a potenziare la sanità, a sospendere la tassazione, a dare un contributo alle famiglie in difficoltà. Tutte queste misure sono essenziali e, per le ragioni esposte sopra, non c’è ragione tecnica per cui privarsene: lo spread si può azzerare. Ma c’è un caso in cui il deficit può essere inflazionistico: quando è improduttivo. Immettere valuta nel sistema senza, a fronte di ciò, catalizzare la creazione di ricchezza reale, porta inevitabilmente ad un aumento dei prezzi. La spesa per interessi sui titoli di Stato è un chiaro esempio di spesa improduttiva: azzerarli sarebbe dunque vantaggioso anche sotto questo profilo. Ci sarà la volontà politica di farlo? Difficile, visto che, insieme a ciò, si dovrebbe ammettere che gran parte delle argomentazioni portate a sostegno dei tagli alla sanità e al welfare erano infondate. Lo Stato fa le regole, non le subisce. È bastato qualche decreto per porre fine al libero mercato. Una fine temporanea, certo. Ritornerà come prima. Ma questo dovrebbe farci quantomeno riflettere su una cosa: è lo Stato che fa le regole, non il

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mercato. Il mercato è fatto di tanti agenti economici che si muovono all’interno di queste regole. Ciò significa in particolare che i mercati - in particolare quelli finanziari - non hanno alcun potere incondizionato sullo Stato. Ogni potere è stato loro concesso. Abbiamo visto come la BCE disponga di tutti gli strumenti per mettere i mercati nella condizione di non poter nuocere. Il vero potere sui nostri conti pubblici non è quindi dei mercati finanziari, ma della BCE pur sempre un organo indipendente, che risponde solo ai Trattati europei. Fuori dall’Eurozona le cose sono anche più semplici: le banche centrali rispondono alle leggi dei relativi Stati, che possono letteralmente liberarsi di ogni vincolo finanziario con un semplice decreto, all’occorrenza. Cosa fare di questa libertà? La libertà di gestione del fisco da parte dello Stato è un tema che fu ampiamente discusso negli anni ’70 e ’80, durante i quali si affermò l’idea che lasciare libertà di spesa allo Stato significasse soffiare sul fuoco del clientelismo e delle spese improduttive. Questa idea è ancora vivissima dopo 40 anni, nonostante la spesa pubblica italiana

rispetto al PIL sia diminuita di circa il 14% dal picco del 1993 ad oggi - non è un caso che questa data corrisponda all’entrata in vigore del Trattato di Maastricht. I tagli alla sanità hanno fatto sì che il peso relativo della spesa sanitaria sulla spesa pubblica totale diminuisse dell’8% dal 2001 ad oggi. I posti letto per 1000 abitanti in Italia sono diminuiti dai 9.3 del 1981 ai 3.2 di oggi. Una gestione lungimirante della spesa pubblica e del deficit potrebbe dunque includere un potenziamento del Sistema Sanitario Nazionale, con l’assunzione di nuovo personale - attualmente il più anziano d’Europa - e con nuovi investimenti in strutture sanitarie, che riportino il diritto alla salute al suo autentico valore costituzionale. Dalla pandemia di Covid-19 l’Italia uscirà con un bilancio molto negativo, sia in termini di vite umane, sia in termini economici. Ma il sacrificio non sarà stato vano, e il virus ci avrà insegnato qualcosa, se si apriranno gli occhi e si tornerà a dare importanza alle cose che veramente contano, uccidendo per sempre le chimere evocate dalla narrazione dominante. Daniele Busi - Rete MMT Italia



C’ERANO UNA VOLTA UN ROSPO, UNA PRINCIPESSA E... UNA SPIA

N

elle pagine delle fiabe parla la morale delle cose sagge da fare ma dietro i personaggi e le loro avventure senza tempo si muovono anche i fili dell’intelligence, che deve sempre risolvere situazioni sul campo. Volpe e lupo diventano “codici” di azione, mentre il gatto dimostra di avere doti fondamentali per portare a dama una missione: fiuto, capacità di saltare tra gli ostacoli, aristocratica ostinazione che si rivela utile a un padrone solitamente goffo e inadeguato. La favola porta in scena i buoni e i cattivi e sa parlare a ogni cuore, come dimostra Francesco Palmieri in L’intelligence nella Fiaba, editore Nuova Argos (pagine 336, € 30,00, info: www.dddsrl.it), in libreria a

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fine gennaio.

nel cianuro, a 42 anni non compiuti.

Ci si trova così a scoprire il veneziano Giambattista Toderini, “L’abate 007”, che dopo tre anni di fatiche forza le insormontabili porte della Libreria del Serraglio e ottiene l’Indice dell’Imperial Libreria, regalando all’Occidente un pionieristico studio della cultura turca. Si conoscerà poi il paggio infiltrato e la nobiltà dell’aquila, prima di scandagliare l’humint in compagnia delle creature del mare e dare “Assalto alla torre”.

E se c’è sempre una lepre che ti porta alla tana, come dicono gli operativi, da incorniciare è il capitolo «La Pulce di Perroni, un cuore per l’intelligence». Qui Pulce ricorda che bisogna avere sempre due desideri a portata di mano in caso di stelle cadenti.

La bibliografia va da Andersen ad Apuleio, da Giordano Bruno a Roberto Calasso, da Calvino a Collodi, da le Carré a Carroll. Si doppiano scogli, invitati a dipanare nelle parole-azioni quello che i diplomatici chiamano «il meccanismo dei seguiti», leggendo ogni traccia perché una scarpa di cristallo porti a Cenerentola dopo aver conosciuto i piedi di ogni fanciulla del regno. Nella tradizione orale come nella forma scritta, il mondo fiabesco racconta anche saperi intelligence (la casa dei gatti indica l’addestramento, mamma gatta è la fiducia, prima caratteristica dello 007) e affina astuzie perché il felino con gli stivali strappi il castello all’Orco per conto di uno regime democratico anziché di uno Stato canaglia. La mela e lo specchio parlano di verità e di morte. Alan Turing, il geniale decritattore di Enigma, vedendo al cinema Biancaneve e i sette nani, canticchiò per giorni un incantesimo, come fosse una profezia tragica: «Metti, metti la mela nell’intruglio. Che s’imbeva del sonno di morte». Il 7 giugno 1954 il matematico si uccise con una mela intinta

Scrive Pietrangelo Buttafuoco nella prefazione del volume: «Come con le briciole lasciate da Hänsel e Gretel si vuole ritrovare la strada di casa, così con i capitoli di questo volume il lettore si inoltra nei segreti meccanismi dell’immaginazione dove, inevitabilmente, ogni tappa è il capovolgersi di ogni apparenza». Bisogna destare chi dorme, uscire dai labirinti e conoscere gli antidoti alle pozioni delle streghe. Perfino nei “I tre porcellini”, l’autore di questo affascinante saggio - Palmieri è giornalista caporedattore dell’Agi - trova “roba” di intelligence: l’astuto suino che si costruisce la casa di mattoni ha compreso quanto contino la struttura e la logistica nella riuscita di un’operazione. Questo libro è perciò una fiaba nella fiaba, perché scopre che il mestiere più antico del mondo si nasconde nei libri animati da draghi e sirene. A volte si scopre che la storia stupisce più della favola. Ma occorre dare sangue e pensiero perché altri u o m i n i - non le spie, che re s t e r a n n o i n q u i e t i cercatori di ultimi confini - vivano per sempre felici e contenti.


Il nuovo showroom di Pentole Agnelli vi aspetta a Lallio, in Via Provinciale, 30.

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Foto Antonio Milesi

L’INTERVISTA/2

I

l tenente colonnello Claudio Proietti del Secondo Nucleo Elicotteri di Orio al Serio ha svelato al nostro mensile l’’attività operativa che il Nucleo svolge sull’intera Regione Lombardia: dagli interventi sul territorio, ai concorsi per diventare elicotteristi, fino alla manutenzione degli elicotteri e ai rischi in cui si può incorrere in volo. Come e quando nasce il Secondo Nucleo Elicotteri di Orio al Serio? Il 2° Nucleo Elicotteri, con base sull’aeroporto civile di Orio al Serio (BG), è una delle unità di volo storiche dell’Arma, anche se è stata ufficialmente costituita il 1° aprile 1977. Dalla sua costituzione ad oggi il reparto, oltre alla intensa attività

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di supporto ai reparti territoriali dell’Arma nella Regione Lombardia, ha effettuato oltre trecento missioni di soccorso ed è intervenuto in occasione di numerose calamità naturali. Come si entra a far parte del vostro Nucleo Operativo? Bisogna prima di tutto fare un concorso pubblico per entrare nell’Arma dei Carabinieri. Dopo due anni di servizio in strada è poi possibile fare un concorso per entrare nel Reparto Elicotteri dell’Arma attraverso un’interpellanza. Il percorso è molto lungo e articolato, infatti è l’Arma che fa una selezione interna scegliendo i migliori candidati e i più motivati. In seguito a una prova orale e una scritta solo i 10 migliori selezionati vengono ammessi alla scuola di pilotaggio. Di questi poi, solo una parte diventa effettivamente pilota.


Claudioe una Proietti vita in volo

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Quali sono le mansioni di cui vi occupate? All’interno del nostro reparto ci sono 3 team: il primo è quello relativo alla sezione operazioni, che coordina l’attività operativa sulla Regione Lombardia; il secondo è quello che riguarda la sezione tecnica che si occupa della manutenzione specializzata degli elicotteri ed è composta da carabinieri e specialisti di elicotteri. Infine abbiamo il Nucleo Comando che si occupa della vigilanza e di mansioni amministrative e logistiche. Com’è strutturata la vostra attività operativa? Ci occupiamo di missioni di perlustrazione aerea, supporto aereo e soccorso sanitario. La nostra attività è finalizzata a sostenere in modo pianificato o su allarme le esigenze dei Reparti Territoriali e Specializzati dell’Arma. Dall’attuazione di posti di controllo mobili sulle strade extraurbane, al sorvolo di ampie aree rurali del territorio, i NEC operano quotidianamente per individuare dall’alto violazioni alle leggi penali ed amministrative (ambiente, edilizia, criminalità comune ed organizzata, tutela del patrimonio culturale, violazioni in materia agroalimentare e territoriale). ci occupiamo inoltre di supporto durante irruzioni e perquisizioni per la ricerca di corpi di reato e fuggitivi e infine trasporto di personale, materiali, medicinali e viveri. Il RAC inoltre coordina tutte le attività, anche sotto gli aspetti meteo e manutentivo (controlla, infatti, su scala nazionale, il movimento dei singoli aeromobili al fine di gestire le risorse con efficacia, efficienza ed economicità) tramite un sistema informatico multimediale installato presso la “Sala Situazione” che in tal modo rimane costantemente aggiornata. Qual

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è

il

vostro

territorio

di

competenza? Tutta l’estensione della regione Lombardia con le sue 12 province dove esistono 12 comandi provinciali che hanno alle dipendenze dei gruppi e delle compagnie carabinieri, ovvero dei comandi formati da circa 120 150 carabinieri che sono articolati a loro volta in stazioni carabinieri. La stazione carabinieri è l’organo più piccolo ma più importante dell’Arma, perché è quello che conosce tutta la realtà locale del territorio in cui è insidiato. Quando succede qualcosa nel territorio di competenza del comandante di una data stazione, egli deve riportare la notizia ai livelli superiori per informare l’organo centrale, ovvero il Comando Generale dei Carabinieri con sede a Roma. Inoltre ogni regione tranne la Valle d’Aosta che comprende sia la Val d’Aosta che il Piemonte, ha un Comando Regione Carabinieri che prende il nome di Legione. Il nostro si chiama per l’appunto Comando Legione Carabinieri Lombardia. Quali sono le vostre dotazioni aeromobili? Il 2° NEC (Nucleo Elicotteri Carabinieri) ha attualmente in carico di utilizzazione due elicotteri MCH 109/A (NEXUS), dotati di telecamera nei campi visibile ed IR, impiegata per la ricerca di fuggitivi in aree rupestri e per la ricerca di dispersi in aree montane. A quali operazioni avete preso parte

di recente? Nel 2020 siamo intervenuti durante una rapina avvenuta a Treviglio. Durante l’operazione abbiamo utilizzato uno dei due elicotteri che avevamo in dotazione per inseguire due banditi coinvolti in spaccio di


del team, indispensabile per la buona riuscita della missione. Come ci si prepara prima di un sorvolo e di un intervento? Dipende dalla gravità dell’intervento. Se l’intervento è programmato, come può essere ad esempio un sorvolo di una determinata zona rossa per capire se qualcuno si sta allontanando senza permesso, allora in questo caso si ha tutto il tempo per potersi organizzare. Quindi si possono prendere le cartine, studiarle, chiedere i bollettini meteo in aeroporto e prendere tutte le dovute precauzioni. Se invece al contrario è in corso ad esempio una rapina con sparatoria e i carabinieri devono inseguire i banditi, in questo caso non si ha il tempo per pianificare tutto ma bisogna agire immediatamente. Quindi il rischio si fa maggiore e si deve intervenire tempestivamente consultando tutto in tempo reale: bollettini meteo, cartografia del territorio e così via.

NEC, si è concretizzata una cospicua attività operativa svolta dai reparti dell’Arma Territoriale e Reparti ad elevata specializzazione.

droga che erano fuggiti a bordo di un’auto rubata disseminando buste di cocaina nei campi. Iniziativa che è andata a buon fine con l’arresto dei due malviventi e che si va a sommare alle numerose operazioni concluse nel 2019. Grazie al supporto del 2°

Quali sono le difficoltà maggiori incontrate? Sicuramente quando dobbiamo intervenire per delle missioni, il più grande pericolo per chi pilota un elicottero è la visibilità. Proprio per questo prima di mettersi in volo è opportuno fare delle valutazioni del rischio e decidere se vale la pena mettersi in volo o meno autorizzando la missione. È il comandante del nucleo a prendere la decisione finale, colui che è responsabile dei materiali dell’elicottero e dei suoi collaboratori. L’equipaggio è sempre composto da 3 membri che grazie al lavoro di team sanno come comportarsi in ogni situazione, anche in caso di pericolo. Altri nostri peggiori nemici sono i fili, i cavi dell’alta tensione, specialmente in montagna dove i tralicci sono dipinti di verde, quindi prima di fare qualsiasi cosa bisogna prima guardare bene intorno cosa c’è. Questo lo si può fare solo se a bordo c’è un’ottima collaborazione

Ogni quanto gli elicotteri necessitano di manutenzione? Bisogna specificare che esistono tre tipologie di manutenzione. La prima è quella giornaliera ordinaria, durante la quale vengono controllati i livelli di olio, carburante, i connettori e la batteria. Il secondo tipo di manutenzione è quella che avviene dopo 50 ore di volo dove vengono svolti dei controlli più accurati e approfonditi dell’elicottero. Vi è infine la manutenzione di terzo livello durante la quale l’elicottero viene completamente smontato in tutte le sue componenti e vengono eseguite radiografie al metallo e la pulizia di ogni parte con un solvente specifico. Questo per fare sì che il mezzo sia sempre al sicuro e a norma ogni volta che ci alza in volo. Infine, un ultimo saluto vorrei riservarlo ai nostri caduti in servizio: il tenente Braconi Giuseppe e i brigadieri Sarti Giacinto e Proietti Adriano caduti in un incidente di volo a Palazzago il 5 ottobre 1978. Un ricordo va anche al tenente Giuntella Luigi Amedeo e Ravaglia Gerardo caduti in un incidente di volo il 9 agosto 1979 a La Spezia. Sono infine venuti a mancare per altri motivi anche il colonnello Cardillo Benedetto e gli M.M.A Rossi Gennaro, Burroni Renato e M.M. Santino Palmieri. Daniela Picciolo

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Foto Antonio Milesi

SCIENZA & TECNOLOGIA

Sismicità a Bergamo

S

e si parla di terremoti e più ancora del rischio del verificarsi di un evento gravoso di significato considerevole per le nostre infrastrutture, occorre dapprima valutare la sismicità globale terrestre. È una considerazione che va fatta con alla base una carta che illustra i grandi blocchi della litosfera terrestre, con i suoi limiti che si scontrano, si sovrappongono e si insinuano l’uno nell’altro. Ma è proprio qui, la cosiddetta fascia circumpacifica, lungo la quale si concentrano eventi frequentissimi e di forte intensità. Da qui passa il Giappone e tanti altri territori che riempiono spesso le cronache con eventi disastrosi proprio di questo tipo. Per comprendere al meglio la pericolosità che arrivi un terremoto occorre dapprima conoscere quelli del passato e ricostruire la propria storia geologica e sismogenetica. Bergamo e la sua provincia si trovano apprezzabilmente distanti dalle fasce circumpacifiche. La sismicità del territorio è dovuta in particolare alla vicinanza delle Alpi Orobie ed alla zona del Garda. La sismicità è collegata e dipendente

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dal sistema di thrust compressivo delle Giudicarie, ad Ovest del Lago di Garda. La sismicità del territorio è collegata ad attività di neotettonica, il periodo compreso tra il Pliocene e l’attuale (5,2 milioni di Anni). Si possono distinguere movimenti neotettonici lineari che si sviluppano lungo superfici di discontinuità preesistenti, quali

faglie e sovrascorrimenti, oppure movimenti tettonici areali che determinano sollevamenti e/o abbassamenti differenziali. I maggiori eventi sismici che si ricordano sono quello storico ed eccezionale quanto a intensità, con epicentro nel basso bresciano, avvenuto il 25/12/1222 (IX Scala Mercalli MCS; stimato 6,5 M di

Magnitudo) che ha però coinvolto anche l’intera Pianura Padana. Si ricordano i più recenti terremoti di Salò del 30/10/1901 di intensità pari a VII-VIII MCS; quello ancora di Salò del 24/11/2004 di intensità pari a 5,2 M. Un terremoto di magnitudo 3,4 è avvenuto alle ore 06:12:34 italiane del giorno 25 dicembre 2010, localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV nel distretto sismico delle Alpi Orobie. Infine ricordiamo anche il terremoto che colpì l’Emilia Romagna e parte del mantovano nel 2012. I terremoti comunque non si prevedono ma possiamo prevenirli avendo oggi giorno una buona conoscenza geologica del territorio e delle aree a rischio. In Italia sono state emanate una serie di norme sismiche definite dalle Norme Tecniche delle costruzioni che definiscono come si devono costruire gli edifici in funzione di un eventuale terremoto. Data la conformazione geologica possiamo dire che la Provincia di Bergamo è interessata da una ridotta attività sismica, come testimoniato sia dai dati delle reti di monitoraggio sismico sia dai dati di sismicità storica. La terra sotto ai nostri piedi si muove, ovviamente, ma l’intensità dei movimenti forti del suolo (strong motion) è secondaria rispetto a ciò che avviene invece in altre zone e fasce della Terra. Allora, e cosa peraltro non nuova ma che vale la pena ribadire, pur nella premessa per cui lo sviluppo ed il progresso passano per l’incremento delle risorse disponibili a tutti, la scelta politica deve costantemente e nettamente monitorare che quelle attività a forte rischio, dato per scontato che siano esse necessarie come evidenziato nella premessa, passino costantemente il vaglio della applicazione della migliore tecnologia disponibile al momento. A cura di Diego Marsetti, Ecogeo srl, Bergamo


BERGAMO SUPERCONNESSA CON LA FIBRA OTTICA


RUBRICHE Finanza

MILLENNIAL ATTENTI AL FUTURO Oltre ad essere la generazione italiana che più accantona in vista della pensione e più interessata ad obiettivi di crescita del capitale di Francesco Megna

Commerciale settore banking

M

o d e s t a partecipazione ma discreto orientamento all’ottica di lungo termine: i Millennial si confermano decisamente attenti al futuro oltre ad essere la generazione italiana che più accantona in vista della pensione e più interessata ad obiettivi di crescita del capitale, anche se questo conduce ad investimenti più rischiosi: alla ricerca della massima flessibilità in tema di soluzioni di investimento con l’apporto di un consulente che possa ancora offire valore aggiunto. Ma quello che i Millennial vogliono per i propri investimenti è una soluzione ibrida caratterizzata da un mix tra consulenza umana e tecnologia e algoritmi dei robo-advisor. L’accesso illimitato a Internet rende questi giovani più propensi ad acquistare prodotti finanziari tramite e-commerce e social network.

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fondi azionari. Solo il 12% preferisce fondi che investono in liquidità. Il 78% sceglie il canale online per fare operazioni bancarie di base, ma per le scelte più complesse cerca ancora la consulenza di un esperto in filiale. La banca viene scelta sulla base dei consigli di amici e familiari, ma i millennials sono anche attenti al prezzo dei servizi, che comparano grazie agli strumenti online. Ricercano semplicità, velocità ed economicità del servizio. L’accesso illimitato a Internet rende comunque questi giovani più propensi rispetto alle generazioni precedenti ad acquistare prodotti finanziari tramite e-commerce e social network.

Quanto alla scelta dei prodotti su cui investire, i Millennial sono la generazione più attenta alle tematiche ambientali e sociali: l’85% si dichiara infatti interessato agli investimenti sostenibili.

Negli ultimi due anni è inoltre aumentato il numero di coloro che hanno acquistato casa: possedere un’abitazione è sempre più una priorità per i nati tra la fine degli anni ottanta e l’inizi degli anni novanta: per raggiungere l’agognata meta, si fa spesso affidamento sui risparmi dei genitori.

Questo interesse offre quindi una nuova prospettiva per ridurre la preferenza per la liquidità ed indirizzare gli investimento nel lungo periodo. Non è un caso se l’investimento in fondi bilanciati viene scelto dal 32%, mentre poco più in basso quello in

Negli ultimi 12 mesi il numero di compravendite è aumentato del sei per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E la quota di acquisti di case da parte dei millennial è arrivata al 30 dal 20% dell’anno scorso.


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Per ogni vaschetta di gelato consegnata destineremo 1,00 € all’ Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.


MOTORI

Toyota e Lexus 62

IN CORSA PER LA SOSTENIBILITÀ NEL PRIMO SALONE DI GINEVRA VIRTUALE


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n salone strano, come strano è ormai praticamente tutto in questi giorni, il primo salone di Ginevra svoltosi interamente in maniera virtuale (il motivo lo conosciamo tutti). A qualcuno forse sarà parso inquietante il fatto di valutare qualcosa che agisce sull’istinto e sulla fisicità umana come un’automobile - che per definizione occorre guidare, tastare, sentire, provare su strada, testarne la connessione al nostro corpo e spirito - esclusivamente sulla base di filmati e animazioni. Eppure, per quanto algido, questo particolarissimo Salone di Ginevra è il segno dei tempi, e la limitazione, in questo caso necessaria,

dell’impatto ambientale sposa particolarmente bene la filosofia di alcune delle case automobilistiche più blasonate presenti. Tra queste sicuramente Toyota e Lexus. Tra le novità in anteprima mondiale al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra, il nuovo B-SUV di Toyota, punto d’incontro tra i due filoni di punta della casa giapponese: l’auto compatta, di dimensioni contenute, e il SUV. Il nuovo B-SUV combina l’elevata altezza da terra con un sistema di trazione integrale intelligente e la più recente tecnologia ibrida di Toyota. Debutta anche la nuovissima Mirai, in giapponese “futuro”, giusto per restare in tema. Dotata di un propulsore estremamente avanzato e di un’alimentazione innovativa, Mirai è una berlina a quattro

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Nuova Toyota GR Yaris

porte di medie dimensioni, dalla guida silenziosa e fluida, prestazioni potenti e l’assenza di emissioni di scarico, a parte il vapore acqueo. Mirai viaggia a idrogeno: e proprio su questo elemento Toyota ha puntato moltissimo in questi anni, in un’ottica ambientalista. Il sistema Toyota a celle a combustibile (Toyota Fuel Cell System) produce elettricità da una reazione chimica tra idrogeno e ossigeno. Il serbatoio viene riempito con idrogeno, l’alta pressione alimenta le celle a combustibile generando elettricità. Come in un ibrido benzina-elettrico, la tensione viene poi incrementata per alimentare il motore elettrico. L’energia in eccesso è, invece, accumulata in una batteria ogni volta che il veicolo frena o rallenta, il che

Nuova Toyota Mirai

contribuisce a ottenere un risparmio di carburante ancora maggiore. Tra le caratteristiche che hanno convinto Toyota a puntare sull’idrogeno, la sua facile reperibilità che ne farebbe un eccellente sostituto dei combustibili fossili. La casa giapponese è attualmente impegnata in importanti progetti di promozione di questa tecnologia ibrida, come Europe’s Hyfive project, Clean Energy Partnership, UKH2Mobility. Il Gruppo Toyota è stato pioniere nello sviluppo della tecnologia ibrida, ed il Full Hybrid Electric è già stato scelto da oltre 15 milioni di

automobilisti nel mondo e ben 8.000 nella nostra provincia di Bergamo. Il sistema abbina un motore termico ad alto rendimento a due elettrici indipendenti, con significativi risparmi in termini di consumi ed emissioni, basti pensare che le auto ibride spesso e volentieri possono circolare in situazioni di restrizione per altri veicoli (ad es. Area C milanese). Svelata la nuova Yaris Hybrid, da sempre il modello di punta del marchio Toyota, arrivata alla quarta generazione ma completamente rinnovata nel design e nel motore, in grado di viaggiare in sola

Mirai viaggia a idrogeno: e proprio su questo elemento Toyota ha puntato moltissimo in questi anni

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Nuova Lexus UX 300e

Il nuovo B-SUV combina l’elevata altezza da terra con un sistema di trazione integrale intelligente e la piÚ recente tecnologia ibrida di Toyota

Nuova Toyota B-SUV 65


Lexus presenta LC 500 Convertibile, un gioiello di design ed ergonomicità interamente centrato sul guidatore e sul comfort

modalità elettrica fino a 130 km/h. Anteprima europea anche per il nuovo RAV4 Plug-in Hybrid, mentre l’area di Gazoo Racing presenta la nuova GR Yaris esposta accanto alla nuova GR Supra 2.0, l’ultima Yaris WRC 2020 e l’Hilux Dakar 2020 di Fernando Alonso. Lexus presenta LC 500 Convertibile, un gioiello di design ed ergonomicità interamente centrato sul guidatore e sul comfort, e UX 300e, il suo modello full electric, estremamente dinamico e performante, che mantiene la straordinaria capacità, in linea con la filosofia Lexus, di limitare non solo le emissioni ambientali ma anche quelle acustiche. La visione “Lexus Electrified” rappresentata dagli ultimi modelli punta ad offrire il massimo in termini di performance, maneggevolezza, controllo e piacere di guida, nonostante le tecnologie di elettrificazione che trasformeranno radicalmente il mercato. In particolare, la tecnologia Lexus Electrified consente il controllo integrato del powertrain, del sistema sterzante, di quello frenante e delle sospensioni, per fornire una postura

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ideale del veicolo in ogni condizione di guida. Il commento di Daniela Arrigoni, Marketing & Relazione Clienti della Concessionaria Sarco: «Toyota è stata la prima casa automobilistica al mondo a credere ed investire in tecnologie alternative per la mobilità, e per prima si è posta un traguardo ambizioso denominato Toyota Environmental Challenge 2050, che riguarda ogni ambito delle sue attività, non solo quello delle emissioni dei veicoli, ma anche del ciclo di vita dei prodotti e della produzione ad emissioni zero, con lo scopo ultimo di realizzare una società in armonia con la natura. In quest’ottica, per le prossime Olimpiadi di Tokyo, Toyota ha predisposto una flotta elettrificata futurista e senza precedenti». Per quanto riguarda l’emergenza Covid-19, in questo Toyota è stata particolarmente cauta, decidendo di chiudere tutte le proprie produzioni in primis in Cina (solo ora in fase di riapertura), ed in tempi recenti la chiusura degli stabilimenti in Europa ed altrove, con tutto lo staff non produttivo in condizione di smart

working. Quello che abbiamo deciso di fare anche noi in Sarco, chiudendo tutte le nostre sedi, mantenendo il contatto con i nostri clienti via web e telefonica per garantire la mobilità al personale medico sanitario impegnato a fronteggiare questa emergenza. Il danno economico sarà rilevante per tutti, ma da buoni bergamaschi affronteremo con tenacia e determinazione questo periodo difficile, per ripartire più forti di prima».

CONCESSIONARIA SARCO CURNO BG Via Bergamo, 15 - Tel. 035 460632 SERIATE BG Via Brusaporto, 35 - Tel. 035 291652 TREVIGLIO BG Via Manzoni, 16 - Tel. 0363 309982 www.sarco-toyota.it


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