Bergamo Economia novembre

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LE INTERVISTE

• Giorgio Pasotti • Enrico Ricci • Maurizio Auriemma • Remo Morzenti Pellegrini

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L’EDITORIALE novembre 2020

CHE STRANO NATALE!

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iuseppe Conte abolisce il Natale per decreto”. Così han titolato i giornali all’indomani delle parole del premier sulle festività ormai alle porte. Certamente nessuno di noi avrebbe mai pensato di sentirsi rammentare il significato del Natale dal capo dell’Esecutivo che però, nulla di diverso ha detto, rispetto a quanto ricordato negli anni scorsi da Papa Francesco, e da molti che lo han preceduto «Sia un Natale sobrio, non un’occasione di consumismo sfrenato». «Veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci non saranno possibili dice». E aggiunge «Occorre buonsenso». E forse a quello ci appelliamo anche noi. Perché in fondo lo sappiamo che il Natale, nella sua migliore veste, non è lo scambio di doni e pacchetti, una tavola imbandita con leccornie da ogni latitudine che potrebbero sfamare l’intero isolato, o l’occasione dell’anno per far festa con chi vive e viene da lontano. Natale è quel periodo dell’anno - e non solo la sacra giornata del 25 dicembre - in cui siamo invitati a esser più buoni. Più comprensivi. Più generosi. Tutti atteggiamenti che nel 2020 ci portano ad aver maggior cura e attenzione al prossimo. Ancor meglio, la contingenza vuole che ci sia attenzione alla salute di chi ci è accanto. Non solo dei familiari più stretti, ma cura degli amici, dei colleghi di lavoro, dei compagni di

giochi e di studi, del vicino di casa. Ci viene chiesto di aver rispetto del sacrificio che da mesi ci accomuna. Tutti. Di più, ci viene data l’opportunità di goderci un Natale intimo, fatto di persone e sapori essenziali. L’auspicato buonsenso però, non è unidirezionale. È anche quello che ricerchiamo nei nostri governanti. E lo spirito del Natale, nella sua versione laica come in quella delle grandi religioni monoteiste, come la nostra, non è vivere di luci, di attesa carità, di speranza? Permettere all’Italia di respirare lo spirito del Natale, è in parte un dovere di chi amministra. Permetta quindi alla nostra economia di tenere accesa la luce. Ci sono infatti particolari attività economiche il cui business ruota tutto attorno a questa festività. Per lo più piccole botteghe, “negozietti”. Luoghi che dalla notte dei tempi non sono di certo luoghi di assembramento. Sono piuttosto luoghi di creazione e meraviglia. E non abbiamo forse bisogno di un po’ di stupore? Con il desiderio che questo strano Natale sappia regalare momenti di stupore a tutti voi. E che Gesù bambino non ci porti regali quest’anno, ma che si porti via l’incoronato virus e che i Re Magi lascino in dono, democrazia, lavoro e buonsenso. Cari Lettori di Bergamo Economia, Vi faccio i miei migliori auguri. Paolo Agnelli

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CONTENUTI novembre 2020

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COVER STORY

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IL PREFETTO

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IL QUESTORE

ECONOMIA ATTUALITÀ & POLITICA

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6.

IL PREFETTO Ricci: «Contagi più contenuti, ma siamo preparati, anche ad un Autunno caldo» 12. IL QUESTORE Auriemma: «Dobbiamo essere responsabil ed avere fiducia in quello che ci è stato chiesto di fare» 20. SPETTACOLO Pasotti: «La cosa più difficile per un attore è raggiungere il cuore degli spettatori» 26. CULTURA Il Rettore: «L’università deve avere una responsabilità sociale» 34. L’ANALISI MMT Il debito in Europa 38. COVER STORY SMI Group, «Il nostro know-how è unico» 44. L’INTERVISTA Enrico Agnelli: «Economia da Covid? Il trend esiste, ma è necessario ripensare le misure contenitive» 54. IMPRESE Boniforti Impianti, il Covid-19 non ferma l’azienda 58. TOP BUSINESS SGI, il nostro punto di forza? Offrire


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SPETTACOLO

26 CULTURA

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L’INTERVISTA

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BMW SERIE 4 COUPÉ

MODA

60. RUBRICHE

un servizio su misura alle aziende MATERIE PRIME ITAflon, «La volontà di esportare il nostro Made in Italy ha sviluppato l’azienda a livello internazionale»

68. LA RICETTA Faraona al vino rosso 72. MOTORI • BMW Serie 4 Coupé • Audi e-tron Sportback

BERGAMO ECONOMIA MAGAZINE Rivista mensile di economia attualità, costume e stile (Registrazione al Tribunale di Bergamo nr. 5 del 21/02/2013) Società editrice: Giornale di Bergamo S.r.l. Via San Giorgio 6/n - 24122 Bergamo Direttore responsabile: Paolo Agnelli Direttore editoriale: Francesco Legramanti Concessionaria pubblicità locale: Giornale di Bergamo S.r.l. Via San Giorgio 6/n - 24122 Bergamo Tel. 035 678811 - Fax 035 678895 info@bergamoeconomia.it www.bergamoeconomia.it

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IL PREFETTO

RICCI

«Contagi più contenuti, ma siamo preparati, anche ad un Autunno caldo»

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nrico Ricci ha assunto la guida della Prefettura nel momento più drammatico per Bergamo. Si può dire che si sia da subito trovato nell’occhio del ciclone, ma ad oggi la capacità dei cittadini di adattarsi alle norme di sicurezza ha dato risultati, e il Prefetto è convinto che la proverbiale resilienza dei bergamaschi verrà fuori anche nella seconda ondata. Dott. Ricci, siamo alla vigilia di un

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nuovo lockdown, il suo compito qui a Bergamo è iniziato in un periodo particolarmente delicato, quali differenze ha riscontrato tra la prima e seconda ondata? Crede che questa chiusura parziale e territoriale porterà risultati efficaci? Sicuramente per quanto riguarda Bergamo ci sono delle differenze più che significative tra la prima e la seconda ondata, per quanto riguarda la potenza con cui la prima ondata ha investito la nostra città rendendola l’epicentro italiano e allora europeo della pandemia.

In questa circostanza, siamo un’area relativamente tranquilla, con numeri epidemiologici tra i più bassi della Lombardia, nonostante a livello di provvedimento si sia scelto di inserire l’intera r e g i o n e Lombardia in zona rossa. Ci sono differenze anche sulle


normative. Fino a maggio c’è stato un lockdown totale anche per attività produttive e scuole, mentre le chiusure odierne sono parziali e limitate ad alcune categorie e alcuni gradi di istruzione, proprio in ragione di questa situazione. Ci auguriamo tutti che si ottenga il risultato sperato, il che è possibile solo se tutti adottiamo comportamenti responsabili, e in questo mi sembra che i bergamaschi siano molto disciplinati.

Foto Matteo Zanardi

Si sta già parlando di un secondo lockdown totale nazionale, prevede dei problemi a livello sociale o rivolte (fino ad ora

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del territorio a Bergamo e provincia per quanto riguarda, ad esempio, lo spaccio e altre forme di criminalità? Per le ovvie ragioni di cui sopra, il crimine ha registrato un vero e proprio crollo durante il lockdown, che ha avuto il potere di stoppare sia le attività lecite che quelle illecite. Complessivamente, sia in città che in provincia, abbiamo avuto un trend di diminuzione di tutti i reati che, anche a seguito della riapertura, si è attestato intorno al -20%, un dato anche più accentuato per alcune tipologie di reato, come appunto i furti in appartamento.

«Ci auguriamo tutti che si ottenga il risultato sperato, il che è possibile solo se tutti adottiamo comportamenti responsabili»

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pochi casi isolati) analoghi a quelli avvenuti nel periodo chiamato “Autunno caldo”? Il rischio di un autunno difficile è stato ampiamente preventivato, ci siamo preparati e già ci sono state manifestazioni di protesta contro i provvedimenti assunti. Devo dire che in alcuni casi le manifestazioni sono state strumentalizzate da ambienti che hanno tutto l’interesse a fomentare questo tipo di tensioni. L’appello che rivolgo ai cittadini che legittimamente hanno delle preoccupazioni, e vogliono manifestarle, è quello a non permettere che ciò accada, e su questo le forze di polizia presteranno la massima attenzione.

alle persone fragili socialmente e psicologicamente in situazioni come queste? A Bergamo non abbiamo avuto un incremento delle denunce di violenza durante il lockdown, ma il dato è tornato a ripresentarsi nel periodo successivo. La mia interpretazione è che, vivendo a contatto con il soggetto violento, la vittima avesse in quel periodo oggettiva difficoltà a mettersi in contatto con le forze di polizia. Le denunce, quindi, sono emerse nella fase successiva. Disponiamo però di una forte rete antiviolenza, intercomunale, data dalle varie associazioni che operano sul campo, a cui invito le persone in difficoltà a rivolgersi.

I dati ISTAT ci dicono che nel primo lockdown sono aumentati significativamente i casi di violenza domestica, dovuti proprio a convivenze forzate imposte dalla quarantena. Si ripresenterà questa situazione? Sono attivi dei centri e delle iniziative per offrire sostegno

Per contro, abbiamo avuto una diminuzione, ad esempio, dei furti con scasso, anche questo dovuto alla permanenza forzata in casa delle persone. Come influisce la pandemia sull’andamento dei reati? Qual è attualmente la situazione sicurezza e controllo

Persone senza fissa dimora, che hanno perso la casa a causa della crisi, persone che hanno necessità di appoggiarsi a strutture di accoglienza collettive come Caritas, mense dei poveri eccetera: come vengono e verranno gestite? Tutte le attività di assistenza sociale proseguono normalmente con un’attenzione particolare all’aspetto sanitario: tutte le persone che vi si rivolgono devono sottoporsi a tampone. Lo stesso vale per le strutture di accoglienza per migranti, anche se da tempo non riceviamo richieste di questo tipo da parte del Ministero dell’Interno. Tuttavia, casi isolati di richiedenti asilo vengono sottoposti ad apposito protocollo sanitario prima di accoglierli in struttura. L’attività aeroportuale quali ripercussioni subirà? Ne ha subiti in abbondanza: si è già registrato un forte calo delle attività, destinato a proseguire con i nuovi provvedimenti. In questo momento la polizia aeroportuale svolge controlli soprattutto sulle autodichiarazioni di chi si sposta con mezzo aereo in entrata e in uscita dalla zona rossa. Prosegue, ovviamente, l’operato della polizia giudiziaria. Le piccole e medie aziende, sprovviste di supporto concreto da parte dello Stato, possono diventare più facilmente prede della criminalità organizzata. È stato previsto o almeno ipotizzato un sistema di monitoraggio per Continua a pagina 10


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questo fenomeno? Certamente. Già dal 10 aprile il ministro dell’Interno ha diramato una circolare indirizzata a tutti i prefetti, con l’obiettivo di monitorare la situazione affinché alla criminalità organizzata non vengano offerte occasioni di infiltrarsi, approfittando per acquisire quote di società che la proietterebbero nell’economia legale. La nostra attività di controllo in questo senso è molto intensa, in particolare quella della Guardia di Finanza. Ho contatti frequenti con le varie associazioni di categoria, al fine di farmi riportare ogni minimo elemento che possa far pensare a un’incursione di organizzazioni mafiose in questo o quel settore. Certamente è un rischio molto alto in questo momento, ma ritengo vi stiamo dedicando la giusta attenzione. Immagino sia a conoscenza del fatto che nel Dark Web proliferano forme di profitto illecito legate all’emergenza sanitaria: si va dalla vendita di quote fantasma in altrettanto fantomatiche aziende farmaceutiche produttrici del vaccino miracoloso, alla vendita di DPI contraffatti o dannosi. La polizia postale e le altre forze dell’ordine sono organizzate per far fronte anche a questo tipo di fenomeno? Assolutamente sì, anche in questo caso la polizia postale, oltre a svolgere il consueto lavoro su pedopornografia online, cyberbullismo e simili, si sta dedicando a contrastare anche questo tipo di fenomeni. Si tratta di un corpo altamente specializzato oggigiorno, con una formazione di alto livello nel settore tecnologico, proprio per prevenire e impedire truffe e reati che si svolgono in rete. Il coordinamento con la Guardia di Finanza anche in questo caso è molto importante. Gli agenti preposti al controllo del territorio ricevono una formazione specifica durante l’emergenza, anche in termini di psicologia, per trattare con le persone? È indubbio che ci sia in giro gente che cerca di aggirare le regole, ma è altrettanto vero che molti di più, tra privati 10

«Tutte le attività di assistenza sociale proseguono con un’attenzione all’aspetto sanitario: chiunque deve sottoporsi ad un tampone obbligatorio» cittadini e professionisti, siano provati e portati al limite da questa situazione. Credo che le nostre forze di polizia siano tra le migliori al mondo, sia dal punto di vista della preparazione operativa, che da quello del rapporto con la cittadinanza e la gestione della piazza, e lo hanno dimostrato. La gestione della piazza in situazioni di protesta è un compito estremamente complicato.

Diamo i punti di riferimento per chi si trova a Bergamo e si trovasse in situazioni di emergenza: i numeri da chiamare se ci si sente male, cosa fare, come regolarsi. I numeri da chiamare sono quelli consueti: 112, numero unico per le emergenze, e 800 894 545 per contattare il servizio di gestione del contagio che la Lombardia per prima ha istituito, l’utente viene messo in contatto con un medico o con un operatore competente. Il sistema si è dimostrato ad oggi perfettamente funzionante. Infine, chiediamo anche a lei un messaggio di vicinanza per Bergamo. Tutti ci auguriamo che questa seconda ondata risparmi la città, ma i bergamaschi hanno dimostrato resilienza e capacità di adattarsi alle regole per il bene di tutti: non ci può essere ripresa economica, se la salute pubblica non viene tutelata. Arianna Mossali


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IL QUESTORE

Auriemma

«Dobbiamo essere responsabili ed avere fiducia in quello che ci è stato chiesto di fare»

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Foto Antonio Milesi

l Questore Maurizio Auriemma, da poco nominato dal Consiglio dei Ministri “Dirigente Generale di Pubblica Sicurezza”, più alta qualifica a cui un funzionario della Polizia di Stato può aspirare, ci ha concesso nuovamente di affiancare i suoi agenti per documentare l’attività che svolgono durante questo secondo lockdown e ci ha ospitati nel suo ufficio per aggiornarci sull’attuale situazione a Bergamo. Che differenze ha riscontrato, dal punto di vista del comportamento dei cittadini, tra la prima e la seconda ondata? Da parte loro c’è stato lo stesso rigore che hanno adottato in precedenza? Rispetto a marzo ho riscontrato un maggiore scoramento nei confronti delle misure restrittive adottate, ma da parte del cittadino bergamasco non c’è mai stata una mancanza nel rispetto delle regole e della comunità. Durante la prima ondata Bergamo ha sofferto molto e le persone non uscivano di casa per paura, in questa seconda, nonostante la delusione e lo scoraggiamento di dover affrontare nuovamente un periodo buio senza

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sapere quando finirà, ho notato la medesima osservanza delle norme stabilite nel DPCM del 3 novembre. Crede che le misure adottate con questa chiusura parziale possano portare ad un miglioramento sui dati di contagio? Io sono chiamato a far rispettare i provvedimenti normativi del Governo, questo lockdown è parziale perché di fatto parecchie attività sono funzionanti, anche se, con la chiusura di scuole, università, negozi, bar e ristoranti, gli spostamenti sono notevolmente diminuiti e la vita di relazione si è sicuramente raffreddata. Il fatto che le misure adottate stiano portando un miglioramento è lampante, lo si sta verificando con il rallentamento della curva dei contagi, infatti sono fiducioso nel fatto che tutto questo contribuirà a fermare il virus. Sono anch’io un cittadino, quindi rispetto il distanziamento sociale, utilizzo la mascherina ed evito di uscire se non è necessario. Come si sta organizzando la Polizia di Stato per fronteggiare questa seconda emergenza? La Polizia di Stato è un’istituzione essenziale nel panorama della sicurezza di questo paese. Si è

tenuto un comitato, presieduto dal Prefetto, con tutte le forze di polizia ed i sindaci per affrontare le tematiche del decreto, poi abbiamo svolto una riunione tecnica di coordinamento in cui abbiamo elaborato un piano efficace per la gestione dell’intero territorio: per cui la città di Bergamo, dove ha sede la Questura, e Treviglio, dove c’è un commissariato, sono controllate prevalentemente dalla Polizia di Stato, invece la Polizia Locale e l’Arma dei Carabinieri, che hanno una distribuzione più consistente sul territorio, si occupano principalmente dell’area provinciale, inoltre possiamo anche contare sulla Guardia di Finanza e sull’Esercito, oltre che sulle risorse che ci sono state mandate a marzo da Roma. I risultati che abbiamo conseguito finora sono lodevoli, a fronte di 12.000 persone fermate, ne abbiamo sanzionate solo 200, per quanto riguarda gli esercizi commerciali, ne sono stati vagliati oltre 2.000 e soltanto 6 non


«Sono anch’io un cittadino, quindi rispetto il distanziamento sociale, utilizzo la mascherina ed evito di uscire se non è necessario»

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«La Polizia di Stato è un’istituzione essenziale nel panorama della sicurezza di questo paese»

rispettavano le norme di contenimento. In questo secondo lockdown abbiamo voluto garantire continuità delle attività essenziali, come i passaporti, le istanze dei visti ed i permessi di soggiorno, mantenendo i nostri uffici aperti al pubblico, tramite ingresso contingentato e su prenotazione durante tutti i giorni feriali ed il sabato mattina. 14

Durante il primo lockdown ci ha parlato di una notevole diminuzione di vari rati, state riscontrando il medesimo calo? Durante il primo lockdown c’è stato un calo drastico dei reati, ma ne stiamo notando uno anche in questo periodo, grazie alla diminuzione di mobilità,


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Un ringraziamento ai piloti Luigi Contin e Paolo Risiglione della ReD Tech, operatore autorizzato Enac per le fotografie con il drone

«Comprendo le preoccupazioni dei lavoratori per il loro futuro, ma la cosa più importante ora è la salute pubblica» ma anche all’aumento consistente delle forze di Polizia sul territorio. Per esempio, il numero dei furti dell’anno precedente tra il’ ottobre ed il 17 novembre era 2.394, nello stesso periodo del 2020 invece ne sono stati compiuti 1.429, quasi mille in meno, e lo stesso vale per i delitti totali che, nel medesimo lasso di tempo, sono calati da 5.085 a 3.357, con uno scarto di quasi duemila. Sono accresciute però le 16

truffe online ed i reati informatici, anche il crimine si adegua alle evoluzioni del periodo storico. Molte categorie attualmente stanno risentendo più di altre e molti cittadini sono ormai insofferenti al fatto di rinchiudersi in casa. Siete preoccupati che le situazioni di ribellione accadute qui a Bergamo possano ripresentarsi nel tempo?

Alla notizia di questa seconda chiusura abbiamo riscontrato maggiore nervosismo, purtroppo si sono verificati alcuni disordini, come il corteo sotto casa del sindaco o il blocco di Porta Nuova, ma i responsabili sono stati individuati e denunciati all’Autorità Giudiziaria (fortunatamente la città non è stata danneggiata). Posso capire che molti lavoratori siano preoccupati per il proprio futuro, Continua a pagina 18


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ma la cosa più importante ora è la salute pubblica e dobbiamo evitare di intasare gli ospedali, infatti ho preso atto del fatto che alcune manifestazioni siano state rimandate a quando l’emergenza finirà, dimostrando un profondo senso di responsabilità da parte dei promotori. Vorremmo anche da parte sua un messaggio di vicinanza per Bergamo. Il cittadino bergamasco ha sempre

dato dimostrazione di una grande capacità lavorativa e di attivazione nel momento del bisogno, abbiamo superato il periodo di marzo quindi sono sciuro che ce la faremo anche questa volta. Per ora dobbiamo essere responsabili, rinunciare per un po’ alle nostre abitudini passate ed avere fiducia in quello che ci è stato chiesto di fare, con la speranza che si possa tornare il più velocemente possibile alla normalità. Siamo stati accompagnati da Andrea Sandroni, dirigente dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, prima in Piazza Vittorio Veneto ed in seguito in Città Alta, per seguire i controlli di routine che la Polizia di Stato svolge quotidianamente in questa seconda ondata di Covid, favorendo il rispetto delle norme anti-contagio previste dal decreto emanato lo scorso 3 novembre. 18

Il dottor Sandroni ha affermato: «L’aria di Bergamo è ancora intrisa della sofferenza di coloro che hanno perso i propri cari, quindi pochi escono senza una motivazione valida, fortunatamente c’è grande partecipazione al senso di responsabilità». Alla nostra domanda “Vivete la stessa paura di marzo?”, ci è stato risposto: «La paura è lecita, anzi penso che in questi casi sia utile perché ci sprona a fare maggior attenzione, purtroppo anche noi abbiamo subito molte perdite. Siamo servitori dello Stato, il nostro compito è stare per strada ed essere anche a contatto con cittadini sconosciuti e potenzialmente infetti per aiutarli ad affrontare questa situazione, facendogli capire che è necessario evitare il più possibile i contatti e rispettare il distanziamento sociale». Ilaria De Luca


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SPETTACOLO

PASOTTI

«La cosa più difficile per un attore è raggiungere il cuore degli spettatori»

L’ Foto Matteo Zanardi

affermato attore e regista Giorgio Pasotti si racconta ai nostri lettori, dal suo percorso artistico fino al legame indissolubile che ha con Bergamo, sua città d’origine. Nonostante si sia trasferito a Roma per lavoro, l’amore che nutre per le proprie origini è lampante, ne è conferma il film da lui diretto “Io, Arlecchino” che l’artista ha voluto girare proprio a Cornello del Tasso (BG) e nell’affascinante Città Alta, dando massimo risalto alla bellezza della nostra provincia. Attore e anche regista, da dove è nata la sua passione per la recitazione? Cosa l’ha spinta ad entrare anche nel mondo della regia? Finito il liceo mi iscrissi all’Università di Pechino dove studiai per tre anni medicina tradizionale applicata allo sport (il mio obiettivo era appunto diventare un medico sportivo) e fu proprio durante il periodo trascorso in Cina che mi è capitata la possibilità di partecipare ad una piccola parte, diciamo quindi che la mia passione per la recitazione è nata dalla curiosità. Tornato

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in Italia non avevo intenzione di fare l’attore ma il famoso regista italiano Daniele Luchetti mi contattò offrendomi la parte da protagonista nel suo film “I piccoli maestri”, è stato grazie a questa occasione così inaspettata che mi sono catapultato nel mondo del vero cinema. Da quel momento ho preso coscienza di ciò che volevo fare nella vita ed ho capito quanto questo lavoro mi desse soddisfazione, il pensiero di emozionare il pubblico mi ha spinto a continuare questa carriera senza mai più fermarmi. Il percorso da regista invece è stato cercato, era da tempo che volevo raccontare delle storie dal mio punto di vista, per cui inizialmente sono partito scrivendo delle sceneggiature che non ho però diretto io, in seguito mi si è aperta l’opportunità di intraprendere questa avventura con “Io, Arlecchino”, insieme a Matteo Bini ed i due produttori bergamaschi Nicola Salvi ed Elisabetta Sola. Bergamo è stata protagonista proprio di del film “Io, Arlecchino”, cosa l’ha spinta a scegliere la nostra città come location principale?


«La passione per la recitazione è nata dalla curiosità ed il pensiero di emozionare il pubblico mi ha spinto a continuare» 21


Ho scelto Bergamo perché, oltre ad essere la mia terra, la leggenda narra che è nata proprio lì la maschera di Arlecchino. Credo che l’intera provincia ed i suoi luoghi (come il Teatro Sociale in Città Alta) siano una parte integrante e fondamentale del film. Proprio quest’anno è uscito il suo secondo film come regista “Abbi Fede”, ce ne vuole parlare? Il film è ispirato alla pellicola pluripremiata danese del 2005 chiamata “Le mele di Adamo” di Anders Thomas Jensen, di cui abbiamo comprato i diritti e fatto un remake. Il tema principale, a me molto caro, è quello della fede che ho voluto rielaborare dal mio punto di vista, non stravolgendo totalmente un film già perfetto, ma cercando solo di renderlo più attuale ed italiano, aggiungendo quell’ironia che ci caratterizza. Qual è stato il momento della sua carriera che ricorda con più emozione?

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Ce ne sono diversi, non per forza legati ai successi, mi rende felice quando ripenso a tutti i progetti a cui ho preso parte che poi hanno riscontrato il favore del pubblico, infatti la cosa più difficile per un attore è raggiungere il cuore degli spettatori. Sicuramente l’aver partecipato ad un film che poi ha vinto un premio Oscar è stata una delle emozioni più grandi, oltre che un grande onore, diciamo che non è cosa da tutti i giorni perché la percentuale dei film italiani che raggiunge quel tipo di livello è

«La carriera di un attore deve essere vista nel suo insieme perché ognuno lascia sempre qualcosa di sé nel personaggio che rappresenta»

veramente bassa. Credo però che la carriera di un attore vada vista nel suo insieme perché ognuno lascia sempre qualcosa di sé nel personaggio che rappresenta. Mi riallaccio alla sua frase “solo una piccola percentuale del cinema italiano riesce a raggiungere livelli da Oscar”, cosa manca secondo Lei ai nostri film per raggiungere quelli più premiati, spesso americani? Penso manchi un po’ di coraggio da parte soprattutto dei produttori nell’affrontare certe tematiche e saperle raccontare in un determinato modo. Negli ultimi anni ci siamo un po’ fermati, infatti tendiamo a produrre commedie tutte uguali, senza osare minimamente. Ovviamente fanno eccezione i talenti indiscussi come Sorrentino, Muccino e tutti gli altri maestri italiani del cinema mondiale che hanno la capacità di raccontare storie in maniera universale, facendo breccia nel cuore di chiunque.

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cautelative contro il virus. Anche il nostro modo di lavorare è cambiato totalmente, l’ultimo set a cui ho partecipato è stato davvero duro: dovevamo portare continuamente la mascherina e mantenere il più possibile le distanze (a parte quando recitavamo) ed ogni settimana eravamo sottoposti a tampone, se si trovava qualcuno di positivo, dovevamo fermare le riprese fino a quando non c’era il riscontro negativo, inoltre hanno dovuto aumentare il budget per coprire i costi di prevenzione e sanificazione. Sta già lavorando a dei nuovi progetti? Con questa situazione, sapere oggi cosa si farà domani è già difficile, soprattutto per noi del mondo dello spettacolo. Covid permettendo, nel 2021 c’è la volontà di realizzare un terzo film da regista e prendere parte a tanti altri progetti, tra serie tv e film. Mi piacerebbe anche portare avanti “Amleto”, iniziato prima del lockdown di febbraio e sospeso dopo solo tre date.

Il Covid ha stravolto totalmente il mondo dell’arte, come è cambiato dal punto di vista di voi artisti? L’industria del cinema ha subito delle ripercussioni? Assolutamente sì, l’industria del cinema ha subito grandi ripercussioni e continua a subirne, noi artisti siamo stati la prima categoria ad essere fermata e saremo certamente l’ultima a ripartire, per cui siamo i più penalizzati dalla pandemia. Purtroppo quando si parla di attori c’è sempre il mito che ci descrive come fortunati perché ricchi e famosi, ciò non corrisponde alla realtà: quelli privilegiati son pochi, migliaia invece non lo sono altrettanto e, dietro di loro, c’è un numero ancora più elevato di persone (come tecnici di ripresa, macchinisti, scenografi, compositori musicali, costumisti, truccatori, parrucchieri e tanti altri) a cui, se si nega la possibilità di lavorare, lo Stato non garantisce alcun tipo di sostegno perché possiedono contratti occasionali. 24

«Sono molto legato a Bergamo, quando torno sento maggiormente l’attaccamento» Il Covid infatti ha messo alla luce quanto questi comparti siano da sostenere e riorganizzare, per questo, tramite Unita, associazione che raccoglie i più importanti interpreti italiani, stiamo lottando per dar loro un’identità professionale, cosa mai fatta finora. Da quando quest’estate hanno cercato di riaprire sono andati in scena circa 3.500 spettacoli con una partecipazione del pubblico di circa 20.000 persone, tra queste hanno trovato un solo caso di positività, credo infatti che cinema e teatri siano i luoghi più sicuri perché con una media di 1/2 spettacoli al giorno sarebbe facile andare incontro alle misure

Torna ogni tanto nella sua amata città d’origine? Se dovesse scegliere una location per ambientare uno spettacolo teatrale, quale sarebbe? Vengo spesso a Bergamo, sono molto legato alla mia terra e alle mie radici, e quando ritorno sento maggiormente l’attaccamento. Se fossi il direttore del Teatro Donizzetti mi piacerebbe organizzare un concerto in Piazza Vecchia o sugli Spalti di Città Alta, sfrutterei questo museo a cielo aperto come se, nel mio immaginario, la musica potesse trasferirsi lontano raggiungendo luoghi dove non può arrivare. Un messaggio di vicinanza per Bergamo? La reazione dei bergamaschi è stata da subito encomiabile, ho visto la mia gente reagire in maniera unita senza lasciarsi andare allo sconforto e ciò mi ha reso davvero orgoglioso. Ora dobbiamo soltanto rispettare le regole e sperare che, con misure di contenimento, si possa tornare presto alla normalità. Ilaria De Luca


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CULTURA

UNIBG

Il Magnifico Rettore Remo Morzenti Pellegrini: «L’università deve avere una responsabilità sociale»

R Foto Antonio Milesi

emo Morzenti Pellegrini è il Magnifico R e t t o r e dell’Università degli studi di Bergamo, città simbolo della prima ondata di Covid-19. Nei suoi occhi si legge l’affetto che nutre per i suoi studenti, che non ha mai abbandonato, soprattutto nei momenti più delicati per la nostra Provincia, rimanendo disponibile per qualsiasi dialogo. In questo ultimo periodo, altrettanto cupo, sta lottando per tener aperta la sua amata UniBg, per poter permettere ai giovani universitari di continuare a “respirare” quella poca normalità rimasta in un mondo d’incertezza ormai quasi surreale. Rettore, nella confusione di tutti i DPCM e le ordinanze regionali che vengono ormai emanati settimanalmente, ci può delineare le decisioni che sono state prese per le Università qui in Lombardia? Cosa è stato stabilito fino ad ora per l’Università di Bergamo? Con il nuovo DPCM del 3 novembre tutta la Lombardia è diventata zona rossa, di conseguenza abbiamo purtroppo avuto disposizione precisa di svolgere

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il 100% delle lezioni in via telematica; nonostante questo siamo riusciti a tenere aperte le Università della nostra Regione, prendendoci l’unico spazio che ci è stato concesso: mantenere in presenza alcune attività individuali e obbligatorie come i laboratori e i tirocini. Il messaggio che il nostro ateneo ha voluto lanciare è che vogliamo consentire agli studenti di poter vivere ancora un pezzo di università. Fino all’ultima ordinanza abbiamo sempre voluto dare la possibilità di seguire gli insegnamenti sia in presenza che a distanza e di poter usufruire delle biblioteche, applicando tutte le norme di sicurezza richieste, dalla misurazione della temperatura alla diminuzione dei posti messi a disposizione (prenotabili tramite app), fino al distanziamento. Credo che l’Università sia uno dei luoghi più sicuri in assoluto e ritengo che si potesse continuare a privilegiare la didattica mista, sempre facendo la massima attenzione alle misure di sicurezza, ovviamente. Inoltre, qui a Bergamo abbiamo, per ora, una situazione epidemiologica diversa rispetto agli altri territori lombardi, secondo me si sarebbe potuto fare uno sforzo in più, un’ulteriore diversificazione nella differenziazione delle misure

adottate, non ragionando solo in termini regionali, ma anche per aree sub-regionali. La nostra città e la nostra provincia risultano, ad oggi, le meno colpite dalla pandemia e purtroppo stanno pagando doppiamente in termini di restrizioni: abbiamo già sofferto abbastanza nella prima ondata e ora, che siamo certamente più attenti e responsabili, potremmo anche sperimentalmente essere esentati da certe limitazioni. Bergamo è ormai simbolo di Covid in tutto il mondo, avete riscontrato da parte dei giovani timore nell’iscriversi presso il nostro ateneo? Con le lezioni telematiche avete notato un calo d’interesse per lo studio? Eravamo particolarmente preoccupati per le iscrizioni all’a.a. 2020-2021; i dati però ci hanno stupiti, poiché estremamente positivi: ad oggi abbiamo 7.000 immatricolati, di cui 4.300 sulle lauree triennali e 2.400 sulle magistrali, con un aumento del 10% rispetto allo scorso anno su queste ultime. La cosa che più ci ha colpiti è stato l’incremento di circa l’8% degli studenti stranieri e di quelli Erasmus, sia in entrata che in uscita. Riguardo alla seconda domanda penso che


«La vera essenza della formazione è educare, l’università è soprattutto ascolto e socializzazione»

l’Università debba avere anche una responsabilità sociale, io sono sempre stato in contatto con i ragazzi, ho appreso e condiviso le loro difficoltà e ascoltato le loro richieste, per questo ho disposto di diminuire il carico orario di ogni lezione, in modo tale che non superi la durata di 40 minuti per ogni ora di insegnamento. Ho provato, e lo sto tutt’ora facendo, a rendere normale ciò che non lo è, cercando di riorganizzare le attività: ad esempio, l’innaturalità delle discussioni tesi a distanza è stata in qualche modo “attutita” dal Graduation Day che abbiamo celebrato al Lazzaretto. La pandemia purtroppo non ha confini ma non li ha neppure la voglia di apprendere e di essere protagonisti di questa epoca così instabile: occorre solo ricercare un nuovo equilibrio nel proprio stile di vita e confidare nel futuro. Pensa che la didattica online sia una soluzione soddisfacente oppure è solo un ripiego a quella in presenza? In un futuro crede che la scuola dietro a un monitor consentirà la medesima formazione di una vera comunità di apprendimento, nonostante non ci sia il confronto in carne ed ossa? Da questa emergenza ho compreso che la didattica a distanza può 27


casi giurisprudenziali nell’archivio cartaceo, ci impiegavano mediamente più o meno un’ora a trovarli; oggi questo cartaceo non c’è più, si può accedere da remoto a tutte le banche dati del mondo e, nonostante ciò, utilizzano lo stesso tempo di ricerca: questo significa che la cosa importante è avere un metodo, acquisibile solo imparando, non lo strumento.

essere una valida alternativa a quella in presenza, però credo possa essere solo un’integrazione di essa. Il sistema universitario si dimentica spesso di tutti i fuoricorso e i lavoratori che non possono seguire personalmente le lezioni: in questo caso l’online è di certo un fattore positivo, poiché permette loro di poterle recuperare quando preferiscono. Secondo me, però, gli insegnamenti in presenza sono insostituibili, la didattica a distanza è solo il mezzo e non il fine, infatti la vera essenza della formazione è educare, non solo insegnare, e le due cose sono molto diverse; l’università è soprattutto ascolto e socializzazione ed è di vitale importanza imparare a rapportarsi con gli altri. Secondo Lei tutti questi provvedimenti online che portano all’isolamento individuale dei giovani (che già vivono in una loro realtà digitale sempre più grave a causa dell’utilizzo del telefonino) possono portare a delle condizioni 28

«Dai dati del test di ammissione è emerso il desiderio dei ragazzi di mettersi al servizio del prossimo entrando nel mondo ospedaliero» pericolose per la loro salute mentale? Come ho già detto prima la tecnologia deve essere il mezzo e non il fine, la problematica dell’autoisolamento si riscontra appunto quando essa diventa lo scopo e quindi un giovane crede che lo studio non serva più a nulla perché tanto c’è tutto su internet. Faccio un esempio: quando da professore di diritto amministrativo facevo cercare agli studenti in biblioteca alcuni

In tutto il Paese in questo momento c’è una carenza di personale sanitario e Lei, a seguito dell’affluenza al test d’ingresso alla facoltà di medicina e chirurgia svolto quest’anno proprio nella nostra città, ha affermato di voler integrare questo percorso nell’offerta formativa presso l’Università degli studi di Bergamo, cosa l’ha spinta a prendere questa decisione? Quando è previsto l’avvio di questo processo? Bergamo ha tutte le carte in regola per ambire ad avere la propria facoltà di medicina e chirurgia, il Ministero ha già confermato che il prossimo anno aumenterà i posti disponibili, quindi questo è il momento giusto per mettersi in gioco, ma non da soli. Il progetto è quello di fornire un’offerta formativa non tradizionale, perché già presente, ma innovativa, dialogando con le altre università lombarde e creando una proposta all’avanguardia entro l’inizio del 2021. Ricordo che abbiamo già come Università di Bergamo un corso di laurea in questo ambito, una medical school interateneo, la cui sede amministrativa è presso l’Università Milano Bicocca, in collaborazione con l’Ospedale Papa Giovanni XXIII e la University of Surrey. Inoltre, partecipiamo alla formazione all’interno di un corso di laurea in scienze infermieristiche con l’Humanitas University, un percorso di alta formazione in ambito del management ospedaliero con il Gruppo San Donato e abbiamo attivato da tempo un corso di laurea triennale magistrale in psicologia clinica e in ingegneria e tecnologie per la salute, avendo così un ruolo attivo all’interno dell’intera “filiera della salute”. Dai dati del test di ammissione è emerso il desiderio Continua a pagina 30



«Dico ai giovani di fidarsi ed affidarsi alle università in questo momento di disorientamento»

da parte dei ragazzi, complice anche l’emergenza epidemiologica, di mettersi al servizio del prossimo ed entrare nel mondo sanitario e della salute. Un messaggio per tutti i giovani di Bergamo? Il messaggio più importante l’abbiamo dato con il test di medicina e il Graduation Day svolti nel Lazzaretto, simbolo di sofferenza ai tempi della peste, ma reso ora segno di rinascita. Siamo consapevoli che viviamo in un’epoca di paure, ma è anche un periodo di speranze; quindi dico ai giovani di fidarsi ed affidarsi alle università in questo momento di disorientamento, perché è la conoscenza che mette nella condizione di poter decidere autonomamente della propria vita e che ci porta ad avere una maggior consapevolezza del nostro ruolo sociale. Io scrivo spesso agli studenti, mi piace restar loro vicino, infatti, a seguito del DPCM, ho composto di getto questa lettera, 30

«È la conoscenza che mette nella condizione di poter decidere autonomamente della propria vita ed essere consapevoli di se stessi» vi leggo il finale: «…penso che sia chiaro come, sebbene subisca modifiche nelle sue attività, la nostra Università non abbia alcuna intenzione di chiudere, come ho già anticipato prima: UniBg non chiude “fisicamente” - ripeto che tutte le sedi rimarranno aperte e accessibili secondo le modalità che ormai conoscete - né tantomeno nei suoi intenti e obiettivi. Rimaniamo a vostra disposizione, seguendovi nel vostro percorso di studio, offrendovi i nostri suggerimenti, crescendo insieme a voi. Facendo,

in sostanza, cerchio contro la pandemia. Facendo anche ricerca contro la pandemia: non solo scientifica, ma anche ricerca di un nuovo pensiero, di nuovi stili di vita, di nuove relazioni sociali, più responsabili e attente. (…) Ora, il nostro lavoro principale è quello di proseguire con quello che stiamo facendo, proseguire anche a distanza, ma proseguire, senza lasciarsi abbattere, affinando ancora di più la nostra pazienza e testimoniando a tutti il nostro senso di responsabilità. Conto sulla vostra creatività, sulla vostra capacità di cercare nuovi equilibri senza mai permettere che il vostro e, anzi, il nostro, percorso verso le conoscenze possa essere interrotto. Coraggio, ragazzi, andiamo sempre alla ricerca dei nostri desideri e sfruttiamo tutti i talenti che abbiamo a disposizione. Ce la faremo a superare, insieme, questi tempi di incertezza e spaesamento». Ilaria De Luca


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L’ANALISI MMT

Il debito in Europa non è più un problema tecnico (ma politico) Sulla proposta di David Sassoli e le parole di Christine Lagarde

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ualcosa si muove, non ancora nei fatti, ma almeno nel dibattito. Qualche settimana fa David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo, ha avviato una riflessione sulla possibilità di cancellare il debito correlato alle spese dell’emergenza Covid-19.

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La sua proposta è tecnicamente sbagliata e chi la sostiene non conosce il funzionamento della moneta fiat. Il debito degli Stati non deve essere cancellato perché corrisponde al centesimo al risparmio netto del settore privato, per cui cancellare il debito significa ridurre i risparmi. Il debito deve essere semplicemente garantito dalla Banca Centrale. La proposta di Sassoli va dunque letta non come una soluzione tecnica, ma come l’urgenza politica di rimettere in discussione i vincoli che impediscono agli Stati di spendere in deficit quanto serve, in tempi veloci e svincolati dalle trappole come il MES o dalle paludi del Recovery Fund. Ma è proprio Christine Lagarde a ricordarci che la soluzione è davanti ai nostri occhi. In risposta alla domanda dell’on. Zanni, in un’audizione al Parlamento europeo lo scorso 19 novembre, il Presidente della BCE ha respinto l’ipotesi della cancellazione del debito, ma ha affermato che “The European Central Bank could neither go bankrupt nor

run out of money” ovvero «La Banca Centrale Europea non può andare in bancarotta, né rimanere senza soldi» aggiungendo inoltre «in qualità di unico emittente di moneta denominata in euro, se necessario l’Eurosistema sarà sempre in grado di generare liquidità aggiuntiva. Inoltre, eventuali perdite finanziarie […] non

«Abbiamo dovuto aspettare una pandemia per vedere un accenno di dibattito critico sulle regole dell’Eurozona sul deficit» pregiudicherebbero la nostra capacità di cercare e mantenere la stabilità dei prezzi». Non ci sono problemi tecnici a interrompere il sostegno indiretto

della BCE agli Stati tramite il programma di acquisto dei Titoli di Stato, così come nulla tecnicamente impedirebbe un sostegno diretto. Che cosa impedisce alla BCE di garantire la liquidità che serve per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica? Perché si parla ancora del “problema coperture” alla spesa pubblica? Perché l’ostacolo è di natura politica, tanto che Christine Lagarde ha affermato che la cancellazione del debito è impedita dai Trattati Europei (che lei rispetterà, of course). Diversi opinionisti non hanno colto la natura dell’intervento della Presidente della BCE, limitandosi a dire che non ci sono strade alternative al MES, al Recovery Fund e che il PEPP dovrà andare a ridursi “naturalmente” nel tempo. In realtà la riflessione è diversa: l’alternativa tecnicamente c’è, ma è vietata. Siamo nella sfera delle decisioni politiche e non in quella delle leggi della natura. Non dobbiamo aspettare un’altra pandemia per capire che cambiare si deve e si può. La politica ora batta un colpo. Deanna Pala - Rete MMT Italia


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SMI GROUP «Il nostro know-how è unico, non si tratta solo di progettare una macchina: consiste in tutta la filiera di conoscenza dietro ad ogni processo produttivo»

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Foto Antonio Milesi

l Gruppo SMI è costituito dalla capogruppo SMIGROUP, dalle società controllate SMI (impianti di imbottigliamento e confezionamento), SMIPACK (macchine di imballaggio), SMIMEC (lavorazioni meccaniche), SMITEC (automazione industriale), ENOBERG (riempitrici), SMIENERGIA (produzione energetica da fonti rinnovabili), SMILAB (centro di ricerca), SARCO RE (gestione immobili) e da una rete di succursali estere. Offre lavoro a oltre 750 persone e dispone di uffici e reparti di produzione su una superficie totale di circa 102.000 m², suddivisi tra la sede principale a San Giovanni Bianco, alcuni stabilimenti a San Pellegrino e Telgate e filiali commerciali in Cina, Malesia, Russia, Romania, Regno Unito, Brasile, Messico e USA. Nel 2019 il Gruppo SMI ha raggiunto un volume vendite di 131 milioni di euro, arrivando ad aggiudicarsi importanti riconoscimenti. Ad offrirci una panoramica del presente del Gruppo SMI e della sua visione di innovazione e sviluppo è il President & CEO Paolo Nava. Un breve accenno sulla vostra storia? Le origini della società risalgono alla metà degli anni ’70, quando mio padre Luigi aprì una piccola officina

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meccanica a San Pellegrino Terme insieme a me e ai mie tre fratelli. Inizialmente l’attività dell’impresa era costituita da lavorazioni per conto terzi, alle quali si aggiunse successivamente la manutenzione di macchinari ed impianti impiegati nelle linee di imbottigliamento ed imballaggio di bevande e alimentari. La passione per catene ed ingranaggi e l’intraprendenza tipica dei giovani ci spinsero, verso la fine degli anni ‘80, a realizzare in proprio una confezionatrice automatica innovativa e multiuso, uno dei primi esempi dotati di automazione avanzata. L’iniziativa ebbe successo e diede il via ad un processo di crescita inarrestabile (sebbene non privo di difficoltà), che, nel corso dei decenni successivi, permise a SMI di entrare anche nel settore delle macchine di soffiaggio di bottiglie in PET, in quello dei palettizzatori e, nell’ultimo decennio, in quello della fornitura di linee complete chiavi in mano. La crescita del fatturato nel corso degli anni ha reso necessario l’ampliamento di reparti di produzione e uffici, operazione non facile nell’ambiente angusto del fondovalle brembano, finché nel 2014 le attività di SMI sono state trasferite nell’insediamento industriale della ex cartiera Cima, una nuova sede adeguata al livello raggiunto dall’impresa, dove

attualmente ci troviamo. L’intera area (acquistata dal gruppo nel 2003) è stata completamente ristrutturata, introducendo notevoli cambiamenti in termini di riqualificazione degli edifici, energie rinnovabili, automazione dei processi di produzione. Oggi il Gruppo SMI è uno dei maggiori produttori a livello mondiale di impianti di imbottigliamento e imballaggio ad alta tecnologia, destinati a molteplici settori di mercato. Che innovazioni avete portato nei vostri stabilimenti? Qui abbiamo introdotto una serie di innovazioni, sia dal punto di vista organizzativo che energetico, che nulla hanno da invidiare alle innovazioni tecnologiche che applichiamo alle nostre macchine. Ad esempio, abbiamo ricoperto i tetti dei nostri stabilimenti con pannelli solari ad alta efficienza, riqualificato la centrale idroelettrica già presente nelle cartiere, sfruttato le fondi geotermiche, ottimizzato l’illuminazione delle aree all’aperto e degli edifici. Oggi il gruppo SMI è una realtà energeticamente autosufficiente; anzi produciamo più elettricità di quanto ne consumiamo. Lo sviluppo sostenibile rappresenta, infatti, uno dei valori irrinunciabili della “mission” di SMI, che si pone l’obiettivo di creare armonia tra


l’attività industriale, la qualità del prodotto, il rispetto dall’ambiente e la sicurezza sul lavoro. A livello organizzativo, l’azienda presenta un Sistema di Gestione Integrato Qualità e Ambiente in accordo alle norme UNI EN ISO 9001:2015 (Sistema Gestione Qualità) e UNI EN ISO 14001:2015 (Sistema Gestione Ambientale), un Sistema di Gestione della Sicurezza valido a livello internazionale e il riconoscimento di WHP (Workplace Health Promotion - tutela della salute sul posto di lavoro). A livello più strettamente produttivo, abbiamo avviato un processo di recupero delle parti in acciaio recuperate dagli scarti delle lavorazioni, rinnovato il parco mezzi aziendali acquistando veicoli elettrici a basse emissioni di CO₂, introdotto controlli periodici della “carbon footprint” e interventi continui per continuarne la riduzione. Come definirebbe il vostro “core business”? SMI progetta e realizza un’ampia gamma di impianti di imbottigliamento e macchine per il confezionamento per esigenze produttive fino a circa 40.000 bottiglie all’ora per diversi settori: alimentare, bevande, prodotti per la pulizia domestica e l’igiene personale, prodotti chimici e farmaceutici, il tutto rigorosamente made in Italy, anzi per la precisione made in Val Brembana. Come materiale di imballaggio, i macchinari prodotti dalle due principali società del gruppo, SMI e SMIPACK, impiegano soprattutto derivati della plastica, come il PET per la produzione di bottiglie e il film termoretraibile e/o estensibile per il confezionamento secondario, ma anche il cartone per certe applicazioni. Anche in questo campo abbiamo innovato parecchio, rendendo i nostri impianti compatibili con materiali di imballaggio riciclabili al 100% come, ad esempio l’rPET, che consentono ai nostri clienti di raggiungere livelli elevati di efficienza e qualità della produzione riducendo nel contempo

Paolo Nava 39


«I nostri impianti sono compatibili con materiali di imballaggio 100% riciclabili»

l’impatto sull’ambiente. I nostri progetti si basano sui più recenti sviluppi di piattaforme avanzate come Industria 4.0 e IoT (Internet of Things), grazie ai quali i nostri impianti, siano essi macchine singole o sistemi chiavi in mano, si possono considerare vere e proprie “smart factories”, facili da gestire, aggiornare, monitorare. Per quanto riguarda le operazioni di soffiaggio, imbottigliamento e tappatura, sul vostro sito web sono in risalto due diverse modalità: StandAlone e Ecobloc®. La differenza?

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Si tratta di una differenza tecnologica e di tendenza. La tecnologia StandAlone al momento è utilizzata principalmente nei Paesi in via di sviluppo, mentre altrove è diffusa la soluzione Ecobloc®; quest’ultima prevede una macchina unica per la produzione, il riempimento e la tappatura di bottiglie in rPET/PET invece di tre macchinari distinti, ognuno dedicato ad un’operazione. Nei Paesi emergenti, purtroppo, sono ancora richieste installazioni a basso contenuto tecnologico, in quanto non ci sono ancora le condizioni e

la preparazione sufficienti a gestire soluzioni più avanzate. Sicuramente, però, la soluzione giusta per il mercato del futuro consiste nell’avere un “blocco” unico che fa tutto, per ovvie ragioni di efficienza, manutenzione e risparmio energetico. Dalla progettazione all’imballaggio, quali sono gli elementi più innovativi nella vostra attività? La modernità e l’innovazione non stanno solo nel prodotto e nei progetti, ma anche nei processi produttivi interni. Stiamo lavorando


moltissimo proprio su questo aspetto e, per così, dire, abbiamo preso questo momento di rallentamento non voluto per ragionare in questo senso. I processi interni sono sempre più automatizzati e reinvestiamo oltre il 5% del fatturato in ricerca e sviluppo. Ad esempio, con l’Università di Bergamo stiamo lavorando a un progetto sperimentale per dotare tutte le nostre macchine di una tecnologia di comunicazione a distanza che consenta di acquisire ed elaborare i dati di funzionamento degli impianti per proporre all’utilizzatore soluzioni integrate di aggiornamento, manutenzione programmata e predittiva; inoltre, con il servizio di Augmented Reality Glasses, i nostri tecnici sono in grado di guidare l’operatore del cliente, che indossa degli appositi

visori, nelle operazioni di risoluzione problemi e aggiornamento macchina. Questi sono solo due esempi di come l’integrazione tra automazione avanzata a bordo macchina e tecnologie digitali possono aiutare i costruttori e gli utilizzatori di impianti industriali complessi ad ottenere maggior efficienza e flessibilità, contenendo i costi di produzione e i consumi energetici. Quanto sono automatizzate le procedure e quanto invece conta l’abilità dell’operatore, la sua

formazione? Sicuramente le procedure sono attualmente molto automatizzate, ma dietro c’è molto altro e c’è ancora una parte umana fondamentale. Il fatto è che siamo un’azienda più di valore che di volumi, l’apporto dell’aspetto tecnico è molto rilevante e la formazione sulle nuove tecnologie deve essere costante. Siamo sempre alla ricerca di personale altamente qualificato, nel settore informatico e di progettazione. Il mercato propone sempre nuove sfide, stiamo integrando nuove soluzioni e cercando

nuove strade. La vostra si propone come un’azienda decisamente “green”. Come accennato in precedenza, le nostre macchine sono in grado di utilizzare materiali di imballaggio riciclabili al 100%, possono essere monitorati e aggiornati a distanza, sono progettati secondo concetti avanzati come IoT e Industria 4.0. Tutto ciò consente di ridurre l’impatto ambientale delle produzioni, lavorare in modo più efficiente e consumare meno. A livello di processi interni,

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che abbiamo subito dalla seconda ondata non sono stati inferiori a quelli della prima, anche se, grazie ai nuovi servizi di assistenza da remoto, siamo riusciti a portare a termine qualche lavoro importante. Quello che mi preoccupa è che, se quel che ci insegna la storia è corretto, dovremo convivere con questa situazione per ancora un anno, con o senza vaccino. Per quanto ci riguarda, abbiamo voluto dimostrare concretamente la nostra vicinanza al territorio e a tutti coloro che si stanno impegnando per fronteggiare l’emergenza attraverso una donazione di € 120.000, tramite l’azienda SMIPACK, al Comune di San Giovanni Bianco per attività sanitarie finalizzate a ridurre la diffusione del Covid-19, e una donazione di € 200.000, tramite l’azienda SMILAB, all’Istituto Mario Negri di Bergamo per attività di ricerca volte a sconfiggere il virus.

invece, ad esempio sfruttiamo l’energia idroelettrica auto-prodotta dalle acque del fiume Brembo (potenza installata 1 GW) e i pannelli solari (potenza installata 2,4 GW) per soddisfare il fabbisogno elettrico e di riscaldamento dei nostri insediamenti. A quali mercati guardate con maggior interesse? Le unità produttive al momento sono tutte in Val Brembana, perché siamo molto legati al territorio e perché la maggioranza dei nostri collaboratori vive qui. Ciò non ci impedisce di esportare il 90% della produzione all’estero, in 130 Paesi nel mondo; inoltre, sui mercati di maggiori dimensioni siamo presenti con filiali commerciali che si occupano anche di assistenza tecnica e ricambi. Sicuramente espanderci anche all’estero con insediamenti di produzione potrebbe essere una possibilità interessante da valutare; in particolare, per scelte strategiche, guardiamo al continente asiatico. Il successo mondiale del Gruppo SMI è il risultato dell’accurato studio dei singoli mercati, degli aspetti socioeconomici di ogni area e dell’analisi tempestiva delle specifiche esigenze della clientela locale. Forniamo da molti anni sia multinazionali delle

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dimensioni di Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Danone, Unilever, ABInbev, sia migliaia di aziende medio-piccole molto radicate a livello locale, proponendo a ciascuno la soluzione più adatta alle loro necessità di produzione e ai loro “budget” di investimento. Come la pandemia Covid-19 ha influito sul vostro lavoro? In tutti i settori c’è stata flessione, nel nostro caso in parte mitigata dal fatto che facciamo parte della filiera

«Il 90% della nostra produzione viene esportato in 130 Paesi» essenziale dell’industria alimentare; in particolare abbiamo sofferto molto dell’impossibilità di far viaggiare i nostri tecnici per l’installazione degli impianti, che ha creato in alcuni clienti la tendenza a rimandare le scelte di investimento per timore di non poter poi far partire le produzioni in tempo utile. In questo senso, i danni

Avete ottenuto riconoscimenti anche a livello internazionale, ce ne vuole parlare? Ad esempio, nel 2018 siamo stati gli unici italiani ad arrivare in finale, nella categoria di riferimento, al concorso “European Business Awards”, “contest” a livello europeo a cui partecipano ogni anno migliaia di aziende dell’UE, conclusosi con la cerimonia di premiazione dei vincitori a Varsavia. Tra l’altro, il progetto che abbiamo presentato (una nuova soffiatrice ultra-compatta ad avanzato contenuto tecnologico) è stato sviluppato da ingegneri molto giovani, sotto i trent’anni. Ed è stato solo uno di una serie di riconoscimenti importanti a livello nazionale e internazionale. È importante, in questo momento più che in altri, salvaguardare il knowhow italiano anche all’estero? Nonostante abbiamo esplorato le opportunità di delocalizzazione in altri Paesi, abbiamo sempre desistito a produrre fuori dall’Italia perché il nostro know-how è unico. Non si tratta solo di progettare una macchina: si tratta di tutta la filiera di conoscenza che sta dietro a ogni processo produttivo. Per questo ai giovani dico: specializzatevi. Non lasciatevi tentare da carriere facili o fumose. C’è bisogno di competenze specifiche, e ce n’è bisogno qui. Arianna Mossali


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L’INTERVISTA

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Enrico Agnelli

Foto Antonio Milesi

«Economia da Covid? Il trend esiste, ma è necessario ripensare le misure contenitive»

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ott.Agnelli, la storia del gruppo è quella di una dinastia, la sua, colonna p o r t a n t e dell’economia bergamasca. Non amo molto parlare di dinastia. Nessuno in casa Agnelli è obbligato a seguire le orme della famiglia, ognuno è libero di cercare la propria strada; certo va da sé che esiste un senso di responsabilità e continuità che si trasmette e anche questo contribuisce alla stabilità. Agnelli Metalli parte proprio dall’esperienza maturata dalla famiglia nella lavorazione di

alluminio per articoli industriali e casalinghi; ad oggi, quali sono state le tappe fondamentali nella vostra evoluzione? I nostri core business sono ferro, alluminio e altre leghe di metalli ferrosi e non ferrosi, per più di vent’anni dalla fondazione. Adesso la tendenza è quella di centraci su alcune categorie principali, in primis sull’alluminio. La vostra gamma di prodotti è molto vasta, è quasi impossibile parlare di tutti, quali sono i settori e mercati economicamente più interessanti in questo momento? Ci siamo specializzati soprattutto su serie per i serramentisti: 45


abbiamo una gamma di articoli profilati in alluminio per serramenti, facciate, involucro edilizio, e poi profilati e lamiere, sempre in alluminio, ma questa volta per l’industria meccanica. Lo stesso profilo può essere utilizzato sia sui serramenti sia, lavorato al tornio, per l’automotive e altri settori. Una fetta importante del vostro business è costituita dai cantieri, 46

sui quali al momento non c’è un andamento univoco in Italia a seguito delle recenti disposizioni antiCovid. Sì, anche se in questo caso non siamo presenti direttamente nella cantieristica, in quanto siamo un’azienda di servizio all’edilizia, e quindi ci limitiamo a servire i nostri prodotti dove e quando ci viene richiesto. L’edilizia e la cantieristica, che poi trainano anche altri


complementi, si sono rialzate da qualche anno di crisi tra il 2010 e il 2018; adesso, sono nuovamente in ribasso. Si tratta di un settore che si sta tentando di “drogare”, per così dire, con incentivi legati al risparmio energetico: prima al 65%, poi al 50, quest’anno siamo arrivati addirittura al 110%. I serramenti sono una conditio sine qua non per accedere a questi bandi, perciò stiamo vivendo sull’onda di questi incentivi legati al green. Per quanto riguarda la riapertura negozi e scuole, abbiamo visto un trimestre luglio-agosto-settembre stranamente molto vivace, a causa della necessità di riadattare e ristrutturare i locali in base alle norme antiCovid. Vedremo come proseguirà questo trend.

quanto un risparmio energetico e di inquinamento formidabile. Inoltre, AluGreen ci ha dato una relativa autonomia sul mercato per quanto riguarda la fornitura di materia prima. Quali sono al momento i numeri di Agnelli metalli, in termini di personale impiegato e risorse? L’anno scorso abbiamo chiuso con 14.000.000 e 35 dipendenti, per lo più commerciali, alcuni tecnici, personale amministrativo e 8 operai, generalmente magazzinieri. Parliamo di crisi Coronavirus. Come avete affrontato il primo lockdown? Avete potuto lavorare?

per questi elementi consentiva di presentare richiesta alle prefetture per poter proseguire l’attività, e così abbiamo fatto, riuscendo a salvare non certo gran parte del fatturato, ma almeno un minimo. Dopo alcuni mesi di apparente ripresa, ad oggi abbiamo la possibilità di lavorare, il clima è molto sereno, i miei ragazzi hanno dimostrato grande senso di responsabilità anche in occasione del primo lockdown, e anche oggi affrontano le sfide man mano che si presentano. Bergamo e la sua provincia non si sono mai fermate del tutto, anche in piena pandemia abbiamo sempre avuto ben chiaro il principio del lavoro che è quello che sostiene il nostro territorio e la

Anche nella ferramenta, siete partner per i marchi più importanti. Oltre al profilato in alluminio di nostro design, progettazione e certificazione, c’è un corollario di prodotti che servono al medesimo cliente, ossia il serramentista, tra cui accessori e ferramenta dedicata, maniglie, cerniere, componenti per finestre, siliconi, attrezzature. Una parte molto interessante della vostra attività è costituita dai vostri servizi non solo in termini di lavorazioni, ma anche di ritiro rottami, tramite AluGreen che, se ben ricordo, vi consente una percentuale di riutilizzo pressoché totale. I servizi erano una moda un po’ passata. Noi inizialmente facevamo taglio e piega di lamiere, avevamo un reparto verniciatura, ma nel tempo c’è stata la tendenza a disinteressarsi di questi servizi perché ogni artigiano forniva i propri. Ultimamente c’è un ritorno interessante sulla richiesta di lavorazioni aggiuntive. Per quanto riguarda AluGreen, confermo che ci permette un’ampissima percentuale di recupero. Non tutto l’alluminio e le sue leghe sono interessanti per il nostro settore, ma questa cernita ci consente di conferire alla nostra fonderia parecchio materiale che viene reimmesso nel circolo di utilizzo. Questa economia circolare porta non tanto un risparmio finanziario,

Che misure avete previsto per questo secondo? E il personale con che spirito affronta questa sfida? Abbiamo affrontato entrambi i lockdown da soli e senza particolari aiuti, come era lecito aspettarsi. Già una settimana prima dell’annuncio del lockdown nazionale a marzo avevo stoppato le visite dei rappresentanti, preoccupato dalle brutte notizie che arrivavano dal territorio, per poi chiudere definitivamente. La responsabilità dei dipendenti, in fin dei conti, è nostra. Di contro, successivamente alla chiusura, abbiamo scoperto di poter rimanere aperti, avendo un codice Ateco di produzione di componenti per prodotti essenziali. La tutela della filiera produttiva

nostra personalità. Nei mesi scorsi, su queste pagine, Baldassare e Paolo Agnelli si sono espressi con forza a favore di decisioni coraggiose per sostenere le aziende, a cominciare dalla liquidità straordinaria e riduzione drastica della burocrazia: ne avete discusso in famiglia? In Italia è molto difficile fare tutto e fare imprenditoria in particolare. Mio padre ha un ruolo più politico e istituzionale e quindi è logico che chieda al governo quello che qualunque imprenditore chiederebbe. Purtroppo credo poco nell’interventismo statale e cerco di fare quello che posso nel mio piccolo. Ad esempio, nel 47


«I nostri core business sono ferro, alluminio e altre leghe di metalli ferrosi e non ferrosi» ristorante Bolle, abbiamo avuto modo di constatare come il sistema dei contributi statali riesca ad incepparsi su questioni anche banali. Ad oggi, non abbiamo la possibilità di cassintegrare i ragazzi assunti dopo il 13 luglio, ma, da novembre, non abbiamo nemmeno la possibilità di farli lavorare: li paghiamo per intero per stare in lockdown. Ad oggi, da imprenditore, quale sarebbe la sua richiesta a chi deve decidere come uscire dalla crisi? Purtroppo non ho ricette ma solo opinioni personalissime. Mi sento però di dire che occorre veramente ripensare il lockdown come misura contenitiva. Parliamoci chiaro: la crisi economica non è dovuta al Covid, ma alle misure che contro di esso sono state adottate. Misure che sicuramente sono state necessarie a contenere la diffusione, ma che non possono assolutamente essere applicate a medio o lungo termine. Anche a lei chiediamo un messaggio di solidarietà per la città di Bergamo e i suoi lavoratori, devastati durante la prima ondata e oggi sacrificati dalle misure in vigore. Su come affrontare le crisi, i bergamaschi non hanno bisogno di alcun messaggio di solidarietà, hanno solo da insegnare. Farei invece un appello alle istituzioni, affinché, essendo ora la situazione più sotto controllo, si impegnino a trovare soluzioni per permetterci di fare quel che meglio sappiamo fare: il nostro lavoro. Arianna Mossali 48



MODA

FAP ITALIA

«Ci siamo reinventati producendo mascherine chirurgiche certificate, firmate FAP Medical»

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AP Italia è azienda leader nella produzione di cinture in pelle di alta qualità. La cura nei minimi dettagli, abbinata ad una capacità produttiva media di 3.500 pezzi al giorno, ha portato l’impresa ad essere il principale fornitore di uno dei tre più importanti gruppi del lusso mondiale. Il proprietario Giorgio Stamerra, mente innovativa con cui abbiamo avuto il piacere di parlare, e la moglie Paola Volponi, a seguito dell’emergenza Covid e della grande crisi nel settore della moda, hanno deciso di reinventarsi riconvertendo una parte della loro produzione convenzionale in mascherine chirurgiche certificate, firmate FAP Medical.

anni 2000 avvenne la svolta che ci portò a collaborare con marchi del lusso italiani ed internazionali, così trasferimmo la produzione in una struttura più adeguata alle nuove esigenze. Oggi siamo un’azienda in continua crescita con un fatturato di circa 5 milioni di euro, capace di coniugare l’artigianalità tipica del Made in Italy con l’innovazione dei processi e dei macchinari, per soddisfare le richieste della distribuzione dei grandi marchi. Attualmente il nostro team è composto da 32 dipendenti ed, essendo consapevoli che sono le loro mani a dar vita a ciò che siamo, curiamo la loro formazione internamente e monitoriamo in continuazione il lavoro svolto, assicurando così i più alti standard qualitativi nella produzione.

FAP Italia si è affermata a livello mondiale nella realizzazione di cinture di pelle, come è nata l’idea di entrare nel settore della moda? Ci racconti la vostra storia. La moda è sempre stata nel mio DNA, ho svolto i miei studi al fine di diventare modellista. La storia di FAP Italia inizia nel 1985 quando io e mia moglie creammo un piccolo laboratorio di cinture in pelle sopra la boutique di mio padre. Nei primi

Quali sono le caratteristiche che vi contraddistinguono da tutti gli altri competitor odierni? Sicuramente il livello qualitativo, infatti sono davvero pochi i fornitori italiani di marchi di lusso, inoltre la nostra elevata capacità produttiva ci ha permesso di gestire più brand contemporaneamente, non rinunciando però alla cura nei dettagli che da sempre ci caratterizza.


«La moda è sempre stata nel mio DNA, ho svolto i miei studi al fine di diventare modellista»

Giorgio Stamerra 51


«Uniamo l’artigianalità del Made in Italy con l’innovazione per soddisfare le richieste della distribuzione dei grandi marchi» Grazie alla qualità delle materie prime ed alla cura dei minimi dettagli avete ottenuto vari riconoscimenti. Ce ne vuole parlare? Passione, innovazione, competenza hanno portato FAP Italia ad essere premiata come una delle tre migliori imprese per il settore fashion & design della regione Lombardia ed una fra le diciotto migliori d’Italia nel concorso “Impresa vincente”, indetto da banca Intesa San Paolo. Grazie all’aumento costante di fatturato del 27,3% nel quadriennio 2015/2018, siamo stati selezionati a livello nazionale da Repubblica finanza e dall’istituto tedesco ITQF fra le 500 aziende più performanti d’Italia, per la precisione ci troviamo al 170esimo posto. Come è cambiato il mondo della moda a causa della pandemia Covid? A seguito del lockdown mondiale si è verificata la chiusura dei business non indispensabili, come il fashion retail ed i duty free degli aeroporti, che, insieme alla paralisi del mercato cinese, ha portato al tracollo del settore. Il calo di fatturato medio del settore della moda è del 40% e si stima entro la fine dell’anno un miglioramento, stabilizzandosi a meno 25%.

Paola Volponi 52

FAP ha saputo però reagire riadattandosi alle esigenze del momento con la creazione di FAP Medical, specializzata nella creazione di mascherine chirurgiche certificate. Ci spieghi il progetto e come avviene la lavorazione dei vostri dispositivi medici all’interno della camera bianca Iso 8.


Per compensare il calo di fatturato, salvando così l’azienda e garantendo il posto di lavoro a tutti i nostri dipendenti (che abbiamo lasciato in cassa integrazione solo durante il primo lockdown), dal mese di maggio abbiamo iniziato un percorso di riconversione di una parte della produzione: ci siamo trasformati in FAP Medical ed abbiamo investito nella fabbricazione di mascherine chirurgiche di categoria 1 - tipo 2. Anche in questo caso abbiamo scelto la strada più complicata perché abbiamo optato per un

camera bianca ISO 8 in cui l’igiene, l’umidità e la contaminazione sono tenuti costantemente ai livelli previsti per la produzione dei presidi medici. Siamo molto soddisfatti dell’investimento perché la lavorazione occupa dieci dipendenti a cui a settembre sarebbe scaduto il contratto a tempo determinato, che ora è stato trasformato in uno a tempo indeterminato. In tutto produciamo circa 45.000 mascherine al giorno per turno lavorativo che assicurano un’efficienza del 98% nella filtrazione batterica e che tengono fede agli standard del Made in Italy. www.fapmedical.it

percorso che ci consentisse di garantire la continuità del progetto anche nel post-Covid, oltre che offrire un articolo top di gamma, certificato e garantito, in base alla direttiva 93/42/CEE, da marcatura CE supportata da ISO medicale 13485. Tutte le fasi della produzione vengono effettuate all’interno della nostra

Video reparto produttivo

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IMPRESE

Foto Antonio Milesi

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Luca Boniforti 54


BONIFORTI IMPIANTI Il Covid-19 non ferma l’azienda bergamasca con un trend in costante ascesa e commesse in Italia e all’estero

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delle attrezzature, degli automezzi per poter poi ripartire, al momento della riapertura, con la migliore organizzazione interna. Basti pensare che siamo riusciti a fatturare il 20% in più rispetto all’anno scorso.

Come avete gestito il periodo critico dei mesi scorsi, dovuto alla pandemia? Avendo cominciato il 2020 con un buon portafoglio clienti, non abbiamo subìto grossi danni a causa del lockdown. Grazie infatti anche all’inserimento di una nuova figura commerciale nel mio team, che è stata in grado di trovare nuovi importanti clienti per l’azienda, siamo cresciuti parecchio e la chiusura forzata dovuta alla diffusione del Covid, nei mesi di marzo e aprile, non ci ha danneggiato molto dal punto di vista economico, come invece è invece accaduto in altre realtà imprenditoriali. Abbiamo anzi sfruttato il tempo a disposizione per la sistemazione dei locali, degli archivi, di tutte le documentazioni,

Avete in programma cambiamenti o innovazione per il prossimo anno? Guardando al futuro, il mio obiettivo sarebbe quello di potenziare il sistema gestionale, dal momento che negli ultimi anni vi è stato un incremento di risorse umane (una trentina di lavoratori in totale). C’è bisogno di un sistema efficiente e veloce, di cui al momento non disponiamo. Il sistema gestionale per l’amministrazione è già attivo da 5 anni, per quanto riguarda quello relativo alla parte tecnica stiamo valutando diverse possibilità. Avevo pensato inizialmente di utilizzare un sistema complesso come SAP, ma valutando più attentamente mi sono reso conto che potrebbe essere troppo rigido e costoso rispetto alle nostre esigenze. Sarei più propenso per un software ad hoc, fatto su misura per le necessità aziendali, ma in questo modo il rischio è quello di essere troppo vincolati al progettista che ci realizzerà il software. Devo

oniforti Impianti srl, con sede a Albano Sant’Alessandro e leader nel settore dell’impiantistica, dai sistemi elettrici, termici, climatizzazione, fino a quelli per le energie rinnovabili, guarda al futuro senza fermarsi di fronte agli ostacoli, come ci rivela il fondatore dell’azienda, Luca Boniforti.

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Ufficio progettazione

«A Praga, dove abbiamo aperto una nuova filiale nel 2019, abbiamo realizzato diversi impianti» ancora valutare bene la decisione da prendere a riguardo. Quali sono state le ultime importanti commesse di cui vi siete occupati? A Praga, dove abbiamo aperto una nuova filiale nel 2019, abbiamo realizzato diversi impianti per il settore alberghiero, ristorazione e residenziale. Inoltre abbiamo acquisito una importante commessa per la realizzazione di impianti per un nuovo complesso residenziale, con 40 appartamenti, negozi, aree comuni, ecc. Per i mercato Italiano citiamo i lavori più significativi attualmente in corso, come l’ampliamento dell’aeroporto di Linate per un valore di 1 milione e 800 mila euro, gli impianti per il nuovo ospedale di Treviso, per il valore di 1 milione di euro, opere pubbliche a Lissone e i cantieri più piccoli che vanno dai 500 ai 300 mila euro. I cantieri più semplici sono sicuramente quelli che durano meno, dove sono meno probabili imprevisti. Quando si lavora invece per grosse commesse è necessaria una corretta gestione e coordinamento del lavoro per evitare che nel tempo la gestione tecnica ed economica scivoli di mano. L’importante è essere 56

sempre professionali e dimostrare di essere un’azienda. Questo è il motto che uso sempre coi miei dipendenti. Com’è strutturata la vostra azienda e quali sono le figure specializzate a cui vi appoggiate? Il nostro staff tecnico include due responsabili tecnici, uno per gli impianti meccanici e l’altro per gli

impianti elettrici, che gestiscono e coordinano vari tecnici. Mio figlio Riccardo è un Project Manager che si occupa di diversi cantieri, oltre alle attività di manutenzione e al service con tutti i Clienti. Inoltre abbiamo una responsabile commerciale, una responsabile

amministrativa con il proprio staff di 3 persone, due magazzinieri, 15 operai e altri vari artigiani esterni che collaborano con noi in funzione dei carichi di lavoro, con numero che varia da 15 a 40 persone. L’azienda è dotata di 12 automezzi di lavoro, ogni tipologia di attrezzatura per le varie tipologie di lavorazioni, un magazzino da 400 mq completo di muletto per la movimentazione dei materiali, e ogni altra dotazione necessaria per offrire al Cliente un pacchetto “Chiavi in mano” con qualità, servizio e professionalità. Come si diversifica la vostra attività all’estero e in Italia? All’estero abbiamo realizzato degli impianti per n° 8 ville residenziali nei Caraibi 3 anni fa. Due anni fa c’è stata invece l’apertura della nuova filiale di Praga. Adesso infatti mi divido tra qui e l’altra sede per seguire da vicino i lavori. Sicuramente c’è un modus operandi diverso tra l’Italia e la Repubblica Ceca, dovuto a una differenza culturale e storica. Proprio per questo, sto cercando di portare avanti un allineamento nelle due modalità di lavoro, affinché non vi sia un’eccessiva discrepanza. Daniela Picciolo


Via Alle Case Barca, 2 - 24126 Bergamo Tel. + 39 035 316124 - Fax + 39 035 336228 Auto Industriale Bergamasca S.p.A Via Friuli, 41 - Tel. +39 035561390 Fax +39 035563195 - Mail: info@autoindustriale.it - www.autoindustriale.it


Foto Antonio Milesi

TOP BUSINESS

SGI

Da sinistra Ileana e Chiara Cattaneo

La nostra mission? Offrire un servizio su misura alle aziende

S

.G.I. Sistemi Gestione Integrata Srl è una società di consulenza nata nel 2003 dalla passione dei due fondatori per le tematiche relative la sicurezza sul lavoro e la tutela dell’ambiente. Nel corso degli anni ha subito notevoli trasformazioni, incrementando la gamma dei servizi offerti e

La sede di Fornovo San Giovanni

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affermandosi territorialmente creando una sede principale a Fornovo San Giovanni ed altre due secondarie a Treviglio e a Bergamo. Attualmente a dirigere l’azienda le figlie di uno dei soci iniziali: Ileana e Chiara Cattaneo. Che tipo di consulenze e servizi offrite? La nostra mission è fornire un

servizio su misura alle aziende per garantire il completo adempimento dei dettami legislativi inerenti alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ed al rispetto delle normative ambientali. Il nostro team è composto da tecnici e professionisti con competenze fra loro complementari ed integrate, in grado di rispondere alle esigenze, risolvere e fornire una soluzione alle problematiche riscontrate. Inoltre, grazie alla nostra attività di sorveglianza sanitaria ed alla collaborazione con medici competenti, svolgiamo tutti gli accertamenti clinici previsti dalla vigente regolamentazione, ciò è possibile sia presso la nostra sede che presso le aziende clienti. Nel 2020 per venire incontro ai nostri clienti abbiamo realizzato l’unità mobile di medicina del lavoro, un’unità attrezzata per svolgere esami strumentali ed ematochimici


anche nelle aziende che non hanno spazi idonei e nei cantieri. Esso rispetta tutti gli standard igienicosanitari, dalla privacy dei lavoratori ai rigorosi protocolli anti-contagio da Covid-19 applicati da SGI. Per le aziende il servizio comporta numerosi vantaggi tra i quali un’ottimizzazione della gestione del tempo e dei costi. Sicurezza dei lavoratori significa anche formazione, come siete organizzati? SGI è un centro di formazione Paritetico Territoriale - Ente Bilaterale Piccole Medie Imprese, riconosciuto dalla Regione Lombardia ed iscritto all’Albo Regionale degli operatori accreditati per i servizi di istruzione e formazione professionale. Il nostro piano formativo include tutte i corsi previsti dalla normativa vigente

supportare i vostri clienti? Fin dalle prime fasi della pandemia abbiamo attivato un servizio di supporto, per i nostri clienti e non solo, per gestire questa situazione di emergenza. Da fine febbraio abbiamo predisposto un

Area esterna Safety Park

«Durante l’emergenza Covid siamo stati i primi a muoverci nel supportare le aziende»

Da sinistra Ileana e Chiara Cattaneo

L’unità mobile di medicina del lavoro

personalizzati per ogni richiesta e collaboriamo con docenti riconosciuti dai primari Enti Istituzionali nell’ambito della sicurezza. Ciò che ci permette di differenziarci da tutti gli altri competitor è il safety park, una struttura all’avanguardia dove poter formare i lavoratori ricreando scenari realistici e situazioni di emergenza quali incendio ad alto rischio, spazi confinati, percorso fumi. Questo garantisce alle aziende squadre di lavoratori addestrati e qualificati. A seguito dell’attuale emergenza sanitaria, come vi siete mossi per

tutt’ora avanti quest’attività. Il nostro sito, grazie alla sezione dedicata Coronavirus, è un punto di riferimento in costante aggiornamento riguardo alle normative vigenti, raggruppando le notizie rese note dalle istituzioni

protocollo di sicurezza aziendale in continua evoluzione, al fine di seguire ed adattarsi alle nuove regolamentazioni anti-contagio, per riprendere e continuare in sicurezza le attività lavorative. Ci siamo attivati per fornire alle aziende gli indispensabili dispositivi di protezione nei momenti in cui era difficile reperirli e portiamo

e fornendo chiarimenti. Abbiamo attivato un numero verde dedicato: 800949289. Cosa vi attende per il futuro? Quali sono i vostri progetti? La nostra esperienza e la continua crescita di SGI ci permette di non porci limiti ma solo nuovi obiettivi. Da dicembre 2020 sarà operativo il nostro e-commerce, www. formazionesicurezzabergamo. it dedicato all’acquisto di corsi di formazione e dispositivi di protezione individuale, oltre che altri prodotti come gel igienizzanti o prodotti sanificanti. Per il 2021 la nuova sfida sarà l’unità di analisi chimico-biologiche ed ambientali per ampliare i servizi interni e supportare le aziende anche sotto il profilo di tutela del territorio.

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Foto Light&Magic Productions

MATERIE PRIME

Mirko Zanga

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ITAflon

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«La volontà di esportare il nostro Made in Italy ha sviluppato l’azienda a livello internazionale»

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TAflon, fondata nel 2013 da Mirko Zanga, è un’azienda italiana che si occupa della produzione e della vendita di materie prime basate su tecnopolimeri e polimeri fluorurati, il loro materiale di punta è sicuramente il PTFE che vanta di un’ampia versatilità d’utilizzo, essa si basa su solide competenze tecniche ed è in grado di soddisfare qualsiasi richiesta da parte di un mercato sempre più performante. La presenza di un laboratorio all’avanguardia e di personale qualificato permette lo sviluppo di nuovi prodotti, rendendo l’impresa un punto di riferimento tecnico e commerciale ormai attivo a livello globale. ITAflon è specializzata soprattutto sul PTFE, materia prima unica per 300 tipologie di prodotto, ci vuole parlare di questo polimero così plurifunzionale? ITAflon è produttrice di materie prime e compound in PTFE, polimero fluorurato ricavato dalla fluorite dopo una serie di passaggi chimici, comunemente

chiamato Teflon. Le sue caratteristiche principali sono: il range di azione ad una temperatura che può variare da -200 fino a +260 gradi, la sua inerzia chimica (non subisce reazioni da acidi o da basi), la resistenza ai raggi UV (non si deteriora) e le sue proprietà anti-stick ed autolubrificanti. Acquistiamo TPFE vergine, sotto forma di polvere grezza, e lo misceliamo a secco con altre cariche inerti, come la fibra di vetro o la polvere di carbone, per dargli le caratteristiche specifiche richieste dal cliente. Industria, edilizia, automotive, aeronautica e non solo, qual è il vostro settore di punta? Come riuscite a formulare uno stesso materiale per ogni ambito? Il nostro settore principale è quello industriale. Nelle altre categorie lavoriamo meno perchè, per esempio, il business dell’automotive è destinato soprattutto alle grosse imprese. Nel nostro laboratorio interno eseguiamo quotidianamente svariati controlli sul materiale che lavoriamo e sviluppiamo

nuovi prodotti sulla base delle richieste del cliente, riusciamo così a formulare il PTFE per l’ambito necessario. Ci spieghi meglio l’attività che svolgete nel vostro laboratorio? Investite molto sulla tecnologia? Abbiamo investito molto in macchinari di ultima generazione per poter restare al passo con quello che è il mercato, di recente infatti abbiamo acquistato un microscopio elettronico che riesce a rilevare la composizione di qualsiasi tipo di materiale senza fare un’analisi distruttiva. In laboratorio, oltre a sviluppare materiali innovativi, testiamo i prodotti che forniamo ai nostri clienti per verificare che le loro proprietà rientrino nelle specifiche richieste, naturalmente controlliamo anche la qualità del PTFE vergine che acquistiamo. Il vostro mercato è per l’80% estero, avete inoltre investito in una filiale in Cina, perché e avete deciso di puntare così tanto sull’internazionalità? Nonostante l’Italia a livello europeo sia il maggiore utilizzatore di PTFE (circa il 60% dei prodotti europei 61


Lo stabilimento ITAflon a San Paolo D’Argon (Bg)

Come ha influito la pandemia Covid sul vostro lavoro? E sugli equilibri del mercato? Noi siamo sempre stati aperti (anche durante il primo lockdown), quindi dal punto di vista dell’impatto sul lavoro non abbiamo subito ripercussioni. A livello organizzativo invece eravamo, per così dire, preparati alle nuove misure perché durante la produzione utilizzavano già guanti e mascherine ed i dipendenti avevano una propria postazione dove lavorare, quindi nel momento di necessità avevamo già a disposizione tutti i DPI per

sono fabbricati in Italia), ho sempre voluto esportare il nostro Made in Italy e così l’azienda si è sviluppata a livello internazionale, ad ora l’80% della nostra produzione viene appunto venduta all’estero. I nostri mercati di riferimento sono gli Stati Uniti, la Germania e l’estremo Oriente, la filiale in Cina è totalmente uguale alla sede italiana, infatti utilizza la nostra stessa tecnologia, anche se è destinata solo ed esclusivamente al mercato cinese. 62

Continua a pagina 64


DELTA SERVICE E L’EVOLUZIONE NEL MONDO DELLA COSMESI

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S t a m p a n ti

Delta Service Automation, leader nel settore delle Etichettatrici Automatiche, nasce nel 1991 come una realtà focalizzata sull’assistenza, che negli anni seguenti si specializza sulla produzione di SISTEMI DI ETICHETTATURA. Nel 2001 l’impresa passa sotto la proprietà integrale della famiglia Lena e nel 2006 si trasferisce in una sede di oltre 1000 mq a Vaprio d’Adda, al confine con le province di Milano, Bergamo e Monza Brianza, nel cuore della Cosmetic Valley italiana. Il core business di Delta Service Automation è la produzione di etichettatrici. Con il passare del tempo però ci sono diversificati rispetto alla concorrenza, ampliando la gamma prodotti con soluzioni di Marcatura e Lottizzatura, Movimentazione prodotto e confezionamento affiancando nuove soluzioni in grado di potenziare i processi di identificazione ed etichettatura lungo la supply chain. Hanno sistemi di sovrastampa TTO, laser CO2, laser fibra, inkjet e thermal-inkjet, markem-imaje e Keyence ,per il mondo della marcatura, stampanti a trasferimento termico per etichette CAB e NOVEXX, label editor come Codesoft e NiceLabel, e laddove la Soluzione non esista, Delta Service Automation la sviluppa. Lavorando molto nel Mondo della cosmesi, che come molti altri mercati in questi ultimi anni si è indirizzato verso il Green, puntano all’eliminazione di prodotti inquinanti o indifferenziabili , è stata inserita nella gamma prodotti La Flowpack, sviluppata con i nostri Partner, idonea all’uso di packaging in cellulosa, fornendo ai nostri Clienti film BioPlastici compostabili Home&Industry rispettanti la normativa EN13432. Nel 2021 saremo presenti al COSMOPROF dal 18 al 22 marzo, esponendo le nostre soluzioni DLM di etichettatura per la cosmesi e con la Flowpack BioPlastic Ready e relativi film BioPlastici compostabili “Home&Industry”, facendo cosi’ toccare con mano il prodotto considerato Compostabile da tutti i paesi Europei.

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«ITAflon è produttrice di materie prime e compound in PTFE, polimero fluorurato»

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proteggerci. Gli unici cambiamenti che abbiamo dovuto adottare sono stati il distanziamento nel lavoro dell’ufficio e la limitazione dei contatti nelle aree comuni ed in mensa. La pandemia per noi ha influito soprattutto per via dell’impossibilità di spostarsi, persino durante il periodo in cui

si poteva viaggiare, tra prima e seconda ondata, i clienti erano sempre molto riluttanti dal punto di vista dell’accoglienza e addirittura qualche fornitore di grossi gruppi multinazionali ha messo il divieto assoluto di entrare in azienda. Dal mio punto di vista, la difficoltà che stiamo riscontrando è quella di non aver più un rapporto diretto con acquirenti e venditori, di conseguenza non riusciamo ad essere a conoscenza nello specifico di tutta la filiera o non sappiamo come il mercato si sta evolvendo, tutto ciò, quindi, ci limita su nuovi progetti e prodotti innovativi. Sono però contento del fatto che, nonostante la situazione generale non sia delle migliori, noi siamo sempre andati avanti e non abbiamo avuto calo nel fatturato, cosa non da poco, inoltre, avendo avuto la fortuna di avere già a disposizione i DPI, abbiamo aiutato associazioni del territorio ed agevolato i nostri lavoratori. Ilaria De Luca


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Il raffinato Bolle Restaurant di Lallio, simbolo di qualità delle materie prime e di maestria nell’abbinamento degli ingredienti, ci apre le porte per una rubrica dedicata alla cucina. Lo chef Marco Stagi è originario di Bergamo e ha 30 anni ma, nonostante la giovane età, vanta di grande esperienza ai fornelli, sia in Italia che all’estero, e di un curriculum di prim’ordine nel settore gastronomico. Si è diplomato alla scuola alberghiera di San Pellegrino, iniziò a lavorare all’Osteria della Brughiera dove rimase per 3 anni imparando le basi della cucina, si trasferì poi al ristornate Piazza Duomo di Alba per 5 anni dove crebbe tantissimo diventando il cuoco che è ora. Gli anni decisivi per la sua carriera furono quelli trascorsi in Belgio, all’Hof Van Cleve, uno dei ristoranti a tre stelle Michelin più prestigiosi al mondo. Tornò successivamente in Italia e lavorò per qualche tempo come sous-chef a Casa Perbellini a Verona, l’ultima tappa del suo attuale percorso l’ha riportato a Bergamo per esibire il suo talento nel ristorante firmato Agnelli. Il capo della brigata di cucina Bolle ha deciso di condividere con noi le sue esclusive ed equilibrate ricette, portando sulle nostre tavole la sua arte culinaria, ricca di colori, profumi e sapori. È possibile consultare la ricetta anche in modalità video sui social della rivista (Facebook e Instagram).


Gli ingredienti ● Petto di faraona x2 ● Rape all’aceto x5 ● Succo di barbabietole all’aceto 90g

● Burro chiarificato 10g ● Burro 15g ● Timo e salvia q.b.

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Vino rosso ridotto q.b. Aglio nero 50g Aceto 100g Olio vinaccioli 300g Sale q.b. Pepe q.b. Erba stellina (o prezzemolo) q.b.

Preparazione le rape nel succo il burro in una 01 Cuocere 03 Mettere di barbabietola all’aceto padella con timo e salvia fino a farle diventare rosse accese

un’emulsione 02 Creare all’aglio nero unendo

appunto l’aglio nero con l’aceto e l’olio vinaccioli e montando il tutto energicamente

per farlo diventare “burro nocciola”

nocciola e continuare la cottura fino a quando non diventerà dorata su entrambi i lati

la faraona con a fettine salando 06 Tagliarla 04 Cuocere burro chiarificato per e pepando il giusto renderne la pelle croccante

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Spostare la faraona nella pentola con il burro

una salsa con gli 07 Creare scarti di faraona ed il succo di barbabietole

la faraona 08 Impiattare spennellandole sopra il vino rosso ridotto e aggiungendo le rape,

l’emulsione all’aglio nero, l’erba stellina e la salsa creata

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Foto Light&Magic Productions

MOTORI

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BMW NUOVA SERIE 4 COUPÉ


B

a r i c e n t r o decisamente s p o r t i v o , maneggevolezza perfetta e massima agilità: performance e dinamicità fanno della Nuova BMW Serie 4 Coupé la compagna giusta per tante avventure emozionanti. Abbiamo provato la nuova vettura della casa automobilistica bavarese,

messa gentilmente a disposizione dalla concessionaria BMW Lario Bergauto, nelle vie più affascinanti della città. Con il suo inconfondibile design degli esterni la Nuova BMW Serie 4 Coupé esprime tutto il suo carattere affascinante: forte presenza scenica, prestazioni superlative e finiture lussuose sono tra le principali caratteristiche di questa vettura. Il marcato frontale con la caratteristica calandra a

doppio rene BMW sottolinea inoltre l’indiscutibile personalità della Nuova BMW Serie 4 Coupé.Rispetto invece alla Serie 4 precedente, la nuova si è fatta decisamente più grande. La lunghezza è aumentata di 128 millimetri (arriva a 4.768 mm), la larghezza di 27 (1.852) e l’interasse di 41 (2.851). L’altezza del veicolo è aumentata di soli 6 mm (ora è di 1.383 millimetri). Il design degli interni mette il guidatore al centro

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dell’attenzione e il linguaggio formale preciso e gli elementi di design di alta qualità garantiscono un aspetto moderno e indipendente. Entrati nell’abitacolo della nuova Serie 4 si respira infatti l’aria di famiglia di tutte le recenti BMW, parliamo quindi di un cockpit piuttosto classico, orientato verso il guidatore e caratterizzato da linee pulite capaci di offrire il giusto compromesso tra

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tecnologia e tradizione. All’estremità superiore della plancia troviamo l’ampio display da 12,3 pollici del sistema di infotainment che permette di controllare numerose funzioni (anche attraverso i comandi vocali o gestuali), tra cui quelle del sistema audio, della navigazione satellitare e della connettività per smartphone che per la prima volta adotta anche Android Auto, pronto

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100 MEDICI CONNESSI DA UN CENTRALINO VIRTUALE IL COVID SI COMBATTE (ANCHE) CON L’UNIFIED COMMUNICATION

“ ... con la tecnologia giusta, tutto può connettersi “

Planetel S.r.l. Via Boffalora, 4 24048 Treviolo (BG) Tel. 035.204070 info@planetel.it www.planetel.it

Un centralino virtuale che riceve le chiamate dei pazienti Covid e le reindirizza ai medici di turno, trovandone sempre uno disponibile: ecco il cuore tecnologico di Rocco (Registry Of Coronavirus Complications), il progetto socio-assistenziale e di ricerca che ha ricevuto il supporto del Servizio di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, che per un anno monitorerà 600 pazienti che hanno contratto il Covid-19. L’obiettivo è quello di compilare un open register accessibile a tutti i ricercatori, che conterrà gli studi sui marcatori in grado, già all’inizio della malattia, di indicare la gravità della malattia stessa e prevedere le sue complicanze a lungo termine.

quello che si definisce Unified Communication – tra la linea fissa e la linea mobile. Cosa vuole dire questo nella pratica? Che i pazienti hanno un solo numero di riferimento, ed è poi il centralino che inoltra le chiamate all’applicazione Sangoma Connect installata sui cellulari dei medici reperibili, trovandone sempre uno pronto a rispondere”.

L’idea nasce durante il lockdown per volontà di Maurizio Maggioni, responsabile del Call Center Covid-19 Rotary Bergamo 2042, tra i principali organizzatori del progetto Rocco insieme all’ostetrica Monica Vitali. I pazienti volontari verranno seguiti per un anno da decine di medici con contatti telefonici periodici, grazie al call center attivato dal Rotary distretto 2042 nella fase più acuta dell’emergenza. Uno strumento che rappresenta un punto di riferimento prezioso anche per valutare la presenza di problematiche respiratorie, riabilitative, di dolore oppure altri problemi clinici nuovi scaturiti dopo il Covid, oggi potenziato grazie alla collaborazione tecnica di Planetel.

La piattaforma di Planetel integra completamente la tecnologia VoIP con il protocollo SIP, realizzando una concreta riduzione dei costi e portando “Unified Messaging” e “Unified Communications” alla massima potenza. Call center, videochiamate, telegestione, file sharing, reportistica del traffico telefonico sono solo alcune delle opzioni attivabili a seconda delle esigenze specifiche. “In una normale giornata lavorativa – chiarisce Borgnini – utilizziamo alternativamente vari metodi di comunicazione: un breve messaggio, una telefonata da cellulare, email, conference call, messaggi istantanei, condivisione di schermi. Il problema è che nella maggior parte dei casi questi mezzi di comunicazione usano sistemi diversi e non integrati tra loro. I sistemi di Unified Communication sono applicativi che permettono agli utenti di spaziare in pochi secondi da un semplice messaggio istantaneo a una chiamata, fino alla condivisione di schermi o a sessioni di collaborazione sulla stessa applicazione”.

“Abbiamo aderito con piacere a questo progetto – spiega Massimo Borgnini, Direttore Vendite per il mercato Business – mettendo a disposizione Sangoma, uno dei nostri prodotti di punta per le aziende. Si tratta di una piattaforma software che consente l’integrazione – in gergo tecnico è

Attraverso Sangoma, Planetel implementa un sistema che permette di connettere varie forme di comunicazione e di spostarsi da un canale all’altro facilmente, potenziando l’efficienza degli scambi di idee e informazioni. Perché con la tecnologia giusta, tutto può connettersi.


ad affiancare la compatibilità di Apple CarPlay. Per quanto riguarda le motorizzazioni, la nuova Serie 4 Coupé viene proposta nelle versione a benzina 420i, equipaggiata con il quattro cilindri 2.0 litri turbo da 184 CV, seguita dalla 430i con motore 2.0 litri turbo benzina da 258 CV, mentre al top di gamma si posiziona la M440i xDrive, equipaggiata con il 6 cilindri 3.0 turbo benzina da 374 CV. Sul fronte dei diesel troviamo invece la 420d, forte di un 2.0 litri turbodiesel da 190 CV; quest’ultima e la M440i possono inoltre contare sulla tecnologia mild hybrid 48V che supporta il motore termico con una potenza aggiuntiva di 8 kW (11 CV). Alessandro Belotti

LARIO BERGAUTO Via Campagnola, 50 Tel. 035 4212211 - BERGAMO Corso Carlo Alberto, 114 Tel. 0341 27881 - LECCO Via Brescia, 78 - Tel. 035 830914 GRUMELLO DEL MONTE www.lariobergauto.bmw.it www.mobility.it

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MOTORI

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AUDI E-TRON SPORTBACK


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a prima Sportback Audi completamente elettrica è guida adrenalinica e design che conquista, affermandosi subito come l’elettrico che promette emozioni allo stato puro. Abbiamo provato la nuova vettura della casa automobilistica

tedesca, messa gentilmente a disposizione per l’occasione dalla concessionaria Bonaldi Audi Bergamo, nella splendida cornice di Città Alta. Un nuovo concetto stilistico diventa l’ingrediente più prezioso della prima Sportback Audi completamente elettrica. Dentro e fuori, Audi e-tron Sportback ha tutto quel che si può desiderare: per quanto riguarda

gli interni, la ricerca di materiali pregiati e colori eleganti si abbina perfettamente alle superfici lucide della plancia e ai tasti in vetro ottico nero. Il pacchetto luci d’ambiente include l’illuminazione multicolore delle linee e delle superfici degli interni. L’Audi virtual cockpit e l’MMI agevolano inoltre un uso intuitivo, mentre la riduzione al minimo di tasti e pulsanti è a tutto 79


vantaggio dell’essenzialità. Grazie alle sue tecnologie, ridisegnate per la mobilità elettrica, è possibile rilassarsi e concentrarsi alla guida. Il tetto panoramico in vetro, su richiesta, offre un’ineguagliabile sensazione di libertà, regala luminosità e stile agli interni, mentre l’eccellente climatizzazione crea il microclima perfetto, senza

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dimenticare il frangivento integrato in grado di ridurre il rumore dell’aria anche quando il tetto è aperto. Il sistema di trazione di Audi e-tron Sportback è dotato di un motore elettrico sull’asse anteriore e uno posteriore con una potenza totale fino a 408 CV (300 kW). Da fermo, il motore eroga una coppia massima di 664 Nm,


consentendo un avviamento e una ripresa estremamente diretti e senza cali. A listino sono disponibili anche le verisoni e-tron S ed e-tron S Sportback che erogano 503 CV di potenza, assicurando un’accelerazione da 0-100 km/h in soli 4,5�. La potente batteria ad alta tensione di Audi e-tron Sportback immagazzina fino a 95 kWh di

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«Dentro e fuori, Audi e-tron Sportback ha tutto quel che si può desiderare»

energia per garantire grande autonomia, oltre i 400 km (WLTP). Solo grazie ai due motori elettrici, Audi e-tron Sportback recupera oltre il 90% di tutte le decelerazioni e sfrutta così al massimo ogni occasione di recupero. La prima Sportback elettrica Audi è dunque una combinazione di sportività, efficienza e sostenibilità per la quotidianità. L’abitacolo offre ampio spazio e incredibili possibilità: a sedili ripiegati, la capacità di carico massimo viene quasi raddoppiata. Un ulteriore vantaggio è il vano bagagli anteriore che aggiunge alle possibilità di carico un volume di 60 litri: il posto ideale per riporre i cavi per la ricarica. Alessandro Belotti

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