Bergamo Economia febbraio

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MENSILE DI FEBBRAIO 2021 - NUMERO 140 - € 3,00

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Rivista mensile - In edicola al prezzo di 2.00 euro. Poste Italiane S.p.A. Sped. in abb. post. 70% DCB Bergamo. In caso di mancato recapito restituire al mittente.

LE INTERVISTE • Attilio Fontana • Giuseppe Remuzzi • Patrizia Graziani

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EDITORIALE febbraio 2021

Pantone 2021: verde etichetta Eppure, le cosiddette etichette ambientali ovvero quelle che informano sulla sostenibilità del processo produttivo, sull’utilizzo di materiali riciclati o su di un prodotto interamente riciclabile, sull’energia utilizzata per la produzione o sullo sfruttamento naturale sono davvero poche e - salvo che per alcune filiere non obbligatorie. Ci sono enti che certificano e produttori che, per loro sponte, inseriscono queste informazioni. Ma è solo buon senso.

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a consumatori siamo abituati alle etichette. Siamo stati educati a leggerle per saperne di più.

Sull’allevamento delle uova, sulla provenienza del pesce, sul blend delle olive utilizzate per l’olio, sulle coltivazioni degli agrumi. Etichette che ci accompagnano ben oltre gli acquisti alimentari. Le leggiamo per conoscere la fattura di un capo di abbigliamento, per sapere a che temperatura lavarlo e come stirarlo. E poi ci sono quelle sui dosaggi di prodotti chimici o detergenti. Abbiamo etichette che ci indicano la classe energetica degli elettrodomestici. Quelle che certificano la conformità del prodotto alle norme nazionali o europee. Perfino l’acqua imbottigliata, che per essere ingeribile deve rispettare tre semplici fattori come l’essere incolore, insapore e inodore, riporta in etichetta la propria composizione minerale.

Siamo stati bombardati dal “biologico” e dal “non contiene ogm”. Abbiamo vissuto l’ondata del “senza olio di palma”. Non è forse ora del “realizzato con materiale riciclato”? E se partissimo quindi proprio dall’etichetta, dalla manifestazione al consumatore o utilizzatore, del valore “green” del prodotto per avviare la transizione verde tanto necessaria al pianeta quanto richiesta dall’Europa? L’Ue ci chiede di cambiare passo ma per farlo occorre investire incentivando le aziende ad attivare nuovi processi di produzione, premiando le industrie più virtuose che già operano in economia circolare ma soprattutto valorizzando la produzione che deriva dal recupero e dal riciclo di materie prime, altrimenti la svolta ecologica è fine a sé stessa. Gli obiettivi comunitari? Ridurre la produzione di CO2 del 55% entro il 2030. Traguardi che non possono essere raggiunti con il solo utilizzo di energie rinnovabili, serve lo sforzo dell’industria e il supporto delle istituzioni per capovolgere il paradigma esistente. Un piano industriale dedicato al

recupero, all’utilizzo della materia prima seconda ovvero realizzata da scarti vuol dire anche intervenire positivamente su due dei tre maggiori ostacoli oggi esistenti per le pmi italiane: il costo dell’energia e il costo delle materie prime. L’Italia ha già avviato con successo il recupero degli imballaggi in alluminio (65%), in plastica (90%) e in vetro (91%), come confermano i dati dei consorzi di filiera - molto possiamo fare ancora con il legno e la carta. Ma questi sforzi vanno premiati incentivando le imprese a utilizzare il materiale di seconda generazione, incentivo in valore che deve essere trasferito anche al consumatore finale. Due prodotti realizzati con lo stesso materiale non lasciano esteriormente intendere che uno dei due possa essere realizzato con materiale riciclato; e lo stesso consumatore che voglia effettuare una scelta ecologica spesso non è messo nelle condizioni di farlo: premiamo questo interesse con una scontistica nel prezzo e spieghiamone il perché in etichetta. Perché no, prevedendo per gli oggetti provenienti da materiale riciclato un abbassamento dell’iva per l’utilizzatore finale. Esercizio di stile da applicare necessariamente anche alle forniture industriali. Le materie prime seconde devono diventare il mercato di riferimento e non solo una valida alternativa. La supply chain o la catena di fornitura per essere davvero green deve poter intervenire su tutti gli anelli del processo, altrimenti rimangono solo belle parole. Paolo Agnelli

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CONTENUTI febbraio 2021

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REGIONE LOMBARDIA

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ISTRUZIONE

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COVER STORY

ECONOMIA ATTUALITÀ & POLITICA

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6. 12. 18. 22. 28. 34. 38. 42. 52.

REGIONE LOMBARDIA Fontana: «Lombardia, buoni i dati epidemiologici, adesso misure concrete per imprese, turismo e trasporti» RICERCA Remuzzi: «Qualunque vaccino per qualunque variante è sempre meglio di nessun vaccino» ISTRUZIONE Graziani: «Rischiamo di perdere una generazione» IL CONVEGNO Uniti contro la pandemia COVER STORY Victrix: «In soli cinque anni ci siamo affermati nel settore armiero, superando alcuni dei marchi storici» L’ANALISI MMT TOP BUSINESS BASF Italia: «La nostra mission da oltre 25 anni è produrre chimica per uno sviluppo sostenibile» INNOVAZIONE IoTReady, l’Internet of things L’IMPRESA Debutto a Piazza Affari per Planetel


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MASERATI LEVANTE

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BERGAMO ECONOMIA MAGAZINE Rivista mensile di economia attualità, costume e stile (Registrazione al Tribunale di Bergamo nr. 5 del 21/02/2013) Società editrice: Giornale di Bergamo S.r.l. Via San Giorgio 6/n - 24122 Bergamo Direttore responsabile: Paolo Agnelli Direttore editoriale: Francesco Legramanti Concessionaria pubblicità locale: Giornale di Bergamo S.r.l. Via San Giorgio 6/n - 24122 Bergamo Tel. 035 678811 - Fax 035 678895 info@bergamoeconomia.it www.bergamoeconomia.it Stampatore: CPZ SPA Costa di Mezzate (Bg) Via Landri, 37 - Tel. +39 035 681 322 Abbonamenti: Tel. 035 678811 Costo abbonamento: 25 euro per 10 mesi

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REGIONE LOMBARDIA

FONTANA

«Lombardia, buoni i dati epidemiologici, adesso misure concrete per imprese, turismo e trasporti»

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l punto di vista del Presidente della Regione, Attilio Fontana, sulla crisi COVID e gli argomenti di attualità: i dati epidemiologici lombardi, il sostegno alle PMI regionali, la road map, ad oggi del tutto ipotetica, verso l’uscita dal tunnel. Presidente Fontana, Altri Stati hanno adottato il modello Italia (restrizioni, chiusure e coprifuoco), la differenza è che altrove il

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sistema ristori ha funzionato adeguatamente e con somme consistenti destinate alle attività colpite. MES a parte, come verranno aiutate le imprese superstiti nella ripartenza? Al di là di quello che avviene a livello nazionale, posso dire che, come Regione Lombardia, abbiamo attivato tre diversi canali per aiutare le imprese. Il primo è l’accesso al credito. Attraverso dei bandi, abbiamo sbloccato oltre 560 milioni che sono stati utilizzati soprattutto dalle piccole

e medie imprese. Abbiamo poi cercato di venire incontro sia alle categorie particolarmente colpite dalle misure restrittive, sia a quelle non prese in considerazioni dalle misure compensative nazionali, attraverso dei ristori per un valore complessivo di 220 milioni, alcuni dei quali già accreditati. Inoltre, e credo che in questa terza fase si tratti di un aspetto particolarmente importante, abbiamo previsto un piano di investimento in opere pubbliche di circa 4 miliardi ripartiti tra il 2020, 2021 e 2022.


7 Foto Matteo Zanardi


Una prima tranche di 400 milioni è stata messa a disposizione tra enti locali, Regioni e Provincie a condizione che i cantieri fossero avviati entro il 31 dicembre 2020. Ne sono partiti circa 2600. Un importante contributo al rilancio di alcune filiere, senza dubbio. Come stanno andando i dati epidemiologici lombardi? Una volta che il Covid si potrà dire archiviato, come possiamo prepararci ad eventuali future emergenze? Le strutture ospedaliere sono pronte o lo saranno? La situazione contagi è stazionaria, ovvero sta retrocedendo molto lentamente. Ovviamente la situazione è in continua evoluzione, dobbiamo continuare ad essere prudenti nei nostri comportamenti, tuttavia credo di poter definire i nostri dati abbastanza buoni. La principale carenza di cui abbiamo risentito in questi mesi è stata sicuramente quella di personale. I tagli effettuati negli ultimi dieci anni al settore della sanità, per oltre 36 miliardi, alla fine, inevitabilmente, hanno presentato il conto. Politiche sbagliate, numero chiuso alla facoltà di medicina, e riduzione delle spese per i dipendenti, sono state scelte sbagliate da parte dei governi che si sono succeduti. Resta il fatto che siamo stati la prima regione, a livello sia nazionale che internazionale, ad affrontare in maniera razionale questo disastro. Ad oggi, che la verità sta emergendo, si calcola che in Lombardia fossero presenti addirittura sette varianti del virus, il che spiega perché in alcune provincie l’epidemia sia stata più aggressiva, in altre meno. Non avevamo idea di come affrontare tutto questo, nessuno ancora sapeva niente. Ciononostante, sottolineo ancora una volta come la struttura della sanità lombarda abbia saputo reggere il colpo. E ogni giorno che passa, cerchiamo di aggiornarci e prepararci ad ogni evenienza. Il settore turistico è stato messo in ginocchio e non sarà facile ripartire. La Lombardia non è magari la prima regione italiana a cui si pensa parlando di turismo, 8

ma senza dubbio anche per il nostro PIL esso è fondamentale. Forse non la prima, ma ci collochiamo tra le prime cinque regioni italiane per quanto riguarda il peso del turismo nel PIL. Oltretutto, quando la pandemia ha colpito, eravamo in una fase di forte crescita, tant’è vero che, nei primi mesi del 2020, c’era stato un aumento del 6% nel fatturato complessivo nel settore, rispetto allo stesso bimestre dell’anno precedente. Era quindi un comparto a cui guardavamo con grande ottimismo, e che adesso ha bisogno di tutto il nostro sostegno come istituzioni. Certo, la condizione necessaria per la ripartenza è la riapertura dei confini.

ambientale, bensì nelle situazioni di assembramento. Tra gli argomenti attualità in tema di Covid 19 su cui vorremmo una sua lettura, c’è anche la scuola. Ormai abbiamo perfettamente chiaro che l’istruzione a distanza è diventata distante, che manca tutta quella parte di rapporto umano che fa della scuola un luogo di formazione e non di semplice trasmissione di concetti, e tra i

Parlando di turismo, non si può non parlare di ristorazione: una

«La Lombardia, che da sola genera il 24% di tutto il trasporto pubblico nazionale, riceve fondi che coprono solo il 17%» tra le categorie che maggiormente si è fatta sentire nella crisi, e che maggiormente ha investito per mettere a norma la propria attività, pur vedendo vanificati i propri sacrifici. La cosa che lascia esterrefatti è che siano state predisposte delle linee guida, approvate dall’ISS e dalla comunità scientifica di tutto il mondo, per mettere queste attività in sicurezza, e nonostante gli investimenti fatti dai ristoratori e dai baristi sia stata loro revocata la possibilità di lavorare. Su questo occorre un ripensamento: o le linee guida non funzionano, oppure questi imprenditori vanno meglio aiutati. Ormai abbiamo tutti perfettamente chiaro che la situazione di rischio non si crea all’interno di un locale che rispetta i distanziamenti la sanificazione

ragazzi (e non solo tra loro) cresce il disagio, tanto che il tasso di abbandono degli studi sta salendo: come pensate di affrontare questa emergenza educativa? Ho sempre sostenuto che la scuola debba essere in presenza, pur riconoscendo che la didattica online ha consentito agli studenti di non perdere l’anno. Sono assolutamente d’accordo sul fatto che scuola significhi rapporto umano e scambio di esperienze; purtroppo la situazione impone


il rispetto dei protocolli, pur ribadendo che è importante che le lezioni si svolgano in presenza, almeno in parte. Più volte, da inizio pandemia, si è fatto presente che non si può affrontare il problema senza mettere mano ai trasporti, attualmente sottodimensionati: Regione Lombardia come si sta organizzando al riguardo? Regione Lombardia ha dato una

trasporto, per un totale di 550 milioni, altrimenti quel 7% di gap ci metterebbe in difficoltà, non consentendoci di garantire il servizio. Anche questa è una situazione che va ripensata.

per evitare di finire nuovamente in una situazione di difficoltà. La Lombardia ha abbastanza riserve per le seconde dosi, ma altre Regioni che hanno fatto uno sprint iniziale sulla prima dose rischiano

«I nostri dati sono abbastanza buoni ma dobbiamo continuare ad essere prudenti nei nostri comportamenti quotidiani» di veder vanificati i propri piani vaccinali. Che previsioni e che idea si è fatto sull’andamento dei piani vaccinali? Per quando è realistico ipotizzare una riapertura totale, ancorché a fronte di precauzioni? E quali potrebbero essere queste precauzioni? Sarebbe realistica l’ipotesi di una patente di vaccinazione? Tutto dipende da quanti vaccini riusciremo ad avere. Per ora abbiamo solo le dosi Pfizer, che sono una goccia nel mare, appena sufficienti a coprire il fabbisogno degli operatori sanitari. Senza un numero consistente di vaccini, e un’idea precisa dei tempi di distribuzione, possiamo fare solo ipotesi, anche se noi siamo pronti a partire. Ovviamente le precauzioni individuali sono entrate nella quotidianità, personalmente non le renderei obbligatorie ma inviterei a mantenerle particolarmente in situazioni di rischio. Patente vaccinale? È una questione molto tecnica, per il momento la rimanderei.

risposta positiva da questo punto di vista, anche alla riapertura delle scuole. Abbiamo concordato delle linee guida di comportamento con i prefetti e implementato i mezzi. Anche in questo caso, però, quello che lascia perplessi è che Regione Lombardia, che da sola genera il 24% di tutto il trasporto pubblico nazionale, riceva fondi che coprono solo il 17%. Dirò di più: siamo la sola regione ad integrare di tasca propria i contributi destinati al

Cosa pensa della politica di Pfizer, che sta riducendo le consegne di vaccini? Non posso che pensarne negativamente. Se ci sono stati degli errori da parte di chi ha garantito un contratto di questo genere, dovevano esserci più garanzie e credo anche che la UE e il governo debbano farsi sentire maggiormente. Un colosso come Pfizer non si lascia certo intimorire da una causa. Gli interventi devono essere molto più duri e più mirati,

Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori e il presidente della provincia Gianfranco Gafforelli hanno richiesto una deroga per esonerare Bergamo dalle restrizioni vigenti a seguito dei dati Rt ormai minimi in tutta la provincia, da bergamaschi ci piacerebbe avere un commento a riguardo. Perché non è stato possibile allentare le misure? Io ho sostenuto la richiesta di Bergamo, purtroppo ci è stato risposto che considerata l’elevata mobilità intra provinciale e regionale della circolazione del virus non solo 9


«Ai bergamaschi dico di tenere duro e di non mettere da parte tutti i progetti e le idee che avevano in serbo per ripartire»

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in tutta la Regione, ma anche in tutti i territori richiedenti, con livelli di incidenza molto diversi in aree contigue era impossibile valutare in modo puntuale la resilienza a livello sub-regionale. Mi chiedo, quindi, perché prevedere questa possibilità, se poi non è di fatto attuabile. Bergamo è stata la prima città in Europa ad essere stata colpita da questo terribile virus, quale messaggio darebbe ai bergamaschi e tutti i nostri lettori? Ai bergamaschi dico di tenere duro e di non mettere da parte tutti i progetti e le idee che avevano in serbo per ripartire. Mantenete la vostra forza e ripartiremo appena possibile. Arianna Mossali


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«I tre vaccini che abbiamo a disposizione adesso proteggono dalle infezioni gravi e questo riduce ospedalizzazione e rischio di morte»

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REMUZZI

«Qualunque vaccino per qualunque variante è sempre meglio di nessun vaccino»

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poco più di un mese dall’autorizzazione dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali) alla somministrazione del primo vaccino anti-Covid, abbiamo chiesto a riguardo un’opinione ad una delle più grandi menti scientifiche che Bergamo abbia mai avuto: il Professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Professore, ci illustri le principali differenze nella tecnologia impiegata nei vaccini: Pfizer, Moderna e Astra Zeneca. Come funzionerà invece il vaccino italiano ReiThera? Pfizer e Moderna utilizzano l’innovativa tecnologia dell’mRNA: l’RNA messaggero viene avvolto da uno strato lipidico ed iniettato, stimolando la formazione della proteina Spike del SARS-CoV-2 che a sua volta favorirà la produzione degli 13


anticorpi contro il Covid-19, quindi nel caso una persona vaccinata dovesse contrarre il coronavirus, gli anticorpi riconosceranno la spike in cui si sono già imbattuti nell’attacco simulato. Astra Zeneca invece è un vaccino a vettore virale, si inietta quindi un adenovirus inerte a cui si inserisce il codice genetico del Covid-19 per la produzione della proteina Spike. ReiThera sfrutterà la medesima tecnologia di Astra Zeneca. Quale efficacia garantiscono questi vaccini? Qual è la tecnologia migliore? La tecnologia più nuova è quella di Pfizer e Moderna, i loro vaccini proteggono del 90-92% dopo la seconda somministrazione, invece Astra Zeneca difende del 76-82% a seguito delle due dosi, quindi sono tutti e tre ottimi. Ogni vaccino protegge comunque al 100% dallo sviluppo di infezioni gravi che portano ad ospedalizzazione e morte. Ci sono stati dibattiti riguardanti al fatto che Astra 14

Zeneca non vada iniettato a coloro che hanno più di 55 anni, ma ciò è dettato solamente dal fatto che non è stato testato su chi aveva un’età maggiore, il 10% degli studi di fase tre ha smentito quest’ipotesi, credo infatti che sia giusta la decisione

se escludiamo queste persone rischiamo di fare il vaccino a chi ne ha meno bisogno.

«Quello di cui ci stiamo accorgendo è che è bene evitare la seconda dose in chi ha già contratto il virus con sintomatologia chiara»

Un aspetto sconosciuto è la durata degli anticorpi indotti dal vaccino, per quanto dovrebbero permanere nell’organismo? L’idea del più grande vaccinologo del mondo, Stanley Plotkin, è che questa immunità possa durare almeno 6 mesi, come quella di coloro che hanno contratto il virus. Trascorso questo periodo c’è comunque una forte protezione nei confronti di infezioni gravi, poiché le nostre cellule della memoria ricordano per molto tempo di aver visto le proteine dal virus e se le incontrano di nuovo formano anticorpi subito.

dell’Inghilterra di somministrarlo a chiunque. La presenza di patologie, a mio avviso, non dovrebbe essere una controindicazione perché è appunto chi ha altre malattie che rischia maggiormente di morire,

Si è parlato di possibili reazioni avverse, anche importanti, in soggetti che hanno già sviluppato gli anticorpi al virus, al di là delle difficoltà organizzative, non sarebbe stato opportuno prevedere un test sierologico Continua a pagina 16



preventivo per individuare i soggetti già immunizzati? Questo è molto difficile, perché il sierologico individua gli anticorpi che possono esserci o non esserci più perché appunto durano pochi mesi, la differenza la fanno le cellule della memoria, come dicevamo prima. Quello di cui ci stiamo accorgendo è che è bene evitare la seconda dose in chi ha già contratto il virus con sintomatologia chiara perché rischia di stare molto male, si manifestano infatti febbre alta e forti dolori muscolari, come se si avesse il virus, questo perché

«Nella nostra provincia, il numero di persone che ha contratto il virus si aggira intorno a 420.000, quindi sono parzialmente protette»

L’immunizzazione è reale o persiste la possibilità di essere contagiati e quindi di contagiare? Sì, i vaccini sono assolutamente sicuri. Non ci si ammala vaccinandosi perché non viene iniettato il virus, bensì il suo corredo genetico. Però, ad ora, non c’è la certezza assoluta che una persona vaccinata non possa contagiare poichè il vaccino protegge dall’ammalarsi, ciò significa che, nel momento in cui si entra in contatto con il virus, l’organismo reagisce ad esse per debellarlo ma, in quell’arco di tempo, il Covid-19 è in corpo, quindi si ha probabilità teorica di trasmetterlo.

di vaccinarsi, è decisamente prematuro pensarlo. In cosa si diversificano le varianti di Covid-19? Sono più contagiose o mortali rispetto al virus di marzo? Rispetto al virus di marzo le varianti presentano una mutazione della proteina Spike, come nel caso di quella inglese o brasiliana, o del suo recettore ACE2, nel caso della sudafricana, ciò le rende sicuramente più contagiose (7030% in più) ma non è detto più letali.

Ci sono molti dibattiti riguardanti l’eticità di un possibile passaporto vaccinale per il Covid-19, il cui

C’è il rischio che queste varianti mettano a repentaglio il piano vaccinale che abbiamo tanto atteso? C’è la possibilità che le varianti possano resistere al vaccino, è difficile capire quali varianti

vaccino però non è obbligatorio, cosa ne pensa? In realtà il passaporto vaccinale c’è già da diversi anni, quando facciamo una vaccinazione ci viene rilasciato un libretto in cui sono annotate tutte le somministrazioni fatte fin da bambini. Per esempio, se si va in determinati luoghi, come Africa e Sud America, richiedono determinati vaccini che ti vengono chiesti in aeroporto al momento dell’arrivo. Riguardo al fatto di mandare in giro solo chi ha il vaccino non credo sia una grande soluzione, quando tutti avranno fatto il vaccino, il Covid probabilmente non ci sarà più. Inoltre, in un momento in cui soltanto l’1% della popolazione italiana ha avuto la possibilità

siano sensibili ma lo è anche individuare a quale vaccino siano meno sensibili, poichè Pfizer ed Astra Zeneca sono stati sviluppati prima della mutazione del virus. Ciò non significa che il vaccino non serva a niente, nonostante quello di AstraZeneca sembri molto meno efficace contro la variante sudafricana, anche in questo caso potrebbe proteggere dalle forme più gravi di infezione. Purtroppo certezze in questo momento non ne abbiamo. Concluderei l’intervista con una frase di un articolo pubblicato dal New York Times: “Qualunque vaccino per qualunque variante è sempre meglio di nessun vaccino”. Ilaria De Luca

l’organismo riconosce la proteina Spike già memorizzata e produce gli anticorpi per attaccarla. Dati epidemiologici alla mano, quante dosi dovranno essere somministrate per poter parlare di immunizzazione di massa? Una risposta sicura non c’è, se ci fosse soltanto il vaccino saremmo intorno al 70%, ma in realtà ci sono tanti altri fattori, per esempio se guardiamo la provincia di Bergamo, il numero di persone che ha contratto il virus si aggira intorno a 420.000, quindi sono completamente o parzialmente protette. Inoltre c’è chi possiede un’immunità pre-esistente, cioè esiste chi ha già all’interno del proprio organismo delle cellule immuni al virus già da diversi anni, si stima il 20-30% della popolazione. Tutto ciò fa sì che, verosimilmente, sia sufficiente vaccinare il 50% per avere un certo grado di immunità. I vaccini che ci apprestiamo a fare sono dunque sicuri? 16


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ISTRUZIONE

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a professoressa Patrizia Graziani, dirigente del Provveditorato agli Studi di Bergamo, risponde alle nostre domande circa le sfide affrontate e da affrontare nella scuola post-pandemia, e lancia l’allarme su una generazione, già fragile, ulteriormente colpita dallo stravolgimento della propria normalità e delle proprie prospettive. Professoressa Graziani siamo al giro di boa di un anno scolastico partito tra promesse di normalità e poi evolutosi in una direzione completamente diversa. A Bergamo eravamo partiti bene,

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GRAZIANI

Provveditorato agli studi, la dirigente preoccupata: «Rischiamo di perdere una generazione» che ci mettessero in sicurezza, tutto è andato bene e questo ci ha dato la spinta per pensare a una riapertura in condizioni normali, salvo poi adeguarci alle misure prese in considerazione della curva epidemiologica. Al momento siamo in zona gialla, il che vuol dire che anche la didattica in presenza può riprendere; è ipotizzabile per il prossimo anno scolastico una ripresa totale, anche delle attività esterne come gite e tirocini, sempre nel rispetto del buon senso? Me lo auguro, soprattutto per i ragazzi che hanno perso la propria normalità e la visione della scuola come uno spazio di vita, e non solamente uno spazio di didattica nozionistica, che non lascia però spazio ai percorsi di crescita personali degli alunni. La scuola non è solamente un luogo dove si va per imparare: è uno spazio dove si impara attraverso esperienze vissute, creazione di un sistema di relazioni con i pari e con gli adulti, attività diversificate, esperienziali, ecologiche, sportive, tappe fondamentali nel percorso di ogni allievo. Quindi, spero davvero che, nel rispetto delle norme di sicurezza, sia possibile recuperare tutto questo. Se così non sarà, rischieremo di perdere ben più di due anni scolastici. Concorda sul fatto che, fermo restando la comodità dell’online e i suoi vantaggi, la didattica a distanza portata all’eccesso abbia creato ulteriori problemi

a una generazione già abbastanza sofferente e emotivamente distante? Già in tempi non sospetti sostenevo che stiamo rischiando di perdere una generazione di giovani. La pandemia ci ha fatto perdere una generazione di anziani, ma ora rischiamo di pagare un prezzo ancora più alto, e questo è un segnale preoccupante e allarmante. Questi ragazzi sono stati privati del proprio naturale percorso di crescita, di ciò che aiuta a diventare adulti, e la mia preoccupazione è che questa deprivazione li porti anche ad essere svantaggiati nel confronto con i propri coetanei stranieri sul mercato del lavoro. Occorre allargare l’orizzonte, perché, se la didattica a distanza ci ha consentito di traghettare gli alunni attraverso la tempesta senza perdere l’anno, non può più essere considerata la soluzione privilegiata. Auspico che vengano interrogate e coinvolte le neuroscienze per capire come le modalità di apprendimento si sono modificate nella mente dei ragazzi in questo periodo.

Foto Antonio Milesi

giocando con grande anticipo in quanto già a maggio ci eravamo posti il problema dei trasporti. Eravamo ben consapevoli del fatto che la ripresa delle scuole, in particolare delle superiori, avrebbe generato qualche difficoltà in questo senso e ci siamo messi in gioco anche stravolgendo e reinventando la tradizionale logistica di una giornata di scuola, ripensando spazi e ingressi. In questo ci ha aiutato tantissimo il fatto di essere riusciti a effettuare gli esami di Stato in presenza, che non era scontato considerata la situazione. Ci siamo rimboccati le maniche, chiedendo anche la collaborazione di esperti del settore

I ragazzi di Bergamo, che hanno vissuto in maniera più drammatica di altri una situazione inedita, hanno ricevuto supporto psicologico, anche dagli insegnanti? Ritiene che la scuola sia attualmente in grado di accompagnare e sostenere la famiglia anche in questo tipo di situazioni, o i numeri non lo consentono? La scuola ha da subito attivato gli sportelli di supporto psicologico agli studenti, in modo particolare

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nella val Seriana, e c’è stata un’attenzione immediata nel rivolgersi agli studenti che avevano subito perdite anche importanti. Diverso è, adesso, il tipo di supporto che si deve attivare: passata la fase di emergenza, ora questi ragazzi devono essere assistiti nel creare il proprio progetto di vita, nel costruire il proprio futuro. Questo è possibile solo avendo prospettive serie, concrete e realizzabili. Virus a parte, quali sono le sfide che la scuola italiana deve prepararsi ad affrontare? A cominciare, per esempio, dal collegamento con il mondo del lavoro, che al momento appare un po’ labile, e dal motivare gli studenti. La riflessione da fare è sicuramente sulla necessità di percorsi di alta specializzazione. Non sappiamo cosa accadrà nei prossimi mesi con lo sblocco dei licenziamenti, ma in un territorio come quello bergamasco, che non ha mai lesinato opportunità lavorative, è importante pensare a cosa faranno questi ragazzi dopo il diploma, e quindi approntare dei percorsi, anche rapidi, di specializzazione qualificante, in modo da ridurre il gap, che da sempre esiste, tra domanda e offerta di lavoro. Altrimenti, rischiamo che questa generazione sia seriamente inadeguata e priva delle competenze richieste dal mercato. Occorre organizzarsi a livello territoriale, anche perché in questo momento è

difficile pensare a una prospettiva più ampia. Il buon coordinamento che è presente a Bergamo tra scuola e imprese credo farà il suo dovere e creerà delle sinergie mirate. Ovviamente ci sono delle zone d’ombra nella preparazione dei ragazzi, specialmente per quanto riguarda gli istituti tecnici, che da un anno non fanno laboratori e alternanza scuola-lavoro. Ma, a mio parere, la scelta degli studenti va anche orientata verso quei percorsi formativi e di conseguenza quelle professioni, come il settore manifatturiero, che hanno fatto grande il nostro Paese. Questa pandemia sta consegnando alle nuove generazioni un’Italia distrutta nell’economia, e la ricostruzione deve necessariamente partire dalle attività che già una volta ci hanno portato a risorgere, dove abbiamo competenze, maestranze e struttura. I numeri massicci di iscrizione ai licei, in questo senso, non sono positivi, anche perché i licei stessi non hanno la capacità di coordinare e gestire un sovrannumero di studenti.

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In altri Paesi, la scuola è stata una priorità, tanto che alcune non hanno neanche mai chiuso: cosa è mancato da noi? È mancato il coraggio. La paura, comprensibile, che le scuole fossero veicoli di trasmissione del virus per i grandi numeri che movimentano, ha portato alla chiusura totale, e ingiustificata: l’ATS ha verificato che gli unici contagi avvenuti a scuola erano localizzati nelle classi dove c’erano dei membri dello stesso nucleo familiare. Il contagio viene dall’esterno, e l’ambiente scolastico è molto più controllato rispetto agli altri luoghi di aggregazione dove comunque prima o poi i ragazzi andrebbero a ritrovarsi, a meno che non li si voglia tenere segregati per sempre. Dobbiamo fare delle scelte, e capire qual è il male minore. Un messaggio di incoraggiamento per i giovani bergamaschi? I giovani oggi devono avere coraggio e determinazione, darsi la possibilità di investire su se stessi, sulla propria cultura e preparazione. Si troveranno in un mondo sempre

più competitivo dove vinceranno davvero i migliori. Devono recepire questa sfida senza scoraggiarsi, e cultura e forza d’animo faranno la differenza, a dispetto del fatto che questi valori sembrino bistrattati dal modo di pensare e di vivere moderno, dall’uso delle tecnologie, dalla tipologia di intrattenimento proposto. Per assurdo, anche le competenze digitali dei giovani vanno ripensate, perché, nonostante vivano il device tecnologico come un prolungamento del proprio corpo, molti non sono in grado di utilizzarlo in maniera produttiva e con le utilità di base richieste dal mondo del lavoro: inviare una mail, utilizzare il pacchetto Office, fare un video meeting, e ce ne siamo resi conto durante la pandemia. La digitalizzazione deve essere vera, capace e centrata sull’uso corretto del linguaggio e della comunicazione. La cultura è scambio e confronto, e non si contano le occasioni perse a questo riguardo, anche dai mass media, in questo periodo. Arianna Mossali



IL CONVEGNO

Foto Light&Magic Productions

Paolo Agnelli

UNITI CONTRO LA PANDEMIA

U

n grande gesto di solidarietà, quello di ATS Bergamo, che ha deciso di offrire apparecchiature elettromedicali al territorio bergamasco, grazie alle donazioni fatte dalle imprese del

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nostro territorio e alla speciale collaborazione della Polizia di Stato che si è fatta promotrice dell’iniziativa. Tra i presenti, anche il presidente nazionale di Confimi Industria, Paolo Agnelli e Edoardo Ranzini, direttore di Confimi Apindustria Bergamo, l’associazione che tutela gli

interessi delle piccole e medie industrie produttrici di beni e di servizi. Queste le parole del presidente Agnelli: «Abbiamo vissuto un dramma sanitario che ha unito le istituzioni. Ringrazio chi ci ha dato un’opportunità per contribuire a dare una mano alle strutture sanitarie e assistenziali


dispongono già di attrezzature per la distribuzione dell’ossigeno, mentre i saturimetri e l’ecografo verranno consegnati a unità speciali di medici per l’aumento delle capacità diagnostiche del COVID e di malattie respiratorie. Per poter procedere con la consegna di questi respiratori, ATS ha provveduto

Massimo Giupponi

a realizzare una manifestazione di interesse al fine di raccogliere le richieste da parte delle RSA. Il dott. Enrico Ricci, prefetto di Bergamo, ha voluto sottolineare il forte spirito di collaborazione da parte del mondo imprenditoriale e della polizia di stato, che ha svolto un ruolo di raccordo in del nostro territorio. Spero di cuore che in futuro ci sia la stessa voglia, tra le istituzioni, di collaborare tutti insieme anche in altri settori, per la crescita del nostro paese». Numerose le autorità che sono intervenute durante il convegno di presentazione, alla sede di ATS Bergamo, martedì 19 gennaio, a cominciare da Massimo Giupponi, direttore generale di ATS, che ha aperto la conferenza: «Sono stati donati 5 respiratori, 1 ecografo portatile e 40 saturimetri per aiutare la nostra comunità in un periodo difficile come questo. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno permesso questo progetto». In particolare, i respiratori, andranno alle RSA che

Giorgio Gori

questa iniziativa: «Ciò dimostra la voglia di fare cose concrete della nostra gente». Il presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli ha anch’egli evidenziato come questi gesti di generosità siano proprio quelli che mettono in luce l’unità della nostra comunità bergamasca nei momenti più drammatici. «Ciò che sta affrontando Bergamo è una prova molto dura ma la capacità di reazione in una situazione come questa non si è fatta attendere, grazie alle donazione delle nostre imprese», sono state invece le parole cariche di commozione del primo cittadino Giorgio Gori. Una forte unione anche quella stretta tra il questore Maurizio Auriemma e ATS: «Ormai sono a Bergamo da

Enrico RIcci

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quasi due anni e il rapporto che mi lega ad ATS è davvero molto forte, perché quando ero malato di Covid, gli operatori dell’azienda

Edoardo Ranzini

Giovanni Sanga, Francesco Maffeis di Framar e altre aziende del territorio, siamo riusciti a portare a termine questa importante donazione, augurandoci di poter continuare a fornire altri tipi di contributi in altri settori». Obiettivo

«Quando ero malato di Covid, gli operatori ATS mi sono stati vicini facendomi sentire meno solo e più sereno»

di queste donazioni è anche quello di ridurre il più possibile il ricovero ospedaliero, cercando di curare al proprio domicilio i pazienti affetti dal COVID ma che non presentano sintomi così gravi da necessitare di un ricovero immediato. Una nuova

Maurizio Auriemma

sanitaria mi sono stati vicini facendomi sentire meno solo e più sereno. Ho quindi deciso di fare qualcosa che lasciasse un segno concreto e tangibile, e così, coinvolgendo il direttore Massimo Giupponi, il presidente di Sacbo 24

Continua a pagina 26


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linea di azioni che ha permesso di portare fuori dagli ospedali una serie di prestazioni e di servizi che fino a quel momento erano stati garantiti all’interno delle strutture ospedaliere. Come ha infatti spiegato il Dottor Fredy Suter, ex primario dell’ospedale Papa Giovanni e attualmente volontario di ATS Bergamo: «Faccio parte delle USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) e gli ecografi, come quello che è stato donato, sono indispensabili per valutare la presenza o meno di un’infiammazione a livello polmonare ed è possibile utilizzare questo strumento al proprio domicilio per monitorare lo stato dell’infezione nei pazienti positivi al Covid». L’ecografo portatile, contenuto in pochi kg di peso e quindi facilmente trasportabile, sarà quindi in grado di aumentare le capacità diagnostiche da parte della rete dei medici USCA. Un esame, quello tramite l’ecografo, da eseguire solo sui pazienti più gravi. Proprio il dispositivo donato, rappresenta il massimo livello tra quelli presenti a livello internazionale, moderno e impiegabile anche in ambulatorio. Composto da sonde, esso permette di eseguire esami approfonditi dell’addome ed ecocardiografici. «Il mio prossimo impegno oltre a quello con ATS», ha spiegato il dott. Suter «sarà proprio quello di

Eugenio Sorrentino

«Sacbo ha dato il suo contributo ospitando i voli sanitari e gli aiuti umanitari» associarmi alle USCA e di affiancare i giovani medici per addestrarli all’uso di questo importante strumento». Strumenti diagnostici fondamentali, quindi, alla cui donazione hanno partecipato anche Aniello Aliberti di Technix Spa, Silvia Lanzani di Fondazione Comunità Bergamasca, Sacbo, il già citato Paolo Agnelli di Confimi Bergamo, Antonio Cardone di Esaote, Francesco e Simone Maffeis di Framar e Ludovica Pelliccioli, presidente A.N.P.S.

(Associazione Nazionale Polizia di Stato) Sez. Bergamo. «Abbiamo risposto immediatamente alla richiesta del questore in quanto crediamo che le aziende debbano fare il possibile per dare una mano alla propria comunità», ha spiegato Aliberti di Technix Spa, azienda che si occupa proprio del settore elettromedicale. «Buongiorno a tutti e grazie per l’invito. Ricordo come è stato complicato l’arrivo di questi materiali elettromedicali ma alla fine ce l’abbiamo fatta. La fondazione ben volentieri ha convogliato i fondi in questo importante progetto» ha ricordato Silvia Lanzani della Fondazione Comunità Bergamasca. «Anche Sacbo, oltre a partecipare all’iniziativa di ATS, ha dato il suo contributo nel periodo difficile della pandemia, non solo contando i passeggeri ma anche dal punto di vista logistico, ospitando i voli sanitari e gli aiuti umanitari» ha raccontato Eugenio Sorrentino in rappresentanza dell’azienda

Silvia Lanzani

Gianfranco Gafforelli

aereoportuale. Francesco e Simone Maffeis di Framar, impresa di pulizie con sede a Costa di Mezzate, hanno espresso tutto il loro entusiasmo nell’aver appoggiato l’iniziativa benefica. «Quando il questore ci ha coinvolto, siamo stati orgogliosi di collaborare a questa iniziativa. Per noi è stato motivo di orgoglio sentirci parte della grande famiglia della Polizia di Stato. Un ringraziamento a tutti, per gli obiettivi raggiunti» ha concluso la presidente A.N.P.S, Ludovica Pelliccioli. (dp) 26



COVER STORY

VICTRIX Foto Antonio Milesi

«In soli cinque anni ci siamo affermati nel settore armiero, superando alcuni dei marchi storici»

V

i c t r i x Armaments, a z i e n d a bergamasca produttrice di armi da tiro di precisione, ci ha dimostrato che la storicità di un’impresa non è una caratteristica fondamentale per riuscire a farsi strada nei top business mondiali, infatti, in pochissimi anni, le carabine di altissima qualità firmate Victrix sono diventate leader internazionali del settore armiero. Oltre all’ineguagliabile e ricercata

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precisione che ne caratterizza ogni singolo processo di progettazione e costruzione, a rendere le carabine Victrix uniche nel loro genere è anche la continua ricerca e sviluppo del gruppo industriale, l’alta tecnologia di cui dispone il reparto produzione, le conoscenze meccaniche approfondite degli artigiani e la grande esperienza nel settore del tiro di precisione maturata da Giuseppe Valtorta, fondatore dell’azienda, progettista e creatore delle armi. Come è nata l’idea di un’azienda

produttrice di armi? Ci racconti la storia di Victrix. Victrix Armaments è nata per mia iniziativa nel 2015: dopo aver rilevato la Rottigni Officina Meccanica, in pochi mesi ho riconvertito l’azienda nella produzione armiera. Il tiro sportivo di precisione è da sempre una delle mie più grandi passioni, tanto che già dalle mie prime competizioni utilizzavo solo armi progettate da me stesso. Posso dire, quindi, che quest’avventura di successo ha avuto origine dalla mia conoscenza del mondo delle


«Siamo l’unico brand al mondo che ha a catalogo un’ampia gamma di prodotti, sia per il settore professionale che per quello sportivo»

Giuseppe Valtorta, CEO e founder di Victrix Armaments e Rome Accessories


carabine. Conoscenza che col tempo ho approfondito, e che ora mi permette di progettare creazioni in grado di competere con i giganti mondiali del tiro di precisione. Avete completato la vostra gamma di prodotti con gli accessori firmati ROME, cosa ci può dire riguardo a questo progetto? Avevo il desiderio di affiancare a Victrix Armaments un marchio di progettazione e produzione di complementi d’arma, così nel 2019 ho dato alla luce il progetto ROME Accessories, specializzato nello studio e nella produzione di silenziatori, supporti per ottica di puntamento e ausili al tiro di precisione. Il fatto è che per nostra natura siamo abituati a correre, non camminare, e nel giro di poco tempo il marchio ha iniziato a vivere di vita propria, tanto che ad oggi vanta un proprio sistema di e-commerce. Anche in questo caso abbiamo rivoluzionato il mercato, con l’introduzione di nuove soluzioni tecniche innovative brevettate che hanno contribuito a rendere il binomio Victrix Armaments e ROME Accessories un punto di riferimento per i tiratori di tutto il mondo. Cosa vi contraddistingue dai vostri competitor? Siamo l’unico brand di settore al mondo in grado di poter proporre al pubblico un’ampia gamma di prodotti per il tiro di precisione sia per l’ambito professionale, sia per quello sportivo, coprendo dalla serie premium a quella medium-entry level per entrambe le tipologie. Tutto questo in pronta consegna: ovvero riusciamo a garantire la qualità di un proto-custom ma non su ordinazione, piuttosto su scala industriale e a catalogo. Inoltre, noi non siamo semplici assemblatori, siamo veri e propri costruttori di armi per il tiro

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Non credo sia un caso se siamo la sola e unica azienda che abbia mai prodotto armi nella bergamasca. Le nostre armi negli anni sono state prima molto apprezzate nella community delle forze speciali, per poi diventarne oggetto di fornitura, sia in Italia che all’estero. Le mie creazioni sono state destinate al COFS Comando Operazione per le Forze Speciali, al 9° Reggimento Paracadutisti “Col Moschin”, al GOI - Gruppo Operativo Incursori della Marina Militare, al 17° Stormo Incursori dell’Aeronautica Militare, al 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, al 185° RAO Reparto acquisizione obiettivi, al GIS Gruppo di Intervento Speciale dell’Arma dei Carabinieri ed al NOCS della Polizia di Stato. Dal 2019, attraverso il programma del Ministero della Difesa “Soldato Sicuro” è in corso la sostituzione di tutte le piattaforme per i tiratori scelti dell’Esercito Italiano con le nostre armi sniper.

di precisione, e ciò ci permette di avere sotto controllo ogni singolo processo di produzione, dalla verifica della materia prima alla personalizzazione dell’arma in base alle esigenze del cliente che possono riguardare aspetti tecnici, la balistica interna ed esterna, il calibro o gli accessori. Non ultimo, non forniamo solo carabine, ma un servizio a 360° compreso di corsi di tiro, e training formativi per l’utilizzo e la manutenzione delle armi. Ci parli dei corsi di formazione che offrite. Grazie alle competenze tecniche acquisite in merito ad armi e tecnologie di tiro, ho preso parte a collaborazioni internazionali per la formazione riguardo vari aspetti del mondo del tiro di precisione, tenendo corsi di balistica interna, balistica esterna e terminale, e di attività tecniche commerciali con forze armate estere. Per il Ministero della Difesa e quello dell’Interno ho tenuto corsi di tecnica e dimostrazioni di tiro in diverse strutture di formazione

«Il binomio Victrix Armaments e ROME Accessories: punto di riferimento per i tiratori di tutto il mondo» per l’esercito, tra cui la Scuola Militare della Cecchignola, Scuola di Fanteria di Cesano, e il centro Polifunzionale della Polizia di Stato di Spinaceto. In pochi anni la sua azienda è riuscita ad affermarsi a pieno nel settore, quali sono i traguardi raggiunti più importanti? La mia grande soddisfazione è l’aver creato Victrix Armaments partendo da zero: sono passato dal rilevare un’azienda di lavorazione meccanica conto terzi, al fondare un’impresa che fornisce un prodotto finito e con una propria rete distributiva. In soli cinque anni ci siamo affermati nel settore, superando alcuni dei marchi storici.

Quale mercato fornite maggiormente? Quali sono i vostri prodotti top di gamma? Il mercato militare copre il 60%, quello civile il 40%. Nel primo ambito abbiamo due best-seller: il Corvo in calibro .50 BMG, e lo Scorpio in calibro .338, che è la carabina che forniamo all’Esercito Italiano. Per il settore sportivo invece produciamo armi di nicchia specifiche per ogni disciplina, l’ultima carabina nata (nel 2020) è la Venus, costruita per il PRS (Precision Rifle Shooting), sport americano che si sta diffondendo velocemente anche in Europa. Il suo rapporto con Beretta Fabbrica D’Armi? Il rapporto tra i nostri marchi nasce nel 2016, anno in cui Beretta Fabbrica D’armi acquisì Victrix Armaments. Nel 2019 ricomprai il mio brand e tornammo ad essere completamente indipendenti, sia dal punto di vista produttivo che da quello commerciale e distributivo. La collaborazione con Beretta Fabbrica D’Armi, però, non si è interrotta: Beretta Holding ha ancora il mandato per la distribuzione del brand Victrix Armaments nel settore military e law enforcement, oltre a essere 31


«Siamo la sola ed unica azienda che abbia mai prodotto armi nella bergamasca»

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uno dei miei soci di minoranza. Quali sono i vostri progetti futuri? Siamo in procinto di concludere la più grossa commessa mai esistita riguardo le armi in .50 BMG per una forza speciale estera: dopo 2 anni di test siamo stati selezionati a discapito di grandissime aziende del settore, e questo è davvero un grande orgoglio per me e il mio team. In ambito sportivo abbiamo in programma di consolidare la nostra posizione nel tiro PRS e fabbricare armi per l’extreme long range shooting. In quello militare, invece, stiamo migliorando le armi che forniamo per i Servizi Antiterrorismo, e vorremmo progettare una nuova arma, più potente, sulla quale però, almeno per il momento, non posso aggiungere altro. Ilaria De Luca


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L’ANALISI MMT

Tra un modello e l’altro c’è di mezzo la pandemia

«Quando la ricerca deve slegarsi dalla logica del profitto» 34

L

a pandemia ha dimostrato i limiti del frame teorico secondo cui lo Stato finanzia la spesa con le tasse dei cittadini e delle imprese e, quando questi introiti non sono sufficienti, è costretto a prendere in prestito altra valuta emettendo buoni

del tesoro che rimborserà attraverso la riscossione di tasse future. Se uno Stato si muove all’interno di questa cornice teorica, rinuncia a quella capacità progettuale necessaria per gestire una società in continua evoluzione, ancor più in fasi emergenziali come quello che stiamo vivendo. Continua a pagina 36


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D’altronde il profitto è lo scopo di un’azienda privata, che non ha motivo di continuare la ricerca se non ha un mercato al quale vendere il prodotto. Probabilmente lo sviluppo di quel vaccino si sarebbe potuto rivelare utile nella ricerca

Davanti ad ogni problema si porrà sempre la domanda “dove trovo i soldi?”, anche se nella realtà è una domanda priva di senso per il monopolista della valuta (concetto su cui abbiamo scritto in più occasioni su questo magazine). Al contrario, uno Stato consapevole del funzionamento della moneta moderna, sa che è sempre nelle condizioni di “comprare” tutte le risorse che possono essere pagate con la valuta che emette. Questa consapevolezza è il punto di partenza per far sì che le società moderne possano esprimere appieno le potenzialità che offrono. J. D. Alt, studioso statunitense dell’ergonomia sociale, in un articolo di qualche mese fa porta un esempio utile a capire la differenza

tra i due frame. Negli anni ’80, durante l’epidemia di SARS le case farmaceutiche statunitensi intravidero la possibilità di fare profitto nello sviluppo del vaccino. Portarono avanti la ricerca, ma si fermarono ad un passo dal risultato finale, quando il virus della SARS si placò di colpo: era scomparso il mercato potenziale!

del vaccino Covid. Ma chi è che può avere l’interesse a portare avanti nel tempo una ricerca che non ha un riscontro immediato e sicuro? Solo lo Stato, consapevole del proprio ruolo e dei propri strumenti. Diversamente rischiamo che anche questa pandemia non ci insegni nulla. Deanna Pala - Rete MMT Italia



TOP BUSINESS

BASF C

ome è arrivata BASF in Italia, in particolare nello stabilimento di Zingonia, che produce polimeri destinati al mercato calzaturiero? La nostra storia inizia nel 1946 quando il Gruppo decide di aprire il primo canale distributivo per la commercializzazione dei propri prodotti, affidandosi alla società milanese SASEA, che verrà poi acquisita da BASF nel 1974 e che, nel 1985, cambia ragione sociale in “BASF Italia S.p.A.”, a dimostrazione della rilevanza progressivamente assunta dal business nella penisola. Nel corso degli anni, mentre il focus dell’azienda ruota sempre di più intorno alla chimica industriale, si succedono una serie di ulteriori acquisizioni e investimenti che ci portano ad avere oggi una presenza industriale estesa nel Paese con 11 sedi, di cui 6 produttive che, complessivamente, impiegano oltre 1.300 persone. Il sito di Zingonia di Verdellino, in provincia di Bergamo, è parte di BASF dal 1987 e attualmente vede occupate 40 persone altamente qualificate. Qui si produce poliestere che viene commercializzato come materia prima ma, soprattutto, che viene utilizzato internamente per la produzione di sistemi poliuretanici per calzature. In questo settore, il sito di Zingonia vanta un ruolo primario grazie alla sinergia con lo stabilimento di Villanova d’Asti, sede del nostro Footwear Technical Center, un centro di eccellenza nello sviluppo di sistemi poliuretanici per calzature a livello di Regione EMEA.

Lorenzo Bottinelli, AD BASF Italia 38

La vostra mission è produrre chimica per uno sviluppo sostenibile: ci


Italia spa

«La nostra mission da oltre 25 anni è produrre chimica per uno sviluppo sostenibile»

illustri meglio questo concetto. BASF è attiva sui temi della sostenibilità da oltre 25 anni. Nel tempo, il nostro approccio è diventato progressivamente più consapevole e globale: dalle azioni per tutelare l’ambiente e ridurre l’impatto ambientale dei nostri prodotti siamo, infatti, passati a considerare la sostenibilità come fondamento della strategia. “We create chemistry” significa che noi creiamo chimica: chimica intelligente per un futuro migliore, per rispondere alle sfide di un mondo sempre più popolato e con risorse sempre più scarse. Siamo in prima linea sia per le produzioni di materie prime e soluzioni sempre più sostenibili, che per la promozione di un modello di economia circolare attraverso

progetti e iniziative concrete che portiamo avanti insieme ai nostri partner, a livello nazionale e internazionale. Siamo, inoltre, molto impegnati sul fronte delle riduzioni di emissioni di gas ad effetto serra: dal 1990 al 2018 abbiamo dimezzato le nostre emissioni di CO2 raddoppiando, nello stesso periodo, i volumi di produzione. Per aumentare la trasparenza delle emissioni lungo tutta la filiera, lo scorso anno abbiamo lanciato un progetto per calcolare e compensare l’impronta di carbonio di 45.000 dei prodotti che produciamo e commercializziamo a livello globale. Facciamo alcuni esempi, da nord a sud Italia, di come la vostra chimica sostenibile viene impiegata in

diversi progetti, dai tradizionali vigneti toscani alla splendida cattedrale di Noto, fino ai più innovativi grattacieli milanesi. BASF è un grande Gruppo internazionale con un prezioso patrimonio di competenze, ma vanta anche una profonda conoscenza del mercato italiano. Le due dimensioni internazionale e locale - concorrono a creare sinergie virtuose a beneficio di alcuni dei settori d’eccellenza del Made in Italy, come il design, il biomedicale, il personal care e l’automotive. Anche in campo agricolo, come Lei ricordava, siamo molto attivi, con una divisione dedicata che sta contribuendo all’evoluzione del settore in ottica smart e sostenibile puntando, oltre che su un

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soluzioni concrete per la gestione del fine vita dei prodotti. Con il nostro progetto di riciclo chimico della plastica - Chemcycling superiamo uno dei limiti intrinseci dell’attuale modello di smaltimento. Come funziona? I rifiuti in plastica che non sarebbero altrimenti riciclabili con nessuno degli altri metodi attualmente in uso, vengono ritrasformati in materia prima attraverso processi termochimici. Si parte da plastica mista, usata e sporca e si ottiene un olio simile alla nafta. Questa nuova materia prima

portafoglio di sementi e agrofarmaci moderno e innovativo, sullo sviluppo di servizi digitali. Come il sistema di supporto decisionale DSS, nato dalla collaborazione tra BASF Italia e HORTA, spin off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, che viene già impiegato con successo in diversi vigneti del Paese e che consente, ad esempio, di calcolare il momento più idoneo per effettuare un trattamento antiparassitario, favorendo un impiego equilibrato e mirato degli agrofarmaci. Sono solo alcuni esempi, ma ne potrei citare davvero molto altri perché la verità è che la chimica intelligente è dietro ad ogni aspetto della nostra vita e fornisce un contributo tanto invisibile, quanto irrinunciabile. Lo dimostra anche l’emergenza pandemica che stiamo affrontando: mascherine, guanti, farmaci, disinfettanti, respiratori ma anche letti e cuscini, per non parlare di cibo e bevande o degli strumenti tecnologici che ci hanno permesso di rimanere operativi anche in pieno lock-down: sono tutti oggetti e beni che, senza il nostro apporto, non sarebbero potuti mai essere prodotti, né resi disponibili in quantità elevate e ad un prezzo equo. Un settore strategico per lo sviluppo sostenibile è senza dubbio quello della mobilità elettrica. Siete attivi in questo ambito? Sviluppiamo soluzioni che contribuiscano ad una mobilità più efficiente e sostenibile e

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aumentiamo competitività ed efficienza delle soluzioni green. Lo facciamo, ad esempio, realizzando prodotti per le auto elettriche come componenti dell’abitacolo, vernici, plastiche isolanti che garantiscono il corretto funzionamento dei sensori. BASF, inoltre, è leader a

«BASF Italia conta 11 sedi, di cui 6 produttive che, complessivamente, impiegano oltre 1.300 persone» livello europeo nello sviluppo dei materiali catodici attivi (CAM) per batterie agli ioni di litio, destinati proprio a questo tipo di vetture. In questo settore, il Gruppo ha progetti molto ambiziosi che passano anche dall’avvio del nuovo sito produttivo di Schwarzheide in Germania che, una volta a regime, supporterà la produzione annuale di batterie per circa 400.000 veicoli elettrici. Altro punto da non trascurare a questo riguardo, il riciclo delle materie: il vostro progetto ChemCycling punta proprio in questa direzione. Come le dicevo, per noi sostenibilità significa innanzitutto promuovere il passaggio ad un modello di economia circolare e proporre

può, quindi, essere nuovamente inserita nel ciclo produttivo. I prodotti chimici che si ottengono vantano le stesse proprietà di quelli ottenuti unicamente da materie prime fossili ma hanno, ovviamente, un’impronta di carbonio decisamente inferiore. Abbiamo già iniziato a consegnare ai nostri clienti prodotti intermedi ottenuti tramite questo procedimento ma, per potersi sviluppare, il riciclo chimico deve essere accettato come forma di riciclaggio dal mercato e dal legislatore. Il nostro impegno sta anche nel cercare di coinvolgere ogni parte interessata per superare


queste sfide normative.

economiche

e

Per finire: non c’è sviluppo sostenibile se non si pensa a chi erediterà da noi il pianeta, e mi sembra abbiate pensato anche a questo. Kids’ Lab aiuta i più piccoli a comprendere il ruolo della chimica nella vita quotidiana. BASF è un’azienda orientata allo sviluppo sostenibile, che crede nella razionalità della scienza e investe nel futuro e nelle nuove generazioni. Il progetto Kids’ Lab è stato ideato

all’interno di questo orizzonte di valori, e da 8 anni, dischiude il mondo della scienza agli studenti italiani di elementari e medie, permettendo loro di sperimentare e comprendere i meccanismi alla base di alcuni fenomeni quotidiani attraverso una serie di esperimenti concreti. Lo scopo dell‘iniziativa è, infatti, svelare il ruolo della chimica nella vita di tutti i giorni, creando situazioni educative adatte anche ai più piccoli. Quest’anno, complice l’emergenza pandemica in corso, il progetto, che tradizionalmente

coinvolgeva gli studenti degli istituti vicini ai nostri stabilimenti sul territorio, si è evoluto in senso “digital” e mira a raggiungere una platea più ampia, non solo di ragazzi ma anche di insegnanti, educatori e genitori che sul nostro sito www.basf.it possono trovare una serie di brevi e coinvolgenti video animati dedicati a temi chiave come l’igiene, l’alimentazione, l’acqua, la plastica, accompagnati da infografiche chiare e precise che spiegano come riprodurre un esperimento scientifico in tutta sicurezza e in un tempo limitato, utilizzando strumenti e reagenti di facile reperibilità. È il nostro piccolo contributo ad una maggiore diffusione delle discipline STEM fin dai primi cicli scolastici, un ambito in cui l’Italia ha purtroppo accumulato un certo ritardo rispetto ad altri Paesi che è essenziale recuperare sia per essere più competitivi come Sistema Paese sia per offrire ai nostri ragazzi maggiori possibilità di impiego.

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INNOVAZIONE

IoTReady L’INTERNET OF THINGS

F

Foto Antonio Milesi

lavio Ferrandi e Andrea Taffi, ingegneri informatici laureati alla facoltà di ingegneria informatica di Bergamo, sono i soci fondatori di IoTReady una start up innovativa che offre soluzioni IoT per la trasformazione digitale dei prodotti sia in ambito commerciale che per l’Industria 4.0. Come nasce e di cosa si occupa la start up IoTReady? L’idea nasce dalla nostra passione nelle tecnologie web e nell’elettronica che si è concretizzata nel 2018 con la costituzione di IoTReady e di una piattaforma in grado di trasformare concretamente qualunque tipo di oggetto in un prodotto digitalizzato, in grado di connettersi a una rete. Già da tempo collaboravamo insieme per alcuni nostri clienti e abbiamo così pensato di creare una società tutta nostra partendo da un’idea innovativa. L’obiettivo è quello di rendere prodotti e macchine interconnessi, al fine di migliorare la qualità dei servizi, lavorando sui dati che gli stessi ci mettono a disposizione. Con la nostra piattaforma è possibile ad esempio monitorare dei macchinari, comandare dei dispositivi da remoto e raccogliere dati utili al fine di ottimizzare i prodotti e creare valore attraverso i dati stessi. Questo permette di poter dare un servizio più efficace al cliente finale, in quanto il produttore, grazie ai dati, può sapere in qualunque momento se

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il dispositivo venduto funziona correttamente o se insorgono dei malfunzionamenti. Questo valore aggiunto può poi essere rivenduto al cliente finale sotto forma di canone di manutenzione o di pacchetto assistenza avanzato. Un

Da sinistra Flavio Ferrandi e Andrea Taffi

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esempio concreto di applicazione potrebbe essere quello di un semplice condizionatore che può costantemente essere monitorato dal produttore, il quale saprà in anticipo della eventuale presenza di un guasto e potrà così intervenire

Engineering, quali vantaggi e soluzioni nuove potrete offrire al cliente? Potremo presentarci come partner unico, in grado di risolvere a 360 gradi le esigenze dei clienti che intendono approcciare il mondo

dell’IoT. Saremo infatti in grado di offrire sia la parte fisica, ovvero gli oggetti interconnessi tra loro, di cui si occupa Intea Engineering, la connettività, nostro core business e la componente applicativa, ambito di Smeup. Questa collaborazione aiuterà i nostri clienti a beneficiare di un’offerta completa ed altamente innovativa, che li aiuterà nella crescita attraverso un nuovo percorso di trasformazione digitale. Chi sono i vostri principali clienti? I nostri clienti sono i produttori nei settori smart city, smart building e smart industry. Gli ambiti di applicazione vanno dalla connettività delle macchine di ventilazione macchina, ai termostati smart e in generale alle soluzioni per l’automazione domestica e il risparmio energetico. Operiamo anche nel settore industriale: dal monitoraggio di frantoi nelle cave fino all’interconnessione dei centri di lavoro delle aziende manifatturiere. L’obiettivo dei nostri clienti è sempre quello di migliorare l’efficienza dei propri prodotti e il servizio al cliente finale. Daniela Picciolo

in maniera tempestiva. La nostra tecnologia viene utilizzata anche sulle macchine di produzione con l’obiettivo di monitorare e ottimizzare i processi di produzione, e, grazie ai dati, evitare sprechi di denaro e di risorse. Come nasce invece il sodalizio tra IoTReady e le due aziende Smeup e Intea Engineering? Nel 2020 abbiamo formalizzato una partnership con due società importanti che hanno creduto nella nostra visione e nelle nostre capacità: Smeup, un’azienda che si occupa di software applicativi, il cui quartier generale si trova a Erbusco (Brescia), con la quale collaboravamo già da qualche anno nel settore dell’IoT e dell’Industria 4.0 e Intea Engineering, una società specializzata nella progettazione e produzione di apparecchiature elettroniche di comando, controllo e sensoristica, con sede a Sale Marasino (Brescia) che da tempo collabora con Smeup. Le aziende hanno deciso di acquisire entrambe il 30% della start up e di metterci a disposizione la loro esperienza e il loro knowhow per crescere più rapidamente e affermarci nel mercato come protagonisti. Grazie a questa partnership con Smeup e Intea 44


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L’INTERVISTA

F.I.MFT

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Giacomo Russo: «I fisioterapisti contro di noi? Pretestuoso, le due figure collaborano benissimo da 20 anni, ognuno nel rispetto delle proprie competenze»

A

bbiamo potuto intervistare Giacomo Russo, Presidente F.I.MFT (Federazione Italiana Massofisioterapisti). Una Federazione composta da Associazioni di più realtà rappresentative (AIMFI, AIMTES e AMS), già storicamente esistenti ed operative, per sostenere, in modo congiunto, gli interessi della categoria “Massofisioterapista” e che da anni coopera con le istituzioni per superare alcune criticità residuali. In realtà, come il dott. Russo chiarisce molto bene, tali contrapposizioni sono prettamente strumentali, anzi la F.I.MFT ha un rapporto assai collaborativo con le varie realtà con cui si interfaccia. Per dirimere la questione che vede contrapposti i professionisti della fisioterapia a quelli della massofisioterapia, dobbiamo partire da una legge, la 403/71, la cui ritardata abrogazione è stata quella che ha creato il caos. Non parlerei di contrapposizione. In realtà da oltre 20 anni le due figure collaborano sia in strutture convenzionate, che negli studi professionali, ognuna nel rispetto delle proprie competenze. Le problematiche sono sorte ad opera di alcuni professionisti (pochi in realtà, e sempre gli stessi) che hanno attivato una serie di violenti attacchi alla nostra categoria, facendosi promotori di una campagna diffamatoria che ha cercato di coinvolgere i vari livelli istituzionali, nel tentativo di convincere il pubblico che i Massofisioterapisti sono abusivi. Con i social, queste informazioni hanno assunto una ulteriore risonanza, innescando una rabbia ingiustificata da parte di chi ignora il profilo giuridico del Massofisioterapista, che è una figura istituita nel 1971 ai sensi di una legge Statale (403/71), ovvero molto prima rispetto a quella del fisioterapista. Se però la figura professionale del fisioterapista ha avuto un quadro normativo ben definito e disciplinato, quella del massofisioterapista non ha goduto di altrettanta fortuna. Questo ha generato un caos

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normativo senza precedenti su cui la giurisprudenza è dovuta intervenire più volte. In base agli interventi legislativi da lei nominati, si sono di fatto create tre categorie di massofisioterapisti: quelli con formazione triennale abilitati entro il 1999, quelli con formazione biennale, e infine una terza tranche che di fatto ha difficoltà a esercitare? Il tentativo di intervenire nel corso degli anni sulla normativa di riferimento del Massofisioterapista in modo poco ponderato e spesso maldestro, è il segno rappresentativo delle responsabilità oggettive da ripartire tra le Regioni, il Ministero della Salute e quella parte di politica complice di non aver voluto affrontare la questione. Ciò ha creato disparità inaccettabili tra professionisti con lo stesso percorso di studi. Cosa che purtroppo continua a succedere! Si è dovuto attendere fino al 31/12/2018 con la legge di bilancio 145/2018, ad opera del precedente governo, per avere

un nuovo intervento del legislatore che, se pur parzialmente, superasse le criticità residue. L’abrogazione dell’art. 1 della 403/71, di fatto pone ad esaurimento la professione sanitaria del Massofisioterapista. Ma ancora una volta è mancato uno sforzo da parte del legislatore, vista la totale assenza di una norma transitoria che disciplinasse i professionisti privi dei requisiti posti dalla legge stessa, ai fini dell’iscrizione all’elenco speciale ad esaurimento, limitando concretamente lo status di soggetti che già operavano e che avevano legittimamente conseguito un titolo ai sensi della L. 403/71 prima del 31/12/2018. Come F.I.MFT abbiamo più volte sollecitato una fase transitoria per questi soggetti. Ad oggi purtroppo siamo ancora in attesa che vengano disciplinate le situazioni irrisolte. La legge Lorenzin ha istituito nuovi albi professionali in ambito sanitario, dimenticando però di fatto i massofisioterapisti.

Se da un lato la legge Lorenzin si era posta come obiettivo ambizioso quello di individuare tutte le figure che da anni lavoravano in ambito sanitario, dall’altro il mancato inserimento del Massofisioterapista poneva tutta una serie di possibili scenari, tra cui quello di configurazione del reato di “abuso della professione sanitaria” e la non possibilità di continuare ad esercitare. Ho personalmente esposto al Ministro Lorenzin tutte le possibili ripercussioni, ottenendo la promessa di un intervento e l’attivazione di tavoli specifici presso il Ministero. Tuttavia decaduto il Ministro non si è pervenuti ad un accordo condiviso tra le Associazioni e i funzionari, dato che, come unica soluzione veniva prospettata l’istituzione di una sorta di nuovo contenitore di operatori declassati, dimenticando che in realtà quella del Massofisioterapista è una figura normata da una legge dello Stato (403/71). Infatti nel 2011, è proprio il Ministero della Salute ad inserire il Massofisioterapista, nell’elenco

delle professioni sanitarie sul proprio sito con la dicitura, PROFESSIONE SANITARIA NON RIORDINATA PREVISTA DA NORME VIGENTI. Successivamente nel 2013, non per legge ma per una sentenza, vi fu il cambio della dicitura, in “operatore di interesse sanitario”. E arriviamo quindi al decreto del ministro Giulia Grillo. Il ministro Grillo non ha istituito solo l’elenco speciale ad esaurimento dei Massofisioterapisti, ma gli elenchi speciali riconducibili alle professioni sanitarie. La legge Lorenzin non aveva incluso anche altri professionisti. Al governo di allora, il grande merito di aver ridato dignità professionale a tutti coloro che da sempre hanno operato nella

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legalità. Anche per tale elenco speciale, i requisiti valevoli per l’iscrizione fanno riferimento all’aver svolto un’attività professionale per un periodo minimo di trentasei mesi, anche non consecutivi, negli ultimi 10 anni. Sarebbe bastato da parte del Legislatore l’inserimento di una fase di transizione per tutti quei professionisti privi dei requisiti richiesti, fino alla maturazione degli stessi, per intervenire definitivamente sulla questione. Ciò non solo non è avvenuto, ma ha anche inevitabilmente innescato una serie di ricorsi davanti al Tar. I Massofisioterapisti diplomati dopo il 2015, ovvero che non possono aver maturato il requisito dei 36 mesi, anche non consecutivi negli ultimi 10 anni, al 31/12/2018, risulterebbero, a detta del Legislatore, non inclusi nell’ambito sanitario.

muscoli eseguito generalmente manualmente. Il Fisioterapista è un professionista sanitario laureato che svolge interventi di prevenzione, cura e riabilitazione nelle aree della motricità, delle funzioni corticali superiori, e di quelle viscerali; elabora un programma di riabilitazione, pratica attività terapeutica per la rieducazione funzionale delle disabilità motorie, psicomotorie e cognitive con terapie fisiche, manuali, massoterapiche e occupazionali; propone protesi e verifica i risultati. L’OSTEOPATA è un professionista in fase di regolamentazione in Italia. Attua un’ampia serie di tecniche manuali terapeutiche agendo sul sistema integrale del soggetto mirando al ripristino delle funzioni fisiologiche.

Si è tentato anche di presentare un ricorso, quali sono stati i risultati? Come F.I.MFT, consci delle oggettive difficoltà, abbiamo deciso di attivare altri binari a livello istituzionale, richiedendo anche uno specifico intervento ad opera dei sindacati nazionali. Anche in questo caso dobbiamo manifestare, dopo un iniziale interessamento da parte degli stessi, un evidente ritardo sulle iniziative. In merito poi ad alcuni dei ricorsi presentati al Tar, al momento, hanno sortito un “effetto fratricida” su tutta la categoria, tra chi è entrato regolarmente nell’elenco speciale e chi, invece, è rimasto fuori.

«Il Massofisioterapista è in grado di svolgere tutte le terapie di massaggio e di fisioterapia in ausilio ai medici»

Facciamo chiarezza per i lettori: quali sono le differenze tra massofisioterapista, massoterapista, fisioterapista e osteopata? Vige una certa confusione tra queste categorie e le loro possibilità. Il Massofisioterapista è un professionista sanitario diplomato, “in grado di svolgere tutte le terapie di massaggio e di fisioterapia in ausilio ai medici” (dm 7/09/76). Può lavorare sia nel libero esercizio della professione sia nell’impiego negli enti pubblici e privati, nell’ambito delle disposizioni di legge. Interviene negli squilibri muscolo scheletrici e patologie dell’apparato locomotore. La Massoterapia è una tecnica riabilitativa e preventiva che prevede un massaggio terapeutico del tessuto connettivale e dei

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La critica che più spesso emerge in questa diatriba, è che la base di studi dei fisioterapisti è prettamente medica e questo gli consente di lavorare con pazienti con un quadro clinico già complesso: cosa risponde? Ritengo che questa diatriba non abbia motivo di sussistere. Il titolo universitario di fisioterapista consente di intervenire in maniera esclusiva anche in altri ambiti del settore riabilitativo, come quello neurologico e cardiologico. Campi di applicazione questi non certo rientranti tra le competenze del Massofisioterapista che può intervenire invece, previa prescrizione medica, nella riabilitazione muscolo scheletrica, ortopedica e traumatologica manuale e strumentale. La critica che invece viene rivolta sempre dagli stessi soggetti ormai noti, e particolarmente attivi sui

social, è quella dell’abusivismo, nonostante la stessa giurisprudenza chiarisca inequivocabilmente che i titoli conseguiti ai sensi della L.403/71 siano abilitanti per l’esercizio della professione del Massofisioterapista. Definire abusivo un Massofisioterapista è diffamazione! A riguardo la F.I.MFT è già intervenuta denunciando agli Organi competenti epiteti lesivi dell’onore e della dignità della nostra categoria. Noi abbiamo profondo rispetto per le figure professionali con cui, come già ribadito, da sempre lavoriamo in modo coordinato e nel rispetto delle competenze. Risulta però innegabile che, a causa di un quadro normativo complesso, alcune prestazioni risultino sovrapponibili. Credo comunque che le peculiarità di ogni professione possano rappresentare importanti elementi di confronto e di crescita, da cui deriverebbe un miglioramento dell’offerta riabilitativa con notevoli vantaggi per l’utente. Esiste una storia e una cultura lavorativa, che indirizza il professionista verso una propria “specializzazione”. In realtà sono i medici stessi a consigliare la massofisioterapia per ridurre la sintomatologia dolorosa, ripristinare la fisiologia articolare e muscolare e favorire il ripristino delle normali attività di vita. Qual è l’attuale realtà formativa e lavorativa, anche alla luce della crisi Covid? La legge di bilancio 145/2018 ha di fatto imposto il divieto per le pochissime scuole rimaste, di continuare a formare figure professionali riconducibili alle professioni sanitarie esistenti, per le quali è richiesto un titolo universitario. L’emergenza sanitaria Covid-19 ha messo a dura prova un settore già in crisi da anni come quello della riabilitazione, visti anche i numerosi tagli alla sanità. Tutti i professionisti sanitari stanno continuando a rischiare in prima persona. In ogni caso è inevitabile che a seguito della crisi sanitaria ed economica ci sia stato un netto calo di pazienti che si rivolgono alle cure riabilitative. Auspichiamo una veloce ripresa e un superamento dell’emergenza. Arianna Mossali


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L’IMPRESA

1° giorno “I

l nostro obiettivo è quello di co nt i n u a re a espandere la nostra copertura di servizi a banda ultra larga in fibra ottica, Comune dopo Comune. Siamo convinti che il progresso del territorio oggi passi necessariamente da un’infrastruttura digitale evoluta”. Queste le parole di Bruno Pianetti, Presidente e AD di Planetel, la

Bruno Pianetti 52


di quotazione Debutto a Piazza Affari per Planetel La società guidata da Bruno Pianetti accetta una nuova sfida e rilancia quotandosi in Borsa società capofila dell’omonimo gruppo attivo nel mondo delle telecomunicazioni che vanta la rete proprietaria in fibra ottica più estesa della Bergamasca. A conferma del costante tasso di crescita registrato a partire dal 2016, l’azienda ha deciso di compiere il grande passo: dal 30 dicembre scorso hanno avuto inizio le negoziazioni delle azioni Planetel sul mercato AIM Italia - sistema multilaterale organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A. - che hanno ottenuto un ottimo successo con un + 30% confermato poi nei giorni successivi. «C’è un mondo che cambia e noi dobbiamo cambiare con lui. L’espansione avviata negli scorsi anni è stata la base solida da cui prendere slancio per questo passo, che ci permetterà di operare in modo efficace per soddisfare le nuove esigenze dei clienti», dichiara Pianetti a proposito della quotazione. E prosegue: «L’operazione è avvenuta completamente in aumento di capitale, per una somma complessiva di sette milioni e mezzo di euro pari a circa il 30% del capitale sociale, sottoscritta da primari investitori istituzionali. Abbiamo inoltre registrato una partecipazione interna del 40% dei nostri collaboratori, segnale di un importante fiducia. Ne siamo particolarmente orgogliosi, perché questo ci conferma che il team condivide la visione dell’azienda e gli obiettivi che intendiamo perseguire in ottica futura. Ho sempre pensato che

le aziende non siano fatte dai muri, ma dal valore che le persone esprimono. Sono la somma, anzi, il moltiplicarsi del loro impegno, della loro dedizione, dell’entusiasmo che mettono nel lavoro di tutti i giorni e questo risultato lo dimostra». Planetel si unisce così alle 134 PMI attualmente presenti nel listino di AIM Italia, imprese

che hanno dimostrato affidabilità, struttura e organizzazione interna, competenza tecnologica e un’eccellente stabilità finanziaria. Il debutto è stato accompagnato da Confundustria Bergamo, che già lo scorso anno aveva promosso la partecipazione di Planetel al percorso ELITE,

«Siamo convinti che il progresso del territorio oggi passi necessariamente da un’infrastruttura digitale evoluta»

il programma che supporta le aziende offrendo accesso ad un network internazionale, fonti di finanziamento diversificate e un percorso di training dedicato. Con un obiettivo ben preciso: continuare a crescere aumentando visibilità e risorse e accelerando le attività di ricerca e sviluppo. In un 53


settore che tende a dare risalto ai grandi operatori, la quotazione in Borsa di Planetel è la riprova di un mercato vivace, in cui emergono piccole eccellenze capaci di creare valore non solo a livello locale, ma anche per l’intero comparto di riferimento. E la Borsa è proprio quella vetrina dove gli investitori scelgono di offrire ulteriore sviluppo ad aziende con un piano industriale-commerciale definito e capace di evolversi anche in condizioni di mercato altalenanti, come il periodo storico insegna.

individuando nell’accesso al capitale uno strumento fondamentale per lo sviluppo dell’impresa. «Operiamo in un settore di pubblica utilità - spiega Pianetti che eroga servizi fondamentali per il Paese, e che continuerà a svilupparsi nei prossimi anni. Le risorse a cui oggi abbiamo accesso sono il frutto di anni di impegno durante i quali abbiamo dimostrato di saper crescere nel segno dell’innovazione e della qualità. Sono il propulsore che sosterrà saldamente il nostro piano di sviluppo, sempre orientato a rendere

«La fibra non è un semplice prodotto tecnologico. È una strada nascosta che percorre il territorio e unisce le comunità E oggi è ancora più vicina, per tutti» La visione è fondamentale, perché va oltre il quotidiano, e traccia una traiettoria che anticipa l’evoluzione del mercato. E proprio AIM Italia, acronimo di Alternative Investment Market, è un mercato strutturato per accompagnare le PMI più dinamiche e competitive, 54

più diffusi, più efficaci e più accessibili i servizi ad elevato coefficiente tecnologico che offriamo». La società ha saputo cogliere le opportunità che l’improvvisa impennata nella richiesta di connettività ha aperto, trasformando un anno difficile in un’irripetibile occasione di crescita.

Precisa l’AD: «L’emergenza sanitaria ha portato alla luce nuove esigenze e necessità di comunicazione, su tutti i fronti: da parte dei privati, dei professionisti e delle piccole e grandi imprese che hanno dovuto rivoluzionare le modalità di lavoro. Il consumo di dati è raddoppiato e per questo abbiamo dovuto potenziare la nostra rete infrastrutturale, velocizzando un processo di digitalizzazione che, nelle previsioni, sarebbe durato più anni. Abbiamo semplicemente cavalcato l’onda del mercato. E nel momento giusto per

accelerare gli investimenti, abbiamo avuto la prontezza, l’audacia e il sostegno per farlo. Il nostro obiettivo sarà sempre questo: sviluppare una rete di proprietà che percorre il territorio, per un’innovazione digitale concreta, accessibile e condivisa, capace di trasformare i nostri centri urbani nelle smart city del futuro». Planetel ha un punto di forza riconosciuto da tutti i maggiori attori protagonisti della sua storia: è una società del territorio che ne riconosce i valori e che li concretizza. Nella crescita.


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ARCHITETTURA

Vero e proprio concept di residenza e living sostenibile che sposa la filosofia abitativa “green”

N

el centro storico di Bergamo, tra via Suardi e il Borgo Santa Caterina, sta sorgendo un complesso dall’aspetto innovativo e dagli obiettivi ambiziosi. È composto da tre torri di diverse altezze e da un ampio spazio aperto contestuale, e già da questi pochi elementi si capisce subito che il verde, la luce e l’apertura ne saranno gli elementi caratterizzanti. Stiamo parlando del Tower Santa

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Caterina, più che un progetto, un vero e proprio concept di residenza e living sostenibile. Tower Concept è un marchio appartenente a Nicoli Trasporti Spedizioni Spa che, insieme ad Acerbis e F.lli Zappettini, gli altri due titolari del progetto immobiliare Tower Santa Caterina, sposa la filosofia abitativa “green” che si sviluppa, per così dire, in due direzioni perpendicolari: la verticalizzazione del verde, e spazi interni che trovano una naturale

prosecuzione in amplissime terrazze, anch’esse votate ad una rigogliosa natura urbana. La prima costruzione firmata Tower Concept, interamente di Proprietà della Nicoli Trasporti Spa, è stata realizzata a Nembro: una torre di 8 piani con grandi terrazze asimmetriche e vista suggestiva sul parco e sulla vallata circostante. Entrambe i progetti sono stati realizzati in collaborazione con l’Architetto Alessandro Bassani. «Per questo progetto, siamo partiti proprio prendendo tutto il bello


e l’innovazione che sono intervenuti nel processo creativo dell’edificio di Nembro, durante il cui sviluppo abbiamo dato vita al marchio Tower Concept», spiega Giuseppe Amico, direttore vendite e socio del progetto. «Non è un mistero che gli acquirenti siano diventati molto più sensibili in fatto di verde, eco sostenibilità e possibilità di avere spazi da vivere all’aperto. Le nostre terrazze, punto di forza del nostro concept, rispondono particolarmente bene a questa

«Luminosi spazi interni si espandono verso terrazze piantumate pensate come veri e propri salotti all’aperto»

Giuseppe Amico

esigenza: si tratta di balconi profondi fino a 3 metri, con grandi vetrate interamente apribili, che costituiscono un naturale proseguimento senza confini della zona living, con il risultato che ogni nostro appartamento diventa un attico a qualsiasi piano sia collocato». Tower Santa Caterina cerca di identificare e offrire quello che la clientela ricerca al giorno d’oggi: una casa su misura, spazi all’aperto, contatto con la natura, vicinanza ai servizi primari, spese energetiche contenute e tecnologia. In merito a ciò Amico aggiunge «Il modo di vivere lo spazio casa, e la sua percezione, è interamente cambiato. La comodità, intesa come metrature ridotte e stretta necessità, non soddisfa più. La casa non è più uno spaziodormitorio dove non si trascorrono che poche ore al giorno, e che deve pertanto essere solo il più facile possibile da gestire. C’è richiesta di locali accessori e di abitudini che prima nessuno riteneva importanti, ecco perché il mercato immobiliare viaggia bene, a dispetto del periodo nero per l’economia in generale. Ed ecco perché il nostro concept di terrazze living, da vivere con uno spirito completamente 57


incontrato il gusto del pubblico. Ma c’è di più: se molti hanno capito quanto sia importante recuperare una dimensione di contatto con il verde e l’aria aperta, seppur in un contesto moderno e metropolitano, come Bergamo è destinata a diventare, non si può certo dimenticare il fatto che viviamo nell’era della tecnologia, del comfort e del 4.0. E qui entra in gioco la domotica predisposta nel

diverso, è la risposta ideale a questo tipo di esigenza. La clientela è estremamente varia, ci hanno contattato famiglie e single, e molti ci hanno richiesto metrature superiori a quelle che avevamo inizialmente previsto.

Abbiamo venduto ad oggi il 90% delle prime due torri e ci accingiamo a commercializzare la terza, sempre sfruttando questa formula vincente, quella di venire incontro al cliente con soluzioni personalizzate. La consegna è prevista per fine 2022 per la torre B, e a seguire il resto». Un grande interesse da parte degli acquirenti manifestato dall’inaugurazione di Casa Tower, l’appartamento campione arredato in partnership con Moda d’Interni. Proprio in quell’occasione sono stati registrati circa 150 appuntamenti organizzati in visite individuali nel rispetto di tutte le normative anti-Covid ed è stata stilata una

«Le dotazioni impiantistiche di ultima generazione delle migliori marche collocano gli edifici in classe energetica A4» lista d’attesa di altre 153 richieste prenotate tramite il sito web. Considerato che oltre la metà degli appartamenti risultano venduti in poco più di 3 mesi, non c’è dubbio che Tower Santa Caterina abbia 58

progetto Tower Santa Caterina. «Abbiamo selezionato un capitolato domotico di qualità firmato BTicino», spiega Amico «che rende ogni appartamento “intelligente” e facile da gestire anche attraverso Smartphone o Tablet. Il concetto che abbiamo però voluto trasmettere è quello di una domotica espandibile e personalizzabile, ma non esasperata. Una domotica a misura di persona, finalizzata a vivere


meglio la casa come un reale spazio di comfort». Un complesso, dunque, elegante, ma all’avanguardia sia per quanto riguarda l’estetica “ecologica”, sia per quanto riguarda le tecnologie e i materiali impiegati, soprattutto in un’ottica di preservazione dell’ambiente: i materiali isolanti e le dotazioni impiantistiche di ultima generazione delle migliori marche collocano gli edifici in

classe energetica A4. E il concetto di estensione e di apertura che trova espressione nelle grandi balconate-living, si traduce anche nel contesto in cui il progetto è inserito: si tratta infatti di una sorta di prosecuzione, collocata al confine con via Suardi, del Borgo Santa Caterina, una zona particolarmente vivace e caratteristica della Bergamo storica, che anche l’amministrazione comunale è da

tempo interessata a valorizzare ulteriormente. Il complesso verrà completato con la realizzazione di una grande piazza, in cui ancora una volta gli elementi dominanti saranno il verde, la natura urbana e la spazialità. Una pista ciclopedonale condurrà nel cuore del Borgo, mentre l’arredo urbano sarà arricchito da grandi e variopinte fioriere che, in una continuità visiva con le rigogliose balconate, andranno a creare un effetto “giardino pensile”. Il tutto, naturalmente, impreziosito da un’impagabile vista su Città Alta e sui colli di Bergamo. L’auspicio dei realizzatori è quello che questa piazza diventi non solo una residenza prestigiosa, ma un luogo di aggregazione all’insegna della natura, un vero e proprio parco cittadino in cui recuperare quella dimensione di socializzazione sostenibile che da tempo manca nelle nostre realtà cittadine, e non solo a causa Covid. Arianna Mossali

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INFORMATICA

L’APP Per le aziende «Un sistema hi-tech per gestire la privacy e la sicurezza dei visitatori»

L

ibemax srl è una società informatica con sede a Gorle e specializzata nello sviluppo di app per il supporto delle imprese nelle loro attività quotidiane. Ben presto l’azienda software fondata da Daniel Maida si è fatta notare grazie alle sue innovative soluzioni in costante aggiornamento, conquistando la fiducia di grandi realtà come Daikin, PIttarosso, Cimbali e Fatture in Cloud. Ci racconti le tappe fondamentali per la vostra azienda. Da dove

nasce la sua passione per le app? Io sono sempre stato appassionato di informatica, per questo nel 2008 ho aperto la mia prima azienda, successivamente, nel 2014, a seguito dell’aumentare vertiginoso dei dati, avevo necessità di aprire un’attività più strutturata, così fondai Libemax srl. Dal 2010 siamo diventati anche sviluppatori di applicazioni sia per Apple che per Android, quelle più importanti sono App Rilevazione Presenze e App Registro Visitatori. Quali sono le caratteristiche che vi contraddistinguono tra tutti i competitor? Sicuramente l’assistenza, teniamo molto al fatto che per qualsiasi problematica i nostri clienti possano affidarsi a noi istantaneamente, senza aspettare giornate intere. Inoltre le nostre applicazioni sono sempre in aggiornamento e in evoluzione, anche grazie a consigli e richieste di chi le utilizza continuamente. Aggiungerei anche

il fattore esperienza, perché è ormai da 7 anni che ci occupiamo di app per aziende. Una nostra peculiarità è il fatto che noi garantiamo un periodo di prova antecedente al contratto senza alcun vincolo. Ci parli delle applicazioni sviluppate da voi, soprattutto di App Registro Visitatori. Come funzionano le vostre soluzioni? App Rilevazione Presenze permette a tutti i dipendenti di timbrare, anche a quelli fuorisede, oltre che gestire permessi, ferie, malattie, cedolini e così via. Ad ora oltre 60.000 dipendenti in tutto il mondo la utilizzano ogni giorno. App Registro Visitatori, invece, consente di gestire gli accessi all’interno delle aziende: essa fondamentalmente permette di tutelare la privacy di chi entra, a differenza del foglio cartaceo dove chi firma vede chi c’è stato prima. Al mese contiamo circa 500.000 visitatori con più di 1.000 sedi sia a livello nazionale che internazionale. Il funzionamento avviene con l’installazione di un tablet all’entrata della reception per monitorare l’ingresso e l’uscita di fornitori, clienti e visitatori e registrarli con dati personalizzabili, firma digitale e conferma dei documenti su privacy e sicurezza. Con questa applicazione diventa anche più facile gestire tutte le fasi di un’eventuale evacuazione, è infatti possibile mandare una notifica a coloro che si trovano in azienda per localizzare il punto di raccolta più vicino. È importante sottolineare che tutti i nostri sistemi rispettano le indicazioni del GDPR ed i dati, che si trovano su un server europeo criptato e monitorato costantemente, sono protetti e non vengono assolutamente mandati a terzi. Quali sono i processi per lo sviluppo di un’applicazione dalle funzioni ottimali come la vostra? All’interno della nostra sede abbiamo un sistema di analisi, progettazione, sviluppo e testing. Le componenti fondamentali di un’app sono: la grafica e la programmazione, un’app deve essere sì bella, ma anche intuitiva e soprattutto funzionale.

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«Ad ora gestiamo la privacy e la sicurezza di oltre 500mila visitatori al mese»

dare il nostro contributo, così abbiamo implementato l’app con diverse funzioni: il collegamento ad un termoscanner e l’opzione di compilare i documenti anticontagio durante la fase di registrazione. Tutto ciò permette di assicurarsi che i visitatori si sottopongano ai consueti controlli di temperatura e tracciamento del virus. Inoltre il tablet si può anche collegare a porte automatiche o tornelli in modo tale da limitare gli ingressi e bloccarli oltre la soglia dei visitatori consentiti.

messaggistica interna aziendale. Un sistema appositamente ideato per gestire la comunicazione tra impresa e dipendenti, nel completo rispetto della privacy.

Foto Antonio Milesi

Come avete vissuto il periodo Covid? Con l’arrivo della pandemia Covid abbiamo iniziato a pensare a come

I vostri progetti futuri? Attualmente stiamo sviluppando una nuova app di

Daniel Maida 61


Foto Light&Magic Productions

CASA DI SPEDIZIONI

«Mio suocero era uno dei capi grossi dei partigiani durante la seconda guerra mondiale» 62

T

ino Corna, amministratore dal 1962 dell’azienda di trasporti Pasquale Carrara, ci ha svelato in esclusiva a Bergamo Economia tutti i retroscena sulla

nascita e sulla crescita dell’attività. Come e quando nasce la Carrara Pasquale & C. SRL? Tutto cominciò grazie a mio suocero Pasquale Carrara che nel 1942, partendo da un autotreno, ha cominciato la sua carriera nel


CARRARA Pasquale & C. SRL Tino Corna ci racconta i 70 anni di attività

Tino Corna

settore dei trasporti, fondando questa azienda a conduzione familiare, diretta attualmente da me, mia figlia Kika e l’altro mio figlio Paolo. Mio suocero era uno dei capi grossi dei partigiani durante la seconda guerra mondiale e il suo nome di battaglia era Pasqualino.

Scampò la morte numerose volte, come quando, dopo aver raggiunto i compagni per la consegna degli armamenti e dopo essere rimasto ferito a causa di un incidente, fu portato all’Ospedale Maggiore di Bergamo per essere medicato, ma dal momento che era stato

scoperto dai fascisti rischiava l’esecuzione capitale. Fu così che i suoi compagni, fortunatamente, travestiti da infermieri, riuscirono a portarlo fuori da lì e a salvargli la vita. Mio suocero per un anno rimase nascosto in una soffitta, per evitare di essere giustiziato dai fascisti. Quando poi anni dopo vollero premiarlo col riconoscimento di cavaliere, lui rifiutò qualunque onorificenza perché per sua indole non voleva appartenere a nessun gruppo, né a quello partigiano né a nessun altro, si batteva solo in nome della libertà. Fu così che dopo la guerra portò avanti questa azienda con gli stessi valori che lo avevano sempre contraddistinto, l’umiltà e l’indipendenza. Fu poi nel ’62 che conobbi la figlia di Carrara, la sposai ed entrai a far parte dell’azienda familiare che ad oggi vanta 70 anni di attività. Da lì poi siete cresciuti aprendo 3 sedi differenti. Sì, oltre a quella di Bergamo che sarebbe la sede legale, in Via Palma il Vecchio, 16/b, ne abbiamo una ad Avenza, in provincia di Massa Carrara, dove ci arrivano i blocchi di marmo provenienti da tutto il mondo oltre ai derivati di questo materiale. Proprio ad Avenza disponiamo anche di un ampio deposito doganale a un km dal porto di Carrara, in cui riponiamo i materiali che trasportiamo, non solo i marmi ma anche cemento e materiali pallettizzati. L’ altra sede è invece a Ferrara, dove ci occupiamo del trasporto di fertilizzanti, mentre a Bergamo siamo specializzati nel trasporto dei cereali, molitoria mangimistica, lapidea e granulati. Il nostro punto di forza sta nel fatto che ci affidiamo a vettori esterni, che non sono nostri dipendenti, ai quali trasferiamo la merce che deve giungere nelle diverse destinazioni. Proprio l’abilità dei miei collaboratori ha permesso di far crescere questa azienda, abbiamo infatti ad oggi ben 3 mila vettori che lavorano con noi. Una delle nostre caratteristiche principali è inoltre la tempestività di risposta a tutti i contatti, sia in fase di definizione del servizio, sia nell’espletamento del trasporto stesso, elementi, questi ultimi, 63


che ci hanno permesso di ottenere grandi risultati e di espandere la nostra attività. Come si sono evolute le esigenze del mercato nel tempo e che cambiamenti avete dovuto eventualmente introdurre? Si è trattata di un’evoluzione continua. Sicuramente con l’aumento dei collegamenti tutto è diventato molto più rapido con una conseguente velocizzazione e riorganizzazione del lavoro.

tramite cellulare, cosa che tanti anni fa non era possibile e per comunicare si era spesso costretti a chiamare nei bar in cui si fermavano nella speranza di trovarli. Oggi coi cellulari rintracciarli è diventato semplicissimo. Quali qualità bisogna avere nel settore dei trasporti? In questo lavoro, come in tutti, è importante avere testa, altrimenti si rischia di fallire. È fondamentale essere preparati nel settore di cui

capitava che i nostri camionisti avessero degli imprevisti, ritardando così le consegne ai clienti. Non intendendomi di problemi tecnici legati agli autocarri non sapevo come intervenire, così decisi di non avere più problemi vendendo i mezzi e affidandomi come faccio adesso a dei collaboratori esterni. Questo perché se non si è competenti di un determinato ambito, non si riescono poi a gestire gli inconvenienti. Adesso tutto si svolge in maniera

Tino Corna con i figli Kika e Paolo

«In questo settore è fondamentale essere preparati, oltre a poter contare su dei collaboratori validi. Ci chiamano da tutta Italia per l’alta qualità del servizio che offriamo» Con internet è possibile lo smart working, mi è infatti possibile gestire i vettori da remoto. Inoltre i vantaggi della tecnologia odierna sono molteplici: mi è più facile contattare i miei collaboratori 64

ci si occupa, oltre a poter contare su collaboratori validi. Quando all’inizio avevamo dei dipendenti e non ci affidavamo a dei liberi professionisti come adesso, i guai erano sempre in agguato. Spesso

molto più semplice: le aziende ci appaltano i loro prodotti, poi noi contattiamo degli autisti esterni per portare a termine le consegne. Ci preoccupiamo ovviamente di cercare il vettore più adatto per il trasporto di un determinato tipo di materiale, perché non tutti i camion sono adatti alle stesse tipologie di merci. In questi anni le soddisfazioni non sono mancate, infatti grazie alla nostra elevata affidabilità, ci chiamano da tutta Italia per l’alta qualità del servizio che offriamo. Daniela Picciolo



COWORKING

PalaWork Molto più di una semplice scrivania

A

d Alzano Lombardo ora c’è Palawork, un nuovo spazio per il coworking d e d i c a t o alle imprese locali, alle start up e ai singoli professionisti che cercano un luogo innovativo dove far germogliare le proprie idee, stringere proficue collaborazioni e creare nuove opportunità di lavoro e di condivisione. Si tratta di uno spazio di lavoro alle porte della Valle Seriana, nota e conosciuta per l’importante concentrazione industriale e vicinissima al centro della città di Bergamo. Un open space di oltre 500 mq. moderno, elegante e accogliente dove imprenditori, freelance e start-up possono lavorare fianco a fianco per unire le competenze di ciascuno

e raggiungere obiettivi concreti e comuni. Il fondatore, Walter Licini di 33 anni, è un alzanese. «Per me realizzare Palawork ad Alzano è stato un ritorno a casa» - ci ha raccontato. Palawork fa parte di Sikuro Group, team di consulenza sulla salute e la sicurezza sul lavoro, specializzato nella digitalizzazione della gestione documentale nel settore edilizio,

«Da Palawork trovi scrivanie, uffici, sale meeting da affittare per lunghi periodi o anche solo per un giorno»

attraverso il portale SIkuro, strumento strategico per chi desidera avere un cantiere 4.0. «Abbiamo già affittato alcuni uffici a società interessate a entrare a far parte di Palawork: fotografi, studi legali, agenzie di marketing e un ingegnere elettrico. Crediamo tantissimo alla sinergia che si può creare tra imprenditori di diversi settori e siamo convinti che Palawork sia la giusta risposta per chi condivide come noi questa esigenza». Da Palawork sono disponibili sale meeting da 2 a 30 posti 66


con apparecchiature per videoconferenze e possibilità di organizzare corsi di formazione, ci sono desk privati, singoli uffici e postazioni di lavoro affittabili per diversi periodi di tempo, anche giornalmente. Una segreteria completamente attrezzata, un servizio accoglienza, collegamento internet super veloce con fibra ottica dedicata che assicura un’elevata qualità di lavoro, zona bar e sala relax: il tutto in un ambiente dinamico e stimolante con spazi ampi e luminosi, aperti professionista, un imprenditore o un’azienda dovrebbe scegliere di lavorare in un coworking? Diversi studi dimostrano che lavorare in un ambiente di coworking aumenta la creatività, la produttività e favorisce nuove opportunità di lavoro e condivisione. I coworker che decidono di rinunciare al concetto di ufficio tradizionale a favore di questo spazio condiviso, possono provenire da ambiti lavorativi diversi e trovare in questa filosofia collaborativa un modo per crescere professionalmente e personalmente. Palawork si trova in via Daniele Pesenti, 37 ad Alzano Lombardo, a fianco del Palasport. Scopri di più su www.palawork.it

a tutti, dove ognuno può sentirsi libero di lavorare in tranquillità. Anche la posizione di Palawork è strategica: a 15 minuti d’auto dal casello dell’autostrada di Bergamo e dall’aeroporto, a tre minuti a piedi dalla fermata Teb di Alzano Centro. La vicinanza delle piscine, della pista ciclabile e del PalaSport consente ai coworkers di rilassarsi facendo attività sportiva durante la pausa pranzo o all’uscita dal lavoro. Quali sono i vantaggi di lavorare in uno spazio condiviso ma soprattutto perché un 67



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DIFFICOLTÀ ● ● ● ● ●

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Il raffinato Bolle Restaurant di Lallio, simbolo di qualità delle materie prime e di maestria nell’abbinamento degli ingredienti, ci apre le porte per una rubrica dedicata alla cucina. Lo chef Marco Stagi è originario di Bergamo e ha 30 anni ma, nonostante la giovane età, vanta di grande esperienza ai fornelli, sia in Italia che all’estero, e di un curriculum di prim’ordine nel settore gastronomico. Si è diplomato alla scuola alberghiera di San Pellegrino, iniziò a lavorare all’Osteria della Brughiera dove rimase per 3 anni imparando le basi della cucina, si trasferì poi al ristornate Piazza Duomo di Alba per 5 anni dove crebbe tantissimo diventando il cuoco che è ora. Gli anni decisivi per la sua carriera furono quelli trascorsi in Belgio, all’Hof Van Cleve, uno dei ristoranti a tre stelle Michelin più prestigiosi al mondo. Tornò successivamente in Italia e lavorò per qualche tempo come sous-chef a Casa Perbellini a Verona, l’ultima tappa del suo attuale percorso l’ha riportato a Bergamo per esibire il suo talento nel ristorante firmato Agnelli. Il capo della brigata di cucina Bolle ha deciso di condividere con noi le sue esclusive ed equilibrate ricette, portando sulle nostre tavole la sua arte culinaria, ricca di colori, profumi e sapori.


Gli ingredienti ● ● ● ● ● ● ● ●

Riso carnaroli 70/80 g Burro qb Parmigiano qb Pancetta Salvia Pere Senape Amaretto

Preparazione un brodo alla 01 Creare pancetta

04 Tostare il riso Cuocere il riso tostato per Creare una mostarda con 05 12 minuti aggiungendo il

02 pere e senape

un amaretto 03 Frullare con acqua

(per formare una pasta di amaretto)

brodo alla pancetta

rosolare salvia e 06 Far pancetta

07 Aggiungere al riso

(lasciato a riposare qualche secondo) burro e parmigiano quanto basta il tutto fino a 08 Mescolare renderlo cremoso nascondendo 09 Impiattare sul fondo la pasta di amaretto e mettendo

sopra al riso la mostarda di pere, la pancetta e la salvia

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Maserati

Foto Light&Magic Productions

MOTORI

M

a s e r a t i Levante, il Suv nato dalla tradizione g r a n d touring. Abbiamo provato la vettura della casa automobilistica

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Levante

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del Tridente, messa gentilmente a disposizione per l’occasione dalla concessionaria Scuderia Blu, nella splendida cornice di Astino. Esteticamente la vettura supera tutte le aspettative, con uno stile raffinato reso unico da proporzioni da Suv bilanciate da linee aggraziate e forme possenti, per offrire la massima dinamica. I nuovi fanali posteriori, con un’audace

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forma a “boomerang” sono ispirati ai modelli storici di Maserati, come la 3200 GT progettata da Giugiaro, e sono realizzati con la più recente tecnologia di stampaggio a iniezione 3K, che gli conferisce una lente a tre colori. Maserati Levante regala un piacere di guida senza sforzo su qualsiasi terreno: nella versione motore V6 o V8 offre sia massima reattività

sia comfort di bordo assoluto anche nei viaggi più lunghi. Per quanto riguarda gli interni, infatti, l’abitacolo della Maserati Levante è spazioso e in grado di sprigionare un lusso da vivere ogni giorno, anche grazie all’elegante stile italiano che combina la maestria artigianale delle finiture e i materiali pregiati. La posizione di guida è comoda e dotata di


«Levante incarna lo spirito audace e senza tempo di Maserati, abbinando prestazioni inebrianti al lusso e al comfort di una prestigiosa grand tourer»

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un sedile sportivo ergonomico e regolabile elettronicamente in 12 modalità. Ogni Maserati è progettata e costruita per offrire sempre un’esperienza di lusso con livelli di sicurezza e tranquillità di altissimo livello. Levante è inoltre dotata di una gamma completa di sistemi di assistenza alla guida avanzati di livello 2 - tra cui il nuovo sistema di “assistenza alla guida attivo” - per una maggiore 76

tranquillità, sia che stiate vivendo un’avventura off-road esclusiva o un viaggio in città. Per quanto riguarda le motorizzazioni, come dicevamo, sono disponibili i motori a benzina V8 da 3,8 litri e V6 da 3,0 litri, insieme a un turbodiesel da 3,0 litri. Tutti i propulsori offrono quello che ci aspetta da una Maserati, ossia potenza estrema, reattività ed efficienza oltre ogni limite. Alessandro Belotti

SCUDERIA BLU Via Stezzano, 51 Bergamo Tel. 035 320358 www.iperauto.it


Maserati Levante. The Maserati of SUVs DEALER NAME SCUDERIA BLU Viale Ciro Menotti 311, 41121 Modena, Italy +1 23456789 BERGAMO - VIA STEZZANO 51, dealer@maserati.com TEL. +39 035 320 358 - INFO@SCUDERIABLU.IT dealernamewebsite.com

Gamma Levante. Consumo di carburante in ciclo misto min – max (l/100km) 7,9 – 13,3; emissioni di CO2 in ciclo misto min – max (g/km) 208 - 302. I valori indicativi relativi al consumo di carburante e all’emissione di CO2 sono rilevati dal costruttore in base alla normativa vigente (Regolamento UE 2017/1151) e aggiornati alla data del 09/2020. I valori più aggiornati saranno disponibili presso le Concessionarie Maserati in quanto gli stessi sono indicati a fini comparativi e potrebbero non riflettere i valori effettivi.


Foto Light&Magic Productions

MOTORI

CUPRA

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Formentor

S

i chiama Formentor ed è un SUV coupé sportivo dal carattere inconfondibile. Abbiamo provato la nuova vettura della casa automobilistica spagnola, messa 79


gentilmente a disposizione per l’occasione dal CUPRA Garage della concessionaria Bonaldi Motori di Bergamo, nella splendida cornice della Roncola, tra paesaggi innevati da togliere il fiato. CUPRA Formentor, il cui nome deriva dal famoso promontorio sull’isola di Maiorca, è costruita sulla piattaforma modulare MQB Evo (la stessa delle ultime Audi A3, Volkswagen Golf e SEAT Leon), ma lo sviluppo tecnico e stilistico è interamente “made in CUPRA”. Le dimensioni del nuovo SUV coupé sono davvero generose: 4,45 metri di lunghezza, 1,84 metri di larghezza e 1,51 metri di altezza, con una capacità del bagagliaio di 450 litri. Per quanto riguarda lo stile della CUPRA Formentor,

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basta un’occhiata per notare una carrozzeria tanto slanciata quanto “scolpita”, con nervature profonde nelle fiancate e nel lungo cofano

«CUPRA Formentor il cui nome deriva dal famoso promontorio sull’isola di Maiorca» motore. È una linea “tutta muscoli”: se davanti spiccano la griglia col logo CUPRA (che si ispira alla simbologia dei popoli tribali ed

esprime il senso di appartenenza ad una vera e propria tribù) in rame Cup Copper e i grandi fari full LED ultraespressivi, la zona posteriore, raccolta ma possente, offre larghi parafanghi, un vistoso spoiler e fanali orizzontali sempre con luci a LED; queste ultime creano una sorta di “lama luminosa” orizzontale che attraversa il portellone. Dietro non mancano, ovviamente, i quattro terminali di scarico che enfatizzano l’anima sportiva della vettura. A completarne il carattere e la presenza su strada, i cerchi in lega con dettagli in rame fino a 19 pollici (18 di serie). Una volta saliti a bordo, ciò che salta all’occhio sono i due schermi, il cruscotto digitale da 10,25 pollici


(di serie) e il touchscreen al centro della plancia da 12 pollici (10 per le motorizzazioni meno spinte), da cui si ha accesso a tutta la gestione del veicolo, dall’infotainment alla connettività di bordo fino alla gestione del clima. All’interno emergono dettagli tipici dei SUV ad alte prestazioni: sedili sportivi avvolgenti e volante racing con pulsante di avviamento e selezione della modalità di guida. L’illuminazione ‘’smart wraparound’’, con le sue vivaci combinazioni cromatiche, completa un ambiente interno distintivo e sportivo. Durante la prova abbiamo guidato la versione più potente,

con allestimento VZ e motore 2.0 TSI, in grado di erogare 228 kW (310 CV) e coppia massima di 400 Nm. L’impianto di sovralimentazione introduce un nuovo turbocompressore e un nuovo circuito di ricircolo dei gas di scarico, mentre anche il sistema di iniezione diretta si avvale ora di una nuova pompa ad alta pressione in grado di raggiungere i 350 bar. Questo significa accelerazione 0-100 km/h in soli 4,9 secondi e stacco 0-1.000 metri in 24,5 secondi, con velocità massima di 250 km/h limitata elettronicamente. Il cambio automatico doppia frizione DSG a 7 rapporti passa alla tecnologia Shift-by-Wire: nuova

tecnologia dotata di un selettore delle marce comandato da impulsi elettronici. Il motore è inoltre dotato della trazione integrale 4Drive, un sistema che trasmette la coppia motrice alle ruote posteriori quando necessario, ovviamente in modo completamente automatico. Alla guida la vettura si è dunque dimostrata estremamente stabile nonostante l’altezza da terra senza soffrire di rollio, a conferma dell’ottima gestione della distribuzione dei pesi, oltre che del mix riuscitissimo tra rigidità della carrozzeria e taratura delle sospensioni dotate di DCC (Dynamic Chassis Control). Abbiamo anche percepito un’ottima risposta nella frenata, grazie all’impianto marchiato Brembo

«Lo stile aerodinamico della vettura è perfezionato dallo spoiler posteriore integrato e dalle linee fluide che percorrono la carrozzeria» 81


dotato di pinze a 4 pistoncini. Per quanto riguarda l’equipaggiamento di serie, e al netto di accessori già citati, troviamo la pedaliera in alluminio, Park Assist (sensori anteriori e posteriori e retrocamera), Adaptive Cruise Control predittivo, Exit Warning (avvisatore acustico e luminoso all’uscita dalla vettura, in caso di pericolo), Exit Assist (avvisatore acustico e frenata di emergenza in caso di pericolo 82

all’uscita dal parcheggio), Lane Assist plus con mantenimento del centro corsia, Side Assist con Blind Spot Detection, Traffic Sign Recognition e Traffic Jam Assist (Adaptive Cruise Control + Lane Assist Plus). Ciliegina sulla torta, il braccialetto e la cover per chiave in fibra di carbonio. Alessandro Belotti

Via Piemonte, 16 24052 Azzano San Paolo BERGAMO Tel. 035 345242 www.bonaldi.it


Lift Trucks Viale Italia 1 - 24040 LEVATE (BG) - Tel. 035.594222 E-mail: info@soldinicarrelli.it - Web: www.soldinicarrelli.it



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