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io non sono proprietà di nessuno
gruppo di complici, rapisce la ragazza. Franca verrà tenuta segregata per diversi giorni in un caseggiato isolato, lasciata a digiuno, picchiata e violentata. Il 6 gennaio la polizia scova il rifugio e arresta Franco Melodia, il quale però si appella subito a un diritto che ancora in quel periodo è sacrosanto: il diritto al matrimonio riparatore.
Il matrimonio riparatore era regolamentato dall’art. 544 del codice penale, e prevedeva che per il colpevole di violenza carnale il reato si potesse estinguere se lo stesso si rendeva disponibile a sposare la vittima. Spesso ad appellarsi al matrimonio riparatore erano gli stessi genitori della vittima, che piuttosto che tenersi in casa una figlia “disonorata” ledendo la rispettabilità della famiglia, preferivano consegnarla al suo aguzzino. Nel contenzioso la volontà della ragazza abusata era assolutamente priva di peso: la stessa subiva dunque una doppia violenza, fisica e morale, da parte del carnefice e da parte della famiglia. Una violenza che si perpetrava per tutta la vita e dalla quale era impossibile scagionarsi.
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Se ci immedesimiamo in questo contesto, capiamo perché il “no” di Franca Viola al matrimonio riparatore è un atto rivoluzionario nella storia del nostro Paese: il suo rifiuto a chinarsi a un crudele destino e il coraggio di combattere a viso aperto una strenua battaglia legale, ha dato il via a una serie di movimenti femminili di rivolta. Ma solo nel 1981, ossia in tempi recentissimi, si arriva finalmente all’abrogazione del diritto al matrimonio riparatore. Non solo: fino al 1981 era legale anche il “delitto d’onore”: se un uomo sorprendeva una donna della famiglia a intrattenere una relazione disonorevole, era legittimato a ucciderla senza incorrere in alcuna punizione. E bisognerà aspettare fino al 1994 affinché anche lo stupro fosse considerato non più un reato contro la morale, ma contro la persona.
La storia di Franca è una storia a lieto fine. La 17enne affronta con coraggio e risolutezza le calunnie di Melodia, la turpe tenacia dei legali della difesa, le immancabili chiacchiere del paese.
Il processo si conclude con la condanna ad 11 anni per il Melodia e i suoi complici. Franca si sposa nel 1968 e diventa madre di tre figli, a dispetto dell’arciprete che sermoneggiava che nella sua condizione sarebbe rimasta zitella. Nel 2014, per la Festa delle Donne, viene insignita dell’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana dal Presidente Giorgio Napolitano “per il coraggioso rifiuto del matrimonio riparatore che ha segnato una tappa fondamentale nella storia dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese”.
I retaggi di secoli di patriarcato e di questo modo di concepire la donna sono purtroppo ancora vivi anche nelle aule dei tribunali, e si palesano in domande quali: “com’eri vestita?”, “avevi i jeans troppo stretti?”, “l’avevi provocato?” La storia ci insegna che molti passi sono stati fatti, ma la strada è ancora lunga; i diritti delle donne non sono mai da dare per scontati, ma frutto di una continua conquista e di una lotta che non può e non deve ritenersi conclusa. Ecco perché ricordare la storia e il coraggio di Franca Viola è indispensabile oggi più che mai.