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il Carnevale a Chiaramonte “ Una pazzia allegra e chiassosa”: S
i ritorna a festeggiare il Carnevale a Chiaramonte Gulfi: uno dei più antichi e belli di Sicilia.
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L’etno-antropologo Serafino Amabile Guastella (1819-1899) nel suo volume “L’Antico Carnevale nella Contea di Modica” – edito nel 1887 – ci rende testimonianza del divertimento, maschere, miniminagghie, sapori e usi che caratterizzavano, dal 1600 alla prima metà del 1800, questa festa in cui “licet insanire”, è lecito fare pazzie.
Era “una pazzia allegra e chiassosa”, scrive il Guastella, delineando gli aspetti dell’antico carnevale, che allora durava circa tre settimane. A scandirne l’inizio erano le contadine di Chiaramonte che, il 1° febbraio (vigilia della Madonna della Purificazione) si recavano sul monte Arcibessi e qui si ungevano con la rugiada mattutina dei campi, come rito di purificazione, recitando preghiere e lodi alla Madonna, perché le benedicesse.
Altri momenti rituali, a Chiaramonte, erano il mercoledì “di lu Zuppiddu”, il giovedì “di li cummari” e, infine, il giovedì grasso “di lu lardaloru”. Queste erano le occasioni in cui si facevano opere di carità e si rafforzavano i rapporti “tra compari”. Il tutto, certamente, in allegria. Le miniminagghie (indovinelli) e gli scioglilingua erano, certamente, il passatempo preferito di quel tempo.
Giunta la sdirruminica, ossia la domenica di Carnevale, era conveniente “farsi amica a la monica”. In questa occasione, infatti, le monache preparavano i dolci della tradizione e li davano in regalo alle famiglie amiche: pagnuccata, cannoli, teste di turco, e chissà quante altre bontà!
I giorni a seguire erano noti come “i due giorni del pecoraio” perché, si narra, che Gesù li concesse al pastore, giunto troppo tardi dalla campagna, per potere partecipare ai divertimenti della domenica. In queste giornate, u sdirriluni e u sdirrimarti (lunedì e martedì di Carnevale), oltre a magnificare il maiale in succulenti piatti preparati dalle massaie e alla condivisione di questi con i