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Jana salva la regina
I RACCON t I DI BIANCA A CURA DI ALESSIA GIA qu IN tA
“Sì figghiu ri Jana?”: avete mai sentito pronunciare questa frase?
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L’origine è, in effetti, molto antica e viene attribuita ad una leggenda che vede protagonista il castello di Motta Sant’Anastasia, nel Catanese. È proprio qui, infatti, che nei primi anni del 1400 viveva la regina Bianca di Navarra divenuta Vicaria del Regno di Sicilia, dopo la morte del marito re Martino.
Bernardo Cabrera, Conte di Modica, interessato ad accrescere il suo potere, cominciò allora a corteggiarla spietatamente, inseguendola in ogni castello e in ogni luogo che ella frequentava: voleva sposarla per diventare il nuovo re di Sicilia.
La regina, che non era affatto interessata al Conte, rifiutò ogni suo corteggiamento anzi, grazie all’aiuto del suo ammiraglio, lo fece catturare e rinchiudere all’interno del castello di Motta Sant’Anastasia, prima in una cisterna e poi in una stanza della torre dove, nonostante tutto, egli continuava a vivere con la speranza di poter conquistare la regina.
Ed è in questo momento della storia che entrò in gioco un’altra donna, il cui atteggiamento astuto fu risolutivo. Parliamo di Jana (il cui nome deriva dal latino Ianus= dalla doppia faccia), fedele damigella di Bianca di Navarra. Ella, infatti, tramò un piano del tutto particolare per proteggere la sua amata regina.
Jana dunque indossò le vesti maschili da paggio di corte e si diresse nella stanza del Conte e, dopo esser entrata nelle sue grazie, riuscì a fargli credere che lo avrebbe aiutato a fuggire dal castello e a conquistare la regina.
Il Conte Cabrera si fidò ciecamente all’istante e seguì le istruzioni che quell’insolito paggio gli aveva fornito. Indossati i vestiti da contadino, il Conte avrebbe, infatti, dovuto calarsi dalla finestra tramite una corda retta dal paggio (Jana) e una volta giunto a terra poteva riprendersi la sua libertà e correre dalla regina.
Certamente il piano prevedeva un finale differente da quello prospettato al Conte: Jana, infatti, lasciò immediatamente la presa della corda e il Conte cadde dentro una rete dove fu tenuto prigioniero per tutta la notte, tra pianti e lamenti. Il mattino seguente l’astuta damigella si rivelò al Conte e ordinò che fosse imprigionato presso il Castello Ursino di Catania.
Da allora la regina Bianca non ricevette più i fastidiosi corteggiamenti del Cabrera, lodando e ringraziando per sempre la scaltra Jana, considerata per questo anche leggendaria icona dell’astuzia femminile.