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La Rinascita del Sagrantino di Redazione
from BIBENDA n° 86
by Bibenda
Bibenda 86 duemilaventuno LA RINASCITA DEL SAGRANTINO
La Rinascita del Sagrantino
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Il boom economico e la conseguente urbanizzazione, tanto repentina quanto sconvolgente, avevano causato il progressivo abbandono delle campagne. Solo grazie alla libertà dello sguardo tenace e illuminato di Arnaldo Caprai, che conservava una memoria lontana del territorio di Montefalco, si porta a compimento un sogno: far rinascere un grandissimo vitigno locale, archetipo dei vitigni umbri, austero antenato dei nostri avi. Il Sagrantino. Eppure questo desiderio, il grande Caprai, ancor prima di sognarlo deve averlo immaginato, dove per immaginazione si risale alla radice indoeuropea mei che indica tutto quel che di mutevole e inafferrabile seduce l’attenzione, solo così avrebbe potuto catturare quel sogno, per comunicarlo e tramandarlo, perché “L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione.” (Albert Einstein). L’azienda è adagiata su colline tappezzate di ulivi e vigneti che dominano la valle umbra compresa tra Assisi e Spoleto, circondata dai rilievi dell’Appennino, del monte Subasio e dei monti Martani, tra queste alture il colle di Montefalco è il più elevato, a 473 metri sopra il livello del mare. Al passaggio dell’autunno, quando i campi coltivati si tingono di rosso e il cielo ha il colore di un campo di tulipani, il Sagrantino risplende nel calice come una pietra preziosa. In questo paesaggio di rara bellezza sorge Montefalco uno dei borghi più suggestivi e rappresentativi d’Italia, citato nelle opere di Byron, Carducci, Goethe, ed Hesse che del suo viaggio in Italia nel 1907 scriveva: “Vidi Assisi e luoghi sacri, trasfigurati dalla grazia e dall’incanto che San Francesco e l’antica arte umbra hanno infuso in questa terra. E poi mi misi a inseguire le tracce di quest’arte francescana, oltre ad Assisi non c’è luogo che offra migliore opportunità di Montefalco.
Storia della cantina che riscoprì il Sagrantino, vino ermetico sbadatamente dimenticato,
oggi approdata a tecnologie agricole innovative di ultimissima generazione.
Dentro chiese e cappelle, sopra portali e altari scoprii affreschi antichi popolati di delicate figure pervase di gioiosa devozione: stupende madonne misericordiose, graziosi santi giovinetti ancora ridenti di fanciullesca letizia.”. Forse Hesse si fermò ad ammirare anche l’affresco absidale istoriato con i dodici racconti
della vita di San Francesco, conservato nell’omonima chiesa del borgo, in cui il pittore cinquecentesco Benozzo Gozzoli (1420-1497) aveva fedelmente raffigurato la cittadina di Bevagna, il profilo inconfondibile del monte Subasio sullo sfondo, e Montefalco il cui stemma compare riconoscibile sulle mura, opera d’arte di cui l’azienda Caprai finanziò un restauro a dimostrazione concreta del rapporto imprescindibile che esiste tra cultura, vino, territorio e società. La vocazione vitivinicola della zona risale a tempi antichissimi, ma nulla si sa con certezza sull’origine del vitigno. Che si tratti dell’Itriola citata da Plinio il Vecchio nel suo Naturalis Historia, un’uva pregiata prodotta nei territori del municipio di Bevagna e nel Piceno, che sia arrivata dai Bizantini, dai Greci, o ancora importata da frati francescani in pellegrinaggio provenienti dall’Asia, oppure che sia una varietà autoctona, rimane oggetto di ricerca. Come incerta resta anche l’origine del nome.
Bibenda 86 duemilaventuno LA RINASCITA DEL SAGRANTINO
Dal 1971, anno in cui l’imprenditore tessile fondò la cantina acquistando i primi pochi ettari della tenuta Val di Maggio, si celebrano oggi i cinquant’anni dell’azienda artefice della riscoperta del Sagrantino. Azzeccata l’intuizione, che sugella un legame profondo e indissolubile tra il produttore e questo vitigno, espressione forte del territorio, nel 1988 il figlio Marco iniziò a condurre l’azienda in modo imprenditoriale riuscendo in pochi anni ad espanderla in maniera formidabile. Mentre il Sagrantino passito scivolava nell’oblio, la vendemmia del 1972 rappresentò la prima prova di vinificazione in secco. La Doc arrivò nel 1979, anno che corrisponde anche alla nascita del Collepiano, primo Sagrantino prodotto in purezza e oggi etichetta iconica, e la Docg nel 1992. Nel 1989 fu impiantato il primo vigneto ad alta densità e iniziò l’esportazione negli Stati Uniti. I primi anni Novanta videro Marco Caprai insieme a Leonardo Valenti, all’epoca giovane ricercatore all’Istituto di Coltivazioni Arboree della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano, seguire i consigli di Luigi Veronelli che li spronava a ricercare vitigni autoctoni al fine di produrre vini locali da proporre al mercato internazionale.
■ Ai lati, l’interno delle cantine. In basso a destra Marco Caprai con il grande Michel Rolland, enologo di fama mondiale.
I due cominciarono a cercare piante madre in orti abbandonati, da recuperare per la sperimentazione, ne trovarono abbastanza da cominciare a riflettere sul fatto che se questa uva era arrivata a loro era perché aveva qualcosa di speciale, se tutti l’avevano conservata nei secoli doveva avere caratteristiche particolari, ma ancora non avevano capito quali. Dalle indagini successive scoprirono che questa contiene il più alto livello di polifenoli al mondo, e finalmente si resero conto di quale “mostro” avessero fra le mani. Si comprese che non era una varietà tardiva, ma che all’opposto avrebbe dato il meglio di sé con l’invecchiamento e che, con un allevamento ad alta densità, potature corrette e utilizzo di tecniche enologiche appropriate, l’uva avrebbe raggiunto maturazioni più giuste rispetto al passato, con una struttura più dolce e tannini più eleganti. L’incontro con l’enologo Attilio Pagli permise di iniziare a lavorare in cantina su una vinificazione più attenta e rispettosa nei confronti del vitigno. Gli anni Duemila sanciscono la fama del Sagrantino nel mondo. Nel 2015 Marco Caprai ingaggiò Michel Rolland - professionista di fama internazionale - come consulente enologico, e in pochi anni il vino guadagnò in raffinatezza. Oggi l’azienda è impegnata nella ricerca di supporti tecnologici per un’agricoltura di precisione e di qualità, continuamente monitorata, al fine di trovare soluzioni che riducano l’impatto ambientale delle coltivazioni, e nella gestione fitosanitaria del vigneto per limitare le concimazioni azotate. Tra i primi ad usare nei campi sensori per condurre le coltivazioni, attraverso il controllo satellitare viene segnalato ai vendemmiatori un filare trascurato nella raccolta delle uve, o una zona che necessita di acqua e/o trattamenti particolari. L’azienda è anche sede didattica del primo ITS agroalimentare italiano, dove l’offerta formativa prevede anche corsi di olivicoltura, tartuficoltura e cerealicoltura.
Marco Caprai lavora a uno sviluppo territoriale eco sostenibile e trasversale che faccia colloquiare vino, turismo, arte e società, concretizzando l’idea del turismo enologico come chiave di svolta per la diffusione di una cultura positiva del vino. L’azienda ha ottenuto numerosi riconoscimenti da prestigiose riviste ed enti autorevoli, la rivista Wine Spectator lo ha classificato tra i cento migliori vini al mondo. Oggi, con 160 ettari di vigneti e un milione di bottiglie prodotte, l’azienda umbra rappresenta uno dei migliori esempi di sperimentazione, ricerca ed innovazione dell’agricoltura vitivinicola italiana a livello mondiale.
■ Arnaldo Caprai
Loc. Torre di Montefalco 06036 Montefalco PG Tel. 0742 378802
info@arnaldocaprai.it www.arnaldocaprai.it