LIBRI a cura di Linda Cottino con Anna Girardi
Una vita sulla roccia Un libro insolito, il ritratto di anni intensi e avventurosi: nell’alpinismo e nelle idee
«G
ianni era capace di ibridare le chiacchiere e la goliardia di provincia con il pensiero delle avanguardie dell’arrampicata, la storia con la contemporaneità, la scienza con le facezie, le citazioni colte con gli slogan che giravano nei bar e nei ritrovi vicino alle falesie. Senza mai scendere nella banalità o nella battuta scontata». Sintesi calzante, che estraiamo dalla prefazione di Roberto Mantovani a un libro che ci porta in giro per l’Italia e per il mondo in anni tra i più pregnanti e innovativi che l’alpinismo abbia vissuto. Uno di quei passaggi della Storia che non tutti hanno la fortuna di vivere, e ancor più di rado hanno la capacità di raccontare. Gianni Battimelli è senza dubbio uno di questi, e la chiacchierata che abbiamo fatto con lui per uscire dalla gabbia della recensione classica lascia al lettore il piacere della scoperta. Che effetto fa ripercorrere questa gran fetta di vita passata sulla roccia? «Certo, rimettere insieme il tutto fa un bell’effetto. Anche se questa raccolta è stata realizzata nel corso del tempo ed erano anni che meditavo di riunire gli scritti sparsi. Inoltre, avendo fatto lo storico, sono vissuto nel passato. E sono stato una persona fortunata: ho fatto delle belle cose, al momento giusto nei posti giusti». Molti friends e alcuni nuts è un titolo sui generis. «I primi tentativi di titolo erano molto seri… tipo Storie verticali. Dopo un mese di brain storming, guardando la foto che è stata scelta per la copertina è saltato fuori questo, che ci è parso andasse bene, anche per gli altri significati che suggerisce». Gli scritti del libro sono stati pubblicati per lo più su riviste, molti dei quali in anni vivaci e variegati che oggi fatichiamo a ritrovare. Come ti paiono oggi l’informazione e i contenuti relativi all’alpinismo? «Mi sembra che i contenuti siano prevalentemente sportivi. La mia generazione, quella che aveva vent’anni alla fine degli anni Sessanta, ha avuto una fortuna “schifosa”, perché tutto era animato da una vivacità ineguagliabile. Nelle cose che si dicono e si fanno oggi trovo un certo anonimato, 78 / Montagne360 / aprile 2021
mi riferisco alle idee che circolano e che si leggono, senza dare un giudizio tecnico. Se degli anni dal ’70 al ’90 potrei scrivere un libro, dal ’90 a oggi non saprei. Qualcosa di nuovo c’è, ma non mi piace: per esempio le spedizioni commerciali». Che ne è oggi della dimensione utopica dell’alta montagna? Possiamo dire che sia avvenuta una sorta di secolarizzazione? «A un certo punto, con la narrazione dell’alpinismo sportivo, intendo Mummery, la montagna diventa un luogo speciale. Addirittura Vittorio Foa afferma che non si può pensare che alberghino pensieri mediocri in chi sale la Nord delle Grandes Jorasses! Be’, sappiamo che non è così, e non è detto che sia del tutto negativa la perdita di quella dimensione, che rischiava di essere retorica». Scrivi che un libro fondamentale per te è stato Paropamiso di Fosco Maraini. Vi siete mai incontrati? «Quel libro lo ricevetti in regalo quand’ero giovanissimo e fu importante per me. Maraini però non lo conobbi. E neppure incontrai Gian Piero Motti, perché quando iniziai a collaborare con la Rivista della Montagna, dopo il 1980, si era già messo ai margini. Però ci scambiammo alcune lettere, che conservo». Questi tuoi scritti sono un caleidoscopio di luoghi, realtà, esperienze: l’Inghilterra, Yosemite, la Sardegna, l’Alaska, il deserto, Kalimnos... e ce n’è uno che spicca sugli altri, è il Verdon. «Il nostro gruppo di romani, e io in particolare, abbiamo sempre avuto la curiosità di andare in giro per vedere posti nuovi. Al tempo leggevo soprattutto La Montagne et Alpinisme e Mountain, che era “la” rivista. Il Verdon era un po’ come la Valle dell’Orco e il Capitan. Ci sono tornato tante volte e, di là dalla bellezza dell’arrampicata, il mio posto del cuore rimane La Palud, con tutto l’ambiente. Mi è anche capitato di starci due settimane senza toccare roccia, solo esplorando i dintorni». Dacci una pennellata sul vostro gruppo romano, sull’atmosfera che respiravate. «Ci si prendeva molto poco sul serio! Non
GIANNI BATTIMELLI MOLTI FRIENDS E ALCUNI NUTS EDIZIONI DEL GRAN SASSO 304 PP., 15,00 €