NOMI COMUNI DI MONTAGNA A cura di Bruno Tecci e Franco Tosolini Illustrazioni di Luca Pettarelli
10 – Dito Normali parole che tra le vette assumono significati speciali. Come sella, terrazzo, camino – e molte altre – che nella prima definizione d’un dizionario hanno un certo senso, mentre in una relazione, guida o mappa di montagna ne acquistano un altro. Molto più pieno per chi le vette le ama e le frequenta. Tutto da scoprire per chi si sta avvicinando a esse. Questo processo, quando ci si trova lì nelle Terre alte, è per tutti istantaneo: da semplici vocaboli su carta i termini mutano in sensazioni ed esperienze vive. E a quel punto le altre comuni accezioni svaniscono.
Bruno Tecci, narratore per passione, comunicatore di mestiere. Istruttore sezionale del Cai di Corsico (MI). Autore di Patagonio e la Compagnia dei Randagi del Sud (Rrose Sélavy) e di Montagne da favola (Einaudi Ragazzi). Franco Tosolini, ricercatore e divulgatore storico. Istruttore regionale di alpinismo del Cai della Lombardia. È autore e coautore di saggi e libri tra cui La strategia del gatto (Eclettica). Luca Pettarelli, illustratore e allenatore di karate. Con le sue pitture a olio ha collaborato al volume Montagna (Rizzoli). Nel 2016 è stato selezionato alla Bologna Children’s Book Fair.
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e dita, inutile negarlo, sono il tratto distintivo dei rocciatori. Nerborute e forgiate da ore di contatto con la roccia e con gli elementi, sono nodose e possenti come rami di carpino. Proprio come lui, albero che distilla l’esistenza su terreni aspri e difficili, le dita dei rocciatori s’insinuano in fessure, strizzano tacche, afferrano lame e mantengono gli alpinisti adesi alla roccia e attaccati alla vita. Sono così importanti, le dita per gli alpinisti, che non desta sorpresa incontrare nell’arco alpino diverse montagne a loro dedicate. Non servirebbe il vocabolario per sapere che il termine dito è un sostantivo che indica ciascuno dei segmenti terminali della mano o del piede. Per analogia, in alpinismo, un pinnacolo roccioso che ne richiami la forma viene denominato dito. Un esempio lampante è quel torrione che troneggia nel cuore della Valsassina, in provincia di Lecco, che assomiglia a un dito pollice alzato. Il Dito Dones. In un primo tempo, la guglia era nota come Dito Fiorelli, poi, dopo che nel 1926 Erminio Dones fu (probabilmente) il primo a solcarne la cima, la toponomastica cambiò in suo onore. Sulle Dolomiti del Sassolungo s’incontra invece un gruppo montuoso denominato Cinque Dita. In questo caso, ogni sforzo per trovare delle somiglianze tra quelle rocce e le dita della mano sarà vano. Quell’oronimo, infatti, è stato affibbiato perché quelle sono le dita di un essere mitologico: il gigante Sassolungo. Punito per la sua cattiveria, venne fatto sprofondare tra le viscere della terra, ma quel gigante era così enorme che tutto intero, là sotto, non ci stava. Fu così che, in superficie, vicino al Passo Sella, affiorò una delle sue mani che venne chiamata Cinque Dita e a ciascuna delle punte che la caratterizzano è stato dato il nome di Pollice, Indice, Medio, Anulare e Mignolo. La scalata allo spigolo del Pollice è una via classica molto ripetuta. Spesso, tra le sue rocce, le cordate si affastellano in disagevoli assembramenti. Resta però una via divertente, facile e molto estetica.
L
Scendendo verso Misurina, s’incontra, nel Gruppo del Sorapiss, il Dito di Dio. Una guglia arditissima che incombe, come un anatema, su un lago color cobalto. Anche questo luogo, pregno di primordiale bellezza, è intriso di leggende. Quella che però non è leggenda è la storia alpinistica tracciata sulle pieghe rocciose del versante Nord del Dito di Dio. Solamente un eroe dell’alpinismo come Emilio Comici poteva osare scalare, nel 1936, quell’ossimoro di parete: magnetica e, allo stesso tempo, repulsiva. Emilio Comici, nato nel 1901 nella Trieste austroungarica, è uno dei pochi alpinisti che, pur avendo scritto con le sue imprese alte pagine di storia alpinistica, non s’è mai seduto a una scrivania per cominciare un libro. I suoi appunti originali, le sue relazioni, le sue sensazioni, annotate su centinaia di fogli sparsi sono stati prima raccolti da un editore in un volume, e poi andati perduti in un bombardamento alleato su Milano che distrusse l’intera casa editrice. Niente più fonti autografe quindi. Di quella temeraria scalata al Dito di Dio, Di sesto grado, pochissimo artefatto, oltre seicento metri di arrampicata sempre dritta ed esposta, si sa veramente poco. Niente relazioni, solo uno schizzo della via su una foto inviata a un amico e una paginetta scritta, anni dopo, da Sandro Dal Torso che, insieme a Piero Mazzorana, era con Comici in quell’impresa. Ottant’anni più tardi, nel 2015, a Codogno, tra le carte di un noto pittore e vignettista del luogo, scomparso da tempo, viene rinvenuto un documento riconducibile alla scalata di Comici al Dito di Dio. Si tratta di una foto del Dito, con il tracciato della via e con annotati i nomi dei salitori. Oltre ai tre citati, su questo documento, si aggiunge, a sorpresa, un quarto nome: quello di Giuseppe Novello, il noto vignettista. Beppo Novello fu veramente il quarto uomo della straordinaria prima ascensione alla parete Nord del Dito di Dio? Un nuovo affascinante mistero aleggia tra quelle rocce. E chiede di essere svelato. Ÿ f.t.