Lorenzo Capone
Lecce e il Salento
Capone Editore
Capone Editore Via prov.le Lecce-Cavallino 73100 Lecce Tel. e fax 0832 611877 online: www.caponeditore.blogspot.com mail to: caponeeditore@libero.it - info@caponeditore.it ISBN: 978-88-8349-174-0 Stampa: Servizi Grafici by Arti Grafiche Picene - Tuglie Maggio 2013 Le foto appartengono all’Archivio della Casa Editrice Il testo su Nardò (pagg. 90 - 94) è di Gabriella Battaglia e Giovanni De Cupertinis, quello sulla Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina (pagg. 100-104) è di Aldina Gallo. Si ringrazia Luciano Faggiano per averci gentilmente concesso di pubblicare le foto dei diorami della Grotta dei Cervi (pagg. 64-68), conservati presso il Museo Archeologico Faggiano di Lecce.
Santa Cesarea Terme, terme e villa Sticchi già Pasca
Il Salento
“La Puglia bisogna infilarla tutta, per arrivare sin là”, scriveva Cesare Brandi. È proprio così: per arrivare sin là, nel Salento, “vero fondo dell’Italia”, diceva Guido Piovene, occorre attraversare l’intera regione, tra ulivi e viti, viti e ulivi, per raggiungere una provincia incantevole e l’incantevole Lecce che del Salento è l’anima e il cuore. Inserita tra due mari, l’Adriatico e lo Ionio, la provincia di Lecce, con oltre duecento chilometri di costa, a volte bassa e sabbiosa, non di rado alta e a picco sul mare, è la più orientale d’Italia con il Capo d’Otranto - Punta Palascia, che dista dalla dirimpettaia Albania non più di 70 km. Un braccio di mare attraversato sin dall’antichità più remota da genti e popoli diversi.
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All’ombra del campanile - Il paesaggio
All’ombra del campanile
Su questa provincia, che si stende per 2759 km2, complessivamente pianeggiante, ci sono 97 graziosi paesi e 39 piccole frazioni. Gli abitanti non superano le 900mila unità. Lecce, capoluogo della Provincia, conta meno di 100mila abitanti; grossi centri sono Nardò, Gallipoli, Copertino, Maglie, Galatina, Casarano, Tricase, Leverano a sud del capoluogo, a nord Trepuzzi e Squinzano. Nella gran parte si tratta perciò di paeselli, a volte di qualche migliaio di cittadini, dove tutti conoscono tutto di tutti, dove la piazza, sempre all’ombra di un campanile o di un palazzotto, è vita di relazioni, di chiacchere, di affari, di lavoro.
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Il paesaggio
Il Salento manca di fiumi e di corsi d’acqua che scorrono invece sottoterra, per il terreno carsico che fa perdere le acque pluviali pochi minuti dopo che son cadute. Laddove non è stata distrutta dalla dabbenaggine dell’uomo, la macchia mediterranea, bassa, fitta, sempreverde, puntinata in determinati periodi dell’anno da bacche gialle e rosse, si trova dappertutto lungo la fascia costiera. In primavera, la campagna si copre di mille colori e lungo le stradine si possono ammirare ciclamini, orchidee mediterranee, gladioli, papaveri, iris mentre, sempre in primavera, si diffonde nell’aria il profumo del lentisco, del mirto, del cisto.
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La festa
La festa - L’artigianato
immancabile cupeta, un croccante a base di mandorle e miele), noccioline, scapece (una specialità gallipolina a base di pesce fritto) e giocattoli dai mille colori per la gioia dei bambini. Il clou della festa, però, comincia nel tardo pomeriggio quando esplodono le fantasmagoriche luminarie. “Allo scoccare della mezzanotte - scrive Raffaele Nigro -, al primo colposcuro che chiama a raccolta i cittadini, un silenzio tombale scende sul paese. Non fiata più nessuno, la banda tace, gli occhi assiepati nelle periferie, alle finestre e sui balconi e in luoghi favorevoli al godimento dello spettacolo, aspettano di stupirsi e di smarrirsi e di spaventarsi al fischio dei petardi, dei mortaretti, dei botti che tagliano il cielo e fioriscono in centomila colori negli angoli più alti della La festa notte. Si scatena la gara piroChi, soprattutto d’estate, tecnica...” vuole immergersi nell’anima del popolo salentino non può L’artigianato non raggiungere una delle Chi dal Salento vuol andar tante feste popolari che da se- via con un ricordo tangibile, coli, in onore quasi sempre dei santi protettori, animano le giornate, ma soprattutto le serate dei cento paesi. La festa è generalmente annunciata di buon mattino dal botto forte e secco dei primi fuochi d’artificio. In piazza e nelle vie immediatamente limitrofe, tutte rigorosamente delimitate dalla paratura, baracche con dolciumi locali (la 6
non può non ricorrere ai raffinati oggetti dell’artigianato locale, un artigianato che raggiunge spesso alti livelli artistici. Lecce è nota in Italia e nel mondo per la produzione della statuaria in cartapesta. Santi, madonne, contadini, pescatori, presepi sono i soggetti “preferiti” dal cartapestaio salentino, così come dal figulo. Si tratta di soggetti non facili da realizzare con le materie poverissime che sono alla base della lavorazione: carta straccia, colla d’amido, paglia e filo di ferro per la struttura dell’oggetto, mani, piedi e testa in terracotta. Se il capoluogo è rinomato per la cartapesta, l’artigianato figulo trova invece in alcuni paesi della provincia (San Pietro in Lama, Cutrofiano) i suoi tradizionali punti di forza. Non è da sottovalutare l’artigianato tessile, del ferro battuto, della cestineria in genere: in ogni fiera e nei mercatini settimanali, volendo, si possono trovare oggettini per ricordare la vacanza salentina.
I segni del passato
Lungo la costa, nelle viscere della terra, in cunicoli che bucano la roccia a volte per chilometri, vi sono testimonianze dei primi abitatori del Salento (grotta dei Cervi, della Zinzulusa, Romanelli a sud di Otranto; del Bambino, del Diavolo, dell’Elefante, Porcinara a
Santa Maria di Leuca; e nella baia di Uluzzo, nei pressi di Santa Maria al Bagno, la grotta del Cavallo, etc.) che sulle pareti hanno lasciato testimonianze della loro presenza sin dal paleolitico inferiore e sino all’età del bronzo. E accanto ai pittogrammi e ai graffiti realizzati dalla mano dell’uomo, vasellame e utensili, nonché fossili di animali (resti di jena, di pachidermi, di orso, etc.) che, per le condizioni climatiche mutate nei millenni, non sono più presenti da molti secoli sul nostro territorio. E poi la presenza di monumenti preistorici in tutti gli angoli del Salento: dolmen, menhir, specchie. Li troviamo un po’ dappertutto nei centri urbani come in aperta campagna. E lungo la costa o all’interno del Salento troviamo grandi 7
L’artigianato - I segni del passato
Cavallino, porta di nord est
I segni del passato - Chiese e cripte
Muro Leccese, mura
aree archeologiche in corso di esplorazione. Tra tutte ricordiamo Cavallino, Muro Leccese, Roca di Melendugno e Rudiae, la patria di Ennio (239-169 a. C.), dove sta per venir fuori l’anfiteatro e uno scampolo delle mura che circondavano la città. L’arrivo dei romani nel Salento, databile tra il 269 e il 267 a. C., e la loro permanenza, è oggi visibile in una serie di emergenze archeologiche presenti in tutto il territorio. Roma, attraverso i vecchi tracciati messapici, riorganizzò e rese più funzionale la rete di comunicazione stradale. La lunga presenza romana lascia ovviamente altre tracce importanti come l’anfiteatro e il teatro a Lecce del I e II secolo d. C., entrambi nel cuore della città; il porto di San Cataldo, costruito sotto l’imperatore Adriano.
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Chiese e cripte
La presenza e la frequentazione secolare delle popolazioni orientali e i contatti continui con la Grecia, lasciano spazio notevole nel Salento alla chiesa d’Oriente: Otranto, quasi naturalmente, diviene, per la sua posizione geografica, referente di quella di Bisanzio, che qui stabilisce la propria roccaforte. Non è un caso che la cittadina diviene sede metropolitica e, quindi, “ufficiale” cerniera tra Oriente e Occidente. Quando i cattolicissimi Normanni, subito dopo il Mille, conquistarono tutta la Puglia e scesero verso il sud della regione, non poche attenzioni prestarono ad Otranto che sapevano essere città greco-bizantina. Con la lungimiranza che li distingueva agirono, inserendosi nel Salento, con grande abilità. Non solo lascia-
così che, intorno al Mille, si sviluppò una vera e propria civiltà, in parte anche in rupe, (di qui la cosiddetta civiltà rupestre), che oggi può ammirarsi visitando quanto d’essa è rimasto, e non è certamente poco nonostante le devastazioni, nella Valle delle Memorie e nella chiesetta di San Pietro a Otranto; nella cripta delle Sante Marina e Cristina a Carpignano Salentino; nella chiesetta di Santo Stefano a Soleto. A bocca aperta si rimane altresì davanti ai numerosi affreschi della cripta del Crocifisso a Ugento, dove, animali fantastici e segni misteriosi sulla volta, accanto alle tradizionali rappresentazioni di Santi e Madonne, rendono unico il luogo. E intanto si edificavano, con la penetrazione della chiesa latina, le prime chiese di forma longitudinale. A Casaranello la
Vaste, la cripta dei Santi Stefani
Chiese e cripte
rono che il rito greco continuasse (e il rito greco nel Salento finirà nel 1600) ma sostennero e finanziarono la più grande iniziativa politicoreligiosa che si potesse a quel tempo immaginare, la scuola di Casole. Quando l’imperatore bizantino Leone III l’Isaurico (717741) decise il divieto delle immagini sacre nei luoghi di culto e la distruzione di quelle esistenti, legioni di monaci fuggirono verso l’Italia meridionale per sottrarsi alle persecuzioni. Il Mezzogiorno d’Italia, dalla Sicilia alla Calabria, dalla Basilicata alla Puglia, era luogo ideale per continuare a pregare. In questo quadro il Salento, dove la lingua, gli usi e i costumi eran loro molto congeniali, divenne la loro patria: scavarono cripte, elevarono templi, crearono cenobi. Fu
Chiese e cripte
Santa Maria di Cerrate
chiesetta di Santa Maria della Croce viene trasformata a tre navate voltate a botte, pur conservando i mosaici del V secolo. Numerosi gli affreschi lungo le pareti delle navate, uno dei quali racconta la vita di santa Caterina. Del periodo medievale non poche sono le testimonianze religiose che si possono ammirare un po’ dappertutto: a volte si tratta di piccoli complessi, ma non mancano i grandi stupefacenti luoghi di 10
culto come il complesso abbaziale di Santa Maria di Cerrate, fondato nel XII secolo nel mezzo del quale sorge una chiesetta romanica, a tre navate, divise da eleganti colonne e grandi archi, con intorno gli ambienti nei quali vivevano i monaci che avrebbero gestito un ingente patrimonio terriero. Non manca ovviamente il pozzo, con una bella vera rialzata sormontata da quattro colonne e un architrave, ben piantato negli ampi
Le torri
Il Salento, esposto da sempre alle scorrerie dei pirati, ma anche agli assalti degli eserciti invasori, si chiude in una fitta rete di torri, castelli e masserie fortificate. Basta fare un giro veloce lungo la costa per rendersi conto delle decine e decine di torri che, in punti strategici, svettano solitarie sul cocuzzolo della roccia che precipita in mare. Tra il 1558 ed il 1567, per far fronte alle continue scorrerie
saracene, si realizzarono in tutto il Sud 339 torri e nella sola Puglia 96: 16 in Terra di Bari, 80 in Terra d’Otranto, un’area molto più vasta, come si sa, rispetto alla attuale Provincia di Lecce. Le torri sono cilindriche o a base quadrangolare. Il corpo dei torrieri, addetto al controllo della costa, faceva la spola tra una torre e l’altra, e, in caso di sbarchi nemici, era in grado, attraverso segnali luminosi o acustici (prodotti questi ultimi da campane, colpi di archibugio, corni) o direttamente, di allertare la popolazione civile. Moltissime torri vennero costruite anche all’interno rispetto alla linea di costa, nella gran parte, ora, inglobate nella struttura urbana. È il caso delle torri di Lecce, la cilin-
Nardò, torre dell’Alto
Chiese e cripte - Le torri
spazi disponibili. Due erano i trappeti ipogei, mentre un grande ambiente coperto a piano terra, con un altro trappeto, è oggi sede del Museo delle Tradizioni Popolari Salentine.
Le torri - I castelli
Porto Cesareo, torre Chianca dal sito archeologico di Scalo di Furno
drica torre di Belloluogo, nell’omonimo parco a nord della città, dimora saltuaria della regina Maria d’Enghien, costruita nel 1383, con fossato scavato nella roccia, e quella di Torre del Parco a sud, anch’essa cilindrica, costruita nel 1419 dal figlio, Giovanni Antonio Orsini del Balzo, con ampio fossato, piombatoi e fromboliere. In essa si accedeva attraverso un ponte levatoio. Con le torri, erano i castelli e le masserie fortificate le due altre linee di difesa.
I castelli
Otranto, sull’Adriatico, e Gallipoli, sullo Ionio, sono le città che, affacciantisi sul mare aperto e con buoni porti commerciali, erano sin dall’antichità esposte agli attacchi degli eserciti nemici e delle bande piratesche. Tutte e due
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erano circondate da alte e spesse mura e disponevano di poderosi castelli ai quali, verso la fine del XV secolo, si aggiunsero ulteriori corpi di fabbrica per resistere agli attacchi che subivano in continuazione. Con queste due città anche Castro, posta su un’alta collina dalla quale si domina gran parte del traffico lungo il Canale d’Otranto, disponeva di mura poderose e di un castello, così come Roca, altra cittadina portuale di antica tradizione, rasa al suolo alla metà del Cinquecento poiché era diventata - così si racconta covo di briganti. In questi centri si possono ammirare tuttora queste imponenti strutture fortilizie alle quali posero mano i più noti architetti militari del tempo ai quali si aggiunsero le maestranze locali. Accanto ai castelli delle citta-
Le masserie
Altra linea di difesa erano le masserie fortificate circondate da alti muri di cinta, a volte dotati di camminamento, di garitte, di torri di difesa e di vedetta. Bisognava difendersi sia dal banditismo locale, sia dalle continue scorrerie dei pirati provenienti dal mare per salvare vite umane, proprietà, raccolti, bestiame. Le masserie, alcune purtroppo in uno stato di desolante degrado, le troviamo distribuite in tutto il Salento con una particolare presenza
nell’area di Nardò e nel profondo sud del Salento. Non ne mancano, ovviamente, nel Leccese. Sulla litoranea che unisce Nardò ad Avetrana, per quanti hanno interesse a visitarla, bellissima è la masseria Giudicegiorgio, in ottimo stato di conservazione, con tanto di torre centrale cinquecentesca, con garitte e caditoie sul coronamento ed un portale d’ingresso nel vasto atrio, dove con la torre vi sono gli antichi ambienti contadini, in stile catalano-durazzesco. Nel capo di Leuca, tra le tante, citiamo la ex masseria Gelsorizzo, in territorio di Acquarica del Capo. Il complesso lo si può ammirare percorrendo la superstrada che da Leuca porta a Gallipoli e Lecce. Colpisce subito l’imponente alta torre quadrangolare con base fortemente scarpata, divisa su tre piani.
Acquarica del Capo, ex masseria Gelsorizzo
I castelli - Le masserie
dine costiere, altri se ne costruirono all’interno, alcuni poderosissimi, come quello di Copertino, di Lecce, di Morciano, di Acaia, di Corigliano d’Otranto con fossato, torri cilindriche e una ricca decorazione in stile rococò sul prospetto quando divenne residenza gentilizia.
Lecce, Palazzo Adorno
Il barocco
Il barocco
Dopo i Normanni, arrivarono gli Svevi, che lasciarono diviso il sud in 11 circoscrizioni amministrative (giustizierati), dando la denominazione di Terra d’Otranto alla parte più meridionale della Puglia comprendente grosso modo le attuali province di Lecce, Brindisi e Taranto; poi giunsero gli Angioini, sotto la cui dominazione Lecce diviene contea assegnata ai Brienne ai quali subentrarono i d’Enghien di cui si ricorda Maria (1367-1446) che sposerà Raimodello Orsini del Balzo e che, sia pure per breve periodo, sposando Ladislao dopo la morte di Raimondello, diverrà regina di Napoli. Alla fine del XV sec. giunsero gli Aragonesi, che nel 1481 intervennero con decisione ad Otranto messa a sacco e fuoco dai Turchi, e dopo gli Spagnoli, che restarono nel Sud per due secoli durante i quali lasciarono tracce notevoli nei costumi e nell’architettura di tutto il Salento. 14
Chi dal nord della provincia arrivava a Lecce doveva per forza attraversare l’imponente Arco di Trionfo (oggi lo si aggira): è la prima testimonianza evidentissima, data anche la mole, degli spagnoli in città. Lecce, seconda solo a Napoli per rilevanza, volle onorare con quel monumento Carlo V, l’imperatore sui cui domini non tramontava mai il sole. Altra testimonianza sono le imponenti mura che si incontrano entrando in città dalla superstrada proveniente da Brindisi: furono realizzate su disposizione di Carlo V. Sotto il Viceregno spagnolo il capoluogo salentino è il più importante centro della Puglia: di essa, infatti, divenne, nel 1539, la capitale con tanto di uffici amministrativi e giudiziari, frequentata da funzionari e professionisti, imprenditori e commercianti molti dei quali resteranno poi definitivamente in città (e i cognomi di molti salentini stanno a dimostrarlo).
Lecce divenne vivace sede di istituzioni culturali, attivo centro commerciale (attivissimi gli ebrei, i veneziani, i greci, i ragusei, etc.), città rilevante dal punto di vista religioso (arrivano i Teatini nel 1574 e i Gesuiti nel 1586) e venne per questo a trasformarsi come non avverrà per secoli: fu il volto, l’anima e la struttura urbana che subì un cambiamento radicale. Iniziò verso la metà o alla fine del Cinquecento la costruzione di non pochi palazzi gentilizi e di bei luoghi di culto oltre che di numerosi conventi, fabbriche alle quali posero mano insigni fantasiosi artigiani, che lavoravano la tenera, morbida e resistente pietra leccese (leccisu) con grande fantasia, perizia e maestria. E’ grazie a loro che, abbandonati gli stilemi del Rinascimento, prende il via, siamo in pieno Seicento, il barocco leccese e, nei decenni successivi, il rococò. Un fenomeno, questo, che interessò largamente anche la provincia dove chiese e palazzi fanno tuttora bellissima mostra di sè. Nella piazza di Galatina grandiosa è la chiesa di san Pietro e Paolo, così come a Galatone quella del Crocefisso. Il fenomeno è presente a Gallipoli, con la Cattedrale dedicata a sant’Agata, a Melpignano, con la chiesa del Carmine con a lato il convento degli Agostiniani, e in tanti altri
centri. Quella del barocco leccese è l’epoca durante la quale aristocratici e ricchi borghesi vollero dimostrare, imitando, in verità un po’ malamente, quanto avveniva a Napoli, tutto il loro potere, la loro forza, la loro potenza e perciò fecero a gara per innalzare, soprattutto nelle chiese, vetrina ideale per dimostrare la loro vera o presunta autorevolezza, cappelle, monumenti funerari, altari, tutti stracarichi di simboli araldici, di iscrizioni, di stemmi. Ovviamente anche le facciate delle loro residenze, per non venir meno al gusto del tempo, avevano portali, finestre, balconi, mensole, colonne angolari, sulle quali c’era lo stemma o il santo protettore della casata, stracolmi di ornamenti e di decorazioni.
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Il barocco
Galatone, chiesa del Crocifisso
Santa Maria di Leuca, villa Episcopo
L’architettura eclettica
L’architettura eclettica La vita in provincia scorreva come in tutta la periferia del Regno delle Due Sicilie: per le difficoltà di comunicazione, l’eco degli avvenimenti che avvenivano nella capitale arrivava giocoforza in ritardo e in modo molto attutito. Verso la fine dell’Ottocento, “digerita” l’Unità d’Italia, con la ripresa delle attività economiche, con lo sviluppo delle comunicazioni, con i nuovi mercati, aumentò la ricchezza e accanto alle tradizionali famiglie di grandi proprietari terrieri, cresceva una borghesia attiva e vivace. Lecce, verso la fine dell’Ottocento e i primi decenni del secolo scorso, scoppiava dentro le proprie mura, così come molte altre cittadine della provincia. La ricchezza portò con sè nuove esigenze, nuovi modi di vita. L’attività edilizia registrò la costruzione di nuove residenze: ampie, a volte con
grandi parchi, con uno stile che ricordava le costruzioni dell’età classica, quelle del vicino e lontano Oriente, quello moresco. I nuovi ricchi, così come era avvenuto nel secolo del barocco, volevano mostrare tutto il loro peso attraverso la loro “villa” che viene costruita nella immediata periferia della città, in aperta campagna o al mare. Queste residenze dallo stile un po’ stravagante le troviamo a Lecce, alle Cenate di Santa Maria al Bagno, a Santa Maria di Leuca, a Santa Cesarea Terme, già allora nota per le sue acque sulfuree. Qui una potente famiglia magliese, Pasca, si fece costruire una originalissima villa con tanto di cupola, con colonne tortili, con scalinate, con iscrizioni vagamente arabe incise nei muri, con bifore sfrangiate. Una serie di elementi architettonici che ci fanno ricordare l’Oriente magico.
Maglie, villa Tamborino 16
Giuggianello, dolmen Stabile
Dolmen, menhir, specchie e sono presenti un po’ dappertutto sul territorio, anche se è nella cittadina di Giurdignano che se ne registra la maggiore concentrazione: girando, infatti, nel paese e nelle imme-
Dolmen, menhir, specchie
Apparterrebbero all’alba della storia questi segni lasciati abbondantemente dall’uomo nel Salento. Tutti convergono nell’affermare che si tratti di evidenze legate a riti dell’uomo preistorico che qui, come in altre parti della Puglia, ma anche in Bretagna e nell’Inghilterra del sud, oltre che nelle Baleari, in Corsica, in Sardegna e nel piccolo arcipelago di Malta, ha quasi voluto lasciare le proprie tracce. A cosa servissero e a quando risalirebbero non si sa: di qui le ipotesi più diverse e suggestive. Nel Salento questi monumenti megalitici, sono, oggi, 88 (21 i dolmen e 67 i menhir),
Giurdignano, menhir San Paolo 17
Dolmen, menhir, specchie
Supersano, specchia Torricella
diate vicinanze, dolmen e menhir (7 i primi, 14 i secondi) si incontrano dappertutto, alcuni di questi ultimi sono addirittura conficcati nell’atrio di private abitazioni. Le specchie, cumuli enormi di pietre che son servite per coprire a volte costruzioni megalitiche, a volte come torri di vedetta lungo i muraglioni difensivi, sono molto più numerose: se ne contano, secondo dati recenti, ben 170. Le specchie, le troviamo nel territorio di Lecce, Cavallino, Lequile, Acaia, Otranto, Minervino, Martano, Copertino, Soleto, Nociglia; a nord in quello di Squinzano e Trepuzzi, e giù nel Capo di Leuca a Presicce, Supersano,Taurisano, Alessano, Corsano, Taviano, Ugento. Molti di questi monumenti sono stati distrutti, molti altri, se non conservati, rischiano, purtroppo, la stessa fine. Accanto a Giurdignano, ricco 18
di presenze megalitiche è il territorio di Maglie, dove si contano una decine di presenze tra dolmen e menhir, così come quello di Melpignano. Due dolmen li troviamo a Melendugno e a Corigliano. I menhir li troviamo un po’ in tutta la provincia da Cavallino a Castrì, a Galugnano, da Campi Salentina a Novoli, da Carpignano a Cannole, da Cursi a Bagnolo, a Palmariggi, a Muro Leccese, dove se ne contano tre. E poi ancora a Martano, a Palmariggi, a Scorrano, a Tuglie, a Supersano e Cocumola, a Vitigliano e Diso, a Taviano, a Felline, a Gemini. Ma anche nel profondo sud della provincia, a Giuliano e ad Arigliano, dove se ne contano due. A Minervino, dove vi è il dolmen Scusi, si conta anche la presenza di un menhir; a Zollino si contano due menhir e un dolmen.
Il Salento, 3; all’ombra del campanile, il paesaggio, 4; la festa, l’artigianato, 6; i segni del passato, 7; chiese e cripte, 8; le torri, 11; i castelli, 12; le masserie, 13; il barocco, 14; l’architettura eclettica, 16
Lecce, con piazza Sant’Oronzo, 21; la basilica di Santa Croce, 24; piazza Duomo, 27; il castello di Carlo V, 34
La costa adriatica, da San Cataldo a Leuca, 38; San Cataldo e le Cesine, 38; San Foca e Roca, 44; Torre dell’Orso e Sant’Andrea, 46; Melendugno e Conca Specchiulla, 48; Otranto, 51; Santa Cesarea Terme, Porto Miggiano e Castro, 69; Leuca, 76
La costa ionica, Patù, Morciano, Salve, Ugento, 78; Gallipoli, 84; Santa Maria al Bagno, 88; Nardò, 90; Porto Cesareo, 95
Nel cuore del Salento, 98; Galatina e la basilica di Santa Caterina d’Alessandria, 98; La Grecìa salentina con Carpignano Salentino, Calimera, Martano, Martignano, Sternatia, Zollino, Castrignano dei Greci, Melpignano, Soleto, Corigliano d’Otranto, 104 Approfondimenti Dolmen, menhir, specchie 17, I Messapi 19, San Nicola di Casole 60, La Grotta dei Cervi 64, Parco Naturale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano 95, Museo del Novecento a Taviano 109, Gastronomia tipica, rustici, pasticciotti, friselle, vini e contorni 110