2 La terra e le storie
Collana diretta da Antonio Errico e Maurizio Nocera
Capone Editore
Via provinciale Lecce - Cavallino, km 1,250 - LECCE Tel. 0832 611877 Mail to: caponeeditore@libero.it On line: www.caponeditore.blogspot.com Skype: capone.editore
Š Copyright 2013 ISBN: 978-88-8349-199-3 Stampa: Tiemme - Industrie Grafiche - Manduria Giugno 2013
Della stessa collana: 1. Antonio Errico, Fiabe e Leggende di Puglia, 2013
Federico Capone
Viaggio nel Salento magico Dove si racconta di folletti e streghe, di fate, orchi e sirene, del venefico morso della tarantola, di fatti di vita quotidiana, di usi, di costumi e di superstizioni, con fiabe e filastrocche
Prefazione di Maurizio Nocera
Capone Editore
“Le donne le si riunirono in cerchio attorno strette per mano in una specie di danza che a lei ricordava il ballo della tarantola quando il paziente morsicato dalla bestia velenosa viene seppellito fino al collo nella terra smossa e intorno gli danzano sette vedove sette maritate e sette fanciulle finchĂŠ la terra non gli ha risucchiato dalla carne il velenoâ€?. (Grazia Deledda, Il Dio dei viventi, Milano 1922)
La magia della Terra dei due mari, di Maurizio Nocera
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Il Salento fra miti, leggende e fatti quotidiani
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La Terra d’Otranto ai tempi del mito Le ninfe e i pastori
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Tarantismo e dintorni: scritti di base Un satiro (o Dioniso) e la menade
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Gaufredi Malaterrae, Nostri a tarantis vexantur Goffredo di Malaterra, I nostri molestati dalle tarantole
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Albericus Aquensis, Quomodo a serpentibus multi perierunt in regione Sidanis 36 Alberto di Aquisgrana, Come molti morirono a causa dei serpenti nella regione di Sidone 37 Girolamo Mercuriale, De tarantula Girolamo Mercuriale, Intorno alla tarantola
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Cesare Ripa, Puglia
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Altre notizie sul tarantismo George Berkeley, La tarantola di Puglia
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Antoine Laurent Castellan, Lettera IX
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Richard Keppel Craven, Notizie sulla tarantola
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Girolamo Marciano da Leverano, [Degli animali velenosi]
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Favole, leggende e storie di vita quotidiana Giuseppe Morosi, Leggende di Martano, Castrignano, Sternatia
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Trifone Nutricati Briganti * Giuseppe Gigli * Sigismondo Castromediano, Fate e folletti, orchi, streghe sirene, spiriti della casa e fatti di vita quotidiana 89 ***
Bibliografia
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La magia della Terra dei due mari di Maurizio Nocera Quando fu pubblicato per la prima volta Il morso del ragno, dedicai la mia introduzione allo sfortunato Giorgio Di Lecce (1953-2003) «ricercatore del mito della taranta», autore di La danza della piccola taranta. Cronache da Galatina (dalla parte dei protagonisti): 1928-1993. A memoria d’uomo. Scrissi pure che avevo dato il mio contributo a stilare una prima bozza della bibliografia sul fenomeno del tarantismo, che in Salento si era manifestato per lungo tempo. In La danza della piccola taranta, quella bibliografia non venne inserita, perché Giorgio preferì darla alle stampe a parte, in un secondo momento. Tuttavia a me è sempre rimasta la copia della prima stesura, con molte voci inedite non presenti nell’opera del Di Lecce. Oggi, senza che io abbia mai avuto modo di sapere anticipatamente della ricerca condotta autonomamente da Federico Capone, che da tempo conosco per il rigore scientifico dei suoi studi e gli originali metodi d’analisi con i quali li conduce, vedo inseriti in Viaggio nel Salento magico alcuni importanti testi sul tarantismo, risalenti ad epoche veramente insospettabili, che vanno dal II secolo a. C., con Nicandro di Colofone, fino ad arrivare alla fine del XIX secolo. C’è subito da segnalare che nella premessa – Il Salento fra miti, leggende e fatti quotidiani – l’autore riconosce a La terra del rimorso, la completezza del lavoro sul campo eseguito nel giugno 1959 a Galatina e dintorni, da Ernesto de Martino (1908-1965) e la sua equipe. In realtà, il primo etnografo italiano, aveva già avuto modo di studiare differenti fenomeni etno-antropologici, in particolare nel Meridione d’Italia e più specificatamente in Basilicata, tanto che, in Sud e Magia, pubblicato per la prima volta nel 1959, 7
il discepolo di Benedetto Croce, che affermava di avere frequentato «l’università di via Trinità Maggiore, a Palazzo Filomarino», ove il filosofo risiedeva, anticipava la sua indagine in Salento, e, a completare il saggio, inseriva una breve e significativa appendice dal titolo Intorno al tarantismo pugliese. È proprio nella premessa che Federico Capone sostiene che l’indagine sui fenomeni etnografici si è oggi alquanto rallentata, se non addirittura fermata, a causa di interessi assolutamente estranei alla stessa: per lo più si tende all’utilizzo della fenomenologia a fine di mero business. Proprio per fornire ulteriori spunti di analisi, in questo Viaggio, che vuole essere la continuazione di in Salento pubblicato dieci anni orsono, egli apporta un’importante novità, proponendo alcuni brani rimasti fuori nel 2003, in particolare quelli di «Goffredo di Malaterra (1100 ca., nell’edizione Ernesto Pontieri del 1928), di Alberico Aquensis (1100 ca.), di Girolamo Mercuriale (ediz. 1588) e di Girolamo Marciano da Leverano (ediz. 1855), ma anche quelli di Nicandro di Colofone (II sec. a. C.) e di Ovidio (I sec. a. C.)», essenziali per lui, ma anche per chi qui scrive, perché stanno alle fondamenta del fenomeno salentino. L’antologia si apre col testo di Nicandro di Colofone, che è qui il più antico degli autori, essendo nato nella seconda metà del II secolo a. C. e vissuto molto probabilmente fino ai primi decenni del secolo successivo. Autore greco di età ellenistica, nacque e visse, particolare di una certa importanza, a Claro nei pressi della terra di Colofone, un territorio oggi corrispondente all’attuale circondario della città turca di Smirne, che nell’antichità veniva indicata nella Ionia asiatica, patria – secondo la tradizione – di Omero. A Colofone insisteva il culto di Apollo Clario (da qui il termine clarinetto) del cui santuario – stando ad alcune fonti – Nicandro era stato uno ierofante. Denominato anche l’Etolo per i suoi interessi con l’Etolia, è indicato come il maggiore degli autori 8
Il Salento fra miti, leggende e fatti quotidiani di Federico Capone Pur svolgendo un ruolo centrale nei processi di identificazione del territorio – tanto per il visitatore occasionale, da sempre pronto lungo il suo cammino ad annotare con particolare attenzione quei fenomeni che gli apparivano insoliti o curiosi, quanto per gli abitanti stabili – il tarantismo non ha mai rappresentato, se non a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, la peculiarità delle genti di Terra d’Otranto. Questa attenzione, in parte giustificata, ha fatto sì che tutto ciò che ruotasse attorno al morso del ragno, divenisse oggetto di analisi e ricerca, con la pretesa di svelare e di divulgare i segreti di un rito del quale, ad oggi, se ne discute l’origine, temporale e spaziale1. Nonostante i numerosi sforzi e la pervicace (buona) volontà, ben poco si è aggiunto, se non in casi assai rari, a La terra del rimorso (Milano 1961); pur tuttavia, non si può negare che il movimento creatosi attorno al tarantismo abbia risvegliato, nel pubblico più ampio, un interesse che stava pian piano scemando verso quelle culture che sono delle classi popolari, provengono da queste e in queste trovano terra fertile per attecchire, sopravvivere e rinnovarsi spontaneamente, senza forzature. In questo quadro di riscoperta, la ricerca ha subìto un rallentamento notevole, se non addirittura uno stop: ingenti somme di denaro sono state investite per confezionare piccoli e grandi eventi all inclusive, in grado di soddisfare la richiesta di esoticità del turista. Pazienza se poi, neppure in maniera velata, si sia fatta coincidere la tradizione con il tradimento, ostentando e promuovendo per imporre, spesso mediante finanziamenti pubblici, il proprio concetto di diversità (che diviene paradossalmente omologante e livellante) e di meticciato (come se le culture, non fossero già risultato di incroci – non imposti). 15
In alternativa a queste logiche egemoni ed egemonizzanti e in una prospettiva di ricerca delle radici di questa terra, avvalendoci di fonti poco conosciute, abbiamo dato alle stampe In Salento. Usi, costumi, superstizioni. Antologia di brani di autori italiani e stranieri dal Settecento al Novecento (2003). Ci piace ora proporre, a dieci anni di distanza, Viaggio nel Salento magico, anche questa una antologia, legata alla prima a doppio nodo, tanto per la finalità, quanto perché gli scritti che la compongono sono, in buona parte, quelli che ritenemmo opportuno escludere perché non funzionali al percorso generale che si intendeva principiare, che non doveva essere incentrato sul tarantismo: rimasero quindi fuori, per quanto concerne il morso del ragno, gli scritti, fondamentali, di Goffredo di Malaterra (1100 ca., nell’edizione Ernesto Pontieri del 1928), di Alberico Aquensis (1100 ca.), di Girolamo Mercuriale (ediz. 1588) e di Girolamo Marciano da Leverano (ediz. 1855), ma anche quelli di Nicandro di Colofone (II sec. a. C.) e di Ovidio (I sec. a. C.), perché questi ultimi potevano apparire scollegati dal discorso generale, in quanto non rientravano né nella narrativa di viaggio né avevano legame diretto con le usanze del luogo. Oggi le cose sono cambiate e queste ulteriori testimonianze, fin troppo spesso citate, ma quasi mai effettivamente lette nella loro versione originale, si mettono a disposizione del lettore. Il tempo del mito È una leggenda, tramandataci da Nicandro di Colofone, nel II secolo a. C. (e poi ripresa da Ovidio ed altri), che apre questa raccolta: in un luogo della Messapia, chiamato dei “sassi sacri” e da alcuni collocato, per una tradizione fantasiosa, presso i “massi della vecchia”, nel territorio di Giuggianello2, ci fu una sfida fra gli indigeni e le ninfe Epimelidi. È un racconto che esalta i comuni attributi fra le Epimelidi e Dioniso: primo fra tutti la spiccata abilità a ballare. Anche il punto 16
Le ninfe e i pastori Passeggiando per la Terra d’Otranto, fra stradine delimitate da muretti a secco, si scorgono secolari ulivi contorti, quasi volessero liberarsi dal segreto che li lacera. Si consumano al sole e accolgono, nelle loro cavità, lingue biforcute, quasi fossero la loro anima. Assumono talvolta forma umana poiché, come narra nelle sue Metamorfosi1 Nicandro di Colofone, un autore greco del II secolo a. C., erano, gli ulivi, fanciulli irrequieti e boriosi. Mutarono a seguito di una battaglia impari, a passi di danza, fra questi giovincelli messapi e le ninfe Epimelidi, amiche di Dioniso2: «[…] Queste cose sono accadute molto tempo prima della spedizione di Ercole3. In quel tempo si viveva con le pecore e i pascoli. Si racconta dunque che, nella terra dei Messapi, presso il luogo chiamato dei Sassi sacri, apparvero le ninfe Epimelidi che guidavano le danze e che poi [dopo l’apparizione delle ninfe danzanti] i fanciulli dei messapi, abbandonando le greggi, mentre le guardavano danzare [guardavano le danze] dissero che essi stessi sapevano condurle [condurre le danze] ancor meglio. Le ninfe non gradirono questo discorso e si gareggiò tra le parti, per qualche tempo sulla superiorità di danzare: i fanciulli, pensando di sfidare [gareggiare con] delle donne mortali simili a loro, ignoravano certamente che competevano con esseri divini. I giovinetti avevano una maniera di ballare semplice, rozza, come quella dei pastori: ma alle ninfe tutte le cose accrescevano spesso l’eleganza. Vintili [vinti i fanciulli] esse così dissero loro: fanciulli, avete sfidato le ninfe Epimelidi: dunque insensati [pazzi], poiché siete stati vinti 23
La pagina, con rielaborazione in italiano a fronte, è tratta dal De venenis et morbis venenosis tractatus..., di Girolamo Mercuriale, Albertus Scheligius, Venecia 1588.
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GIROLAMO MERCuRIALE
Intorno alla tarantola* Tra i falangi e i ragni se ne annoverano alcuni altri che, volgarmente, sono chiamati tarantole e sono esclusivi dell’Italia e, soprattutto, della Puglia, per cui si può dedurre che Plinio sbagliò quando scrisse che sono una schiera straniera all’Italia, dal momento che non solo questo genere è peculiare ma, in verità, nelle regioni italiane ne nascono molti altri, come è confermato dall’esperienza e dall’autorevolezza di molti scrittori. Questo animale produce molti sintomi sorprendenti simili a quelli degli scorpioni e dei ragni. Si dice, in verità, che ne provoca uno singolare: quando morde [punge] uno, quello è solito rimanere sempre nello stato e nel modo di fare in cui è stato punto finché il veleno non è stato espulso dal corpo, così che se punge qualcuno che cammina, quello camminerà sempre, se sta saltando [ballando] sempre balla, se sta ridendo sempre ride; io non sono in grado di affermare se ciò sia vero o meno, ma quelli che si sono trovati in Puglia, lo danno per certo; e talvolta io ho visto qualcuno che saltava di continuo, e diceva che era stato morso dalla tarantola, ma appena veniva preso dal capo e legato con funi, veniva curato. Tuttavia, per il resto affermano che contro il morso della tarantola può fare molto la musica, ma i rimedi per questo veleno sono da ricercarsi dagli abitanti della Puglia. E questo è la fine della trattazione specifica sui veleni che vengono iniettati dagli animali.
* Nostra rielaborazione.
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Medico che cura un folle, “infornadogli� la testa, forse una sorta di cura clibanica, incisione settecentesca
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muni di Terra d’Otranto una festa popolare, nominata festa degli innocenti. In tal giorno si usa dal popolo formulare mille scherzi, consistenti specialmente nel far delle burle a danno dei più credenzoni. Si creano affari, che non esistono, per mandare una persona da un luogo all’altro, e farla rimaner con un palmo di naso; si inventano malattie per far correre i parenti al capezzale di malati, che godono invece la miglior salute del mondo, e così di seguito. Questa festa popolare ha qualche riscontro nel moderno primo d’aprile. Senza dubbio poi è una continuazione del culto che i Romani avevano per le feste di Saturno, Saturnalia, che ricorrevano al 17 di dicembre, e che erano le feste più celebri di quel gran popolo, che, senza distinzioni di classi, si abbandonava alla gioia, ai festini e financo all’orgia [...]. (Giuseppe Gigli)
IV.
Dacci oggi la nostra superstizione quotidiana Superstizioni minori Il popolo ha la superstizione dei colori, ai quali annette grandissima importanza, nell’addobbarsene, e sceglie sempre quelli che hanno un significato buono. I primi cristiani ebbero in alto grado tale superstizione; per essi il bianco esprimeva la verità, l’innocenza e la fede; il rosso, l’amore e il martirio; il verde, la santa speranza, la durata, la vita, ecc. Nel popolo quando un giovinetto vuole amoreggiare con una ragazza, la prima cosa che compie è di regalarle di sfuggita un garofano rosso. A proposito di primo amore, debbo qui registrare un curiosissimo costume tarantino del quale non mi par chiara l’origine e il significato: nel popolo di quell’antica città dunque, quando un giovinotto desidera la mano d’una fanciulla, comincia a gironzare na127
turalmente sotto le finestre della bella, la quale facilmente ne comprende le intenzioni. Allora, se a lei non garba, si ritira la donna nell’interno della casa; se, viceversa, piace, dalla finestra sputa sul capo del felice sposino. Il nostro popolo è quasi, nella maggior parte, analfabeta. Per supplire alla mancanza di scrittura, cosa necessaria al retto andamento dei conti della campagna, molti si servono di superstiziose figure fatte di geroglifici e altri segni. Curiosissimo era il registro d’un pizzicagnolo, vissuto molti anni in Manduria, a nome Antonio Filizzola, il quale, non sapendo scrivere, componeva il suo registro di figure capricciose e deformi, sotto alle quali eran notati i prezzi dei prodotti venduti: le figure rappresentavano i vari suoi debitori […]. Bestie che parlano, nella Notte Santa Il Natale ha pure le sue superstizioni, intorno alle quali si intrecciano mille e mille graziosissimi racconti sulla nascita del bambino Gesù. Il Natale è la festa che più commuove e consola il popolo: esso pensa che in quel giorno non deve rimaner digiuno nessuno. In quasi tutte le case, in quella notte, si lascia acceso il fuoco, per potersi scaldare Gesù, se mai venisse in cerca di asilo. Il concetto religioso spesso nel popolo si eleva stupendamente sino alle più gentili vette della poesia: questa del Natale è una delle più meravigliose poesie popolari. E non solamente il fuoco è tenuto vivo durante tutta la lunga notte, ma molti e molti preparano i vestitini più caldi e le pietanze più saporose pel Bambino. I presepi di cartone e di conchiglie sono lì ad attestare un altro lato di questa bella fede popolare. E non dimenticano di ornare tali presepi di molti squisiti frutti, perché riescano più graditi al divino infante. E non obliano di lasciare ogni notte un lume acceso, perché il futuro Salvatore possa, alla mite luce d’una lam128
1588*** Minervini, Giulio, Monumenti antichi inediti posseduti da Raffaele Barone, Napoli 1850*** Morosi, Giuseppe, Studi sui dialetti greci della Terra d’Otranto…, Lecce 1870*** Nicandro di Colofone, Theriaká e Alexiphármaka, a cura di Giuseppe Spatafora, Roma 2007 Nigro, Raffaele, Ascoltate signore e signori. Ballate banditesche del Settecento meridionale, Cavallino-Lecce 2012 Nocera, Maurizio, Il morso del ragno. Alle origini del tarantismo, CavallinoLecce 2005 Nucita, Ada e Gnoni, Antonio, Ricordi di cose sopite. Tradizioni, superstizioni, usi e costumi di Terra d'Otranto, Cavallino-Lecce 1994 Ovidio, Le metamorfosi –Metamorphoseon libri XV** Ripa, Cesare, Iconologia… , 1593*** Rizzelli, Ruggero, Le facezie di Papa Galeazzo, a c. di Fernando De Dominicis, Cavallino-Lecce 2006 Rizzelli, Ruggero, Gli aneddoti di Papa Galeazzo, a c. di Mario De Marco, Cavallino-Lecce 1996 Romanelli, Domenico, Antica topografia istorica del Regno di Napoli, 2 voll., Napoli 1819*** Ross, Janet, The land of Manfred, Londra 1889 (nell’edizione M.T. Ciccarese, Capone Editore) Saint-Non, Jean-Claude Richard De, Voyage pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile, Parigi 1781-1786 Schott, Gaspare, Physica curiosa, 1697*** Schott, Gaspare, Magiae Universalis..., Bambergae 1674*** Tempesta, Antonio, Metamorphoseon ... Ovidianarum, ca. 1585, 1606** Johan Wilhelm Baur, [Ovidii Metamorphosis], 1641 ca.***** Trifone, Nutricati Briganti, Intorno ai canti e racconti popolari del leccese, Vienna 1873**
Disponibilità online al gennaio 2013 * disponibile su Issuu.com/sataterra ** disponibile su Internet *** disponibile su GoogleBooks **** disponibile su liberliber.it ***** disponibile su http://ovid.lib.virginia.edu/tempestabaurnew.html
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“Forse qualcuno pensa che la natura abbia guastato quei suoi doni tanto cospicui di cui ho parlato, per il fatto che in questa regione vive una tarantola, un animale molto nocivo, del cui veleno ci si libera col suono di flauti e di tamburelli�. (Antonio De Ferrariis detto il Galateo)