Cesare Daquino
I Messapi Il Salento prima di Roma
Capone Editore
Capone Editore Via prov.le Lecce-Cavallino 73100 Lecce 0832 612618 - 0832 611877 (anche fax) online: www.caponeditore.it mail to: info@caponeditore.it Le foto appartengono all’archivio della Casa Editrice ISBN: 88-8349-009-6
A distanza di sette anni si propone una nuova edizione di questo volume, aggiornato in alcune schede, con foto a colori tutte recenti, in una veste completamente rinnovata. Studi e scavi archeologici hanno arricchito nel frattempo il panorama delle notizie sui Messapi, ma non c’è dubbio che resta fermamente valido il patrimonio delle conoscenze in precedenza acquisite. L’Editore
Tra mito e storia
Il Salento: dai Messapi alla conquista romana
La carta degli insediamenti messapici elaborata dall’ing. Gianni Carluccio
Il discorso sui Messapi in questi ultimi anni ha assunto una grande importanza a tutti i livelli: convegni,
mostre, iniziative portate avanti da Enti locali e Associazioni varie, campagne sistematiche di scavi archeo3
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Roca, abitazioni medievali Nella pagina successiva: Manduria, resti dei circuiti murari
logici, offrono un panorama complesso e articolato che spinge oramai verso un tentativo di dare un minimo di ordine a tanta ricchezza di dati e risultanze. Certo, alcuni fatti si impongono per la loro portata davvero eccezionale: - in primo luogo la mostra "Archeologia dei Messapi", organizzata nel 1990 dal Museo Provinciale “Sigismondo Castromediano” di Lecce1, ha segnato una tappa fondamentale nel lungo cammino della ricostruzione storica della civiltà messapica. – In secondo luogo la mostra archeologica "Dalle Terre di Vaste. Storie di Messapi, Romani e 4
Bizantini" ha offerto proprio a cavallo tra il 1997 e il 1998 ( Vaste -Palazzo Baronale, Aprile 1997 - Marzo 1998), tutto il materiale rinvenuto in quindici anni di ricerche condotte dall'Università di Lecce (Prof. Francesco D'Andria) in collaborazione con la Scuola Normale di Pisa, con l'École Française di Roma e con la Soprintendenza Archeologica della Puglia. – Un grandissimo contributo è stato dato dall'équipe dell'Università di Sidney guidata dal Prof. Jean-Paul Descoeudres nel corso di cinque anni di scavi sistematici (1987-1991), portati a termine sul terreno denominato "Chiusa" presso la masseria
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del Fano in territorio di Salve2: è venuto alla luce un sito messapico arcaico che nel corso di circa un millennio ha accolto tre villaggi, il primo intorno alla metà del XVI sec. a.C., il secondo nel X sec. a.C., il terzo intorno al 550 a.C., per poi essere abbandonato definitivamente nel decennio 480-47O a.C. – Le ricerche, tuttora in corso, condotte a Roca Vecchia dal prof. Cosimo Pagliara dell'Università di Lecce, riservano, accanto a vastissimo materiale di lavoro e di studio, continue sorprese destinate ad ampliare l'orizzonte delle conoscenze sui Messapi. Si radica sempre più saldamente, soprattutto nell'immaginario collettivo, la convinzione che la cono-
scenza del passato non è mera erudizione, ma va vista come riappropriazione delle proprie radici, come modalità di approccio ideale al presente per una progettazione più seria e attenta del futuro. In quest'ottica si inserisce la fondazione (marzo 1997) a Oria di un "Centro di documentazione messapica" inaugurato dallo stesso Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, oppure ancora la costituzione (1997) di un "Consorzio dei Comuni messapici": determinazioni che cavalcano favorevolmente, tra l'altro, il clima di ottimismo risvegliato dalle varie spedizioni archeologiche straniere nel Salento meridionale (a Presicce l'équipe americana della Ohio University di Lima, a Muro Leccese 5
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Tavola del Mommsen Nella pagina successiva: Vaste, porta Est (IV - III sec. a. C.)
l'Università di Pau, a Soleto l'Università Libera di Bruxelles). È tutto un fervore di iniziative, talune scaturite da ritrovamenti fortuiti, che da una parte rendono problematico fare il punto della situazione, dall'altra raccomandano un collegamento organico e costante con una considerazione globale della vicenda dei Messapi, della loro origine, dei loro insediamenti, della loro identità etnica e storica, in una parola della loro civiltà. Si snodano in questa ottica in tutta la loro problematicità questioni più volte dibattute la cui soluzione o -meglio- organica chiarificazione critica diventa propedeutica irrinuncia6
bile ad ogni approccio al tema in oggetto: scopriremo così, col Mommsen, che davvero il Salento può essere paragonato ad una sorta di palinsesto in cui cancellando ciò che sta scritto sopra, si riesce a leggere ciò che prima era scritto sotto; scopriremo che questa estrema parte meridionale del territorio italico, se si escludono le aree classiche dell'Etruria e di Roma, spingendo l'esame più indietro rispetto all'età della Magna Grecia, è senza dubbio quella più ricca di storia, di vitalità e di civiltà in confronto a tutte le altre parti d'Italia; e si imporranno alla nostra attenzione le note questioni che per il momento elenchiamo nella
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loro mera definizione: - Iapigi e Messsapi, antichi abitatori della Puglia e, quindi, della penisola salentina, facevano parte di un solo popolo, di una sola gente, oppure no? Quale il loro rapporto con i Salentini? Quale il rapporto tra Iapigia, Messapia, Salento, Peucezia, Pediclia, Daunia, Enotria, Etolia, Ausonia, Calabria, Pelasgia, Conia, Italia? - I Messapi furono di stirpe indogermanica o afromediterranea? Giunsero per terra o per mare? Quale peso dare all'origine cretese dei Messapi nel racconto erodoteo? - La lingua dei Messapi è ancora un rebus? Quali sono i rapporti tra il messapico e l'illirico? - L'Iria di Erodoto è l'odierna
Oria in provincia di Brindisi oppure corrisponde alla Vereto del Capo di Leuca? Quale peso dare all'ipotesi del Pais secondo cui l'antica Vereto più tardi si sarebbe chiamata Sibari? E, comunque, che rapporto bisogna ricostruire tra le antiche città denominate variamente dagli storici Iria, ` ρις, Βα ` ρετος, Lupiae, Vereto, Sibari, Βα ‹ Ροδι′αι, Uria, Leuca, Tirea, Thuriae, Uretum, Oiretum, Varia, Hyria, Varitu, YRIATINON, S. Gregorio, Uriaton, Crimino, Cassandra, Pozzomauro, Veretum, Verito, Valire, Ureto, Urias, Bari, Castrum Minervae, Acra Iapygia, Turi, Thurii? Erano, i centri messapici, organizzati in un sistema di alleanze di carattere confederativo, oppure facevano parte di un unico regno? 7
Cesare Daquino Quale la zecca di questa eventuale monarchia oppure, nell'ipotesi diversa, quali le monete delle rispettive zecche? Queste sono soltanto le più importanti questioni che vanno prioritariamente affrontate e il più possibile chiarite; altri interrogativi presentano una natura più specifica e possono trovare, di volta in volta, spiegazione nell'ambito del discorso più generale sui Messapi3. In ordine a tutti questi problemi e ad altri che potranno trovare spazio nell'economia della presente ricerca, la nostra indagine procederà nel rispetto di una duplice modalità: da una parte, la definizione dei termini del problema, la proposizione del tema, l'inquadramento dello stesso nel contesto storico-criticodocumentario; dall’altra, la descrizione delle vicende nel loro sviluppo cronologico. In siffatta prospettiva si eviteranno inutili ripetizioni, nebulose confusioni sui nomi, fatti, luoghi, testi, fonti e ipotesi interpretative. Una prima necessità si impone, soprattutto se si vuole fare un po' di luce sul periodo relativo alle origini etniche, e quindi storiche, del Salento e del più vasto panorama regionale: attraverso le testimonianze che sono giunte a noi, ricostruire i termini entro cui si consolidò la conoscenza che nell'antichità storici, poeti e letterati ebbero del territorio pugliese4. Il grande poeta greco Esiodo 8
costituisce la prima espressione documentata e accertata, dopo la tradizione dei grandi poemi cosiddetti 'omerici' dell'Iliade e dell'Odissea, in lingua greca, per cui ci sembra — almeno in ordine di tempo — la prima fonte preziosa per un approccio al problema che ci sta a cuore; voce molto interessante se per un attimo consideriamo che, a parere della critica maggiormente accreditata, la metà circa del secolo VIII a.C. appare la data più attendibile per la cronologia esiodea, quindi un'età antichissima, risalente quasi alle origini stesse della scrittura greca. Esiodo fa derivare il nome Iapigia da Iapeto re di Tessaglia, a sua volta figliolo del Cielo e della Terra, nonché fratello di Espero, di Atlante e di Prometeo: "Quindi appresso, unitasi al Cielo la Terra generò l'Oceano dai profondi vortici, e Ceo e Creio ed Iperione e Giapeto, Tia e Rea e Temi..."5. Nessun altro dato: siamo nel cuore della mitologia classica greca, tra favola e leggenda, una dimensione in cui è inutile pretendere di rintracciare elementi di storicità in quanto vi si muovono da protagoniste l'arte, la fantasia, la musicalità del linguaggio. Ecateo di Mileto, principe fra i Logografi, nato nell'antica Ionia intorno al 550 a.C., si impone, successivamente, alla nostra attenzione. Delle sue opere, purtroppo, ci rimangono soltanto 350 brevi frammenti, alcuni dei quali addirittura si riduco-
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Manduria, necropoli
no a semplici nomi di località geografiche. Intanto è da premettere che in Ecateo non compaiono, almeno dall'esame dei frammenti superstiti, né il nome 'Messapi' né quello di 'Salentini'; il riferimento preciso è ai soli Iapigi ed è fortunatamente conservatoci da Stefano di Bisanzio nei seguenti tre famosi frammenti: a) "Iapigia: due città, l'una in Italia e l'altra nell'Illiride secondo Ecateo. L'etnico Iapige, Iapigi, Iapigia"; b) "Eleuti: popolo della Iapigia. Ecateo nel libro intitolato Europa"; c) "Xandane: città della Iapigia. Ecateo nell'opera Europa, vi è la città di Xandane; dopo vi sono i Peucezi"6.
Come si può facilmente notare, troviamo qui gettate le basi — per la prima volta nella storia — di quell'importante discorso, ancora oggi dibattuto dagli studiosi, relativo ai rapporti tra le due sponde opposte del basso Adriatico: in un apposito capitolo affronteremo tale problema. Erodoto, finalmente, costituisce la prima fonte storica del tutto attendibile, autore greco del V secolo a.C., che non si accontentò di accumulare o catalogare a tavolino materiale vario, ma trascorse la maggior parte della sua vita girando in lungo e in largo per tutto il mondo allora conosciuto, annotando particolari, descrizioni e impressioni di prima mano, 9
Cesare Daquino confrontando le varie versioni e interpretazioni. Con lui ci troviamo alle prese con un intelletto che spazia prodigiosamente su terre e uomini lontani nello spazio e nel tempo; siamo ormai di fronte ad una mente che ordina in un sistema gli eventi umani nella più vasta conoscenza del territorio e dell'ambiente. Un brano delle sue Storie che più ci interessa è il seguente: "Dopo un certo tempo i Cretesi, per volere degli dei, ... passarono in Sicania... Mentre navigavano lungo la Iapigia, sorpresi da una grande tempesta, furono gettati in terra, essendosi fracassate le navi... Fermatisi là, fondarono la città di Iria e, cambiato nome, in luogo di Cretesi divennero IapigiMessapi, e in luogo di isolani furono abitatori di terraferma. Partiti dalla città di Iria, ne abitarono altre" 7. Ritroviamo, qui, l'altra famosa questione inerente l'origine e la provenienza dei Messapi, la loro identità o diversità rispetto agli Iapigi: per ora proseguiamo con la puntualizzazione delle tappe storiche accertate intorno alle vicende dei Messapi, quindi con la descrizione di quelli che dalla storiografia universale vengono considerati dei punti fermi nella storia di questo popolo. Secondo Erodoto, dicevamo, l'abitante dell'antica Puglia deriva da antichissimi colonizzatori Cretesi naufragati sulla nostra penisola e quivi stabilitisi definitivamente col nome di Iapigi-Messapi. E dovette seguire anche un periodo di svilup10
po e di benessere per i nuovi venuti cosí bene acclimatatisi se, dopo una prima sconfitta non meglio documentata subita ad opera dei Tarantini desiderosi di espandersi verso Sud-Est, riuscirono in tempi relativamente brevi a riorganizzarsi e ad infliggere una terribile sconfitta intomo al 473 a.C. ai baldanzosi Tarantini. Lo stesso Erodoto è ricco di particolari nel descrivere questa vicenda e, tra l'altro, ci riferisce di una alleanza fra Taranto e Reggio Calabria comandata da Micito contro gli Iapigi 8. Né c'è ragione di dubitare di questa grande vittoria conseguita dagli Iapigi-Messapi su Taranto, se a questo fatto accenna persino il grande Aristotele che scriveva a distanza di appena un secolo dalla data della cruenta battaglia: "A Taranto, essendo stati vinti e uccisi molti notabili dagli Iapigi poco dopo le guerre persiane, la politia si trasformò in democrazia" 9. A questa considerazione si aggiunga che un altro famoso storico in lingua greca vissuto al tempo di Augusto, Diodoro Siculo, sentì il dovere di accogliere la battaglia in oggetto tra gli eventi più importanti della storia italiota prima dell'avvento di Roma e del conseguente inesorabile processo di romanizzazione: "Poi fu arconte in Atene Menone e i Romani elessero consoli Lucio Emilio Mamerco e Gaio Cornelio Lentulo, in quell'anno in Italia scoppiò una guerra tra i Tarantini e gli Iapigi per una questione di confini.
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Egnazia, una fornace
All'inizio la guerra invero consisteva in piccole scaramucce da una parte e dall'altra; cresciuta dopo alcuni giorni l'inimicizia in tutte e due le parti, si giunse finalmente ad una battaglia campale. Gli Iapigi avevano reclutato i propri cittadini, formando un buon esercito e si erano rafforzati ancora con i soccorsi dei loro alleati, al punto che avevano in armi più di 20.000 uomini; i Tarantini, conosciuta la forza delle truppe schierate contro di loro, fecero pure un reclutamento in città ed ebbero in aiuto molti uomini di Reggio loro alleati. Si venne dunque alla battaglia, che fu atroce e in cui morirono molti da una parte e dall'altra; alla fine la vit-
toria restò agli Iapigi'' l0. Tra gli storici dell'età moderna, il più ricco di notizie al riguardo è Girolamo Marciano di Leverano: "Nacque ne' tempi di Archita Tarentino una crudelissima ed intestina guerra tra i Tarentini ed i Iapigi, ovvero Messapi, ... per causa di alcune loro differenze de' vicini territorii. I Iapigi dunque, fatta la scelta de' suoi, si congiunsero in confederazione con gran numero di convicini, e fecero un esercito di venti mila uomini... Usciti gli uni e gli altri in battaglia, si attaccò una crudelissima pugna. Nella qual battaglia... gli Iapigi ottennero la vittoria”11. Luigi Maggiulli entra maggior11
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Brindisi, una delle due colonne terminali della via Appia
Nella pagina successiva: Taranto, due colonne doriche superstiti di un grande tempio
mente nei particolari della vicenda, riferendo che la città di Taranto, "appoggiandosi al dritto della forza schierò in campo 30.000 fanti e 3.000 cavalieri per lanciarli contro i Messapi. Ed in fatto mosse guerra a quei popoli che gli erano fratelli, ne menò strage accumulando ruine e ruine... orgogliosa della vittoria sguinzagliò le sue legioni contro i Iapigi, che valorosamente pugnando furon prostrati e vinti... Ma ... non appena mossa altra guerra ai Iapigi ed ai Messapi, questi con 20.000 guerrieri sgominarono e macellarono le legioni Tarantine, seguendole colla spada ai reni fin sotto le mura della città"12. 12
Fra gli elementi da approfondire offertici dai vari Autori finora citati, alcune situazioni appaiono chiare e precise: la guerra tra Taranto e gli Iapigi fu aspra, terribile, lunghissima e logorante, espressione senz'altro di una tensione secolare tra le parti in campo scatenata esclusivamente dalla tendenza egemonica di Taranto. Giuseppe Nenci è colui che più di ogni altro ha studiato l'argomento; egli mette in risalto, dell'intera vicenda, la tendenza tarentina a considerare la Iapigia un serbatoio naturale di mano d'opera servile cui attingere con incursioni e razzie di tipo piratesco: "La Iapigia fu dunque per Taranto terra di conquista di
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mano d'opera servile, ...una sorta di terra di nessuno, indicata dalle fonti come Μεσοχο ρον — termine che allude nel linguaggio dell'arte militare allo spazio fra due eserciti — il serbatoio umano salentino''l3. Il Nenci va ancora più a fondo alla questione e cerca di rintracciare le cause, i fattori della politica espansionistica tarentina verso la Iapigia, nelle "condizioni oggettive di grande popolamento della zona... Taranto si comportò pertanto nei riguardi degli Iapigi in modo del tutto analogo al comportamento verso le genti indigene delle grandi colonie greche nel momento della loro maggiore espansione: a una prima fase di contatti pacifici... seguirono quasi dovunque tensioni profonde... Sul piano più propriamente storico, si può consta-
tare che esiste una concomitanza cronologica fra le razzie tarentine... e il fatto che le città messapiche, che la tradizione ci presenta concordi e alleate, si cingano contemporaneamente tutte di grandi cinte murarie. Credo che questo grande sforzo compiuto dai centri messapici sia dovuto alla necessità di difendersi dalle incursioni tarentine e forse dalla pirateria illirica, congiuntamente tese a procurarsi mano d'opera servile durante le razzie nel territorio salentino"14. Recentemente tale teoria è stata riproposta dal De Iuliis l5. A questo stesso fatidico anno, il 473 a.C., è collegato un analogo episodio riguardante ancora una volta il conflitto Taranto-Iapigi: l'unica variante è costituita dal fatto che lo 13
Cesare Daquino scacchiere dei combattimenti è spostato verso il nord della Puglia, dal momento che a scontrarsi con Taranto questa volta sono gli Iapigi Peucezi. Gli scavi condotti nella mitica Delfi hanno portato alla luce i resti di due complessi statuari e relative dediche incise sui complessi medesimi, una sorta di ex-voto offerti dai Tarantini ad Apollo di Delfi e commemorativi di altrettante vittorie di Taranto su genti iapigie: il primo complesso statuario aveva per soggetto il 'barbaro vinto' e delle donne iapigie fatte schiave; il secondo complesso aveva per soggetto fanti e cavalieri e commemorava la vittoria di Taranto sui Peucezi. Questo secondo donativo venne fatto collocare accanto al tripode di Platea, quindi gli veniva attribuito un grande valore ideologico, il simbolo della vittoria della civiltà sul barbaro — ieri il barbaro persiano, al presente il barbaro italiota —; veniva raffigurato Opis, re degli Iapigi, alleato dei Peucezi, vinto. Le notizie più complete e dettagliate intorno a questa vicenda sono dovute a Pausania, storico greco del II secolo d.C., proveniente dal bacino dell'Asia Minore, autore di una Descrizione della Grecia che oggi viene giustamente considerata fonte molto attendibile, al punto che per intere scuole di archeologia e per spedizioni archeologiche operative ha costituito un vademecum indispensabile per la stessa individuazione di opere d'arte e relativi siti: secondo il rac14
conto di Pausania, dunque, delle due dediche — da lui chiamate αναϑη′ματα — la prima sarebbe opera di Agelada Argivo 16, la seconda di Onata di Egina: entrambi questi artisti furono attivi intorno alla metà del V secolo a.C. I1 Moschettini suffraga questa ricostruzione storico-archeologica dei fatti — soprattutto con riferimento all'attività dello scultore Agelada Argivo e invece trascurando il secondo personaggio, Onata Egineta — seguendo un'altra strada, un altro indizio, ossia studiando l'episodio di un tal Timasiteo, il quale liberò Atene dalla tirannia dei Pisistrati e "per le sue palme olimpiche e pitiche aveva dedicato la sua statua in Delfo, fatta appunto da Agelada Argivo''l7: Timasiteo e Agelada vissero prima dell'olimpiade 67, dal momento che lo stesso Agelada fu l'autore di un'altra opera fatta per Cleostene in occasione dell'olimpiade 66. Un ultimo dato per congedarci da questo argomento, la datazione proposta dal Nenci per i due donativi: per il primo donativo il 473 a.C., poco prima della gravissima sconfitta di Taranto; per il secondo donativo il 433 a.C. Certo, l'usanza di fare dei doni preziosi a famosi santuari dell'antica Grecia dovette essere molto diffusa, se nello stesso giro di anni anche Roma seguiva l'esempio al fine di celebrare il trionfo del dittatore Marco Furio Camillo sull'indomita città di Veio 18.
Indice 3 Capitolo Primo
Tra mito e storia Il Salento: dai Messapi alla conquista romana 46 Capitolo Secondo
Messapi e Iapigi Un dibattito sempre aperto 100 Capitolo Terzo
Alcune questioni etimologiche L’origine onomastica del Salento 111 Capitolo Quarto
I siti messapici Ceglie Messapica, Manduria, Mesagne, Valesio, Lecce, Cavallino, Roca Vecchia, Soleto, Muro Leccese, Vaste, Alezio, Ugento, Vereto