A Lea Perché ti amo io non lo so
celacanto
Parole da leggere, in silenzio o ad alta voce, storie da vedere, mondi da esplorare
© 2014, GIUS. LATERZA & FIGLI
www.laterza.it PRIMA EDIZIONE OTTOBRE 2014 EDIZIONE I II III IV V VI ANNO 2014 2015 2016 2017 2018
2019
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA GIUS. LATERZA & FIGLI SPA, ROMA-BARI
Questo libro è stampato su carta amica delle foreste STAMPATO DA SEDIT - BARI (ITALY) PER CONTO DELLA
GIUS. LATERZA & FIGLI SPA ISBN 978-88-581-1249-6
REVISIONE DEL TESTO A CURA DI GIORDANO MEACCI E FRANCESCA SERAFINI PROGETTO GRAFICO EMANUELE RAGNISCO MEKKANOGRAFICI ASSOCIATI
AMEDEO FENIELLO
IL BAMBINO CHE INVENTÒ LO zero Illustrazioni di
Gianluca Folì
edItorI
Laterza
Il grido che scuote il vecchio ahmed ibn Walud, la barba bianchissima come i pochi capelli che ha in testa, è un grido di donna, poco distante dalla sua casa. “ahmed! ahmed!” ora la voce è diventata plurale: tante voci di donne che gridano il suo nome. tutto un intrecciarsi di “guarda qui!” e di “… e non è possibile!” È più di un presentimento quello che lo costringe ad alzarsi dal suo tappeto e ad affrettarsi sulla soglia. eccolo infatti che apre l’uscio senza pensarci troppo e… Splassh! Sullo stipite, legato con una cordicella, penzola rovesciato un secchio di legno che lo ha appena infradiciato tutto!...
Non fa in tempo a rendersi conto di quello che è successo che due donne nei loro lunghi hijāb scuri gli si avvicinano furenti, tenendo tra le mani quella che sembra una lunga striscia di stoffa rossa. Sono accompagnate da un paio dei guardiani della porta della città. “Guarda cos’ha fatto il tuo pupillo!” gli dice la prima di loro, ormai vicinissima, mentre il vecchio ahmed fatica a strizzarsi via tutta l’acqua… “Guarda qui!” e gli offrono un groviglio di stoffe; panni ancora umidi di tintura legati stretti stretti che sporcano le mani e le braccia di porpora. “Li ha legati per i lembi! Senza neppure curarsi della tinta fresca!” Il saggio e umido ahmed ibn Walud riesce a mormorare tra sé e sé soltanto un nome. anzi, il nome che lo affligge da mesi. “Leonardo…”
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ecco qui. Fermiamo per un istante il vecchio ahmed in quella che sembra una posa da venditore di tappeti, per di più sudato. torniamo indietro nel tempo e proviamo a capire com’è stato possibile che l’uomo più saggio di Bugia di Barberia – una città piena di sole piantata tra il Mar Mediterraneo e il deserto africano – si sia trovato, con tutta la sua sapienza e vecchiaia, a far da balia a un piccolo infedele… Sì, dovete sapere – visto che ci sono sempre altre storie dietro una storia – che tutto è cominciato due stagioni prima, precisamente nel mese di Jumâda ath-thânî dell’anno 575. “o”, pensava dentro di sé ahmed, nel luogo dove si celano i suoi pensieri più profondi: “il mese di dicembre del 1179, stando al computo del calendario degli infedeli…” quando Guglielmo Bonaccio è sbarcato al porto con suo figlio Leonardo.
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ahmed quel giorno se lo ricordava bene. Perché aspettava da dieci giorni l’arrivo della nave che gli era stato annunciato da una lettera del suo amico palermitano, il mercante ebreo Samuel ben Paltiel. Una lettera in cui gli parlava di parecchie cose: dei carichi di spezie; di quelle due balle di seta grezza da far lavorare e da tenere ben conservate, per una rivendita futura da cui poter ricavare un buon guadagno. e di questo – eccolo, l’inizio vero della storia che ci riguarda! – Guglielmo figlio di Bonaccio. Un altro degli infedeli (infedeli, dal punto di vista musulmano, perché cristiani) venuti da oltremare: da quella città bianca e rumorosa chiamata Pisa. I pisani, aveva pensato il vecchio ahmed leggendo. tutti mercanti che desiderano due sole cose: commerciare e stare tranquilli. e approfittare della stessa voglia di commerciare e di stare tranquilli che abbiamo noi qui a Bugia. “Guglielmo è un uomo onesto, dai tratti del viso gentili”, gli aveva scritto Samuel. “Un uomo che sa parlare e scrivere bene: per la sua gente ha fatto (e sicuramente farà) da notaio e da cancelliere…” Poi – ah, i segni del destino come s’assomigliano ai segni sulla carta! – Samuel aveva tirato una riga nella lettera. e aveva aggiunto: “Fa’ attenzione. L’uomo arriverà con un bambino: che sembra muto e pare non abbia alcuna voglia di parlare. Invece è furbo come mille gatte e scaltro come una volpe che si finga addormentata. e poi è molto abile – è questo, soprattutto, che ti potrebbe interessare – nel fare e nel comprendere i calcoli a una velocità che fa sbalordire tutti. tanto che, qui al porto di Palermo, è diventato una specie di scimmia ammaestrata che con l’àbaco fa faville... Pensa che ha creato interesse pure nel re della gente normanna!”
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Pur con tutta l’amicizia per il suo amatissimo Samuel, il vecchio ahmed non aveva potuto fare a meno di scuotere il capo e di pensare, non senza una punta di fastidio: “tutta roba da infedeli... Che va bene solo per quella gente così rozza…” Per quei barbari che stavano trasformando quel paradiso di Palermo in un covo di demoni senza né legge né dio. Poi aveva chiuso la lettera e l’aveva riposta: ma un pensiero gli era scivolato nel cuore. erano più di tre anni che non vedeva Samuel. Però ricordava bene la sua misura nei giudizi. e non gli sfuggiva il fatto che aveva fondato un commercio così grande che dall’andalusia arrivava ad amalfi e da qui sino ad alessandria e alla terra d’acri: tutto fidando nella sua intelligenza! “Che allah lo preservi nella Sua gloria… ma perché interessarsi così a un bambino?”
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dieci giorni dopo, ahmed ibn Walud aveva visto per la prima volta quel bambino. ancora non poteva conoscere il peso che avrebbe avuto nella sua vita. anzi: lì per lì non gli aveva fatto alcun effetto, Leonardo (figlio di Guglielmo figlio di Bonaccio: da qui Fi’ Bonacci. Ma tutto questo si sarebbe saputo più in là) che scendeva dalla scaletta. Seguiva il padre come un cane può seguire il suo padrone. a guardarlo, così piccolo, ad ahmed venne però in mente la storia del seme di lino che si nascondeva, prezioso, in mezzo ai mille chicchi di grano. rosso di capelli, scomposto, dalle gambe secche secche, che a stento parevano reggerlo. Con negli occhi una nube, notò, che quasi faceva intravedere, a lui, ahmed, così tanto vecchio, una stanchezza uguale alla sua; e forse – ma era solo un bagliore – una uguale solitudine...
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