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Roberto Piumini è uno scrittore di successo. Ha pubblicato fiabe, racconti, romanzi e poesie per l’infanzia. Massimo Montanari è il più famoso storico dell’alimentazione in Europa. Allegra Agliardi è tra le più note illustratrici italiane.
PIUMINI MONTANARI - SPAGHETTI E POMODORI
“Io solo so dove e quando sono nati gli spaghetti. Me l’ha rivelato un vecchio marinaio, quando navigavo come mozzo sul mare di Giava…” La storia del piatto più buono al mondo attraverso l’Italia, la Cina, il Messico, la Spagna, il Medio Oriente.
ROBERTO PIUMINI MASSIMO MONTANARI Illustrazioni di
Allegra Agliardi
EDITORI LATERZA
celacanto
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Parole da leggere, in silenzio o ad alta voce, storie da vedere, mondi da esplorare
© 2015, GIUS. LATERZA & FIGLI
www.laterza.it PRIMA EDIZIONE NOVEMBRE 2015 EDIZIONE I II III IV V VI ANNO 2015 2016 2017 2018 2019
2020
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA GIUS. LATERZA & FIGLI SPA, ROMA-BARI
Questo libro è stampato su carta amica delle foreste STAMPATO DA SEDIT - BARI (ITALY) PER CONTO DELLA
GIUS. LATERZA & FIGLI SPA ISBN 978-88-581-2126-9
PROGETTO GRAFICO EMANUELE RAGNISCO MEKKANOGRAFICI ASSOCIATI
ROBERTO PIUMINI
MASSIMO MONTANARI
SPAGHETTI E POMODORI Illustrazioni di
Allegra Agliardi
EDITORI
LATERZA
Gli shangai di Han Chu San Chi dice che gli spaghetti sono nati in un luogo del mondo, chi dice in un altro: io solo so dove e quando sono nati. Me l’ha rivelato un vecchio marinaio, quando navigavo come mozzo sul mare di Giava. Bisogna sapere che l’imperatore cinese Han Chu San, vissuto mille anni fa, quando in nessun luogo del mondo esisteva la pasta, era appassionato del gioco dello shangai. Era anche bravissimo: ogni anno sfidava il miglior giocatore dell’impero, e quasi sempre vinceva. Nessun avversario lo favoriva, facendolo vincere, perché tutti sapevano che Han Chu San gradiva molto di più un avversario valoroso che un avversario servile.
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Le poche volte che perdeva, infatti, l’imperatore era più contento di quando vinceva, perché pensava: «Se qualcuno mi batte, mi eserciterò di più, e diventerò più bravo». Un anno si presentò al palazzo un uomo di una magrezza impressionante, di nome Ho Tan Si, che sfidò Han Chu San e lo sconfisse con estrema facilità. «Compagno mio», disse l’imperatore, «la tua bravura è certo il risultato di uno speciale allenamento.
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Ti prego di rivelarmelo, così che io possa esercitarmi, diventare bravo come te, e affrontarti alla pari». L’uomo si inchinò, e rispose: «Così Gu Tai Go, il mio maestro, insegnò: ‘Nelle notti stellate, siedi all’aperto con uno shangai fra le dita, e copri con la sua punta ogni stella per dieci secondi, esercitando la tua mano alla fermezza e alla precisione’».
Per un anno, due notti alla settimana, dato che non poteva rinunciare del tutto al sonno dovendo governare la Cina, sul terrazzo più alto, l’imperatore si allenò a coprire le stelle con la punta dello shangai, imparando la fermezza e la precisione. Da principio la cosa fu molto difficile, e le stelle riapparivano dietro la punta dello shangai prima dei dieci secondi, ma piano piano l’imperatore divenne capace. L’esercizio notturno e la mancanza di sonno lo fecero un po’ dimagrire, tanto che i suoi ministri si preoccuparono: però nessuno disse niente, perché l’imperatore era l’imperatore.
Quando giunse la data della sfida, tornò il magrissimo Ho Tan Si, affrontò l’imperatore e, sebbene un po’ meno facilmente della prima volta, lo sconfisse. «Amico mio», disse l’imperatore, «l’anno scorso mi hai rivelato parte della tua disciplina, ma certo c’è un’altra parte.
Dimmela, per favore, perché io possa esercitarmi e battermi con te alla pari».
Ho Tan Si s’inchinò, e disse: «Gu Tai Go, il mio maestro, così disse: ‘Nelle sere serene, quando appaiono le stelle, scegline una non troppo lontana dalla Stella Polare, di quelle che compiono un giro completo nella notte, e coprila con la punta dello shangai per tutto il suo giro, senza mai scoprirla, per imparare la lentezza del movimento’». Per tutto l’anno che seguì, due notti alla settimana, perché non poteva del tutto rinunciare al sonno, Han Chu San, seduto sul terrazzo, aspettava l’accendersi delle stelle vicine a quella Polare, ne sceglieva una e la copriva con la punta, senza mai scoprirla, seguendo il suo lentissimo movimento circolare. All’inizio non riusciva, ma piano piano divenne capace.
A causa di quella disciplina si fece più magro, tanto che i suoi ministri si preoccuparono ancora di più, ma nessuno disse niente, perché l’imperatore era l’imperatore. 13
Dopo un anno, nel giorno stabilito, tornò Ho Tan Si, affrontò Han Chu San e, sebbene meno facilmente dell’anno prima, lo sconfisse. «Fratello mio», disse l’imperatore, «credo ci sia ancora una parte della disciplina che ti rende così bravo: ti prego, dimmela, così potrò esercitarmi, e affrontarti alla pari».
Lo smilzo s’inchinò, e disse: «Il maestro e io, dall’inizio della mia disciplina, giochiamo due volte ogni giorno. Da dieci anni, però, non giochiamo con shangai di legno, come quelli con cui giochiamo io e te, ma con shangai speciali, inventati da lui. Sono fatti impastando della farina (che il mio maestro fa venire dalla Persia) con acqua, rotolando l’impasto con le mani fino a ottenere fili sottili, della lunghezza degli shangai, e facendoli seccare. Poi facciamo la partita, e io mangio, ogni giorno, solo gli shangai di grano che riesco a conquistare nel gioco. Devi sapere che gli shangai di grano, messi qualche minuto nell’acqua bollente, diventano molli, si possono mangiare, e hanno un gradevole sapore. All’inizio, io credo, Gu Tai Go sbagliava apposta, in modo che io potessi vincere qualche shangai di grano, e non morire di fame: ma mano a mano smise di favorirmi, e io dovetti impegnarmi al massimo per avere ogni giorno qualcosa da mangiare. Sono stati, e ancora sono, anni di molto digiuno, perché il mio maestro è bravissimo, e io non corro il rischio di diventare un uomo grasso».
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Dicendo quelle parole, per la prima volta da quando l’imperatore l’aveva conosciuto, Ho Tan Si fece un sorriso. «Devo chiederti un grande favore, fratello mio», disse Han Chu San. «Quale?», disse l’altro. «Di fermarti con me, in questo prossimo anno, e giocare ogni giorno secondo le regole che mi hai detto». «Accetto», disse Ho Tan Si. «Ti ringrazio», disse l’imperatore. «Ti chiedo, però, di non fare con me come il tuo maestro, lasciandomi vincere per non farmi morire di fame: combatteremo con tutta la nostra capacità, e ognuno di noi avrà il cibo che saprà meritarsi».
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Da quel giorno, due giorni alla settimana, perché l’imperatore non poteva mangiare così poco, dovendo governare la Cina, nella stanza più silenziosa del palazzo imperiale, Ho Tan Si e Han Chu San giocavano con shangai di grano, e in due piccole pentole, alla fine, cuocevano quelli che avevano conquistato e li mangiavano. All’inizio, avendo promesso di non perdere apposta, Ho Tan Si mangiava più dell’avversario, ma pian piano l’imperatore migliorava, e giorno dopo giorno gli shangai vinti da lui s’avvicinavano al numero di quelli dell’altro.
Venne il giorno dell’incontro annuale e, quando Ho Tan Si si presentò, c’era una novità. Sul tavolo, invece del mucchietto regolamentare di shangai di legno, pronti a essere mischiati per il gioco, c’era una grandissima quantità di shangai di grano. L’imperatore, sorridendo, sedeva al suo posto. Anche Ho Tan Si sedette, e cominciarono a giocare in silenzio. Erano ormai ugualmente bravi, e gli shangai di grano vinti si accumulavano lentamente al loro lato. Alla fine, i due mucchi sembravano uguali. L’imperatore disse: «Ho Tan Si, possiamo fare due cose: o contare gli shangai, per vedere chi ha vinto la partita, o mischiarli e gettarli in una pentola piena d’acqua bollente, che il cuoco del palazzo ha preparato». Il magrissimo Ho Tan Si fece un piccolo inchino. 18
Allora l’imperatore fece un cenno e quattro servitori entrarono con una stufa portatile dal fuoco acceso, altri due con un grande pentolone fumante, e infine il cuoco imperiale, con molte ciotole su un grande vassoio: ciotole di sale, olio, sugo di carne, di soia, di verdure di ogni colore e sapore, e peperone, zafferano e molte altre delizie. Gli shangai della partita, tutti insieme, furono gettati nella pentola, e sopra il vapore dell’acqua che bolliva, i volti di Ho Tan Si e di Han Chu San sorridevano. Da quel giorno, dopo aver giocato, mangiavano allegramente, con vari condimenti, quelli che loro chiamavano shangai di grano e noi, oggi, chiamiamo spaghetti.