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Itinerario
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IL MUGELLO, LA VAL DI SIEVE E LA ROMAGNA TOSCANA
Mugello: terra di castelli
Nono itinerario - Mugello: terra di castelli
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NONO ITINERARIO
Particolare del castello di Ristonchi
La rocca di Cerbaia, imponente Castello dei conti Alberti di Mangona suggestivo disegno di un viaggiatore francese dell’Ottocento
a matrice storica di tanti centri minori della Toscana va individuata nel nuovo assetto territoriale che andò affermandosi nell’altomedioevo con l’assestarsi del feudalesimo e che dette luogo, sul piano insediativo, ai castelli. Centro di potere economico e politico, il castello si caratterizzò per la sua ubicazione, che privilegiò le località di altura, e soprattutto per l’esistenza di una cinta muraria, nata per esigenze di difesa, ma anche come espressione di una separazione e sovrapposizione al territorio circostante, nonché di un cassero (o mastio), la torre-dimora feudale che rappresenterà tangibilmente il potere. Il Mugello, e in genere tutta l’ampia vallata della Sieve, fu una delle aree del contado fiorentino nelle quali il fenomeno dell’incastellamento ebbe le più cospicue manifestazioni. Il territorio ne rende ancora testimonianza attraverso le numerose località ricordate a partire dall’XI secolo come insediamenti fortificati di pertinenza dei maggiori potentati feudali della zona, che furono, anzitutto gli Ubaldini, e poi i conti Guidi, gli Alberti e i feudatari minori, quali i Cattani di Barberino e gli stessi vescovi di Fiesole e di Firenze. Facevano capo agli Ubaldini i castelli di Pulicciano, Grezzano, Luco e San Giovanni Maggiore, nei dintorni di Borgo San Lorenzo; nonché quelli di Ascianello, Montaccianico e Lumena, nella zona dove poi sorgerà Scarperia. Appartenevano ai conti Guidi il castello di Nipozzano, quello di Falgano, presso la Rufina, la rocca di San Leolino a Londa, i castelli di San Bavello e di Castagno (posti entrambi nei dintorni di San Godenzo), e quelli di Rupecanina, Rostolena, Moriano e Ampinana, nella zona attorno a Vicchio. Gli Alberti, invece, avevano i loro possessi nel settore nord-occidentale del Mugello, nell’area montuosa dalla quale nascono i rami sorgentiferi della Sieve. Qui si trovavano i castelli di Mangona (che darà nome ad uno dei
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Un dettaglio del castello di Nipozzano
Castello del Trebbio della famiglia dei Pazzi
rami della famiglia) e di Montebuiano, oltre alla poderosa rocca di Cerbaia. Nella maggior parte dei casi gli antichi fortilizi sono oggi ridotti allo stato di rudere (è il caso, tra gli altri, di Montaccianico, di Ascianello, di Mangona), oppure i loro resti sono stati in diversa misura riutilizzati inglobandoli entro le strutture di ville-fattorie che sono sorte sui loro siti, come è avvenuto ad esempio per i castelli di Nipozzano e di Barberino. Le distruzioni operate dai fiorentini nella loro progressiva azione politico-militare volta a realizzare il controllo della valle della Sieve spiegano, la scomparsa di tanti castelli, i cui resti l’archeologia in questi ultimi decenni sta riportando alla luce: vedi gli scavi operati ad Ascianello e a Montaccianico, i due fortilizi degli Ubaldini distrutti da Firenze, rispettivamente nel 1269 e nel 1306. Talvolta la consistenza dei ruderi è tale da riuscire ancora ad esprimere la grandiosità delle costruzioni originarie: è il caso della rocca di San Leolino, in val di Sieve. Della quale rimane, oltre a una cerchia di mura sbrecciate, il possente torrione a pianta poligonale con gli angoli smussati che doveva fungere da cassero; e quello della rocca degli Alberti a Cerbaia, che con le sue alte muraglie ancora si erge imponente alla sommità di una collina che sovrasta la strada per Barberino. Tra gli insediamenti castellani che in seguito hanno avuto una diversa destinazione è da ricordare almeno il castello di Castiglioni, non lontano dalla Rufina, che fu infeudato ai vescovi di Fiesole, assieme al “castrum Agnae” e alla “curtem Turrichae” (non a caso i presuli fiesolani potevano fregiarsi del titolo di “conti di Turicchi”). A Castiglioni è ancora leggibile la tipica struttura del primitivo “castrum”, essendosi conservato l’alto circuito murario intervallato da torri, a protezione del piccolo abitato, trasformato alla fine del medioevo in luogo di R.S. villeggiatura per i vescovi di Fiesole. La rocca di Cerbaia in un disegno cinquecentesco