Il santuario della Verna

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Quarto itinerario

Il Casentino. Territorio, storia e viaggi


Il santuario della Verna, “haut lieu” della spiritualità francescana

erò che in tutto il mondo sono due luoghi superlativamente notabili: il primo tra gl’Infedeli, è il Sepolcro; il secondo, tra’ Cristiani è questo”. Così afferma Franco Sacchetti, riferendosi alla Verna, in una sua novella nella quale narra la vicenda di Buccio Malpanno d’Amelia (“Il Trecentonovelle”, Novella CCVI). Alla fine del Trecento, quando il novelliere toscano scriveva, si era già verificata nel mondo dei pellegrinaggi quella trasformazione in forza della quale, “a latere” delle “peregrinationes maiores”, si erano aggiunti altri luoghi sacri talmente frequentati da poter essere equiparati alle tradizionali mete maggiori del pellegrinaggio cristiano. La verde vallata casentinese, da sempre interessata dalle correnti di transito dei pellegrini diretti a Roma e in Terrasanta, poiché percorsa longitudinalmente da una delle principali direttrici del “sistema” delle strade di pellegrinaggio (la via detta “teutonica” poiché usata a preferenza dai pellegrini provenienti dall’area germanica), fu investita in pieno da tale trasformazione, e andò costellandosi di “loca sacra” meta di pellegrinaggi, uno dei quali (la Verna) conobbe una fama che superò di gran lunga i ristretti ambiti regionali. La località, peraltro, poteva essere raggiunta dai pellegrini romei con una modesta variazione itineraria, trovandosi a breve distanza da quel passo appenninico dell’Alpe di Serra usato dalla via “teutonica”, e anche questo dovette indubbiamente favorire l’affluenza dei pellegrini che intendevano visitare il luogo segnato dalla manifestazione so-

“P

Renato Stopani

La chiesa Maggiore di La Verna


prannaturale per la quale San Francesco, come dice Dante, “da Cristo prese l’ultimo sigillo / che le sue membra due anni portarno” (Paradiso, XI, vv.107-108). La vetta rocciosa della Verna (“il crudo sasso”) fu donata a San Francesco dal conte Orlando dei Cattani, feudatario della zona dominata dal vicino castello di Chiusi in Casentino. Era un luogo selvaggio e disabitato, dalla singolare struttura geologica culminante con alte scogliere di pietra, quasi delle “ciclopiche mura naturali” di una maestosa bellezza. Nel 1215 l’Assisiate vi eresse le prime povere capanne di fango e di rami intrecciati per sé e per i propri compagni, trovando la natura del luogo particolarmente rispondente alle istanze della nuova spiritualità che andava predicando e mostrando con la propria vita. La Verna fu quindi molto cara al Santo, che vi soggiornò più volte, e per le memorie e leggende che fiorirono attorno alla sua figura divenne uno dei massimi centri del moto spirituale francescano. Il primo eremo fu edificato alla base meridionale del gran masso di macigno che sporge sopra il dorso della montagna. Già nel 1264, a spese del conte Simone da Battifolle, furono realizzati un nuovo Convento (che sarà poi chiamato il Conventino) e la chiesa delle Stimmate. Quindi, nel 1348, quando ormai la Verna costituiva la meta di numerosissimi pellegrini provenienti da tutta la Cristianità, fu innalzata, in forme più ampie, Santa Maria degli Angeli, che prese nome dalla prima chiesetta eretta dallo stesso San Francesco. Poi fu tutto un succedersi di aggiunte e di ampliamenti, specie a partire dal 1431, allorché il pontefice Eugenio IV “raccomandò” l’Eremo alla Repubblica fiorentina, che l’anno seguente ne fece patroni i Consoli dell’Arte della Lana. Questi ultimi, infatti, gareggiarono in manifestazioni di pietà religiosa, restaurando con magnificenza il Santuario e arricchendolo di pregevoli opere d’arte. Ancor oggi sede di un fiorente Convento dell’Ordine dei Frati Minori, la Verna si presenta pertanto come un vasto complesso di edifici, alcuni dei quali di recente costruzione, ma perfettamente in sintonia con l’ambiente. L’antico punto di accesso è segnato da un gran voltone con arcata a sesto ribassato, praticato sotto l’edificio che fun-

La Verna

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ge da Foresteria. Appena varcata la soglia del Santuario è la trecentesca chiesa di Santa Maria degli Angeli, nella cui semplicissima facciata sono gli stemmi del pontefice Eugenio IV, del popolo fiorentino, del Comune di Firenze e dell’Arte della Lana. Nell’interno, ad un’unica navata coperta con una ogivale volta a botte scandita da sottarchi, sono due altari con terrecotte invetriate di Giovanni della Robbia, che rappresentano, rispettivamente, la Deposizione e l’Adorazione del Bambino, con i Santi Francesco e Antonio da Padova. Nel coro, cinto da rinascimentali stalli di legno d’ispirazione fiorentina, è poi la “Madonna della Cintola”, una delle più equilibrate opere di Andrea della Robbia, eseguita intorno al 1486. L’officina robbiana ricevette un eccezionale impulso proprio dalle committenze che i magistrati dell’Arte della Lana le fecero per il Santuario. Opere dei della Robbia e della loro bottega sono infatti distribuite per tutto il Convento, addensandosi nella Chiesa Maggiore dove, tra l’altro, sono due delicate pale di Andrea, una Madonna col Bambino e una Adorazione del Bambino, oltre a due altorilievi dello stesso e a una grandiosa pala centinata raffigurante l’Assunzione. La Chiesa Maggiore della Verna è una semplice architettura ad un’unica navata con profonde cappelle laterali, il cui impianto risale agli anni centrali del Trecento. La costruzione fu poi “ammodernata” nel XV secolo (Cappella terminale) e nel Cinquecento ebbe aggiunto il porticato che gira sulla fronte e sulla fiancata destra, mentre risale al XVII secolo la sistemazione generale dell’interno. Il porticato che recinge la Chiesa Maggiore prosegue nel cosiddetto “Corridoio delle Stimmate”, cui si accede per una piccola apertura a lato della Cappella del conte di Montedoglio, ove troneggia una grande “Pietà”, gruppo policromo in bassorilievo realizzato da Giovanni della Robbia intorno al 1532. Una successione di affreschi seicenteschi con episodi della vita di San Francesco, integrati nel 1933 dal pittore fiorentino Baccio Maria Bacci, hanno sostituito alle pareti del “Corridoio” quelli, perduti, di Taddeo Gaddi. Una serie di piccoli, suggestivi ambienti, che sovente sono legati a eventi e leggende connessi alla vita di San Francesco, è raccolto al terQuarto itinerario

La Verna veduta del monastero


La Verna la parete del santuario

mine del “Corridoio”: la Cappella Loddi, nella quale è un Crocifisso ligneo del Duecento, la Cappella della Croce, le Cappelle intitolate a San Bonaventura, a San Sebastiano e a Sant’Antonio da Padova. Infine è la Cappella delle Stimmate, corredata di un cinquecentesco coro ligneo intagliato e intarsiato, con sull’altare una pala in terracotta invetriata di Andrea della Robbia, raffigurante la Crocefissione. Dal “Corridoio” si accede anche a una grotta aperta tra grandi macigni, che già funse da cella a San Francesco, e a una seconda cella del Santo, dalla quale è possibile raggiungere il cosiddetto “Sasso Spicco”, un enorme masso che appare quasi del tutto staccato dal monte e singolarmente sospeso, sì da formare un antro: la leggenda vuole che risalga allo sconvolgimento della natura che fece seguito alla morte del Redentore. Dietro le due chiese, la Chiesa Maggiore e Santa Maria degli Angeli, si sviluppa il Convento vero e proprio, che consta di vari edifici raccolti attorno a più chiostri (Foresteria, Refettorio, Dormitorio, Biblioteca, ecc.), il tutto contornato da una bellissima foresta di faggi e abeti secolari che accresce la suggestione del luogo. La trama poetica della leggenda francescana, illustrata con purezza dall’ingenua prosa dei Fioretti, è concretamente e figurativamente espressa dalla Verna: ciò spiega la devozione di otto secoli, che ha fatto sacro il monte con il convento e i suoi sacri edifici.

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La Verna Veduta del complesso monastico

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