12. Difesa dei confini: La Fortezza di San Martino a San Piero a Sieve

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Itinerario

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IL MUGELLO, LA VAL DI SIEVE E LA ROMAGNA TOSCANA


Difesa dei confini La Fortezza di San Martino a San Piero a Sieve

Dodicesimo itinerario - Difesa dei confini

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DODICESIMO ITINERARIO

L’itinerario della via per Bologna in una carta settecentesca

ntorno alla metà del Cinquecento, nel quadro di tutta una serie di provvedimenti volti a dare concretezza alla politica di difesa del Granducato, Cosimo I e poi i suoi immediati successori, i figli Francesco I e Ferdinando I, provvidero a un aggiornamento delle strutture difensive esistenti costruendo ex-novo o ricostruendo tutta una serie di fortezze ai confini dello stato e in corrispondenza delle principali città. Nei pressi di San Piero a Sieve, sulla transappennica che almeno dal XIV secolo era diventata il principale collettore dei transiti e dei traffici tra la Padania e l’Italia centrale, nell’estate del 1569 venne dato inizio ai lavori per l’edificazione di una fortificazione che nell’intenzione doveva costituire il principale presidio settentrionale del Granducato e un deterrente nei confronti degli stati confinanti (soprattutto lo Stato della Chiesa). Ne nacque, sulla sommità di una collina che sovrasta l’abitato di San Piero a Sieve, la fortezza di San Martino, un fortilizio costituito da due elementi murari fondamentali: uno rappresentato dal perimetro della fortezza vera e propria, dallo sviluppo di circa 1600 metri (circa un miglio toscano), con grandi mura e sette bastioni realizzati in mattoni, che raggiungono un’altezza dagli 8 ai 16 metri; il secondo, a sud e sopraelevato rispetto al resto della costruzione, costituito dal mastio, a pianta di pentagono irregolare, che racchiudeva una specie di cittadella, comprendente l’abitazione del capitano e del corpo di guardia, gli arsenali, un oratorio, ecc.

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Planimetria della Fortezza di San Martino a San Piero a Sieve (Taddei)

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IL MUGELLO, LA VAL DI SIEVE E LA ROMAGNA TOSCANA


DODICESIMO ITINERARIO

Veduta d’insieme della Fortezza di San Martino

Nel mastio si trovavano le cannoniere (a uno o a due cannoni) e si aprivano due porte, poste rispettivamente a monte, cioè a nord (praticabile ancor oggi), e “a basso”, a un livello inferiore rispetto all’altra. Esse costituivano un elemento di significativa novità perché, come ebbe a scrivere il Chini (“Storia antica e moderna del Mugello”, Firenze 1876, vol. III, pp. 268-269) “in caso di guerresco assalto il nemico che si fosse accostato ad esse, veniva come a chiudersi in un angolo i cui lati prolungandosi l’avrebbero quinci e quindi fulminato, la porta con esterne doppie e triplici feritoie l’avrebbe travagliato di fronte e dato anche fosse giunto a sforzarla e ad atterrarla, nel vestibolo di essa da tutte quattro le pareti, non che dalla volta superiore, avrebbe ricevuto l’ultima e più micidiale scarica delle cannoniere”. In tempo di pace la fortezza sembra fosse guardata da non più di una dozzina di soldati, ma essa era stata costruita con accorgimenti tali da contenere un notevole numero di uomini e di animali: a tal scopo, come ricorda ancora il Chini (“Storia antica e moderna del Mugello cit., p. 269) “furono costruiti mulini a vento per l’acqua, e quanto potesse servire per l’ordinamento e il mantenimento di una grande moltitudine di soldati”. La fortezza, tuttavia, non servì mai allo scopo per cui era stata edificata: le uniche volte che i suoi cannoni spararono (a salve) fu per salutare i personaggi che giungevano o partivano da Firenze e che transitavano per la via Bolognese. Nel 1784, dopo una visita del granduca Pietro Leopoldo, avendo perso ogni ruolo strategico e militare, venne deciso di abolire il presidio e di smantellarla. Durante il periodo napoleonico per alcuni anni tornò a svolgere la funzione per la quale era nata: venne infatti occupata dalle truppe francesi le quali, non disponendo di artiglieria, modificarono tutta la fortezza in modo da poterla difendere con i fucili, e a tal fine chiusero tutte le cannoniere trasformandole in fuciliere. Con la Restaurazione tornò però all’abbandono ed alla dimenticanza: fu proprietà dei principi Borghese e quindi di alcuni mediatori di bestiame, che l’adibirono a stalle e depositi. Ne conseguirono distruzioni e modifiche che solo in parte hanno però inciso sul complesso che ha sostanzialmente conservato la grandiosità del suo impianto ancora perfettamente leggibile. R.S. Dodicesimo itinerario - Difesa dei confini

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