Le “sentinelle dello spirito” La cintura di monasteri che circondava la città
ltre alla cerchia di mura costruita per proteggere la città dagli eserciti nemici in occasione di assedi, Firenze possedeva una cinta difensiva di natura tutta spirituale: una corona di monasteri piccoli e grandi che punteggiavano la campagna periurbana fungendo da “sentinelle dello spirito”. Si trattava di cenobi che talvolta risalivano ad anni anteriori al Mille, ed erano naturalmente ascrivibili, come in tutto l’Occidente, al monachesimo benedettino, ma la maggior parte di essi in qualche modo si rapporterà all’azione riformatrice promossa da uno dei nuovi ordini nati nei primi decenni dell’XI secolo dal ceppo benedettino: la congregazione fondata nel 1035 a Vallombrosa da San Giovanni Gualberto, che si distinse per il suo impegno attivo nella lotta contro i vescovi simoniaci, nonché nella vita civile per un miglioramento morale della stessa. Non poteva poi mancare, data la frequenza e l’intensità dei rapporti di Firenze con i paesi di tutta la Cristianità, la presenza di ordini espri-
O
La Badia di Settimo
114
OLTRE LE MURA DI FIRENZE: DA CONTADO A CITTÀ METROPOLITANA
Le “sentinelle dello spirito�
115
ITINERARI TEMATICI
San Martino a Mensola
menti esperienze monastiche nuove nate altrove: dai cistercensi, ai certosini, alla congregazione brigidiana. Il più caro di tutti ai fiorentini era il monastero di San Miniato al Monte: come una fortezza proteggeva spiritualmente la città dalla sommità del colle che, come dice Dante, “soggioga la ben guidata sovra Rubaconte”, e che aveva visto nel III secolo il martirio del Santo cui la chiesa era intitolata. Di antica origine (già in un documento dell’VIII secolo si parla di essa come di un’importante abbazia alla quale elargì doni Carlo Magno), la chiesa con l’annesso monastero furono radicalmente ricostruiti nel 1018 e successivamente rinnovati in più riprese sino ad assumere, intorno alla metà del XII secolo, la forma attuale. A tre ampie navate spartite da colonne che si alternano a pilastri polistili sui quali s’impostano le arcate trasversali, la chiesa, nonostante le suggestioni lessicali lombarde, è espressione di una concezione architettonica nuova, frutto di un originale ricongiungimento alla tradizione tardo-antica. Lo spirito classico si afferma anche nelle decorazioni marmoree dell’interno, dove l’alternanza di marmi bianchi e verdi delimita nettamente le superfici con tarsie geometriche, secondo i parametri della cultura artistica dominante nell’ambiente fiorentiSan Miniato al Monte no del XII secolo. L’apparato decorativo
116
OLTRE LE MURA DI FIRENZE: DA CONTADO A CITTÀ METROPOLITANA
ITINERARI TEMATICI
La zona absidale del Monastero di Mantignano
Interno del Monastero di Mantignano
della facciata costituisce poi un armonico completamento di quello dell’interno, ponendosi come una sorta di proiezione su piano delle strutture architettoniche, a iniziare dalle arcate di base che si succedono con ritmo lento e pacato, iscrivendo i portali e le specchiature marmoree, quasi a ripetere le cadenze di un porticato. A occidente della città, sulla via per Pisa era la Badia di San Salvatore a Settimo, che tanta parte ebbe nella storia religiosa di Firenze. Fondata all’inizio dell’XI secolo da Lotario dei conti Cadolingi, come tante istituzioni benedettine l’abbazia esercitò funzioni ospitaliere (risale al 1096 la costruzione di un “hospitium peregrinorum sive pauperum”). Il monastero entrò ben presto a far parte della congregazione vallombrosana e fu teatro dell’evento prodigioso legato alla figura di Pietro Igneo, il monaco che superò la “prova del fuoco” (donde il suo nome), dimostrando la fondatezza delle accuse di simonia che San Giovanni Gualberto aveva rivolto al vescovo di Firenze, Pietro Mezzabarba. Nel XIII secolo il monastero passò ai cistercensi, ai quali si deve la sistemazione di tutto il complesso abbaziale che, oltre alla chiesa, contempla una serie di edifici monastici (tra cui un’ampia sala capitolare), raccolti attorno a due chiostri e racchiusi da fortificazioni tre-quattrocentesche. La chiesa, che ha inglobato le strutture del precedente edificio dell’XI secolo (ancora visibili nei muri perimetrali e nella cripta), consta di tre navate ed è frutto del rinnovamento architettonico attuato nel Duecento dai cistercensi. Due altre antiche ed importanti comunità monastiche erano a oriente della città, e si trovavano rispettivamente sulla destra e sulla sinistra dell’Arno: la Badia di San Salvi e la Badia di Ripoli. In entrambi i casi le chiese hanno conservato l’icnografia a croce latina tipica delle costruzioni vallombrosane del XII secolo, i due monasteri avendo aderito anch’essi per tempo al nuovo ordine. Gli edifici hanno subito tuttavia notevoli rimaneggiamenti (specie San Salvi, che fu pressoché demolito al tempo dell’assedio di Firenze del 1529). Più evidenti i caratteri architettonici romanici nella Badia di Ripoli, che ha conservato anche l’ampia cripta divisa in cinque navatelle da agili colonne con capitelli scantonati, che scandiscono lo spazio secondo un ritmo rigoroso.
Le “sentinelle dello spirito”
117
ITINERARI TEMATICI
Veduta aerea della Certosa del Galluzzo
Appena fuori della Porta San Pier Gattolini (l’attuale Porta Romana), sulla salita del San Gaggio, sorgeva il monastero agostiniano di Santa Caterina al Monte, che fu uno dei più ricchi della repubblica fiorentina. Il complesso, circondato da alte muraglie quasi come un fortilizio, conserva soprattutto nella chiesa, coperta da volte ogivali, i caratteri trecenteschi, anche se parzialmente modificati da aggiunte e “ammodernamenti” successivi. Procedendo sulla via per Roma, oltre il Galluzzo, era poi la Certosa di Val d’Ema, fondata nel Trecento dal mercante fiorentino Niccolò Acciaioli, che volle sorgesse a Firenze un monastero che fosse “lo più notabile loco a tutta Italia”. Il vasto complesso monastico, posto alla sommità di una collina, alla confluenza dell’Ema con la Greve, consta di due chiese e di una serie di ambienti ad esse collegati (chiostri, celle dei frati, refettorio, sala capitolare, foresteria, ecc.), oltre a un grandioso edificio merlato, detto il “Palazzo degli Studi”, che doveva servire a
La chiesa principale della Certosa
118
Particolare del complesso monastico della Certosa
OLTRE LE MURA DI FIRENZE: DA CONTADO A CITTÀ METROPOLITANA
ITINERARI TEMATICI
Il Convento di Monte Senario
ospitare un Collegio di giovani fiorentini da prepararsi alle arti liberali. Conservano le originarie strutture trecentesche, anche se parzialmente rinnovate da posteriori interventi di abbellimento, sia le due chiese che i locali sotterranei del monastero. In genere di impianto rinascimentale sono invece gli altri ambienti della Certosa, e in particolare i chiostri: quello grandissimo centrale, ad arcate su colonne con capitelli corinzi, e i due chiostri più piccoli, con colonne dai capitelli jonici o di stile brunelleschiano. In direzione inversa, con brevi diversioni dalle vie che conducono oltrappennino, si raggiunge il Convento di Monte Senario, sorto sul luogo ove ebbe origine nel 1233 l’ordine mendicante “fiorentino”, quello detto “dei Servi di Maria”, che co-
La Badia del Buonsollazzo
Le “sentinelle dello spirito”
119
ITINERARI TEMATICI
nobbe una notevole fortuna nella società toscana e italiana del XIII secolo. Il primitivo convento, accresciutosi nel corso degli anni, e completamente rifatto nel Cinquecento per l’intervento del granduca Ferdinando I, fu in seguito ulteriormente modificato sino ad assumere l’attuale forma. Sparse nel bosco che ammanta le pendici e la sommità del Monte Senario, sono tante testimonianze della storia religiosa dell’ordine: celle, grotte e cappelle, raggiungibili a piedi, percorrendo sentieri silenziosi, dedicati ai vari santi e beati espressi dalla congregazione servita. Non lontano dal Convento di Monte Senario è poi l’antica Badia del Buonsollazzo, che si vuole fondata intorno al Mille dal marchese Ugo di Toscana. Dai benedettini il cenobio passò nel 1320 ai cistercensi, quindi nel 1706 fu concesso ai frati trappisti dal granduca Cosimo III. Questi fece rinnovare il complesso monastiLa facciata romanica della co, che si presenta oggi con caratteri di misuraBadia Fiesolana to barocco, frutto della ristrutturazione progettata da Giovan Battista Foggini. Completavano la corona degli insediamenti monastici della campagna degli immediati dintorni di Firenze altri più piccoli cenobi. Nella piana di Scandicci era Santa Maria a Mantignano, che fu un monastero benedettino di donne. La chiesa ha conservato integri i caratteri architettonici del XII secolo: è ad una navata con transetto sporgente ed abside semicircolare, ed ha le pareti accuratamente rivestite a filaretti di alberese. Eguale icnografia caratterizza la chiesa di Santa Maria e Santa Brigida al Paradiso, già monastero sotto la regola brigidiana, che sorse per volontà degli Alberti, i quali sul finire del Trecento fecero dono all’ordine istituito da Santa Brigida di Svezia, di terre nel pian di Ripoli e poi degli ambienti che avevano fatto parte della loro celebrata villa detta “il Paradiso”. In prossimità del “Pian dei Giullari” sorgeva il piccolo monastero di San Michele a Monteripaldi, la cui chiesa ha conservato anch’essa i caratteri romanici e l’originaria semplicità strutturale, constando di una navatella senza abside, con transetto leggermente Particolare dei locali monastici della Badia Fiesolana aggettante.
120
OLTRE LE MURA DI FIRENZE: DA CONTADO A CITTÀ METROPOLITANA
ITINERARI TEMATICI
Due monasteri di benedettine erano nell’“isola” fiesolana, rispettivamente, a San Martino a Maiano, sulle falde di Monte Ceceri, e a San Martino a Mensola, ai piedi del poggio di Vincigliata, sulla strada che porta a Settignano. Quest’ultimo cenobio era il più antico monastero fiesolano, risalendo all’826; la sua chiesa, a tre navate divise da colonne con capitelli jonici, fu rinnovata nel Quattrocento e costituisce uno dei più puri esempi di edificio religioso rinascimentale della campagna fiorentina. Al suo interno custodisce una vera e propria pinacoteca, con opere d’arte per lo più riferibili, come la chiesa, al XV secolo. Benedettino era anche il monastero di Candeli, posto all’inizio della strada che risale il poggio di Villamagna. Ricordato dal XII secolo, nel Duecento passò all’ordine camaldolese e quindi ai vallombrosani. La sua chiesa, intitolata a Sant’Andrea, non conserva però tracce apprezzabili degli edifici medievali che la precedettero. Non diversamente dalla vallombrosana Badiuzza di Santa Maria a Ughi, un piccolo cenobio che si trovava nel versante meridionale del poggio di San Donato in Collina, prossimo al tracciato della via vecchia aretina. Infine la Badia fiesolana, il monastero fondato nel 1028 dal vescovo di Fiesole, Jacopo il Bavaro, posto sulle pendici del colle “lunato”. La sua chiesa, intitolata a San Bartolomeo, fu rifatta e ingrandita nel Cinquecento, ma nel nuovo prospetto fu “incastonata” la facciata del precedente edificio romanico, rivestita di marmi dicromi con tarsie e arcate alla base che riecheggiano quelle di San Miniato al Monte, la chiesa da cui siamo partiti per questo nostro rapido excursus sui monasteri della campagna fiorentina.
Le cellette dei monaci della Certosa del Galluzzo
Le “sentinelle dello spirito”
121